Diffida Legale Da Parte Di Un Ex Socio: Cosa Significa E Come Reagire

Introduzione

Ricevere una diffida legale da parte di un ex socio è un evento che può mettere in seria apprensione qualsiasi imprenditore o professionista. La diffida è una comunicazione formale, normalmente trasmessa tramite posta elettronica certificata o raccomandata con avviso di ricevimento, con la quale si invita il destinatario a compiere un’azione (ad esempio, pagare una somma di denaro) oppure a cessare un comportamento ritenuto illecito. Nel linguaggio giuridico, la diffida serve a costituire il debitore in mora ai sensi dell’articolo 1219 del codice civile; ciò significa che, dopo la ricezione dell’atto, l’obbligato non può più eccepire la propria buona fede e iniziano a maturare gli interessi di mora . Inoltre, l’intimazione interrompe la prescrizione del credito (art. 2943 c.c.) e, se contenente l’espressione chiara di voler far valere il proprio diritto, può essere utilizzata come prova scritta in un eventuale giudizio . Pertanto, ignorare o sottovalutare una diffida equivale a esporsi a un possibile processo con relative spese e possibili pignoramenti.

Nel contesto societario la questione è ancora più delicata. A seguito della chiusura di una società di capitali o di persone, gli ex soci possono rimanere esposti a rivendicazioni economiche da parte di altri soci o di creditori sociali. La giurisprudenza più recente della Corte di Cassazione ha precisato che, dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese, i creditori possono agire nei confronti dei soci solo entro il limite di quanto da questi ricevuto in sede di liquidazione ; tuttavia, la Suprema Corte ha anche riconosciuto che vi è un interesse dinamico del creditore a ottenere una pronuncia giudiziale anche quando il socio non abbia percepito somme, poiché la sentenza potrà essere utilizzata per eventuali sopravvenienze attive . È quindi possibile che un ex socio riceva una diffida dal collega che ha pagato debiti sociali o dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione per il recupero di imposte, con richieste di importi rilevanti e intimazioni di esecuzione forzata.

Questo articolo, aggiornato a novembre 2025, si propone di fornire una guida completa e pratica per chi si trova a dover gestire una diffida proveniente da un ex socio. Verranno analizzati il quadro normativo e giurisprudenziale vigente, le procedure da seguire dopo la notifica dell’atto, le strategie difensive e gli strumenti alternativi per la risoluzione del debito. L’obiettivo è fornire a imprenditori, professionisti e privati un vademecum chiaro e autorevole per difendere i propri diritti e valutare le opzioni disponibili.

Presentazione dell’Avv. Giuseppe Angelo Monardo

L’Avv. Giuseppe Angelo Monardo è un avvocato cassazionista con una comprovata esperienza nel diritto bancario e tributario. Coordina uno staff multidisciplinare di avvocati e commercialisti operanti su tutto il territorio nazionale, specializzati in diritto societario, contenzioso tributario e diritto dell’esecuzione. È Gestore della crisi da sovraindebitamento ex Legge 3/2012 e risulta iscritto negli elenchi ministeriali degli Organismi di Composizione della Crisi (OCC) . In qualità di professionista fiduciario di un OCC, affianca persone fisiche e imprese nella predisposizione di piani del consumatore, accordi di ristrutturazione e liquidazioni patrimoniali. Inoltre, è esperto negoziatore della crisi d’impresa ai sensi del D.L. 118/2021 e della sua normativa di attuazione; ciò gli consente di assistere le imprese in difficoltà nella procedura di composizione negoziata introdotta dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza .

Lo studio da lui coordinato è in grado di:

  • Analizzare la diffida ricevuta, verificandone la validità formale, i presupposti giuridici e l’eventuale decadenza o prescrizione del diritto fatto valere.
  • Gestire i ricorsi e le opposizioni contro atti impositivi e ingiunzioni di pagamento, presentando istanze di sospensione e impugnazioni davanti alle commissioni tributarie e ai tribunali competenti.
  • Sospendere o bloccare le azioni esecutive, richiedendo la sospensione giudiziale o amministrativa e proponendo piani di rientro che evitino pignoramenti e fermi amministrativi.
  • Trattare con i creditori, predisponendo proposte di saldo e stralcio, accordi transattivi o accesso a strumenti di definizione agevolata dei debiti (ad esempio, rottamazione dei carichi esattoriali ).
  • Elaborare piani personalizzati di ristrutturazione del debito, grazie agli strumenti previsti dalla Legge 3/2012 (piano del consumatore, accordo di ristrutturazione, liquidazione controllata) e dalle procedure di composizione negoziata della crisi d’impresa.

Se hai ricevuto una diffida da un ex socio o da un creditore della tua società, non rimandare: analizzare tempestivamente la situazione è fondamentale per evitare costi aggiuntivi e limitare i rischi di esecuzioni forzate. 📩 Contatta subito qui di seguito l’Avv. Giuseppe Angelo Monardo per una valutazione legale personalizzata e immediata.

1. Contesto normativo e giurisprudenziale

Per comprendere come reagire a una diffida proveniente da un ex socio occorre innanzitutto delineare il quadro normativo e giurisprudenziale che disciplina i rapporti tra soci dopo lo scioglimento della società, la validità della diffida quale atto di costituzione in mora, nonché le particolari regole che si applicano ai debiti fiscali. Le principali fonti a cui si farà riferimento sono il codice civile (in particolare gli articoli 1219, 1454, 2495 e 2280 c.c.), il D.P.R. 602/1973 in materia di riscossione delle imposte, la Legge 3/2012 sulla composizione della crisi da sovraindebitamento e le più recenti sentenze della Corte di Cassazione.

1.1 La diffida: funzione e valore giuridico

Cos’è la diffida legale. La diffida è una comunicazione formale con valore legale che il creditore invia al debitore per invitarlo ad adempiere a un’obbligazione o a cessare un comportamento. Secondo l’articolo 1219 c.c. (costituzione in mora), il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto. La Suprema Corte ha chiarito che l’atto di costituzione in mora consiste nella manifesta volontà del creditore di pretendere l’adempimento e di non voler tollerare ulteriori ritardi . Affinché la diffida produca effetti interruttivi della prescrizione deve contenere:

  • l’indicazione del debitore, cioè del soggetto obbligato;
  • l’esplicitazione della pretesa (importo o condotta dovuta);
  • la richiesta scritta di adempimento entro un termine congruo;
  • la volontà inequivoca di costituire il debitore in mora .

Una diffida priva di questi elementi potrebbe non interrompere la prescrizione e non costituire validamente in mora il debitore. La Cassazione ha precisato che persino una fattura può costituire atto di costituzione in mora solo se riporta l’indicazione del termine per il pagamento e l’avviso che il mancato pagamento costituirà il debitore in mora .

Effetti della diffida. L’invio della diffida comporta diverse conseguenze:

  1. Costituzione in mora del debitore – l’obbligato diventa formalmente inadempiente; da quel momento decorrono gli interessi moratori e il creditore può chiedere eventuali danni.
  2. Interruzione della prescrizione – l’atto interrompe la prescrizione del credito (art. 2943 c.c.). Una diffida formulata da un avvocato con linguaggio tecnico ha maggiore efficacia e può essere utilizzata come prova in giudizio .
  3. Preavviso di azione giudiziaria – l’avviso rappresenta l’ultima possibilità di definire bonariamente la controversia. Ignorare la diffida può portare a un decreto ingiuntivo o a un’azione civile da parte del mittente.
  4. Possibile funzione risolutiva – quando la diffida viene inviata ai sensi dell’art. 1454 c.c. (diffida ad adempiere), la parte inadempiente è messa al corrente che, trascorso inutilmente il termine concesso (non inferiore a 15 giorni salvo diverso accordo), il contratto si intenderà risolto di diritto.

