Uno degli errori più frequenti che porta al contenzioso riguarda la scarsa precisione nella formulazione della clausola di caparra all’interno del contratto. Spesso si utilizza un linguaggio generico («a titolo di acconto/caparra») senza indicare chiaramente se la somma deve essere imputata al prezzo o se rappresenta una caparra confirmatoria o penitenziale. Per evitare equivoci è opportuno inserire nel preliminare una sezione dedicata che specifichi:
- la qualifica espressa della somma come caparra confirmatoria o penitenziale e il rinvio agli articoli 1385 e 1386 c.c.;
- l’indicazione dell’importo in cifre e in lettere, la modalità di pagamento (bonifico, assegno, contanti) e la data di versamento;
- le conseguenze in caso di recesso o inadempimento, precisando se la caparra potrà essere trattenuta, restituita o richiesta in doppio e in quali circostanze; è opportuno richiamare l’obbligo di valutare la gravità dell’inadempimento ai sensi degli art. 1453–1455 c.c. e l’alternatività tra recesso con caparra e risoluzione ordinaria【944133606100702†L111-L133】;
- la previsione di eventuali termini essenziali, specificando se la stipula del definitivo entro una certa data è condizione essenziale e quali effetti produce l’eventuale ritardo;
- una clausola relativa ai pagamenti intermedi, precisando se sono da considerarsi acconti o integrazioni della caparra e come incidono sulle imposte di registro;
- la disciplina dell’imposta di registro in base alla normativa vigente (aliquota dello 0,5% per caparre confirmatorie e acconti dal 1º gennaio 2025 e tetto massimo rispetto all’imposta del definitivo).
È consigliabile far precedere la clausola da un’espressa dichiarazione di consenso informato delle parti, in modo da dimostrare che entrambe hanno compreso la funzione della caparra. In sede di redazione del contratto, l’assistenza di un notaio o di un avvocato esperto garantisce la conformità alla normativa e la riduzione dei rischi di contestazione. Chi riceve la caparra dovrebbe custodirla su un conto dedicato o, se possibile, utilizzare strumenti di garanzia (fideiussioni, escrow bancari) che tutelino entrambe le parti fino alla stipula del definitivo.
Per i debitori che versano la caparra è fondamentale conservare le ricevute di versamento, le corrispondenze relative alla stipula del contratto e ogni elemento che dimostri la buona fede e la tempestività nell’adempire. In caso di controversie, questi documenti saranno preziosi per provare l’insussistenza di un inadempimento imputabile e opporsi alla richiesta di restituzione della caparra.
Aspetti comparati con altri ordinamenti
Sebbene la disciplina della caparra sia peculiare del diritto civile italiano, istituti simili esistono anche in altri ordinamenti europei e in sistemi di common law. Conoscere le differenze può essere utile per i contratti internazionali o per comprendere l’evoluzione storica della disciplina.
Nei Paesi di diritto romano‑germanico come Francia e Spagna la caparra assume forme diverse. In Francia si parla di arrhes (caparra) e clauses pénales (clausole penali): le arrhes hanno funzione simile alla nostra caparra confirmatoria ma consentono alle parti di recedere liberamente, perdendo o restituendo il doppio della somma; la clause pénale costituisce invece una penale vera e propria che può essere ridotta dal giudice. In Spagna l’istituto della arras si distingue tra arras confirmatorias, che confermano il contratto e prevedono la possibilità di richiedere l’adempimento, e arras penitenciales, che consentono il recesso previo abbandono o restituzione del doppio. La giurisprudenza spagnola tende a considerare le arras come penitenziali se le parti non ne specificano la natura, differenziando così il regime rispetto alla soluzione italiana di presunzione di caparra confirmatoria.
Nei sistemi di common law non esiste l’istituto della caparra nel senso civilistico. Tuttavia, la prassi commerciale prevede il pagamento di un deposit o earnest money in occasione di contratti immobiliari o di compravendita. Tale somma è destinata a dimostrare la serietà dell’offerta e può essere trattenuta in caso di inadempimento del compratore, salvo clausole specifiche. La Corte Suprema degli Stati Uniti ha riconosciuto che la restituzione del deposito dipende dal contenuto del contratto e dalla dottrina dell’anticipatory breach; i tribunali inglesi applicano invece la dottrina dell’equitable relief, che permette di evitare l’eccessiva penalità se la clausola produce un vantaggio ingiustificato al beneficiario. Inoltre, in molte giurisdizioni di common law la penale non è valida se ha carattere punitivo e non strettamente compensativo, mentre la caparra italiana è generalmente considerata una liquidazione anticipata del danno.
Questi raffronti evidenziano come l’ordinamento italiano, pur essendo vicino a quello francese, tuteli maggiormente la parte adempiente prevedendo l’alternativa tra recesso con ritenzione/doppio e azione di adempimento. La comparazione internazionale sottolinea l’importanza di esplicitare la natura e le conseguenze del pagamento anticipato; nei contratti internazionali è quindi consigliabile indicare la legge applicabile e precisare se la somma costituisce caparra confirmatoria, penitenziale o semplice deposito.
Prospettive di riforma e analisi critica
La disciplina della caparra contenuta nel codice civile risale al 1942 ed è stata oggetto di interpretazioni giurisprudenziali che ne hanno integrato i profili applicativi. Tuttavia, l’evoluzione del mercato immobiliare, l’uso di contratti telematici e la crescente diffusione di pagamenti digitali impongono una riflessione sulle possibili riforme.
Un primo ambito di intervento riguarda la modernizzazione delle modalità di versamento e gestione della caparra. L’aumento delle transazioni online ha spinto molte parti a utilizzare bonifici immediati, carte di credito o criptovalute come Bitcoin. Il legislatore potrebbe esplicitare la validità di tali forme di pagamento per la caparra, definendo criteri di valutazione del valore e regole di restituzione in caso di oscillazioni di prezzo. Una disciplina chiara delle caparre digitali ridurrebbe le incertezze e fornirebbe maggiori tutele ai consumatori.
Un secondo fronte riguarda l’armonizzazione con la disciplina europea dei diritti dei consumatori. Sebbene l’Unione europea non disciplini direttamente la caparra, le direttive sui contratti a distanza e le norme sulla tutela dei consumatori impongono obblighi informativi e riconoscono il diritto di recesso entro 14 giorni nei contratti online. Potrebbe essere opportuno prevedere che, nei contratti al consumo, la caparra non possa essere trattenuta in caso di recesso esercitato entro i termini di legge, o quantomeno limitare l’importo trattenibile proporzionalmente al danno effettivo subito dal professionista.
Un terzo aspetto riguarda le relazioni con le procedure di crisi. La legge 3/2012 e il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza disciplinano la gestione della sovraindebitamento e prevedono la possibilità di stralciare debiti o di rinegoziare contratti. In questo contesto potrebbe essere utile una previsione espressa che riconosca al debitore in crisi la facoltà di liberarsi del contratto preliminare restituendo la caparra senza il raddoppio, analogamente a quanto avviene nelle procedure concorsuali, al fine di agevolare la ristrutturazione dei debiti.
Infine, è auspicabile un intervento legislativo per chiarire la portata della gravità dell’inadempimento ai fini dell’art. 1385 c.c. e prevedere criteri più oggettivi. Nonostante la giurisprudenza abbia elaborato linee guida, permane un margine di discrezionalità che genera incertezza. Una definizione normativa di inadempimento di “non scarsa importanza” o l’introduzione di parametri percentuali in relazione al valore dell’affare potrebbero aumentare la prevedibilità delle decisioni e ridurre il contenzioso. Allo stesso modo, si potrebbe esaminare l’opportunità di estendere il regime della caparra anche ai contratti aleatori e ai contratti con prestazioni corrispettive non pecuniarie, per i quali attualmente la disciplina è meno chiara.
Qualunque sia l’orientamento del legislatore, è certo che la caparra continuerà a svolgere un ruolo fondamentale nei rapporti contrattuali. Per i debitori e i contribuenti è essenziale restare informati sulle evoluzioni normative e consultare professionisti qualificati per tutelare i propri interessi.
Richiesta di restituzione caparra: quando è dovuta e come opporsi
Introduzione
Nel panorama dei contratti a prestazioni corrispettive, la caparra riveste un ruolo centrale quale somma consegnata al momento della conclusione del contratto per garantire l’adempimento delle obbligazioni. Essa può assumere la forma di caparra confirmatoria o di caparra penitenziale e rappresenta uno strumento di tutela per entrambe le parti, ma anche una potenziale fonte di controversie quando sorge la necessità di richiederne la restituzione. La domanda di restituzione della caparra si pone, ad esempio, nel contesto dei contratti preliminari di compravendita immobiliare o nelle forniture di beni e servizi: il soggetto che ha versato l’importo può pretendere la restituzione, anche in misura doppia, in caso di inadempimento della controparte o può opporsi alla richiesta della parte avversa quando ritiene che il recesso sia illegittimo.
