Legge 3/2012 e leasing: cosa accade al contratto

Introduzione

Nel mondo dei finanziamenti a lungo termine, il leasing rappresenta una soluzione diffusa e flessibile per aziende, professionisti e privati che intendono utilizzare beni mobili o immobili senza acquisirne immediatamente la proprietà. Il contratto di leasing, tuttavia, comporta obblighi e rischi per l’utilizzatore, che in caso di difficoltà economiche può trovarsi esposto alla risoluzione del contratto e a richieste di restituzione del bene o di pagamento delle rate residue. La Legge 3/2012 (oggi integrata nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – CCII) offre al debitore sovraindebitato strumenti per gestire e ristrutturare i debiti, compresi quelli derivanti da contratti di leasing. Capire cosa accade al contratto di leasing quando interviene una procedura di composizione della crisi è essenziale per salvaguardare il proprio patrimonio e negoziare soluzioni sostenibili.

In questo articolo affrontiamo con un taglio giuridico-divulgativo e pratico il tema “Legge 3/2012 e leasing: cosa accade al contratto”, aggiornato a dicembre 2025. Analizziamo le norme di riferimento (Legge 124/2017 sul leasing, Codice della crisi, articoli 177 CCII e 72‑quater della Legge Fallimentare), le sentenze più recenti della Corte di Cassazione e degli altri organi giudiziari, le procedure passo‑passo da seguire quando arriva la notifica di risoluzione o pignoramento, e le strategie difensive a disposizione dell’utilizzatore/debitore. In particolare, vedremo in quali casi è possibile sospendere o contestare le pretese della società di leasing, come proporre un piano del consumatore o un accordo di composizione per ristrutturare il debito, e quali strumenti alternativi – come le definizioni agevolate e la rottamazione delle cartelle – possono essere utili.

Presentazione dell’Avv. Giuseppe Angelo Monardo e del suo staff

L’Avv. Giuseppe Angelo Monardo è un avvocato cassazionista e coordinatore di uno staff multidisciplinare di professionisti, composto da avvocati e commercialisti con competenze riconosciute a livello nazionale nei settori bancario, tributario e della crisi d’impresa. È iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia come Gestore della crisi da sovraindebitamento (Legge 3/2012), è professionista fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) e svolge la funzione di Esperto negoziatore della crisi d’impresa ai sensi del D.L. 118/2021. Grazie a queste esperienze, l’Avv. Monardo e il suo team sono in grado di offrire assistenza qualificata in tutte le fasi di una procedura di sovraindebitamento: dall’analisi della documentazione (contratto di leasing, intimazioni di pagamento, decreti ingiuntivi) alla predisposizione di ricorsi e opposizioni, dalla gestione di trattative con la società di leasing alla definizione di piani di rientro, accordi di ristrutturazione e soluzioni sia giudiziali sia stragiudiziali.

Se hai ricevuto una comunicazione di inadempimento o un avviso di risoluzione del contratto di leasing, o se desideri verificare se la tua situazione debitoria rientri tra quelle risolvibili con le procedure della Legge 3/2012, non attendere: una reazione tempestiva può evitare la perdita del bene e ridurre le pretese economiche del creditore. Contatta subito l’Avv. Giuseppe Angelo Monardo per una valutazione legale personalizzata e immediata.

Contesto normativo e giurisprudenziale

Per comprendere cosa accade a un contratto di leasing quando interviene la Legge 3/2012, occorre richiamare alcune fonti normative fondamentali: la disciplina civilistica del leasing, la Legge 124/2017, le norme della Legge Fallimentare (art. 72‑quater) e del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019) (art. 177 CCII), oltre alle disposizioni della Legge 3/2012 in materia di sovraindebitamento ora confluite nel CCII.

1. La disciplina civilistica e la tipizzazione del leasing

Il contratto di leasing (o locazione finanziaria) non era originariamente tipizzato nel Codice Civile. La giurisprudenza lo assimilava a una locazione con facoltà di acquisto, disciplinato dall’art. 1526 c.c. in tema di vendita con riserva di proprietà (per i contratti di leasing “traslativo”). Con la Legge 124/2017 (c.d. “legge sulla concorrenza”), il legislatore ha introdotto all’art. 1, commi 136‑140, una disciplina espressa del leasing, stabilendo che il leasing è il contratto mediante il quale una banca o un intermediario finanziario acquista o fa costruire un bene scelto dall’utilizzatore e lo cede in godimento, attribuendo all’utilizzatore la facoltà di diventare proprietario del bene a un prezzo prestabilito al termine del contratto . La norma definisce inoltre il concetto di grave inadempimento: per i beni immobili l’inadempimento è grave quando l’utilizzatore omette di pagare almeno sei canoni mensili o due canoni trimestrali consecutivi; per i beni mobili sono sufficienti quattro rate mensili . Se, a causa del grave inadempimento, il contratto viene risolto, la società di leasing ha diritto alla restituzione del bene, ma deve restituire all’utilizzatore l’eventuale eccedenza tra il ricavato della vendita (o del nuovo contratto) e le somme ancora dovute (rate scadute e capitale residuo) . Tale ricostituzione patrimoniale deve avvenire sulla base del valore di mercato del bene, determinato con perizie indipendenti; il concedente deve informare l’utilizzatore e può scegliere l’esperto da un elenco predisposto .

