Cos’è l’accertamento induttivo e come difendersi – guida pratica

Introduzione

Nel panorama tributario italiano l’accertamento è lo strumento con cui l’Amministrazione finanziaria ricostruisce la base imponibile di un contribuente quando ritiene che questi non abbia dichiarato correttamente i propri redditi. Fra i diversi metodi di accertamento, quello induttivo è il più invasivo: prescinde dalle scritture contabili e consente agli uffici di determinare l’imponibile sulla base di presunzioni anche semplici quando le irregolarità delle scritture o la mancata tenuta dei registri rendono inattendibile la contabilità.

L’uso sempre più frequente di questo metodo – alimentato da banche dati, controlli incrociati e nuove tecnologie – espone imprese, professionisti e privati a un rischio rilevante: vedersi addebitare ricavi presunti e imposte non dichiarate sulla base di parametri statistici, medie di settore o presunzioni legali. Per difendersi è indispensabile comprendere quando l’Agenzia delle Entrate può operare induttivamente, quali sono i limiti normativi e giurisprudenziali, e quali strategie attivare per contrastare o ridurre la pretesa fiscale.

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Contesto normativo dell’accertamento induttivo

Le tre tipologie di accertamento

L’art. 39 del D.P.R. 600/1973 (“Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”) individua le modalità con cui l’ufficio procede alla rettifica dei redditi d’impresa delle persone fisiche. Il primo comma disciplina l’accertamento analitico o analitico–contabile: l’ufficio interviene quando gli elementi indicati nella dichiarazione non corrispondono ai dati del bilancio o quando emergono falsità direttamente dai verbali di ispezione . In questa fase l’Amministrazione deve basarsi sulle scritture contabili e può utilizzare presunzioni semplici soltanto se sono gravi, precise e concordanti .

Quando dalle ispezioni risulta che la contabilità è totalmente inattendibile o la dichiarazione non è stata presentata, l’ufficio può prescindere dai libri contabili e ricorrere all’accertamento induttivo puro. Il secondo comma di art. 39 consente infatti di determinare il reddito “sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza”, con possibilità di prescindere in tutto o in parte dalle scritture esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza . Questa modalità opera nei casi di:

  • omessa dichiarazione;
  • mancato invio del bilancio (ipotesi ora abrogata);
  • omessa o sottratta tenuta delle scritture contabili;
  • irregolarità contabili così gravi e numerose da rendere inattendibili le registrazioni ;
  • mancato riscontro agli inviti dell’Ufficio o omessa presentazione dei modelli degli studi di settore .

Una forma intermedia è l’accertamento analitico–induttivo (o “misto”) previsto dalla lettera d) dell’art. 39 comma 1 e dall’art. 54 del D.P.R. 633/1972 per l’IVA. È utilizzato quando la contabilità è in generale attendibile ma presenta singole componenti (ricavi o costi) inesatte o mancanti. In tale ipotesi l’ufficio può integrare i dati dichiarati con valutazioni presuntive purché le presunzioni siano gravi, precise e concordanti . Per l’IVA, l’art. 54 del D.P.R. 633/1972 consente la rettifica anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravità, precisione e concordanza risultino da fatture, registri e altri dati .

Accertamento parziale e accertamento d’ufficio

Oltre alle tipologie sopra descritte, è previsto l’accertamento parziale ex art. 41‑bis D.P.R. 600/1973: gli uffici, qualora dagli elementi istruttori (verbali, indagini bancarie, segnalazioni della Guardia di finanza, dati dell’anagrafe tributaria) emergano elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o di un maggior reddito parzialmente dichiarato, possono limitarsi ad accertare tale reddito senza pregiudizio per ulteriori azioni . Questa forma consente di contestare subito un maggior reddito in presenza di prove stringenti, rinviando eventuali ulteriori contestazioni a successive verifiche.

Gli artt. 41 e 41‑bis si collegano a figure come l’accertamento d’ufficio (per contribuenti che non hanno presentato dichiarazione) e l’accertamento integrativo, entrambi fondati sulla necessità di recuperare materia imponibile sottratta all’Erario.

Principio di capacità contributiva e presunzioni

Il ricorso a presunzioni rende l’accertamento induttivo una deroga al metodo analitico. Le presunzioni devono basarsi su fatti noti da cui inferire il fatto ignoto; nel caso dell’analitico–induttivo, richiedono i requisiti di gravità, precisione e concordanza (art. 2729 c.c.). Il secondo comma di art. 39 consente invece di utilizzare “super presunzioni” prive dei predetti requisiti , basate su medie di settore, coefficienti di redditività, parametri e studi di settore. Tale deroga è giustificata dall’inattendibilità della contabilità ma incontra i limiti costituzionali del principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.), come ribadito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 10 del 2023.

