Accertamento Fiscale a Italiano Residente in Ungheria: Cosa Fare e Come Difendersi

Introduzione

Negli ultimi anni sempre più cittadini italiani hanno trasferito la propria vita in Ungheria per motivi professionali, imprenditoriali o familiari. La fiscalità ungherese può offrire vantaggi competitivi, ma il trasferimento all’estero comporta l’obbligo di rompere correttamente i legami con l’Italia per evitare contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate. Un avviso di accertamento notificato dal Fisco italiano a un contribuente residente in Ungheria è una circostanza delicata: comporta rischi di doppia imposizione, sanzioni e interessi che possono diventare molto gravosi. Un errore comune è ritenere che l’iscrizione all’AIRE basti a dimostrare il cambio di residenza; la giurisprudenza più recente afferma invece che i criteri della residenza fiscale sono alternativi e che il contribuente deve dimostrare la rottura dei legami personali, familiari ed economici con l’Italia .

In questa guida completa e aggiornata al novembre 2025 vengono illustrati tutti gli strumenti difensivi a disposizione del contribuente italiano che vive in Ungheria e riceve un accertamento fiscale dall’Italia. Dopo un inquadramento normativo (norme italiane, circolari dell’Agenzia delle Entrate, sentenze della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale), l’articolo descrive passo dopo passo la procedura di accertamento, le modalità di difesa, le strategie per evitare la doppia imposizione e gli istituti alternativi (rottamazioni, definizioni agevolate, sovraindebitamento). Particolare attenzione sarà dedicata alle novità introdotte dal decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209, che dal 1° gennaio 2024 modificano il criterio di residenza ai fini delle imposte sul reddito: ora si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la residenza civilistica, il domicilio o sono presenti nel territorio dello Stato .

Chi può aiutarti concretamente

L’Avv. Giuseppe Angelo Monardo è un avvocato cassazionista, Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia, professionista fiduciario di un Organismo di composizione della crisi (OCC) e Esperto negoziatore della crisi d’impresa ai sensi del D.L. 118/2021. Coordina un team multidisciplinare di avvocati tributaristi e commercialisti con competenze su diritto bancario, tributario e fallimentare, distribuiti su tutto il territorio nazionale.
Grazie all’esperienza maturata su centinaia di contenziosi e all’aggiornamento continuo sulle ultime pronunce della Corte di Cassazione, lo Studio Monardo è in grado di:

  • analizzare l’atto di accertamento, verificare la legittimità della notifica e individuare eventuali vizi formali o sostanziali;
  • predisporre memorie e osservazioni nel contraddittorio preventivo previsto dall’art. 6‑bis dello Statuto del contribuente (diritto all’audizione preventiva) ;
  • presentare ricorsi dinanzi alla Corte di giustizia tributaria provinciale e regionale;
  • ottenere la sospensione degli atti esecutivi e bloccare pignoramenti o iscrizioni ipotecarie;
  • negoziare con l’Agenzia delle Entrate soluzioni stragiudiziali (accertamento con adesione, transazione fiscale);
  • predisporre piani di rientro e ricorrere agli strumenti della crisi da sovraindebitamento (piano del consumatore, concordato minore, accordo di ristrutturazione del debito);
  • assistere il contribuente nell’accesso alle definizioni agevolate e alle rottamazioni.

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1. Contesto normativo e giurisprudenziale

1.1 La nozione di residenza fiscale secondo il TUIR

Per stabilire se una persona fisica è residente in Italia ai fini delle imposte sul reddito occorre far riferimento all’art. 2, comma 2, del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR). Nella sua versione antecedente al 2024 la norma considerava residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta:

  • erano iscritte nelle anagrafi della popolazione residente;
  • avevano nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile;
  • comunque soggiornavano nel territorio dello Stato .

Questi criteri sono alternativi: basta la presenza di uno di essi per rendere una persona fiscalmente residente, con la conseguenza che l’intero reddito – ovunque prodotto – diventa imponibile in Italia. La semplice iscrizione all’AIRE non esclude automaticamente la residenza fiscale; l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che occorre dimostrare l’effettiva perdita dei legami con l’Italia, valutando la permanenza di abitazioni, nuclei familiari, conti bancari e interessi economici .

1.1.1 La riforma del 2023: criterio della presenza fisica

Il decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209, attuativo della legge delega n. 111/2023, ha profondamente rivisto l’art. 2 del TUIR. A partire dal 1° gennaio 2024 la nuova definizione di residenza fiscale prevede che sono considerati residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, anche considerando frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile, il domicilio o sono presenti nel territorio dello Stato . La norma aggiunge una definizione di domicilio basata non più sul luogo dove sono concentrate le attività economiche, ma sul centro delle relazioni personali e familiari: per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, tali relazioni .

Questa modifica ha introdotto un terzo criterio di collegamento, la presenza fisica in Italia, che opera in maniera autonoma rispetto a residenza e domicilio. La Circolare n. 20/E del 4 novembre 2024 spiega che basta trascorrere in Italia 183 giorni (184 negli anni bisestili) anche non consecutivi per radicare la residenza: i periodi di permanenza anche frazionata vanno sommati . La norma considera anche le giornate in cui il contribuente arriva o parte (conta la sola frazione di giorno), e include le ipotesi di lavoro agile svolto dall’Italia per imprese estere .

Altra novità è la trasformazione dell’iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente da presunzione assoluta a presunzione relativa: si presume residente chi è iscritto per la maggior parte dell’anno, ma è ammessa la prova contraria da parte del contribuente .

1.1.2 Residenza civilistica e domicilio

Per i periodi d’imposta anteriori al 2024 continua ad applicarsi la vecchia formulazione dell’art. 2 del TUIR. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19843 del 18 luglio 2024, ha precisato che la modifica introdotta dal D.Lgs. 209/2023 ha natura sostanziale e non si applica retroattivamente . Pertanto, per i periodi fino al 31 dicembre 2023 occorre accertare:

  • la residenza civilistica, cioè la dimora abituale: secondo la giurisprudenza, è data dall’abituale e volontaria dimora in un luogo, anche non continuativa ma prolungata e percepibile da terzi ;
  • il domicilio, che prima della riforma coincideva con il centro degli affari e degli interessi vitali, cioè il luogo in cui si concentrano le attività economiche e gli interessi patrimoniali ; le relazioni affettive e familiari assumevano valore solo se accompagnate da altri indici di collegamento ;
  • la permanenza nel territorio dello Stato per la maggior parte dell’anno.