2. Art. 72‑quater della Legge Fallimentare e art. 177 CCII

Prima dell’entrata in vigore della Legge 124/2017, la disciplina fallimentare prevedeva all’art. 72‑quater un regime specifico per la locazione finanziaria nell’ambito della procedura concorsuale. La norma dispone che, se il curatore del fallimento del locatario vuole sciogliere il contratto, il concedente ha diritto alla restituzione del bene e deve versare alla massa la differenza tra il valore del bene (determinato tramite vendita o stima di mercato) e l’ammontare del credito residuo . Il concedente può insinuarsi al passivo per la differenza tra il credito residuo e quanto ricavato, mentre, se il concedente stesso è sottoposto a liquidazione coatta, il contratto prosegue e l’utilizzatore conserva la facoltà di acquistare il bene a scadenza .

Il Codice della crisi e dell’insolvenza (CCII) ha recepito e aggiornato queste disposizioni all’art. 177, rubricato “Locazione finanziaria”. La norma prevede che, se nella procedura di liquidazione controllata (che ha sostituito la liquidazione fallimentare per i soggetti non fallibili) il liquidatore sceglie di sciogliere il contratto, il concedente può riottenere il bene ma deve corrispondere alla massa la differenza tra il valore di mercato e il credito residuo; per le somme già versate valgono le regole di ripetizione di cui all’art. 166, comma 3, lett. a . In caso di società di leasing sottoposta a liquidazione, il contratto continua e l’utilizzatore può diventare proprietario pagando i canoni e il prezzo finale .

3. La Legge 3/2012 e il Codice della crisi d’impresa

La Legge 3/2012, nota come “legge sul sovraindebitamento”, ha introdotto tre strumenti per i debitori non assoggettabili a fallimento: accordo di composizione della crisi, piano del consumatore e liquidazione del patrimonio. Con l’entrata in vigore del CCII, queste procedure sono confluite nel Titolo IV (“Crisi da sovraindebitamento”) e coordinate con le norme generali sulla crisi e sull’insolvenza. L’art. 65 CCII conferma che i debitori sovraindebitati (famiglie, professionisti, piccole imprese) possono proporre un accordo o un piano del consumatore per la ristrutturazione dei debiti . L’art. 67 CCII descrive la procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore: con l’assistenza di un OCC l’individuo può presentare al tribunale un piano che preveda il pagamento, anche parziale, dei creditori, la continuazione di contratti funzionali alla vita del debitore e la possibilità di mantenere il bene abitativo pagando le rate del mutuo a scadenza . La norma stabilisce che il piano deve contenere la lista dei creditori, l’indicazione di eventuali garanzie, i redditi percepiti e gli atti di straordinaria amministrazione, nonché la destinazione di somme per il sostentamento del debitore e dei suoi familiari . Il Ministero della Giustizia ha precisato che il contributo unificato per tale procedura è pari a 98 euro ai sensi dell’art. 13 D.P.R. 115/2002 .

Per i contratti di leasing, è fondamentale stabilire se l’obbligazione rientra tra i debiti ristrutturabili nel piano. I canoni scaduti rappresentano un debito chirografario, mentre il credito residuo può essere considerato sottoposto a risoluzione condizionata alla restituzione del bene. La procedura può includere la restituzione del bene e la domanda del concedente al passivo per l’eventuale differenza. L’inserimento del contratto in un accordo di composizione può consentire di evitare la risoluzione e continuare a pagare le rate secondo un nuovo piano concordato con la società di leasing.

4. Giurisprudenza di riferimento

Negli ultimi anni la Corte di Cassazione ha affrontato numerosi casi di leasing risolto per inadempimento dell’utilizzatore, fornendo indicazioni preziose per i debitori. Di seguito riassumiamo le massime più rilevanti.

4.1 Sentenze antecedenti alla Legge 124/2017

Prima della tipizzazione del leasing, la Cassazione applicava in via analogica l’art. 1526 c.c. (vendita con riserva di proprietà) ai contratti di leasing “traslativo”. Nella sentenza Cass. civ. sez. I, 1 marzo 2010 n. 4862, la Corte ha precisato che, una volta risolto il contratto per inadempimento dell’utilizzatore e restituito il bene, il concedente non può pretendere il pagamento delle rate residue, ma solo la differenza tra il credito residuo e il ricavato della vendita . Questa impostazione mira a evitare un indebito arricchimento del concedente.

Con l’ordinanza delle Sezioni Unite 2061/2021, la Cassazione ha confermato che la Legge 124/2017 non ha efficacia retroattiva; per i contratti risolti prima della sua entrata in vigore continuano ad applicarsi gli artt. 1526 c.c. e 72‑quater L.F. La Corte ha ribadito che il concedente che voglia far valere la clausola penale deve insinuarsi al passivo indicando il valore di realizzo del bene, affinché il giudice possa valutare l’eventuale eccessività della penale .

4.2 Sentenze successive alla Legge 124/2017

Con l’entrata in vigore della Legge 124/2017, la Cassazione ha ridisegnato i criteri per la gestione del leasing. L’ordinanza n. 2857/2024 ha affermato che la richiesta di pagamento dei canoni arretrati costituisce manifestazione della volontà di risolvere il contratto, e che l’utilizzatore ha diritto alla restituzione delle somme versate solo dopo aver restituito il bene . L’ordinanza evidenzia la necessità per il debitore di riconsegnare il bene per poter chiedere la ripetizione delle rate pagate.

