Istanza di fallimento presentata da un fornitore: come reagire

Introduzione

La crisi economica degli ultimi anni, acuita dalle turbolenze dei mercati e dal rialzo dei costi di approvvigionamento, ha aumentato in maniera significativa il contenzioso tra imprese e fornitori. Sempre più spesso piccoli imprenditori, professionisti e società si trovano a ricevere un’istanza di fallimento (oggi domanda di apertura della liquidazione giudiziale) da parte di un fornitore insoddisfatto. Una tale iniziativa processuale può avere conseguenze gravissime: il patrimonio dell’imprenditore viene spogliato, le attività si bloccano, i rapporti commerciali si interrompono e l’immagine aziendale ne risente pesantemente. Spesso il debitore, ignaro dei propri diritti, non reagisce tempestivamente e commette errori che compromettono la sua possibilità di difesa.

Perché è importante conoscere la materia

  • Rischi elevati: la liquidazione giudiziale priva l’imprenditore della gestione del patrimonio. Il tribunale nomina un curatore che, nell’interesse dei creditori, liquida i beni e distribuisce il ricavato. Una volta aperta, la procedura comporta l’interruzione dell’attività d’impresa e azzera le possibilità di rinegoziazione dei debiti.
  • Errori da evitare: molti debitori trascurano la notifica del ricorso o si affidano a soluzioni improvvisate. Tuttavia la legge prevede termini perentori per contestare l’istanza, depositare memorie difensive, fornire documenti contabili e proporre strumenti alternativi di regolazione della crisi. Una difesa tardiva o inesistente può risultare fatale.
  • Soluzioni esistenti: il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, CCII), entrato pienamente in vigore con le modifiche del 2022–2024, ha introdotto strumenti innovativi di prevenzione e gestione della crisi, come la composizione negoziata, i piani del consumatore, il concordato minore e la liquidazione controllata. Per i debitori commerciali restano validi anche gli accordi di ristrutturazione, i piani attestati e le procedure di definizione agevolata dei debiti fiscali (rottamazione-quater/quinquies).

Presentazione dell’Avv. Giuseppe Angelo Monardo e del suo staff multidisciplinare

L’Avv. Giuseppe Angelo Monardo è un avvocato cassazionista con oltre vent’anni di esperienza nel diritto bancario e tributario. Coordina un team di professionisti qualificati su scala nazionale, composto da avvocati e commercialisti esperti nel contenzioso tributario, nelle procedure concorsuali e nella pianificazione patrimoniale. Le sue qualifiche comprendono:

  • Cassazionista: abilitato al patrocinio dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e alle giurisdizioni superiori.
  • Gestore della crisi da sovraindebitamento (L. 3/2012) iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia, con esperienza in piani del consumatore, accordi di composizione e liquidazioni controllate.
  • Professionista fiduciario di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi): in grado di assistere debitori e consumatori nella predisposizione delle domande e nella gestione delle procedure presso il tribunale competente.
  • Esperto negoziatore della crisi d’impresa ai sensi del D.L. 118/2021: designato dalle Camere di Commercio per la composizione negoziata, un nuovo strumento che consente di negoziare con i creditori sotto la tutela di un esperto indipendente.

Grazie al supporto del suo staff multidisciplinare, l’Avv. Monardo offre un’assistenza completa che spazia dall’analisi dell’atto di citazione alla predisposizione di ricorsi per reclamo, dalla sospensione delle esecuzioni alla negoziazione di piani di rientro con l’agente della riscossione, fino alla presentazione di strumenti alternativi (concordati, piani del consumatore, accordi di ristrutturazione, definizione agevolata). L’obiettivo è fornire al cliente una soluzione personalizzata e prevenire gli effetti devastanti della liquidazione giudiziale.

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Contesto normativo e giurisprudenziale

Evoluzione legislativa: dalla Legge Fallimentare al Codice della crisi d’impresa

Per molti anni la procedura di fallimento è stata disciplinata dal Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Legge Fallimentare). Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 14/2019 e delle sue successive modifiche, il legislatore ha introdotto il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), che ha sostituito progressivamente la Legge Fallimentare. Il termine fallimento è stato sostituito da liquidazione giudiziale, pur mantenendo finalità simili. Nel tempo sono stati emanati numerosi decreti correttivi (D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 136/2024) per adeguare la disciplina alle direttive europee (Direttiva 2019/1023 sulla ristrutturazione e l’insolvenza).

Chi può presentare la domanda di liquidazione giudiziale

L’art. 6 della Legge Fallimentare stabiliva che la dichiarazione di fallimento poteva essere richiesta dal debitore, da uno o più creditori o dal pubblico ministero . La stessa logica è stata ripresa dal nuovo art. 37 CCII, che elenca i soggetti legittimati a presentare la domanda di liquidazione:

  • il debitore;
  • le autorità che svolgono funzioni di controllo o vigilanza;
  • uno o più creditori (tra cui un fornitore insoddisfatto);
  • il pubblico ministero .