In Italia la disciplina della caparra è contenuta negli articoli 1385 e 1386 del codice civile. L’art. 1385, dedicato alla caparra confirmatoria, stabilisce che se il contratto viene eseguito la caparra deve essere imputata alla prestazione dovuta o restituita; se l’inadempimento proviene dal debitore che ha dato la caparra, l’altra parte può recedere dal contratto e trattenerla; se invece l’inadempimento proviene dalla parte che l’ha ricevuta, chi l’ha data può recedere e richiedere il doppio di quanto versato. L’art. 1386 disciplina la caparra penitenziale, ossia la somma versata quale corrispettivo del diritto di recesso: chi recede perde la caparra se l’ha versata o deve restituirla in doppio se l’ha ricevuta. Al di là di queste disposizioni, la giurisprudenza della Corte di cassazione e la normativa fiscale hanno precisato nel dettaglio condizioni, presupposti e limiti dell’azione di recesso, della ritenzione o restituzione della caparra e delle relative imposte.
L’argomento è particolarmente delicato per i debitori e i contribuenti perché un comportamento superficiale può comportare la perdita di somme consistenti o l’applicazione di sanzioni. La restituzione della caparra è richiesta quando il contratto non viene eseguito per colpa dell’altra parte o quando si manifesta un’evizione parziale del bene promesso; al contrario, chi ha ricevuto la caparra può opporsi al recesso e trattenerla dimostrando l’assenza di inadempimento o la sua scarsa importanza. Erroneamente si ritiene che il mero timore di evizione o un ritardo non essenziale nella stipula del contratto definitivo bastino a giustificare il recesso: la Corte di cassazione ha ribadito che la gravità dell’inadempimento deve essere valutata secondo i criteri degli art. 1453 e 1455 c.c., con riferimento all’equilibrio complessivo del rapporto.
Spesso il debitore non sa come muoversi di fronte a una richiesta di restituzione della caparra o alla notifica di un atto di recesso: quali sono i termini per opporsi? quali documenti produrre? come argomentare l’infondatezza del recesso? A queste domande rispondono le norme sostanziali e processuali ma anche l’esperienza professionale di avvocati e commercialisti specializzati.
Presentazione dell’avv. Giuseppe Angelo Monardo e del suo staff
L’avv. Giuseppe Angelo Monardo è un avvocato cassazionista con una consolidata esperienza nel diritto bancario e tributario. Coordina un team multidisciplinare composto da avvocati e commercialisti distribuiti su tutto il territorio nazionale, specializzati nella tutela di debitori e contribuenti. L’avvocato Monardo è Gestore della crisi da sovraindebitamento ex L. 3/2012 iscritto negli elenchi del Ministero della giustizia e professionista fiduciario di un Organismo di composizione della crisi (OCC). È inoltre Esperto Negoziatore della crisi d’impresa ai sensi del D.L. 118/2021. Grazie alla profonda conoscenza delle procedure esecutive, del diritto dei contratti e della fiscalità, lo studio Monardo è in grado di assistere concretamente chi si trova coinvolto in controversie relative alla caparra, valutando la legittimità del recesso, predisponendo ricorsi, sospensioni, trattative con la controparte, piani di rientro e soluzioni giudiziali e stragiudiziali.
Il presente articolo guida il lettore nel complesso percorso normativo e giurisprudenziale della richiesta di restituzione della caparra, aggiornato a novembre 2025. Verranno analizzati gli articoli del codice civile, le circolari fiscali, i decreti legislativi e le sentenze più recenti della Corte di cassazione, dei tribunali di merito e dell’Agenzia delle Entrate. L’obiettivo è fornire un quadro completo delle strategie difensive, degli strumenti alternativi e degli errori da evitare, con un taglio pratico e professionale.
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Contesto normativo e giurisprudenziale
La disciplina della caparra si articola in due figure principali: la caparra confirmatoria e la caparra penitenziale. Il legislatore ha attribuito alle caparre una funzione di garanzia e di liquidazione preventiva del danno, ma le modalità di restituzione e le possibilità di opporsi a tale restituzione dipendono dal tipo di caparra, dalle clausole contrattuali e dalla gravità dell’inadempimento.
**Caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.)** – Secondo l’art. 1385 del codice civile, se al momento della conclusione del contratto una parte consegna all’altra una somma a titolo di caparra, l’importo deve essere imputato alla prestazione o restituito se il contratto viene eseguito. Se l’inadempimento proviene dalla parte che ha prestato la caparra, l’altra può recedere dal contratto e trattenerla; se l’inadempimento proviene dalla parte che l’ha ricevuta, la prima può recedere e pretendere il doppio. In alternativa, la parte non inadempiente può domandare l’esecuzione o la risoluzione del contratto con il risarcimento del danno. La caparra confirmatoria svolge quindi una funzione di garanzia per l’adempimento e di clausola penale; rappresenta una liquidazione forfettaria del danno che sorge in caso di inadempimento grave. La giurisprudenza ha chiarito che la richiesta di restituzione della caparra (o del suo doppio) richiede la prova dell’inadempimento imputabile e non di scarsa importanza, conformemente ai criteri degli artt. 1453–1455 c.c..
**Caparra penitenziale (art. 1386 c.c.)** – La caparra penitenziale costituisce il corrispettivo del diritto di recesso. L’art. 1386 c.c. stabilisce che quando nel contratto è convenuto un diritto di recesso per una o entrambe le parti, la caparra funge da corrispettivo dell’esercizio del recesso: chi recede perde la caparra se l’ha versata o deve restituire il doppio se l’ha ricevuta. Questa caparra non presuppone un inadempimento ma il legittimo esercizio di un diritto; pertanto, chi esercita il recesso non può chiedere ulteriori danni, né è tenuto a provare l’inadempimento. In assenza di una chiara clausola di recesso, la somma versata è considerata caparra confirmatoria.
**Differenze tra caparra e acconto** – La caparra si differenzia dall’acconto perché l’acconto è un pagamento anticipato del prezzo che deve essere restituito integralmente se il contratto viene meno. La caparra, invece, opera da garanzia e può essere trattenuta o richiesta in doppio in caso di grave inadempimento. La caparra deve essere espressamente qualificata nel contratto; in difetto, il versamento è considerato semplice acconto. Le parti devono quindi redigere clausole chiare per evitare contenziosi sulla natura della somma versata.
**Norme fiscali sulla caparra** – Oltre alle disposizioni civilistiche, bisogna considerare il trattamento fiscale dei versamenti. L’Agenzia delle Entrate prevede un’imposta di registro proporzionale sulla caparra confirmatoria pari allo 0,5% e sulla caparra penitenziale del 3% (stessa aliquota per gli acconti non assoggettati a IVA). Tali somme sono poi imputate all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo. Il D.Lgs. 18 settembre 2024 n. 139 ha introdotto importanti modifiche: dal 1º gennaio 2025 caparre confirmatorie e acconti soggetti a IVA hanno un’unica aliquota dello 0,5%, con la precisazione che l’imposta pagata non può superare quella dovuta per la registrazione del contratto definitivo. La normativa in vigore fino al 31 dicembre 2024 prevedeva un doppio binario: 0,5% per la caparra e 3% per l’acconto; la riforma uniforma l’aliquota e introduce un tetto massimo. La restituzione della caparra per mutuo dissenso o per clausola risolutiva espressa comporta invece l’applicazione dell’imposta proporzionale o fissa secondo le norme del DPR 131/1986.
**Orientamenti giurisprudenziali recenti** – Negli ultimi anni la Corte di cassazione ha fornito importanti chiarimenti sul regime della caparra e sulla legittimità della richiesta di restituzione. – *Cass. ord. 17 maggio 2024 n. 13845*: la caparra confirmatoria non deroga alle regole generali in materia di risoluzione; il recesso è legittimo solo di fronte a un inadempimento di non scarsa importanza. Il giudice deve valutare la gravità dell’inadempimento alla luce degli art. 1453–1455 c.c., tenendo conto dell’equilibrio complessivo del contratto. – *Cass. ord. 30 luglio 2024 n. 21317*: la domanda di risoluzione contrattuale non è distinta dalla domanda di riconoscimento del recesso ex art. 1385 c.c.; entrambe perseguono l’accertamento dell’inadempimento e il recupero della caparra, per cui la pretesa non configura domanda nuova. – *Cass. ord. 3 aprile 2025 n. 21217*: la Suprema Corte ha ribadito che i rimedi previsti dall’art. 1385 e dall’art. 1453 sono alternativi: chi recede con caparra confirmatoria può trattenere la caparra o chiederne il doppio, ma non può cumulare tali somme con ulteriori danni. Chi opta per la risoluzione ordinaria conserva la caparra a titolo di acconto, dovendo agire per il risarcimento integrale. – *Cass. ord. 11 giugno 2025 n. 15614*: la Corte ha affermato che la pattuizione con cui si rinvia la dazione della caparra oltre i termini previsti nel contratto preliminare è soggetta all’imposta di registro proporzionale, dovendosi applicare il DPR 131/1986 quando la risoluzione avviene tramite negozio autonomo. – *Cass. ord. 27 febbraio 2025 n. 5201*: in caso di consegna anticipata dell’immobile e successivo recesso per inadempimento del promissario acquirente, il promittente venditore ha diritto non solo a incamerare la caparra, ma anche a ottenere un risarcimento per l’illegittima occupazione dell’immobile fino alla restituzione. – *Cass. ord. 4 aprile 2025 n. 21254*: la Corte ha precisato che il pericolo di evizione del bene promesso deve essere effettivo, serio e concreto. Il mero timore soggettivo non giustifica il recesso con incameramento della caparra; occorrono elementi oggettivi che dimostrino la volontà del terzo di rivendicare il bene. – *Tribunale di Perugia, sentenza 20 marzo 2025 n. 355*: il giudice di merito ha affermato che in presenza di una caparra confirmatoria, la parte non inadempiente che recede legittimamente ha diritto al doppio della caparra e non può richiedere ulteriori risarcimenti; la caparra rappresenta la liquidazione forfettaria del danno. Queste pronunce evidenziano l’importanza di una valutazione attenta delle circostanze che hanno portato al mancato perfezionamento del contratto e la necessità di rispettare i requisiti di legge per l’esercizio del recesso e la restituzione della caparra.