La sentenza n. 3930/2024 ha stabilito che, per i contratti risolti prima del 2017, la clausola penale che consente al concedente di trattenere tutte le rate pagate e richiedere anche quelle future non è di per sé nulla, ma può essere ridotta dal giudice se eccessiva; inoltre, la norma sull’usura si applica anche agli interessi pattuiti nei contratti di leasing, e il metodo di calcolo deve essere chiaramente indicato .

Con l’ordinanza n. 21293/2024, la Corte ha precisato che, in caso di risoluzione del leasing e fallimento dell’utilizzatore, il concedente che voglia far valere la clausola penale deve presentare una specifica domanda di ammissione al passivo indicando il prezzo di realizzo del bene, altrimenti la richiesta non può essere accolta . Nella coeva sentenza n. 13345/2024, la Cassazione ha distinto tra eccezione di compensazione (che non richiede domanda di ammissione al passivo) e domanda riconvenzionale (che invece la richiede) .

Il 10 gennaio 2025 la Cassazione n. 588/2025 ha affermato che ai contratti di leasing risolti prima dell’entrata in vigore della legge 124/2017 si applica l’art. 1526 c.c.; la clausola che consente al concedente di trattenere gli acconti versati con detrazione del ricavato della vendita è legittima, mentre è illegittima la clausola che attribuisce al concedente sia l’intero importo finanziato sia il valore del bene (doppio vantaggio) . La Corte ha richiamato il principio di proporzionalità e di equilibrio tra le prestazioni.

Nel maggio 2025 la Cassazione, con la sentenza n. 14575/2025, ha dichiarato nulla per indeterminatezza dell’oggetto la clausola di un contratto di leasing privo del piano di ammortamento, evidenziando che la mancanza del TAEG o del prospetto di dettaglio rende il contratto oscuro e in contrasto con la normativa sulla trasparenza bancaria .

Un’ulteriore pronuncia recente del 2025 della Corte d’Appello di Roma (sentenza n. 1999/2025) ha sostenuto un’interpretazione evolutiva: le regole della Legge 124/2017, pur non retroattive, dovrebbero orientare anche l’interpretazione dei contratti stipulati in precedenza quando non ancora conclusi; pertanto, l’utilizzatore ha diritto alla restituzione delle rate proporzionata al valore residuo, e il giudice può ridurre la penale in applicazione degli artt. 1526 e 1384 c.c. .

4.3 Giurisprudenza su sospensioni e restituzioni

Le pronunce sopra riportate delineano un quadro chiaro: il creditore non può arricchirsi indebitamente trattenendo sia le rate versate sia il valore del bene; il debitore può chiedere la restituzione delle rate solo dopo aver restituito il bene; eventuali clausole penali possono essere ridotte se eccessive; la domanda di insinuazione al passivo è necessaria quando il leasing è risolto e l’utilizzatore è in liquidazione. Questi principi saranno utili per elaborare strategie difensive.

5. La posizione dell’Agenzia delle Entrate e del Ministero della Giustizia

Oltre alle norme civilistiche e fallimentari, è importante considerare le indicazioni delle autorità amministrative. In tema di sovraindebitamento, il Ministero della Giustizia ha chiarito che la procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore prevede un contributo unificato fisso di 98 euro . Non vi sono circolari dell’Agenzia delle Entrate specifiche sul leasing in sovraindebitamento; tuttavia, la normativa fiscale prevede la possibilità di accedere a definizioni agevolate (rottamazioni) e di proporre domande di rateizzazione dei debiti tributari, strumenti che possono essere integrati nel piano del consumatore per evitare pignoramenti.

Procedura passo‑passo: cosa fare quando arriva la notifica

Quando l’utilizzatore di un leasing riceve un avviso di grave inadempimento o di risoluzione del contratto, è fondamentale agire con tempestività. Di seguito proponiamo un percorso operativo basato sulle norme e la giurisprudenza.

Passo 1: Verifica del contratto e degli inadempimenti contestati

  1. Esamina la clausola di risoluzione e la definizione di grave inadempimento. Verifica se il numero di rate non pagate rientra nelle soglie della Legge 124/2017 (sei mensilità o due trimestralità per gli immobili; quattro mensilità per i mobili) .
  2. Controlla la presenza del piano di ammortamento e dell’indicazione del TAEG; in caso di mancanza o indeterminatezza, come affermato dalla Cassazione n. 14575/2025, la clausola può essere nulla .
  3. Verifica se il bene è stato consegnato e se sussistono vizi che possano giustificare la sospensione del pagamento. La responsabilità del concedente per difetti del bene può legittimare la sospensione dei canoni.
  4. Raccogli la documentazione: contratto di leasing, comunicazioni inviate dalla società, eventuali perizie sul valore del bene, prova dei pagamenti effettuati.