La Consulta ha chiarito che nell’accertamento induttivo puro l’Amministrazione deve considerare non solo i maggiori ricavi ma anche l’incidenza percentuale dei costi correlati, in modo da tassare un reddito netto e non una ricchezza fittizia . La Corte ha affermato che, in tali casi, è lo stesso ufficio che deve determinare induttivamente non solo i ricavi ma anche i costi . Tale principio è stato accolto dalla Cassazione e costituisce un importante limite al potere discrezionale dell’Agenzia: anche nel metodo induttivo l’imposta deve colpire un reddito effettivo e non presunto senza costi.

Indagini finanziarie e presunzioni legali

L’art. 32 D.P.R. 600/1973 e l’art. 51 D.P.R. 633/1972 consentono agli uffici di ricostruire i redditi in base ai movimenti bancari. I versamenti e i prelevamenti su conti correnti possono essere considerati ricavi o compensi non dichiarati salvo prova contraria del contribuente. La Corte costituzionale ha qualificato questa presunzione come “iuris tantum”: il contribuente può superarla dimostrando che i movimenti sono già stati considerati nella dichiarazione o non hanno rilevanza fiscale . La sentenza 10/2023 ha confermato la legittimità costituzionale di tale presunzione ma ha sottolineato che l’onere probatorio non deve essere sproporzionato rispetto all’incompletezza della contabilità .

Evoluzione giurisprudenziale recente

Deducibilità dei costi anche nell’accertamento analitico–induttivo

La sentenza della Corte costituzionale n. 10/2023 ha prodotto significativi riflessi in giurisprudenza. La Cassazione, con l’ordinanza n. 19574/2025, ha stabilito che anche nell’accertamento analitico–induttivo devono essere riconosciuti i costi correlati ai maggiori ricavi, determinati anche forfettariamente. La mancata considerazione dei costi comporterebbe un trattamento più severo per il contribuente che abbia tenuto una contabilità complessivamente attendibile rispetto a chi, privo di contabilità, subisce un accertamento induttivo puro . L’ordinanza richiama espressamente la sentenza 10/2023 e sottolinea che il mancato riconoscimento dei costi determinerebbe esiti irragionevoli e contrasterebbe con il principio di capacità contributiva .

In concreto, il contribuente potrà proporre costi forfettari in via di presunzione contraria quando l’accertamento mixato si fonda su elementi estranei alla contabilità (ad esempio documentazione in nero trovata durante una verifica). Questa giurisprudenza apre uno spiraglio importante per imprese e professionisti coinvolti in accertamenti basati su ricostruzioni induttive: non è più necessario provare i costi con fatture e registrazioni se l’ufficio fonda l’accertamento su elementi presuntivi.

Accertamenti bancari e prova presuntiva dei costi

La Corte di cassazione ha ribadito lo stesso principio con l’ordinanza n. 26996/2025 in tema di accertamenti bancari. Di fronte a prelievi ritenuti non giustificati, la Suprema Corte ha affermato che il contribuente può sempre eccepire l’incidenza percentuale dei costi presunti da detrarre dai prelievi, affinché la presunzione sia compatibile con il principio di capacità contributiva . Nel caso esaminato – ricavi ricostruiti sulla base di prelievi bancari – la Cassazione ha accolto il ricorso del contribuente e ha chiarito che la presunzione legale prevista dagli artt. 32 D.P.R. 600/1973 e 51 D.P.R. 633/1972 può essere superata mediante prova analitica della riferibilità di ogni movimento e che l’onere della prova grava sul contribuente ma deve essere dimensionato in modo ragionevole .

In particolare, la prova contraria deve dimostrare che le movimentazioni non attengono ad operazioni imponibili, indicando per ciascun versamento o prelievo il beneficiario o la ragione della transazione . L’amministrazione, dal canto suo, deve considerare i costi medi del prodotto commercializzato o i margini di settore, sottraendoli dai ricavi presunti. Questa pronuncia conferma che anche negli accertamenti bancari, improntati a presunzioni legali, il reddito presunto non può eccedere la ricchezza effettiva dell’impresa.

