Accertamento integrativo: definizione e come difendersi

Introduzione

Quando l’Agenzia delle Entrate notifica un accertamento integrativo, il contribuente si trova davanti a un atto che modifica o integra un precedente avviso di accertamento. La sua funzione è di recuperare imposte non versate a seguito di nuovi elementi emersi dopo l’emissione del primo atto. Questa situazione può generare preoccupazione, perché espone chi lo riceve a un ulteriore carico fiscale, interessi e sanzioni e perché è spesso accompagnata da termini di pagamento o da minacce di riscossione coattiva. Se l’atto non viene impugnato in tempo, diventa definitivo e può condurre a pignoramenti, fermi amministrativi o ipoteche.

L’accertamento integrativo trova fondamento negli articoli 43, terzo comma, del D.P.R. 600/1973 (imposte dirette) e 57, quarto comma, del D.P.R. 633/1972 (IVA). La legge consente all’Amministrazione di “integrare o modificare in aumento” l’accertamento entro i termini ordinari solo se sono sopravvenuti nuovi elementi e se tali elementi vengono puntualmente indicati nell’atto, specificando gli atti o fatti che li hanno resi noti . Senza una vera novità, l’atto è nullo e può essere annullato dal giudice tributario.

Dal punto di vista del contribuente, difendersi è possibile: vi sono termini stringenti per proporre ricorso, possibilità di ottenere la sospensione dell’esecuzione, istituti deflattivi che consentono di ridurre sanzioni e interessi, oltre a rimedi di definizione agevolata o procedure di sovraindebitamento per chi non riesce a pagare. Comprendere le regole, i tempi e le novità normative consente di evitare errori irreparabili.

Perché questo tema è importante

  • Rischi economici e patrimoniali: un avviso integrativo richiede il pagamento di imposte, interessi e sanzioni aggiuntive rispetto al primo atto. Se non si reagisce, la somma può diventare definitiva e dare luogo a cartelle esattoriali, fermo auto, pignoramenti dei conti o dell’immobile.
  • Tutela dei diritti: la legge impone all’Amministrazione limiti precisi (es. nuova scoperta di elementi) e termini decadenziali. Conoscere i propri diritti permette di evitare che l’Ufficio estenda arbitrariamente la pretesa oltre quanto consentito.
  • Procedure complesse: l’integrazione è solo uno dei tanti atti impugnabili; a ciò si aggiungono la disciplina del contraddittorio preventivo, l’accertamento con adesione, la mediazione obbligatoria, le definizioni agevolate e gli istituti della crisi da sovraindebitamento. Navigare tra queste opzioni richiede competenze giuridiche e contabili.

Come l’Avv. Giuseppe Angelo Monardo può aiutare

L’Avv. Giuseppe Angelo Monardo è un avvocato cassazionista con lunga esperienza nel diritto tributario e bancario. Coordina uno studio multidisciplinare composto da avvocati e commercialisti con competenze nazionali in materia fiscale. Oltre a essere gestore della crisi da sovraindebitamento iscritt​o negli elenchi del Ministero della Giustizia, è professionista fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) e esperto negoziatore della crisi d’impresa ai sensi del D.L. 118/2021. Lo studio assiste contribuenti e imprese in tutte le fasi della difesa tributaria:

  • Analisi dell’atto: verifica della legittimità dell’accertamento integrativo, ricerca di vizi formali (mancanza di nuovi elementi, notifica viziata, violazione del contraddittorio).
  • Ricorsi e sospensioni: redazione del ricorso avanti alla Corte di giustizia tributaria competente, richiesta di sospensione dell’esecuzione (art. 47 D.Lgs. 546/1992) per evitare il pagamento durante il processo.
  • Negoziazioni e piani di rientro: gestione delle trattative con l’Agenzia delle Entrate per la rateizzazione del debito o l’accesso a definizioni agevolate (rottamazioni, stralci) e predisposizione di piani di rientro personalizzati.
  • Soluzioni giudiziali e stragiudiziali: impugnazione nei tempi di legge, mediazione o adesione, mediazione obbligatoria, conciliazione giudiziale, oltre a piani del consumatore e accordi di ristrutturazione per chi versa in una situazione di crisi grave.

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1. Contesto normativo e giurisprudenziale

1.1 Normativa di riferimento

L’istituto dell’accertamento integrativo nasce dalla necessità di adeguare la pretesa tributaria ai nuovi fatti emergenti dopo l’emissione dell’avviso di accertamento iniziale. I riferimenti normativi principali sono:

