Pignoramento della prima casa: quando è vietato e quando no?

Introduzione

Il pignoramento dell’abitazione principale è uno degli eventi più temuti dai debitori: perdere la casa in cui si vive significa stravolgere la propria vita, esporre la famiglia a stress e privazioni e, non di rado, compromettere la possibilità di rientrare serenamente dall’esposizione debitoria. Nel corso degli ultimi anni si sono susseguiti interventi legislativi e pronunce giurisprudenziali che hanno ridefinito i limiti all’espropriazione dell’unico immobile di proprietà e le modalità di difesa del contribuente. Nonostante ciò, tra i cittadini circolano molti equivoci: alcuni credono che la “prima casa” sia sempre protetta, altri che la protezione valga solo per alcuni debiti. In realtà, la risposta dipende da diversi fattori: chi è il creditore, qual è l’ammontare del debito, se esistono altri immobili e se l’abitazione rientra in determinate categorie catastali. Un altro errore frequente è sottovalutare le scadenze: la notifica di un atto di precetto o di un avviso di vendita apre termini molto rigidi, trascorsi i quali la difesa si complica notevolmente. Comprendere la disciplina è quindi indispensabile per evitare errori fatali, agire in tempo e scegliere la strategia più efficace.

In questa guida aggiornata al mese e all’anno correnti – novembre 2025 – analizziamo in modo approfondito quando il pignoramento della prima casa è vietato e quando invece può essere legittimamente avviato. Faremo riferimento alle norme vigenti, alle pronunce più recenti della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale e alle circolari ufficiali di Agenzia delle Entrate Riscossione. Illustreremo le differenze tra i pignoramenti attivati dall’Erario e quelli promossi da banche, finanziarie o altri privati, indicheremo i requisiti per godere dell’impignorabilità, spiegheremo le procedure passo‑passo dall’atto di precetto alla vendita all’asta, forniremo suggerimenti pratici per impugnare o sospendere l’esecuzione e presenteremo gli strumenti alternativi per risolvere la crisi debitoria (rottamazioni, definizioni agevolate, piani del consumatore e accordi di ristrutturazione). L’obiettivo è fornire un vademecum chiaro e professionale che permetta al debitore di orientarsi in un terreno complesso e in continua evoluzione.

Questa guida è redatta con il contributo dell’Avv. Giuseppe Angelo Monardo e del suo staff multidisciplinare di avvocati e commercialisti. L’Avvocato Monardo è cassazionista, coordina professionisti di tutta Italia nel campo del diritto bancario e tributario, è Gestore della crisi da sovraindebitamento ai sensi della legge 3/2012 (iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia), è professionista fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) ed è Esperto negoziatore della crisi d’impresa ai sensi del D.L. 118/2021. Grazie alla sua esperienza, lo Studio Monardo è in grado di assistere il contribuente in ogni fase: dall’analisi preliminare degli atti ricevuti alla predisposizione di ricorsi in opposizione o istanze di sospensione, dalla negoziazione di piani di rientro e ristrutturazione con i creditori alla gestione delle procedure di sovraindebitamento e di esdebitazione. L’approccio è pratico e orientato al risultato: studiare la posizione debitoria, individuare le irregolarità procedurali, sfruttare le tutele previste dalla legge e, se necessario, avviare le procedure alternative per tornare alla serenità economica.

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Contesto normativo e giurisprudenziale

Le basi normative

Per comprendere quando la prima casa può essere pignorata occorre partire dalle fonti legislative. Il pignoramento immobiliare è disciplinato, in generale, dal Codice di procedura civile (artt. 555 ss.), che stabilisce le modalità con cui un creditore munito di titolo esecutivo (sentenza passata in giudicato, decreto ingiuntivo non opposto, cambiale protestata ecc.) può avviare l’esecuzione forzata sui beni del debitore. Le regole ordinarie non distinguono tra “prima casa” e altri immobili: in astratto ogni bene può essere pignorato, purché il creditore rispetti la procedura (notifica del precetto, atto di pignoramento, trascrizione nei registri immobiliari, domanda di vendita). Tuttavia, per i crediti erariali il legislatore è intervenuto introducendo limiti specifici.

L’articolo 76 del D.P.R. 602/1973 (testo unico sulla riscossione delle imposte) – modificato dall’art. 52 del “decreto del fare” n. 69/2013 e successivamente novellato dal D.L. 152/2021 – stabilisce che l’agente della riscossione non può procedere all’espropriazione immobiliare se l’immobile oggetto di pignoramento è l’unico di proprietà del debitore (sono esclusi dalla protezione gli immobili di lusso classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9) e se l’immobile è adibito a uso abitativo con residenza anagrafica del contribuente . La norma precisa che l’agente della riscossione può procedere all’espropriazione solo se l’ammontare del debito erariale supera 120 000 euro e se, dopo aver iscritto ipoteca sull’immobile, sono trascorsi almeno sei mesi senza che il debito sia stato estinto . Gli stessi requisiti vengono ripresi dalla giurisprudenza che interpreta l’articolo 76 come disposizione speciale volta a tutelare l’abitazione principale del contribuente.

È importante notare che il testo parla di “unico immobile di proprietà” e non di “prima casa” in senso fiscale. Per beneficiare della tutela è dunque necessario che il debitore non possieda altri immobili, nemmeno per piccola quota o in comproprietà . Se il contribuente possiede una seconda casa, anche di valore modesto, oppure quote di terreni o magazzini, l’esenzione non si applica e il Fisco potrà aggredire l’abitazione. La norma richiede inoltre che l’immobile non rientri tra le categorie catastali di lusso (A/8 ville, A/9 castelli e palazzi storici e, in base a quanto precisato dalla giurisprudenza, anche A/1 abitazioni signorili) .

Accanto all’art. 76 merita menzione l’art. 77 del medesimo D.P.R., che consente all’agente della riscossione di iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore per importi superiori a 20 000 euro anche quando il pignoramento non è possibile. L’ipoteca è una garanzia reale: consente al Fisco di essere preferito agli altri creditori in caso di vendita e costituisce il presupposto per l’espropriazione quando il debito superi la soglia di 120 000 euro. Pertanto un debitore che abbia ricevuto un’ipoteca sulla propria abitazione non di lusso non deve farsi ingannare dal senso di “sicurezza”: se nel frattempo perde il requisito dell’unicità (per esempio riceve in eredità un secondo immobile) o se il debito supera la soglia, la casa potrà essere pignorata .

Le pronunce della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale

Evoluzione normativa dell’impignorabilità della prima casa

Prima del 2013, l’espropriazione immobiliare da parte dell’Erario non conosceva limiti specifici: l’agente della riscossione poteva pignorare l’abitazione del debitore al pari degli altri beni immobili. La crisi economica degli anni 2010 e le numerose situazioni di insolvenza hanno spinto il legislatore a introdurre un regime speciale a tutela dell’abitazione principale. Il punto di svolta è rappresentato dall’art. 52 del decreto‑legge 69/2013, conosciuto come “decreto del fare”, che ha profondamente modificato l’art. 76 del D.P.R. 602/1973. Il nuovo testo ha inserito un divieto di espropriazione per l’unico immobile di proprietà del contribuente adibito a uso abitativo e residenza anagrafica, con esclusione delle abitazioni di lusso, affermando testualmente che l’agente della riscossione “non dà corso all’espropriazione” quando ricorrono tali condizioni . Oltre a questa previsione, la norma ha inserito una seconda lettera (“a‑bis”) che vieta l’espropriazione di un paniere di beni essenziali individuato dall’art. 514 c.p.c. (vestiti, letti, mobili indispensabili e attrezzi di lavoro), rafforzando il principio di salvaguardia della dignità del debitore .

L’intervento del 2013 ha introdotto anche la soglia di 120 000 euro: l’agente della riscossione può procedere all’espropriazione solo se il debito complessivo supera tale importo e solo dopo aver iscritto ipoteca da almeno sei mesi . Questa soglia mira a evitare che debiti modesti conducano alla perdita dell’abitazione. Il successivo D.L. 50/2017 ha chiarito che la soglia deve essere calcolata sommando il valore di tutti gli immobili del contribuente, sostituendo le parole “del bene” con “dei beni” nell’art. 76 . Di conseguenza, chi possiede più immobili – anche quote di altre abitazioni, box o terreni – non può invocare la tutela riservata all’unica casa. Altri interventi legislativi (come il D.L. 152/2021) hanno raffinato la disciplina, prevedendo tempi di sospensione più lunghi e facilitando la rateizzazione del debito a seguito dell’iscrizione ipotecaria.

La portata retroattiva di queste norme è stata al centro di un vivace dibattito. Una nota interpretativa del Ministero delle Finanze sostenne che il divieto non avesse effetto retroattivo e che i pignoramenti pendenti prima del 22 giugno 2013 dovessero proseguire. La Corte di Cassazione ha ribaltato questa impostazione con la sentenza n. 19270/2014 e con successive ordinanze, stabilendo che la nuova disciplina si applica anche agli atti esecutivi in corso alla data del 21 agosto 2013: quando il pignoramento è pendente e riguarda l’unico immobile del debitore adibito a residenza, l’azione esecutiva non può proseguire e la trascrizione deve essere cancellata . La Corte ha richiamato la regola generale della successione delle leggi processuali, secondo cui la nuova disciplina si applica agli atti successivi compiuti in processi pendenti . Questa interpretazione, confermata da ordinanze più recenti (come la n. 32759/2024), ha garantito la tutela retroattiva dei contribuenti e ha imposto all’agente della riscossione la cancellazione dei pignoramenti in corso.