Obbligo di contraddittorio preventivo

L’obbligo di instaurare un contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente prima di emettere l’avviso di accertamento è stato oggetto di evoluzione normativa e giurisprudenziale. Prima della riforma introdotta dall’art. 6‑bis dello Statuto del contribuente (l. 212/2000), l’obbligo sussisteva soltanto nei casi stabiliti da norme speciali, tra cui gli accertamenti fondati esclusivamente sugli studi di settore. Con l’ordinanza n. 24783/2025 la Cassazione ha chiarito che il contraddittorio preventivo è dovuto solo quando l’accertamento si basa integralmente su parametri o studi di settore; non è necessario quando l’accertamento è sorretto anche da altri elementi, come l’antieconomicità della gestione, risultati economici negativi o assenza di altre fonti di reddito . Nel caso esaminato, l’accertamento analitico–induttivo plurifattoriale era stato avviato sulla base di comportamenti antieconomici, e la Corte ha confermato la legittimità dell’atto in assenza di contraddittorio.

La stessa ordinanza ricorda che l’obbligo di contraddittorio, nei tributi armonizzati (IVA, dazi), deriva anche dal diritto dell’Unione e la sua violazione comporta invalidità dell’atto quando il contribuente dimostri che la partecipazione avrebbe potuto incidere sull’esito (“prova di resistenza”) . Negli altri casi (tributi non armonizzati) l’obbligo è stato generalizzato solo con la riforma del 2024, ma restano applicabili gli orientamenti precedenti per gli accertamenti antecedenti.

Termine per le osservazioni dopo il PVC

L’art. 12 comma 7 della l. 212/2000 prevede che, dopo la notifica del processo verbale di constatazione (PVC) redatto a seguito di accesso, ispezione o verifica, il contribuente abbia 60 giorni per presentare osservazioni e richieste. Durante tale periodo l’ufficio non può emanare l’avviso di accertamento, salvo casi di particolare urgenza. La Cassazione, con la sentenza n. 287/2025, ha chiarito che quando l’ufficio formula nuovi rilievi o contestazioni rispetto a quelle contenute nel PVC, il termine di 60 giorni inizia a decorrere dal momento in cui il contribuente viene informato di tali nuove contestazioni . La Corte ha richiamato i principi di collaborazione e buona fede, evidenziando che il contraddittorio deve potersi esprimere pienamente in modo da consentire al contribuente di incidere sulla pretesa fiscale .

Procedura: cosa accade dopo la notifica dell’atto

1. Inviti, questionari e accessi

L’accertamento induttivo è spesso preceduto da questionari o inviti con cui l’Agenzia delle Entrate richiede al contribuente di esibire documenti, conti correnti, fatture o di rispondere a domande. Rispondere tempestivamente e con precisione è fondamentale: la mancata risposta può legittimare l’accertamento induttivo e far decadere il diritto a produrre ulteriori documenti (art. 39, comma 2, lett. d‑bis D.P.R. 600/1973 ). Anche gli accessi e le ispezioni presso la sede aziendale rientrano fra gli elementi istruttori; i loro esiti sono verbalizzati nel PVC che segnala irregolarità contabili o elementi extracontabili (ad esempio, un “libro nero” degli incassi).

2. Processo verbale di constatazione (PVC)

Terminata la verifica, la Guardia di Finanza o l’Agenzia redige un PVC, consegnandolo al contribuente. Da quel momento decorrono i 60 giorni per presentare memorie difensive o chiedere una proroga. Le osservazioni possono riguardare vizi formali (mancata motivazione, incompetenza dell’ufficio) o sostanziali (contestazione dei ricavi presunti, dimostrazione di costi, errori di calcolo). Come precisato dalla Cassazione, il termine di 60 giorni decorre dal momento in cui il contribuente viene a conoscenza di tutte le contestazioni . È consigliabile allegare documentazione probatoria: contratti, fatture, estratti conto, dichiarazioni di terzi, per superare le presunzioni.

3. Invito al contraddittorio e adesione

In alcuni casi l’ufficio invia uno schema di atto o un invito al contraddittorio ai sensi degli artt. 5‑bis e 5‑ter del D.Lgs. 218/1997 (così come modificati dalla riforma 2024). Durante la convocazione il contribuente e l’amministrazione discutono sulle contestazioni e possono pervenire ad un accordo tramite accertamento con adesione. Questa procedura consente di ridurre le sanzioni fino a 1/3 del minimo e di rateizzare l’imposta; la sottoscrizione dell’atto di adesione preclude l’impugnazione in giudizio ma consente un notevole risparmio. L’accertamento con adesione è consigliabile quando la pretesa è fondata e si desidera chiudere la contestazione con un costo ridotto.