Un fornitore, dunque, è pienamente legittimato a chiedere l’apertura della liquidazione giudiziale, a condizione che sia titolare di un credito ammissibile (anche se non definitivamente accertato). La giurisprudenza ha ribadito che la domanda è un’azione processuale di tipo cognitivo: non richiede un credito certo, liquido ed esigibile come nell’esecuzione individuale, ma è sufficiente una pretesa creditoria ragionevolmente fondata .

Presupposti per la liquidazione giudiziale

Per aprire la liquidazione giudiziale occorre verificare due condizioni principali:

  1. Soggettive: il debitore deve essere un imprenditore commerciale che non rientra nelle categorie di impresa minore o impresa agricola. L’art. 2 CCII qualifica l’impresa minore come quella che per tre esercizi consecutivi non supera € 300.000 di attivo, € 200.000 di ricavi e € 500.000 di debiti . Se l’imprenditore rientra in queste soglie, non può subire la liquidazione giudiziale ma dovrà essere sottoposto alla liquidazione controllata.
  2. Oggettive: deve sussistere lo stato di insolvenza, cioè la permanente incapacità dell’imprenditore di adempiere le obbligazioni con mezzi normali. Tale condizione si manifesta con inadempimenti diffusi, protesti, mancato pagamento di imposte e contributi, insolvenza verso i dipendenti e in generale un’incapacità di generare flussi finanziari sufficienti .

Inoltre, la legge prevede un limite minimo di debiti scaduti: la liquidazione non può essere aperta se i debiti scaduti e non pagati risultanti dall’istruttoria sono inferiori a € 30.000 . Questo limite, già previsto dall’art. 15 u.c. della vecchia Legge Fallimentare, viene periodicamente aggiornato. Per le liquidazioni controllate, il limite minimo è € 50.000 .

Procedura di apertura della liquidazione giudiziale

La procedura è disciplinata dagli artt. 40 e 49 CCII. Riassumendo le fasi principali:

  1. Presentazione del ricorso: il creditore deposita una domanda che deve contenere l’indicazione del tribunale competente, del debitore, della descrizione del credito e delle circostanze che provano lo stato di insolvenza. Il tribunale può sospendere la procedura se esistono istanze per strumenti di composizione negoziata (ad esempio, domande di concordato o accordi di ristrutturazione) .
  2. Notifica al debitore: quando la domanda è proposta da un creditore, il tribunale dispone la notifica dell’istanza e del decreto di convocazione all’indirizzo PEC risultante dal registro delle imprese o dal domicilio digitale. Se la notifica via PEC non riesce per causa imputabile al destinatario, si procede con la pubblicazione nell’area riservata del debitore (ex art. 359 CCII), considerandola perfezionata il terzo giorno successivo . Se la mancata notificazione è dovuta ad altre cause, si ricorre alla notifica personale con le modalità degli atti giudiziari (DPR 1229/1959), depositando copia presso il Comune .
  3. Audizione delle parti: entro 45 giorni dalla presentazione del ricorso, il tribunale fissa l’udienza di comparizione del debitore e dei creditori che hanno presentato domanda. Il decreto di convocazione deve essere notificato almeno 15 giorni prima dell’udienza . In udienza il debitore può contestare il credito o lo stato di insolvenza e depositare documentazione contabile.
  4. Sentenza di apertura della liquidazione: se i presupposti sono verificati, il tribunale emette sentenza che apre la liquidazione. La sentenza nomina un giudice delegato e un curatore, ordina al debitore di depositare la contabilità, fissa la data di esame del passivo e dispone la pubblicazione della sentenza . Se i debiti scaduti sono inferiori a € 30.000, la domanda viene rigettata .
  5. Possibilità di reclamo: la sentenza che apre la liquidazione può essere impugnata tramite reclamo da parte del debitore o di qualsiasi interessato entro 30 giorni dalla notificazione o comunicazione. Il reclamo non sospende gli effetti della sentenza, salvo diversa decisione del giudice .

Liquidazione controllata

Se l’impresa non supera le soglie dell’impresa minore oppure è una persona fisica non soggetta a liquidazione giudiziale, può essere avviata la liquidazione controllata, regolata dall’art. 268 CCII. Tale procedimento presenta differenze importanti:

  • Domanda del debitore: il sovraindebitato può chiedere volontariamente la liquidazione controllata per liberarsi dai debiti e ottenere, al termine, il beneficio dell’esdebitazione (discuteremo oltre).
  • Domanda del creditore: il creditore può presentare la domanda se il debitore è insolvente; tuttavia la liquidazione non è aperta se i debiti scaduti sono inferiori a € 50.000 .
  • Sospensione degli interessi: il deposito della domanda sospende il decorso degli interessi convenzionali o legali fino alla chiusura della procedura .
  • Esclusioni: sono esclusi dalla liquidazione gli stipendi, le pensioni, i crediti alimentari e i beni impignorabili .