Passo 2: Valutazione delle opzioni e attivazione dell’OCC

Se il debitore si trova in stato di sovraindebitamento (impossibilità di far fronte regolarmente ai propri debiti), può attivare le procedure della Legge 3/2012. È necessario rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o a un professionista nominato dal tribunale per valutare la fattibilità di un accordo o di un piano del consumatore. Secondo l’art. 67 CCII, il piano può prevedere il pagamento parziale dei crediti e la continuazione dei contratti essenziali . Se si sceglie di includere il leasing:

  • È possibile continuare il contratto pagando i canoni residui secondo un nuovo piano condiviso; si tratta di una rinegoziazione stragiudiziale che evita la risoluzione.
  • In alternativa, si può restituire il bene e inserire il debito residuo (la differenza fra credito e ricavato della vendita) nell’elenco dei creditori per essere soddisfatto in percentuale.

La procedura richiede la redazione di una relazione particolareggiata da parte del Gestore della crisi, che attesti le cause dell’indebitamento, le ragioni del possibile squilibrio, e valuti la convenienza per i creditori.

Passo 3: Comunicazione alla società di leasing e sospensione delle azioni

Non appena è stato depositato il piano o l’accordo presso il tribunale, il debitore può chiedere al giudice la sospensione delle azioni esecutive o delle procedure di recupero da parte del concedente. In base alla normativa, la presentazione dell’istanza di ammissione al piano del consumatore comporta l’automatico blocco delle procedure esecutive a carico del debitore.

È consigliabile inviare una comunicazione formale alla società di leasing spiegando che è in corso una procedura di sovraindebitamento e che il contratto di leasing sarà inserito nel piano; ciò può facilitare la negoziazione di una soluzione.

Passo 4: Restituzione del bene (se necessaria) e insinuazione del concedente

Se la decisione è quella di restituire il bene per estinguere il contratto, occorre concordare con la società di leasing le modalità di restituzione. Ai sensi dell’art. 177 CCII, il concedente ha diritto alla riconsegna del bene e deve versare alla massa la differenza tra il valore di mercato e il credito residuo . È dunque importante che la perizia sia attendibile e che il creditore fornisca un rendiconto chiaro del valore e delle spese di vendita.

La società di leasing dovrà poi insinuarsi al passivo nella procedura di liquidazione (liquidazione controllata o liquidazione del patrimonio) per la parte di credito ancora insoddisfatta . In base alla giurisprudenza, la domanda di insinuazione deve indicare il prezzo di realizzo del bene affinché il giudice possa valutare l’eccessività della penale .

Passo 5: Omologazione del piano o dell’accordo

Il tribunale, verificati i requisiti e sentiti i creditori, può omologare il piano del consumatore o l’accordo di ristrutturazione. Con l’omologazione, il piano diventa vincolante per tutti i creditori (anche dissenzienti) e il debitore viene esdebitato a condizione di adempiere regolarmente agli obblighi previsti. L’omologazione interrompe definitivamente le azioni esecutive pendenti.

Passo 6: Esecuzione del piano e vigilanza

Una volta omologato, il piano deve essere eseguito con puntualità: i canoni di leasing (qualora il contratto prosegua) vanno pagati secondo il nuovo calendario; i creditori devono essere soddisfatti nelle misure e nei tempi concordati. L’OCC o il professionista nominato vigila sull’adempimento e può chiedere la revoca del piano in caso di inadempimento grave. Se il debitore esegue integralmente il piano, potrà ottenere l’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui).

Difese e strategie legali per il debitore

1. Contestazione della gravità dell’inadempimento

La definizione di grave inadempimento secondo la Legge 124/2017 (sei rate mensili o due trimestrali per i beni immobili; quattro rate per i mobili) deve essere rispettata rigidamente. Se la società di leasing dichiara risolto il contratto quando il numero di rate non pagate è inferiore, è possibile contestare l’illegittimità della risoluzione. Inoltre, nei contratti stipulati prima del 2017 la clausola può prevedere soglie diverse, ma esse devono essere interpretate alla luce dei principi di buona fede e proporzionalità.

2. Opposizione al decreto ingiuntivo o all’azione di risoluzione

La società di leasing può ricorrere a decreto ingiuntivo per ottenere il pagamento dei canoni scaduti. In tal caso il debitore può proporre opposizione deducendo:

  • la nullità della clausola di interessi se il contratto manca del piano di ammortamento (come nella sentenza n. 14575/2025) ;
  • la violazione della disciplina antiusura e dell’art. 1815 c.c., quando il tasso complessivo supera la soglia e il metodo di calcolo dell’interesse non è determinato ;
  • la mancanza di grave inadempimento;
  • la necessità di ridurre la clausola penale se eccessiva, ai sensi dell’art. 1384 c.c. e come affermato dalla Cassazione ;
  • l’esistenza di un piano del consumatore in corso, che comporta la sospensione delle azioni esecutive.

3. Richiesta di restituzione delle rate pagate e riduzione della penale

Quando il contratto viene risolto, l’utilizzatore ha diritto alla restituzione delle somme versate oltre il valore d’uso del bene. Tuttavia, come rilevato dalla Cassazione, la restituzione è subordinata alla restituzione del bene . L’azione restitutoria può essere proposta come domanda riconvenzionale nel giudizio promosso dal concedente oppure all’interno della procedura concorsuale. Il giudice può ridurre l’ammontare della penale se questa risulta manifestamente eccessiva rispetto al danno patito dal creditore .