**Caparra e mutuo dissenso** – La restituzione della caparra può derivare non solo da un recesso per inadempimento, ma anche da un accordo di mutuo dissenso con cui le parti annullano consensualmente il contratto preliminare o definitivo. In tal caso, la giurisprudenza equipara il mutuo dissenso a un nuovo contratto che annulla quello originario e che sconta l’imposta di registro proporzionale (3%) secondo l’art. 28 DPR 131/1986. La Corte di cassazione ha precisato che il mutuo dissenso deve essere assoggettato alla stessa imposta prevista per il contratto originario. Se la risoluzione dipende da una clausola risolutiva espressa inserita nel contratto, l’imposta è invece fissa (200 euro).
Procedura passo per passo: cosa accade dopo la notifica e come difendersi
Ricevere una richiesta di restituzione della caparra o una comunicazione di recesso rappresenta spesso uno shock per il contraente che ha confidato nell’esecuzione del contratto. È fondamentale conoscere i passaggi procedurali per salvaguardare i propri diritti. Di seguito sono illustrati i principali step da seguire dal ricevimento della comunicazione al possibile giudizio.
1. **Verifica del contratto e della clausola di caparra** – Il primo passaggio consiste nell’esaminare attentamente il testo del contratto preliminare o definitivo per verificare se la somma versata sia qualificata come caparra confirmatoria, caparra penitenziale o semplice acconto. Occorre verificare la presenza di una clausola di recesso, le modalità di consegna della caparra (contante, bonifico o assegno) e ogni condizione sospensiva o risolutiva che potrebbe incidere sulla legittimità del recesso. La giurisprudenza precisa che, in mancanza di indicazioni chiare, la somma versata è considerata acconto e non consente la ritenzione o la richiesta del doppio.
2. **Accertamento dell’inadempimento e della sua gravità** – Chi chiede la restituzione della caparra (o chi intende opporsi) deve dimostrare l’inadempimento imputabile alla controparte e la sua non scarsa importanza. È necessario documentare le condotte delle parti: convocazioni dal notaio, invio di diffide, eventuali modifiche unilaterali. La Cassazione ha ribadito che il recesso ex art. 1385 c.c. può essere esercitato solo in presenza di un inadempimento grave; ritardi minimi o timori soggettivi non giustificano la risoluzione.
3. **Valutazione dei termini contrattuali e notifiche** – È importante verificare se nel contratto siano previsti termini essenziali o non essenziali per la stipula del definitivo. Se il termine non è qualificato come essenziale, il ritardo non comporta automaticamente la risoluzione. Nel caso in cui la parte inadempiente sia il promissario acquirente che non si presenta dal notaio, occorre provare che la controparte abbia dato causa al ritardo. La notifica del recesso deve essere effettuata con forma scritta (raccomandata, PEC) e deve contenere la richiesta di restituzione del doppio della caparra o l’intenzione di trattenerla.
4. **Gestione della caparra ricevuta tramite assegno o bonifico** – Se la caparra è stata versata mediante assegno e il beneficiario non l’ha incassato, la ritenzione dell’assegno produce gli stessi effetti della ricezione della somma. Il Tribunale di Salerno ha chiarito che la parte che riceve un assegno a titolo di caparra, ma non lo incassa, è comunque tenuta a restituirlo in caso di recesso legittimo. È quindi consigliabile procedere tempestivamente all’incasso o restituire l’assegno per evitare contestazioni.
5. **Tentativo di soluzione stragiudiziale** – Prima di adire il giudice, è opportuno avviare una trattativa con la controparte. L’avv. Monardo e il suo team possono predisporre una diffida formale e proporre soluzioni conciliative: restituzione parziale della caparra, dilazione del termine per la stipula del contratto definitivo, integrazione delle clausole per evitare l’annullamento. La composizione bonaria può evitare costi di causa e tempi lunghi.
6. **Promozione dell’azione giudiziale** – In mancanza di accordo, la parte interessata può promuovere un giudizio per l’accertamento dell’inadempimento e per la restituzione della caparra (o per trattenerla). Nel caso di contratto preliminare, si può agire con citazione ordinaria per ottenere la risoluzione del contratto e la condanna al pagamento del doppio della caparra o la dichiarazione di legittimità del recesso. È possibile depositare un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. per ottenere la sospensione di eventuali esecuzioni o l’adozione di misure cautelari.
7. **Ricorso per la restituzione della caparra presso il giudice tributario** – Quando la controversia riguarda la restituzione dell’imposta di registro versata sulla caparra, ad esempio in seguito a recesso o annullamento del contratto, è competente la Commissione tributaria. La Cassazione (ordinanza n. 27093/2024) ha stabilito che, in caso di risoluzione consensuale del preliminare con restituzione della caparra, il contribuente ha diritto al rimborso dell’imposta proporzionale versata e non può essere tassato oltre l’imposta del contratto definitivo.
8. **Eventuale esecuzione forzata** – Se la parte soccombente non restituisce la caparra spontaneamente, la parte vittoriosa può procedere all’esecuzione forzata sui beni mobili o immobili del debitore, con pignoramento e vendita. L’esecuzione deve essere intrapresa entro dieci anni dalla sentenza definitiva. In questa fase è fondamentale avvalersi di professionisti per individuare beni aggredibili e per valutare la convenienza dell’azione.
9. **Termini di prescrizione** – L’azione per la restituzione della caparra o per il doppio si prescrive in dieci anni, essendo un’azione personale di arricchimento ingiustificato. Tuttavia, la domanda di recesso deve essere esercitata entro i termini contrattuali o, in loro mancanza, entro un termine ragionevole dalla conoscenza dell’inadempimento. La tempestività è essenziale per evitare la decadenza dal diritto di recesso.
Difese e strategie legali per opporsi alla restituzione della caparra
Affrontare una controversia sulla caparra richiede una strategia difensiva calibrata sui fatti concreti, sulle clausole contrattuali e sulle norme applicabili. Di seguito si illustrano le principali difese che il debitore può far valere per opporsi alla richiesta di restituzione della caparra o per evitare di versare il doppio.
**Contestazione dell’inadempimento** – La prima linea di difesa consiste nel dimostrare che non c’è stato alcun inadempimento o che l’inadempimento non è imputabile al debitore. Ad esempio, se la stipula del contratto definitivo è stata differita per cause di forza maggiore (p.es. ritardo nell’ottenimento di certificazioni urbanistiche) o per l’inerzia della controparte, è possibile eccepire la legittimità del ritardo. La Cassazione ha ricordato che il recesso ex art. 1385 c.c. è legittimo solo in presenza di inadempimenti gravi e non di mera dilazione.
**Eccezione di inadempimento reciproco** – L’art. 1460 c.c. consente a chi deve adempiere di rifiutare l’esecuzione se la controparte non adempie a sua volta. Se entrambe le parti sono inadempienti, nessuna può legittimamente pretendere la caparra: sarà il giudice a valutare il concorso di colpa e a compensare le prestazioni.
**Qualificazione della caparra come acconto** – Se la clausola contrattuale è ambigua e non indica espressamente che la somma versata è una caparra confirmatoria o penitenziale, è possibile sostenere che si tratti di un acconto. In tal caso, la restituzione integrale è dovuta indipendentemente dalla colpa delle parti. Prove come e-mail, fatture e dichiarazioni testimoniano l’intenzione delle parti al momento della stipula.
**Insussistenza dei presupposti per il recesso** – Nel caso in cui la controparte invochi il pericolo di evizione o l’impossibilità sopravvenuta per recedere, si può eccepire che le condizioni non sono integrate. Come chiarito dalla Cassazione con l’ordinanza n. 21254/2025, la sospensione dell’obbligo di stipulare il definitivo per timore di evizione è legittima solo se esiste un pericolo attuale, concreto e serio di rivendica da parte di terzi; il semplice timore non basta.
**Prova della scarsa importanza dell’inadempimento** – L’art. 1455 c.c. stabilisce che la risoluzione del contratto non si può ottenere se l’inadempimento è di scarsa importanza. Dimostrando che la violazione è minima rispetto al valore dell’affare, si può neutralizzare la richiesta di restituzione della caparra.
**Esercizio dell’azione di adempimento o di risoluzione ordinaria** – In alternativa al recesso, la parte non inadempiente può domandare l’esecuzione del contratto o la risoluzione ordinaria con il risarcimento integrale dei danni. L’ordinanza n. 21217/2025 conferma che le azioni sono alternative e che scegliere la caparra implica rinunciare al risarcimento ulteriore.