Negli ultimi anni la disciplina non è rimasta ferma. Alcune proposte legislative hanno ipotizzato di elevare la soglia di impignorabilità a 150 000 euro o di estendere la protezione anche ai debiti privati; tuttavia, al momento della stesura di questa guida (novembre 2025), tali proposte non sono state approvate. Rimane quindi vigente il sistema introdotto nel 2013 e perfezionato nel 2017, con la possibilità per l’agente della riscossione di espropriare l’immobile solo oltre i 120 000 euro di debito e previa iscrizione di ipoteca, mentre i creditori privati continuano a poter pignorare la casa senza limiti specifici.

Altri riferimenti normativi e beni essenziali

La tutela della prima casa si affianca alle norme generali del Codice di procedura civile che individuano i beni assolutamente impignorabili. L’art. 514 c.p.c. elenca gli oggetti che non possono mai essere pignorati, come gli abiti, il letto, i mobili indispensabili della casa, i generi alimentari, gli strumenti di lavoro e i registri contabili. Il decreto del fare richiama questo elenco nella lettera a‑bis dell’art. 76, vietando l’espropriazione “per uno specifico paniere di beni essenziali” individuato proprio dall’art. 514 . È importante non confondere questa lista di beni con l’impignorabilità della prima casa: i beni essenziali sono sempre esclusi dall’esecuzione, per qualsiasi tipo di debito, mentre l’abitazione principale è protetta solo nei confronti dell’Erario e solo se l’immobile è unico, non di lusso e adibito a residenza.

Oltre alla disciplina della pignorabilità, il Codice civile disciplina l’ipoteca e l’esecuzione forzata nei capi IV e V del libro sesto. L’art. 2818 c.c. consente ai condomìni di iscrivere un’ipoteca sugli immobili dei condomini morosi per garantire il pagamento delle spese comuni; tuttavia, per i debiti condominiali relativi ai consumi energetici centralizzati inferiori a 5 000 euro e riferiti a soggetti vulnerabili, il legislatore del 2025 ha previsto la sospensione del pignoramento . Le norme del codice precisano inoltre che l’ipoteca si estende alle pertinenze e agli accessori e che, in caso di vendita forzata, i creditori ipotecari sono soddisfatti con precedenza rispetto ai chirografari. Conoscere queste disposizioni è essenziale per valutare la validità dell’ipoteca iscritta sulla propria abitazione e per individuare eventuali vizi formali.

Infine, l’art. 2910 c.c. sancisce il principio generale della responsabilità patrimoniale universale, secondo cui “il debitore risponde con tutti i suoi beni presenti e futuri” delle obbligazioni contratte, mentre l’art. 2912 estende l’espropriazione alle pertinenze e ai frutti del bene pignorato, salvo diversa disposizione di legge. Questa estensione è stata confermata dalla giurisprudenza, che ha ribadito che le pertinenze vengono attratte dal pignoramento immobiliare, a meno che non sia espressamente escluso e purché i dati catastali consentano di identificarle . La protezione dell’unica abitazione rappresenta dunque una deroga eccezionale a un principio fondamentale dell’ordinamento civilistico.

La giurisprudenza di legittimità ha avuto un ruolo determinante nel chiarire l’ambito di applicazione dell’impignorabilità della prima casa per debiti erariali. La sentenza Cassazione civile, Sez. III, n. 19270/2014 ha affermato che il divieto di espropriazione introdotto dal decreto del fare si applica anche alle procedure esecutive già pendenti alla data di entrata in vigore della norma. La Corte ha osservato che la disposizione dell’art. 76 disciplina un processo esecutivo e che, in mancanza di una norma transitoria, la nuova legge si applica agli atti successivi compiuti dopo la sua entrata in vigore . Di conseguenza, se al 21 agosto 2013 (data di entrata in vigore del decreto) era già stato notificato l’avviso di vendita ma la procedura non si era conclusa, l’espropriazione doveva essere interrotta e la trascrizione del pignoramento cancellata .

La pronuncia è stata ribadita da numerose ordinanze successive. L’ordinanza n. 32759 del 16 dicembre 2024 ha riaffermato il principio secondo cui, in tema di espropriazione immobiliare esattoriale, non si può procedere contro l’unico immobile di proprietà del debitore adibito a residenza, anche se la procedura è già stata avviata. La Corte ha richiamato l’art. 76 e ha sottolineato che la tutela vale anche quando il pignoramento sia stato trascritto e l’avviso di vendita notificato . L’ordinanza rappresenta la conferma più recente, al momento della stesura della presente guida, di un indirizzo ormai consolidato: l’abitazione principale è protetta dal pignoramento erariale al ricorrere dei requisiti legali e questa protezione opera retroattivamente.

La giurisprudenza ha inoltre precisato alcuni aspetti controversi:

  • Il concetto di “prima casa”: la locuzione popolare viene spesso usata impropriamente. Come osservato dai giudici, l’art. 76 si riferisce all’unico immobile di proprietà del debitore . Se il contribuente possiede più abitazioni (anche seconde case ereditate al 50 % o terreni minori), la protezione non trova applicazione.
  • Categoria catastale: l’esenzione non si applica agli immobili di lusso. Oltre alle categorie A/8 e A/9 espressamente menzionate nella legge, la giurisprudenza include anche la categoria A/1 (abitazioni signorili) tra i casi esclusi. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’espressione “abitazioni di lusso” comprende tutte le unità immobiliari che, per caratteristiche costruttive o dimensioni, eccedono la normale abitazione civile .
  • Effetto retroattivo: la retroattività della norma è stata affermata non solo dalla sentenza 19270/2014 ma anche da pronunce successive che hanno annullato pignoramenti in corso in assenza di altri immobili, ribadendo che la trascrizione va cancellata d’ufficio .
  • Debiti superiori a 120 000 euro: se il debito erariale supera la soglia, l’agente della riscossione può procedere all’espropriazione, ma solo dopo aver iscritto ipoteca e decorsi sei mesi dalla sua iscrizione . L’importo della soglia è stato introdotto dal decreto del fare per evitare che debiti modesti potessero condurre alla perdita dell’abitazione.

Oltre alla Corte di Cassazione, anche la Corte Costituzionale è intervenuta sul tema confermando la legittimità del regime speciale. In particolare, la Consulta ha evidenziato che la tutela dell’abitazione principale risponde a un interesse sociale di rilievo costituzionale (art. 47 Cost., tutela del risparmio e dell’accesso alla casa) e che limitare la possibilità di pignoramento dell’unica casa in caso di debiti fiscali è ragionevole e proporzionato. Le decisioni costituzionali, pur non innovando la disciplina, forniscono un ulteriore argomento a sostegno della difesa del debitore.

Differenza tra creditori privati e Fisco

Uno dei punti fondamentali da comprendere è che il divieto di pignoramento della prima casa è previsto soltanto per i debiti erariali. Se il debitore è inadempiente nei confronti di una banca (ad esempio per il mancato pagamento del mutuo), di una società finanziaria, del condominio, dell’ex coniuge oppure di un fornitore, questi creditori privati possono procedere a pignorare l’abitazione senza limiti particolari . La legge non prevede alcuna soglia di importo o vincolo di unicità: è sufficiente che il creditore disponga di un titolo esecutivo e notifichi un atto di precetto; decorso il termine legale di 10 giorni potrà far eseguire il pignoramento . I creditori privati devono comunque rispettare la procedura esecutiva ordinaria e l’atto di pignoramento deve identificare con precisione l’immobile e le sue pertinenze; un errore nella trascrizione catastale non determina nullità se non genera incertezza assoluta, come chiarito dalla recente giurisprudenza .

Anche il condominio rientra tra i creditori privati e può agire contro la prima casa per recuperare quote arretrate, salvo un’eccezione introdotta dal cosiddetto “decreto bollette” (L. 28/2025). Questa normativa, al fine di proteggere le persone fragili e socialmente vulnerabili, prevede che i condomìni non possano pignorare la casa per debiti condominiali riferiti ai consumi energetici centralizzati (riscaldamento o luce delle parti comuni) inferiori a 5 000 euro quando il debitore è in condizioni economiche svantaggiate, ha gravi disabilità, utilizza macchinari salvavita o ha più di 75 anni . La tutela, pensata per evitare che importi contenuti mettano in strada famiglie fragili, non esclude tuttavia la possibilità di pignorare altri beni (conto corrente, stipendio, veicoli) e lascia aperta la strada al condominio per recuperare le somme per vie diverse.

In sintesi:

  • Debiti con il Fisco (Agenzia Entrate Riscossione): pignoramento vietato se l’immobile è unico, abitato, non di lusso e il debito non supera 120 000 euro . In caso di superamento della soglia o mancanza dei requisiti, è necessario un’ipoteca iscritta da almeno sei mesi. La norma vale anche per le procedure in corso .
  • Creditori privati (banche, finanziarie, fornitori, condominio, ex coniuge): nessun limite specifico, salvo l’obbligo di possedere un titolo esecutivo e rispettare la procedura . L’abitazione può essere pignorata anche se è unica e abitata. Esistono eccezioni limitate per alcuni debiti condominiali quando il debitore è persona fragile .
  • Ipoteca: il Fisco può iscrivere ipoteca sulla prima casa per debiti superiori a 20 000 euro; l’espropriazione è possibile solo oltre 120 000 euro . Le banche possono iscrivere ipoteca in virtù del contratto di mutuo; in caso di insolvenza possono procedere all’esecuzione ipotecaria senza limiti.