Giurisprudenza recente sulla legittimazione del fornitore e sull’insolvenza

Le corti italiane hanno delineato in modo sempre più chiaro i criteri per ritenere ammissibile la domanda di liquidazione giudiziale proposta da un creditore e per accertare lo stato di insolvenza. Riassumiamo le pronunce più significative:

  1. Corte di Cassazione n. 1521/2013 e successive: le Sezioni Unite hanno stabilito che il giudice fallimentare deve svolgere un’esame incidentale della sussistenza del credito del ricorrente, senza richiedere che il credito sia giudizialmente accertato . Successive sentenze (Cass. 11421/2014, 576/2015, 15346/2016, 23420/2016) hanno ribadito che la domanda non è un’azione esecutiva ma cognitiva e che, in presenza di contestazioni non manifestamente infondate, il giudice può sospendere la decisione o rigettare l’istanza .
  2. Corte di Cassazione n. 19591/2025: la Suprema Corte ha affermato che un solo creditore può validamente sostenere la domanda di liquidazione giudiziale se il suo credito, seppur unico, è sufficiente a dedurre l’insolvenza; ad esempio, il mancato pagamento di retribuzioni e TFR a un lavoratore è un indizio gravissimo di insolvenza .
  3. Corte di Cassazione n. 26370/2025: la Corte ha ribadito che la legittimazione del creditore non richiede un credito certo e liquido; anche un credito contestato consente di presentare l’istanza, purché il giudice svolga una verifica incidentale sulla verosimiglianza della pretesa .
  4. Corte di Cassazione n. 4406/2025: quando la domanda è basata su un titolo giudiziale (es. sentenza di condanna), il giudice fallimentare deve comunque verificare se vi sono anomalie o contestazioni specifiche. Non basta la mera esistenza del titolo .
  5. Tribunale di Trani 2025: un importante precedente di merito ha respinto la domanda di liquidazione giudiziale presentata da un fornitore perché l’impresa debitrice rientrava nei parametri di impresa minore (attivo < € 300.000, ricavi < € 200.000, debiti < € 500.000). Tuttavia, lo stesso tribunale ha aperto una liquidazione controllata perché il credito del fornitore (circa € 134.000) superava la soglia di € 50.000 e il debitore era insolvente. Il giudice ha nominato il liquidatore, ordinato la sospensione delle azioni esecutive e fissato le operazioni di accertamento .
  6. Corte di Cassazione n. 5591/2025: se durante la procedura il creditore cede il suo credito, il cessionario può intervenire nel procedimento perché vanta lo stesso diritto di credito; ciò non altera la legittimazione originaria .
  7. Corte di Cassazione n. 19167/2025: un fornitore che, una volta aperta la liquidazione, chiede il pagamento in prededuzione (priorità) deve provare la consegna della merce con i documenti di trasporto; le sole fatture non sono sufficienti . Questo principio è essenziale per la tutela dei fornitori nella fase successiva.

Queste pronunce evidenziano la necessità di una valutazione tecnica delle prove e dei requisiti, nonché di un’attenta strategia difensiva da parte del debitore.

Procedura passo‑passo dopo la notifica della domanda

Quando il debitore riceve la notifica del ricorso e del decreto di convocazione, deve attivarsi rapidamente. La cronologia della difesa può essere schematizzata così:

  1. Verifica della legittimità della notifica – Controllare che la notifica sia avvenuta nei modi e nei tempi previsti (PEC o deposito). Un vizio nella notifica può comportare la nullità dell’intero procedimento.
  2. Calcolo dei termini – L’udienza deve tenersi entro 45 giorni dalla presentazione del ricorso e la notifica deve pervenire al debitore almeno 15 giorni prima . Segnare le scadenze aiuta a preparare la difesa.
  3. Raccolta della documentazione – Il debitore deve depositare bilanci, scritture contabili, elenco dei creditori, dichiarazioni fiscali e ogni documento idoneo a dimostrare la solvibilità o lo stato di crisi temporanea.
  4. Analisi del credito vantato dal fornitore – Verificare l’esistenza, l’ammontare e la scadenza del credito. Se il credito è contestato o non liquido, occorre evidenziare l’assenza dei requisiti per la liquidazione giudiziale.
  5. Valutazione dei parametri dell’impresa – Se l’impresa rientra nella categoria di impresa minore (art. 2 CCII) o se i debiti scaduti sono inferiori a € 30.000, si può chiedere il rigetto della domanda .
  6. Esame dello stato di insolvenza – L’insolvenza deve essere attuale e non reversibile. Può essere esclusa se il debitore dimostra di avere crediti in corso di incasso, possibilità di rifinanziamento o accordi con altri creditori. La giurisprudenza ammette che il temporaneo ritardo nei pagamenti non integra insolvenza.
  7. Scelta della strategia – Se l’impresa è effettivamente insolvente ma rientra nei parametri della liquidazione controllata o può accedere ad altri strumenti, conviene proporre un ricorso per concordato minore, accordi di ristrutturazione, piani di ristrutturazione del consumatore o composizione negoziata.
  8. Deposito di memorie difensive – Entro la data dell’udienza si possono depositare memorie e documenti a sostegno della difesa, chiedendo eventualmente la sospensione del procedimento per accedere a uno strumento di composizione.
  9. Udienza – Durante l’udienza, il debitore (assistito dall’avvocato) espone le proprie difese e può richiedere l’ammissione di prove testimoniali o documentali.
  10. Decisione del tribunale – Il giudice può aprire la liquidazione giudiziale, rigettare la domanda o sospenderla. Contro la sentenza è possibile proporre reclamo entro 30 giorni .