  1. Art. 43, comma 3, D.P.R. 600/1973 (TUIR) – consente all’ufficio di emettere, fino alla scadenza del termine ordinario, ulteriori avvisi in aumento per “nuovi elementi venuti a conoscenza”. L’atto deve indicare i nuovi elementi e gli atti o fatti che li hanno resi noti, pena la nullità .
  2. Art. 57, comma 4, D.P.R. 633/1972 (IVA) – estende alle rettifiche IVA la stessa facoltà di integrazione entro i termini, con l’obbligo di precisare i nuovi elementi e la fonte della loro conoscenza .
  3. Principi di unicità e globalità degli accertamenti – la dottrina e la giurisprudenza hanno elaborato il principio per cui l’Amministrazione deve concentrare le pretese relative al medesimo periodo d’imposta in un unico atto, salvo deroghe di legge. La riforma fiscale del 2023 ha codificato tale principio inserendo nell’art. 9‑bis della Legge 212/2000 (Statuto del contribuente) il divieto di bis in idem, riconoscendo al contribuente il diritto a un’unica azione accertativa per imposta e per periodo .
  4. Art. 6‑bis, Legge 212/2000 – Principio del contraddittorio preventivo – introdotto dal D.Lgs. 219/2023, prevede che tutti gli atti impositivi autonomamente impugnabili siano preceduti da un contraddittorio informato ed effettivo, con invio di uno schema di atto e concessione di almeno 60 giorni per controdeduzioni . L’Amministrazione può derogare solo per atti automatizzati, di controllo formale o in caso di fondato pericolo per la riscossione . La disciplina è stata integrata dal D.L. 39/2024, che ha precisato che il contraddittorio si applica solo agli atti recanti una pretesa impositiva e non agli atti di diniego di rimborso .
  5. Articoli 19 e 21 del D.Lgs. 546/1992 – elencano gli atti impugnabili (avvisi di accertamento, liquidazione, irrogazione sanzioni, cartelle esattoriali, fermo amministrativo, ecc.) e fissano in 60 giorni il termine per presentare ricorso . Il termine è sospeso di 90 giorni in caso di richiesta di accertamento con adesione (art. 6 D.Lgs. 218/1997) .
  6. Accertamento con adesione – l’art. 6 del D.Lgs. 218/1997 consente al contribuente di chiedere all’Ufficio un confronto per giungere a una definizione concordata, evitando il contenzioso. La richiesta sospende i termini per il ricorso per 90 giorni .
  7. Definizioni agevolate e rottamazione – la Legge 197/2022 ha introdotto la rottamazione quater (commi 231‑252), estesa nel 2024 e 2025, che consente di estinguere i carichi affidati alla riscossione tra il 2000 e il 2022 pagando solo imposte e contributi senza sanzioni né interessi . Ulteriori proroghe del 2024 permettono di aderire entro il 30 aprile 2025 e di pagare in dieci rate fino al 2025 .
  8. Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019) – per i contribuenti in grave difficoltà è possibile accedere agli istituti di accordo di ristrutturazione (artt. 57‑63), piano del consumatore e liquidazione controllata; tali procedure consentono di rinegoziare o esdebitare le posizioni debitorie. Le riforme del 2024‑2025 hanno ampliato la protezione e introdotto misure semplificate .

1.2 Giurisprudenza più recente

Le corti di giustizia tributaria e la Corte di cassazione hanno stabilito orientamenti fondamentali sul tema dell’accertamento integrativo, con sentenze che ne delimitano l’applicabilità e rafforzano le garanzie del contribuente.

Cass. 10226/2024 – La competenza dell’ufficio e i nuovi elementi

Con ordinanza n. 10226 del 12 aprile 2024, la Corte di cassazione ha confermato che l’integrazione è ammissibile anche quando i nuovi elementi erano conosciuti da un diverso ufficio dell’amministrazione, ma non dall’ufficio competente che ha emesso il primo accertamento. Secondo i giudici, il concetto di nuovi elementi include non solo le circostanze sopravvenute, ma anche quelle che un altro ufficio aveva rilevato ma non comunicato . Tuttavia il contribuente può contestare se tali elementi erano comunque conoscibili in base alla documentazione già esistente.

Cass. 22825/2025 – Riaffermazione del principio di unicità

L’ordinanza n. 22825 del 22 luglio 2025 rappresenta un punto di svolta. La Corte ribadisce che l’accertamento integrativo è un’eccezione al principio di unicità e globalità e che può essere emesso solo in presenza di elementi realmente nuovi. La Corte chiarisce che non costituisce nuovo elemento la rivalutazione più approfondita di dati già noti; di conseguenza, l’amministrazione non può emettere un nuovo avviso per rivedere la stessa documentazione. Il potere di accertamento si esaurisce con il primo atto e può essere riattivato solo con veri elementi sopravvenuti . La sentenza stabilisce che la nullità del secondo avviso può essere fatta valere anche d’ufficio e che l’onere della prova dei nuovi elementi grava sull’amministrazione .

Cass. 29604/2025 – Unicità e revoca del primo atto

L’ordinanza n. 29604 del 26 novembre 2025 affronta il caso in cui l’Ufficio emetta un secondo avviso in sostituzione del primo senza revocare formalmente quest’ultimo. La Corte afferma che non è possibile emettere un nuovo avviso integrativo o sostitutivo se il primo non è stato annullato o revocato: la duplicazione viola i principi di unicità e legalità e rende il secondo atto inefficace . Di conseguenza, l’ufficio deve revocare l’atto precedente prima di emetterne uno nuovo, altrimenti la pretesa resta quella del primo atto.

Sentenze sul contraddittorio preventivo

  • Cass. 24783/2025 (ordinanza 13 ottobre 2025) ha chiarito che il contraddittorio preventivo è obbligatorio solo quando l’accertamento si basa esclusivamente su dati standardizzati (indici sintetici di affidabilità, studi di settore). Se l’Amministrazione fonda la pretesa su ulteriori elementi (antieconomicità, perdite continuative) non è necessaria l’attivazione del contraddittorio preventivo. La Corte sottolinea che, in assenza di “prova di resistenza” – cioè l’indicazione di quali elementi l’interessato avrebbe potuto apportare per modificare l’esito – l’atto non può essere annullato .
  • Giurisprudenza di merito: alcune Corti di giustizia tributaria hanno annullato avvisi integrativi per carenza di motivazione, ritenendo che la sola menzione di presunti fornitori “cartiera” senza indicare l’atto da cui l’informazione deriva sia insufficiente . Altre decisioni hanno accolto ricorsi quando l’integrazione si fondava su elementi già contenuti nella documentazione originaria, ritenendo che una diversa valutazione non costituisse novità.

1.3 Le prassi dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ha diffuso circolari e risoluzioni che forniscono indicazioni operative ai propri funzionari. Pur non essendo norme, tali documenti influenzano la prassi amministrativa. Tra le più rilevanti:

  • Circolare 23/E del 23 luglio 2020 – ribadisce che il “nuovo elemento” deve essere qualcosa di oggettivamente sopravvenuto o non conosciuto dall’ufficio al momento della prima emissione, e che la motivazione deve indicare come l’elemento è stato acquisito.
  • Circolare 1/E del 7 gennaio 2024 – richiama la riforma del contraddittorio preventivo e invita i funzionari a inviare lo schema di atto per i tributi armonizzati e non armonizzati, tranne i casi espressamente esclusi dal decreto ministeriale.
  • Circolare sul contraddittorio telematico – prevede l’utilizzo della piattaforma telematica “Conflux” per il contraddittorio a distanza, con la possibilità di allegare documenti, chiedere incontri e ricevere l’esito.