Nel prosieguo analizzeremo la procedura esecutiva passo‑passo, le difese possibili e gli strumenti alternativi per evitare la vendita dell’abitazione.

Procedura passo‑passo: cosa accade dopo la notifica dell’atto

Chi riceve un atto di precetto o una cartella di pagamento deve sapere che i termini per reagire sono brevi e che, se non si agisce tempestivamente, la procedura di pignoramento può andare avanti fino alla vendita all’asta dell’immobile. Di seguito illustriamo i passaggi principali dell’espropriazione immobiliare, sia in ambito privato sia in ambito erariale, evidenziando diritti e scadenze.

1. Titolo esecutivo e atto di precetto

Per poter procedere al pignoramento, il creditore deve essere in possesso di un titolo esecutivo (sentenza, decreto ingiuntivo, cambiale, assegno, cartella esattoriale). In assenza di un titolo, non è possibile avviare l’esecuzione. Una volta ottenuto il titolo, il creditore deve notificare al debitore un atto di precetto, con il quale gli intima di pagare il dovuto entro un termine non inferiore a 10 giorni. Questo atto è essenziale per mettere formalmente in mora il debitore e rappresenta l’ultima occasione per saldare, rateizzare o definire la pendenza prima dell’avvio dell’esecuzione.

Per i debiti fiscali la cartella di pagamento o l’avviso di accertamento esecutivo tiene luogo di titolo esecutivo e di precetto; il contribuente ha 60 giorni per pagare o presentare ricorso. Se non paga né impugna, l’Agente della riscossione può iscrivere ipoteca e, nel rispetto delle condizioni dell’art. 76 citato, notificare l’atto di pignoramento.

2. Notifica dell’atto di pignoramento e trascrizione

Decorso il termine del precetto senza che il debitore adempia, il creditore può procedere con l’atto di pignoramento. L’atto deve essere notificato al debitore ed è redatto dall’ufficiale giudiziario (o dall’agente della riscossione). Deve contenere l’indicazione del titolo esecutivo, del precetto, la descrizione dell’immobile pignorato con i dati catastali, il valore di stima e l’avvertimento che il debitore ha 20 giorni per depositare la dichiarazione di residenza o eleggere domicilio. Subito dopo la notifica, l’atto deve essere trascritto nei registri immobiliari: da quel momento l’immobile è formalmente vincolato a favore del creditore e non può essere venduto o ipotecato senza tenere conto del pignoramento.

Nel pignoramento immobiliare esattoriale, l’Agente della riscossione procede alla notifica e alla trascrizione e, se ricorrono i requisiti dell’impignorabilità (unicità dell’immobile, residenza e non lusso), la procedura non può proseguire .

3. Iscrizione ipotecaria e termine di attesa (per i debiti fiscali)

Quando il debito con l’Erario supera 20 000 euro, l’Agente della riscossione può iscrivere ipoteca sull’immobile. Se successivamente il debito supera 120 000 euro, può procedere al pignoramento, ma deve rispettare un termine di sei mesi dalla data dell’iscrizione dell’ipoteca per permettere al debitore di pagare o rateizzare . Questa regola mira ad evitare che il Fisco aggredisca immediatamente la casa; offre al contribuente un margine temporale per regolarizzare la posizione.

4. Istanza di vendita e nomina del perito

Una volta trascritto il pignoramento, il creditore deve presentare un’istanza di vendita o di assegnazione presso il tribunale entro 45 giorni; in caso contrario il pignoramento perde efficacia. Il giudice dell’esecuzione nomina un perito stimatore per determinare il valore dell’immobile e fissa l’udienza per l’autorizzazione della vendita. Il perito elabora una relazione dettagliata sullo stato dell’immobile, sulle eventuali irregolarità urbanistiche e sul valore di mercato. Questa perizia è fondamentale per stabilire la base d’asta e, spesso, per valutare la convenienza della conversione del pignoramento.

5. Pubblicità e vendita all’asta

Dopo la perizia, il giudice dispone la pubblicazione dell’avviso di vendita (anche su portali telematici) con indicazione della data dell’asta. Le aste immobiliari si svolgono di norma in modalità telematica: gli interessati presentano offerte e la casa viene aggiudicata al miglior offerente. Se le aste vanno deserte, il giudice può disporre ribassi progressivi del prezzo. Una volta aggiudicato il bene, il giudice emette il decreto di trasferimento e ordina la cancellazione delle iscrizioni (tra cui l’ipoteca) e del pignoramento. Il ricavato è ripartito tra i creditori secondo il grado dei privilegi; l’eventuale residuo è restituito al debitore.

Per quanto riguarda i debiti fiscali, se l’immobile è unico e abitato, il giudice deve dichiarare improcedibile la vendita ai sensi dell’art. 76 . In tal caso, la trascrizione del pignoramento deve essere cancellata e la procedura estinta.

6. Opposizioni e sospensione della procedura

Il debitore dispone di vari strumenti per difendersi nel corso dell’esecuzione:

  • Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.): consente di contestare l’esistenza del diritto del creditore di procedere all’esecuzione (ad esempio perché il titolo è nullo, la somma è già stata pagata o perché ricorrono le condizioni di impignorabilità). La domanda va proposta al giudice dell’esecuzione entro l’udienza fissata per l’autorizzazione della vendita. In materia fiscale l’opposizione può essere proposta davanti al giudice tributario.
  • Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.): consente di denunciare irregolarità formali del pignoramento (ad esempio mancanza di indicazione del titolo, errori nei dati catastali, omessa notifica del precetto). Deve essere proposta entro 20 giorni dalla conoscenza dell’atto. La recente giurisprudenza ha precisato che l’indicazione di pertinenze con dati catastali errati non comporta nullità del pignoramento se non genera incertezza assoluta .
  • Opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.): è azionata da chi rivendica la proprietà o il diritto reale sul bene pignorato (ad esempio il coniuge in regime di separazione dei beni o il comproprietario). Può essere proposta fino al momento della vendita.
  • Istanza di sospensione (art. 624 c.p.c.): il giudice dell’esecuzione può sospendere la procedura su richiesta del debitore quando ricorrono gravi motivi oppure quando vi è accordo delle parti. La sospensione può essere chiesta anche in sede di sovraindebitamento o di trattative in corso.

Ricordiamo inoltre che il debitore, prima della vendita, può ricorrere all’istituto della conversione del pignoramento, disciplinato dall’art. 495 c.p.c. Il debitore può chiedere di sostituire il bene pignorato con una somma di denaro pari all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, versando immediatamente almeno un sesto del credito e ottenendo la rateizzazione del residuo fino a 48 mesi . L’istanza di conversione può essere presentata una sola volta e deve essere accompagnata dal deposito della somma iniziale; se il debitore non rispetta le rate, le somme versate vengono trattenute e l’esecuzione riprende .

7. Concordati e piani di rientro nel corso dell’esecuzione

In parallelo alla procedura esecutiva è possibile tentare la via negoziale. Molti creditori privati, soprattutto banche e finanziarie, sono disponibili a sottoscrivere accordi di ristrutturazione o piani di rientro che prevedono il pagamento del debito in modo rateale o con riduzione degli interessi. Una trattativa ben condotta può portare alla sospensione del pignoramento e al ritiro dell’istanza di vendita. Anche l’Agente della riscossione prevede la possibilità di rateizzare le cartelle esattoriali; l’accettazione di un piano di rateizzazione comporta la sospensione della procedura esecutiva. Tuttavia, se il debitore non rispetta le rate, il pignoramento riprende dal punto in cui era stato sospeso.

Difese e strategie legali

Approfondimento sulla vendita all’asta e sul ruolo del custode giudiziario

La procedura esecutiva immobiliare non si esaurisce nella notifica del pignoramento e nell’istanza di vendita: dopo l’atto di pignoramento il giudice nomina un custode giudiziario, solitamente un avvocato o un commercialista iscritto in un apposito elenco, che ha il compito di amministrare l’immobile fino alla vendita. Il custode assume la detenzione del bene, provvede alla conservazione, riscuote eventuali canoni di locazione e deve presentare rendiconti periodici al giudice. Se l’immobile è occupato dal debitore o da terzi senza titolo, il custode può richiedere al giudice l’emissione di un ordine di liberazione; in caso di rifiuto, interviene la forza pubblica. La nomina del custode tutela sia il creditore, assicurando che il bene non sia deprezzato o deteriorato, sia il debitore, che può continuare ad abitare l’immobile dietro autorizzazione del giudice, versando un canone che costituisce anticipo sulla somma da restituire ai creditori.