Difese e strategie legali del debitore

Contestare l’esistenza o l’ammontare del credito

Una delle prime linee difensive consiste nel contestare il credito. Se il credito del fornitore è fondato su fatture non accettate, consegne mai effettuate o importi gonfiati, il debitore deve fornire prove contrarie (es. ordini annullati, corrispondenza, estratti conto). Poiché la domanda di liquidazione giudiziale è azione cognitiva, non serve una decisione definitiva ma basta che il giudice nutra dubbi sulla fondatezza del credito . Nel caso di fornitura di beni, è importante verificare se la merce è stata effettivamente consegnata e se il documento di trasporto è firmato da un soggetto autorizzato .

Dimostrare l’assenza di insolvenza

Se l’impresa attraversa una fase temporanea di tensione finanziaria ma dispone di patrimonio sufficiente o di linee di credito per far fronte ai debiti, non si può parlare di insolvenza. Il debitore può dimostrare:

  • Piani di rientro in corso con banche o fornitori;
  • Garanzie personali o patrimoniali di soci o terzi che assicurano il pagamento;
  • Crediti certi, liquidi ed esigibili in via di incasso;
  • Accesso a strumenti di composizione come il concordato preventivo o la composizione negoziata.

Se l’insolvenza è contestata, il giudice potrebbe rigettare la domanda o rinviarla per approfondimenti .

Dimostrare che l’impresa è minore o agricola

Se l’impresa rientra nella definizione di impresa minore (art. 2 CCII), non può essere assoggettata a liquidazione giudiziale ma solo a liquidazione controllata. I tre parametri (attivo, ricavi e debiti) devono essere documentati attraverso i bilanci o le dichiarazioni fiscali degli ultimi tre anni . In tal caso l’istanza di liquidazione giudiziale deve essere respinta .

Analogamente, l’impresa agricola gode di un regime peculiare. Pur se di grandi dimensioni, può evitare la liquidazione giudiziale grazie alle procedure agricole o alla liquidazione controllata, secondo una recente interpretazione estensiva della Cassazione.

Rinvio per trattare strumenti di composizione

Il CCII incentiva soluzioni negoziali. Se l’imprenditore ha già presentato o intende presentare una domanda di concordato preventivo, concordato minore, accordo di ristrutturazione o ha avviato la composizione negoziata, può chiedere al tribunale di sospendere la decisione e attendere l’esito della procedura. L’art. 40, comma 4 CCII prevede che se pende un ricorso per concordato preventivo o altri strumenti, il tribunale può nominare un commissario giudiziale per tutelare gli interessi del creditore ricorrente .

Proporre la liquidazione controllata

Se l’impresa è un impresa minore o una persona fisica sovraindebitata, la liquidazione controllata può costituire un’alternativa meno traumatica. La procedura, prevista dall’art. 268 CCII, permette al debitore di liquidare il proprio patrimonio sotto il controllo di un giudice e di un liquidatore, ottenendo al termine la esdebitazione. La liquidazione controllata può essere richiesta dal creditore solo se i debiti scaduti superano € 50.000 .

Il debitore può eccepire l’assenza del requisito oggettivo (debiti scaduti inferiori a 50 mila euro) o dimostrare che non vi sono beni liquidabili (art. 268, comma 3) per evitare l’apertura .

Presentare domanda di composizione negoziata

Il D.L. 118/2021, convertito in L. 147/2021, ha istituito la composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, un procedimento di carattere stragiudiziale in cui un esperto indipendente (nominato dalla Camera di Commercio) assiste l’imprenditore nella negoziazione con creditori, banche e dipendenti. L’Avv. Monardo, quale esperto negoziatore, può aiutare l’imprenditore a presentare l’istanza sulla piattaforma nazionale, ottenendo misure protettive temporanee (sospensione delle azioni esecutive) e elaborando un piano di risanamento. Se la composizione riesce, la domanda di liquidazione giudiziale diventa superflua.

Concordato minore e concordato preventivo

Il concordato minore (art. 74 CCII) è riservato agli imprenditori non fallibili (impresa minore o agricola) che vogliono continuare l’attività. La proposta prevede il soddisfacimento, anche parziale, dei crediti e può prevedere la suddivisione dei creditori in classi . È necessario l’apporto di risorse esterne se il piano è liquidatorio . L’Avv. Monardo e il suo team possono predisporre un piano sostenibile, dialogare con i creditori e presentare la proposta al giudice.

Il concordato preventivo, destinato alle imprese commerciali maggiori, consente di proporre un piano di ristrutturazione con pagamento parziale dei creditori. Richiede l’adesione dei creditori e l’omologazione del tribunale.