4. Inserimento del leasing nel piano del consumatore

L’inclusione del leasing nel piano del consumatore può avvenire secondo diverse modalità:

  1. Continuazione del contratto: il debitore propone di continuare a versare i canoni, magari con una dilazione, mantenendo il bene e alla scadenza esercitando l’opzione di acquisto. Questa soluzione è utile quando il bene è essenziale (ad esempio, un macchinario necessario per l’attività) e il debitore può sostenere il pagamento.
  2. Restituzione del bene: se il bene non è più utile o i canoni sono insostenibili, il debitore può restituirlo. In tal caso, il piano include la voce di credito residuo a favore del concedente; l’ammontare verrà soddisfatto proporzionalmente agli altri creditori.
  3. Rinegoziazione stragiudiziale: l’Avv. Monardo e il suo staff possono avviare trattative con la società di leasing per ridurre il debito, evitare la risoluzione o concordare un pagamento a saldo e stralcio. Tale accordo può essere inserito nel piano e sottoposto all’omologazione del tribunale, diventando vincolante.

5. Verifica dell’usura e della trasparenza contrattuale

Molti contratti di leasing contengono clausole di interessi che, sommate a commissioni, assicurazioni e spese accessorie, possono superare le soglie di usura. La Cassazione (n. 3930/2024) ha riconosciuto che le norme antiusura si applicano anche al leasing e che, se il tasso di interesse non è chiaramente indicato o se il contratto non prevede criteri di calcolo, la clausola è nulla . È pertanto consigliabile far esaminare il contratto da un professionista per valutare la presenza di usura o di indeterminatezza dell’oggetto (come nella sentenza 14575/2025 ), elementi che possono portare all’annullamento dell’obbligazione o alla restituzione degli interessi.

6. Ricorsi contro le pretese del creditore e insinuazione tardiva

Nel caso in cui la società di leasing non abbia presentato una domanda di insinuazione al passivo entro i termini, è possibile eccepire la decadenza o contestare la pretesa di pagamento. La Cassazione ha precisato (ord. 21293/2024) che il creditore deve indicare il valore di realizzo del bene per consentire al giudice di verificare la correttezza dell’importo richiesto . La mancanza di questi dati può comportare la rigetto della domanda.

7. Sospensione e annullamento di pignoramenti

Se, nonostante la presentazione del piano del consumatore, la società di leasing avvia o prosegue azioni esecutive (pignoramento del bene o del quinto dello stipendio), si può richiedere al giudice l’intervento inibitorio per bloccare l’esecuzione. L’omologazione del piano comporta automaticamente l’inibizione dei pignoramenti; la mancata ottemperanza da parte del creditore può integrare abuso del diritto.

8. Procedura di liquidazione controllata

Quando non è possibile proporre un piano sostenibile e la situazione è compromessa, il debitore può optare per la liquidazione controllata. Questa procedura, disciplinata dal CCII, consente di liquidare tutto il patrimonio al fine di soddisfare i creditori e ottenere l’esdebitazione finale. Il contratto di leasing sarà sciolto, il bene sarà restituito e la società di leasing dovrà insinuare il proprio credito per l’eventuale differenza .

9. Ricorso a strumenti fiscali: rottamazione e definizioni agevolate

Molti debitori con leasing hanno anche debiti tributari. Le recenti normative sulla rottamazione (come la definizione agevolata ex D.L. 119/2018 e successive) consentono di ridurre sanzioni e interessi e di rateizzare le cartelle esattoriali. Inserire nel piano del consumatore la richiesta di definizione agevolata consente di coordinare il pagamento dei debiti fiscali con il rimborso del leasing, evitando pignoramenti da parte dell’Agente della riscossione.

Strumenti alternativi e piani di rientro

1. Accordo di composizione della crisi

L’accordo di composizione è rivolto a debitori non consumatori (ad esempio imprenditori individuali, professionisti) e richiede l’adesione della maggioranza dei creditori. Permette di proporre un piano di ristrutturazione globale, che può prevedere la continuazione del leasing, la restituzione del bene o la sua vendita con riacquisto da parte di terzi. È utile quando ci sono numerosi creditori e serve un accordo collettivo.

2. Piano del consumatore

Come visto, il piano del consumatore (art. 67 CCII) è uno strumento individuale per debitori persone fisiche non imprenditori. Può prevedere pagamenti parziali, dilazioni e la continuazione di contratti essenziali . È ideale per coloro che vogliono mantenere il bene in leasing ma non riescono più a sostenere l’importo originario.

3. Liquidazione controllata

La liquidazione controllata (ex liquidazione del patrimonio) consente di chiudere tutti i debiti con la vendita dei beni e ottenere l’esdebitazione. Può essere richiesta dal debitore o dal creditore . In caso di leasing, il bene viene restituito e il credito residuo viene insinuato al passivo .

4. Esdebitazione del debitore incapiente

Per i debitori che non possiedono beni o redditi sufficienti, è prevista la esdebitazione del debitore incapiente, una procedura che consente, dopo tre anni dal deposito della domanda, di cancellare i debiti residui se non sono sopraggiunte nuove situazioni patrimoniali. È uno strumento estremo ma utile per chi non è in grado di soddisfare nemmeno parzialmente i creditori.