Nel 2025 e negli anni successivi l’onere probatorio per dimostrare la residenza all’estero rimane elevato: l’iscrizione all’AIRE è condizione necessaria ma non sufficiente. La Corte di Cassazione con ordinanza n. 1292/2025 ha ribadito che chi si trasferisce in uno Stato a regime fiscale privilegiato (come Monaco) è presunto residente in Italia e deve dimostrare, con elementi concreti, l’effettivo trasferimento all’estero e il distacco dei legami personali ed economici con l’Italia . Sebbene l’Ungheria non sia considerata paradiso fiscale, la giurisprudenza richiede comunque la prova effettiva della perdita del centro vitale in Italia.

1.2 La Convenzione tra Italia e Ungheria per evitare le doppie imposizioni

La Convenzione tra il Governo della Repubblica Italiana e il Governo della Repubblica Popolare Ungherese per evitare le doppie imposizioni è stata firmata a Budapest il 16 maggio 1977 ed è stata resa esecutiva dalla legge 23 luglio 1980, n. 509. L’obiettivo è evitare che lo stesso reddito sia tassato in entrambi gli Stati contraenti e prevenire l’evasione fiscale. La convenzione prevale sul diritto interno: la Corte di Cassazione ha sottolineato che le Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni hanno forza superiore alla legge ordinaria e devono essere applicate in via prioritaria .

Alcune disposizioni di rilievo per i contribuenti residenti in Ungheria:

  • Art. 2: definisce le imposte considerate (imposta sul reddito e imposta sulle società).
  • Art. 4: fissa le regole sul concetto di residenza fiscale, prevedendo i criteri di collegamento (domicilio, sede di direzione, residenza abituale) e stabilendo tie‑breaker rules qualora una persona risulti residente in entrambi gli Stati.
  • Art. 15: disciplina i redditi da lavoro dipendente. Se il lavoro è svolto in uno Stato contraente da un residente dell’altro Stato, i redditi sono tassati nello Stato in cui si presta l’attività. Tuttavia, se il dipendente soggiorna nell’altro Stato per meno di 183 giorni, il datore di lavoro non è residente e il costo non è sostenuto da una stabile organizzazione nello Stato di lavoro, la tassazione spetta solo allo Stato di residenza. La Risposta n. 75/2023 dell’Agenzia delle Entrate, riferita a un pilota con base in Ungheria, ha precisato che i redditi da lavoro a bordo di aeromobili in traffico internazionale sono tassabili esclusivamente nello Stato in cui si trova la sede di direzione effettiva dell’impresa . Se la sede di direzione effettiva è in un Paese diverso, si applicano le regole generali dell’art. 15, che ripartiscono la potestà impositiva in base ai 183 giorni, al datore di lavoro e alla presenza di una stabile organizzazione .
  • Art. 23: prevede il metodo di esenzione o di credito d’imposta per evitare la doppia imposizione. L’Italia, in genere, applica il criterio del credito d’imposta: il reddito tassato in Ungheria è imponibile anche in Italia, ma il contribuente può detrarre l’imposta pagata all’estero nei limiti dell’imposta italiana relativa a quel reddito.

Per i residenti in Ungheria è quindi essenziale dimostrare di rientrare nei criteri della Convenzione e conservare la documentazione che attesti il pagamento delle imposte locali, al fine di ottenere il credito per imposte pagate all’estero .

1.3 Diritti del contribuente: Statuto del contribuente

Lo Statuto dei diritti del contribuente (Legge n. 212/2000) tutela il cittadino nei rapporti con l’amministrazione fiscale. Alcune disposizioni sono particolarmente utili per chi riceve un accertamento dall’Italia pur vivendo in Ungheria:

  • Art. 6: stabilisce che l’amministrazione deve garantire che gli atti raggiungano il contribuente al suo effettivo domicilio e deve informarlo delle circostanze che possono portare alla negazione di un credito o all’irrogazione di una sanzione . Il contribuente ha diritto a conoscere motivazioni e documenti su cui si basa l’accertamento.
  • Art. 6‑bis (introdotto dal D.Lgs. 219/2023, in vigore dal gennaio 2024): riconosce il contraddittorio preventivo obbligatorio per tutti gli atti autonomamente impugnabili. L’ufficio deve inviare un progetto di atto al contribuente almeno 60 giorni prima dell’emissione; quest’ultimo può presentare osservazioni o documenti. L’atto definitivo non può essere adottato prima di 60 giorni e deve motivare l’eventuale mancato accoglimento delle osservazioni .
  • Art. 7: impone che ogni atto dell’amministrazione finanziaria sia motivato e che la motivazione contenga sia i fatti che le ragioni giuridiche; i documenti richiamati devono essere allegati all’atto. È vietato modificare successivamente i presupposti di fatto o i mezzi di prova senza emanare un nuovo atto . Gli atti di riscossione devono specificare il metodo di calcolo degli interessi e indicare l’ufficio responsabile.

Il mancato rispetto di queste disposizioni consente al contribuente di eccepire l’illegittimità dell’accertamento e di chiederne l’annullamento.

1.4 Termini di decadenza e prescrizione degli accertamenti

I termini entro cui l’Agenzia delle Entrate può emettere un avviso di accertamento sono fondamentali per difendersi. Se l’atto è notificato oltre tali termini, è nullo. Secondo la normativa attuale:

  • Per le dichiarazioni presentate, l’avviso di accertamento deve essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione (ad esempio, per i redditi 2020 la notifica deve avvenire entro il 31 dicembre 2025) .
  • Se la dichiarazione non è stata presentata o è nulla, il termine è di sette anni (ad esempio, dichiarazione omessa per il 2020: notifica entro il 31 dicembre 2027) .
  • Il termine si conta dalla data in cui l’atto è spedito dall’ufficio (non da quella di ricezione).
  • Per alcuni tributi (IVA, imposta di registro) e per gli accertamenti parziali si applicano termini diversi; occorre sempre verificarli con precisione .