2. Procedura: cosa accade dopo la notifica

Quando il contribuente riceve un avviso integrativo (per posta raccomandata, PEC o notifica a mezzo messo), deve seguire una serie di passi per proteggere i propri diritti.

2.1 Verifica formale e sostanziale dell’atto

Al momento della notifica occorre esaminare attentamente:

  1. Motivazione: l’avviso deve indicare i nuovi elementi che giustificano l’integrazione, la data in cui sono stati acquisiti e l’atto da cui derivano. Una motivazione generica o l’assenza di indicazione comporta nullità.
  2. Termini di decadenza: l’integrazione deve essere notificata entro i termini ordinari di accertamento (31 dicembre del quinto anno successivo a quello della dichiarazione per le imposte dirette). In assenza di dichiarazione, i termini raddoppiano. Verificare che l’atto sia stato notificato in tempo.
  3. Notifica: controllare la correttezza della notifica (via PEC all’indirizzo registrato, raccomandata AR, messo notificatore). Errori nelle modalità o nei destinatari possono rendere nulla la notifica.
  4. Contraddittorio: dal 30 aprile 2024 l’Ufficio deve, salvo eccezioni, attivare il contraddittorio preventivo inviando lo schema di atto e concedendo almeno 60 giorni. L’assenza del contraddittorio in situazioni obbligatorie può determinare annullabilità. .
  5. Calcoli: verificare la correttezza delle maggiori imposte, delle sanzioni (di norma ridotte a un terzo per le imposte dirette) e degli interessi moratori. Controllare se vi sono duplicazioni con il primo avviso.
  6. Documenti allegati: controllare la presenza di allegati (PVC, verbali, segnalazioni, processi verbali di verifica) che attestino l’origine dei nuovi elementi.

2.2 Termini per l’impugnazione

Il termine per proporre ricorso è di 60 giorni dalla notifica, ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. 546/1992 . Per gli atti notificati dal 1° settembre al 15 agosto dell’anno successivo, i termini sono sospesi dal 1° al 31 agosto (sospensione feriale).

In alternativa il contribuente può:

  • Richiedere l’accertamento con adesione entro lo stesso termine di 60 giorni. La richiesta sospende il termine per il ricorso per 90 giorni . Durante questo periodo si svolge un confronto con l’ufficio per definire la pretesa con sanzioni ridotte al terzo e pagamento rateale.
  • Mediazione tributaria: per atti di valore fino a 50.000 euro, il ricorso deve essere preceduto da un’istanza di mediazione, che sospende i termini per 90 giorni.
  • Conciliazione giudiziale: durante il giudizio (primo o secondo grado) è possibile chiudere la controversia con la conciliazione, pagando l’imposta e parte delle sanzioni.

2.3 Deposito del ricorso e difesa in giudizio

Il ricorso deve essere depositato telematicamente attraverso il Portale della Giustizia Tributaria (SIGIT) o a mezzo PEC, indicando:

  • gli estremi dell’atto impugnato e i motivi di illegittimità (difetto di nuovi elementi, violazione del contraddittorio, violazione di legge o di norme costituzionali);
  • l’indicazione del giudice competente (Corte di giustizia tributaria di primo grado del luogo di domicilio fiscale del contribuente);
  • la richiesta di sospensione dell’atto per “gravi e fondati motivi” (art. 47 D.Lgs. 546/1992);
  • la prova della notifica (ricevuta PEC o avviso di ricevimento);
  • l’elenco dei documenti e delle prove (dichiarazioni, contabilità, contratti, perizie).

Lo studio dell’Avv. Monardo prepara e deposita il ricorso nei termini, redigendo memorie, note difensive e, se necessario, istanze di sospensione dell’esecuzione. Nel contempo può avviare la procedura di adesione per tentare un accordo stragiudiziale.

2.4 Esito del ricorso e gradi di giudizio

Il giudizio tributario si articola in tre gradi:

  1. Primo grado davanti alla Corte di giustizia tributaria provinciale: il collegio può annullare totalmente o parzialmente l’atto, dichiararlo nullo per vizi formali o sostanziali o rigettare il ricorso. Se annullato, il contribuente può ottenere la ripetizione delle somme pagate.
  2. Secondo grado davanti alla Corte di giustizia tributaria regionale: possibilità di appellare la sentenza di primo grado sia per questioni di diritto che di fatto.
  3. Cassazione: per sole questioni di diritto. È una fase complessa in cui l’assistenza di un cassazionista come l’Avv. Monardo è fondamentale.

Durante il contenzioso, l’Ufficio può proporre la conciliazione giudiziale o la definizione del contenzioso. Accettando, il contribuente può ridurre ulteriormente sanzioni e interessi.

2.5 Effetti della mancata impugnazione

Se il contribuente non impugna l’avviso entro i termini o non rispetta la procedura, l’atto diventa definitivo. L’Amministrazione può iscrivere a ruolo il tributo e procedere con la riscossione coattiva (cartella di pagamento, avvisi di addebito, pignoramenti). In tal caso restano solo rimedi residuali come la richiesta di rateizzazione o l’accesso a procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, ma non sarà più possibile contestare la pretesa fiscale.