1.2 Responsabilità degli ex soci dopo la cancellazione della società

L’argomento centrale della diffida da parte di un ex socio concerne la responsabilità dei soci dopo lo scioglimento di una società. La norma di riferimento per le società di capitali è l’art. 2495 c.c., il quale dispone che, dopo l’approvazione del bilancio finale di liquidazione e la cancellazione dal registro delle imprese, i creditori sociali possono agire nei confronti dei soci entro il limite delle somme da essi riscosse in base al bilancio di liquidazione . Questa norma è stata oggetto di numerose interpretazioni giurisprudenziali. Le sezioni unite della Cassazione, nella sentenza 12 febbraio 2025 n. 3625, hanno affermato che:

  • la cancellazione dal registro non determina l’estinzione immediata di tutti i rapporti pendenti, ma il fenomeno della “successione” dei soci nella titolarità attiva e passiva delle posizioni giuridiche non definite ;
  • i soci rispondono dei debiti sociali solo nei limiti di quanto ricevuto in sede di liquidazione, salvo il caso dei soci illimitatamente responsabili ;
  • l’Agenzia delle Entrate, per pretendere il pagamento dai soci di una società cancellata, deve emanare un atto impositivo autonomo e motivato nei confronti di ciascun socio, non essendo sufficiente l’avviso di accertamento originariamente notificato alla società ;
  • la responsabilità dei soci trova fondamento non solo nell’art. 2495 c.c., ma anche nell’art. 36, comma 3, del D.P.R. 602/1973, che consente all’amministrazione finanziaria di rivalersi sui soci per i debiti tributari residui.

La pronuncia del 2025 ha segnato un’importante svolta. In precedenza la giurisprudenza tendeva a ritenere che, una volta cancellata la società, il socio potesse essere chiamato a rispondere senza necessità di un nuovo atto impositivo. La Cassazione ha invece affermato l’opposto: l’accertamento originario si rivolge alla persona giuridica estinta e non può essere esteso automaticamente ai soci senza una motivazione specifica . Ne deriva che il socio destinatario della diffida potrà eccepire l’assenza dell’atto impositivo a suo carico e l’inefficacia della pretesa se non ha percepito somme dalla liquidazione.

Oltre al codice civile, un ruolo fondamentale è svolto dall’art. 36 del D.P.R. 602/1973. Tale disposizione, al terzo comma, stabilisce che i soci, i liquidatori e gli amministratori che, nei due periodi d’imposta precedenti la messa in liquidazione, abbiano ricevuto denaro o beni sociali, sono responsabili solidalmente per il pagamento delle imposte dovute dalla società nei limiti del valore di tali beni . La norma mira a impedire che, alla vigilia della liquidazione, vengano distribuiti beni ai soci o ai liquidatori lasciando insoddisfatto il fisco. Se un socio ha percepito somme o beni nell’imminenza dello scioglimento, l’amministrazione finanziaria potrà agire nei suoi confronti chiedendo la restituzione delle somme sino a concorrenza del debito tributario. La responsabilità è solidale, il che significa che il Fisco può rivolgersi a uno qualunque dei soggetti obbligati per l’intero importo; chi paga avrà poi diritto di regresso verso gli altri responsabili.

1.3 Interventi giurisprudenziali successivi

Dopo la sentenza n. 3625/2025 delle sezioni unite, la Corte di Cassazione ha ulteriormente chiarito alcuni aspetti della responsabilità degli ex soci:

  1. Principio dell’interesse dinamico – con l’ordinanza 1 luglio 2025 n. 17734, la Corte ha riconosciuto che il creditore può avere interesse ad agire contro gli ex soci anche se essi non hanno percepito alcunché dalla liquidazione. Il giudizio potrebbe infatti rivelarsi utile per aggredire eventuali sopravvenienze attive che dovessero emergere successivamente . Ciò significa che l’ex socio può essere citato in giudizio a mero scopo precauzionale e si vedrà attribuire la qualifica di litisconsorte necessario.
  2. Esclusione di responsabilità per l’ex socio cedente – con l’ordinanza 28 agosto 2025 n. 24135, la Cassazione ha precisato che colui che ha trasferito la propria partecipazione prima della cancellazione della società non risponde dei debiti maturati successivamente . Di conseguenza, l’ex socio che ha ceduto le quote può eccepire l’estraneità alla pretesa.

Questi precedenti confermano l’importanza di verificare attentamente il momento in cui si è usciti dalla compagine sociale e se, in sede di liquidazione, si è ricevuto qualcosa. La diffida proveniente da un ex socio che ha estinto un debito sociale o dall’amministrazione finanziaria dovrà tenere conto di tali elementi; diversamente, potrà essere contestata per difetto di legittimazione passiva.

1.4 Crisi da sovraindebitamento e composizione negoziata

Quando la diffida riguarda debiti di entità rilevante e il soggetto non riesce a farvi fronte, possono risultare utili gli strumenti di composizione della crisi introdotti dalla Legge 3/2012 e dal D.L. 118/2021. Secondo il Ministero della Giustizia, le procedure di accordo di composizione della crisi, piano del consumatore e liquidazione controllata dei beni consentono ai debitori civili e ai piccoli imprenditori di trovare un accordo con i creditori e ottenere l’esdebitazione, assistiti da un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) . La normativa disciplina criteri di ammissibilità, modalità di nomina del gestore e effetti protettivi, come la sospensione delle azioni esecutive e l’inibizione di ipoteche e pignoramenti.

Per le imprese in difficoltà, il D.L. 118/2021, convertito dalla Legge 147/2021 e integrato nel Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019) dal D.Lgs. 83/2022, ha introdotto la composizione negoziata della crisi d’impresa, una procedura volontaria e stragiudiziale in cui l’imprenditore è affiancato da un esperto indipendente. Questo strumento permette di negoziare con i creditori, sospendere temporaneamente le azioni esecutive e trovare soluzioni di ristrutturazione . L’Avv. Monardo, in qualità di esperto negoziatore, può assistere le imprese nella formulazione della domanda, nella valutazione del piano e nella conduzione delle trattative.

1.5 Definizione agevolata dei carichi fiscali

Nel 2023 la Legge 197/2022 ha introdotto la Definizione agevolata dei carichi affidati alla riscossione (cosiddetta rottamazione‑quater). Per mantenere i benefici di tale definizione, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ricorda che occorre versare la rata in scadenza il 30 novembre 2025; grazie ai 5 giorni di tolleranza, i pagamenti eseguiti entro il 9 dicembre 2025 sono considerati tempestivi . Il mancato o tardivo pagamento anche di una sola rata comporta la perdita del beneficio e l’intero importo residuo ritorna esigibile senza sconti. Questa informazione è cruciale per i contribuenti destinatari di diffide o intimazioni di pagamento relative a cartelle esattoriali. Nel 2023 la Legge 197/2022 ha introdotto la Definizione agevolata dei carichi affidati alla riscossione (cosiddetta rottamazione‑quater). Per mantenere i benefici di tale definizione, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ricorda che occorre versare la rata in scadenza il 30 novembre 2025; grazie ai 5 giorni di tolleranza, i pagamenti eseguiti entro il 9 dicembre 2025 sono considerati tempestivi . Il mancato o tardivo pagamento anche di una sola rata comporta la perdita del beneficio e l’intero importo residuo ritorna esigibile senza sconti. Questa informazione è cruciale per i contribuenti destinatari di diffide o intimazioni di pagamento relative a cartelle esattoriali.