4. Avviso di accertamento

Se il contraddittorio non si perfeziona, l’ufficio emette l’avviso di accertamento, atto impositivo che deve essere motivato e indicare i presupposti di fatto e di diritto. L’atto deve specificare le basi del calcolo (ricavi stimati, studi di settore, margini di ricarico) e l’aliquota applicata . La mancanza di motivazione comporta nullità. Il contribuente può presentare istanza di autotutela per ottenere l’annullamento o la riduzione dell’atto se rileva errori evidenti (ad esempio, errata applicazione di aliquote, calcoli duplicati, dati non pertinenti). L’istanza non sospende i termini per ricorrere.

5. Ricorso alla giustizia tributaria

L’avviso di accertamento può essere impugnato davanti alla Corte di giustizia tributaria di primo grado (ex Commissione tributaria provinciale) entro 60 giorni dalla notifica (90 giorni in caso di conciliazione giudiziale). Il ricorso deve essere motivato e deve indicare, a pena di inammissibilità, l’atto impugnato e la materia del contendere. È consigliabile impugnare sia l’imposta sia le sanzioni, chiedendo la sospensione dell’esecuzione (art. 47 D.Lgs. 546/1992) se il pagamento immediato arreca grave danno. In giudizio la difesa può contestare sia la ricostruzione induttiva (dati utilizzati, presunzioni) sia la sussistenza dei presupposti (mancanza di motivazione, violazione del contraddittorio, calcolo dei costi). La giurisprudenza richiede che la prova contraria sia analitica, ossia riferita a ciascuna operazione bancaria o transazione contestata .

6. Appello e ricorso per cassazione

La sentenza di primo grado può essere impugnata innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado entro 60 giorni. L’appello può essere proposto sia dal contribuente sia dall’Agenzia e deve attenere a motivi specifici; la Cassazione può essere adita per violazione di legge o vizio di motivazione entro 60 giorni dalla notifica della sentenza di appello (art. 360 c.p.c.). È importante notare che, ai sensi dell’art. 57 D.Lgs. 546/1992, non possono essere formulate nuove eccezioni in appello; la massima della Cassazione n. 24798/2025 ha precisato che il divieto si riferisce alle eccezioni in senso stretto mentre non riguarda le mere difese o contestazioni dei fatti .

Strategie difensive e strumenti di tutela

Affrontare un accertamento induttivo richiede un approccio strutturato. Di seguito sono illustrate le principali strategie difensive e gli strumenti alternativi disponibili.

Verificare la legittimità dell’atto

  • Motivazione dell’accertamento: l’avviso deve contenere gli elementi essenziali, come l’imponibile accertato, le aliquote, l’importo delle imposte e l’iter logico che ha condotto alla determinazione . La motivazione deve permettere al contribuente di comprendere la pretesa; in caso contrario si può eccepire la nullità.
  • Competenza dell’ufficio: verificare se l’atto è stato emesso dall’ufficio territorialmente competente; eventuali vizi di competenza territoriale sono causa di nullità.
  • Termini di decadenza: il termine ordinario per notificare l’accertamento è il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione; in caso di omessa dichiarazione è il 31 dicembre del settimo anno. Il termine può essere sospeso in caso di richiesta di documenti non esibiti.

Contestare presupposti e presunzioni

  • Mancanza dei presupposti dell’art. 39 comma 2: l’Agenzia deve dimostrare l’omessa presentazione della dichiarazione o l’inattendibilità della contabilità. In assenza di questi presupposti l’accertamento induttivo è illegittimo.
  • Presunzioni semplici: nel metodo analitico–induttivo le presunzioni devono essere gravi, precise e concordanti; il contribuente può eccepire la loro insufficienza.
  • Prova contraria: per superare la presunzione sui movimenti bancari occorre dimostrare che i versamenti e prelievi non costituiscono ricavi o compensi. La prova deve essere analitica, riferita a ciascuna operazione . È possibile presentare dichiarazioni di terzi, contratti, fatture, estratti conto, tabelle dimostrative dei costi, per ridurre l’imponibile.
  • Deduzione dei costi: sulla scorta della sentenza n. 10/2023 e delle ordinanze n. 19574/2025 e 26996/2025, il contribuente può chiedere il riconoscimento di costi presunti anche nel metodo analitico–induttivo. L’ufficio deve determinare l’imponibile al netto dei costi medi di settore .