3. Difese e strategie legali

3.1 Eccezione di carenza di nuovi elementi

È la prima e più comune difesa. L’art. 43 del D.P.R. 600/1973 richiede la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi che giustifichino l’integrazione. La giurisprudenza ha chiarito che non basta una diversa valutazione delle stesse prove; occorre un fatto o un documento oggettivamente nuovo o non conosciuto dall’ufficio precedentemente. Ad esempio:

  • Nuove informazioni da indagini bancarie: un versamento su un conto non segnalato nella dichiarazione può costituire nuovo elemento.
  • Comunicazioni da altri uffici: un avviso di accertamento emesso da un ufficio per un’altra imposta può contenere dati nuovi per l’ufficio competente, come confermato dalla Cass. 10226/2024 .
  • Ispezioni della Guardia di Finanza successive: la scoperta di fatture false, rapporti con fornitori “cartiera” o documentazione extra registrata può essere nuovo elemento.

Se invece l’ufficio si limita a reinterpretare la stessa documentazione (ad esempio, riqualificando un finanziamento soci in aumento di capitale), l’accertamento integrativo è illegittimo. La Cass. 22825/2025 ha affermato che la sola analisi più approfondita di dati già acquisiti non integra un nuovo elemento e che l’integrazione in tali casi viola i principi di unicità e ne bis in idem .

3.2 Vizio di motivazione dell’atto

La motivazione è un requisito essenziale: deve indicare in modo chiaro e preciso quali sono i nuovi elementi, come e quando sono stati scoperti, quale atto (verbale, informativa, verifica) li contiene. Una motivazione generica, che non distingue tra vecchi e nuovi dati, comporta la nullità dell’atto. Ad esempio, l’indicazione che un fornitore è una “cartiera” senza riferire quando e da quale fonte l’Amministrazione lo ha appreso è stata ritenuta insufficiente . In giudizio si può eccepire la violazione degli articoli 7 della L. 212/2000 e 42 del D.P.R. 600/1973, che impongono l’obbligo di motivazione.

3.3 Violazione del contraddittorio preventivo

Per gli atti emessi dal 30 aprile 2024, la mancanza di contraddittorio può determinare l’annullabilità dell’atto. L’art. 6‑bis prevede infatti che l’Amministrazione invii al contribuente lo schema dell’atto e conceda almeno 60 giorni per presentare osservazioni . Se l’ufficio non rispetta questo obbligo e non ricorrono le eccezioni (atti automatizzati, controllo formale, pericolo per la riscossione), il giudice può annullare l’avviso.

È importante però dimostrare la cosiddetta prova di resistenza: il contribuente deve indicare quali argomenti avrebbe potuto far valere nel contraddittorio, così da dimostrare che l’omissione ha inciso sulla decisione finale . Senza questa prova, alcuni giudici potrebbero considerare l’omissione irrilevante.

3.4 Prescrizione e decadenza

L’avviso integrativo deve essere notificato entro i termini ordinari di accertamento (cinque anni dalla dichiarazione). Per le imposte sui redditi, il termine è il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione; per l’IVA si applicano termini simili; se la dichiarazione non è stata presentata o è infedele, i termini raddoppiano. Verificare la data di notifica permette di eccepire la decadenza dell’Ufficio. Inoltre, l’accertamento integrativo non può superare i limiti quantitativi o qualitativi del nuovo elemento: se questo riguarda solo una parte del reddito, l’Amministrazione non può ricalcolare l’intero reddito.

3.5 Raddoppio dei termini per violazioni penali

Nel passato, l’art. 43, comma 3, prevedeva il raddoppio dei termini in presenza di violazioni penali tributarie. La legge n. 208/2015 ha però limitato il raddoppio: oggi i termini possono raddoppiare solo se l’Amministrazione presenta la denuncia penale entro il termine ordinario. Molti avvisi integrativi emessi sulla base del raddoppio senza denuncia sono stati annullati. La difesa deve verificare la presenza della denuncia e la data di trasmissione.

3.6 Errori procedurali

Altri motivi per contestare l’avviso integrativo:

  • Notifica a soggetto inesatto o assenza di delega del messo notificatore.
  • Difetto di sottoscrizione da parte del capo dell’ufficio o di un delegato legittimato.
  • Violazione del principio di cooperazione (art. 9 dello Statuto del contribuente) e dei criteri di trasparenza.
  • Errore nella determinazione delle sanzioni (calcolo della recidiva, applicazione di circostanze attenuanti non considerate).
  • Vizi originari dell’avviso base: se il primo accertamento era nullo, anche l’integrativo ne condivide la sorte.

3.7 Difesa strategica

Per massimizzare le probabilità di successo, è importante adottare una strategia coordinata:

  1. Raccolta documentazione: reperire tutte le prove a supporto, la contabilità, i contratti, i bonifici, i pareri di esperti. Confrontare la ricostruzione dell’Ufficio con i documenti effettivi.
  2. Perizia tecnica: ricorrere a consulenti (commercialisti, periti) per dimostrare la correttezza delle dichiarazioni e dei costi dedotti.
  3. Istanza di accesso agli atti: richiedere all’Agenzia l’accesso ai fascicoli (art. 22 legge n. 241/1990 e art. 6‑bis L. 212/2000) per conoscere la documentazione su cui l’Ufficio fonda la pretesa.
  4. Valutare la definizione: se l’atto è fondato e il rischio processuale elevato, considerare la accettazione con adesione o la conciliazione, che riducono sanzioni e interessi. La definizione evita il contenzioso e riduce costi e tempi.
  5. Verifica delle definizioni agevolate: in presenza di carichi iscritti a ruolo derivanti dall’integrativo, verificare l’accesso alla rottamazione quater o ad altre definizioni (stralcio micro-debiti). Questa scelta consente di pagare solo imposta e contributi senza interessi e sanzioni .
  6. Piani di rientro: se il debito è elevato e il contribuente non può pagare immediatamente, proporre un piano di rateizzazione (fino a 72 rate per le imposte) o, in situazioni di sovraindebitamento, avviare procedure di accordo di ristrutturazione o piano del consumatore.

