Hai ricevuto un decreto ingiuntivo e non sai come reagire? Si tratta di un provvedimento con cui un giudice ordina di pagare una somma di denaro o di adempiere a un’obbligazione, emesso su richiesta del creditore. Tuttavia, non è una condanna definitiva: la legge ti riconosce il diritto di opporti e difenderti, dimostrando che il credito non è dovuto, è prescritto o è stato calcolato in modo errato.
Sapere come e quando opporsi è fondamentale per evitare che il decreto diventi esecutivo e si trasformi in pignoramenti, blocchi dei conti o ipoteche sui beni.
Cos’è un decreto ingiuntivo e come funziona
Il decreto ingiuntivo è un provvedimento emesso dal giudice su istanza del creditore, che presenta documenti ritenuti idonei a provare il credito (contratti, fatture, estratti conto, cambiali, assegni, scritture private).
Il giudice, senza ascoltare la tua versione, ordina il pagamento entro 40 giorni dalla notifica, o 10 giorni se il decreto è dichiarato “provvisoriamente esecutivo”.
Se non presenti opposizione entro i termini, il decreto diventa definitivo e il creditore può procedere con pignoramenti, sequestri o iscrizioni ipotecarie.
Quando è possibile opporsi a un decreto ingiuntivo
Puoi opporti se:
- il credito non è dovuto o è stato già pagato;
- il credito è prescritto (sono passati i termini di legge);
- il contratto è nullo o viziato (ad esempio per clausole abusive, anatocismo, interessi usurari);
- le prove del creditore non sono sufficienti o mancanti;
- non ti è mai stato notificato il decreto o l’atto di precetto;
- ci sono errori di calcolo o somme illegittime, come interessi o spese non dovute.
L’opposizione è un vero e proprio giudizio in cui potrai far valere le tue ragioni e chiedere la sospensione dell’efficacia del decreto.
Come opporsi: i passaggi fondamentali
- Verifica la data di notifica.
Hai 40 giorni di tempo dalla notifica per presentare opposizione (10 se il decreto è esecutivo). Oltre questi termini, il decreto diventa definitivo e non può più essere contestato. - Contatta immediatamente un avvocato.
L’opposizione può essere presentata solo tramite un avvocato, che redige e deposita un atto formale di opposizione davanti al tribunale che ha emesso il decreto. - Analizza la documentazione allegata.
Controlla con il tuo legale la validità del contratto, delle fatture, degli interessi applicati e dei conteggi. Spesso il decreto è basato su documenti parziali o non firmati. - Chiedi la sospensione dell’esecuzione.
Se il decreto è esecutivo, l’avvocato può chiedere al giudice di sospendere l’efficacia immediata del titolo, bloccando eventuali pignoramenti fino alla conclusione del processo. - Predisponi la tua difesa documentale.
Fornisci prove di pagamenti effettuati, contestazioni già fatte, e-mail, contratti o documenti che dimostrino l’infondatezza della pretesa del creditore.
Le strategie difensive più efficaci
Un avvocato esperto in opposizioni a decreti ingiuntivi può adottare diverse strategie, a seconda del tipo di credito e del soggetto che lo richiede:
- Contestare l’esistenza del debito.
Dimostrare che il credito è inesistente, estinto o prescritto. - Contestare la validità del titolo.
Se il creditore non dispone di un titolo certo e documentato (ad esempio un contratto firmato), il decreto può essere revocato. - Contestare gli interessi e le spese.
Spesso i decreti emessi da banche o finanziarie contengono interessi usurari o anatocistici (interessi su interessi). - Opporsi per vizi procedurali.
Un errore nella notifica, nella competenza territoriale o nel contraddittorio può rendere nullo l’atto. - Negoziare una soluzione stragiudiziale.
In caso di debito parzialmente fondato, si può proporre un saldo e stralcio o una rateizzazione per chiudere la vertenza in via bonaria, evitando ulteriori costi e tempi lunghi.
Quando il decreto ingiuntivo è nullo o impugnabile
Un decreto ingiuntivo può essere dichiarato nullo se:
- non è stato regolarmente notificato;
- manca il titolo esecutivo valido;
- il credito è prescritto o già estinto;
- il giudice ha omesso il contraddittorio;
- le prove del creditore sono insufficienti o manipolate.
In questi casi, il giudice può revocare il decreto e condannare il creditore al pagamento delle spese processuali.