Accordi di ristrutturazione dei debiti

Gli accordi di ristrutturazione (art. 57 CCII) sono conclusi dall’imprenditore in crisi o insolvente con creditori che rappresentino almeno il 60 % dei crediti e devono assicurare il pagamento integrale dei creditori estranei entro 120 giorni . Un professionista indipendente certifica la veridicità dei dati e la fattibilità del piano . Questa procedura, una volta omologata, sospende le azioni esecutive e permette di rinegoziare il debito senza la stigma della liquidazione giudiziale.

Piani di ristrutturazione del consumatore

I piani del consumatore (artt. 67–72 CCII) consentono alle persone fisiche (non imprenditori) di proporre un piano con l’assistenza dell’Organismo di Composizione della Crisi (OCC). La procedura è molto tecnica: la domanda deve essere presentata tramite l’OCC, che redige una relazione sulle cause dell’indebitamento e sulla meritevolezza del debitore. L’art. 67 prevede che il piano possa prevedere la falcidia dei debiti, comprese le cessioni del quinto, e la moratoria sui crediti privilegiati . Il giudice omologa il piano senza votazione da parte dei creditori. Questa soluzione è particolarmente vantaggiosa per professionisti, soci di società di persone o ex imprenditori che abbiano accumulato debiti personali.

Piano attestato di risanamento

Oltre agli accordi di ristrutturazione, il CCII (art. 56) riconosce i piani attestati di risanamento: piani predisposti dall’imprenditore con l’ausilio di un professionista attestatore che certifica la veridicità dei dati e la fattibilità del piano. Se credibile, il piano consente di evitare la liquidazione giudiziale, beneficia di protezioni in caso di revocatoria e può essere omologato.

Definizione agevolata e rottamazione delle cartelle

Per i debiti fiscali iscritti a ruolo, il legislatore ha introdotto negli ultimi anni varie edizioni della cosiddetta rottamazione o definizione agevolata. L’ultima misura, denominata “Rottamazione-quater” (commi 231–252 della L. 197/2022) e successivamente “Rottamazione-quinquies”, ha permesso ai contribuenti di estinguere i debiti affidati all’agente della riscossione dal 2000 al 2022 versando le sole imposte e le spese di notifica, con la possibilità di rateizzare.

La Legge 15/2025 di conversione del Decreto Milleproroghe 2024 ha previsto la riammissione dei contribuenti decaduti dalla rottamazione-quater:

  • I debitori che non hanno pagato o hanno pagato in ritardo le rate previste fino al 31 dicembre 2024 possono ripresentare la domanda entro 30 aprile 2025 .
  • Il pagamento delle somme dovute (interessi 2 % annuo a decorrere dal 1° novembre 2023) deve essere effettuato in un’unica soluzione entro 31 luglio 2025 o in dieci rate (prime due il 31 luglio e il 30 novembre 2025, le successive entro il 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre degli anni 2026–2027) .
  • L’agente della riscossione comunica l’importo dovuto entro il 30 giugno 2025 e le dilazioni in corso sono revocate dal 31 luglio 2025 .

Il ricorso alla rottamazione può sospendere le azioni esecutive e ridurre il debito fiscale. L’Avv. Monardo, insieme ai commercialisti dello studio, analizza i carichi iscritti a ruolo e verifica l’idoneità alla definizione agevolata.

Esdebitazione

L’esdebitazione consiste nella liberazione dai debiti rimasti insoddisfatti dopo la chiusura della procedura. L’art. 278 CCII stabilisce che l’esdebitazione comporta l’inesigibilità dei crediti rimasti insoddisfatti e rimuove le cause di ineleggibilità e decadenza collegate all’apertura della liquidazione giudiziale . Essa è accessibile a tutti i debitori – anche società – e produce effetto anche per i soci illimitatamente responsabili .

L’esdebitazione non copre:

  • gli obblighi di mantenimento e alimentari;
  • i debiti per risarcimento del danno da illecito extracontrattuale;
  • le sanzioni penali e amministrative pecuniarie non accessorie .

L’art. 280 elenca le condizioni di meritevolezza: il debitore non deve essere stato condannato per bancarotta fraudolenta o per reati economici; non deve aver distratto l’attivo; non deve aver aggravato o causato il dissesto; non deve aver ostacolato la procedura; non deve aver beneficiato di altra esdebitazione nei cinque anni precedenti; non può ottenerla più di due volte . Tali requisiti mirano a evitare abusi e premiano il debitore che ha collaborato con la procedura .

Strumenti alternativi e soluzioni operative

Composizione negoziata della crisi

La composizione negoziata (art. 12–25 CCII) si basa su un esperto indipendente che aiuta l’impresa a trattare con creditori e banche, proteggendola dalle azioni esecutive tramite misure protettive e cautelari. L’accesso richiede l’analisi dell’andamento aziendale e la redazione di un piano di risanamento. I vantaggi includono la continuità aziendale, la possibilità di ottenere nuovi finanziamenti prededucibili e di definire accordi con i creditori. Per piccole imprese in difficoltà, questa procedura rappresenta un salvagente prima che il fornitore presenti la domanda di liquidazione.