1.5 Presunzioni per chi si trasferisce in Stati a regime fiscale privilegiato

L’art. 2, comma 2‑bis, del TUIR prevede una presunzione di residenza per i cittadini italiani che si cancellano dalle anagrafi della popolazione residente e si trasferiscono in Stati o territori con regime fiscale privilegiato. Questi contribuenti sono considerati residenti in Italia salvo prova contraria . La lista dei Paesi a fiscalità privilegiata (black list) è definita dal decreto ministeriale 4 maggio 1999 e aggiornata periodicamente; la Svizzera è stata espunta dalla lista con decreto 20 luglio 2023 (efficace dall’1 gennaio 2024) . L’Ungheria non rientra nella black list, ma la giurisprudenza estende l’onere probatorio anche ai trasferimenti verso Stati “non privilegiati” quando permangono forti legami con l’Italia.

1.6 Giurisprudenza rilevante

Oltre alle sentenze già menzionate, merita ricordare i principi affermati dalla Corte di Cassazione e dalla Corte Costituzionale:

  1. Onere della prova a carico del contribuente – La Cassazione ha ribadito che, in caso di contestazione della residenza fiscale, spetta al contribuente dimostrare la residenza all’estero attraverso elementi gravi, precisi e concordanti (contratti di lavoro, iscrizione all’anagrafe estera, bollette, iscrizione dei figli a scuola, pagamenti di imposte nel Paese estero) . I soli elementi formali (iscrizione AIRE, permesso di soggiorno) non sono sufficienti se smentiti da prove contrarie (telepass, utenze attive, presenza del nucleo familiare in Italia).
  2. Supremazia delle convenzioni internazionali – In caso di conflitto tra norme interne e convenzioni contro le doppie imposizioni, queste ultime prevalgono e devono essere applicate prioritariamente .
  3. Motivazione degli atti – La Corte Costituzionale ha più volte evidenziato che l’obbligo di motivazione dell’atto amministrativo è espressione del principio di buon andamento e imparzialità: un atto privo di motivazione è nullo.
  4. Decorrenza delle nuove regole – La sentenza n. 19843/2024 afferma che le nuove definizioni introdotte dal D.Lgs. 209/2023 si applicano solo ai fatti verificatisi dopo l’1 gennaio 2024; per le annualità precedenti continua ad applicarsi la disciplina previgente .

2. Procedura passo‑passo dopo la notifica dell’accertamento

Ricevere un avviso di accertamento dall’Italia mentre si vive in Ungheria può generare incertezza e preoccupazione. Conoscere la procedura e rispettare i termini è essenziale per non perdere diritti. Di seguito una guida operativa su cosa fare.

2.1 Verifica della notifica e raccolta dei documenti

  1. Controllare l’indirizzo di notifica: l’atto deve essere notificato al domicilio fiscale del contribuente. Se la notifica avviene presso il vecchio indirizzo italiano e il contribuente ha comunicato l’iscrizione all’AIRE e il nuovo indirizzo estero, l’atto può essere nullo. L’art. 6 dello Statuto del contribuente impone all’amministrazione di adottare ogni accorgimento affinché l’atto raggiunga l’effettivo domicilio del destinatario .
  2. Ritirare la raccomandata e conservare la busta: la data di spedizione e quella di ricezione determinano i termini per l’impugnazione. In caso di notifica tramite posta elettronica certificata (PEC), salvare la ricevuta di consegna.
  3. Leggere attentamente il contenuto: l’avviso deve indicare il periodo d’imposta contestato, le imposte accertate, i motivi della ripresa a tassazione e i riferimenti normativi . Deve essere allegata tutta la documentazione richiamata (processo verbale di constatazione, rapporti bancari, ecc.).
  4. Verificare il rispetto dei termini di decadenza: confrontare l’anno d’imposta contestato con i termini previsti (5 o 7 anni) .
  5. Raccogliere le prove della residenza in Ungheria: contratto di locazione o di acquisto dell’abitazione in Ungheria, bollette intestate, certificati di residenza locali, contratto di lavoro, buste paga, iscrizione dei figli a scuola, tessera sanitaria ungherese, estratti conto bancari, tesseramento sportivo o associativo. Conservare la documentazione relativa al pagamento delle imposte ungheresi per poter chiedere il credito d’imposta.

2.2 Contraddittorio preventivo e osservazioni

Per gli atti emessi dal 2024 in poi, l’Agenzia delle Entrate deve inviare un invito al contraddittorio (progetto di atto) con almeno 60 giorni di anticipo. Il contribuente può:

  • presentare osservazioni scritte, allegando documenti che dimostrino la residenza all’estero (contratti, bollette, iscrizione all’anagrafe ungherese, certificato di residenza, ecc.);
  • richiedere un incontro con l’ufficio (anche da remoto) per chiarire la propria posizione;
  • evidenziare eventuali vizi dell’istruttoria (violazione del principio di collaborazione, uso di dati errati, mancata produzione dei documenti).

Il contraddittorio è obbligatorio. Se l’ufficio emette l’atto definitivo senza attendere i 60 giorni o senza considerare le osservazioni, si configura una violazione dell’art. 6‑bis dello Statuto del contribuente e l’atto può essere annullato .

2.3 Ricorso alla Corte di giustizia tributaria di primo grado

Se l’avviso non viene annullato in via amministrativa, è possibile presentare ricorso entro 60 giorni dalla notifica (30 per le cartelle di pagamento). Il ricorso va proposto alla Corte di giustizia tributaria di primo grado (ex Commissione tributaria provinciale) del luogo in cui ha sede l’ufficio che ha emesso l’atto. È necessario essere rappresentati da un avvocato tributarista.
Nel ricorso è fondamentale:

  • eccepire l’insussistenza della residenza fiscale in Italia alla luce delle nuove norme e della convenzione con l’Ungheria;
  • dimostrare il radicamento in Ungheria (documenti raccolti al punto 2.1);
  • invocare la prevalenza della convenzione per evitare la doppia imposizione ;
  • contestare la motivazione insufficiente o la violazione del contraddittorio ;
  • sollevare l’eventuale decadenza dei termini .

