Come bloccare l’intimazione di pagamento dell’Agenzia delle Entrate? Guida completa e aggiornata

Introduzione

Ricevere un’intimazione di pagamento da parte dell’Agenzia delle Entrate‑Riscossione (AdER) può provocare ansia e confusione: si tratta di un atto formale con cui il concessionario della riscossione ordina al contribuente di pagare entro cinque giorni le somme risultanti dal ruolo esattoriale, avvertendolo che, in mancanza, potrà procedere immediatamente con l’espropriazione forzata. In altre parole, l’intimazione è l’ultima chiamata prima che scattino pignoramenti, fermi amministrativi, ipoteche o altre misure esecutive. Comprendere come bloccare questo atto e quali strumenti legali sono disponibili è fondamentale per salvare il proprio patrimonio e la propria attività.

Molti contribuenti non sono consapevoli che l’intimazione è un atto accessorio ma non per questo meno pericoloso: permette all’ente di riscossione di riattivare la procedura esecutiva quando sia trascorso oltre un anno dalla notifica della cartella di pagamento senza che l’esecuzione sia iniziata. L’art. 50 del DPR 602/1973 prevede infatti che, se l’espropriazione non viene avviata entro un anno dalla notifica della cartella, il concessionario deve notificare un avviso contenente l’intimazione ad adempiere entro cinque giorni . Trascorso l’anno, senza l’intimazione l’espropriazione è illegittima. L’avviso conserva efficacia per un anno dalla notifica, dopodiché se l’esecuzione non è iniziata occorre una nuova intimazione.

Questo articolo – oltre 10.000 parole – spiega come bloccare l’intimazione di pagamento attraverso ricorsi, sospensioni, rateizzazioni e procedure di sovraindebitamento. L’approccio è giuridico‑divulgativo: vengono illustrati i riferimenti normativi (art. 50 DPR 602/1973, art. 19 d.lgs. 546/1992, art. 26 DPR 602/1973, Statuto del contribuente), la giurisprudenza più recente (Cass. n. 2616/2015, Cass. n. 16743/2024, Cass. n. 6436/2025) e le strategie difensive concrete. L’analisi è aggiornata a novembre 2025 e tiene conto delle novità legislative e delle nuove pronunce.

Presentazione dell’Avv. Giuseppe Angelo Monardo e del suo staff

Affrontare un’intimazione di pagamento senza l’assistenza di un professionista esperto può avere conseguenze disastrose. L’Avv. Giuseppe Angelo Monardo, cassazionista, coordina un team multidisciplinare di avvocati e commercialisti specializzati in diritto tributario e bancario. È Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia, professionista fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) e esperto negoziatore della crisi d’impresa ai sensi del D.L. 118/2021. L’avv. Monardo vanta una lunga esperienza nel contenzioso tributario, nella difesa contro pignoramenti e fermi amministrativi, e nell’elaborazione di piani di rientro personalizzati.

Lo studio Monardo assiste imprenditori, professionisti e privati nella fase amministrativa e giudiziale: analisi della cartella di pagamento e dell’intimazione, verifica di prescrizione o decadenza, predisposizione di ricorsi alle Corti di Giustizia Tributaria, richiesta di sospensione dell’esecuzione, trattative per rateizzazioni o definizioni agevolate, predisposizione di piani del consumatore e procedure di sovraindebitamento. L’approccio è integrato grazie alla collaborazione con commercialisti che valutano anche gli aspetti fiscali e contabili.

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Contesto normativo: cos’è l’intimazione di pagamento e quando è necessaria

Articolo 50 DPR 602/1973: termine per l’inizio dell’esecuzione

Il DPR 602/1973 disciplina la riscossione coattiva delle imposte. L’art. 50 stabilisce che l’espropriazione forzata può essere avviata solo dopo che siano trascorsi sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento e solo se il contribuente non ha presentato domanda di dilazione o sospensione . Più rilevante ai fini dell’intimazione è il comma 2: se l’espropriazione non inizia entro un anno dalla notifica della cartella, il concessionario deve notificare un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere entro cinque giorni, redatto secondo un modello approvato dal Ministero delle Finanze . L’avviso perde efficacia trascorso un anno dalla notifica .

L’intimazione serve dunque a “riattivare” il credito: permette all’AdER di avviare l’esecuzione anche quando è passato molto tempo dalla cartella. In sua assenza, l’espropriazione è illegittima e il pignoramento può essere annullato. Questo rende l’intimazione un atto propedeutico all’esecuzione forzata.