4. Strumenti alternativi e soluzioni deflative

4.1 Accertamento con adesione

L’accertamento con adesione è un istituto deflativo introdotto dal D.Lgs. 218/1997 che permette al contribuente di definire l’accertamento prima del ricorso. A seguito della notifica del primo avviso o dell’integrativo, il contribuente può presentare domanda di adesione entro 60 giorni, ottenendo la sospensione dei termini per il ricorso per 90 giorni . Durante questo periodo si svolge un confronto con l’Ufficio, che può ridurre la base imponibile, ricalcolare interessi e ridurre le sanzioni a un terzo. Se si raggiunge un accordo, viene emesso un atto di adesione; il contribuente paga (anche ratealmente) e il contenzioso si estingue.

L’adesione è vantaggiosa quando vi è incertezza sulla difendibilità della controversia e si vuole evitare il contenzioso. Non è invece conveniente se l’atto integrativo è palesemente illegittimo, perché l’adesione ne impedisce l’impugnazione.

4.2 Conciliazione giudiziale

Una volta instaurato il giudizio, la conciliazione consente di definire la lite con il pagamento di imposta e parte delle sanzioni. Dal 2017 è previsto lo sconto delle sanzioni a 1/3 in primo grado e 40 % in secondo grado. La conciliazione chiude definitivamente il contenzioso.

4.3 Definizioni agevolate: rottamazione quater e saldo e stralcio

In questi ultimi anni, il legislatore ha introdotto varie forme di definizione dei carichi di riscossione, comunemente note come “rottamazioni”. La Legge 197/2022 ha istituito la rottamazione quater: i contribuenti con carichi affidati alla riscossione tra il 2000 e il 2022 possono estinguere il debito versando il capitale e le spese di notifica, senza sanzioni né interessi di mora. Si può pagare in un’unica soluzione o fino a 18 rate: le prime due scadevano il 31 ottobre e 30 novembre 2023; dal 2024 le rate scadono il 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre di ogni anno . Il mancato pagamento oltre cinque giorni fa decadere dal beneficio.

Nel 2024, l’emendamento al Milleproroghe ha riaperto i termini per chi non aveva presentato la domanda o non aveva pagato le prime rate, consentendo la presentazione della domanda entro il 30 aprile 2025 e il pagamento in dieci rate dal 31 luglio 2025 . Il decreto prevede lo stesso beneficio: cancellazione di sanzioni e interessi. È uno strumento fondamentale per definire i debiti derivanti da accertamenti integrativi ormai definitivi.

Oltre alla rottamazione, vi sono stati interventi di saldo e stralcio per carichi inferiori a 1.000 euro e definizioni agevolate delle liti pendenti (es. D.Lgs. 119/2018, Legge 23/2023). Queste misure cambiano con la legge di bilancio annuale, quindi è opportuno verificare le scadenze e i requisiti con l’ausilio di un professionista.

4.4 Piano del consumatore e ristrutturazione dei debiti del consumatore

Per le persone fisiche sovraindebitate (che hanno debiti estranei all’attività d’impresa) è possibile ricorrere al piano del consumatore. Introdotto dalla Legge 3/2012 e oggi disciplinato dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, consente di proporre a un giudice un piano per soddisfare i creditori nei limiti delle proprie capacità reddituali. Il giudice omologa il piano anche senza l’approvazione dei creditori se ne verifica la fattibilità. I requisiti principali:

  • Stato di sovraindebitamento non colposo (incapacità di adempiere senza colpa grave); la riforma del 2024 distingue tra colpa grave e colpa lieve .
  • Presentazione di un dettagliato elenco dei creditori, dei debiti e dei beni, e di un piano di rientro supportato da un professionista (gestore della crisi) .
  • Possibilità di godere di una moratoria per i creditori privilegiati (fino a un anno o più) come chiarito dalla Cass. 9549/2025 .

Il piano può prevedere il pagamento in percentuale del debito (con falcidia delle somme) e l’esdebitazione finale. È uno strumento utile quando, dopo la notifica di un accertamento integrativo e delle relative cartelle, il contribuente non dispone dei mezzi per saldare.

4.5 Accordo di ristrutturazione dei debiti

Per imprenditori, professionisti e imprese in crisi ma ancora in attività, il Codice della crisi prevede l’accordo di ristrutturazione (artt. 57‑63 CCII). La procedura consente di raggiungere un accordo con i creditori e di ottenere l’omologazione giudiziale. La riforma ha previsto diverse varianti:

  • Accordo ordinario (art. 57): richiede l’adesione di creditori rappresentanti almeno il 60 % dei crediti. I creditori dissenzienti vengono pagati integralmente entro 120 giorni .
  • Accordo agevolato (art. 60): riduce la soglia al 30 % se il debitore rinuncia alle misure protettive e alla moratoria per i creditori estranei .
  • Accordo ad efficacia estesa (art. 61): consente di estendere gli effetti anche ai creditori non aderenti della stessa categoria se almeno il 75 % (o 75 % se banche) dei creditori di quella categoria aderisce .
  • Convenzione di moratoria (art. 62): permette di sospendere i pagamenti se l’85 % dei creditori (75 % per banche) concorda, rendendo inefficaci azioni esecutive .
  • Transazione fiscale (art. 63): disciplina le proposte di pagamento parziale dei tributi. Il tribunale può omologare l’accordo anche senza l’adesione dell’Agenzia se la proposta è più vantaggiosa della liquidazione .

Il ricorso a questi strumenti può includere il debito derivante da accertamenti integrativi e consente di ottenere la sospensione delle azioni esecutive in corso. È possibile integrare la proposta con una transazione fiscale per ridurre le imposte e le sanzioni, come confermato dalla giurisprudenza di legittimità.