Il giudizio dinanzi alla Corte di giustizia tributaria ha carattere impugnatorio; l’onere della prova è a carico del contribuente, ma l’amministrazione deve produrre la documentazione su cui si basa l’accertamento. Durante il processo è possibile chiedere la sospensione dell’atto presentando istanza motivata: occorre dimostrare che l’esecuzione comporterebbe un danno grave e irreparabile (es. impossibilità di sostenere i costi della vita in Ungheria, rischio di pignoramento dell’unica abitazione all’estero). La sospensione ferma le azioni esecutive fino alla decisione sul merito.

2.4 Appello e ricorso per Cassazione

La sentenza della Corte di giustizia tributaria di primo grado può essere appellata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado entro 60 giorni dalla notifica. L’appello deve contenere i motivi per cui si ritiene errata la sentenza di primo grado.
Contro la sentenza di secondo grado è ammissibile il ricorso per cassazione solo per motivi di legittimità (violazione di legge, vizio di motivazione). È fondamentale affidare la difesa ad un avvocato cassazionista. L’Avv. Monardo, in qualità di cassazionista e coordinatore di professionisti su tutto il territorio nazionale, può assistere il contribuente in ogni fase del contenzioso.

3. Difese e strategie legali per contestare l’accertamento

3.1 Dimostrare la residenza fiscale in Ungheria

La prima linea di difesa consiste nel dimostrare che, nel periodo d’imposta contestato, il contribuente non era residente in Italia ma in Ungheria. Con la riforma del 2024 occorre verificare quale disciplina si applica alla specifica annualità:

  1. Anni fino al 2023 (disciplina previgente): il contribuente deve provare di non aver avuto in Italia né la residenza civilistica né il domicilio (centro degli affari e degli interessi vitali), né di avervi soggiornato per la maggior parte dell’anno. La Cassazione richiede di dimostrare che il centro degli interessi economici (patrimonio immobiliare, attività lavorativa, conti bancari) e familiari si trovava all’estero . È importante:
  2. chiudere o trasferire i conti bancari italiani;
  3. vendere o affittare a terzi l’abitazione in Italia;
  4. trasferire la famiglia (coniuge e figli) in Ungheria o, se ciò non è possibile, dimostrare che le visite in Italia sono sporadiche.
    Prove utili: contratti di lavoro ungheresi, pagamenti dei contributi e delle imposte in Ungheria, tessera sanitaria e iscrizione al sistema scolastico magiaro, iscrizione a circoli e associazioni locali, eventuali attestazioni di residenza rilasciate dalle autorità ungheresi. Anche documenti come registrazioni telefoniche, movimenti bancari e biglietti aerei possono dimostrare i periodi di permanenza.
  5. Anno 2024 e successivi (nuova disciplina): basta che una delle condizioni previste dal novellato art. 2, comma 2, sia assente. Il contribuente deve provare che non è stato presente in Italia per più di 183 giorni, che non vi ha la residenza ai sensi del codice civile e che il domicilio (principale centro delle relazioni personali e familiari) è in Ungheria .
    In presenza di lavoro agile (smart working) svolto da casa in Italia per un datore di lavoro ungherese o internazionale, la circolare 20/E chiarisce che la presenza fisica in Italia per la maggior parte dell’anno radica comunque la residenza . Pertanto, chi vive in Ungheria ma lavora a distanza dall’Italia per lunghi periodi rischia la tassazione italiana su tutti i redditi.
    In caso di permanenze brevi (es. vacanze o visite familiari), è necessario tenere un calendario dettagliato dei giorni trascorsi in Italia e conservare i documenti di viaggio. La circolare precisa che non è necessario un soggiorno continuativo: la somma dei giorni non consecutivi conta ai fini del calcolo .
  6. Iscrizione AIRE e documento di identità ungherese: l’iscrizione all’AIRE è un requisito formale. Deve essere comunicata entro 90 giorni dal trasferimento all’estero; l’omissione può comportare sanzioni e spostare l’onere della prova a carico del contribuente . Oltre all’AIRE, è consigliabile richiedere la carta d’identità ungherese o il certificato di residenza (lakcímkártya) e allegarli come prova della dimora stabile.

3.2 Invocare la convenzione contro le doppie imposizioni

Se il contribuente produce redditi in Italia (es. canoni di locazione, dividendi, plusvalenze) o se l’accertamento riguarda redditi di lavoro dipendente o autonomo, è fondamentale applicare le regole di ripartizione della potestà impositiva previste dalla Convenzione Italia–Ungheria.
Il principio generale è che i redditi da lavoro dipendente sono tassati nello Stato dove l’attività è svolta, salvo l’eccezione dei 183 giorni: se il lavoratore soggiorna per un periodo inferiore a 183 giorni nello Stato di lavoro, il reddito è tassato nello Stato di residenza . Per i redditi da lavoro prestato su navi o aeromobili in traffico internazionale, la tassazione spetta allo Stato in cui si trova la sede di direzione effettiva dell’impresa .
Chi riceve pensioni, royalties o dividendi deve verificare la specifica norma convenzionale: spesso la tassazione è condivisa e si applica un credito d’imposta in Italia per le imposte pagate in Ungheria. Non allegare la certificazione delle imposte versate in Ungheria può portare al disconoscimento del credito e alla tassazione piena in Italia .
La difesa deve quindi allegare:

  • certificazione dei redditi ungheresi (AFA, SZJA) e delle imposte pagate;
  • documenti che attestino l’attività lavorativa svolta in Ungheria (contratti, buste paga, estratti conto contributivi);
  • certificazione rilasciata dall’amministrazione fiscale ungherese che attesti la residenza (certificate of fiscal residence);
  • prova del rispetto della permanenza massima di 183 giorni in Italia.