Concordato preventivo

Il concordato preventivo rimane la procedura concorsuale classica per le imprese commerciali insolventi. È proposto dal debitore e prevede la ristrutturazione del debito o la liquidazione parziale. Richiede la votazione dei creditori e l’omologazione. La domanda di concordato sospende la decisione sulla liquidazione giudiziale (art. 40, comma 4 CCII) e consente al debitore di presentare un piano credibile, eventualmente con l’apporto di risorse esterne.

Concordato minore

Disponibile per l’imprenditore minore o agricolo, consente di continuare l’attività o liquidare con l’apporto di risorse esterne. La proposta deve prevedere il pagamento, anche parziale, dei crediti e può suddividere i creditori in classi . Il tribunale verifica la fattibilità del piano e l’aderenza ai principi di par condicio e prelazione .

Accordi di ristrutturazione

Si tratta di accordi sottoscritti da creditori che rappresentano almeno il 60 % dei crediti complessivi e omologati dal tribunale. Devono garantire il pagamento integrale dei creditori non aderenti entro 120 giorni . L’imprenditore ottiene la sospensione delle azioni esecutive e, con l’omologazione, l’accordo diventa vincolante anche per i creditori estranei.

Piano di ristrutturazione del consumatore

Previsto per le persone fisiche e per i soci, permette di proporre un piano con l’assistenza dell’OCC. Il piano può prevedere falcidie, dilazioni, moratorie e la ristrutturazione dei debiti garantiti da cessione del quinto . È omologato dal giudice senza votazione, garantendo una soluzione equa.

Liquidazione controllata

È la procedura concorsuale riservata ai debitori non fallibili. Può essere richiesta dal debitore o dal creditore (con limite € 50.000). Alla chiusura, se il debitore è meritevole, può beneficiare dell’esdebitazione (art. 278–280 CCII).

Definizione agevolata dei debiti fiscali (rottamazione)

La definizione agevolata consente di estinguere i debiti iscritti a ruolo pagando solo l’imposta e gli interessi ridotti, con rate fino a 10 anni. È un’opzione da valutare prima che l’agente della riscossione avvii azioni esecutive. Le riaperture dei termini (Decreto Milleproroghe) hanno dato una nuova chance ai contribuenti decaduti .

Esempio di simulazione pratica

Immaginiamo l’impresa Alfa S.r.l., un’azienda di marketing con ricavi annui di € 250.000. Un fornitore che ha fornito servizi di consulenza per € 40.000 non è stato pagato. Presenta domanda di liquidazione giudiziale. Ecco come può reagire Alfa S.r.l.:

  1. Controllo dei parametri – Negli ultimi tre anni Alfa S.r.l. ha registrato un attivo di € 200.000, ricavi di € 250.000 e debiti complessivi di € 450.000. Supera il parametro dei ricavi, quindi non è un’impresa minore. Tuttavia, i debiti scaduti al momento della domanda sono € 35.000 (credito del fornitore) + € 5.000 di contributi; totale € 40.000. Non raggiungono la soglia di € 50.000 per la liquidazione controllata e, soprattutto, la soglia di € 30.000 per la liquidazione giudiziale non è superata solo dal credito del fornitore.
  2. Contestazione del credito – Alfa S.r.l. dimostra che il fornitore ha emesso fatture per prestazioni non rese, presentando scambi di e‑mail e report non consegnati. Il giudice valuta l’esistenza del credito come controversa e ritiene l’istanza inammissibile secondo la giurisprudenza .
  3. Piano di composizione – Nonostante la contestazione, Alfa S.r.l. propone un accordo di ristrutturazione con i creditori (banche e fornitori). Ottiene l’adesione del 70 % dei creditori e presenta il piano per l’omologazione. I creditori estranei saranno pagati entro 120 giorni. Nel frattempo la domanda di liquidazione giudiziale viene sospesa e, al termine, dichiarata improcedibile.
  4. Definizione agevolata – Per i debiti fiscali (cartelle per € 15.000) Alfa S.r.l. aderisce alla “Rottamazione-quater”, ottenendo la rateizzazione in 10 anni. Questo consente di ridurre l’esposizione complessiva e liberare risorse.

Errori comuni da evitare

  1. Ignorare la notifica – Trascurare la notifica della domanda è l’errore più grave. La mancata comparizione in udienza può portare all’apertura automatica della liquidazione.
  2. Non depositare la documentazione – Senza bilanci, elenchi dei creditori e scritture contabili, il giudice presumerà l’insolvenza e aprirà la procedura.
  3. Confondere la liquidazione giudiziale con l’esecuzione individuale – Alcuni debitori pensano che sia necessario un credito certo e liquido; in realtà la domanda di liquidazione si fonda su un’analisi incidentale del credito.
  4. Ritardare la ricerca di un avvocato – Ogni giorno di ritardo riduce le possibilità di predisporre un piano alternativo o di contestare efficacemente il credito.
  5. Sottovalutare gli strumenti alternativi – Molti imprenditori ignorano la composizione negoziata, il concordato minore, gli accordi di ristrutturazione e la definizione agevolata. Un approccio passivo conduce quasi sempre alla liquidazione.