4.6 Esdebitazione del consumatore

La procedura di esdebitazione permette a chi ha concluso la liquidazione dei beni di ottenere la liberazione dai debiti residui. Il Codice della crisi distingue l’esdebitazione automatica (per il consumatore) e quella controllata (per la liquidazione giudiziale). Requisiti principali:

  • Lo stato di sovraindebitamento non colposo .
  • Il consumatore non deve aver abusato di procedure di esdebitazione nei cinque anni precedenti .
  • Devono essere trascorsi almeno tre anni dall’apertura della liquidazione; il tribunale valuta la condotta, l’adempimento degli obblighi informativi e la collaborazione con l’OCC .

La procedura consente di cancellare definitivamente le posizioni debitorie rimanenti, comprese quelle relative a cartelle esattoriali e accertamenti integrativi, ad eccezione dei debiti per obbligazioni alimentari, risarcimento danni da fatto illecito extracontrattuale e sanzioni amministrative e penali.

5. Errori comuni e consigli pratici

  1. Sottovalutare la notifica – Molti contribuenti ignorano l’accertamento integrativo pensando che si tratti di un duplicato o di una rettifica di poco conto. In realtà, l’atto può aumentare considerevolmente la pretesa fiscale e se non viene impugnato diventa definitivo.
  2. Confondere integrativo e sostitutivo – Alcuni uffici emettono un secondo atto senza chiarire se si tratti di integrazione (nuovi elementi) o di atto sostitutivo. In assenza di revoca del primo atto, il secondo è nullo .
  3. Non verificare i termini – I termini per il ricorso sono perentori. Presentare la domanda di adesione sospende i termini ma richiede una risposta tempestiva. Attenzione alla sospensione feriale e alle proroghe in caso di definizione agevolata.
  4. Accontentarsi della motivazione generica – Spesso l’Amministrazione indica genericamente “ulteriori elementi rilevati” senza specificare la fonte. È fondamentale contestare la motivazione e chiedere l’annullamento.
  5. Ignorare il contraddittorio – Dal 2024 il contraddittorio preventivo è obbligatorio per quasi tutti gli atti impositivi. Se non viene attivato, è possibile far valere l’annullabilità; occorre però dimostrare quali difese si sarebbero potute proporre .
  6. Non consultare un professionista – L’accertamento integrativo coinvolge aspetti civilistici, contabili e processuali. Un professionista esperto può individuare vizi nascosti e suggerire la strategia migliore (ricorso, adesione, transazione, piano del consumatore). Lo studio Monardo offre consulenze integrate con avvocati e commercialisti, garantendo una tutela completa.

6. Tabelle riepilogative

Tabella 1 – Norme principali sull’accertamento integrativo

NormativaContenuto essenzialeCosa prevede per il contribuente
Art. 43, comma 3, D.P.R. 600/1973Consente l’emissione di avvisi integrativi o modificativi in aumento entro i termini ordinari di accertamento, solo per nuovi elementi. L’avviso deve indicare tali elementi e l’atto/fatto che li ha resi noti .Il contribuente può impugnare se gli elementi non sono nuovi o se manca la motivazione.
Art. 57, comma 4, D.P.R. 633/1972Per l’IVA, la rettifica può essere integrata o modificata in aumento con un nuovo avviso entro i termini, indicando i nuovi elementi .Gli stessi principi dell’art. 43 si applicano ai tributi IVA.
Art. 9‑bis, L. 212/2000Inserisce il principio di ne bis in idem: per ogni tributo e periodo d’imposta l’Agenzia deve esercitare l’azione accertativa una sola volta, salvo deroghe. Codifica i principi di unicità e globalità .Tutela il contribuente dalle duplicazioni di accertamento.
Art. 6‑bis, L. 212/2000Impone il contraddittorio preventivo: l’Ufficio deve inviare lo schema di atto e concedere almeno 60 giorni per controdeduzioni, salvo eccezioni .La mancata attivazione comporta annullabilità; il contribuente deve però dimostrare la prova di resistenza.
Art. 19 D.Lgs. 546/1992Elenca gli atti impugnabili (avvisi di accertamento, liquidazione, sanzioni, cartelle, fermo, ipoteca) .Consente di agire contro tutti gli atti che contengono una pretesa tributaria autonoma.
Art. 21 D.Lgs. 546/1992Fissa il termine di 60 giorni per il ricorso , salvo sospensioni per adesione o mediazione.Decadenza per chi non rispetta il termine.
Art. 6 D.Lgs. 218/1997Disciplin a l’accertamento con adesione: il contribuente può richiedere la definizione entro 60 giorni; il termine per il ricorso è sospeso per 90 giorni e, in caso di accordo, le sanzioni si riducono .Consente di evitare il contenzioso e ottenere un abbattimento delle sanzioni.

Tabella 2 – Termini principali

AdempimentoTermineNote
Notifica dell’accertamento integrativoEntro il termine ordinario di accertamento (es. 31 dicembre del quinto anno successivo)In assenza di dichiarazione i termini raddoppiano.
Impugnazione dell’avviso60 giorni dalla notificaSospensione dal 1° al 31 agosto (feriale).
Richiesta di accertamento con adesioneEntro 60 giorni dalla notificaSospensione del termine di ricorso per 90 giorni .
Contraddittorio preventivoMinimo 60 giorni per controdeduzioniDecorso il termine, l’Ufficio può emettere l’atto; se la scadenza coincide con la decadenza, il termine è prorogato di 120 giorni.
Rate rottamazione quater (2025)Per le adesioni 2023: 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio, 30 novembre; per la riapertura 2025: prima rata 31 luglio 2025, seconda 30 novembre 2025 e restanti 8 rate nel 2026Decadenza se il pagamento è omesso o tardivo oltre 5 giorni .