**Mediazione e negoziazione assistita** – Prima di procedere in giudizio è spesso utile esperire la mediazione obbligatoria. Attraverso la mediazione o la negoziazione assistita le parti possono trovare un accordo per la restituzione totale o parziale della caparra, con eventuali penali, evitando l’incertezza del giudizio.
**Gestione delle imposte** – Una corretta strategia passa anche dall’analisi fiscale. Se il recesso è illegittimo e la caparra deve essere restituita, è possibile chiedere il rimborso dell’imposta di registro versata sulla caparra.
**Rilascio immediato del bene e riduzione dei danni** – Se l’oggetto del contratto è un immobile consegnato anticipatamente, il debitore che riceve la richiesta di restituzione della caparra può evitare di pagare danni ulteriori rilasciando tempestivamente l’immobile.
Strumenti alternativi per la gestione del debito e della caparra
La restituzione o ritenzione della caparra può inserirsi in un contesto più ampio di difficoltà finanziarie. In tali situazioni è opportuno esaminare gli strumenti alternativi offerti dall’ordinamento per ristrutturare i debiti e prevenire l’esecuzione forzata.
**Rottamazione e definizioni agevolate dei ruoli esattoriali** – Quando il debitore si trova gravato da cartelle esattoriali e intende evitare il pignoramento dei beni, può aderire alle rottamazioni delle cartelle e alle definizioni agevolate previste dalle leggi finanziarie.
**Piani del consumatore e accordi di ristrutturazione dei debiti (L. 3/2012)** – Per i debitori civili, professionisti e consumatori in stato di sovraindebitamento, la legge 3/2012 prevede varie procedure. L’avv. Monardo può assistere nella predisposizione della domanda e nella trattativa con i creditori.
**Esdebitazione** – Alla conclusione della procedura di sovraindebitamento o della liquidazione giudiziale, il debitore meritevole può ottenere l’esdebitazione, cioè la cancellazione dei debiti residui.
**Accordi di ristrutturazione e transazioni fiscali** – Le imprese possono avvalersi degli accordi di ristrutturazione dei debiti e delle transazioni fiscali per dilazionare i debiti e includere le somme dovute a titolo di caparra.
**Mediazione immobiliare e rinvio della stipula** – In alcune controversie sulla caparra, le parti possono rinviare la stipula del definitivo e regolare la caparra attraverso un accordo integrativo.
Errori comuni e consigli pratici
Molte controversie nascono da errori banali commessi in fase di stipula o di esecuzione del contratto. Prevenire è sempre meglio che curare.
**Mancata qualificazione della caparra** – Versare una somma senza indicare se si tratta di caparra o di acconto può privare la parte non inadempiente dei diritti connessi.
**Clausole di recesso generiche** – Il diritto di recesso deve essere espresso in modo chiaro per evitare che la caparra sia considerata confirmatoria.
**Ritardi nelle comunicazioni** – La tempestività nelle diffide e nelle convocazioni è essenziale.
**Fiducia in accordi verbali** – Non formalizzare le modifiche o le proroghe può rendere difficile dimostrare l’accordo.
**Omissione del pagamento dell’imposta di registro** – Dimenticare la registrazione può comportare sanzioni.
**Sottovalutazione del pericolo di evizione** – Il pericolo deve essere concreto e attuale.
**Richiesta di danni cumulativi** – Non è possibile cumulare caparra e ulteriori danni.
**Non rivolgersi a un professionista** – La complessità della materia richiede un’assistenza specializzata.
Tabelle riepilogative
Tabella 1: Differenza tra caparra confirmatoria e penitenziale
| Tipo di caparra | Funzione | Norma | Effetti in caso di recesso |
| Caparra confirmatoria | Garanzia dell’adempimento; liquidazione forfettaria del danno in caso di inadempimento grave | Art. 1385 c.c. | La parte non inadempiente può recedere e trattenere la caparra o chiedere il doppio; in alternativa può chiedere l’esecuzione o la risoluzione con risarcimento |
| Caparra penitenziale | Corrispettivo del diritto di recesso convenuto tra le parti | Art. 1386 c.c. | Chi recede perde la caparra se l’ha versata o restituisce il doppio se l’ha ricevuta; non sono dovuti ulteriori danni |
Tabella 2: Imposta di registro su caparra e acconti
| Fattispecie | Aliquota fino al 31/12/2024 | Aliquota dal 1/1/2025 | Norma di riferimento |
| Caparra confirmatoria | 0,5% | 0,5% (tetto massimo pari all’imposta del contratto definitivo) | DPR 131/1986; D.Lgs. 139/2024 |
| Acconto prezzo (non soggetto a IVA) | 3% | 0,5% | DPR 131/1986; D.Lgs. 139/2024 |
| Caparra penitenziale | 3% | 3% | DPR 131/1986 |
Tabella 3: Rimedi e strumenti
| Rimedi | Descrizione | Riferimenti normativi |
| Recesso con caparra | Facoltà di sciogliersi dal contratto trattenendo la caparra o chiedendo il doppio, in presenza di inadempimento grave | Art. 1385 c.c. |
| Risoluzione ordinaria | Azione giudiziale per sciogliere il contratto e chiedere il risarcimento integrale dei danni | Artt. 1453-1458 c.c. |
| Mutuo dissenso | Accordo delle parti per sciogliere il contratto e restituirsi le prestazioni, con imposta proporzionale | Art. 28 DPR 131/1986 |
Domande e risposte frequenti (FAQ)
- Quando posso chiedere la restituzione della caparra?
La restituzione della caparra confirmatoria è possibile quando il contraente che l’ha ricevuta è inadempiente e il suo inadempimento non è di scarsa importanza. Nel caso di caparra penitenziale, la restituzione (in doppio) avviene quando il diritto di recesso è esercitato dalla parte che ha ricevuto la caparra - Come posso oppormi alla richiesta di restituzione della caparra?
Per opporsi occorre dimostrare che non sussistono i presupposti del recesso: assenza di inadempimento, inadempimento di scarsa importanza, concorso di colpa dell’altra parte o errore nella qualificazione della somma (acconto anziché caparra). - È possibile trattenere la caparra e chiedere anche ulteriori danni?
No. I rimedi del recesso con caparra e della risoluzione ordinaria sono alternativi: chi esercita il recesso può trattenere la caparra o chiedere il doppio ma non può cumulare tali somme con ulteriori risarcimenti. - Come viene tassata la caparra?
La caparra confirmatoria è soggetta all’imposta di registro dello 0,5%; dal 1º gennaio 2025 anche gli acconti non IVA hanno la stessa aliquota. La caparra penitenziale resta tassata al 3%. L’imposta versata è imputata a quella dovuta per il contratto definitivo e non può superarla. - Quali sono i termini per esercitare il recesso?
Non esiste un termine rigido; il recesso deve essere esercitato entro un termine ragionevole dalla scoperta dell’inadempimento o entro il termine essenziale previsto dal contratto. - Cosa succede se la somma versata non è qualificata?
Se la somma non è identificata come caparra, si presume trattarsi di acconto. In tal caso, l’inadempiente non può trattenere la somma né chiederne il doppio; l’importo deve essere restituito integralmente. - Posso recedere per timore di evizione del bene acquistato?
Solo se il pericolo di evizione è concreto, serio e attuale. Un timore meramente soggettivo non giustifica il recesso. - Quali prove servono per ottenere la restituzione del doppio della caparra?
Bisogna dimostrare il versamento della caparra, la qualifica di caparra confirmatoria, la comunicazione di recesso, l’inadempimento grave della controparte e l’assenza di propria colpa. - Se entrambe le parti sono inadempienti, chi ha diritto alla caparra?
In caso di inadempimento reciproco, nessuna delle parti può legittimamente trattenere o pretendere la caparra; il giudice può disporre la compensazione. - La caparra può essere oggetto di pignoramento?
Sì. La caparra versata può essere sottoposta a pignoramento se il creditore del promittente acquirente ottiene un titolo esecutivo. - Che ruolo ha la mediazione civile nelle controversie sulla caparra?
La mediazione civile è obbligatoria per le controversie in materia di diritti reali e contratti immobiliari e consente di trovare un accordo sulla restituzione. - Chi deve provare l’inadempimento?
La parte che recede e chiede la restituzione o trattiene la caparra deve provare l’inadempimento della controparte e la gravità della violazione. - Cosa accade se il contratto definitivo non è stipulato per accordo tra le parti?
Le parti possono sciogliere il contratto mediante mutuo dissenso; la caparra deve essere restituita e l’imposta può essere rimborsata. - La caparra può essere trasformata in penale?
È possibile inserire clausole che prevedano, in alternativa alla caparra, una penale, ma le conseguenze e le modalità di calcolo sono diverse. - È necessario registrare il contratto preliminare?
Sì. La mancata registrazione comporta sanzioni e non rende opponibile ai terzi la data del contratto. - Quanto tempo impiega un giudizio per la restituzione della caparra?
Dipende dalla complessità della causa e dal carico del tribunale; può durare da uno a tre anni. - Cosa succede se la parte inadempiente non restituisce la caparra nonostante la sentenza?