Cosa succede se non ti opponi
Se non presenti opposizione nei termini previsti:
- il decreto diventa titolo esecutivo definitivo;
- il creditore può procedere con pignoramento del conto corrente, dello stipendio o dei beni immobili;
- non potrai più contestare il merito del credito, ma solo eventuali vizi formali del pignoramento.
Per questo è fondamentale agire subito, entro i termini, con l’assistenza di un legale esperto.
Quando rivolgersi a un avvocato esperto
È indispensabile contattare un avvocato se hai ricevuto un decreto ingiuntivo o se ti è stato notificato un atto di precetto o un pignoramento. Un avvocato esperto in diritto civile e contenzioso esecutivo può:
- verificare la validità del decreto e dei documenti allegati;
- presentare opposizione e chiedere la sospensione dell’esecuzione;
- negoziare una soluzione stragiudiziale o transattiva;
- rappresentarti in giudizio e ottenere la revoca del decreto.
⚠️ Attenzione: i termini per opporsi sono brevi e perentori. Scaduti i 40 giorni (o 10 in caso di esecutorietà immediata), il decreto diventa definitivo e può portare al blocco del conto o al pignoramento dei beni. Agisci subito per difendere i tuoi diritti.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto civile, riscossione e contenzioso esecutivo – spiega come opporsi a un decreto ingiuntivo, quali sono le strategie difensive più efficaci e come agire in tempo per bloccare l’esecuzione e ottenere la revoca del decreto.
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Cos’è un decreto ingiuntivo e cosa comporta
Un decreto ingiuntivo (detto anche ingiunzione di pagamento) è un provvedimento giudiziario emesso inaudita altera parte (cioè senza contraddittorio iniziale) con cui il giudice ordina al debitore di pagare una somma di denaro (liquida ed esigibile) o consegnare determinati beni al creditore, entro un dato termine . È uno strumento del procedimento monitorio, disciplinato dagli artt. 633–656 c.p.c., che consente al creditore – munito di prova scritta del credito – di ottenere rapidamente un titolo esecutivo, senza affrontare sin da subito un giudizio ordinario completo . In pratica, il creditore presenta un ricorso per ingiunzione al giudice competente, indicando il credito dovuto e allegando documenti probatori (ad esempio contratti, fatture, cambiali, estratti autentici di libri contabili, etc.) . Se i presupposti di legge sono soddisfatti (credito certo, liquido ed esigibile, provato per iscritto), il giudice – entro circa 30 giorni dal deposito – accoglie il ricorso ed emette il decreto ingiuntivo, senza sentire il debitore intimato .
Il decreto ingiuntivo ingiunge formalmente al debitore di adempiere entro un termine perentorio (in genere 40 giorni dalla notifica) e lo avvisa che, in mancanza di pagamento, il creditore potrà procedere ad esecuzione forzata . Entro lo stesso termine di 40 giorni, il debitore ha la facoltà di proporre opposizione per contestare la fondatezza del decreto davanti allo stesso ufficio giudiziario che lo ha emesso (art. 645 c.p.c.) . Se il debitore non presenta opposizione entro i termini, il decreto ingiuntivo diviene definitivo e acquisisce efficacia di giudicato, costituendo un titolo esecutivo a tutti gli effetti . Su istanza del creditore, infatti, la cancelleria apporrà la formula esecutiva una volta scaduti i termini, rendendo il decreto non opposto equiparabile a una sentenza passata in giudicato (cfr. art. 647 c.p.c.) . A quel punto il creditore potrà procedere al pignoramento e alle altre misure esecutive contro il patrimonio del debitore.
È importante notare che, durante il termine per proporre opposizione, l’ingiunzione non è immediatamente esecutiva, a meno che il giudice non l’abbia resa provvisoriamente esecutiva ex art. 642 c.p.c. in presenza di specifici presupposti. In particolare, il giudice deve concedere la clausola di provvisoria esecutorietà se il credito monitorio si fonda su titoli di credito (es. cambiali, assegni) o su atti ricevuti da notaio o pubblico ufficiale, e può concederla discrezionalmente se il creditore dimostra particolari esigenze (ad es. rischio di dispersione dei beni del debitore) . Quando il decreto ingiuntivo è munito di provvisoria esecutorietà, il creditore può iniziare l’esecuzione anche prima dei 40 giorni; viceversa, senza tale clausola, il creditore deve attendere la scadenza del termine (e l’eventuale mancata opposizione) per procedere .