Le aste immobiliari si svolgono quasi esclusivamente con il metodo senza incanto, in modalità telematica o presso le aule di giustizia. Il perito fissa il valore dell’immobile e il giudice stabilisce una base d’asta; gli interessati devono versare una cauzione (di norma pari al 10 % del prezzo offerto) e presentare un’offerta irrevocabile. Se l’asta va deserta, il giudice può disporre ribassi progressivi del prezzo o optare per la vendita con incanto, che prevede rilanci in forma pubblica. Al termine della procedura il giudice emette il decreto di trasferimento, che produce effetti sostitutivi dell’atto notarile: la proprietà passa all’aggiudicatario e vengono cancellate automaticamente le ipoteche e il pignoramento. Il debitore deve lasciare l’immobile e consegnare le chiavi al custode; se non lo fa volontariamente, la liberazione avviene con l’assistenza della forza pubblica.

Un altro momento delicato è il riparto del ricavato. L’importo ottenuto dall’asta, dedotte le spese di esecuzione, viene distribuito ai creditori secondo l’ordine dei privilegi. In testa vi sono le spese di procedura (compenso del delegato, spese di pubblicità e di cancellazione ipoteche), poi i creditori ipotecari e privilegiati (come i crediti condominiali per spese correnti) e infine i creditori chirografari. Se il ricavato non copre l’intero debito, la differenza rimane a carico del debitore; viceversa, se residua una somma, essa viene restituita al debitore. Nei casi di comproprietà, gli altri contitolari hanno diritto di prelazione sulla quota del debitore pignorato e possono subentrare nell’acquisto dell’immobile.

Conoscere queste fasi consente al debitore di valutare con lucidità se convenga attendere l’esito dell’asta, tentare la conversione del pignoramento oppure proporre un accordo transattivo. In molti casi, la vendita all’asta genera un ricavato inferiore al valore di mercato, con il rischio di lasciare un debito residuo; per questo è essenziale valutare tempestivamente soluzioni alternative.

Costi e spese della procedura esecutiva

L’esecuzione immobiliare comporta numerose spese, la cui incidenza è spesso sottovalutata dai debitori. Il creditore procedente deve anticipare: il contributo unificato e i diritti di cancelleria, le spese di notifica, il compenso del perito e del custode, gli oneri per la pubblicità legale (pubblicazione dell’avviso di vendita sui portali ministeriali e sulla stampa), le spese per la cancellazione delle ipoteche e i tributi ipotecari. Questi costi vengono poi recuperati con il ricavato dell’asta e sono privilegiati nel riparto. Se il debitore presenta un’istanza di conversione del pignoramento, deve versare non solo il capitale e gli interessi ma anche tutte le spese della procedura fino a quel momento maturate; in assenza del pagamento, l’istanza viene rigettata e le somme versate restano acquisite alla procedura . La presenza di costi elevati spiega perché, spesso, le parti preferiscano una soluzione transattiva o una procedura di sovraindebitamento rispetto alla vendita forzata.

Rottamazioni e definizioni agevolate 2023‑2026

Oltre alle opposizioni e alla conversione del pignoramento, il debitore fiscale può beneficiare delle definizioni agevolate delle cartelle esattoriali. La cosiddetta rottamazione‑quater (introdotta dalla legge 197/2022 e attuata nel 2023) ha consentito a molti contribuenti di estinguere i carichi affidati all’Agente della riscossione versando solo il capitale e le spese di notifica, con l’azzeramento di sanzioni e interessi di mora. A seguito della grande adesione, il legislatore ha previsto una nuova edizione, denominata rottamazione‑quinquies, che sarà operativa dal 1° gennaio 2026. Secondo la bozza di legge (in attesa di approvazione definitiva), il debito definito potrà essere pagato in un massimo di 54 rate bimestrali, con scadenze prefissate: le prime tre rate scadranno il 31 luglio, il 30 settembre e il 30 novembre 2026; dalla quarta alla cinquantunesima rata, le scadenze saranno il 31 gennaio, il 31 marzo, il 31 maggio, il 31 luglio, il 30 settembre e il 30 novembre di ciascun anno a partire dal 2027; le ultime tre rate scadranno il 31 gennaio, il 31 marzo e il 31 maggio 2035 . Nel caso di pagamento rateale si applicherà, a decorrere dal 1° agosto 2026, un interesse del 4 % annuo, mentre non si applicheranno gli interessi di rateizzazione ordinari .

È previsto che l’importo minimo di ciascuna rata sia di 100 euro, per cui la possibilità di dilazionare in 54 rate sarà riservata a chi ha un debito almeno pari a 5 400 euro . Entro il 30 giugno 2026 l’Agente della riscossione comunicherà l’ammontare delle somme dovute e la scadenza delle rate; il contribuente dovrà presentare la dichiarazione di adesione entro il 30 aprile 2026, indicando il numero di rate prescelto e rinunciando agli eventuali giudizi pendenti sui carichi . La presentazione della dichiarazione comporterà la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza, il blocco delle nuove procedure esecutive e il congelamento delle ipoteche già iscritte . Non potranno essere avviate nuove espropriazioni, né potranno proseguire quelle pendenti, fino alla scadenza della prima rata .

La rottamazione‑quinquies prevede inoltre un regime di decadenza: se il contribuente non paga l’unica rata, due rate anche non consecutive oppure l’ultima rata del piano, la definizione perde efficacia e i versamenti effettuati vengono acquisiti a titolo di acconto . La definizione agevolata sarà estesa anche ai debiti risultanti da carichi affidati a seguito di procedure di sovraindebitamento, con la possibilità di pagare il debito, anche falcidiato, secondo le modalità e i termini previsti nel decreto di omologazione . Grazie a queste misure il contribuente può sospendere la procedura esecutiva, ridurre significativamente il debito e dilazionare il pagamento; tuttavia è necessario rispettare scrupolosamente le scadenze e valutare, con l’assistenza di un professionista, se le somme richieste siano sostenibili.

Fronteggiare un pignoramento non significa soltanto difendersi in tribunale; è fondamentale analizzare la posizione a 360 gradi, valutare la legittimità degli atti, individuare le irregolarità e scegliere il percorso più efficace. Di seguito presentiamo le principali strategie legali a disposizione del debitore.

Verifica della legittimità del titolo e dei presupposti procedurali

Prima di tutto è necessario controllare la validità del titolo esecutivo. Nei pignoramenti promossi dai privati, un decreto ingiuntivo non opposto o una sentenza devono essere definitive; eventuali impugnazioni sospendono l’efficacia esecutiva. Nei pignoramenti fiscali bisogna verificare che la cartella sia stata validamente notificata, che il ruolo sia stato formato regolarmente e che non siano decorsi i termini di decadenza o prescrizione. Una cartella viziata o prescritta può essere annullata con ricorso al giudice tributario.

Successivamente occorre esaminare il precetto: deve essere notificato entro un anno dal titolo esecutivo e deve contenere tutti gli elementi richiesti dalla legge. Un precetto mancante o errato può essere opposto con ricorso al giudice dell’esecuzione. Nel pignoramento esattoriale la cartella esattoriale funge da precetto; anche in questo caso occorre verificare i termini e i contenuti.

Infine, l’atto di pignoramento deve essere analizzato nel dettaglio: l’identificazione dell’immobile e delle pertinenze deve essere precisa, il valore di stima adeguato e la trascrizione tempestiva. Eventuali errori o omissioni possono costituire vizi formali da far valere con opposizione agli atti esecutivi.

Eccezione di impignorabilità della prima casa

Nei debiti fiscali l’eccezione più potente è quella fondata sull’art. 76 D.P.R. 602/1973. Se l’abitazione è l’unica di proprietà, non di lusso e il debitore vi risiede, la procedura deve essere dichiarata improcedibile anche se il pignoramento è già stato notificato . In sede di opposizione all’esecuzione il debitore deve dimostrare:

  1. Di essere proprietario di un solo immobile (estratti catastali e visure).
  2. Che l’immobile è accatastato come abitazione civile e non nelle categorie A/8, A/9 o A/1.
  3. Che l’immobile costituisce la residenza anagrafica del debitore e del suo nucleo familiare (certificato di residenza).
  4. Che il debito con l’Erario non supera 120 000 euro o che l’ipoteca iscritta non è maturata da almeno sei mesi .

La difesa richiede la produzione di documenti aggiornati e, spesso, la richiesta di cancellazione dell’ipoteca o del pignoramento presso la Conservatoria. Lo Studio Monardo assiste i clienti nell’istruzione della pratica, nel recupero delle visure catastali e nella predisposizione del ricorso.

Conversione del pignoramento e rateizzazione

Come abbiamo visto, l’art. 495 c.p.c. consente al debitore di sostituire la casa pignorata con una somma di denaro, ottenendo la liberazione dell’immobile. L’istanza deve contenere l’offerta di pagamento integrale del debito e delle spese, con un anticipo non inferiore a un sesto del totale . Il giudice fissa l’importo complessivo e può concedere la rateizzazione fino a quattro anni . Questa soluzione è particolarmente utile quando la casa ha un valore affettivo o quando la vendita all’asta potrebbe generare un ricavato inferiore al debito (con conseguente residuo a carico del debitore). Il team dello Studio Monardo affianca i clienti nella predisposizione dell’istanza, nella raccolta dei fondi (eventualmente con l’aiuto di finanziatori o familiari) e nella negoziazione con i creditori intervenuti.