Si può procedere con l’esecuzione forzata, pignorando beni mobili o immobili. - È possibile recuperare l’imposta versata sulla caparra se il contratto viene meno?
Sì. È possibile presentare un’istanza di rimborso entro tre anni dalla registrazione o dal provvedimento che annulla il contratto. - Che differenza c’è tra caparra e caparra confirmatoria duplicata?
La caparra duplicata è la restituzione del doppio della caparra in favore della parte non inadempiente, prevista dall’art. 1385 c.c. come liquidazione forfettaria del danno.
Simulazioni pratiche e numeriche
Le simulazioni aiutano a comprendere gli effetti economici della restituzione o della ritenzione della caparra. Di seguito alcuni esempi che illustrano come si applicano le norme in casi concreti.
**Esempio 1 – Caparra confirmatoria e recesso del venditore**: Il signor A stipula un contratto preliminare per la vendita di un appartamento e riceve dal signor B una caparra confirmatoria di 20.000 euro. Il contratto definitivo deve essere stipulato entro sei mesi, ma B non si presenta dal notaio e non offre il pagamento del saldo. Dopo una diffida rimasta senza esito, A esercita il recesso ex art. 1385 c.c. e trattiene la caparra. B contesta sostenendo che il ritardo è dovuto a difficoltà bancarie. Il giudice accerta che B non ha procurato la somma né ha richiesto proroghe e che l’inadempimento è grave. A ha diritto di trattenere la caparra di 20.000 euro e non può chiedere ulteriori danni.
**Esempio 2 – Recesso dell’acquirente per evizione**: La signora C firma un preliminare per l’acquisto di un terreno agricolo e versa una caparra confirmatoria di 15.000 euro. Prima della stipula definitiva scopre che un terzo rivendica la proprietà di una porzione del terreno; il terzo ha avviato una causa contro il venditore. C, temendo l’evizione, recede dal contratto e chiede la restituzione di 30.000 euro. Il giudice, esaminando gli atti, rileva che la causa di rivendica è stata effettivamente notificata e che il pericolo di evizione è concreto.
**Esempio 3 – Caparra penitenziale e esercizio del recesso**: Due società stipulano un contratto di collaborazione commerciale che prevede il diritto di recesso a favore di entrambe le parti con una caparra penitenziale di 10.000 euro. Dopo alcuni mesi, la società X decide di recedere senza addurre motivi; avvisa la controparte e non esegue la fornitura successiva. Poiché la somma versata è qualificata come caparra penitenziale, X perde i 10.000 euro versati e non deve ulteriori somme.
**Esempio 4 – Mutuo dissenso e restituzione della caparra**: I signori D ed E sottoscrivono un preliminare di vendita di un locale commerciale con caparra confirmatoria di 25.000 euro. Decidono consensualmente di sciogliere il contratto e redigono un atto di mutuo dissenso. Oltre alla restituzione della somma, chiedono all’Agenzia delle Entrate il rimborso dell’imposta di registro, che non può superare quella dovuta per il contratto originario.
**Esempio 5 – Consegna anticipata e risarcimento per occupazione**: La società F concede in uso anticipato un capannone alla società G con caparra confirmatoria di 30.000 euro. G non stipula il contratto definitivo e continua a occupare il capannone. F recede e trattiene la caparra, chiedendo un risarcimento per l’occupazione illegittima. La Cassazione riconosce che oltre alla caparra si può ottenere un’indennità di occupazione.
Conclusione
La richiesta di restituzione della caparra è un tema che coinvolge aspetti civilistici, fiscali e procedurali complessi. La disciplina degli artt. 1385 e 1386 c.c. offre una tutela forte ma richiede attenzione nella redazione delle clausole e nella valutazione dell’inadempimento. Le pronunce recenti della Corte di cassazione hanno ribadito la necessità di un inadempimento grave per legittimare il recesso e hanno chiarito l’incompatibilità tra recesso con caparra e richiesta di ulteriori danni. La riforma dell’imposta di registro ha reso più omogeneo il trattamento fiscale delle caparre.
Per il debitore o il contribuente è fondamentale agire tempestivamente: verificare la qualificazione della somma versata, valutare la sussistenza dell’inadempimento, predisporre comunicazioni formali e non sottovalutare la possibilità di soluzioni stragiudiziali. Errori come la mancata registrazione, clausole ambigue o ritardi nelle notifiche possono tradursi in perdite economiche rilevanti.
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Approfondimento normativo sui contratti e sulla caparra
Per comprendere appieno la disciplina della caparra occorre inquadrare il tema nel più ampio contesto dei contratti a prestazioni corrispettive. Il contratto preliminare, regolato dall’art. 1351 c.c., impegna le parti a stipulare un contratto definitivo e deve avere forma idonea a quella del contratto finale. La caparra è spesso pattuita proprio in sede di preliminare per garantire che le parti adempiano all’obbligo di stipulare il definitivo. Nel preliminare il versamento della caparra non perfeziona la vendita ma rappresenta un impegno: la giurisprudenza considera la caparra confirmatoria come mezzo per rafforzare la serietà dell’obbligazione e come strumento di autotutela extragiudiziale.
La caparra confirmatoria ha una natura reale: la consegna della somma integra il vincolo e funge da prova della conclusione del contratto. Essa non va confusa con il deposito cauzionale o con il c.d. acconto; mentre l’acconto costituisce un’anticipazione del prezzo, la caparra confirma l’impegno reciproco e consente alla parte non inadempiente di sciogliersi dal contratto in modo rapido e di essere risarcita del danno mediante l’incameramento della somma. L’art. 1385 c.c. attribuisce alla caparra una funzione sostitutiva del risarcimento; tuttavia la parte può scegliere di agire in giudizio per l’adempimento o la risoluzione con il risarcimento integrale, rinunciando al doppio della caparra.
Il diritto di recesso disciplinato dall’art. 1386 c.c. presuppone invece un accordo espresso: se le parti convengono un diritto di recesso per una o entrambe, la caparra assume la funzione di corrispettivo per l’esercizio di tale diritto. Il recesso non si giustifica con l’inadempimento ma con la volontà di sciogliersi dal rapporto; pertanto chi recede perde la caparra se l’ha versata o restituisce il doppio se l’ha ricevuta. La distinzione tra caparra confirmatoria e caparra penitenziale è essenziale per determinare il regime giuridico, la tassazione e le conseguenze economiche del recesso.
È utile confrontare la caparra con altre figure previste dal codice civile. L’art. 1382 c.c. disciplina la clausola penale, ossia la pattuizione con cui le parti determinano previamente l’ammontare del risarcimento in caso di inadempimento. A differenza della caparra, la penale può essere richiesta cumulativamente all’esecuzione della prestazione (salvo patto contrario) e non richiede la consegna di una somma; può prevedere importi superiori al danno effettivo, salvo la facoltà del giudice di ridurne l’importo se manifestamente eccessivo (art. 1384 c.c.). La caparra, invece, richiede la consegna della somma e si sostituisce al risarcimento salvo che la parte agisca per l’esecuzione.
Un’altra figura affine è il ‘deposito cauzionale’, spesso previsto nei contratti di locazione. Diversamente dalla caparra confirmatoria, la cauzione serve a garantire il pagamento dei canoni e la restituzione del bene in buone condizioni; al termine del contratto la somma deve essere restituita con gli interessi legali se non vi sono danni. La caparra non è finalizzata alla copertura di danni ma alla liquidazione del danno da mancata stipula. È perciò fondamentale distinguere i termini e le finalità di ciascun istituto per evitare confusione.
La disciplina della caparra deve inoltre essere letta alla luce dei principi di buona fede (art. 1375 c.c.) e correttezza nell’esecuzione del contratto. Le parti devono comportarsi con lealtà, collaborare per il raggiungimento dell’interesse comune e non creare artificiosamente ostacoli alla stipula del definitivo. Un recesso strumentale o una richiesta di restituzione della caparra basata su pretesti può integrare un abuso del diritto, con conseguente responsabilità per danni. La giurisprudenza richiama spesso l’obbligo di buona fede per valutare la gravità dell’inadempimento e la legittimità del recesso.
È bene ricordare che la caparra non è obbligatoria: le parti possono stipulare un contratto preliminare senza prevedere alcun importo. Tuttavia, la prassi commerciale suggerisce di fissare una caparra proporzionata al valore del bene per responsabilizzare le parti. In tal senso, la dottrina sottolinea che la caparra non deve essere eccessiva rispetto al prezzo, altrimenti potrebbe essere considerata una penale mascherata. Le parti devono quindi calibrarne l’importo in base al valore dell’operazione e alla loro disponibilità economica.
In alcuni settori, come nei contratti di vendita di immobili in costruzione (D.Lgs. 122/2005), la legge impone l’obbligo per il costruttore di rilasciare una fideiussione a garanzia delle somme riscosse a titolo di caparra o acconto. Ciò tutela l’acquirente dal rischio di insolvenza del costruttore e consente la restituzione delle somme in caso di mancata stipula del definitivo. Nelle transazioni commerciali internazionali, invece, la caparra può assumere la forma di earnest money deposit o deposit bond; in tali casi occorre verificare la legge applicabile e le clausole degli Incoterms.