Richiedere il contraddittorio e valorizzare la prova di resistenza

  • Contraddittorio preventivo: se l’avviso è basato esclusivamente su studi di settore o su parametri, l’Ufficio deve convocare il contribuente e ascoltarne le ragioni. La mancata convocazione può comportare l’annullamento dell’atto .
  • Prova di resistenza: nei tributi armonizzati la violazione del contraddittorio comporta nullità se il contribuente dimostra che la partecipazione avrebbe potuto modificare l’esito . È importante, quindi, indicare le circostanze che si sarebbero potute rappresentare in sede di contraddittorio.

Accertamento con adesione e definizioni agevolate

L’accertamento con adesione è un istituto deflattivo che consente di chiudere il contenzioso riducendo le sanzioni. La procedura si articola in:

  1. Presentazione di istanza (facoltativa) di accertamento con adesione entro il termine per impugnare l’avviso;
  2. Convocazione presso l’ufficio per discutere la pretesa;
  3. Redazione di un atto di adesione con indicazione degli imponibili concordati, dell’imposta, delle sanzioni (ridotte a 1/3) e delle rate di pagamento;
  4. Versamento entro 20 giorni con possibile rateizzazione fino a otto rate trimestrali.

L’adesione preclude l’impugnazione dell’accertamento ma rappresenta un’opportunità per ridurre il contenzioso quando la pretesa è fondata. Oltre all’adesione, la legislazione offre altri strumenti di definizione agevolata:

  • Rottamazione delle cartelle (ad esempio, rottamazione‑quater prevista dalla legge di bilancio 2023) che consente di pagare solo le imposte senza sanzioni e interessi;
  • Definizione agevolata dei PVC introdotta dal D.Lgs. 87/2024: permette di chiudere la contestazione con sanzioni ridotte se si paga entro un certo termine;
  • Transazione fiscale nell’ambito della crisi d’impresa, che consente di rimodulare i debiti tributari in un piano di ristrutturazione;
  • Ravvedimento operoso, che consente di sanare spontaneamente le violazioni pagando sanzioni ridotte.

Soluzioni per situazioni di sovraindebitamento

Il contribuente che si trova in stato di sovraindebitamento può ricorrere alle procedure della Legge 3/2012 (Crisi da sovraindebitamento) e al nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Fra gli strumenti disponibili:

  • Piano del consumatore: consente alle persone fisiche sovraindebitate di ottenere la riduzione e la rimodulazione dei debiti, compresi quelli fiscali. L’Avv. Monardo, in qualità di gestore della crisi, assiste nella predisposizione del piano e nel dialogo con l’organismo di composizione della crisi.
  • Accordo di ristrutturazione dei debiti o concordato minore: prevede la ristrutturazione dei debiti con falcidia e la possibilità di pagamento parziale.
  • Esdebitazione: al termine della procedura il debitore può ottenere l’esdebitazione, liberandosi dai debiti residui.

Errori comuni da evitare e consigli pratici

  1. Ignorare gli inviti o i questionari: la mancata risposta legittima l’ufficio ad attivare un accertamento induttivo e può precludere la produzione di prove successivamente .
  2. Non presentare osservazioni al PVC: è fondamentale utilizzare i 60 giorni per contestare le irregolarità e presentare documenti; in caso contrario la difesa in giudizio sarà più difficile .
  3. Non analizzare la motivazione: spesso gli avvisi contengono errori, duplicazioni, mancato scorporo dell’IVA o presunzioni troppo generiche. Una lettura attenta consente di impostare l’eccezione più efficace.
  4. Trascurare i termini: l’impugnazione deve essere presentata entro 60 giorni; l’istanza di adesione sospende il termine per 90 giorni ma richiede attenzione.
  5. Sottovalutare il ruolo del contraddittorio: se l’accertamento si basa sugli studi di settore, la mancata convocazione può essere fatta valere per annullare l’atto .
  6. Non dimostrare i costi: anche quando l’ufficio ricorre a presunzioni, il contribuente deve fornire elementi per dedurre i costi; l’onere della prova è alleggerito ma non assente .
  7. Agire da soli: l’assistenza di un professionista esperto consente di individuare vizi formali e sostanziali, di negoziare con l’amministrazione e di scegliere la strategia (ricorso, adesione, transazione) più conveniente.