Caratteristiche dell’intimazione

L’avviso di intimazione deve contenere:

  1. Gli estremi della cartella di pagamento o dell’atto esecutivo (ad esempio, accertamento esecutivo) a cui si riferisce.
  2. L’indicazione precisa delle somme dovute, comprese imposta, sanzioni, interessi e spese.
  3. L’intimazione ad adempiere entro cinque giorni dalla notifica.
  4. La minaccia di espropriazione forzata in caso di mancato pagamento.
  5. La firma digitale o manuale del dirigente dell’AdER.

L’avviso può essere notificato tramite PEC, raccomandata a.r. o messo notificatore secondo le modalità previste dall’art. 26 DPR 602/1973. In caso di notifica via PEC, la giurisprudenza richiede la prova della conformità della copia digitale all’originale, a pena di nullità .

Durata e scadenza dell’intimazione

L’intimazione è efficace per un anno dalla notifica. Se entro quell’anno l’espropriazione non viene avviata (pignoramento presso terzi, fermo amministrativo, ipoteca), occorre una nuova intimazione. Di conseguenza, se l’AdER procede a pignoramento senza l’intimazione o con un’intimazione scaduta, l’atto esecutivo è illegittimo e può essere annullato.

Rapporto con la cartella di pagamento e gli altri atti esecutivi

L’intimazione non sostituisce la cartella; è un atto successivo che presuppone la definitività della cartella di pagamento. La cartella diventa definitiva se non viene impugnata entro sessanta giorni, salvo sospensione. Solo allora, dopo il decorso di un anno senza esecuzione, si può notificare l’intimazione. Se il contribuente riceve un accertamento esecutivo (ad esempio, avviso di accertamento per IVA o IRPEF) con efficacia esecutiva immediata, l’intimazione potrà essere necessaria decorsi due anni dall’affidamento al concessionario, come previsto da disposizioni speciali. Per i crediti locali (ICI, TARI, TOSAP), alcune leggi regionali o regolamenti prevedono un preavviso di fermo o sollecito, ma la disciplina dell’intimazione rimane applicabile se l’esecuzione non è iniziata entro un anno.

Giurisprudenza sull’intimazione di pagamento: impugnabilità, prescrizione e termini

Nel corso degli anni la Corte di Cassazione ha emesso sentenze contrastanti circa l’impugnabilità dell’intimazione e i suoi effetti sulla prescrizione. Comprendere questi orientamenti è essenziale per strutturare la propria difesa.

Sentenza n. 2616/2015: l’intimazione come atto facoltativo

Con la sentenza n. 2616 dell’11 febbraio 2015 la Cassazione ha affrontato il caso di un contribuente che aveva impugnato una cartella e l’intimazione di pagamento. La Corte ha affermato che l’impugnazione di un atto che non rientra fra quelli indicati dall’art. 19 d.lgs. 546/1992 – come appunto l’intimazione – costituisce una facoltà e non un onere . Pertanto, l’eventuale omessa impugnazione dell’intimazione non cristallizza la pretesa tributaria e non preclude la contestazione successiva della cartella o dell’esecuzione . La massima sottolinea che l’intimazione è un atto prodromico che non manifesta una nuova pretesa ma ribadisce quella già contenuta nella cartella; di conseguenza, il contribuente può impugnare direttamente l’atto esecutivo (pignoramento) per far valere i vizi della cartella o la prescrizione.

Sentenza n. 16743/2024: l’intimazione non è obbligatoria da impugnare

Nel 2024 la Cassazione (ordinanza n. 16743 del 17 giugno 2024) ha ribadito che l’intimazione, pur essendo idonea a interrompere la prescrizione, non è un atto incluso tra quelli espressamente impugnabili ai sensi dell’art. 19 d.lgs. 546/1992 . Di conseguenza l’impugnazione è una facoltà, non un obbligo; il contribuente può far valere la prescrizione anche in sede di impugnazione del successivo atto (seconda intimazione o pignoramento) . Secondo i giudici, l’avviso di intimazione è un sollecito di pagamento e, come tale, interrompe la prescrizione ma non costituisce un nuovo titolo; l’ente può emettere più intimazioni successive senza creare un nuovo debito .

Sentenza n. 6436/2025: l’intimazione è equiparata all’avviso di mora e va impugnata

La pronuncia del 11 marzo 2025 (Cass. n. 6436/2025) ha segnato un deciso cambio di rotta. La Suprema Corte ha affermato che l’intimazione di pagamento prevista dall’art. 50 DPR 602/1973 è equiparabile all’avviso di mora di cui all’art. 46 dello stesso decreto e, pertanto, è autonomamente impugnabile ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. e), d.lgs. 546/1992 . La Corte ha aggiunto che la sua impugnazione non è meramente facoltativa ma necessaria per evitare la cristallizzazione del debito . In pratica, il contribuente che omette di impugnare l’intimazione entro 60 giorni non potrà più far valere successivamente la prescrizione maturata tra la notifica della cartella e quella dell’intimazione .