L’approfondimento normativo consente di individuare correttamente la natura della somma versata e di impostare le strategie difensive. Senza una qualificazione precisa, si rischia di confondere la caparra con l’acconto o con altre garanzie, compromettendo la possibilità di agire o opporsi in giudizio.
Analisi dettagliata delle sentenze principali
Per sviluppare una strategia difensiva efficace è opportuno comprendere il ragionamento seguito dai giudici nelle decisioni più significative in materia di caparra. Le sentenze degli ultimi anni forniscono indicazioni preziose sui criteri utilizzati per valutare l’inadempimento, per interpretare le clausole e per determinare le conseguenze economiche del recesso.
**Cassazione, ordinanza 17 maggio 2024 n. 13845** – La vicenda riguardava un contratto preliminare di compravendita immobiliare nel quale l’acquirente aveva versato una caparra confirmatoria. Il venditore, dopo aver ricevuto la diffida a stipulare, non si presentava dal notaio; la parte acquirente recedeva chiedendo il doppio della caparra. La Corte d’appello respingeva la domanda ritenendo l’inadempimento di scarsa importanza. La Cassazione ha cassato la sentenza, affermando che l’esercizio del recesso con incameramento della caparra non esclude la valutazione della gravità dell’inadempimento. La Suprema Corte ha chiarito che le norme sulla caparra non derogano agli articoli 1453 e 1455 c.c.; pertanto l’inadempimento deve essere grave e imputabile. Il giudice deve esaminare il comportamento di entrambe le parti e valutare se il ritardo o la mancata comparizione siano giustificati.
**Cassazione, ordinanza 30 luglio 2024 n. 21317** – Questa pronuncia ha affrontato la questione della distinzione tra domanda di risoluzione e domanda di recesso con caparra. Nella causa di merito il promissario acquirente aveva chiesto il riconoscimento del recesso ex art. 1385 c.c. e la condanna al pagamento del doppio della caparra. In appello, la parte convenuta eccepiva che l’azione di risoluzione costituiva domanda nuova. La Cassazione ha stabilito che la domanda di risoluzione ordinaria e la domanda di recesso non sono tra loro incompatibili ma concorrenti: entrambe presuppongono la valutazione dell’inadempimento e l’attribuzione della caparra; pertanto non si tratta di due azioni distinte ma dello stesso petitum sotto diverse prospettazioni.
**Cassazione, ordinanza 3 aprile 2025 n. 21217** – In questa decisione la Corte ha ribadito il principio dell’alternatività tra i rimedi previsti dall’art. 1385 c.c. e quelli previsti dagli artt. 1453 e 1455 c.c. Il promissario venditore aveva trattenuto la caparra e, contestualmente, aveva chiesto un ulteriore risarcimento del danno per mancato realizzo dell’affare. La Cassazione ha ricordato che trattenere la caparra o richiedere il doppio rappresenta la liquidazione forfettaria del danno: non è quindi possibile cumulare la caparra con ulteriori pretese. Se si desidera un risarcimento maggiore, bisogna rinunciare al doppio della caparra e agire per la risoluzione ordinaria.
**Cassazione, ordinanza 4 aprile 2025 n. 21254** – La pronuncia ha riguardato un caso di recesso per timore di evizione. La promissaria acquirente di un immobile aveva rilevato un presunto sconfinamento del bene da parte di un vicino e aveva sospeso l’obbligo di stipulare il contratto definitivo, chiedendo il doppio della caparra. La Cassazione ha precisato che il pericolo di evizione, disciplinato dall’art. 1481 c.c., deve essere effettivo e non meramente presuntivo. Il recesso basato su timori soggettivi è illegittimo. Per recedere è necessario dimostrare la concreta intenzione del terzo di rivendicare il bene e la gravità dell’inadempimento.
**Cassazione, ordinanza 27 febbraio 2025 n. 5201** – In questo caso la consegna anticipata di un immobile aveva comportato l’occupazione del bene da parte del promissario acquirente che, tuttavia, non aveva stipulato il definitivo. Il promittente venditore aveva esercitato il recesso e trattenuto la caparra, chiedendo anche un’indennità per l’occupazione dell’immobile. La Corte ha riconosciuto che l’indennità di occupazione è autonoma rispetto alla caparra: mentre la caparra copre il danno derivante dal mancato perfezionamento del contratto, l’indennità copre l’uso indebito del bene dal recesso fino alla restituzione.
**Cassazione, ordinanza 15614/2025 e altre pronunce fiscali** – Un aspetto rilevante è il trattamento fiscale della caparra in caso di recesso e la restituzione dell’imposta di registro. La Suprema Corte ha ribadito che la tassazione delle caparre e degli acconti segue il principio della accessorietà: se il contratto definitivo non viene stipulato, l’imposta pagata sulla caparra deve essere rimborsata. In particolare, l’ordinanza n. 27093/2024 ha affermato che, quando il preliminare viene risolto consensualmente, il contribuente ha diritto al rimborso dell’imposta proporzionale versata sulla caparra.
**Sentenze di merito 2025** – I tribunali di merito hanno applicato questi principi. Il Tribunale di Perugia (sentenza n. 355/2025) ha riconosciuto alla parte acquirente il diritto al doppio della caparra quando il venditore non si presenta per la stipula e non giustifica l’assenza. Il Tribunale di Napoli (sentenza n. 7754/2025) ha sottolineato che l’inadempimento deve essere grave e imputabile e che ritardi di pochi giorni non giustificano la risoluzione. Il Tribunale di Salerno ha considerato rilevante l’effetto della ritenzione di un assegno non incassato, equiparando la detenzione del titolo alla consegna del denaro. Queste decisioni dimostrano l’attenzione dei giudici di merito a valutare il comportamento concreto delle parti e a applicare i principi di proporzionalità e buona fede.
L’analisi delle sentenze principali consente di orientare la difesa e di comprendere le probabilità di successo di una domanda di restituzione o di una opposizione. È fondamentale presentare prove puntuali dell’inadempimento e dimostrare la serietà delle proprie ragioni.
Ulteriori strategie difensive e suggerimenti pratici
Oltre alle difese giuridiche esposte, esistono accorgimenti pratici che possono prevenire o attenuare le controversie sulla caparra e rafforzare la posizione del debitore.
• **Formalizzare tutte le comunicazioni** – Ogni modifica del contratto, proroga o accordo deve essere messa per iscritto tramite scrittura privata, PEC o raccomandata. Verbalizzare le trattative evita equivoci e consente di dimostrare l’eventuale accordo per spostare la data di stipula o variare la caparra.
• **Richiedere garanzie reali o bancarie** – Nei contratti di elevato valore è possibile sostituire la caparra con una fideiussione bancaria o assicurativa. In questo modo, in caso di recesso, la somma è garantita dall’istituto che ha emesso la garanzia e non grava immediatamente sul patrimonio delle parti.
• **Usare conti vincolati o escrow** – Le parti possono depositare la caparra in un conto vincolato gestito da un notaio o da un terzo fiduciario. Il deposito viene svincolato solo al momento della stipula del definitivo o alla verifica delle condizioni; ciò tutela entrambe le parti.
• **Stabilire caparre proporzionate** – Una caparra eccessivamente elevata potrebbe essere ridotta dal giudice in quanto penale manifestamente eccessiva. È consigliabile che la caparra sia proporzionata al valore dell’affare e alla prevedibile entità del danno da inadempimento.
• **Documentare la buona fede** – Presentare tempestivamente la documentazione, i bonifici, le richieste e le risposte dimostra la diligenza del debitore. La buona fede è un elemento valutato dai giudici e può influire sulla quantificazione del danno.
• **Prevedere clausole di mediazione** – Inserire nel contratto la clausola di mediazione obbligatoria può facilitare la composizione della lite. Le parti possono prevedere che, prima di ricorrere al giudice, debbano attivare un organismo di mediazione o un arbitrato privato.
• **Effettuare due diligence preventive** – Prima di versare una caparra è opportuno verificare la situazione giuridica del bene (esistenza di ipoteche, diritti di terzi, urbanistica) e la solvibilità del venditore. Ciò riduce il rischio di dover poi chiedere la restituzione del doppio per vizi non conosciuti.
• **Considerare l’assicurazione del deposito** – Alcune polizze assicurative coprono il rischio di mancata restituzione della caparra o del deposito. Tali prodotti possono essere utili nelle transazioni di valore elevato.
• **Valutare l’opzione di clausole di earn-out o di aggiustamento** – In contratti complessi, anziché una caparra, si può prevedere un meccanismo di aggiustamento del prezzo al verificarsi di determinate condizioni. Ciò evita la necessità di restituire somme e allinea gli interessi delle parti.
Queste strategie, se applicate correttamente, possono ridurre il rischio di contenzioso e rafforzare la capacità del debitore di opporsi a richieste ingiustificate di restituzione della caparra.
Caparra e contesti specifici
La disciplina della caparra non si applica in modo uniforme a tutti i contratti. Alcuni settori presentano peculiarità che meritano di essere considerate per adottare correttamente la caparra e per conoscere i propri diritti e obblighi.