5. Negoziazione assistita e transazioni

In alcuni casi, prima di intraprendere una procedura giudiziale, è opportuno tentare una negoziazione assistita con la società di leasing. L’Avv. Monardo e il suo staff possono intervenire per proporre un accordo che riduca i canoni, preveda una dilazione o consenta il riscatto del bene a un prezzo inferiore. Un accordo transattivo può essere integrato nel piano del consumatore e omologato, garantendo certezza giuridica.

Errori comuni e consigli pratici

Molti debitori commettono errori che aggravano la loro posizione. Ecco i più frequenti e i consigli per evitarli:

  1. Ignorare gli avvisi di inadempimento: non rispondere alle comunicazioni della società di leasing aumenta le possibilità che il contratto venga risolto. È essenziale agire subito per dimostrare la volontà di adempiere.
  2. Ritardare la restituzione del bene: come affermato dalla Cassazione, la restituzione delle rate pagate è subordinata alla restituzione del bene ; trattenere il bene senza pagare equivale a un arricchimento senza causa e può comportare responsabilità.
  3. Trascurare la verifica delle clausole: molte clausole penali sono eccessive o illegittime; un controllo da parte di un professionista può portare alla loro riduzione.
  4. Non considerare la procedura di sovraindebitamento: molti debitori ignorano la possibilità di ricorrere alla Legge 3/2012; così facendo perdono l’opportunità di sospendere le azioni esecutive e di proporre un piano sostenibile.
  5. Non presentare la domanda di insinuazione: se la società di leasing non presenta la domanda al passivo, il credito può essere precluso; viceversa, il debitore deve contestare eventuali domande presentate tardivamente.
  6. Sottovalutare i tempi: i termini per impugnare i decreti ingiuntivi, presentare opposizioni e depositare la domanda di sovraindebitamento sono stringenti. Agire tempestivamente evita decadenze.
  7. Confondere leasing con mutuo: la tutela del consumatore nel leasing è diversa da quella del mutuo; non valgono le stesse norme sulla sospensione delle rate (ad esempio quelle emergenziali), salvo diversa previsione del piano del consumatore.
  8. Non calcolare l’usura: ignorare la verifica dei tassi può portare a pagare interessi illegittimi; far controllare da un esperto i calcoli è fondamentale.
  9. Sottostimare l’importanza del professionista: affrontare da soli un contenzioso di leasing può risultare complesso; un legale esperto in materia bancaria conosce le sentenze più recenti e sa come far valere i diritti del debitore.
  10. Non conservare la documentazione: contratti, rate, comunicazioni, perizie: tutto deve essere conservato per provare le proprie ragioni.

Tabelle riepilogative

Norma/istitutoContenuto essenzialeFonti/Note
Legge 124/2017 (art. 1 commi 136‑140)Introduce la tipizzazione del leasing; definisce grave inadempimento (6 rate mensili o 2 trimestrali per immobili; 4 rate mensili per mobili) e disciplina la restituzione del bene con conguaglio a favore dell’utilizzatoreLegge sulla concorrenza
Art. 72‑quater L.F.In caso di fallimento dell’utilizzatore, il curatore può scegliere di sciogliere il contratto; il concedente riottiene il bene e deve versare alla massa la differenza tra valore di mercato e credito residuoLegge fallimentare (applicabile ai fallimenti ante‑CCII)
Art. 177 CCIIIn liquidazione controllata, la restituzione del bene è condizionata al pagamento alla massa della differenza tra valore di mercato e credito residuo; se il concedente è in liquidazione, il contratto continuaCodice della crisi e dell’insolvenza
Art. 65 CCIIEstende gli strumenti di composizione della crisi ai debitori sovraindebitati (piano del consumatore e accordo)CCII
Art. 67 CCIIDisciplina il piano del consumatore, prevede possibilità di pagamento parziale, continuazione di contratti essenziali e indicazione dei beni e redditiCCII
Cass. n. 4862/2010Il concedente non può pretendere tutte le rate residue dopo la risoluzione; può solo chiedere la differenza tra credito residuo e ricavatoPre‑L. 124/2017
Cass. n. 588/2025Clausa penale che prevede trattenimento degli acconti con detrazione del ricavato è legittima; clausola che consente di trattenere sia acconti sia valore bene è illegittimaPost‑L. 124/2017
Cass. n. 21293/2024Il concedente deve presentare domanda di insinuazione al passivo indicando il valore di realizzo del beneLiquidazione fallimentare
Cass. n. 2857/2024Richiesta di pagamento di rate arretrate implica volontà di risolvere il contratto; restituzione delle somme solo dopo restituzione del beneLeasing post‑2017
Cass. n. 14575/2025Nulla la clausola di interessi se manca l’ammortamento e la determinazione del TAEGTrasparenza

Domande frequenti (FAQ)