7. Domande frequenti (FAQ)

  1. Che cos’è l’accertamento integrativo?
    È un avviso emesso dall’Agenzia delle Entrate che modifica o integra un precedente accertamento aumentando la pretesa fiscale a seguito di nuovi elementi sopravvenuti. Deve essere motivato e indicare tali elementi .
  2. Quando può essere emesso?
    Entro i termini ordinari di accertamento (es. 31 dicembre del quinto anno successivo alla dichiarazione). L’integrazione è ammessa solo se emergono fatti o dati nuovi non conosciuti dall’ufficio .
  3. Cosa si intende per “nuovi elementi”?
    Si tratta di circostanze sopravvenute o informazioni che l’Ufficio non conosceva al momento della prima emissione, come risultati di ispezioni successive, segnalazioni di altri enti, documenti bancari non forniti. Non è nuovo elemento una semplice rivalutazione di dati già acquisiti .
  4. Il contribuente deve essere ascoltato prima dell’emissione?
    Sì, dal 30 aprile 2024 il contraddittorio preventivo è obbligatorio: l’Ufficio deve inviare lo schema di atto, consentire l’accesso agli atti e concedere almeno 60 giorni per presentare osservazioni . Sono esclusi solo gli atti automatizzati o derivanti da controlli formali .
  5. Qual è il termine per impugnare l’avviso?
    Occorre presentare ricorso entro 60 giorni dalla notifica , con sospensione feriale di agosto. Se si presenta domanda di accertamento con adesione, il termine è sospeso per 90 giorni .
  6. È necessario pagare prima di impugnare?
    No. È possibile chiedere la sospensione dell’esecutività dell’atto (art. 47 D.Lgs. 546/1992) affinché la riscossione venga bloccata fino alla decisione. In caso di rigetto, il giudice può imporre il pagamento di una cauzione.
  7. Cosa succede se non impugno?
    L’avviso diventa definitivo e l’importo richiesto è iscritto a ruolo. L’Agente della riscossione può avviare azioni esecutive (pignoramenti, fermi, ipoteche). Sarà possibile solo rateizzare o accedere alla definizione agevolata.
  8. Posso aderire alla rottamazione quater per un debito da accertamento integrativo?
    Sì, se il carico è stato affidato all’Agente della riscossione tra il 2000 e il 2022. La rottamazione prevede il pagamento di imposte e contributi senza sanzioni né interessi e la possibilità di rateizzare . Le riaperture del 2024‑2025 consentono di aderire entro il 30 aprile 2025 .
  9. Cosa fare se l’avviso integrativo è basato su elementi noti?
    È possibile proporre ricorso per carenza di nuovi elementi. La giurisprudenza (Cass. 22825/2025) ha stabilito che un’analisi più approfondita di fatti già noti non integra un nuovo elemento e che l’amministrazione non può emettere un secondo avviso per rivalutare gli stessi dati .
  10. Se l’Agenzia non revoca il primo avviso e ne emette uno nuovo, cosa succede?
    Il secondo avviso è inefficace. La Cassazione ha affermato che l’Ufficio deve revocare formalmente il primo atto prima di emetterne un secondo; diversamente il nuovo avviso è nullo .
  11. È possibile definire il debito con l’accertamento con adesione?
    Sì. Presentando istanza di adesione entro 60 giorni dalla notifica si può ottenere una riduzione delle sanzioni al terzo e pagare ratealmente .
  12. Cosa succede se l’Ufficio non attiva il contraddittorio?
    Per gli atti emessi dal 30 aprile 2024 l’omissione del contraddittorio rende l’avviso annullabile, purché non rientri tra le eccezioni (atti automatizzati, pericolo per la riscossione). Occorre tuttavia dimostrare quali elementi di difesa si sarebbero potuti addurre (prova di resistenza) .
  13. Quali sono gli strumenti per chi non può pagare?
    Oltre alla rateizzazione, il contribuente può accedere al piano del consumatore o all’accordo di ristrutturazione del CCII. Questi strumenti consentono di proporre un piano di rientro giudiziale e ottenere l’esdebitazione finale .
  14. L’esdebitazione cancella anche le sanzioni da accertamento integrativo?
    Sì, se si tratta di esdebitazione del consumatore al termine della liquidazione, la cancellazione riguarda tutti i debiti residui, comprese le sanzioni amministrative, salvo quelle per obbligazioni alimentari e risarcimento danni. In caso di liquidazione giudiziale, alcune sanzioni potrebbero rimanere .
  15. Posso utilizzare l’accordo di ristrutturazione per un debito connesso a un accertamento integrativo?
    Sì. L’accordo di ristrutturazione consente di includere anche debiti tributari; la transazione fiscale permette di proporre il pagamento parziale e, con il cram‑down, il tribunale può omologare l’accordo senza l’adesione dell’Agenzia delle Entrate .
  16. Cosa significa prova di resistenza?
    Significa indicare concretamente quali argomenti e prove il contribuente avrebbe potuto esporre durante il contraddittorio preventivo e come questi avrebbero potuto influire sulla decisione finale .
  17. Posso chiedere l’accesso agli atti della procedura?
    Sì. L’art. 6‑bis della L. 212/2000 prevede il diritto di accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo durante il contraddittorio . Inoltre la legge 241/1990 consente l’accesso generalizzato agli atti amministrativi per tutelare i propri interessi.
  18. Se vinco il ricorso, posso ottenere il rimborso delle somme pagate?
    Sì. Se il giudice annulla l’avviso, il contribuente ha diritto alla restituzione delle somme versate, comprensive di interessi. La domanda di rimborso può essere presentata entro i termini di prescrizione.
  19. È vero che il nuovo elemento può provenire da un altro ufficio?
    Sì. La Cassazione (ordinanza 10226/2024) ha stabilito che l’accertamento integrativo è valido se si fonda su elementi noti ad un altro ufficio ma non comunicati a quello che ha emesso il primo atto . L’onere della prova resta tuttavia in capo all’Amministrazione.
  20. Quando conviene aderire alla definizione agevolata e quando impugnare?
    La scelta dipende dalla solidità della pretesa fiscale e dalla capacità di pagamento. Se la pretesa appare fondata o vi è rischio di soccombenza, la definizione (adesione, conciliazione o rottamazione) può ridurre notevolmente il costo. Se l’atto è infondato o violato nelle forme (assenza di nuovi elementi, violazione del contraddittorio), conviene impugnare per ottenere l’annullamento.