3.3 Contestare vizi formali e procedurali

Molte difese vincenti derivano da vizi di forma dell’accertamento. Tra quelli più frequenti:

  1. Motivazione insufficiente o per relationem: se l’avviso richiama un processo verbale di constatazione senza allegarlo o senza trascriverne il contenuto, viola l’art. 7 dello Statuto . L’atto deve indicare i fatti, le prove e le norme applicate; la semplice indicazione “si rinvia al p.v.c.” è illegittima.
  2. Mancato contraddittorio preventivo: per gli atti emessi dal 2024 è obbligatoria la fase preliminare di confronto con il contribuente. L’assenza di contraddittorio comporta l’annullabilità dell’atto .
  3. Notifica irregolare: se la notifica è stata eseguita a un indirizzo errato, a persona diversa dal destinatario o senza l’osservanza delle formalità previste, l’atto è nullo. È importante verificare la legittimazione del messo notificatore e l’indicazione della data.
  4. Decadenza dei termini: notifiche oltre i termini di legge (5 o 7 anni) comportano l’annullabilità dell’atto .
  5. Duplicazione del tributo: se l’atto tassa redditi già assoggettati a imposta in Ungheria senza riconoscere il credito d’imposta, vi è violazione della Convenzione. In questo caso occorre proporre istanza di rimborso o di scomputo.

3.4 Accertamento con adesione

L’accertamento con adesione (D.Lgs. 218/1997) è uno strumento deflattivo che consente di evitare il contenzioso e definire la pretesa con sanzioni ridotte (1/3 del minimo). Può essere attivato sia su iniziativa dell’ufficio (invito a comparire) sia su proposta del contribuente dopo aver ricevuto l’avviso.
Nel contesto di un avviso per residenza fiscale, l’accertamento con adesione può essere opportuno quando si riconosce parzialmente la pretesa (es. si ammette che per alcuni mesi si è stati presenti in Italia) ma si vuole evitare la lite. L’adesione comporta il pagamento delle imposte dovute, delle sanzioni ridotte e degli interessi; l’atto acquisisce efficacia di giudicato e non è più impugnabile.

3.5 Transazione fiscale e accordi stragiudiziali

Il D.Lgs. 546/1992 consente, dopo l’instaurazione del giudizio, di concludere una transazione fiscale (art. 48 bis). L’accordo deve essere autorizzato dall’Agenzia delle Entrate e può prevedere la riduzione delle imposte e l’estinzione del giudizio. L’istituto è poco utilizzato ma può essere utile in caso di incertezza sulla residenza o in presenza di importi elevati.

3.6 Prescrizione delle sanzioni e cartelle di pagamento

Se l’accertamento è già divenuto definitivo e si è trasformato in ruolo esattoriale, è ancora possibile difendersi contro la cartella di pagamento. Occorre verificare:

  • la presenza di un preavviso di iscrizione ipotecaria o di fermo amministrativo;
  • i termini di prescrizione della cartella (dieci anni per l’IRPEF, cinque per le sanzioni amministrative);
  • la corretta notifica della cartella e degli atti successivi (intimazione di pagamento, pignoramento);
  • la correttezza degli interessi e delle sanzioni applicati.

In questa fase è possibile presentare ricorso avverso la cartella, eccependo i medesimi vizi dell’accertamento e chiedendo la sospensione della riscossione. È inoltre possibile accedere alle definizioni agevolate (rottamazioni) per ridurre sanzioni e interessi.

4. Strumenti alternativi e soluzioni agevolative

Oltre alle difese giudiziarie, esistono diverse procedure che consentono di ridurre il debito o di dilazionarlo nel tempo.

4.1 Rottamazione e definizione agevolata delle cartelle

Negli ultimi anni il legislatore ha introdotto varie rottamazioni (quater, quinquies, ecc.) che permettono di saldare i debiti iscritti a ruolo pagando solo l’imposta e parte degli interessi. Le ultime riaperture hanno fissato scadenze fino al 30 novembre 2025 per la riammisione alla definizione agevolata delle cartelle, con possibilità di pagare in rate trimestrali . In caso di mancato pagamento nei termini, i benefici della definizione decadono.
Per aderire occorre presentare domanda tramite il portale dell’Agenzia delle Entrate‑Riscossione, verificare l’importo dovuto comunicato nell’“Atto di adesione” e versare le rate alle scadenze indicate.
La rottamazione non estingue eventuali contenziosi pendenti relativi alla contestazione della residenza: è necessario valutare caso per caso se convenga pagare l’imposta o proseguire nel giudizio.

4.2 Definizione delle liti pendenti

La legge di bilancio e i decreti di pace fiscale hanno previsto, in varie occasioni, la definizione agevolata delle liti fiscali pendenti in cassazione o in secondo grado. Il contribuente può chiudere la lite pagando una percentuale del tributo in base all’esito del grado precedente (40 %, 15 %, 5 %). Questa opzione può essere vantaggiosa quando il contenzioso riguarda questioni interpretative e l’esito è incerto.

4.3 Ravvedimento operoso

Se il contribuente riconosce di essere residente in Italia e di aver omesso redditi, può regolarizzare spontaneamente la posizione tramite il ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/1997). Il ravvedimento consente di ridurre le sanzioni proporzionali, che variano dal 30 % al 100 % dell’imposta dovuta, in misura tanto maggiore quanto più tempestiva è la regolarizzazione. Nel contesto della residenza, il ravvedimento può riguardare l’omessa dichiarazione di redditi esteri.

4.4 Crisi da sovraindebitamento e piano del consumatore

Quando l’accertamento fiscale si aggiunge ad altri debiti (mutui, finanziamenti, altri tributi), il contribuente può trovarsi in una situazione di sovraindebitamento. La Legge 3/2012 consente alle persone fisiche e agli imprenditori non fallibili di accedere a procedure di composizione della crisi:

  • Piano del consumatore: consente di proporre un piano di ristrutturazione dei debiti, anche fiscali, con un pagamento parziale e rateizzato; il giudice può omologarlo anche senza l’accordo dell’erario se il piano garantisce il soddisfacimento del Fisco in misura non inferiore a quella ricavabile da un’eventuale procedura esecutiva. L’Avv. Monardo, in qualità di Gestore della crisi, può predisporre il piano e presentarlo all’OCC.
  • Concordato minore: destinato a imprenditori minori e professionisti; prevede la falcidia dei debiti e la continuazione dell’attività.
  • Esdebitazione: consente al debitore incapiente (privo di reddito e patrimonio) di ottenere la liberazione dai debiti fiscali residui. È una strada percorribile quando i debiti sono insostenibili e il contribuente non possiede beni da aggredire.