Opposizione per vizi formali e sostanziali

Se il pignoramento è viziato da errori procedurali, il debitore può presentare un’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), lamentando l’assenza di requisiti essenziali nell’atto di pignoramento o nella sua notifica. Tra i vizi più frequenti vi sono: l’indicazione incompleta dei dati catastali, la mancata allegazione del titolo esecutivo, la notifica a persona diversa dal debitore, l’omessa indicazione del termine di comparizione o dell’avvertimento ex art. 492 c.p.c. La giurisprudenza è severa sulla necessità di identificare con certezza l’immobile; tuttavia ha precisato che la mancanza di alcuni dati catastali non invalida il pignoramento se non genera totale incertezza e se vi sono altri elementi che permettono di individuare il bene (ad esempio riferimenti alle pertinenze nel quadro D della nota di trascrizione) .

Istanza di sospensione e accordi transattivi

Per evitare la vendita all’asta è spesso decisivo ottenere una sospensione della procedura. L’art. 624 c.p.c. consente al giudice dell’esecuzione di sospendere l’esecuzione per gravi motivi; uno di questi motivi può essere l’avvio di una procedura di sovraindebitamento o di negoziazione assistita della crisi. Presentando un piano del consumatore o un concordato minore presso l’OCC (Organismo di Composizione della Crisi), il debitore ottiene la sospensione automatica di tutte le azioni esecutive fino all’omologazione del piano. Parallelamente, è possibile negoziare accordi di ristrutturazione del debito direttamente con i creditori (privati o pubblici). Lo Studio Monardo cura le trattative, proponendo soluzioni che contemperano gli interessi di tutte le parti e garantendo al debitore un tempo congruo per rientrare.

Procedura di esdebitazione e liberazione definitiva dai debiti

Quando il debitore non dispone di beni sufficienti o quando i pignoramenti riguardano più crediti e il patrimonio non consente il soddisfacimento integrale, l’unica soluzione per ripartire può essere l’esdebitazione. L’esdebitazione è stata introdotta dalla legge 3/2012 e oggi è disciplinata dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019). Consiste nella liberazione dai debiti residui dopo la liquidazione del patrimonio o dopo la chiusura della procedura di sovraindebitamento. Le condizioni per ottenere l’esdebitazione sono piuttosto rigorose: occorre aver cooperato al regolare svolgimento della procedura, non aver intralciato o ritardato le operazioni, non aver beneficiato di altra esdebitazione nei precedenti otto anni, aver soddisfatto almeno parzialmente i creditori antecedenti, non avere determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave e non aver commesso reati contro il patrimonio . La procedura richiede il deposito di una domanda presso il tribunale, corredata da certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti; il giudice verifica i requisiti e pronuncia il decreto di esdebitazione.

Per i fallimenti e le liquidazioni giudiziali (nuovo codice), l’esdebitazione è concessa a condizione che il debitore abbia cooperato con gli organi della procedura, non abbia distolto l’attivo o aggravato il dissesto, non sia stato condannato per bancarotta fraudolenta, abbia soddisfatto almeno una parte non trascurabile dei crediti insinuati e non abbia beneficiato di esdebitazione nei dieci anni precedenti . Anche nella liquidazione controllata ex art. 282 CCII la liberazione dai debiti può essere dichiarata decorsi tre anni dall’apertura della procedura . Questi strumenti consentono al debitore onesto ma sfortunato di ottenere un “fresh start” e sono uno dei punti di forza dello studio Monardo, che opera come Gestore della crisi e professionista fiduciario di un OCC.

Strumenti alternativi: rottamazioni, definizioni agevolate, piani del consumatore e accordi di ristrutturazione

Oltre alle difese processuali, negli ultimi anni il legislatore ha introdotto vari strumenti di definizione agevolata per consentire ai debitori di sanare le proprie posizioni e, al tempo stesso, ridurre il carico di contenzioso su fisco e tribunali. Di seguito una panoramica delle principali soluzioni disponibili a novembre 2025.

Rottamazioni e definizioni agevolate delle cartelle fiscali

Le “rottamazioni” delle cartelle esattoriali rappresentano interventi straordinari che permettono ai contribuenti di estinguere i debiti iscritti a ruolo versando solo l’imposta, senza sanzioni e interessi di mora, in più rate e in tempi lunghi. A partire dal 2016 si sono succedute più edizioni (Rottamazione I, bis, ter, quater). L’ultima definizione agevolata, prevista dalla legge di bilancio 2023 (art. 1 commi 231‑252 L. 197/2022), consente di pagare le somme dovute al Fisco in 18 rate in cinque anni, con tassi agevolati. La rottamazione comporta l’estinzione delle procedure esecutive già avviate e impedisce l’avvio di nuovi pignoramenti. I debitori che hanno aderito alla rottamazione devono però rispettare rigorosamente le scadenze: il mancato pagamento di una rata comporta la perdita del beneficio e la ripresa dell’esecuzione. L’attuale governo non ha ancora annunciato una nuova rottamazione per il 2025, ma è possibile che in futuro vengano riproposti strumenti simili.

Saldo e stralcio e definizione agevolata dei debiti INPS

In alcune occasioni il legislatore ha previsto il saldo e stralcio, ossia la possibilità di chiudere i debiti contributivi di persone fisiche in situazioni di grave e comprovata difficoltà economica versando una percentuale ridotta del carico fiscale. Le soglie e le percentuali variano a seconda dell’indicatore ISEE e della tipologia del debito. Anche in questo caso, il pagamento rateale sospende le procedure esecutive e, se completato, estingue il pignoramento. Per il 2025 non sono previste nuove edizioni di saldo e stralcio, ma resta in vigore la possibilità di definire le cartelle INPS tramite rottamazioni e rateazioni ordinarie.

Piano del consumatore e procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore

Con il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in vigore dal 15 luglio 2022, la vecchia procedura di “piano del consumatore” prevista dalla legge 3/2012 è stata sostituita dal “piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore”. Questo strumento consente alle persone fisiche non soggette a fallimento (lavoratori dipendenti, pensionati, professionisti, piccoli imprenditori) di proporre al tribunale, tramite l’OCC, un piano di pagamento dei debiti basato sulla propria capacità reddituale e patrimoniale. Il piano deve assicurare il pagamento integrale dei crediti privilegiati e almeno parziale di quelli chirografari e deve essere improntato a buona fede e meritevolezza. L’apertura della procedura comporta la sospensione automatica di tutte le azioni esecutive. Se il tribunale omologa il piano, i pignoramenti pendenti vengono estinti; se il debitore rispetta il piano per tutta la sua durata (di solito dai 3 ai 5 anni), al termine ottiene l’esdebitazione residuale dei debiti non soddisfatti. Lo Studio Monardo, in qualità di professionista fiduciario di un OCC, assiste i consumatori nella redazione del piano e nel contraddittorio con i creditori.

Concordato minore (ex accordo di composizione della crisi) e ristrutturazione dei debiti dell’imprenditore

Per gli imprenditori, artigiani e titolari di partita IVA la procedura più adatta è il concordato minore, che ha sostituito l’accordo di composizione della crisi. Anche questa procedura viene gestita dall’OCC e mira a ristrutturare i debiti attraverso un accordo con la maggioranza dei creditori. L’apertura della procedura sospende le azioni esecutive e i pignoramenti; se i creditori approvano il piano e il tribunale lo omologa, i debiti vengono regolati secondo le modalità proposte. Il concordato minore è uno strumento flessibile: consente di cedere beni, ristrutturare l’azienda, ottenere dilazioni e prevedere l’intervento di terzi (soci, familiari) che versano somme a favore dei creditori. Al termine il debitore può chiedere l’esdebitazione.

Liquidazione controllata e esdebitazione dell’incapiente

Quando il debitore non ha la capacità di offrire un piano di rientro o un accordo, può chiedere la liquidazione controllata: tutti i beni vengono liquidati e il ricavato distribuito ai creditori. Dopo tre anni dall’apertura della procedura, il giudice può dichiarare inesigibili i debiti residui . Per i debitori con redditi molto bassi, il Codice della crisi prevede l’esdebitazione dell’incapiente, detta anche esdebitazione senza utilità: se il debitore non dispone di alcun bene da liquidare e non ha redditi sequestrabili, può essere dichiarato subito libero dai debiti con un decreto che tiene conto della sua particolare condizione; tale beneficio è concesso una sola volta e richiede il rispetto di requisiti stringenti (assenza di frodi, rispetto degli obblighi informativi, impossibilità oggettiva di soddisfare i creditori).

Errori comuni e consigli pratici

Affrontare un pignoramento immobiliare è complesso. Di seguito alcuni errori ricorrenti commessi dai debitori e i consigli per evitarli:

  1. Ignorare le notifiche: non aprire le raccomandate o i messaggi PEC non fa sparire il problema; al contrario, decorrono termini di decadenza che riducono le possibilità di difesa. Al ricevimento di un atto (cartella, precetto, pignoramento) è fondamentale consultare subito un professionista.
  2. Confondere la “prima casa” con l’“unica casa”: come evidenziato dalla giurisprudenza, la protezione riguarda solo l’unico immobile di proprietà . Possedere anche una piccola quota di un altro immobile può far perdere la tutela.
  3. Credere che la protezione valga per tutti i creditori: il divieto di pignoramento della prima casa vale solo per i debiti fiscali . Le banche e i privati possono pignorare l’abitazione anche per importi modesti. Occorre quindi valutare la natura del debito e del creditore.
  4. Sottovalutare l’ipoteca: l’iscrizione dell’ipoteca da parte del Fisco è spesso vista come un atto innocuo; in realtà rappresenta il preludio del pignoramento quando il debito supera 120 000 euro. È consigliabile regolarizzare la posizione o chiedere rateizzazione non appena arriva l’avviso di ipoteca .
  5. Rinunciare alla trattativa: molti debitori non contattano il creditore o l’Agente della riscossione per timore o vergogna. Spesso, invece, è possibile ottenere dilazioni, sospensioni o accordi che evitano la vendita. Lo Studio Monardo supporta i clienti nelle trattative, presentando proposte sostenibili e documentate.
  6. Agire senza assistenza professionale: la procedura esecutiva è tecnica; errori formali nei ricorsi o nell’istanza di conversione possono portare al rigetto. Affidarsi a un avvocato esperto riduce i rischi e permette di sfruttare tutte le tutele previste dalla legge.
  7. Non considerare il sovraindebitamento: molti debitori ignorano la possibilità di accedere alle procedure di sovraindebitamento o credono siano riservate alle imprese. In realtà, qualsiasi persona fisica sovraindebitata può proporre un piano di ristrutturazione e ottenere l’esdebitazione.