**Contratti di compravendita immobiliare** – Nel mercato immobiliare la caparra conferma l’impegno delle parti e serve a coprire i costi di preparazione dell’atto e la perdita di occasioni alternative. La tutela dell’acquirente è rafforzata quando l’immobile è in costruzione: il D.Lgs. 122/2005 obbliga il costruttore a rilasciare una fideiussione a garanzia delle somme ricevute. Inoltre, se il contratto definitivo non si perfeziona per colpa del venditore, l’acquirente può chiedere il doppio della caparra. È buona prassi includere nel preliminare clausole che disciplinino il pericolo di evizione, i diritti di prelazione e la gestione degli oneri condominiali. La registrazione del preliminare è obbligatoria e comporta il versamento dell’imposta di registro sulla caparra.
**Contratti di locazione e deposito cauzionale** – Nei contratti di locazione non si parla tecnicamente di caparra confirmatoria ma di deposito cauzionale, disciplinato dalla legge n. 392/1978. La cauzione deve essere restituita al termine del rapporto, maggiorata degli interessi legali, salvo conguaglio per danni o canoni non corrisposti. Il locatore non può trattenere il deposito a titolo di penale; in caso di recesso anticipato si applicano le norme sulla disdetta. In alcuni casi le parti utilizzano impropriamente il termine caparra per indicare il deposito cauzionale: ciò può generare contenziosi; è importante distinguere le due figure.
**Contratti di appalto e forniture** – Nelle commesse di lavori o servizi, soprattutto nel settore privato, è frequente la previsione di una caparra a garanzia dell’impegno a stipulare il contratto o ad avviare i lavori. Se l’appaltatore non adempie, il committente può trattenere la caparra; se è il committente a recedere, l’appaltatore può chiedere il doppio. In questi contratti è essenziale disciplinare le cause di recesso, le modalità di collaudo delle opere e l’eventuale trasformazione della caparra in acconto sul prezzo.
**Contratti turistici e al consumo** – Nei contratti di viaggio, pacchetti turistici o servizi alberghieri, gli operatori richiedono spesso una caparra al momento della prenotazione. Il Codice del turismo (D.Lgs. 79/2011) e il Codice del consumo (D.Lgs. 206/2005) stabiliscono che l’importo versato a titolo di caparra penitenziale può essere trattenuto dall’organizzatore in caso di recesso del consumatore, salvo che il contratto preveda condizioni più favorevoli. Nelle locazioni brevi e nei servizi turistici, la restituzione della caparra dipende dalle clausole di cancellazione e dalle normative locali. L’emergenza COVID-19 ha portato a una legislazione speciale che consente la restituzione di voucher in luogo della caparra per eventi annullati, ma tali norme hanno carattere transitorio.
**Contratti di compravendita di beni mobili e veicoli** – Nei contratti di acquisto di veicoli, macchinari o altri beni mobili di valore, la caparra confirmatoria è spesso richiesta per tutelare il venditore da ripensamenti. È opportuno verificare la disponibilità del bene, la regolarità della documentazione e le condizioni di pagamento. Nei contratti di fornitura continuativa, la caparra può essere imputata alle ultime forniture o restituita al termine del rapporto.
Comprendere le peculiarità dei diversi contesti permette di stipulare contratti più sicuri e di adottare la caparra in modo appropriato, riducendo il rischio di controversie.
Caparra e procedure concorsuali
Quando una delle parti è assoggettata a una procedura concorsuale (fallimento, liquidazione giudiziale, concordato preventivo), la restituzione della caparra assume sfumature particolari. I crediti derivanti dalla caparra devono essere insinuati al passivo o gestiti secondo le regole della procedura.
Se il debitore che ha ricevuto la caparra è dichiarato fallito prima della stipula del contratto definitivo, la somma versata rientra nel patrimonio fallimentare e l’acquirente deve insinuarsi al passivo come creditore chirografario. Il curatore potrà scegliere se subentrare nel contratto preliminare o scioglierlo; in caso di scioglimento, la caparra deve essere restituita, ma il creditore concorrerà con gli altri creditori. La giurisprudenza ha riconosciuto un privilegio speciale alla caparra solo se ha natura di caparra penitenziale, quale corrispettivo del recesso.
Viceversa, se la caparra è stata versata dall’impresa poi fallita, il creditore che l’ha ricevuta potrebbe essere tenuto a restituirla in favore della massa fallimentare se il contratto non viene eseguito. L’azione revocatoria fallimentare può colpire la caparra se questa costituisce un pagamento preferenziale effettuato nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.
Nel concordato preventivo con cessione dei beni, la restituzione della caparra può essere prevista nel piano per soddisfare il creditore in maniera parziale. Nella liquidazione giudiziale (ex riforma del Codice della crisi) il curatore deve verificare i contratti pendenti e decidere se scioglierli o subentrare. In entrambi i casi, la caparra costituisce un credito concorsuale e deve essere gestita secondo il grado di privilegio previsto dalla legge.
Le procedure di sovraindebitamento disciplinate dalla legge 3/2012 consentono al consumatore o al professionista di proporre ai creditori un piano che includa il rimborso delle caparre ricevute o la restituzione di quelle versate. È quindi importante segnalare al gestore della crisi tutti i versamenti relativi alle caparre e inserirli correttamente nel piano per evitare contenziosi successivi.
In caso di liquidazione coatta amministrativa o di amministrazione straordinaria, la gestione della caparra segue regole simili: il commissario o l’amministratore valuta la convenienza di dare esecuzione al contratto o di scioglierlo; la caparra costituisce un credito che può essere soddisfatto proporzionalmente alla massa.
La caparra può essere oggetto anche di insinuazione tardiva: se il creditore non è stato in grado di insinuarsi tempestivamente, potrà presentare domanda di ammissione tardiva entro il termine previsto. Tuttavia, la distribuzione può essere già avvenuta e il creditore rischia di non recuperare integralmente la somma.
Questi aspetti rendono opportuno consultare un professionista esperto in diritto fallimentare quando la restituzione della caparra si intreccia con procedure concorsuali.
Approfondimento fiscale sulla caparra
La fiscalità della caparra presenta particolarità che possono incidere in modo significativo sulle somme da versare o da recuperare. Oltre all’imposta di registro, occorre considerare l’IVA, le imposte indirette e le eventuali detrazioni.
**Imposta di registro** – Come visto, l’imposta proporzionale sulla caparra confirmatoria è pari allo 0,5% e, fino al 2024, l’acconto non soggetto a IVA era tassato al 3%. Con il D.Lgs. 139/2024, dal 1º gennaio 2025 l’aliquota dell’acconto è stata ridotta allo 0,5% e si è introdotto un tetto massimo: l’imposta pagata sulla caparra non può superare quella dovuta per il contratto definitivo. L’imposta versata è imputata all’imposta principale e, se superiore, è rimborsata. In caso di caparra penitenziale l’imposta resta al 3%.
**Modalità di pagamento e ravvedimento** – La caparra deve essere registrata entro 20 giorni dalla data dell’atto (o entro 30 giorni se la scrittura è formata all’estero). Il pagamento avviene tramite modello F24 utilizzando il codice tributo 109T per le caparre confirmatorie e 108T per le caparre penitenziali. In caso di omesso o tardivo versamento è possibile ricorrere al ravvedimento operoso versando la sanzione ridotta e gli interessi legali. La mancata registrazione può comportare l’applicazione di sanzioni dal 120% al 240% dell’imposta dovuta oltre a interessi di mora.
**Restituzione dell’imposta** – Se il contratto definitivo non viene più stipulato, la parte che ha pagato l’imposta di registro sulla caparra può chiederne la restituzione. L’istanza va presentata all’Agenzia delle Entrate entro tre anni dalla registrazione o dalla data in cui l’atto è divenuto definitivamente inefficace. Occorre allegare la copia del contratto, la prova della risoluzione (sentenza, accordo) e la ricevuta di pagamento. La Suprema Corte ha confermato che l’imposta di registro sulla caparra ha natura accessoria e deve essere rimborsata se il contratto non si perfeziona.
**IVA e caparra** – Se la caparra è imputata a corrispettivo di un’operazione soggetta a IVA, il versamento può costituire un acconto e deve essere fatturato con applicazione dell’imposta. Tuttavia, la caparra confirmatoria in senso stretto non costituisce un acconto e non è soggetta a IVA poiché non vi è ancora certezza sull’effettuazione dell’operazione. La distinzione è delicata: l’Agenzia delle Entrate ha più volte chiarito con interpelli (ad esempio risp. n. 403/2022) che la caparra confirmatoria non rileva ai fini IVA fino alla stipula del definitivo, mentre l’acconto soggetto a IVA deve essere fatturato.
**Imposte ipotecarie e catastali** – Nei contratti preliminari di compravendita con trasferimento anticipato del possesso, oltre alla caparra si possono applicare imposte ipotecarie e catastali se viene costituita un’ipoteca a garanzia della caparra. Tali imposte sono fisse (50 euro ciascuna) e sono recuperabili al momento della stipula del definitivo.
**Aspetti contabili** – Dal punto di vista contabile, la caparra versata rappresenta un credito verso la controparte, iscritto nell’attivo circolante; la caparra ricevuta costituisce un debito se l’operazione non è ancora stata perfezionata. La restituzione della caparra comporta la rilevazione di una sopravvenienza passiva o attiva a seconda dei casi. Le società devono pertanto rilevare correttamente le caparre nel bilancio e nelle dichiarazioni fiscali.