1.6 Evoluzione normativa e differenze tra tipologie di società

Per apprezzare la portata delle odierne responsabilità degli ex soci occorre richiamare brevemente l’evoluzione della normativa societaria. Prima del 2004 la cancellazione dal registro delle imprese era considerata un fatto dichiarativo: la società continuava a esistere di fatto per rispondere dei debiti e dei crediti residui, e i creditori potevano agire direttamente contro l’ente. In seguito alla riforma del diritto societario (D.Lgs. 6/2003), la cancellazione ha acquisito effetto costitutivo: la società viene considerata estinta a tutti gli effetti e non può essere “resuscitata” per il soddisfacimento dei crediti . Ne consegue che i rapporti attivi e passivi non definiti al momento della cancellazione si trasferiscono ai soci secondo il meccanismo successorio introdotto dall’art. 2495 c.c. . La legge, per tutelare i creditori, prevede due importanti deroghe (fictio iuris):

  • Fallimento postumo – l’art. 10 della Legge Fallimentare (oggi art. 34 del Codice della Crisi d’Impresa) consente di dichiarare il fallimento di una società estinta entro un anno dalla cancellazione. In tal caso la procedura concorsuale travolge la persona giuridica cancellata ma consente ai creditori di soddisfarsi sul patrimonio sociale e sui beni dei soci illimitatamente responsabili.
  • Ultra‑vita fiscale – l’art. 28, comma 4, del D.Lgs. 175/2014 stabilisce che gli atti impositivi emessi entro 5 anni dalla cancellazione continuano a essere validi e possono essere notificati alla società estinta . Ciò permette al fisco di recuperare imposte non ancora accertate prima della cancellazione.

I soci devono quindi essere consapevoli che, nonostante l’estinzione formale della società, i debiti possono “sopravvivere” e travolgere il loro patrimonio personale, almeno entro i limiti fissati dalla legge.

Società di persone

Nelle società di persone (S.n.c., S.a.s., società semplici), i soci hanno tradizionalmente una responsabilità illimitata e solidale verso i creditori sociali. L’art. 2291 c.c. dispone che i soci rispondono con tutto il proprio patrimonio, salvo il beneficium excussionis previsto per i soci accomandanti nelle S.a.s. Dopo l’estinzione, la responsabilità continua secondo un principio sussidiario: i creditori possono agire individualmente contro ogni socio per l’intero debito, e il socio che paga può esercitare il regresso nei confronti degli altri soci . Questa differenza è fondamentale: i soci di una S.n.c. o di una S.a.s. non beneficiano del limite di responsabilità legato alle somme percepite in liquidazione; essi rispondono di tutti i debiti sociali, anche dopo la cancellazione, salvo il diritto di rivalsa interna.

Società di capitali e cooperative

Per le società di capitali (S.r.l., S.p.A.) e le cooperative, il patrimonio sociale è distinto da quello dei soci. L’art. 2462 c.c. e l’art. 2327 c.c. prevedono che il socio risponda solo nei limiti della quota sottoscritta e versata. Tuttavia, l’art. 2495 c.c. stabilisce che i creditori sociali possono far valere i loro diritti verso i soci entro l’importo delle somme da essi riscosse in sede di liquidazione . Ciò significa che i soci sono responsabili solo per la parte dell’attivo liquidata, e l’onere della prova dell’avvenuta distribuzione grava sui creditori. La Cassazione ha ribadito che l’obbligazione tributaria o civile della società non si estingue ma si trasferisce ai soci limitatamente a quanto riscosso .

Riparto di responsabilità tra soci e liquidatori

Non solo i soci, ma anche i liquidatori e gli amministratori possono essere destinatari di diffide. L’art. 2495 c.c. prevede la responsabilità dei liquidatori per i danni causati dalla violazione dei loro doveri: se il mancato pagamento dei creditori residui dipende da comportamenti negligenti del liquidatore, questi risponde a titolo extracontrattuale . Le diffide possono essere indirizzate ai liquidatori per richiedere il risarcimento dei danni e la restituzione di somme distratte. È quindi importante per il socio che riceve la diffida verificare se non sia piuttosto il liquidatore il soggetto obbligato.

1.7 Ulteriore giurisprudenza e prassi amministrativa

Oltre alle sentenze del 2025, la Corte di Cassazione e la prassi amministrativa hanno affrontato in più occasioni il tema della responsabilità dei soci e dei liquidatori. Tra le pronunce di rilievo si segnalano:

  • Cassazione, ordinanza 20840/2023 – la Suprema Corte, pronunciandosi su una S.r.l. a ristretta base societaria, ha affermato che i soci possono essere ritenuti responsabili dei debiti tributari anche se non hanno percepito utili, qualora sussistano presunzioni gravi, precise e concordanti circa la distribuzione di utili non formalizzata . In tali casi il Fisco può agire contro i soci dimostrando che essi hanno ottenuto vantaggi economici non dichiarati.
  • Cassazione, ordinanza 20686/2022 e 24579/2022 – la Corte ha ribadito che la cancellazione della società determina l’estinzione della persona giuridica e che i soci subentrano nelle posizioni giuridiche attive e passive. Tuttavia, il Fisco, per agire nei confronti dei soci, deve provare che vi sia stata una distribuzione dell’attivo o che i soci abbiano compiuto operazioni distrattive. L’onere della prova grava sull’amministrazione.
  • Cassazione, Sezioni Unite 21970/2021 – in tema di fusione societaria, la Corte ha qualificato la fusione come un evento estintivo con effetti successori . Tale decisione ha implicazioni anche per le diffide: se una società è stata incorporata, i creditori devono rivolgersi alla società incorporante.
  • Cassazione, sentenza 31933/2019 – la Suprema Corte ha ribadito che le sanzioni tributarie non possono essere trasferite ai soci in assenza di espressa previsione normativa; la responsabilità dei soci riguarda solo le imposte e gli interessi.

Oltre alla giurisprudenza, l’Agenzia delle Entrate ha emanato diverse circolari interpretative, come la Circolare 6/E/2015, che chiariscono la responsabilità dei soci di società estinte e delineano i criteri per l’accertamento. Questi documenti, pur non avendo valore di legge, orientano la prassi degli uffici e rappresentano un utile strumento per i professionisti.

2. Procedura passo‑passo dopo la notifica della diffida

Quando si riceve una diffida da un ex socio occorre agire con ordine e tempestività. In questa sezione viene descritto un percorso pratico, suddiviso in fasi, che aiuta a gestire correttamente la situazione.