Tabelle riepilogative

Norme e presupposti dell’accertamento induttivo

NormaOggettoPresupposti principali
Art. 39 D.P.R. 600/1973Accertamento dei redditi d’impresaRettifica analitica se elementi non corrispondono al bilancio; presunzioni gravi, precise e concordanti; accertamento induttivo puro in caso di omessa dichiarazione, mancanza di scritture, irregolarità gravi
Art. 41‑bis D.P.R. 600/1973Accertamento parzialeUffici possono accertare un maggior reddito sulla base di elementi acquisiti da ispezioni, indagini o segnalazioni, senza pregiudicare ulteriori azioni
Art. 54 D.P.R. 633/1972Rettifica delle dichiarazioni IVAL’ufficio può rettificare la dichiarazione usando presunzioni gravi, precise e concordanti; può prescindere dalla previa ispezione se l’infedeltà risulta direttamente da dati e documenti
Art. 32 D.P.R. 600/1973 e Art. 51 D.P.R. 633/1972Presunzione sui movimenti bancariVersamenti e prelevamenti sono considerati ricavi o compensi salvo prova contraria; il contribuente può dimostrare che non attengono ad operazioni imponibili
Art. 12 L. 212/2000Contraddittorio dopo il PVCIl contribuente ha 60 giorni per presentare osservazioni e richieste; il termine decorre dalla notifica del PVC e dalle eventuali nuove contestazioni

Principi giurisprudenziali recenti

PronunciaAnnoPrincipio affermato
Corte cost. n. 10/20232023Nell’accertamento induttivo puro l’Amministrazione deve considerare anche l’incidenza percentuale dei costi correlati; il reddito induttivo deve essere determinato al netto dei costi
Cass. n. 19574/20252025Anche nell’accertamento analitico–induttivo vanno riconosciuti costi determinati forfettariamente; il mancato riconoscimento comporta un trattamento irragionevolmente più severo
Cass. n. 26996/20252025Nei prelievi bancari non giustificati il contribuente può sempre eccepire costi presunti; la presunzione legale può essere superata con prova analitica della riferibilità di ogni movimento
Cass. n. 24783/20252025L’obbligo di contraddittorio preventivo sussiste solo quando l’accertamento è basato integralmente sugli studi di settore; se il metodo è analitico–induttivo plurifattoriale non sussiste
Cass. n. 287/20252025Il termine di 60 giorni per le osservazioni decorre anche in presenza di nuovi rilievi; il contraddittorio deve rispettare i principi di buona fede e collaborazione

Domande frequenti (FAQ)

1. Che cos’è l’accertamento induttivo?
È il metodo con cui l’Agenzia delle Entrate determina il reddito prescindendo dalle scritture contabili, basandosi su presunzioni o dati estrapolati (studi di settore, coefficienti, indagini bancarie). Si applica quando la contabilità è inattendibile o manca del tutto .

2. Qual è la differenza tra accertamento analitico, analitico–induttivo e induttivo puro?
L’analitico verifica la dichiarazione alla luce della contabilità e utilizza presunzioni solo se gravi, precise e concordanti . L’analitico–induttivo integra i dati contabili con presunzioni quando alcune poste sono inesatte. L’induttivo puro prescinde dalle scritture e utilizza presunzioni semplici in presenza di grave inattendibilità .

3. Quando l’Agenzia può procedere con l’induttivo puro?
Nei casi elencati dall’art. 39 comma 2 D.P.R. 600/1973: omessa dichiarazione; mancata presentazione del bilancio; contabilità non tenuta o sottratta; irregolarità gravi; mancata risposta agli inviti; omessa presentazione degli studi di settore .

4. Le presunzioni devono sempre essere gravi, precise e concordanti?
Solo nell’analitico e nell’analitico–induttivo. Nell’induttivo puro l’ufficio può utilizzare presunzioni anche prive di tali requisiti, come medie di settore o indici, ma deve sempre rispettare il principio di capacità contributiva .

5. È possibile dedurre i costi anche se l’accertamento è basato su presunzioni?
Sì. La Corte costituzionale (sentenza 10/2023) e la Cassazione (ordinanze 19574/2025 e 26996/2025) hanno affermato che i costi devono essere considerati anche negli accertamenti induttivi. Il contribuente può opporre costi forfettari o medi di settore .

6. Come posso superare la presunzione sui movimenti bancari?
Dimostrando analiticamente che ogni versamento o prelievo non attiene ad operazioni imponibili: occorre indicare il beneficiario o la causa della transazione . La prova può essere documentale (contratti, fatture) o testimoniale.

7. Cosa succede se non rispondo agli inviti o al PVC?
La mancata risposta può legittimare l’accertamento induttivo e precludere la possibilità di produrre successivamente gli stessi documenti . È quindi essenziale rispondere e presentare le proprie osservazioni nei 60 giorni .