  1. Posso sospendere il pagamento delle rate di leasing se sto affrontando un periodo di difficoltà economica? Sì, puoi chiedere una sospensione, ma la società di leasing non è obbligata a concederla. È possibile negoziare una dilazione o una temporanea sospensione; in alternativa puoi ricorrere alla procedura di sovraindebitamento per ottenere una sospensione giudiziale delle azioni esecutive.
  2. Quante rate devo non pagare perché si verifichi il grave inadempimento? La Legge 124/2017 stabilisce che il grave inadempimento si verifica se non paghi almeno sei rate mensili o due trimestrali consecutive per beni immobili, oppure quattro rate mensili per beni mobili . Clausole che prevedono soglie inferiori potrebbero essere contestate.
  3. Cosa succede se il contratto viene risolto per grave inadempimento? La società di leasing deve richiedere la restituzione del bene; poi lo vende (o lo concede in leasing a terzi) e calcola la differenza tra il ricavato e il credito residuo . Se il ricavato è maggiore, deve restituire l’eccedenza all’utilizzatore; se è inferiore, potrà chiedere la differenza.
  4. Posso mantenere il bene in leasing entrando nella procedura di sovraindebitamento? Sì, il piano del consumatore o l’accordo di composizione può prevedere la continuazione del contratto di leasing, con un nuovo calendario di pagamenti e, se necessario, la riduzione dei canoni. È necessario l’assenso della società di leasing e l’omologazione del tribunale.
  5. Se restituisco il bene, sono comunque obbligato a pagare il residuo? Dipende dal valore di realizzo del bene. La società di leasing deve determinare il valore di mercato e dedurre le rate scadute e il capitale residuo; se il ricavato è sufficiente, potresti non dover pagare nulla; se è insufficiente, la differenza diventa un credito da insinuare nella procedura .
  6. Cosa significa insinuarsi al passivo? Quando l’utilizzatore è in una procedura concorsuale, i creditori devono presentare domanda al tribunale per vedere riconosciuto il loro credito (insinuazione). La Cassazione ha precisato che il concedente deve indicare il valore di realizzo del bene nella domanda .
  7. Posso ottenere la restituzione delle rate già pagate? Sì, ma solo dopo aver restituito il bene . Il giudice calcolerà la somma dovuta tenendo conto del valore d’uso che hai goduto e della penale eventualmente dovuta.
  8. La clausola che mi obbliga a pagare tutte le rate residue è valida? Nei contratti stipulati prima del 2017, la clausola può essere ridotta dal giudice se eccessiva; nei contratti successivi, la Legge 124/2017 vieta al concedente di trattenere sia le rate sia il valore del bene .
  9. Cosa posso fare se il tasso di interesse del leasing supera la soglia di usura? Puoi eccepire l’usurarietà della clausola; la Cassazione ha riconosciuto l’applicazione della normativa antiusura ai contratti di leasing . Se la clausola è usuraria, non devi pagare interessi e puoi chiedere la restituzione di quanto versato.
  10. I debiti da leasing possono essere inseriti nella rottamazione delle cartelle? La rottamazione riguarda solo i debiti fiscali. Tuttavia, puoi coordinare il pagamento delle cartelle con il piano del consumatore; in questo modo il leasing e i debiti fiscali vengono gestiti insieme.
  11. Quali sono i costi per avviare la procedura di sovraindebitamento? Il contributo unificato è di circa 98 euro ; a questo si sommano l’onorario del professionista e i compensi dell’OCC. Tuttavia, i costi sono spesso inferiori rispetto ai benefici ottenuti (sospensione dei pignoramenti, riduzione del debito, esdebitazione).
  12. Posso includere altre tipologie di debiti (mutuo, finanziamenti, tasse) insieme al leasing nel piano del consumatore? Sì, il piano può comprendere tutti i debiti, inclusi quelli con garanzia reale (mutuo ipotecario), purché venga rispettato il principio di soddisfazione minima dei creditori privilegiati .
  13. L’accordo di composizione o il piano del consumatore valgono anche per la società di leasing se questa non partecipa? L’omologazione del piano lo rende vincolante anche per i creditori dissenzienti. Tuttavia, è sempre consigliabile coinvolgere il concedente sin dall’inizio per facilitare l’accettazione del piano.
  14. Cosa succede se non rispetto le scadenze del piano omologato? Il giudice può revocare l’omologazione e i creditori riacquistano i loro diritti integrali. È quindi fondamentale rispettare le scadenze e informare l’OCC di eventuali difficoltà per richiedere modifiche al piano.
  15. Posso vendere il bene in leasing a un terzo senza l’autorizzazione della società? No, il contratto di leasing generalmente vieta la cessione del bene senza consenso del concedente. La vendita non autorizzata costituisce inadempimento grave e può comportare la risoluzione del contratto.
  16. Se la società di leasing fallisce, cosa succede al mio contratto? L’art. 177 CCII stabilisce che, se la società di leasing è sottoposta a liquidazione, il contratto prosegue e l’utilizzatore mantiene il diritto di acquistare il bene pagando le rate e il prezzo finale .
  17. Posso chiedere un risarcimento se il bene presentava difetti? Sì, puoi agire nei confronti del concedente e del fornitore per far valere la garanzia; i difetti possono giustificare la sospensione del pagamento e comportare la risoluzione del contratto con restituzione delle somme versate.
  18. Quanto tempo dura la procedura di sovraindebitamento? In media dai 6 ai 12 mesi per l’omologazione, ma può variare in base alla complessità del caso e alla collaborazione dei creditori. L’esecuzione del piano può durare fino a 5 anni, salvo proroghe.
  19. Cosa significa esdebitazione? È la liberazione del debitore dai debiti residui una volta conclusa la procedura. Il debitore è così riabilitato e può riprendere la propria attività senza essere gravato da vecchi debiti.
  20. Perché dovrei rivolgermi all’Avv. Giuseppe Angelo Monardo? Perché ha una comprovata esperienza nel diritto bancario e nella gestione della crisi da sovraindebitamento. È cassazionista, gestore della crisi e fiduciario di un OCC; coordina avvocati e commercialisti esperti. Rivolgendoti a lui, riceverai un’analisi personalizzata della tua situazione, un’assistenza completa nella redazione del piano del consumatore, nella negoziazione con la società di leasing e nella difesa in giudizio.