2.1 Verifica della forma e del contenuto della diffida

  1. Controllo del mittente e del titolo – accertare se il soggetto che invia la diffida è effettivamente un ex socio, un creditore personale o la pubblica amministrazione. Nel caso delle società di capitali, verificare se il mittente ha titolarità a reclamare la pretesa (ad esempio, se ha pagato un debito sociale o se vanta un credito per conferimenti non versati).
  2. Modalità di trasmissione – la diffida deve essere notificata in modo idoneo: PEC con firma digitale, raccomandata A/R o atto giudiziario. In mancanza di una prova di avvenuta ricezione, l’intimazione potrebbe essere inutilmente tardiva.
  3. Contenuto dell’atto – come visto, l’art. 1219 c.c. richiede la specifica indicazione del soggetto obbligato, l’enunciazione del credito e l’intimazione ad adempiere entro un termine congruo . Verificare se la diffida indica il termine entro il quale rispondere e se menziona la volontà di agire giudizialmente in difetto di adempimento.
  4. Titolo di credito – nel caso di diffida relativa a debiti sociali, esaminare l’eventuale avviso di accertamento, la sentenza o il documento che fonda la pretesa. L’ex socio che richiede somme dovrebbe produrre copia del pagamento effettuato al creditore sociale e dimostrare che la richiesta è proporzionata alle somme da lui versate.

2.2 Verifica della legittimazione passiva e dei limiti di responsabilità

Una delle principali difese contro le diffide inviate da ex soci riguarda la legittimazione passiva. A tal fine è necessario:

  1. Accertare la data di uscita dalla società – se l’ex socio ha ceduto la partecipazione prima della cancellazione dal registro, non è responsabile per i debiti successivi . Conservare l’atto di cessione delle quote e la relativa iscrizione.
  2. Verificare le somme percepite in liquidazione – la responsabilità dei soci è limitata a quanto incassato a titolo di riparto del patrimonio sociale . Se non si è ricevuto nulla dalla liquidazione, è possibile negare la pretesa o eccepire la mancanza di interesse ad agire; tuttavia, l’ordinanza n. 17734/2025 ammette comunque l’interesse dinamico del creditore .
  3. Richiedere l’atto impositivo – in caso di debiti fiscali, l’Agenzia delle Entrate deve notificare un avviso di accertamento o una cartella esattoriale al socio. Se la diffida fa riferimento solo all’atto notificato alla società, è possibile eccepire la sua inefficacia nei confronti del socio .

2.3 Risposta alla diffida: strategie operative

  1. Redigere una risposta formale – è buona prassi rispondere alla diffida per iscritto, preferibilmente tramite il proprio avvocato, contestando o riconoscendo la pretesa. La risposta deve essere inviata entro il termine indicato nella diffida e deve contenere le eccezioni di merito e di legittimazione, quali ad esempio la mancata percezione di somme, l’assenza di un atto impositivo, la prescrizione del diritto o l’inapplicabilità della norma invocata.
  2. Richiedere documenti – se la diffida non allega la prova del pagamento del debito sociale o del conferimento, chiedere formalmente al mittente di trasmettere copia dei documenti giustificativi. L’onere della prova grava su chi afferma di aver pagato il debito al posto degli altri soci.
  3. Proporre una transazione – qualora la richiesta sia in parte fondata e si desideri evitare il contenzioso, è possibile proporre una soluzione transattiva, magari dilazionando il pagamento. La transazione può avvenire nell’ambito di una negoziazione assistita o di una mediazione civile.
  4. Eccepire la prescrizione o la decadenza – verificare i termini di prescrizione applicabili al credito (per esempio, cinque anni per i crediti periodici, dieci anni per i crediti contrattuali). La diffida interrompe la prescrizione, ma se è stata inviata dopo la scadenza del termine il credito è estinto. Analogamente, verificare eventuali termini di decadenza previsti dalla legge.

2.4 Azioni giudiziarie successive

Se la diffida non sortisce l’effetto sperato, il mittente potrà proporre un’azione giudiziaria. Le principali fattispecie sono:

  1. Decreto ingiuntivo – il creditore munito di prova scritta può chiedere al tribunale un decreto ingiuntivo. Il destinatario ha 40 giorni (50 se risiede all’estero) per opporsi; in difetto di opposizione, il decreto diventa esecutivo.
  2. Azione di accertamento – in materia societaria, l’ex socio creditore o l’amministrazione può citare in giudizio gli altri soci per ottenere la condanna al pagamento. Il giudizio avrà ad oggetto la sussistenza del credito, l’an e il quantum e, se si tratta di debiti fiscali, la validità dell’atto impositivo.
  3. Ricorso alla Commissione Tributaria – quando il creditore è l’Agenzia delle Entrate o l’Agente della riscossione, l’ex socio potrà impugnare l’avviso di accertamento o la cartella davanti alla Commissione tributaria entro 60 giorni (o 150 se si richiede l’adesione). In questa sede si potrà chiedere la sospensione dell’atto in pendenza di giudizio.
  4. Procedimenti cautelari – se vi è il rischio di subire pignoramenti o misure cautelari, l’ex socio potrà chiedere la sospensione dell’esecuzione e, in caso di cartella esattoriale, proporre un’istanza di rateizzazione o aderire alla definizione agevolata.

2.5 Tempi e scadenze principali

Nella tabella seguente sono riepilogati i principali termini utili per reagire a una diffida o ad atti successivi. Le scadenze sono espresse in giorni e possono variare in base alla normativa speciale.

Atto o faseTermine (giorni)Riferimento normativo
Risposta alla diffida (generale)Termine fissato dal mittente (solitamente 10–15 giorni)Art. 1219 c.c. (mora)
Diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c.Minimo 15 giorni salvo diverso accordoArt. 1454 c.c.
Opposizione a decreto ingiuntivo40 (50 se residente all’estero)Artt. 633–645 c.p.c.
Ricorso contro avviso di accertamento60 dalla notificaD.Lgs. 546/1992
Ricorso contro cartella esattoriale60 dalla notificaD.Lgs. 546/1992
Presentazione domanda definizione agevolata (rottamazione)Termine fissato da legge (scad. rate mensili)Legge 197/2022
Pagamento rata rottamazione quater30 novembre 2025 (tolleranza fino a 9 dicembre 2025)Agenzia Entrate-Riscossione

3. Difese e strategie legali per il debitore

Quando la diffida è basata su presunti debiti sociali o su crediti vantati da un ex socio, il destinatario ha a disposizione diverse strategie difensive. Questa sezione illustra le principali eccezioni e strumenti che possono essere sollevati, in relazione ai vari tipi di pretesa.

3.1 Eccezione di carenza di legittimazione passiva

Come indicato, la responsabilità dei soci dopo la cancellazione della società dipende dal fatto di aver percepito somme in sede di liquidazione . È quindi possibile contestare la legittimazione del mittente della diffida nei seguenti casi:

  • Mancata percezione di somme – se non si è ricevuto alcun riparto del patrimonio sociale, si può opporre che la pretesa sia infondata; la Suprema Corte ha chiarito che l’azione del creditore ha senso solo entro i limiti di quanto ricevuto . Tuttavia, l’ordinanza n. 17734/2025 ammette l’interesse dinamico del creditore ; la difesa dovrà quindi insistere sull’assenza di importi da restituire e sull’eventuale abuso del processo.
  • Cessione della quota prima della cancellazione – la Cassazione ha riconosciuto che chi cede le quote prima della cancellazione non è responsabile dei debiti sociali successivi . In tal caso, la diffida dovrà essere rigettata allegando la documentazione di cessione.
  • Prescrizione – se il credito è prescritto, ogni diffida successiva è inefficace. Ad esempio, i crediti tra soci derivanti da conferimenti si prescrivono in dieci anni; i crediti per rimborsi spese o prestazioni periodiche in cinque anni. Bisogna calcolare il termine dalla data in cui il diritto poteva essere esercitato, tenendo conto di eventuali interruzioni.