La motivazione sottolinea che l’intimazione è un atto con cui l’ente comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita (la cartella) e lo avverte della prossima esecuzione; pertanto, rientra nella categoria degli atti impugnabili “equiparati” previsti dall’art. 19. La sentenza ha generato un acceso dibattito tra gli operatori: da un lato, rafforza la tutela del contribuente (che può impugnare l’intimazione e bloccare l’esecuzione); dall’altro, pone un onere aggiuntivo per chi desidera far valere la prescrizione, costringendolo a ricorrere immediatamente.

Interpretazione combinata e contrasti giurisprudenziali

Il quadro giurisprudenziale mostra una oscillazione: alcune pronunce considerano l’intimazione un atto meramente sollecitatorio, impugnabile facoltativamente (2015 e 2024), mentre altre la equiparano a un avviso di mora e ritengono obbligatoria l’impugnazione (2025). In attesa di un intervento delle Sezioni Unite o del legislatore, è prudente adottare un atteggiamento cautelativo: impugnare l’intimazione entro 60 giorni dalla notifica per non rischiare la cristallizzazione del debito. Inoltre, impugnare consente di evidenziare eventuali vizi di notifica delle cartelle, di eccepire la prescrizione e di sospendere l’esecuzione.

Procedura passo‑passo: cosa fare quando si riceve l’intimazione

Per bloccare un’intimazione di pagamento occorre seguire una strategia tempestiva e organizzata. Di seguito i passaggi chiave.

1. Verificare la notifica dell’intimazione e della cartella

La validità dell’intimazione dipende dalla correttezza della sua notifica. È necessario controllare:

  • Modalità di notifica: l’avviso deve essere notificato secondo l’art. 26 DPR 602/1973: mediante PEC, raccomandata a.r., messo notificatore o ufficiale giudiziario. Se la notifica non è regolare (mancanza di ricevuta PEC, assenza di firma digitale, indirizzo errato), l’intimazione è nulla e può essere impugnata.
  • Soggetto destinatario: l’intimazione deve essere indirizzata al contribuente o al suo erede. Se l’atto è notificato a un soggetto deceduto o a un indirizzo non aggiornato, la notifica è inefficace.
  • Cartella di pagamento: verificare che la cartella sia stata regolarmente notificata; in mancanza, l’intimazione è priva di fondamento. La cartella deve indicare imposte, sanzioni e interessi; la mancanza di motivazione può rendere nullo l’intero procedimento.

2. Controllare i termini: un anno dalla cartella e cinque giorni per il pagamento

L’intimazione è legittima solo se notificata dopo che è trascorso almeno un anno dalla cartella e prima che siano trascorsi dieci anni (termine di prescrizione ordinaria). Se l’AdER notifica l’intimazione prima del decorso dell’anno, l’atto è illegittimo. Al contrario, se sono passati più di dieci anni, il debito è prescritto e l’intimazione può essere annullata. Una volta ricevuta l’intimazione, il contribuente ha cinque giorni per pagare spontaneamente prima che si avvii l’espropriazione. Tuttavia, come vedremo, è possibile attivare rimedi legali entro 60 giorni.

3. Valutare la prescrizione e la decadenza

È essenziale verificare i termini di prescrizione dei tributi (cinque anni per IRPEF, IRES, IVA, contributi previdenziali; dieci anni per imposte erariali accertate con sentenza passata in giudicato). Se tra la notifica della cartella e quella dell’intimazione sono trascorsi più anni di quelli previsti, il credito potrebbe essere prescritto. In tal caso, l’intimazione è illegittima e deve essere impugnata. Le pronunce del 2024 e del 2025 offrono interpretazioni diverse sulla necessità di eccepire la prescrizione al primo avviso; per evitare rischi, si consiglia di sollevare la prescrizione subito.

4. Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione Tributaria)

Se si ritiene che l’intimazione sia illegittima per vizi di notifica, prescrizione o decadenza, è possibile proporre ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro sessanta giorni dalla notifica dell’intimazione (o della cartella, a seconda dei vizi contestati). Il ricorso può essere depositato telematicamente e deve contenere:

  • Gli estremi dell’intimazione e delle cartelle collegate.
  • I motivi di ricorso (nullità della notifica, prescrizione, decadenza, errore di calcolo, duplicazione del debito, mancanza di motivazione, vizi formali).
  • La richiesta di sospensione cautelare dell’esecuzione. È possibile chiedere al giudice di sospendere l’efficacia dell’intimazione e bloccare i pignoramenti finché non viene deciso il ricorso. La sospensione è concessa se vi è danno grave e irreparabile e se le ragioni del ricorso appaiono fondate.