8. Simulazioni pratiche

8.1 Simulazione 1 – Accertamento integrativo con nuovi elementi

Scenario: Un imprenditore individuale presenta regolarmente la dichiarazione dei redditi per l’anno 2021 dichiarando un reddito imponibile di 80.000 euro. Nel 2023 l’Agenzia emette un avviso di accertamento rideterminando l’imponibile a 100.000 euro per costi non deducibili e recupera 20.000 euro di imposte, oltre a interessi e sanzioni. L’imprenditore, ritenendo l’atto fondato, aderisce e paga.

Nel 2025 l’Agenzia scopre, tramite una verifica bancaria, che nel 2021 il contribuente aveva ricevuto 50.000 euro su un conto estero non dichiarato. Poiché si tratta di un nuovo elemento non conosciuto al momento del primo accertamento, l’Ufficio emette un accertamento integrativo richiedendo ulteriori imposte e sanzioni.

Passaggi difensivi:

  1. Verifica motivazione: l’avviso integrativo indica il verbale della Guardia di Finanza in cui si segnalano i movimenti esteri. La motivazione è specifica e indica la data della scoperta.
  2. Termini: l’avviso è notificato il 25 novembre 2025; il termine di decadenza è il 31 dicembre 2026 (5 anni dal 2021), quindi è nei termini.
  3. Contraddittorio: essendo stato emesso dopo il 30 aprile 2024, l’Ufficio ha inviato lo schema di atto in luglio 2025 concedendo 60 giorni per osservazioni; il contribuente non ha risposto.
  4. Difesa: l’unica possibilità di contestazione riguarda la proporzionalità della sanzione; il nuovo elemento è effettivo, perciò la difesa può concentrarsi sulla richiesta di riduzione delle sanzioni e sul regime di domiciliazione fiscale (eventuale tassazione separata).
  5. Soluzione: valutare l’adesione o la definizione agevolata. Il contribuente potrebbe accedere alla rottamazione quater per i carichi affidati (se rientrano nel periodo) e ridurre notevolmente interessi e sanzioni.

8.2 Simulazione 2 – Accertamento integrativo illegittimo per rivalutazione

Scenario: Una SRL riceve nel 2022 un avviso di accertamento per l’anno 2019, contestando la deduzione di costi per 100.000 euro ritenuti inesistenti. Nel 2023 la società impugna l’atto. Nel corso del giudizio, la Corte di giustizia tributaria accoglie parzialmente il ricorso riducendo il recupero a 30.000 euro.

Nel 2025, l’Agenzia emette un accertamento integrativo sostenendo che, alla luce di ulteriori analisi, i costi dedotti sono totalmente indeducibili e ripristina il recupero a 100.000 euro. L’Ufficio non indica nuovi documenti ma dichiara di aver meglio valutato le fatture.

Difese:

  1. Nuovi elementi: l’atto non presenta nuovi elementi; è una mera rivalutazione di documenti già acquisiti. Secondo la Cass. 22825/2025, ciò non è consentito .
  2. Principio di unicità: l’Amministrazione ha già esercitato il potere di accertamento per quell’annualità; il potere è esaurito salvo nuove prove.
  3. Motivazione insufficiente: la mancanza di indicazione di atti o fatti sopravvenuti costituisce vizio motivazionale.
  4. Ricorso e sospensione: presentare ricorso entro 60 giorni chiedendo sospensione. La Corte dovrebbe annullare l’atto.

8.3 Simulazione 3 – Utilizzo del piano del consumatore

Scenario: Un professionista ha accumulato debiti fiscali e bancari per 300.000 euro, tra cui 70.000 euro derivanti da un accertamento integrativo divenuto definitivo. Non riesce più a far fronte ai pagamenti; l’Agente della riscossione ha avviato un pignoramento immobiliare.

Soluzione: Presentare un piano del consumatore presso il Tribunale della crisi d’impresa. Il professionista redige, con l’ausilio dell’OCC e del proprio avvocato, un piano decennale di pagamento in proporzione al reddito, prevedendo la vendita di un bene secondario e l’integrale pagamento dei creditori privilegiati. Il piano sospende le procedure esecutive e, una volta omologato, consentirà al professionista di pagare solo una parte dei debiti e ottenere l’esdebitazione finale. Il debito derivante dall’accertamento integrativo sarà incluso e potrà essere falcidiato nei limiti consentiti, con eventuale transazione fiscale.

9. Conclusioni

L’accertamento integrativo è uno strumento eccezionale che consente all’Amministrazione finanziaria di correggere o integrare un precedente avviso quando emergono nuovi elementi. La normativa impone però limiti stringenti: l’avviso deve indicare i nuovi elementi e la fonte della loro conoscenza ; deve rispettare i termini ordinari di accertamento; deve essere preceduto dal contraddittorio preventivo per gli atti emessi dal 2024 ; non può essere semplicemente una rivalutazione di elementi già noti. La giurisprudenza recente, in particolare le ordinanze 10226/2024, 22825/2025 e 29604/2025, ha rafforzato queste garanzie, riaffermando il principio di unicità e ne bis in idem e imponendo all’Ufficio l’onere di dimostrare la novità degli elementi .

Per il contribuente, la difesa richiede attenzione ai dettagli: verificare la motivazione, i termini e la corretta attivazione del contraddittorio; presentare ricorso entro 60 giorni; valutare l’accertamento con adesione o la conciliazione; e, se necessario, ricorrere a strumenti di gestione della crisi (rottamazione, piano del consumatore, accordo di ristrutturazione). Un approccio tempestivo e professionale consente di evitare sanzioni e aggravi ingiustificati.

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