3.2 Contestazione nel merito del credito

La diffida deve fondarsi su un titolo valido. Nel caso di rapporti societari, occorre verificare:

  1. Ripartizione degli utili o delle perdite – il socio potrebbe rivendicare una maggiore quota di utili o il rimborso di somme versate per coprire perdite. In mancanza di deliberazioni assembleari o di un rendiconto finale, la richiesta è infondata.
  2. Rimborsi per anticipazioni – spesso un socio anticipa somme per pagare fornitori o tasse. Gli altri soci sono tenuti a rimborsare proporzionalmente le spese sostenute. Tuttavia, il socio che richiede il rimborso deve dimostrare di aver effettuato il pagamento e che l’esborso era necessario per l’interesse comune.
  3. Debiti fiscali – come detto, l’amministrazione deve notificare un nuovo atto impositivo al socio . L’ex socio potrà contestare l’inesistenza del titolo nei suoi confronti oppure l’erronea quantificazione del debito.

3.3 Richiesta di sospensione e opposizione all’esecuzione

Se la diffida è seguita da un’azione esecutiva, il socio può:

  • Impugnare il precetto – contestando la validità del titolo esecutivo (ad esempio, un decreto ingiuntivo non definitivo) o l’omessa notifica della sentenza.
  • Proporre opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. – sostenendo l’inesistenza del credito o la sua inesigibilità. L’opposizione deve essere presentata entro il termine indicato nell’atto di pignoramento.
  • Chiedere la sospensione – in sede di opposizione può essere richiesta la sospensione dell’esecuzione. Nel contesto tributario, si può presentare istanza di sospensione alla Commissione tributaria o all’Agente della riscossione.

3.4 Mediazione e negoziazione assistita

In molte controversie tra ex soci è obbligatoria la mediazione civile (art. 5 D.Lgs. 28/2010) prima di agire in giudizio. Le materie obbligatorie comprendono i contratti societari, le divisioni e i diritti reali. Partecipare alla mediazione consente di evitare il giudizio e raggiungere un accordo conciliativo. La negoziazione assistita (D.L. 132/2014) è un’alternativa che impone alle parti di negoziare con l’assistenza di avvocati. In ambedue i casi, l’assenza ingiustificata può essere sanzionata dal giudice.

3.5 Utilizzo degli strumenti di sovraindebitamento

Quando la pretesa oggetto di diffida è tale da compromettere la sostenibilità economica del debitore, si possono attivare le procedure di cui alla Legge 3/2012. In particolare:

  • Piano del consumatore – riservato a persone fisiche non imprenditori; consente di proporre un piano di pagamento ai creditori sotto il controllo dell’OCC. Il giudice omologa il piano se ritiene che il debitore agisca in buona fede.
  • Accordo di ristrutturazione dei debiti – rivolto a imprenditori commerciali sotto una certa soglia; richiede l’approvazione dei creditori e consente l’esdebitazione una volta eseguito.
  • Liquidazione controllata – permette di liquidare i beni per soddisfare i creditori, con l’effetto di esdebitazione per l’eccedenza.

L’Avv. Monardo, quale gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto negli elenchi ministeriali , può assistere il debitore in tutte le fasi della procedura: predisposizione dell’istanza, raccolta della documentazione, negoziazione con i creditori e difesa in giudizio in caso di opposizioni.

3.6 Composizione negoziata della crisi d’impresa

Per le imprese in difficoltà economica ma ancora in esercizio, la composizione negoziata permette di negoziare con i creditori sotto la supervisione di un esperto. Il procedimento prevede:

  1. Presentazione dell’istanza – l’imprenditore richiede la nomina di un esperto al segretario generale della Camera di commercio tramite piattaforma telematica.
  2. Incontro con l’esperto – l’esperto analizza la situazione finanziaria e suggerisce misure di risanamento; può proporre un accordo con i creditori o l’adozione di concordati semplificati.
  3. Protezione del patrimonio – durante le trattative possono essere richiesti al giudice misure protettive (sospensione delle azioni esecutive, divieto di iscrizione di ipoteche) .

Questa procedura può essere utilizzata per gestire debiti verso ex soci, banche e fisco, evitando la liquidazione giudiziale e preservando l’attività.

3.7 Difesa da diffide per recesso o esclusione del socio

Un altro tema ricorrente riguarda le diffide inviate ai soci che si sono recessi dalla società o sono stati esclusi dall’ente. In questi casi occorre distinguere:

  • Recesso in società di persone – il socio receduto rimane responsabile delle obbligazioni sociali sorte prima del recesso (art. 2290 c.c.), ma non di quelle sorte successivamente. Se un ex socio di S.n.c. riceve una diffida per debiti contratti dopo il recesso, potrà contestare la pretesa.
  • Recesso in società di capitali – il socio che recede dalla S.r.l. o S.p.A. perde la qualità di socio solo dopo il rimborso della quota di partecipazione; fino a quel momento rimane vincolato. Una diffida inviata al socio che ha esercitato il recesso ma non ha ancora ricevuto il rimborso dovrà essere valutata in relazione alla fase della procedura.
  • Esclusione del socio – nelle S.n.c. e S.a.s. l’esclusione determina l’uscita del socio, ma questi resta obbligato per le obbligazioni sorte prima dell’esclusione. La diffida deve quindi specificare a quali debiti si riferisce; se riguarda debiti successivi, è infondata.

In ogni caso, il socio uscente deve verificare la data di efficacia del recesso o dell’esclusione e se la diffida concerne obbligazioni sorte prima o dopo tale data. Una difesa efficace può consistere nel produrre l’atto di recesso e la prova della comunicazione alla società.

3.8 Responsabilità di liquidatori e amministratori

Come anticipato nella sezione normativa, oltre ai soci possono essere responsabili i liquidatori e gli amministratori che abbiano mal gestito la fase di liquidazione. La diffida, in questi casi, può essere uno strumento per:

  • Chiedere il risarcimento – i creditori o gli ex soci possono intimare al liquidatore il pagamento dei danni derivanti da comportamenti negligenti (mancata riscossione di crediti, distribuzione di acconti illegittimi, vendita di beni a prezzi inferiori al valore di mercato). L’art. 2495 c.c. e l’art. 2489 c.c. impongono al liquidatore di agire con la diligenza del buon padre di famiglia; la giurisprudenza ha condannato liquidatori che hanno omesso di tutelare i creditori .
  • Rivalsa sugli amministratori – gli amministratori in carica prima della liquidazione possono essere responsabili se hanno compiuto operazioni non autorizzate o distratto beni sociali. Anche nei loro confronti può essere inviata una diffida chiedendo il risarcimento del danno.

Dal punto di vista difensivo, il socio che riceve una diffida dovrebbe valutare se il liquidatore o l’amministratore hanno concorso alla creazione del debito. In tal caso, può chiamarli in garanzia o rivalersi su di essi in sede giudiziale.