4.5 Piani di rientro e dilazioni

Sia in sede di accertamento con adesione che in sede di riscossione, è possibile chiedere un piano di rateazione del debito tributario. Le rate possono essere fino a 8 anni (72 rate mensili) o, in casi particolari, fino a 10 anni (120 rate) per situazioni di grave difficoltà economica. Il piano deve essere richiesto all’Agenzia delle Entrate‑Riscossione, allegando la documentazione sul reddito e il patrimonio. Il mancato pagamento di 5 rate fa decadere dal beneficio.

5. Errori comuni da evitare e consigli pratici

  1. Limitarsi all’iscrizione AIRE: molti contribuenti credono che l’iscrizione all’AIRE sia sufficiente a escludere la residenza fiscale in Italia. La circolare 20/E e la giurisprudenza richiedono invece di dimostrare concretamente il trasferimento del centro degli interessi personali e familiari .
  2. Mantenere la famiglia o l’abitazione principale in Italia: se il coniuge e i figli rimangono in Italia, la Corte di Cassazione presume la permanenza del domicilio in Italia . Anche il possesso di un’abitazione con utenze attive può essere considerato indice di radicamento .
  3. Lavorare da remoto dall’Italia per imprese estere senza considerare il limite dei 183 giorni: con le nuove regole, la presenza fisica in Italia per la maggior parte dell’anno determina la residenza, anche se l’attività è svolta per un datore di lavoro straniero .
  4. Non conservare la documentazione: l’onere della prova della residenza all’estero è a carico del contribuente. È necessario conservare contratti, bollette, certificati di residenza, buste paga, ricevute di pagamento delle imposte e biglietti di viaggio.
  5. Ignorare l’avviso o rispondere tardivamente: i termini di 60 giorni per il ricorso sono perentori. Trascorsi i termini, l’atto diventa definitivo.
  6. Non chiedere il credito d’imposta: i redditi prodotti in Ungheria devono essere dichiarati anche in Italia se si è residenti; tuttavia, è possibile scomputare le imposte pagate all’estero . Non richiedere il credito comporta doppia tassazione.
  7. Pagare senza verificare i termini di decadenza: il pagamento spontaneo può sanare un atto ormai prescritto. Prima di pagare occorre controllare la tempestività della notifica .
  8. Ricorrere a consulenti improvvisati: il contenzioso tributario internazionale richiede competenze giuridiche e fiscali specifiche. Affidarsi a professionisti non specializzati espone a errori che possono aumentare l’esposizione debitoria.

6. Tabelle riepilogative

6.1 Criteri di residenza fiscale in Italia (prima e dopo il 2024)

CriterioDisciplina fino al 31 dicembre 2023Disciplina dal 1° gennaio 2024Riferimenti normativi
Iscrizione nelle anagrafi della popolazione residentePresunzione assoluta di residenza in Italia, salvo prova contraria solo basata su convenzioni internazionali .Presunzione relativa: l’iscrizione per la maggior parte dell’anno fa presumere la residenza, ma è ammessa prova contraria .Art. 2, comma 2, TUIR; D.Lgs. 209/2023; Circolare 20/E.
Residenza ai sensi del codice civileLa residenza è l’abituale dimora; va considerata la permanenza abituale, anche se non continuativa, e la volontà di stabilirsi in un luogo .Nessuna modifica: la nozione civilistica di residenza rimane riferimento principale .Art. 2, comma 2, TUIR; art. 43 c.c.
DomicilioIdentificato con il centro degli interessi vitali ed economici della persona; le relazioni familiari assumono rilevanza solo se accompagnate da altri indici .Definito come il luogo in cui si sviluppano le relazioni personali e familiari. Il criterio economico passa in secondo piano .Art. 2, comma 2, TUIR; D.Lgs. 209/2023; Circolare 20/E.
Presenza fisicaConteggiare i giorni di soggiorno era uno dei criteri alternativi. Era necessario verificare la permanenza abituale; 183 giorni non rappresentavano un limite fisso.Introdotto un criterio oggettivo: chi è presente in Italia per la maggior parte dell’anno (183 giorni, 184 nei bisestili), anche non continuativi, è residente . Conta anche la permanenza per lavoro agile .Art. 2, comma 2, TUIR (novellato); Circolare 20/E.

6.2 Termini di notifica degli accertamenti

Tipo di attoAnno di riferimentoTermine ultimo di notificaNote
Avviso di accertamento (dichiarazione presentata)Redditi 202031 dicembre 20255 anni dalla dichiarazione .
Avviso di accertamento (dichiarazione omessa o nulla)Redditi 202031 dicembre 20277 anni .
Atto di recupero crediti d’impostaAnno dell’abuso31 dicembre del quinto anno successivo alla violazionePer crediti inesistenti si applica il termine lungo.
Cartella di pagamentoDopo avviso definitivoTermine di prescrizione: 10 anni per imposte dirette, 5 per sanzioniVerificare eventuale interruzione mediante solleciti.

6.3 Strumenti difensivi e agevolazioni

StrumentoFinalitàBenefici
Contraddittorio preventivo (art. 6‑bis, L. 212/2000)Confronto con l’ufficio prima dell’atto definitivo.Possibilità di presentare osservazioni e documenti; eventuale annullamento dell’atto per violazione del contraddittorio .
Ricorso alla Corte di giustizia tributariaContestazione dell’accertamento entro 60 giorni.Sospensione dell’atto; possibilità di far valere vizi di forma e di merito.
Accertamento con adesioneDefinizione bonaria del debito.Riduzione delle sanzioni a 1/3; rateazione fino a 8 anni.
Rottamazione e definizione agevolataChiusura delle cartelle di pagamento pagando solo l’imposta e parte degli interessi.Eliminazione delle sanzioni e degli interessi di mora; rateizzazione.
Piano del consumatore / Concordato minoreGestione della crisi da sovraindebitamento.Riduzione del debito e pagamento in proporzione alle proprie capacità; blocco delle azioni esecutive.

7. Domande frequenti (FAQ)

1. Se vivo in Ungheria da oltre un anno e sono iscritto all’AIRE, posso ricevere comunque un accertamento dall’Italia?
Sì. L’Agenzia delle Entrate può contestare la residenza italiana se ritiene che il centro degli interessi personali, familiari o economici sia ancora in Italia. L’iscrizione all’AIRE è requisito formale ma non basta; occorre provare l’effettivo trasferimento .