Tabelle riepilogative

Per facilitare la consultazione, presentiamo alcune tabelle di sintesi.

Requisiti per l’impignorabilità della prima casa (debiti fiscali)

RequisitoDescrizioneRiferimento normativo
Unico immobile di proprietàIl debitore non deve possedere altri immobili, nemmeno per quote minime o in comproprietàArt. 76 D.P.R. 602/1973; Cass. 32759/2024
Destinazione abitativa e residenzaL’immobile deve essere adibito a casa di abitazione e costituire la residenza anagrafica del debitore e del suo nucleo familiareArt. 76 D.P.R. 602/1973
Categoria catastale non di lussoSono escluse le categorie A/8, A/9 e A/1; l’immobile non deve avere caratteristiche di lussoArt. 76 D.P.R. 602/1973; Cass. 32759/2024
Importo del debito entro 120 000 €Il Fisco può procedere al pignoramento solo per debiti superiori a 120 000 € e dopo l’iscrizione di ipoteca da almeno 6 mesiArt. 76 D.P.R. 602/1973

Differenza tra creditori privati e Fisco

Soggetto creditorePossibilità di pignorare la prima casaCondizioni/limiti
Agenzia Entrate Riscossione (Fisco)Pignoramento vietato sull’unico immobile adibito a residenza non di lusso per debiti ≤ 120 000 €Possibile pignorare se il debito supera 120 000 € e c’è ipoteca iscritta da ≥ 6 mesi
Banche e finanziariePignoramento sempre consentito, anche se la casa è l’unica e adibita a residenzaOccorre un titolo esecutivo (mutuo, decreto ingiuntivo) e l’esecuzione segue la procedura ordinaria
CondominioPuò pignorare la prima casa per morosità condominialeEccezione per debiti relativi ai consumi energetici centralizzati sotto 5 000 € per soggetti fragili
Ex coniuge/familiari per assegniPuò pignorare la casa per il mancato pagamento di assegni di mantenimentoNecessario un titolo esecutivo (sentenza di separazione/divorzio)

Termini della procedura esecutiva

Atto o faseTermineNota
Atto di precettoPagamento entro 10 giorni dalla notificaTermine minimo; il creditore può concedere un termine superiore. Nei debiti fiscali la cartella esattoriale sostituisce il precetto con termine di 60 giorni
Trascrizione del pignoramentoImmediata dopo la notificaSenza trascrizione il pignoramento è inefficace nei confronti dei terzi
Istanza di vendita45 giorni dalla trascrizioneSe non presentata, il pignoramento perde efficacia
Conversione del pignoramentoFino all’ordinanza di venditaIl debitore deve depositare almeno un sesto del debito
Iscrizione ipoteca (debiti fiscali)Possibile per debiti > 20 000 €L’espropriazione può essere avviata dopo 6 mesi e solo per debiti > 120 000 €

Strumenti difensivi e loro effetti

StrumentoDescrizioneEffetto
Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.)Ricorso con cui si contesta il diritto del creditore di procedere all’esecuzione (inesistenza del titolo, pagamento già avvenuto, impignorabilità della prima casa)Può condurre alla dichiarazione di improcedibilità dell’esecuzione
Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.)Ricorso che denuncia vizi formali dell’atto di pignoramento o della sua notificaPuò annullare l’atto viziato e far ripartire la procedura
Conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.)Istanza per sostituire i beni pignorati con una somma di denaro, con versamento immediato di 1/6 del debito e rateizzazione del restoEstingue il pignoramento e libera l’immobile; se non rispettata, l’esecuzione riprende
Rateizzazione e piani di rientroAccordo con il creditore o con l’Agente della riscossione per pagare il debito in rateSospende il pignoramento se il piano è omologato
Procedura di sovraindebitamento (piano di ristrutturazione, concordato minore, liquidazione controllata)Procedure gestite da un OCC che prevedono la presentazione di un piano di pagamento basato sulla capacità redditualeSospende automaticamente le azioni esecutive; se il piano è omologato, i debiti residui vengono cancellati al termine
EsdebitazioneProvvedimento del giudice che dichiara inesigibili i debiti residui dopo la liquidazione o l’esecuzione di un pianoLibera definitivamente il debitore; è concessa una sola volta e richiede il rispetto di requisiti di meritevolezza

Domande frequenti (FAQ)

Di seguito rispondiamo a domande ricorrenti che i clienti rivolgono allo Studio Monardo. Le risposte sono di carattere informativo e non sostituiscono la consulenza legale personalizzata.