3.9 Responsabilità per garanzie personali e finanziamenti dei soci

Un’ulteriore area di contenzioso riguarda le garanzie e i finanziamenti erogati dai soci. In particolare:

  • Fideiussioni e garanzie personali – se il socio ha garantito un’obbligazione sociale con una fideiussione o un avallo, può essere chiamato a rispondere anche oltre la quota liquidata. La diffida potrà quindi riferirsi alla garanzia prestata; il socio dovrà verificare l’esistenza e la validità della garanzia, nonché l’eventuale liberazione a seguito di pagamento.
  • Finanziamenti soci fruttiferi o infruttiferi – talvolta i soci effettuano prestiti alla società (finanziamenti soci). Dopo la liquidazione, il socio creditore può essere diffidato a restituire quanto percepito se la distribuzione ha violato la par condicio creditorum. Viceversa, un socio che non è stato rimborsato può inviare diffida ai colleghi per recuperare la somma. È importante distinguere i finanziamenti soci dai conferimenti: i primi costituiscono debiti della società verso il socio; i secondi, invece, sono capitale di rischio e non danno diritto a rimborso se non nei limiti del patrimonio residuo.
  • Rimborsi di spese e anticipazioni – i soci che hanno anticipato spese per conto della società possono essere legittimati a chiedere il rimborso agli altri soci. La diffida deve documentare le spese sostenute e la loro necessità; in difetto di prova, la richiesta può essere respinta.

3.10 Difese procedimentali: mediazione, negoziazione e conciliazione

Oltre alle difese di merito e alle eccezioni di legittimazione, il destinatario della diffida può invocare difese procedimentali. In particolare:

  • Mediazione obbligatoria – in materie quali divisione, successione, diritti reali e affitto d’azienda, la mediazione è condizione di procedibilità. Se il mittente della diffida avvia una causa senza avere avviato la mediazione, si potrà eccepire l’improcedibilità dell’azione.
  • Negoziazione assistita – anche in assenza di obbligo, la negoziazione assistita può essere proposta come soluzione alternativa. Rifiutare ingiustificatamente la negoziazione può incidere sulla condanna alle spese.
  • Conciliazione giudiziale – in sede di giudizio, le parti possono chiedere al giudice la conciliazione. Presentare fin da subito una proposta concreta può dimostrare la propria buona fede e ridurre le spese.

L’uso combinato di questi strumenti consente di spostare la controversia su un piano collaborativo e di evitare lunghe liti.

4. Strumenti alternativi alla diffida: definizioni agevolate e accordi stragiudiziali

Sebbene la diffida sia spesso il passo preliminare per intraprendere un’azione legale, esistono diversi strumenti che permettono di definire il debito in via agevolata. Di seguito sono illustrati i principali.

4.1 Rottamazione e definizione agevolata

La rottamazione dei carichi affidati alla riscossione consente di estinguere cartelle esattoriali pagando l’imposta e gli interessi legali, senza sanzioni. La Legge 197/2022 ha introdotto la rottamazione‑quater, le cui rate si concludono nel 2025. Come segnalato dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione, il pagamento della rata in scadenza al 30 novembre 2025, con possibilità di pagamento entro il 9 dicembre 2025 grazie alla tolleranza di 5 giorni, è condizione essenziale per mantenere i benefici . Chi non rispetta il termine perde la definizione e dovrà pagare l’intero debito maggiorato di sanzioni.

La rottamazione è applicabile anche ai soci chiamati a rispondere di debiti fiscali della società, purché la cartella sia stata notificata individualmente. In questo caso, l’adesione alla definizione estingue il debito e impedisce ulteriori azioni esecutive.

4.2 Saldo e stralcio stragiudiziale

Il saldo e stralcio è un accordo volontario con cui il debitore paga al creditore una somma inferiore rispetto a quella originaria, in un’unica soluzione o a rate, ottenendo l’estinzione del debito. Questa soluzione può essere utilizzata tra ex soci quando l’importo richiesto non è facilmente dimostrabile o quando entrambe le parti vogliono evitare il contenzioso. È consigliabile formalizzare l’accordo con atto scritto e indicare espressamente che il pagamento avviene a saldo e stralcio definitivo.

4.3 Piano di rientro e rateizzazione

Se il debito è certo e incontestabile ma il debitore non dispone della liquidità necessaria, può proporre un piano di rientro. Le parti stabiliscono l’importo delle rate, gli interessi applicabili e le garanzie (eventuale cessione del quinto o fideiussioni). La rateizzazione può essere richiesta anche all’Agente della riscossione per i carichi iscritti a ruolo. È importante rispettare le scadenze delle rate per non decadere dal beneficio e subire nuovamente l’esecuzione.

4.4 Strumenti concorsuali e paraconcorsuali

Oltre alle procedure di sovraindebitamento già menzionate, il diritto fallimentare prevede ulteriori strumenti utili:

  • Accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 57 D.Lgs. 14/2019 – sono accordi sottoscritti con creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti; consentono di rideterminare le scadenze e le modalità di pagamento.
  • Concordato preventivo semplificato – introdotto con le modifiche del 2021, consente di proporre un concordato direttamente ai creditori senza l’approvazione del tribunale.
  • Concordato con continuità aziendale – prevede il proseguimento dell’impresa con una proposta di soddisfacimento dei creditori nel tempo.

Questi strumenti richiedono l’intervento di professionisti qualificati e offrono protezioni analoghe a quelle del sovraindebitamento.

5. Errori comuni e consigli pratici

Molti destinatari di diffide commettono errori che possono compromettere la difesa. Ecco i più frequenti e alcuni suggerimenti per evitarli:

5.1 Ignorare la diffida

Ignorare la diffida nella speranza che il problema si risolva da sé è l’errore più grave. La diffida costituisce in mora il debitore, fa decorrere gli interessi e interrompe la prescrizione . Non rispondere aumenta la probabilità che il mittente agisca in giudizio. Consiglio: rispondere sempre, anche solo per contestare la pretesa o chiedere chiarimenti.

5.2 Riconoscere il debito senza riserva

Quando si decide di pagare integralmente o parzialmente la somma richiesta, occorre indicare se il versamento avviene in acconto o a saldo. La Cassazione ha ribadito che un pagamento parziale non accompagnato dalla precisazione che si tratta di acconto non può valere come riconoscimento del debito . Consiglio: in caso di dubbi sulla fondatezza della richiesta, specificare per iscritto che il versamento avviene a titolo di acconto e senza riconoscimento del debito complessivo.

5.3 Omettere di raccogliere la documentazione

Per contestare una diffida è essenziale avere prove (contratti, delibere, riparti, quietanze, estratti del registro imprese). Molti soci non conservano copia degli atti societari o non verificano la documentazione depositata. Consiglio: richiedere al liquidatore copia del bilancio finale di liquidazione, conservare le PEC e le raccomandate ricevute e inviate, nonché le prove di pagamenti e rimborsi.

5.4 Non valutare strumenti di definizione agevolata

Nel settore fiscale, ignorare opportunità come la rottamazione delle cartelle può essere controproducente. I termini e i benefici sono spesso limitati nel tempo . Consiglio: informarsi presso professionisti sulle scadenze della definizione agevolata e aderire per evitare sanzioni e interessi.

5.5 Affidarsi a soluzioni fai‑da‑te

La materia societaria e tributaria è complessa e in continua evoluzione. Interpretare da soli la normativa o rispondere senza l’assistenza di un professionista può portare a errori sostanziali (per esempio, non eccepire la mancanza dell’atto impositivo o la prescrizione). Consiglio: avvalersi sempre dell’assistenza di un avvocato esperto in diritto societario e tributario.

6. Domande frequenti (FAQ)

1. Che cos’è una diffida legale?

È un atto scritto con cui il creditore invita il debitore ad adempiere o a cessare un comportamento. Serve a costituire in mora il debitore (art. 1219 c.c.) e interrompe la prescrizione .