2. Quanti giorni posso trascorrere in Italia senza diventare residente?
Con le nuove regole, dal 1° gennaio 2024 è residente chi trascorre in Italia più di 183 giorni (184 nei bisestili) . Fino al 2023 non esisteva un limite fisso, ma la permanenza abituale poteva far presumere la residenza.

3. Il lavoro agile svolto dall’Italia per un datore ungherese mi rende residente?
Sì, se la presenza fisica in Italia supera 183 giorni. La circolare 20/E chiarisce che il criterio della presenza si applica anche ai lavoratori da remoto .

4. Sono residente in Ungheria e percepisco una pensione dall’Italia: dove pago le tasse?
Le pensioni pubbliche sono tassate nello Stato di origine, quelle private seguono la convenzione: potrebbero essere tassate in entrambi i Paesi con credito d’imposta in Italia. Occorre verificare l’art. 18 della Convenzione Italia–Ungheria.

5. Come posso dimostrare la residenza in Ungheria davanti al giudice tributario?
Presentando contratti di lavoro, buste paga, certificati di residenza ungheresi, bollette, affitti, iscrizione dei figli a scuola e documenti fiscali ungheresi. È utile un fascicolo cronologico dei viaggi e dei periodi trascorsi in Italia.

6. Se la mia famiglia vive in Italia ma io lavoro in Ungheria, quale è la mia residenza?
La Corte di Cassazione valuta la presenza della famiglia come indice rilevante; il rischio è di essere considerato residente in Italia . Occorre dimostrare che la famiglia si è trasferita o che i rapporti sono temporanei.

7. Qual è la differenza tra residenza e domicilio?
La residenza è la dimora abituale, mentre il domicilio dal 2024 è definito come il luogo in cui si sviluppano le relazioni personali e familiari . Prima del 2024 il domicilio coincideva con il centro degli affari e degli interessi vitali .

8. Devo dichiarare in Italia i redditi prodotti in Ungheria?
Se sei considerato residente fiscalmente in Italia, devi dichiarare tutti i redditi ovunque prodotti. Potrai detrarre l’imposta pagata in Ungheria nei limiti previsti . Se sei non residente, devi dichiarare solo i redditi prodotti in Italia (per esempio, affitti di immobili siti in Italia).

9. Quali sono i rischi se non presento il ricorso entro 60 giorni?
L’avviso diventa definitivo e l’Agenzia delle Entrate potrà iscrivere a ruolo l’imposta e procedere alla riscossione. Saranno dovuti interessi e sanzioni.

10. Posso chiedere una rateizzazione del debito anche se presento ricorso?
Sì. È possibile chiedere la rateizzazione sia in sede di accertamento con adesione sia dopo l’iscrizione a ruolo. La sospensione dell’atto non sospende automaticamente gli interessi, pertanto conviene valutare con il consulente la soluzione più vantaggiosa.

11. Se non ricevo l’invito al contraddittorio posso annullare l’atto?
Dal 2024 l’invito al contraddittorio è obbligatorio per gli accertamenti autonomamente impugnabili. L’assenza di tale fase comporta l’annullabilità dell’atto .

12. L’Agenzia delle Entrate può pignorare i beni che ho in Ungheria?
Le procedure esecutive italiane hanno efficacia principalmente sul territorio nazionale. Per agire all’estero l’Italia deve ricorrere ai meccanismi di cooperazione europea (regolamenti UE). Tuttavia, l’iscrizione di ipoteca su beni italiani o il pignoramento di conti in Italia è possibile; inoltre, i crediti possono essere ceduti all’agenzia di riscossione ungherese tramite assistenza reciproca.

13. Cosa succede se ricevo un avviso di accertamento per un anno ormai prescritto?
È possibile eccepire la decadenza: l’atto notificato oltre il quinto o il settimo anno è nullo . Va presentato ricorso per far valere l’eccezione.

14. Posso definire l’avviso tramite rottamazione?
No. La rottamazione riguarda solo i carichi affidati all’agenzia di riscossione. L’accertamento in fase amministrativa deve essere contestato o definito con adesione. La rottamazione può intervenire solo dopo l’iscrizione a ruolo.

15. L’accertamento può essere impugnato insieme ad altri debiti in un’unica procedura di sovraindebitamento?
Sì. È possibile inserire i debiti derivanti da accertamenti definitivi (o cartelle) in un piano del consumatore o in un accordo di ristrutturazione. Tuttavia, gli accertamenti ancora in fase contenziosa richiedono la separata instaurazione del giudizio.

16. Posso trasferire la residenza in un Paese diverso dalla mia abitazione lavorativa?
La residenza deve coincidere con il luogo della dimora abituale. Trasferirsi formalmente in Ungheria ma vivere di fatto in Italia espone a contestazioni.

17. Sono tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi in Italia se sono iscritto all’AIRE?
Solo se percepisci redditi prodotti in Italia (es. affitti, pensioni, plusvalenze) o se, secondo l’Agenzia, sei considerato residente. Per prudenza, è consigliabile consultare un professionista.

18. Se il Fisco italiano mi riconosce come residente, devo pagare anche le imposte in Ungheria?
Potresti subire una doppia imposizione. Devi presentare istanza di credito d’imposta in Italia per le imposte pagate in Ungheria . Se l’Ungheria non riconosce il credito, potresti richiedere assistenza all’autorità competente in base alla Convenzione (procedura amichevole).

19. Posso trasferire il domicilio fiscale presso il mio commercialista?
Il domicilio fiscale può essere eletto presso il professionista solo per ricevere le notifiche. Non sostituisce la residenza o il domicilio ai fini fiscali.

20. Quanto costa un ricorso per accertamento sulla residenza?
Il costo varia in base al valore della lite e alla complessità. Il contributo unificato per il ricorso in primo grado dipende dall’importo contestato; occorre aggiungere le spese legali. Lo Studio Monardo fornisce un preventivo personalizzato e valuta se l’assistenza legale rientra in polizze di tutela legale.