Il ricorso deve essere notificato all’Agenzia delle Entrate‑Riscossione e all’Agenzia delle Entrate tramite PEC; il giudice fisserà un’udienza e deciderà sulla sospensione e sul merito. In caso di accoglimento, l’intimazione viene annullata e l’esecuzione non può più essere avviata.

5. Presentare un’istanza di sospensione in autotutela

Parallelamente o in alternativa al ricorso giudiziale, il contribuente può presentare all’AdER un’istanza di sospensione in autotutela. Con questo strumento l’ente può sospendere la riscossione se riconosce la sussistenza di uno dei seguenti motivi:

  • Prescrizione o decadenza del credito.
  • Errore di persona (l’intimazione è stata notificata al soggetto sbagliato).
  • Sospensione giudiziale già ottenuta per le stesse somme.
  • Annullamento del debito (ad esempio per rottamazione o definizione agevolata).
  • Pagamento già effettuato.

L’istanza deve essere motivata e corredata della documentazione; l’AdER è tenuta a rispondere entro sessanta giorni. In caso di accoglimento, l’intimazione viene sospesa o annullata; in caso di rigetto, si potrà comunque ricorrere al giudice.

6. Richiedere la rateizzazione del debito

L’art. 19 DPR 602/1973 consente al contribuente in temporanea difficoltà economica di chiedere la dilazione del pagamento. La domanda di rateizzazione sospende i termini di prescrizione e impedisce nuovi atti di esecuzione. Per le domande presentate nel biennio 2025‑2026, è possibile ottenere fino a 84 rate mensili; per il biennio 2027‑2028 fino a 96 rate; dal 2029 in poi fino a 108 rate; per debiti superiori a 120.000 € è possibile arrivare a 120 rate . Il pagamento della prima rata estingue le procedure esecutive in corso . Pertanto, se si riceve un’intimazione e si chiede immediatamente la rateizzazione, si potrà bloccare il pignoramento imminente.

7. Aderire alle definizioni agevolate (rottamazioni) o agli stralci

Negli ultimi anni sono state approvate varie definizioni agevolate (“rottamazione ter”, “rottamazione quater”, ecc.). La legge di bilancio 2023 ha introdotto la rottamazione quater, prorogata con decreti successivi, che consente di pagare il solo capitale e gli interessi legali, senza sanzioni. Le scadenze per il 2024 sono state prorogate al 15 settembre 2024 . Presentando l’istanza e pagando la prima rata, l’intimazione e gli atti esecutivi connessi vengono sospesi; se si completano i pagamenti, il debito si estingue. È importante valutare con un professionista la convenienza della definizione agevolata rispetto al ricorso.

8. Valutare la composizione della crisi da sovraindebitamento

Per persone fisiche, professionisti e imprenditori sotto soglia che non riescono a far fronte ai debiti, la Legge 3/2012 e il Codice della crisi d’impresa prevedono procedure come il piano del consumatore, l’accordo di ristrutturazione dei debiti e la liquidazione controllata. Tutte queste procedure richiedono l’assistenza di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) . Durante la procedura, le azioni esecutive sono sospese , compreso il pignoramento derivante da un’intimazione. Al termine, il debitore può ottenere l’esdebitazione e ripartire senza i debiti residui. L’avv. Monardo, in qualità di gestore della crisi e fiduciario di un OCC, può guidare il contribuente in queste procedure.

9. Conversione del pignoramento e opposizione agli atti esecutivi

Se non si riesce a bloccare l’intimazione prima dell’esecuzione e viene avviato un pignoramento, il debitore può:

  • Convertire il pignoramento ai sensi dell’art. 495 c.p.c. offrendo una somma sostitutiva che copra il debito, gli interessi e le spese. Questa somma può essere finanziata, ad esempio, tramite un prestito personale.
  • Opporsi agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 615 c.p.c. contestando la legittimità del pignoramento (ad esempio, perché l’intimazione era scaduta o non notificata). Se il giudice accoglie l’opposizione, l’esecuzione viene annullata.

Difese e strategie legali per bloccare l’intimazione

Oltre alla procedura passo‑passo, esistono diverse strategie legali che un professionista esperto può attivare per annullare o sospendere l’intimazione. Di seguito le principali:

Controllo dei vizi di notifica e dei difetti formali

L’intimazione deve rispettare una serie di requisiti formali: indicazione delle somme, dei riferimenti alla cartella, della norma applicata e dei termini. Se manca uno di questi elementi, l’atto è nullo. Anche la notifica deve seguire le regole: ad esempio, la notifica via PEC deve riportare la prova dell’avvenuta consegna e la firma digitale del responsabile. La Cassazione ha chiarito che la contestazione della conformità della copia informatica deve essere specifica : non basta affermare genericamente che l’atto è falso, ma occorre indicare le differenze tra copia e originale.