2. La diffida deve avere un contenuto particolare?

Sì. Deve indicare il debitore, specificare la pretesa e fissare un termine per adempiere; deve inoltre esprimere chiaramente la volontà di costituire in mora . Senza questi elementi non produce l’effetto interruttivo.

3. La diffida è obbligatoria prima di agire in giudizio?

Non sempre, ma è consigliata perché prova l’intenzione di risolvere la controversia. In alcuni casi (diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c.), è condizione per la risoluzione del contratto.

4. Un ex socio può inviare una diffida per debiti sociali?

Sì, se ha pagato debiti sociali al posto degli altri soci o vanta un diritto verso gli stessi. Tuttavia, deve dimostrare l’esistenza del debito e la sua quota di pagamento; la responsabilità dei soci è limitata alle somme ricevute in liquidazione .

5. Devo rispondere alla diffida se ritengo la pretesa infondata?

È consigliabile rispondere contestando la pretesa, eccependo la mancata legittimazione e chiedendo la prova del credito. Una mancata risposta non cancella il debito e non impedisce il processo.

6. Qual è il termine per rispondere a una diffida?

Dipende dal termine indicato dal mittente (solitamente 10–15 giorni). Se la diffida è inviata ex art. 1454 c.c., il termine non può essere inferiore a 15 giorni.

7. La diffida interrompe la prescrizione anche se inviata dopo la scadenza?

No. La diffida interrompe la prescrizione solo se il diritto non è ancora prescritto. Se il creditore agisce dopo la scadenza del termine prescrizionale, la diffida è inefficace.

8. Cosa succede se ignoro la diffida?

Il mittente potrà agire in giudizio per ottenere un decreto ingiuntivo o una condanna. In tal caso dovrai sostenere costi giudiziari, interessi e spese legali aggiuntive. È opportuno non restare inerti.

9. Come calcolare gli interessi moratori dopo la diffida?

Gli interessi di mora decorrono dalla ricezione della diffida e sono calcolati al tasso legale aumentato di eventuali maggiorazioni contrattuali. È consigliabile richiedere una consulenza per verificare gli importi.

10. Posso proporre un saldo e stralcio?

Sì. Se desideri chiudere la posizione senza contenzioso, puoi proporre un pagamento ridotto a saldo e stralcio. Il creditore non è obbligato ad accettare, ma spesso la definizione stragiudiziale conviene a entrambe le parti.

11. Come funzionano le procedure di sovraindebitamento?

Consentono di ristrutturare o estinguere i debiti con l’aiuto di un Organismo di Composizione della Crisi. Il piano può prevedere il pagamento parziale dei crediti e l’esdebitazione del residuo . La procedura richiede la nomina di un gestore e l’approvazione del tribunale.

12. La rottamazione dei carichi può essere utilizzata anche dagli ex soci?

Sì, se la cartella esattoriale è stata notificata personalmente al socio. In tal caso l’ex socio può aderire alla definizione agevolata pagando le somme dovute entro i termini previsti .

13. Cosa fare se la diffida proviene dall’Agenzia delle Entrate o dall’Agente della Riscossione?

Verificare se è stata notificata un’avviso di accertamento o una cartella esattoriale. Se manca l’atto impositivo o se la notifica è avvenuta solo alla società, è possibile eccepire l’inefficacia della pretesa . In ogni caso, è opportuno impugnare l’atto entro 60 giorni dalla ricezione.

14. Che ruolo ha la mediazione nelle controversie tra ex soci?

In molte materie (divisione, contratti societari) la mediazione civile è condizione di procedibilità. Parteciparvi può evitare la causa e ridurre costi e tempi. L’assenza ingiustificata può influire sulle spese processuali.

15. È possibile essere ritenuti responsabili per debiti contratti dopo l’uscita dalla società?

No, se la quota è stata ceduta prima della cancellazione, il socio uscente non risponde dei debiti successivi . Tuttavia, occorre provare l’effettivo trasferimento e la data della cessione.

16. Cosa succede se ho ricevuto somme in liquidazione?

Sarò responsabile verso i creditori sociali entro il limite di quanto ho ricevuto . Dovrò quindi restituire le somme agli aventi diritto in proporzione alla quota.

17. Come si calcola la quota di responsabilità tra più soci?

Se un socio ha pagato un debito sociale, gli altri soci dovranno rimborsarlo in proporzione alle rispettive quote di partecipazione. Nel caso di società di capitali, si guarda alle partecipazioni; per le società di persone può essere prevista la responsabilità solidale.

18. Posso oppormi a un decreto ingiuntivo emesso dopo la diffida?

Sì. Hai 40 giorni per depositare opposizione al decreto ingiuntivo e contestare la legittimità del credito, la prescrizione, la quantificazione o l’inesistenza del titolo.

19. Quali documenti servono per la difesa?

Contratto sociale, statuto, delibere assembleari, bilancio finale di liquidazione, atti di cessione quote, evidenza dei pagamenti effettuati o ricevuti, corrispondenza tra i soci, avvisi di accertamento e cartelle esattoriali. Conservare tutte le ricevute di PEC e le raccomandate.

20. Perché affidarsi all’Avv. Giuseppe Angelo Monardo?

Perché vanta esperienza decennale nel diritto bancario e tributario, è avvocato cassazionista e coordina un team di professionisti specializzati. Inoltre, è gestore della crisi da sovraindebitamento e esperto negoziatore, quindi può affiancarti sia nella fase stragiudiziale che in quella giudiziale, proponendo soluzioni personalizzate per bloccare azioni esecutive e tutelare il tuo patrimonio.

21. Qual è la differenza tra diffida ad adempiere e messa in mora?

La messa in mora ex art. 1219 c.c. è l’atto con cui il creditore chiede formalmente al debitore di adempiere la prestazione dovuta; produce l’interruzione della prescrizione e fa decorrere gli interessi moratori . La diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c., invece, è un atto con il quale una parte intima all’altra di adempiere entro un termine non inferiore a 15 giorni, con la dichiarazione che, in caso di ulteriore inadempimento, il contratto si intenderà risolto di diritto. La diffida ad adempiere ha quindi un effetto risolutorio che la mera messa in mora non possiede.

22. Quali sono le responsabilità dei soci illimitatamente responsabili?

Nelle società di persone (S.n.c. e S.a.s.) i soci accomandatari rispondono in modo illimitato e solidale per i debiti sociali . Significa che ogni socio può essere chiamato a pagare l’intero debito; dopo il pagamento, il socio ha diritto di regresso nei confronti degli altri soci. La responsabilità persiste anche dopo la cancellazione della società e non si limita alle somme ricevute in liquidazione. Solo i soci accomandanti nelle S.a.s. godono di una responsabilità limitata alla quota conferita (art. 2313 c.c.).

23. Gli ex soci rispondono anche delle sanzioni tributarie?

L’art. 7 del D.L. 269/2003 e le pronunce della Cassazione (es. Cass. 23341/2024) affermano che le sanzioni amministrative tributarie gravano solo sull’autore della violazione (la società), salvo diversa previsione di legge. Tuttavia, l’art. 36 DPR 602/1973 e l’art. 2495 c.c. consentono al fisco di rivalersi sui soci per le imposte e gli interessi dovuti, nei limiti di quanto percepito . Di conseguenza, un ex socio può essere diffidato per l’imposta e gli interessi, ma non per le sanzioni se queste eccedono la quota ricevuta.