  1. La “prima casa” è sempre impignorabile?
    No. La protezione vale solo nei confronti dell’Agenzia Entrate Riscossione e riguarda l’unico immobile di proprietà adibito a residenza, non di lusso, con debiti fiscali inferiori a 120 000 €. Le banche e i creditori privati possono pignorare anche la prima casa .
  2. Se possiedo un’altra abitazione in comproprietà al 10 %, posso usufruire della tutela?
    No. La giurisprudenza richiede che l’abitazione sia l’unico immobile di proprietà, anche per quote minime . Possedere anche una piccola quota di un altro immobile fa venir meno il requisito dell’unicità.
  3. Il Fisco può iscrivere ipoteca sulla prima casa impignorabile?
    Sì. Se il debito supera 20 000 €, l’Agente della riscossione può iscrivere ipoteca anche sull’unica abitazione. Tuttavia, se il debito resta sotto 120 000 € e l’immobile è unico e abitato, l’ipoteca non potrà trasformarsi in pignoramento .
  4. È possibile impedire un pignoramento avviato dalla banca per il mutuo?
    Quando il debitore è in arretrato sul mutuo, la banca può escutere l’ipoteca e pignorare la casa. In questi casi non esiste un divieto specifico. Tuttavia è possibile proporre un piano di rientro, ottenere una sospensione dei pagamenti (moratoria) o accedere a una procedura di sovraindebitamento che sospende l’esecuzione. Lo Studio Monardo assiste nella negoziazione con l’istituto di credito.
  5. Se il mio debito con il Fisco è di 130 000 €, ma nel frattempo mi sono trasferito in un’altra casa in affitto, la prima casa può essere pignorata?
    Sì. Per beneficiare dell’impignorabilità occorre che l’immobile sia adibito ad abitazione principale e che vi sia la residenza anagrafica. Se il contribuente non risiede più nell’immobile, l’Agente della riscossione può pignorarlo anche se è unico.
  6. La presenza di minori o persone disabili impedisce il pignoramento della casa?
    In generale no. La presenza di soggetti fragili può influire sui tempi dell’esecuzione (ad esempio ritardare lo sfratto) ma non impedisce il pignoramento. Fanno eccezione i casi di debiti condominiali per consumi energetici inferiori a 5 000 € in cui la legge prevede la protezione per persone in condizioni di fragilità .
  7. Cosa accade se il pignoramento immobiliare è stato trascritto prima del 21 agosto 2013?
    La Cassazione ha stabilito che il divieto di pignoramento della prima casa ha effetto retroattivo. Se alla data del 21 agosto 2013 il pignoramento era già trascritto ma la procedura era pendente, l’esecuzione non può proseguire e il pignoramento deve essere cancellato .
  8. È possibile sospendere il pignoramento presentando un’istanza di rateizzazione?
    Sì. Con i debiti fiscali, la presentazione e l’accettazione di una rateizzazione presso l’Agente della riscossione sospende le azioni esecutive. Per i debiti privati, la sospensione può essere concessa dal giudice dell’esecuzione se il creditore accetta un piano di rientro o se ricorrono gravi motivi. È fondamentale presentare la richiesta prima che l’immobile vada all’asta.
  9. Se la banca ottiene la conversione del pignoramento in una somma di denaro e io non pago le rate, cosa succede?
    Il mancato pagamento o il ritardo di oltre 30 giorni di una rata comporta la decadenza dalla conversione e la ripresa della procedura esecutiva. Le somme versate diventano parte del ricavato della vendita .
  10. I creditori possono pignorare anche le pertinenze dell’immobile (garage, cantina)?
    In linea generale sì: il pignoramento si estende automaticamente alle pertinenze e ai frutti della cosa pignorata (art. 2912 c.c.). Tuttavia, quando le pertinenze sono dotate di propri dati catastali e non sono indicate nell’atto di pignoramento, la presunzione di estensione non opera, salvo che vi siano elementi univoci nella descrizione .
  11. Se l’immobile è indiviso con altre persone, come funziona il pignoramento?
    Il creditore può pignorare la quota del debitore, ma non può vendere la quota senza aver prima offerto agli altri comproprietari la possibilità di esercitare il diritto di prelazione. In pratica, gli altri comproprietari possono subentrare nell’acquisto della quota; se non lo fanno, il bene può essere venduto interamente e il ricavato ripartito.
  12. Quanto tempo passa tra l’atto di pignoramento e l’asta?
    Il tempo varia da tribunale a tribunale ma, in media, occorrono da 6 a 12 mesi. Dopo la trascrizione, bisogna depositare l’istanza di vendita entro 45 giorni; poi il giudice nomina il perito, valuta la relazione, fissa l’udienza e successivamente programma l’asta. Il debitore ha quindi diversi mesi per cercare una soluzione.
  13. Cosa succede se il ricavato della vendita non copre l’intero debito?
    Se l’asta produce un ricavato inferiore al debito, il debito residuo rimane a carico del debitore. Egli può essere perseguito per la differenza mediante altri pignoramenti (conto corrente, stipendio, altri beni) oppure può chiedere l’esdebitazione al termine di una procedura di sovraindebitamento.
  14. Una volta conclusa l’asta, posso contestare la vendita?
    Le contestazioni successive all’aggiudicazione sono molto limitate. Si può impugnare il decreto di trasferimento solo per motivi specifici (vizi del procedimento di vendita, errore nel prezzo). In generale, le contestazioni vanno sollevate tempestivamente durante la procedura.
  15. Il pignoramento si estende ai mobili e ai beni personali presenti nella casa?
    Il pignoramento immobiliare riguarda l’immobile e le sue pertinenze. I mobili e gli arredi non vengono pignorati con il pignoramento immobiliare, salvo che siano oggetto di un distinto pignoramento mobiliare. Tuttavia, gli elettrodomestici, mobili essenziali e oggetti personali godono di una certa protezione ai sensi dell’art. 514 c.p.c., che elenca i “beni essenziali” non pignorabili .
  16. Posso vendere la casa pignorata prima dell’asta?
    In teoria il debitore può vendere il bene pignorato, ma la vendita è inefficace nei confronti del creditore. Il vincolo del pignoramento resta e l’aggiudicatario potrà comunque procedere alla vendita forzata. Inoltre, il prezzo della cessione potrebbe essere inferiore e il compratore difficilmente acquisterebbe un immobile gravato dal pignoramento. Solo il giudice, con il decreto di trasferimento, può liberare il bene. Per liberarsi dal pignoramento occorre pagare il debito o ottenere la conversione.
  17. Come incide la prescrizione dei debiti nel pignoramento?
    Ogni debito è soggetto a un termine di prescrizione (10 anni per i crediti civili, 5 anni per le imposte dirette, 3 anni per l’IVA, ecc.). Se il creditore avvia l’esecuzione dopo che il diritto si è prescritto, il debitore può opporsi all’esecuzione. È quindi importante far verificare a un professionista i termini di prescrizione prima di pagare o proporre opposizione.
  18. Chi paga le spese dell’esecuzione immobiliare?
    Le spese dell’esecuzione (cancellazione ipoteche, compenso del delegato, pubblicità, perizia) sono anticipate dal creditore procedente ma vengono recuperate con il ricavato dell’asta. In caso di conversione del pignoramento, il debitore deve farsi carico anche delle spese di esecuzione .
  19. È possibile sospendere il pignoramento con la procedura di negoziazione assistita?
    Per i debiti tra privati, il D.L. 132/2014 ha introdotto la negoziazione assistita, uno strumento che permette alle parti, assistite dai rispettivi avvocati, di raggiungere un accordo senza passare dal tribunale. Durante la negoziazione si può chiedere al giudice la sospensione della procedura esecutiva. Lo Studio Monardo supporta il debitore in queste procedure stragiudiziali.
  20. Dopo l’esdebitazione posso ottenere nuovi finanziamenti?
    L’esdebitazione libera il debitore dai debiti residui ma rimane annotata nei registri (Crif) per alcuni anni. Le banche potrebbero considerare il debitore un soggetto a rischio. Tuttavia, dimostrando di aver ripreso una stabile capacità reddituale e di aver rispettato gli accordi, è possibile riottenere credito nel tempo. Lo Studio Monardo fornisce assistenza anche in questa fase di riabilitazione finanziaria.

Simulazioni pratiche e numeriche

Per comprendere meglio l’applicazione delle regole, proponiamo alcune simulazioni basate su casi reali (i nomi sono di fantasia). Le cifre e le condizioni si riferiscono alle normative vigenti a novembre 2025.

Caso 1 – Debito erariale di 90 000 € con unica casa

Situazione: il signor Marco possiede un’unica abitazione accatastata in categoria A/3, in cui vive con la sua famiglia. Ha ricevuto una cartella dall’Agenzia Entrate Riscossione per un debito di 90 000 € (somme IRPEF e IVA non versate). L’Agente della riscossione gli notifica l’iscrizione di ipoteca per l’importo dovuto.

Analisi: il debito è inferiore a 120 000 € e l’immobile è l’unico bene di proprietà e non di lusso. In base all’art. 76 D.P.R. 602/1973 l’agente della riscossione non può procedere al pignoramento, anche se è stata iscritta ipoteca . L’ipoteca resta come garanzia, ma non può essere seguita dalla vendita forzata a meno che il debito superi la soglia. Il signor Marco può difendersi chiedendo la cancellazione dell’ipoteca e rateizzando il debito. Può anche valutare la rottamazione delle cartelle o la procedura di sovraindebitamento per ridurre l’importo.

Risultato: la casa non sarà pignorata; resta consigliabile presentare un’istanza di rateizzazione per evitare l’accumulo di interessi o aderire a una definizione agevolata.

Caso 2 – Debito erariale di 140 000 € con unica casa

Situazione: la signora Giulia possiede una casa in cui vive (categoria A/2). Non ha altri immobili. Ha debiti con l’Erario per 140 000 €, derivanti da accertamenti IRPEF e contributi non versati. L’Agenzia delle Entrate ha iscritto ipoteca sull’immobile 8 mesi fa.

Analisi: il debito supera la soglia di 120 000 € e l’ipoteca è stata iscritta da più di sei mesi. L’agente della riscossione può, in linea teorica, procedere al pignoramento . La signora Giulia tuttavia può cercare di sospendere l’esecuzione presentando un piano di rateizzazione; se la rateizzazione viene accettata, la procedura si blocca. In alternativa può accedere a una procedura di sovraindebitamento (piano di ristrutturazione del consumatore) presentando un piano che preveda il pagamento di una parte del debito e la falcidia del residuo. Se il piano viene omologato, il pignoramento non può essere avviato.

Risultato: la casa è a rischio pignoramento; occorre agire tempestivamente con un piano di rientro o una procedura alternativa.

Caso 3 – Mutuo non pagato con banca e casa unica

Situazione: il signor Antonio ha acquistato la sua prima casa mediante un mutuo ipotecario. Da sei mesi non paga le rate. La banca, dopo averlo sollecitato, notifica un precetto e avvia l’esecuzione ipotecaria.

Analisi: la protezione prevista dall’art. 76 non si applica ai crediti privati. La banca, titolare dell’ipoteca, può pignorare l’immobile anche se è l’unica abitazione . Antonio può cercare di rinegoziare il mutuo (sospensione ex legge Gasparrini per chi ha perso il lavoro, accordo di ristrutturazione) oppure presentare un’istanza di conversione del pignoramento versando una somma pari ad almeno un sesto del debito . In ultima analisi, può accedere a una procedura di sovraindebitamento con sospensione delle esecuzioni.

Risultato: l’immobile può essere venduto all’asta. La difesa consiste nel trovare un accordo con la banca o ricorrere alle procedure di sovraindebitamento.

Caso 4 – Morosità condominiale di 4 500 € per energia centralizzata

Situazione: la signora Lucia, pensionata di 78 anni, abita in un condominio con riscaldamento centralizzato. A causa della sua pensione modesta non ha pagato le quote relative al gas per un importo di 4 500 €. Il condominio minaccia di pignorare la casa.

Analisi: il cosiddetto “decreto bollette” del 2025 vieta al condominio di pignorare l’abitazione principale per debiti relativi ai consumi energetici centralizzati inferiori a 5 000 € quando il debitore è una persona fragile (condizione economica svantaggiata, disabilità grave, età superiore a 75 anni, ecc.) . Lucia rientra tra le categorie protette (età > 75). Il condominio potrà recuperare il credito pignorando altri beni (conto corrente, pensione) ma non potrà vendere la casa. È opportuno tuttavia cercare un accordo di rateizzazione con l’amministratore per evitare ulteriori azioni.

Risultato: la casa è protetta dal pignoramento per questo tipo di debito; è consigliabile saldare a rate e mantenere buoni rapporti con il condominio.

Caso 5 – Comproprietà di più immobili e debiti fiscali

Situazione: il signor Davide possiede al 50 % la casa in cui vive (categoria A/3) e ha una quota del 25 % di una seconda abitazione ereditata con i fratelli. Ha un debito con l’Erario di 70 000 €.