Eccezione di prescrizione e decadenza

Verificare la prescrizione è fondamentale: se tra la notifica della cartella e l’intimazione sono trascorsi più di cinque o dieci anni (a seconda del tributo) senza atti interruttivi, il debito si estingue. Il pagamento di rate, la richiesta di sospensione, l’intimazione stessa e gli stralci possono interrompere la prescrizione. Le sentenze del 2015 e del 2024 sostengono che l’intimazione non è obbligatoria da impugnare ; tuttavia, per evitare la cristallizzazione è consigliabile eccepire subito la prescrizione.

Contestazione della legittimità della cartella o dell’accertamento

Spesso l’intimazione si fonda su cartelle illegittime (per mancanza di motivazione, duplicazione, errori di calcolo). Il contribuente può contestare questi vizi impugnando la cartella o, in assenza di notifica, eccependo la nullità in sede di opposizione al pignoramento. La Corte di Cassazione ha precisato che se la cartella non è stata notificata, l’atto successivo (pignoramento) ne assume la funzione, consentendo al contribuente di impugnarla . Per questo è fondamentale conservare le ricevute di notifica e verificare la regolarità di ogni atto.

Sospensione cautelare e tutela urgente

Se l’intimazione minaccia un pignoramento imminente e il contribuente rischia un danno irreparabile (ad esempio blocco del conto corrente, fermo dei mezzi di trasporto), è possibile chiedere al giudice una sospensione urgente. Bisogna dimostrare la fondatezza delle ragioni (ad esempio la prescrizione maturata) e l’esistenza di un danno grave (perdita dell’azienda, impossibilità di pagare i dipendenti). Il giudice può sospendere l’intimazione e le azioni esecutive finché non si pronuncia nel merito.

Utilizzo degli stralci e delle definizioni agevolate

L’adesione a rottamazioni e saldo e stralcio può essere un’arma efficiente. Spesso l’AdER invia l’intimazione per recuperare un credito che potrebbe essere ridotto tramite definizione agevolata. Prima di impugnare, è opportuno verificare se il debito rientra nelle sanatorie in vigore. Ad esempio, lo stralcio dei mini‑debiti previsto dal D.L. 41/2021 e confermato dal D.L. 108/2024 ha cancellato le cartelle fino a 5.000 € per gli anni 2000–2010 . Se l’intimazione riguarda somme inferiori, potrebbe essere illegittima. L’assistenza di un avvocato tributarista consente di valutare se conviene aderire alla definizione o impugnare.

Procedura di sovraindebitamento

Per chi ha debiti elevati e molteplici pendenze, la procedura di sovraindebitamento rappresenta la soluzione più completa. Sospende tutte le azioni esecutive, comprese quelle derivanti da intimazioni, e consente di proporre un piano di rimborso calibrato sulle effettive capacità del debitore. L’intervento dell’OCC è obbligatorio ; l’avv. Monardo può accompagnare il debitore in ogni fase, dall’analisi della documentazione al deposito del piano.

Errori comuni e consigli pratici per i contribuenti

Molti contribuenti fanno errori che compromettono le loro possibilità di difesa. Ecco i più comuni e come evitarli:

  1. Ignorare l’intimazione: trascurare l’intimazione perché si ritiene di non avere soldi per pagare è un errore gravissimo. Anche se il debito è contestabile, occorre agire entro 60 giorni con un ricorso o un’istanza di sospensione per evitare il pignoramento.
  2. Pagare senza verificare: alcuni contribuenti pagano subito per paura del pignoramento. In realtà, molte intimazioni sono illegittime perché emesse oltre i termini o basate su cartelle prescritte. È consigliabile far esaminare l’atto da un esperto prima di versare.
  3. Confondere l’intimazione con un semplice sollecito: sebbene alcune sentenze parlino di atto “sollecitatorio”, l’intimazione è un atto formale che può far scattare la cristallizzazione del debito se non viene impugnato . È prudente trattarla con la massima attenzione.
  4. Non considerare la prescrizione: la prescrizione può estinguere il debito; non eccepirla nel momento giusto comporta la rinuncia a un importante strumento difensivo.
  5. Rivolgersi a non professionisti: affidarsi a consulenti improvvisati o soluzioni “fai da te” spesso porta a errori procedurali. Solo un avvocato esperto può verificare la legittimità degli atti, predisporre ricorsi efficaci e accedere alle procedure concorsuali.
  6. Aspettare l’ultimo giorno per agire: i termini sono perentori; è importante muoversi subito per preparare il ricorso e, se necessario, chiedere la sospensione.
  7. Non conservare le notifiche: senza le prove di notifica della cartella e degli atti successivi, è difficile dimostrare la prescrizione o la decadenza. Occorre conservare tutte le raccomandate, ricevute PEC e l’estratto di ruolo.