24. Gli eredi del socio deceduto possono essere destinatari di diffide?

Sì. Poiché la cancellazione della società integra un fenomeno successorio, i diritti e i debiti si trasmettono ai soci e, in caso di morte, ai loro eredi . Pertanto, se un socio decede dopo la liquidazione e ha ricevuto somme in riparto, i creditori possono agire verso gli eredi entro i limiti di quanto ereditato. Gli eredi possono opporre le stesse eccezioni del de cuius (mancanza di percezione, prescrizione). È consigliabile procedere all’accettazione con beneficio di inventario per limitare la responsabilità.

25. È valida una diffida inviata tramite e‑mail ordinaria?

La validità della diffida dipende dalla possibilità di provare l’avvenuta ricezione. La PEC garantisce la certezza della data e dell’ora di invio e ricezione; la raccomandata offre prova per mezzo dell’avviso di ritorno. Una e‑mail ordinaria non fornisce prova certa dell’avvenuta consegna e può essere contestata. Per evitare contestazioni è opportuno utilizzare canali certificati o far recapitare la diffida tramite ufficiale giudiziario.

26. Cosa deve fare un ex socio se la diffida proviene dal liquidatore?

Innanzitutto verificare la legittimazione del liquidatore: se questi agisce per recuperare un credito sociale, dovrà dimostrare che il socio ha percepito somme in liquidazione e che i creditori non sono stati soddisfatti. L’ex socio può chiedere di visionare il bilancio finale, contestare la ripartizione e, se del caso, chiamare in causa gli altri soci. In presenza di sospetti circa il comportamento del liquidatore (ad esempio distribuzione di acconti senza pagare i debiti), il socio può contrapporre una diffida chiedendo il risarcimento dei danni .

27. La diffida interrompe la prescrizione anche nei rapporti di lavoro?

Sì. La diffida costituisce un atto interruttivo della prescrizione anche in materia di crediti di lavoro (stipendi, TFR, indennità). Tuttavia, nei rapporti di lavoro la prescrizione decorre solo dalla cessazione del rapporto; fino ad allora è sospesa. È sempre consigliabile che il lavoratore o il datore di lavoro inviino diffida tramite raccomandata o PEC per provare la costituzione in mora.

28. Come si calcola la quota di debito tra soci di una S.n.c.?

In una S.n.c. ciascun socio risponde solidalmente dell’intero debito verso i creditori, ma nel rapporto interno la quota è determinata dalla proporzione stabilita nel contratto sociale. Ad esempio, se tre soci possiedono quote del 50%, 30% e 20% e la società ha un debito di € 15 000, ciascun socio dovrà sopportare rispettivamente € 7 500, € 4 500 e € 3 000. Se uno solo paga, potrà agire in regresso verso gli altri per recuperare le somme versate oltre la propria quota.

29. Quali sono gli effetti della fusione sull’obbligo di diffida?

In caso di fusione o incorporazione, la società incorporata si estingue e i suoi rapporti si trasferiscono alla società incorporante. La Cassazione (SS.UU. 21970/2021) ha chiarito che la fusione non è un mero mutamento organizzativo ma un evento estintivo con effetti successori . Ne deriva che le diffide relative a crediti della società incorporata devono essere indirizzate alla nuova società risultante dalla fusione. Inviare la diffida all’ente estinto potrebbe rendere inefficace l’atto.

30. Che accade se l’ex socio è insolvente?

Se un ex socio non dispone di beni sufficienti per soddisfare il credito, il creditore potrà agire sugli altri soci (nelle società di persone) o entro i limiti delle somme da loro percepite (nelle società di capitali). Nel caso in cui tutti i soci siano insolventi, il creditore può eventualmente richiedere la declaratoria di fallimento postumo entro i termini previsti oppure aderire a procedure concorsuali. È importante notare che l’insolvenza del socio non annulla il debito; la responsabilità può estendersi agli eredi e ai garanti. Per questo è opportuno gestire tempestivamente la diffida per evitare che il mancato pagamento provochi l’aggravarsi della posizione debitoria.

7. Simulazioni pratiche e numeriche

Per comprendere meglio le dinamiche derivanti da una diffida tra ex soci, proponiamo alcune simulazioni. I valori indicati sono meramente esemplificativi e non sostituiscono la consulenza professionale.

7.1 Simulazione A – Contestazione di una diffida infondata

Scenario: la società Beta S.n.c. è stata cancellata nel 2020. Un ex socio, Luca, invia nel 2025 una diffida all’altro socio, Sara, chiedendo il pagamento di € 20 000 per un presunto debito verso un fornitore. Sara sa di aver ceduto la sua quota nel 2019.

Analisi: 1. Cessione delle quote: Sara può eccepire che ha ceduto la quota prima della cancellazione della società e pertanto non risponde dei debiti successivi. L’ordinanza n. 24135/2025 lo conferma . 2. Prescrizione: Il credito è prescritto se il fornitore non ha agito entro cinque anni dalla data dell’esigibilità. Dal 2020 al 2025 sono trascorsi cinque anni; pertanto Sara può eccepire la prescrizione. 3. Mancanza di prova: Luca non allega documenti comprovanti l’avvenuto pagamento al fornitore. L’onere della prova grava su chi invia la diffida.

Conclusione: Sara risponderà alla diffida contestandone la fondatezza e allegando l’atto di cessione della quota. Potrà chiedere a Luca di dimostrare il debito e, in difetto, considerare la diffida priva di effetti.

8. Conclusioni

Una diffida proveniente da un ex socio non deve essere sottovalutata. È un atto che produce effetti giuridici immediati: costituisce il debitore in mora, interrompe la prescrizione e spesso precede un’azione giudiziaria . Nel contesto societario, la situazione è resa ancora più complessa dalla normativa sulla responsabilità degli ex soci: l’articolo 2495 c.c. limita la responsabilità alle somme percepite in liquidazione ; le sezioni unite della Cassazione hanno stabilito che occorre un atto impositivo autonomo per i debiti fiscali e hanno ribadito il fenomeno successorio ; ordinanze recenti hanno riconosciuto l’interesse dinamico del creditore e hanno escluso la responsabilità del socio che abbia ceduto le quote . Conoscere questi principi è fondamentale per predisporre la propria difesa.

Dal punto di vista pratico, chi riceve la diffida deve verificare la legittimazione del mittente, controllare le somme percepite in liquidazione, valutare la prescrizione, raccogliere la documentazione e rispondere formalmente per contestare o proporre una transazione. In caso di azione esecutiva, si potrà proporre opposizione e richiedere la sospensione. Quando il debito mette a rischio la stabilità economica, è opportuno valutare strumenti alternativi come la rottamazione dei carichi fiscali , il saldo e stralcio, i piani di rientro o le procedure di sovraindebitamento , nonché la composizione negoziata della crisi d’impresa .

In tutto questo, l’assistenza di professionisti specializzati è indispensabile. L’Avv. Giuseppe Angelo Monardo, avvocato cassazionista e gestore della crisi da sovraindebitamento, coordina un team di avvocati e commercialisti in grado di offrire una tutela completa e su misura. Possono analizzare la diffida, redigere le risposte, proporre ricorsi e opposizioni, negoziare con i creditori e predisporre piani di rientro o di ristrutturazione. Agire tempestivamente significa ridurre i rischi di pignoramenti, ipoteche e fermi amministrativi, proteggere il patrimonio e salvaguardare la continuità dell’impresa.

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