Tabella riepilogativa: norme e strumenti difensivi

AspettoRiferimento normativo / giurisprudenzialeSoglia / contenuto essenziale
Legittimazione a richiedere la liquidazioneArt. 6 Legge Fallimentare; art. 37 CCIIDebitore, creditori, autorità di vigilanza, pubblico ministero
Limite minimo debiti per liquidazione giudizialeArt. 49 CCIIDebiti scaduti ≥ € 30.000
Limite minimo debiti per liquidazione controllataArt. 268 CCIIDebiti scaduti ≥ € 50.000
Definizione impresa minoreArt. 2 CCIIAttivo ≤ € 300.000, ricavi ≤ € 200.000, debiti ≤ € 500.000 (tre esercizi)
EsdebitazioneArtt. 278–280 CCIILiberazione dai debiti rimasti insoddisfatti; condizioni di meritevolezza
Concordato minoreArt. 74 CCIIProposta di soddisfacimento parziale, classi di creditori, apporto di risorse esterne
Accordi di ristrutturazioneArt. 57 CCIIAdesione di almeno il 60 % dei crediti; pagamento integrale dei creditori estranei entro 120 giorni
Piani di ristrutturazione del consumatoreArtt. 67–72 CCIIPiano proposto con l’OCC; possibile falcidia dei crediti e ristrutturazione dei debiti garantiti
Definizione agevolata (Rottamazione-quater)L. 15/2025; art. 3‑bis D.L. 202/2024Riammissione dei decaduti; domanda entro 30 aprile 2025; pagamento in unica soluzione entro 31 luglio 2025 o in 10 rate

Domande frequenti (FAQ)

  1. Cosa devo fare quando ricevo un’istanza di fallimento da parte di un fornitore?

È fondamentale contattare immediatamente un avvocato. Verifica la legittimità della notifica, raccogli la documentazione (bilanci, estratti conto, corrispondenza con il fornitore) e valuta se il credito è contestabile. In alcuni casi puoi chiedere la sospensione del procedimento per presentare una domanda di concordato o di accordo di ristrutturazione.

  1. Se ho un solo creditore che chiede la liquidazione, può bastare?

Sì. La Corte di Cassazione ha affermato che basta un solo creditore per aprire la liquidazione giudiziale se il credito è sufficientemente documentato. Ad esempio, il mancato pagamento di retribuzioni ai dipendenti è un grave indizio di insolvenza .

  1. Come posso dimostrare che non sono insolvente?

Devi dimostrare che il ritardo nei pagamenti è temporaneo e che esistono risorse per far fronte ai debiti: crediti esigibili, finanziamenti in corso, beni prontamente liquidabili. Presenta bilanci aggiornati e piani di rientro con le banche. Una contestazione credibile può indurre il giudice a rigettare la domanda. .

  1. Qual è la differenza tra liquidazione giudiziale e liquidazione controllata?

La liquidazione giudiziale (ex fallimento) si applica alle imprese commerciali maggiori; comporta la spossessione dell’imprenditore e la nomina di un curatore. La liquidazione controllata è riservata ai debitori non fallibili (imprese minori o persone fisiche): non presuppone necessariamente la cessazione dell’attività, i debiti scaduti devono essere almeno € 50.000 , e al termine è prevista l’esdebitazione.

  1. Se l’impresa è un’“impresa minore”, può essere dichiarata fallita?

No. L’impresa minore, definita dall’art. 2 CCII (attivo ≤ € 300.000, ricavi ≤ € 200.000, debiti ≤ € 500.000), non può essere sottoposta a liquidazione giudiziale. Può essere assoggettata solo a liquidazione controllata .

  1. Quali sono i termini per impugnare la sentenza di apertura della liquidazione?

Il debitore può proporre reclamo alla corte d’appello entro 30 giorni dalla notificazione o comunicazione della sentenza. Il reclamo non sospende automaticamente l’efficacia della sentenza, salvo decisione del giudice .

  1. Posso proporre un concordato preventivo anche dopo la presentazione dell’istanza di fallimento?

Sì. La normativa consente di presentare una domanda di concordato preventivo o di concordato minore anche dopo la notifica dell’istanza. Il tribunale può sospendere la decisione sulla liquidazione e nominare un commissario giudiziale .

  1. Che documentazione devo depositare per il piano del consumatore?

La domanda deve essere presentata tramite l’OCC e deve contenere l’elenco dei creditori, la composizione del patrimonio, le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni, gli stipendi e tutte le altre entrate, con indicazione di quanto occorre al mantenimento della famiglia .

  1. È possibile ottenere la sospensione degli interessi nel corso della procedura?

Sì. Il deposito della domanda di liquidazione controllata sospende il decorso degli interessi convenzionali e legali fino alla chiusura della procedura . Lo stesso vale per la domanda di piano del consumatore (art. 68) .