Tabelle riepilogative

Tabella 1 – Termini e scadenze per l’intimazione e l’esecuzione

Termine/attoDescrizione e riferimento normativo
60 giorniTempo minimo da attendere dopo la notifica della cartella prima di iniziare l’esecuzione .
1 annoSe l’esecuzione non è iniziata entro un anno dalla cartella, occorre notificare un avviso con intimazione a pagare entro 5 giorni .
5 giorniTermine concesso al contribuente per pagare spontaneamente dopo la notifica dell’intimazione .
1 anno (efficacia intimazione)L’intimazione perde efficacia trascorso un anno dalla sua notifica .
10 anniPrescrizione ordinaria dei tributi erariali. Se sono passati più di 10 anni dalla cartella alla nuova intimazione, il debito potrebbe essere prescritto.
60 giorni (ricorso)Termine per impugnare l’intimazione dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria, secondo l’interpretazione più cautelativa .

Tabella 2 – Contrasto giurisprudenziale sulla natura dell’intimazione

SentenzaAnnoPrincipio espresso
Cass. 2616/20152015L’impugnazione dell’intimazione è facoltativa; la sua omissione non preclude la contestazione successiva .
Cass. 16743/20242024L’intimazione interrompe la prescrizione ma non rientra tra gli atti impugnabili ex art. 19 d.lgs. 546/1992; l’impugnazione è facoltativa .
Cass. 6436/20252025L’intimazione è equiparata all’avviso di mora ed è autonomamente impugnabile; l’impugnazione è necessaria per evitare la cristallizzazione del debito .

Tabella 3 – Rimedi per bloccare l’intimazione

RimedioDescrizioneEffetto
Ricorso giurisdizionalePresentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni, contestando vizi di notifica, prescrizione o decadenza.Possibile sospensione dell’esecuzione e annullamento dell’intimazione.
Istanza di sospensione in autotutelaRichiedere all’AdER la sospensione per motivi previsti (errore di persona, prescrizione, pagamento già effettuato).Sospensione o annullamento dell’intimazione.
RateizzazioneDomandare la dilazione del pagamento (84, 96 o 108 rate, fino a 120 per importi elevati) .Sospensione dell’esecuzione e estinzione del pignoramento con la prima rata.
Definizione agevolata/rottamazioneAderire alle sanatorie in vigore (rottamazione quater, saldo e stralcio).Azzeramento di sanzioni e interessi; sospensione dell’intimazione con il pagamento della prima rata .
SovraindebitamentoAttivare un piano del consumatore o un accordo di ristrutturazione, con l’ausilio di un OCC .Sospensione delle azioni esecutive; esdebitazione finale .
Conversione del pignoramentoOffrire una somma sostitutiva al giudice ai sensi dell’art. 495 c.p.c.Sostituzione del bene pignorato con denaro; possibile chiusura dell’esecuzione.

Domande frequenti (FAQ)