8. Simulazioni pratiche e numeriche

8.1 Caso 1: trasferimento in Ungheria con soggiorni frequenti in Italia

Scenario: Maria, dirigente di una multinazionale italiana, si trasferisce a Budapest il 1° febbraio 2022. Si iscrive all’AIRE, affitta un appartamento a Budapest e ottiene un contratto di lavoro ungherese. La famiglia (marito e figli) rimane in Italia per motivi scolastici e si trasferirà l’anno successivo. Nel 2024 Maria trascorre diversi periodi in Italia per motivi familiari: 20 giorni a gennaio, 15 a febbraio, 30 a marzo, 10 a luglio, 40 a settembre, 45 a novembre, per un totale di 160 giorni. Maria riceve un avviso di accertamento per l’anno 2024.

Analisi:

  1. Poiché il periodo contestato è il 2024, si applica il nuovo criterio di presenza fisica. Maria ha trascorso in Italia 160 giorni, quindi non supera il limite di 183 giorni: non è residente in Italia per la presenza .
  2. Tuttavia, l’Agenzia potrebbe contestare il domicilio perché la famiglia è rimasta in Italia e le relazioni personali sono prevalenti nel territorio nazionale .
  3. Maria dovrà dimostrare che il domicilio si è già spostato in Ungheria: documenterà l’affitto, l’impiego ungherese, i versamenti contributivi, l’iscrizione dei figli a scuola ungherese (dal 2025), l’assicurazione sanitaria e la frequenza alle attività locali.
  4. Inoltre, potrà invocare la convenzione Italia‑Ungheria per evitare la doppia imposizione, presentando le tasse pagate in Ungheria.
  5. Potrebbe essere opportuno un accertamento con adesione se l’ufficio accetta di riconoscere la residenza all’estero parzialmente.

Conclusione: il ricorso ha buone probabilità di successo, ma bisogna dimostrare concretamente lo spostamento del domicilio e l’inizio di vita a Budapest.

8.2 Caso 2: lavoro agile dall’Italia per impresa ungherese

Scenario: Luca, sviluppatore software, lavora per una start‑up ungherese con un contratto a tempo indeterminato. A giugno 2024 torna in Italia per stare con la famiglia e svolge il lavoro da remoto fino a dicembre. Luca crede di mantenere la residenza ungherese perché è iscritto all’AIRE e paga le tasse a Budapest. L’Agenzia delle Entrate gli notifica un avviso di accertamento per l’anno 2024.

Analisi:

  1. Dal 1° gennaio 2024 la presenza fisica in Italia per più di 183 giorni determina la residenza, anche per i lavoratori da remoto . Luca è rimasto in Italia da giugno a dicembre, superando il limite. È quindi considerato residente ai fini fiscali in Italia.
  2. Come residente, Luca deve dichiarare i redditi ovunque prodotti e può detrarre l’imposta pagata in Ungheria nei limiti previsti .
  3. L’iscrizione all’AIRE e il contratto ungherese non bastano a dimostrare la residenza estera, poiché il centro delle relazioni personali (famiglia) e la presenza fisica sono in Italia.
  4. In questo caso il ricorso avrebbe scarse possibilità di successo. Si può valutare il ravvedimento operoso per regolarizzare la posizione con sanzioni ridotte o un accertamento con adesione per ridurre il contenzioso.

8.3 Caso 3: Pilota residente in Ungheria

Scenario: Andrea è un pilota di linea residente in Ungheria e iscritto all’AIRE. Lavora per un vettore aereo ungherese che opera voli internazionali. L’Agenzia delle Entrate emette un avviso di accertamento sostenendo che i redditi vanno tassati in Italia perché Andrea è cittadino italiano.

Analisi:

  1. La Risposta n. 75/2023 dell’Agenzia delle Entrate, che applica l’art. 15, paragrafo 3, della Convenzione Italia‑Ungheria, afferma che il reddito dei membri dell’equipaggio di aeromobili in traffico internazionale è tassato esclusivamente nello Stato in cui si trova la sede di direzione effettiva dell’impresa .
  2. Se la sede di direzione effettiva della compagnia aerea è in Ungheria, l’Italia non può tassare i redditi. Se la sede è in un altro Stato (es. Germania), si applicano le regole generali dell’art. 15: il reddito è tassato nello Stato di lavoro, salvo le eccezioni dei 183 giorni .
  3. Andrea dovrà dimostrare che la sede di direzione dell’impresa è in Ungheria e produrre la certificazione fiscale rilasciata dall’autorità ungherese.
  4. La difesa si baserà sulla convenzione e sulla prevalenza del diritto internazionale . L’accertamento dovrebbe essere annullato.

8.4 Caso 4: Accertamento tardivo

Scenario: L’Agenzia delle Entrate notifica a Paolo, residente in Ungheria, un avviso di accertamento il 15 gennaio 2026 relativo ai redditi del 2019.

Analisi:

Per le dichiarazioni presentate, il termine di notifica scade il 31 dicembre del quinto anno successivo. Nel caso dei redditi 2019 la notifica doveva avvenire entro il 31 dicembre 2024 . L’avviso notificato nel 2026 è quindi tardivo e va impugnato per decadenza. Il ricorso dovrebbe essere accolto con annullamento dell’atto.

9. Conclusione: agire tempestivamente per difendere i propri diritti

L’accertamento fiscale notificato a un italiano residente in Ungheria è un procedimento complesso che coinvolge norme nazionali, convenzioni internazionali e giurisprudenza recente. La riforma del 2023, entrata in vigore nel 2024, ha introdotto il criterio oggettivo della presenza fisica, accentuando la difficoltà per i contribuenti che trascorrono lunghi periodi in Italia. Al tempo stesso, la presunzione di residenza basata sull’iscrizione anagrafica è divenuta relativa, e ciò offre spazi di difesa più ampi .

Per impostare correttamente la difesa è necessario:

  1. Valutare in quale periodo d’imposta si colloca l’accertamento e quale disciplina (previgente o attuale) sia applicabile ;
  2. Raccogliere prove robuste della residenza in Ungheria e della rottura dei legami con l’Italia ;
  3. Invocare la Convenzione Italia‑Ungheria per evitare la doppia imposizione e ottenere il credito d’imposta ;
  4. Controllare i vizi formali dell’atto: motivazione insufficiente, violazione del contraddittorio, notifiche irregolari, termini di decadenza ;
  5. Valutare gli strumenti alternativi (accertamento con adesione, rottamazione, sovraindebitamento) e scegliere la strategia più adatta alla propria situazione.

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