Simulazioni pratiche e esempi numerici

Esempio 1: Leasing immobiliare con grave inadempimento

Il sig. Rossi stipula un contratto di leasing immobiliare per un locale commerciale al prezzo di 240.000 euro, con durata 10 anni e rate trimestrali da 6.000 euro. Dopo 4 anni, a causa di crisi di mercato, smette di pagare le rate. In 8 anni ha pagato 32 rate (192.000 euro). Ne restano 8 (48.000 euro). La società di leasing invia un avviso di inadempimento dopo 2 trimestralità non pagate, cioè dopo 6 mesi, rientrando nella soglia di grave inadempimento (2 rate trimestrali) .

Scenario A – Risoluzione del contratto e restituzione del bene: la società di leasing risolve il contratto e chiede la restituzione del locale. Dopo la vendita a terzi, il bene viene acquistato per 180.000 euro. Le somme dovute sono: rate scadute (12.000 euro), capitale residuo (48.000 euro), prezzo di riscatto (0, perché il contratto era traslativo). Il concedente incassa 180.000 euro; detratte le somme dovute (60.000 euro), restano 120.000 euro da restituire al sig. Rossi . L’utilizzatore ha già versato 192.000 euro; quindi la società di leasing dovrà restituirgli la differenza (192.000 – 60.000 = 132.000 euro), salvo trattenere parte di tale importo a titolo di penale. Se il contratto era precedente al 2017, il giudice può ridurre la penale se eccessiva . L’Avv. Monardo potrà far valere che la restituzione sia totale o chiedere la riduzione della penale.

Scenario B – Continuazione del contratto in un piano del consumatore: il sig. Rossi si rivolge a un OCC e propone un piano del consumatore. Egli chiede di continuare il leasing pagando le rate residue (48.000 euro) in 8 anni anziché 2, con rate trimestrali di 1.500 euro. Inoltre, prevede di versare ai creditori chirografari un importo pari al 30% dei debiti. L’OCC attesta la fattibilità e il tribunale omologa il piano. La società di leasing, rassicurata dalla presenza di un professionista e dalla garanzia di pagamento, accetta il piano; il sig. Rossi mantiene il locale, evita l’azione esecutiva e paga le rate in misura sostenibile. Alla fine del piano, diventa proprietario del bene.

Esempio 2: Leasing automobilistico con contratto pre‑2017

La sig.ra Bianchi ha stipulato nel 2015 un leasing per un’automobile del valore di 30.000 euro, canone mensile di 450 euro per 5 anni (totale 27.000 euro) e maxi riscatto di 3.000 euro. Dopo 3 anni smette di pagare le rate e ne saltano 5. La società di leasing risolve il contratto. Poiché il contratto è pre‑2017, si applica l’art. 1526 c.c. Con l’assistenza dell’Avv. Monardo, la sig.ra Bianchi chiede la restituzione di parte delle rate pagate; il giudice applica la sentenza Cass. n. 588/2025: il concedente può trattenere le rate scadute e il valore di riscatto, ma non può pretendere sia le rate residue sia il valore dell’auto . L’auto viene venduta per 12.000 euro; la sig.ra Bianchi ha versato 450 × 36 = 16.200 euro. Si calcola che la società deve restituire l’eccedenza oltre il prezzo di riscatto. La corte può ridurre la penale secondo l’art. 1384 c.c., tenendo conto del valore residuo.

Esempio 3: Liquidazione controllata e restituzione del bene

Il sig. Verdi è un artigiano con debiti per 200.000 euro, di cui 50.000 derivanti da un leasing su macchinari. Decide di accedere alla liquidazione controllata. Restituisce i macchinari alla società di leasing. Il valore di realizzo dei beni è stimato in 20.000 euro; il credito residuo è 30.000 euro. La società di leasing può insinuarsi al passivo per 10.000 euro . Gli altri creditori saranno soddisfatti con la vendita degli altri beni. Alla fine della procedura, il sig. Verdi ottiene l’esdebitazione e riparte senza debiti.

Conclusione

Il contratto di leasing è uno strumento potente ma può diventare un problema quando sorgono difficoltà economiche. La Legge 3/2012 e le norme del Codice della crisi offrono soluzioni concrete per gestire i debiti, sospendere le azioni esecutive e, in molti casi, salvare il bene o restituirlo ottenendo la restituzione delle somme ingiustamente trattenute. La giurisprudenza più recente della Corte di Cassazione ha chiarito che il creditore non può arricchirsi oltre il dovuto e che l’utilizzatore, se agisce in modo tempestivo e restituisce il bene, può recuperare parte delle somme versate . Inoltre, la tipizzazione del leasing operata dalla Legge 124/2017 ha introdotto regole più equilibrate e trasparenti, limitando l’autonomia contrattuale e sancendo la necessità di valutare il valore di mercato del bene e di ridurre le penali eccessive .

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