Analisi: nonostante il debito sia inferiore a 120 000 €, Davide possiede più immobili (anche solo una quota). Pertanto l’esenzione dell’art. 76 non si applica . L’Agente della riscossione potrà pignorare la casa di residenza oppure l’altro immobile. Davide può difendersi provando a cedere la quota dell’altra casa agli eredi prima che venga avviata la procedura (ma il trasferimento potrebbe essere revocato se compiuto in frode) oppure accedendo a una procedura di sovraindebitamento. Una soluzione praticabile è proporre la vendita volontaria dell’immobile non abitato per estinguere il debito, preservando la casa in cui vive.

Risultato: l’abitazione non è protetta; occorre una strategia negoziale o procedurale per evitare la vendita.

Caso 6 – Abitazione parzialmente adibita a studio professionale

Situazione: la signora Serena possiede un unico immobile accatastato in parte come abitazione (A/3) e in parte come studio professionale (A/10). Vive nella casa con la famiglia e utilizza due stanze per la propria attività di architetto. Ha un debito con l’Erario di 50 000 euro e ha ricevuto l’iscrizione di ipoteca.

Analisi: la particolarità di questo caso risiede nell’uso promiscuo dell’immobile. La protezione dell’art. 76 è limitata agli immobili “adibiti ad uso abitativo” e destinati a residenza anagrafica . Quando una parte rilevante della superficie è destinata a uso professionale o commerciale, l’Agenzia Entrate Riscossione potrebbe contestare l’applicabilità dell’esenzione, sostenendo che l’immobile non è interamente abitativo. La giurisprudenza non ha ancora definito con precisione la percentuale di superficie destinata a uso non abitativo che comporta la perdita della tutela; in analogia con le agevolazioni fiscali sulla prima casa, una destinazione professionale marginale (meno del 50 %) è generalmente tollerata. Serena dovrà provare che l’immobile rappresenta la residenza della famiglia e che l’attività professionale è svolta in via accessoria, ad esempio allegando planimetrie e documentazione catastale. In caso di contestazione, potrà ricorrere al giudice dell’esecuzione sostenendo che l’esenzione non richiede una destinazione esclusiva, ma la prevalenza dell’uso abitativo.

Risultato: se Serena dimostra la prevalenza dell’uso abitativo e l’assenza di altri immobili, l’ipoteca non potrà essere seguita dal pignoramento e potrà chiedere la rateizzazione del debito. In caso contrario, l’immobile potrebbe essere considerato impignorabile solo per la parte abitativa, con possibilità di vendita parziale o suddivisione del bene; una soluzione pratica è concordare un piano di rientro prima dell’avvio dell’espropriazione.

Caso 7 – Immobile di categoria A/1 (abitazione signorile)

Situazione: il signor Franco vive in un’unica abitazione classificata in categoria A/1 (abitazione signorile). Non possiede altri immobili ed è in regola con il mutuo. Ha un debito fiscale di 60 000 euro.

Analisi: le categorie catastali A/8 (ville) e A/9 (castelli e palazzi storici) sono espressamente escluse dalla tutela, ma la giurisprudenza ha equiparato anche la categoria A/1 alle abitazioni di lusso . Pertanto, anche se Franco possiede un’unica casa, l’immobile è considerato “signorile” e non beneficia dell’impignorabilità. L’Agenzia Entrate Riscossione potrà iscrivere ipoteca e, se il debito supera la soglia di 120 000 euro, potrà procedere al pignoramento. Franco può tuttavia difendersi impugnando la classificazione catastale se ritiene che l’immobile non abbia caratteristiche di lusso, presentando istanza di revisione presso l’Agenzia delle Entrate. In alternativa, può presentare un piano di rateizzazione o aderire a una rottamazione.

Risultato: a causa della categoria A/1 l’abitazione non è protetta dall’art. 76. È consigliabile agire preventivamente con un piano di rientro o con una procedura di sovraindebitamento per evitare il pignoramento.

Caso 8 – Casa unica concessa in locazione

Situazione: la signora Anna possiede un’unica abitazione non di lusso, ma da tre anni l’ha concessa in locazione a terzi e vive in affitto in un’altra città. Ha debiti con l’Erario per 80 000 euro.

Analisi: per beneficiare dell’impignorabilità la casa deve essere adibita a residenza del debitore e il debitore deve risultare anagraficamente residente nell’immobile . Poiché Anna ha dato in locazione l’unica casa e non vi risiede, viene meno il requisito soggettivo; di conseguenza l’Agenzia Entrate Riscossione potrà pignorare l’immobile anche se è l’unico. Anna potrà difendersi contestando eventuali vizi formali dell’atto di pignoramento o dimostrando un vizio nella notifica della cartella. In alternativa, potrà cedere l’immobile volontariamente per saldare il debito, aderire alla rottamazione o presentare un piano del consumatore tramite l’OCC.

Risultato: l’abitazione è pignorabile perché non costituisce la residenza della proprietaria. È consigliabile agire tramite vendita volontaria o procedure alternative per estinguere il debito prima che l’immobile venga messo all’asta.

Caso 9 – Debiti con banca e Fisco su unico immobile

Situazione: il signor Luca ha un’unica abitazione in cui vive con la famiglia. Ha un mutuo residuo con la banca di 60 000 euro e un debito fiscale di 100 000 euro. La banca, essendo titolare di ipoteca, minaccia di escutere l’immobile; l’Agente della riscossione ha iscritto ipoteca ma non ha avviato il pignoramento.

Analisi: la tutela dell’art. 76 opera solo nei confronti dell’Erario. La banca, in quanto creditore ipotecario, può pignorare l’immobile senza limiti , anche se è l’unica abitazione. L’Agente della riscossione, invece, non può procedere perché il debito fiscale è inferiore a 120 000 euro e l’immobile è unico e non di lusso . Luca si trova quindi di fronte a due esecuzioni potenziali: quella della banca, immediata, e quella del Fisco, sospesa. Per evitare la vendita deve prioritariamente negoziare con la banca una rinegoziazione del mutuo o un piano di rientro; può inoltre aderire alla rottamazione per ridurre il debito con l’Erario e impedirne l’aumento oltre la soglia di 120 000 euro. Una procedura di sovraindebitamento potrebbe consentirgli di ristrutturare entrambi i debiti con una sola soluzione, sospendendo ogni azione esecutiva.

Risultato: l’immobile è a rischio pignoramento da parte della banca. Occorre negoziare un accordo con l’istituto di credito e, se necessario, accedere a una procedura di ristrutturazione del debito per sospendere tutte le esecuzioni.

Caso 10 – Adesione alla rottamazione‑quinquies con debito superiore alla soglia

Situazione: la signora Laura possiede un’unica abitazione in cui risiede; il suo debito fiscale è di 130 000 euro. L’Agenzia Entrate Riscossione ha iscritto ipoteca sulla casa da più di un anno e ha notificato il preavviso di pignoramento. Nel 2026 decide di aderire alla rottamazione‑quinquies.

Analisi: poiché il debito supera i 120 000 euro, l’Agente della riscossione potrebbe procedere al pignoramento . Tuttavia, aderendo alla rottamazione‑quinquies entro il 30 aprile 2026 e presentando la dichiarazione di adesione, Laura beneficia della sospensione delle procedure esecutive e dei termini di prescrizione . L’Agente non potrà avviare o proseguire il pignoramento fino alla scadenza della prima rata . Dovrà poi versare le somme dovute in base al piano scelto (fino a 54 rate bimestrali), con interessi del 4 % annuo a decorrere dal 1° agosto 2026 . Se rispetta puntualmente i pagamenti e non salta più di due rate , al termine della procedura i suoi debiti residui verranno estinti. Se invece omette tre rate o la rata unica, la definizione decade, l’espropriazione riprende e le somme versate sono trattenute a titolo di acconto.

Risultato: l’adesione alla rottamazione consente a Laura di sospendere il pignoramento e di dilazionare il debito; è essenziale però rispettare le scadenze per non perdere il beneficio e subire la vendita forzata.

Conclusione

Il pignoramento della prima casa è un tema complesso che richiede la conoscenza della disciplina processuale, delle norme speciali e della giurisprudenza più recente. La regola generale prevede che tutti i beni del debitore possano essere aggrediti per soddisfare i creditori; tuttavia il legislatore ha introdotto un’importante eccezione per proteggere l’unica abitazione dai debiti fiscali, purché ricorrano requisiti rigorosi: unicità dell’immobile, residenza anagrafica e assenza di lusso, nonché debito inferiore a 120 000 euro . Le ultime pronunce della Corte di Cassazione hanno consolidato l’interpretazione secondo cui la tutela è retroattiva e si applica anche alle procedure in corso . Per contro, i creditori privati non incontrano alcun limite e possono pignorare la casa anche per importi modesti . La confusione tra “prima casa” e “unica casa” e la convinzione che basti la residenza per proteggersi sono tra gli errori più frequenti.

Agire tempestivamente è fondamentale. Dopo la notifica della cartella o del precetto i termini sono brevi e ogni ritardo riduce le possibilità di successo. Occorre verificare la legittimità degli atti, contestare eventuali vizi, valutare l’impignorabilità, richiedere la sospensione o la conversione, negoziare piani di rientro e, quando necessario, avviare una procedura di sovraindebitamento per ottenere l’esdebitazione e ripartire. Nessun caso è uguale all’altro: ogni situazione richiede un’analisi personalizzata e una strategia su misura.

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