  1. Se la mia impresa è stata cancellata dal registro da meno di un anno, posso comunque essere dichiarato fallito?

Sì. L’istanza di liquidazione può essere proposta entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese (art. 35 CCII). La Cassazione e i tribunali di merito hanno applicato estensivamente questa regola. Tuttavia, se l’impresa è minore, si applica la liquidazione controllata e la procedura di concordato minore.

  1. Che effetti ha la cessione del credito durante la procedura?

Se il creditore che ha presentato l’istanza cede il proprio credito, il cessionario può intervenire nel processo e proseguire la domanda, perché la legittimazione deriva dal credito stesso .

  1. Posso difendermi dimostrando che il fornitore ha già ottenuto pagamenti?

Sì. Se il debitore ha già pagato in parte il fornitore o ha fornito compensazioni (es. note di credito, resi), deve documentarlo. La riduzione del credito potrebbe fare scendere i debiti scaduti sotto la soglia minima per la liquidazione giudiziale.

  1. Cos’è l’esdebitazione e quali debiti restano esclusi?

L’esdebitazione è il beneficio che consente al debitore di liberarsi dai debiti insoddisfatti dopo la chiusura della procedura. Ne sono esclusi gli obblighi di mantenimento, i debiti da risarcimento per illecito extracontrattuale e le sanzioni penali o amministrative pecuniarie . Per accedervi non devi avere condanne per bancarotta fraudolenta e non devi aver ostacolato la procedura .

  1. Come funziona la riammissione alla rottamazione-quater?

La Legge 15/2025 consente ai debitori decaduti per mancato pagamento delle rate di essere riammessi presentando la domanda entro il 30 aprile 2025. Il pagamento deve avvenire in unica soluzione entro il 31 luglio 2025 o in dieci rate con scadenze fino al 2027, con interessi al 2 % .

  1. In quali casi conviene accedere alla composizione negoziata?

La composizione negoziata è consigliata quando l’impresa ha margini di risanamento ma necessita di tempo e protezione dalle azioni esecutive. Permette di negoziare con banche, fornitori e dipendenti sotto la guida di un esperto, senza subire immediatamente la liquidazione giudiziale.

  1. Se non ho beni da liquidare, posso evitare la liquidazione controllata?

Sì. L’art. 268, comma 3 CCII prevede che, se l’OCC attesta che non è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori, neppure mediante azioni giudiziarie, il giudice non apre la liquidazione controllata .

  1. Le procedure concorsuali bloccano i pignoramenti e i fermi amministrativi?

L’apertura della liquidazione giudiziale sospende automaticamente i pignoramenti individuali; allo stesso modo, l’apertura della liquidazione controllata o l’omologazione di un accordo di ristrutturazione impediscono l’esecuzione di azioni individuali sui beni. In presenza di un fermo amministrativo, è possibile chiedere al giudice di autorizzare l’utilizzo del veicolo per l’attività lavorativa.

  1. La mia azienda agricola può essere assoggettata alla liquidazione giudiziale?

Dopo le modifiche del CCII non esiste più una totale esenzione per le imprese agricole. Se l’azienda agricola supera le soglie dell’impresa minore ed esercita un’attività agricola su vasta scala, il tribunale potrebbe applicare la liquidazione giudiziale (Cfr. art. 2 CCII). In ogni caso, le aziende agricole possono accedere alla composizione negoziata e al concordato preventivo.

  1. Cosa succede ai beni personali dei soci?

Nelle società di capitali (S.r.l. e S.p.A.) la responsabilità è limitata al patrimonio sociale. Tuttavia, i soci che hanno concesso garanzie personali (fideiussioni) rimangono obbligati e le loro case possono essere pignorate. Nelle società di persone, i soci illimitatamente responsabili rispondono anche con il patrimonio personale e devono valutare la possibilità di richiedere l’esdebitazione .

  1. Come posso prevenire l’istanza di fallimento?

La miglior difesa è la prevenzione. Monitora costantemente l’indebitamento, mantieni aggiornate le scritture contabili, negozia con i creditori e valuta la composizione negoziata al primo segnale di crisi. Rivolgiti a professionisti competenti per pianificare un’eventuale ristrutturazione o per aderire alle definizioni agevolate fiscali.

Conclusione

L’istanza di fallimento presentata da un fornitore rappresenta una delle minacce più serie per la sopravvivenza di un’impresa. Tuttavia, come abbiamo visto, la legge offre numerosi strumenti per reagire efficacemente. Contestare il credito, dimostrare l’assenza di insolvenza, eccepire lo status di impresa minore o proporre strumenti alternativi come il concordato minore, gli accordi di ristrutturazione, i piani del consumatore e la rottamazione possono evitare l’apertura della liquidazione giudiziale. In ogni fase è indispensabile l’assistenza di un professionista esperto che conosca la normativa e la giurisprudenza più recente.

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Agire tempestivamente è essenziale. Ritardare la reazione consente ai creditori di ottenere la liquidazione e di aggredire il patrimonio, con conseguenze irreversibili. Al contrario, una strategia proattiva può trasformare la crisi in un’opportunità per ristrutturare l’azienda e ripartire con una posizione più solida.

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