8. Come si calcolano le sanzioni in caso di accertamento induttivo?
Le sanzioni per infedele dichiarazione (D.Lgs. 471/1997) variano dal 90 al 180 % dell’imposta evasa; possono essere ridotte a 1/3 con l’accertamento con adesione o al 3,75 % con la definizione agevolata dei PVC. In caso di adesione i termini di pagamento e la rateizzazione sono regolati dal D.Lgs. 218/1997.

9. Posso rateizzare l’imposta accertata?
Sì. Sia l’accertamento con adesione sia la conciliazione giudiziale prevedono la rateizzazione. Inoltre, dopo la notifica della cartella di pagamento, è possibile richiedere una dilazione fino a 72 rate mensili presso l’Agenzia delle Entrate–Riscossione.

10. Quando è obbligatorio il contraddittorio preventivo?
È obbligatorio quando l’accertamento è basato esclusivamente sugli studi di settore o parametri. In altri casi il contraddittorio era facoltativo fino all’entrata in vigore dell’art. 6‑bis l. 212/2000. La Cassazione ha chiarito che non occorre quando l’accertamento è plurifattoriale .

11. Che cos’è la prova di resistenza?
È l’onere di dimostrare che, se si fosse svolto il contraddittorio, l’esito dell’accertamento sarebbe potuto essere diverso. Nei tributi armonizzati la violazione del contraddittorio comporta invalidità solo se il contribuente prova che avrebbe potuto incidere sull’esito .

12. Cosa posso fare se l’avviso di accertamento è motivato in modo insufficiente?
Si può eccepire la nullità dell’atto. L’avviso deve indicare l’imponibile accertato, le aliquote e l’iter logico; la mancanza di motivazione integra violazione dell’art. 7 della l. 212/2000 e dell’art. 42 D.P.R. 600/1973.

13. Il contraddittorio si applica anche alle imposte locali o ai contributi previdenziali?
Per i tributi locali (IMU, TARI) e i contributi previdenziali, l’obbligo di contraddittorio non è generalizzato, salvo che specifiche disposizioni lo prevedano. Tuttavia, la giurisprudenza tende a valorizzare il principio di buona amministrazione, invitando gli enti a sentire il contribuente prima di emettere l’atto.

14. È possibile ottenere la sospensione dell’esecuzione?
Sì. Presentando richiesta di sospensione cautelare in primo grado, il giudice può sospendere l’esecutività dell’accertamento se il pagamento arreca danno grave e irreparabile. Occorre depositare idonea documentazione (bilanci, flussi di cassa) a supporto.

15. Posso definire il debito tramite strumenti di composizione della crisi?
Sì. Se la situazione debitoria è insostenibile, si può ricorrere alla legge 3/2012 per ottenere un piano del consumatore, un accordo di ristrutturazione o la liquidazione controllata. Queste procedure consentono di rimodulare o falcidiare i debiti fiscali; l’Avv. Monardo, gestore della crisi, assiste nella predisposizione della domanda.

16. Quali sono le conseguenze penali dell’accertamento induttivo?
Se i maggiori ricavi accertati superano determinate soglie (ad esempio, per l’IVA 150.000 € o per imposte dirette 100.000 €), può scattare il reato di dichiarazione infedele (art. 4 d.lgs. 74/2000) o di omessa dichiarazione (art. 5). In caso di indagine penale è necessario coordinare la difesa tributaria con quella penale.

17. Cosa succede se, dopo l’accertamento, non pago?
L’Agenzia emette un ruolo e la cartella di pagamento, oppure iscrive un avviso di accertamento esecutivo. In caso di mancato pagamento scatta la riscossione coattiva tramite fermo amministrativo, ipoteca e pignoramento. È possibile richiedere la rateazione o presentare un ricorso per bloccare l’esecuzione.

18. L’Agenzia può accertare sulla base di parametri non pertinenti al mio settore?
No. Le presunzioni devono essere fondate su parametri pertinenti. Utilizzare medie o studi di settore riferiti ad attività diverse costituisce un vizio della motivazione. In giudizio si può dimostrare l’incongruenza presentando dati reali del proprio settore.

19. Posso contestare l’accertamento se ho già aderito?
No. La sottoscrizione dell’accertamento con adesione preclude l’impugnazione. Tuttavia, è possibile impugnare la cartella se non rispetta quanto stabilito nell’atto di adesione (ad esempio, errori di calcolo o importi diversi).

20. Come posso farmi assistere?
È consigliabile rivolgersi a un professionista esperto in diritto tributario. L’Avv. Giuseppe Angelo Monardo offre consulenza personalizzata, analizza l’atto, individua le migliori strategie (impugnazione, adesione, transazione), assiste nel contraddittorio e propone soluzioni per la composizione della crisi.