  1. Che cos’è l’intimazione di pagamento? È un avviso che l’AdER invia quando non ha avviato l’esecuzione entro un anno dalla notifica della cartella. Contiene l’ordine di pagare entro cinque giorni e preannuncia pignoramenti, fermi e ipoteche .
  2. L’intimazione sostituisce la cartella di pagamento? No, è un atto successivo che presuppone la definitività della cartella. Ribadisce l’obbligo di pagamento ma non introduce un nuovo debito.
  3. Devo impugnare l’intimazione? Secondo alcune sentenze (2015 e 2024), l’impugnazione è facoltativa ; tuttavia, la Cassazione del 2025 la considera necessaria . Per prudenza è consigliabile impugnarla entro 60 giorni.
  4. Quanto tempo ho per impugnare l’intimazione? Il termine ordinario è 60 giorni dalla notifica, come per gli altri atti esattoriali. Se si contesta la cartella di pagamento o la legittimità del ruolo, il termine potrebbe decorre da quest’ultima.
  5. Cosa succede se non impugno l’intimazione? A seconda dell’orientamento giurisprudenziale, la pretesa potrebbe cristallizzarsi (2025) o la prescrizione potrebbe comunque essere fatta valere in un secondo momento (2015 e 2024). In ogni caso, l’AdER potrà procedere a pignoramento immediato.
  6. L’intimazione interrompe la prescrizione? Sì. Anche se non è impugnata, l’intimazione interrompe la prescrizione e fa decorrere un nuovo termine, secondo la Cassazione del 2024 .
  7. Posso chiedere la rateizzazione dopo aver ricevuto l’intimazione? Sì. La domanda di rateizzazione sospende l’esecuzione e con il pagamento della prima rata estingue l’intimazione .
  8. La definizione agevolata blocca l’intimazione? Se il debito rientra nella rottamazione o nello stralcio, presentando l’istanza e pagando la prima rata si ottiene la sospensione delle azioni esecutive. È necessario rispettare le scadenze fissate (ultima proroga: 15 settembre 2024) .
  9. Se la cartella è prescritta, l’intimazione è valida? No. Se la cartella è prescritta o decaduta, l’intimazione è priva di fondamento e può essere annullata. Occorre eccepire la prescrizione nel ricorso o nell’istanza di sospensione.
  10. Cosa succede dopo l’intimazione se non pago? L’AdER può procedere immediatamente con il pignoramento del conto corrente, dello stipendio, dei crediti verso terzi, con il fermo dei veicoli e con l’ipoteca sull’immobile. Il pignoramento del conto è regolato dall’art. 72‑bis DPR 602/1973 e dura 60 giorni .
  11. L’intimazione può essere notificata via PEC? Sì. La notifica telematica è valida se eseguita all’indirizzo PEC del contribuente, con firma digitale e marca temporale. Se la PEC è inattiva o non correttamente indicata, la notifica è nulla.
  12. Se non ho ricevuto la cartella, devo pagare l’intimazione? No. Se la cartella non è stata notificata, l’intimazione è illegittima. Tuttavia, è necessario impugnarla entro i termini, allegando la prova dell’inesistenza della notifica.
  13. Posso usare la procedura di sovraindebitamento per bloccare l’intimazione? Sì. Presentando un piano del consumatore o un accordo di ristrutturazione, si ottiene la sospensione delle azioni esecutive e la possibilità di rimodulare i debiti .
  14. Quali sono i costi di un ricorso contro l’intimazione? Le spese dipendono dal valore della controversia e dal contributo unificato. In media, per controversie tributarie di importo fino a 50.000 € il contributo è di circa 30 €. I costi professionali variano; consultando lo studio Monardo è possibile avere un preventivo trasparente.
  15. L’AdER deve notificare una nuova intimazione ogni anno? Sì. Se dopo un anno dalla prima intimazione non è stata avviata l’esecuzione, l’AdER deve inviare una nuova intimazione . In assenza, il pignoramento è illegittimo e può essere annullato.

Simulazioni pratiche e casi di studio

Caso 1: Intimazione illegittima perché inviata oltre dieci anni dopo la cartella

Scenario: un contribuente riceve nel novembre 2025 un’intimazione relativa a una cartella di pagamento notificata nel settembre 2012. Non sono stati notificati atti esecutivi nel frattempo.

Analisi: la cartella ha dieci anni; i tributi erariali si prescrivono dopo dieci anni. Poiché sono trascorsi più di dieci anni e non vi sono atti interruttivi, il debito potrebbe essere prescritto. L’intimazione, inviata dopo il termine, è illegittima. Il contribuente dovrebbe impugnare l’intimazione entro 60 giorni eccependo la prescrizione. Se il giudice accoglie il ricorso, l’AdER non potrà avviare il pignoramento.

Caso 2: Intimazione valida ma cartella non notificata

Scenario: l’AdER invia un’intimazione nel dicembre 2025 per un debito da cartella del 2019. Il contribuente, tuttavia, non ha mai ricevuto la cartella.

Analisi: l’intimazione presuppone la regolare notifica della cartella. La mancanza di notifica rende nullo l’intero procedimento. Il contribuente può impugnare l’intimazione contestando l’inesistenza della notifica e ottenere l’annullamento. Nel frattempo, è consigliabile presentare un’istanza di sospensione in autotutela. Se non si agisce, l’AdER potrebbe procedere a pignoramento e la contestazione diventerebbe più complessa.

Caso 3: Intimazione regolare, ricorso respinto ma rateizzazione concessa

Scenario: un imprenditore riceve un’intimazione per 40.000 €. Verifica che la cartella è stata notificata regolarmente nel 2023 e decide di impugnare l’intimazione eccependo l’illegittimità degli interessi. Il giudice rigetta il ricorso. Nel frattempo l’imprenditore chiede la rateizzazione in 72 rate.

Analisi: la rateizzazione sospende l’esecuzione; con il pagamento della prima rata, eventuali pignoramenti o ipoteche vengono revocati . Anche se il ricorso è rigettato, la rateizzazione consente di evitare il pignoramento. È fondamentale presentare la domanda prima che scadano i cinque giorni dell’intimazione.