La corretta gestione fiscale della caparra richiede attenzione e competenza: un errore nel versamento dell’imposta o nella qualificazione della somma può comportare sanzioni e interessi. Rivolgersi a professionisti del settore consente di adempiere correttamente e, in caso di restituzione, di ottenere il rimborso delle imposte versate.
Ulteriori domande frequenti
- Qual è la differenza tra caparra e deposito cauzionale?
La caparra conferma la conclusione del contratto e serve a risarcire il danno da mancato adempimento; il deposito cauzionale garantisce il pagamento di canoni o il buon uso di un bene e deve essere restituito con gli interessi alla fine del rapporto. - La caparra è soggetta a IVA?
In linea generale la caparra confirmatoria non è soggetta a IVA perché non costituisce ancora pagamento di corrispettivi; l’acconto invece è soggetto a IVA al momento del pagamento. - Cosa succede se la caparra è stata versata in criptovalute?
Le criptovalute non hanno corso legale; la loro utilizzazione come caparra è valida tra le parti ma può creare problemi di valutazione. In caso di recesso, il controvalore dovrà essere restituito in euro secondo il valore al momento della restituzione, salvo diverso accordo. - La caparra può essere assicurata?
Sì, esistono prodotti assicurativi e bancari che consentono di garantire la restituzione della caparra. In alternativa si può utilizzare una fideiussione. - Se il contratto è nullo, cosa accade alla caparra?
La nullità del contratto comporta la restituzione delle prestazioni ricevute. La caparra deve essere restituita e chi l’ha ricevuta non può trattenerla; in alcuni casi può essere richiesta la restituzione del doppio se la nullità è imputabile a una parte. - La caparra è trasmissibile agli eredi?
Sì, se una parte muore prima della stipula del definitivo, i suoi eredi subentrano nei diritti e negli obblighi, compresi quelli relativi alla caparra. Gli eredi possono recedere o pretendere il doppio in base alle regole contrattuali. - Posso esercitare il recesso per causa di forza maggiore?
Se la forza maggiore impedisce l’adempimento, l’inadempiente non è tenuto a risarcire il danno. In tal caso la caparra dovrebbe essere restituita. Tuttavia è necessario valutare caso per caso e dimostrare l’impossibilità sopravvenuta. - Cosa accade alla caparra in caso di sequestro dell’immobile?
Se l’immobile è sottoposto a sequestro giudiziario o preventivo, l’obbligo di stipulare il contratto definitivo può essere impedito da cause indipendenti dalla volontà delle parti. La caparra dovrebbe essere restituita, salvo diverso accordo. - Esistono norme europee sulla caparra?
Il diritto europeo non disciplina espressamente la caparra, ma la Direttiva sui diritti dei consumatori e le norme sulla tutela dei consumatori impongono informazioni chiare sui pagamenti anticipati e sul diritto di recesso. - La caparra può essere oggetto di cessione?
La parte che ha versato la caparra può cedere il proprio credito verso la restituzione a un terzo, salvo che il contratto lo vieti. La cessione deve essere notificata alla controparte. - In quale momento la caparra entra nel patrimonio del beneficiario?
La caparra entra nel patrimonio del beneficiario al momento della consegna, ma la sua definitiva acquisizione dipende dall’inadempimento o dall’esercizio del recesso. - Un professionista può trattenere la caparra in caso di prestazione d’opera intellettuale?
Nelle prestazioni d’opera intellettuale la caparra è meno diffusa, ma può essere pattuita. Se il cliente recede senza giusta causa, il professionista può trattenere la caparra, salvo diverso accordo. - Il versamento in più tranche è possibile?
Sì, le parti possono convenire il versamento della caparra in più soluzioni; in tal caso è opportuno indicare chiaramente le modalità e le conseguenze di ciascun versamento. - La caparra può essere costituita in beni o titoli?
La caparra può consistere anche in beni mobili, titoli o altre utilità, purché siano facilmente valutabili e trasferibili. In caso di recesso, sarà necessario determinare il valore economico per la restituzione o il doppio. - Come si calcola la caparra nei contratti a prezzo variabile?
Se il prezzo finale dipende da indici o variabili, la caparra deve essere determinata in misura fissa o proporzionale al prezzo minimo previsto, salvo conguaglio alla stipula. - Che differenza c’è tra caparra e caparra confirmatoria duplicata?
La caparra duplicata è l’effetto del recesso ex art. 1385 c.c.: la parte inadempiente perde la caparra versata e deve pagarne un importo uguale a titolo di risarcimento anticipato.
Altre simulazioni pratiche
**Esempio 6 – Caparra in un contratto di locazione**: Il signor H stipula un contratto di locazione commerciale e versa al locatore un deposito cauzionale di tre mensilità. Dopo due mesi decide di non aprire più l’attività e restituisce le chiavi. Il locatore trattiene il deposito a titolo di penale. In realtà il deposito cauzionale deve essere restituito e non può essere trattenuto come penale; il locatore potrà solo compensare i canoni non pagati e gli eventuali danni.
**Esempio 7 – Caparra in un appalto**: Una società edile riceve una caparra di 50.000 euro per iniziare i lavori di ristrutturazione di un complesso industriale. Dopo aver predisposto il cantiere, il committente annulla l’appalto senza giusta causa. L’impresa trattiene la caparra e chiede anche il rimborso delle spese sostenute. Poiché la caparra ha funzione risarcitoria, l’impresa può trattenere i 50.000 euro ma per le spese dovrà agire con una domanda autonoma di risarcimento o accordarsi con il committente.
**Esempio 8 – Caparra e fallimento del venditore**: La società I versa una caparra confirmatoria di 100.000 euro per l’acquisto di un immobile industriale. Prima della stipula, il venditore viene dichiarato fallito. Il curatore sceglie di sciogliere il preliminare e l’acquirente deve insinuarsi al passivo per ottenere la restituzione della caparra. La somma sarà restituita, ma solo in proporzione rispetto agli altri creditori, a meno che la caparra non abbia natura penitenziale.
**Esempio 9 – Caparra versata in criptovalute**: Due privati convengono la vendita di un’auto e l’acquirente versa una caparra in Bitcoin. Al momento della stipula l’acquirente recede; il venditore pretende il doppio in Bitcoin. Le parti devono valutare la fluttuazione della criptovaluta: in assenza di clausole, la restituzione dovrà avvenire in euro sulla base del cambio al giorno del recesso.
**Esempio 10 – Caparra e causa di forza maggiore**: Un’agenzia di eventi organizza una convention e richiede una caparra di 5.000 euro per la prenotazione della location. A causa di un’emergenza sanitaria la manifestazione è proibita. Il cliente chiede la restituzione della caparra; l’organizzatore sostiene che si tratta di caparra penitenziale. In realtà la causa di forza maggiore rende impossibile la prestazione e la caparra deve essere restituita; l’organizzatore non può trattenerla.
**Esempio 11 – Caparra e sequestro del bene**: Un’azienda agricola promette di vendere una macchina agricola e riceve una caparra confirmatoria. Prima della stipula, il macchinario viene sottoposto a sequestro giudiziario per un contenzioso fiscale della venditrice. L’acquirente recede e chiede il doppio della caparra. Poiché l’impossibilità deriva da cause non imputabili alle parti, la caparra deve essere restituita senza raddoppio.
**Esempio 12 – Caparra in un contratto turistico**: Una famiglia prenota una villa al mare e versa una caparra del 30% del prezzo. Pochi giorni prima delle vacanze un incendio rende inagibile l’immobile. L’agenzia restituisce la caparra e offre un alloggio alternativo, evitando contenziosi. Se avesse rifiutato, la famiglia avrebbe potuto pretendere il doppio della caparra, essendo il locatore inadempiente.
Questi esempi ulteriori evidenziano la varietà delle fattispecie e l’importanza di prevedere clausole chiare e di conoscere i propri diritti in relazione alla caparra.
Considerazioni finali aggiuntive
Oltre agli aspetti giuridici e fiscali, la questione della caparra coinvolge valori quali la fiducia reciproca, la serietà delle negoziazioni e la tutela degli investimenti. L’esperienza dimostra che le controversie sulla caparra sorgono spesso per l’improvvisazione delle parti o per la mancanza di consulenza adeguata.
L’aggiornamento normativo e giurisprudenziale prosegue: ogni anno la Suprema Corte e le agenzie fiscali emanano pronunce e circolari che influiscono sulla disciplina della caparra. Perciò è consigliabile rivolgersi a professionisti che seguano costantemente l’evoluzione della materia e che sappiano adattare le clausole contrattuali alle esigenze del mercato.
Affidarsi all’avv. Giuseppe Angelo Monardo significa beneficiare di un team che coniuga competenze civilistiche, fiscali e bancarie. La capacità di prevenire il contenzioso, di negoziare con la controparte e di attivare procedure concorsuali o di sovraindebitamento rappresenta un valore aggiunto per il debitore o il contribuente.
La caparra non deve essere vista solo come un ostacolo, ma come uno strumento di equilibrio contrattuale che, se correttamente utilizzato, permette di proteggere entrambe le parti. Preparazione, prudenza e consulenza professionale sono le chiavi per trasformare la caparra in un’alleata e non in una fonte di conflitto.