Simulazioni pratiche

Esempio 1 – Accertamento induttivo basato su studi di settore

Un’impresa di ristorazione dichiara, per l’anno 2022, ricavi pari a 200.000 €. L’Agenzia, confrontando i dati con gli studi di settore, rileva un ricavo presunto di 280.000 € e notifica un accertamento analitico–induttivo. Nel PVC si evidenzia la mancata registrazione di alcune fatture e un numero di coperti non coerente con il personale impiegato. L’ufficio utilizza medie di consumo (il cosiddetto tovagliometro) e presunzioni semplici per stimare i coperti.

Difesa possibile: l’azienda può contestare l’utilizzo esclusivo degli studi di settore, chiedendo l’attivazione del contraddittorio preventivo. Può fornire prove (scontrini, prenotazioni, fatture) che giustificano la flessione dei ricavi (ad esempio lavori di ristrutturazione o eventi eccezionali). Inoltre, può dedurre i costi (personale aggiuntivo, materie prime) per ridurre la base imponibile.

Esempio 2 – Accertamento bancario con prelievi non giustificati

Una società di commercio di carburanti subisce un’accertamento basato su prelievi bancari ritenuti non giustificati per 1.000.000 €. L’ufficio presume che i prelievi siano stati destinati all’acquisto di carburante in nero e ricostruisce ricavi occulti pari alla somma dei prelievi. Il contribuente propone ricorso.

Difesa possibile: richiamando l’ordinanza n. 26996/2025, la società eccepisce che i prelievi non possono costituire ricavi senza considerare i costi di acquisto. Presenta documentazione sulle medie di settore che evidenziano un margine di ricarico del 5 %; dunque chiede di dedurre costi pari al 95 % del prelievo. Inoltre, fornisce una lista delle spese sostenute (pagamenti a fornitori registrati, prelievi per stipendi) per dimostrare che le somme non corrispondono a ricavi non dichiarati . La Corte, applicando i principi della Consulta, potrebbe riconoscere i costi e ridurre significativamente l’imposta dovuta.

Esempio 3 – Accertamento per omessa dichiarazione

Un artigiano non presenta la dichiarazione dei redditi 2021. L’Agenzia avvia un accertamento induttivo puro, basandosi sulle indagini bancarie e sulle spese sostenute. Ricava un reddito presunto di 80.000 € applicando margini di ricarico medi del settore. Il contribuente, in giudizio, presenta ricevute per acquisto di materiali e giustificazioni per i prelievi.

Difesa possibile: pur in mancanza di contabilità, può dedurre costi sulla base della media di settore e dimostrare che i prelievi non sono stati destinati interamente a ricavi; può anche accedere all’accertamento con adesione, ottenendo la riduzione delle sanzioni. Se l’attività è cessata ed è in stato di insolvenza, può valutare l’accesso a una procedura di sovraindebitamento con esdebitazione finale.

Conclusione

L’accertamento induttivo rappresenta la massima espressione del potere di ricostruzione dell’Amministrazione finanziaria ma è soggetto a limiti stringenti. Le norme definiscono i presupposti per ricorrervi, distinguendo fra accertamento analitico, analitico–induttivo e induttivo puro ; la giurisprudenza recente ha riaffermato il principio costituzionale di capacità contributiva, imponendo agli uffici di considerare i costi anche quando il reddito è ricostruito tramite presunzioni . Le decisioni del 2025 hanno esteso la deducibilità dei costi agli accertamenti analitico–induttivi e hanno ribadito la necessità di un contraddittorio soltanto quando l’accertamento è basato esclusivamente su studi di settore . La partecipazione del contribuente e la tempestiva produzione di prove contrarie restano strumenti fondamentali per difendersi .

Agire in modo proattivo, analizzare l’atto, contestare i presupposti e valutare le vie deflattive permette di ridurre drasticamente l’esposizione fiscale e le sanzioni. L’assistenza di professionisti specializzati, come l’Avv. Giuseppe Angelo Monardo e il suo staff multidisciplinare, è essenziale per:

  • valutare vizi formali e sostanziali dell’accertamento;
  • elaborare ricorsi fondati sulle ultime sentenze e sulle normative vigenti;
  • attivare il contraddittorio e le procedure di adesione con l’Agenzia;
  • proporre soluzioni negoziali e piani di rientro;
  • affiancare il contribuente in sede giudiziale e nelle procedure di sovraindebitamento.

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