Caso 4: Più intimazioni successive e cristallizzazione del debito

Scenario: un soggetto riceve una prima intimazione nel 2019 che non impugna. Nel 2022 riceve una seconda intimazione relativa allo stesso debito; questa volta decide di impugnare eccependo la prescrizione maturata tra la cartella (2015) e la prima intimazione (2019).

Analisi: secondo l’orientamento del 2024, il contribuente può eccepire la prescrizione anche se non ha impugnato la prima intimazione . Secondo la sentenza del 2025, invece, la mancata impugnazione avrebbe cristallizzato il debito . Per prudenza, è consigliabile impugnare ogni intimazione e far valere la prescrizione il prima possibile.

Caso 5: Procedura di sovraindebitamento per bloccare l’intimazione

Scenario: una lavoratrice dipendente con debiti tributari per 80.000 € riceve un’intimazione. Ha uno stipendio di 1.800 € al mese, un mutuo e nessun patrimonio. Presenta, tramite l’OCC, un piano del consumatore offrendo di pagare 15.000 € in cinque anni.

Analisi: con la presentazione del piano e l’omologazione da parte del giudice, tutte le azioni esecutive, inclusa l’intimazione, sono sospese . Il piano prevede un pagamento proporzionato alle capacità di reddito; al termine, la debitrice ottiene l’esdebitazione e i crediti residui vengono cancellati. Questo strumento può trasformare un debito insostenibile in una soluzione gestibile.

Fonti normative e giurisprudenziali recenti

Norme di riferimento

  • DPR 602/1973, art. 50 – disciplina il termine per l’inizio dell’esecuzione forzata, la necessità di notificare l’intimazione se l’espropriazione non inizia entro un anno e la scadenza dell’avviso .
  • DPR 602/1973, art. 26 – modalità di notifica degli atti della riscossione.
  • D.Lgs. 546/1992, art. 19 – elenca gli atti impugnabili davanti alle Corti di Giustizia Tributaria; la giurisprudenza ne ha esteso l’ambito alle intimazioni secondo alcuni orientamenti.
  • Statuto del contribuente (L. 212/2000) – stabilisce i principi di buona amministrazione e trasparenza; l’intimazione deve essere motivata e comprensibile.
  • DPR 602/1973, art. 19 – disciplina la rateizzazione e la sospensione dell’esecuzione .
  • Legge 3/2012 e D.Lgs. 14/2019 – regolano le procedure di sovraindebitamento .

Circolari e prassi

  • Circolare AdER n. 2/2024 – ha fornito chiarimenti sulle intimazioni e sui termini di notifica.
  • Circolare AdER n. 5/2023 – ha disciplinato la rateizzazione e l’interruzione della prescrizione.
  • Provvedimento AdER 25/6/2025 – ha aggiornato i modelli di intimazione alla luce delle sentenze della Cassazione.

Sentenze rilevanti

  • Cass. n. 2616/2015 – ha stabilito che l’impugnazione dell’intimazione è facoltativa e non onere .
  • Cass. n. 16743/2024 – ha affermato che l’intimazione interrompe la prescrizione ma non è obbligatorio impugnarla .
  • Cass. n. 6436/2025 – ha equiparato l’intimazione all’avviso di mora, rendendo l’impugnazione necessaria . Ha stabilito che la mancata impugnazione cristallizza il debito .
  • Altre pronunce – Cass. n. 23397/2016 (Sezioni Unite) sulla prescrizione dei tributi; Cass. n. 16783/2024 e Cass. n. 32671/2024 in tema di notifiche e impugnazioni degli atti successivi .

Conclusione

L’intimazione di pagamento dell’Agenzia delle Entrate‑Riscossione è un campanello d’allarme che prelude alle azioni esecutive. Conoscere la legge e la giurisprudenza è il primo passo per difendersi: l’art. 50 DPR 602/1973 impone la notifica dell’intimazione se l’esecuzione non è stata avviata entro un anno ; le sentenze recenti oscillano tra la facoltatività e l’obbligatorietà dell’impugnazione . Per tutelarsi occorre agire tempestivamente, verificando le notifiche, i termini di prescrizione e la legittimità delle cartelle, e valutando se impugnare l’intimazione entro 60 giorni.

Gli strumenti di difesa sono molteplici: ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria, istanza di sospensione in autotutela, rateizzazione del debito, adesione a definizioni agevolate, procedura di sovraindebitamento. Il successo dipende da un’analisi attenta della situazione e da un’azione rapida. Non esiste una soluzione unica per tutti: ogni caso richiede una strategia personalizzata.

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