In sintesi, alla notifica di un decreto ingiuntivo il debitore intimato ha tre opzioni principali: pagare quanto dovuto entro il termine (evitando ulteriori liti e spese), restare inerte (lasciando che il decreto divenga definitivo ed esecutivo) oppure proporre opposizione per ottenere un giudizio di merito sulla pretesa del creditore. Di seguito analizziamo in dettaglio tutte le strategie difensive possibili per il debitore opponente, focalizzandoci soprattutto sul giudizio di opposizione ordinaria e sui rimedi alternativi o successivi, sino ai casi particolari previsti dalla normativa.
L’opposizione a decreto ingiuntivo: giudizio ordinario di cognizione
Natura del giudizio di opposizione e posizione delle parti
L’opposizione a decreto ingiuntivo introduce un ordinario giudizio di cognizione di primo grado avanti al medesimo ufficio giudiziario che ha emesso l’ingiunzione (tribunale o giudice di pace competente). Non si tratta di un appello o di un riesame del decreto, bensì di un nuovo giudizio sul merito del credito, in contraddittorio pieno tra le parti . La funzione dell’opposizione è di accertare la fondatezza della pretesa creditoria ab origine, come in una causa ordinaria, superando i limiti della sommaria valutazione fatta in sede monitoria. Pertanto, l’oggetto del giudizio non è la legittimità formale del decreto ingiuntivo, ma il rapporto sostanziale sottostante (esistenza, entità e validità del credito vantato) .
Nel giudizio di opposizione si verifica una inversione solo formale delle parti processuali rispetto alla fase monitoria. Infatti, il debitore opponente (che avvia l’opposizione) assume formalmente il ruolo di attore, mentre il creditore opposto viene citato in giudizio come convenuto. Tuttavia, la giurisprudenza chiarisce che sostanzialmente il creditore opposto resta colui che agisce per far valere un proprio diritto (attore in senso materiale), mentre l’opponente assume la veste di convenuto sul piano sostanziale . Come affermato dalla Corte di Appello di Napoli, “nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non si verifica alcuna inversione dell’onere della prova: è sempre il creditore opposto, attore in senso sostanziale, a dover provare il diritto per cui ha agito in via monitoria, ed il debitore opponente, convenuto sostanziale, a dover allegare eventuali fatti estintivi o modificativi di quel diritto” . In altri termini, l’intimato che propone opposizione esercita sì un’azione di impugnazione atipica, ma la controversia che ne scaturisce è equiparabile a un normale giudizio di primo grado sul merito del credito: il creditore deve dimostrare i fatti costitutivi della propria pretesa, mentre l’opponente può sollevare eccezioni e far valere fatti estintivi, impeditivi o modificativi (ad esempio l’avvenuto pagamento, la prescrizione, l’invalidità del titolo, l’inadempimento del creditore, ecc.) .
Questa configurazione comporta che il decreto ingiuntivo opposto perde la sua efficacia originaria di titolo esecutivo fino alla definizione del giudizio di opposizione. L’eventuale provvisoria esecutorietà concessa ex art. 642 c.p.c. può tuttavia persistere durante il giudizio, salvo che il giudice dell’opposizione – valutati i “gravi motivi” addotti dall’opponente – ne disponga la sospensione ai sensi dell’art. 649 c.p.c. (si veda infra). In assenza di sospensione, il creditore può temporaneamente proseguire l’esecuzione forzata anche durante la causa di opposizione, pur assumendosene il rischio (se l’opposizione verrà accolta, dovrà restituire quanto eventualmente percepito).
Forma, termini e contenuto dell’atto di opposizione
L’opposizione a decreto ingiuntivo si propone, di regola, con atto di citazione da notificare al creditore ricorrente entro il termine perentorio stabilito dalla legge (art. 641 c.p.c.) . Salvo termini speciali, il debitore intimato ha 40 giorni dalla notifica del decreto per notificare l’atto di opposizione. In alcune situazioni il termine è prorogato: ad esempio, è di 50 giorni se l’intimato risiede in un altro Stato membro dell’UE (art. 641 ult. co. c.p.c.) , e generalmente di 60 giorni circa se risiede fuori dall’Unione Europea . Il giudice, su istanza del creditore, può anche ridurre il termine fino a un minimo di 20 giorni in caso di particolare urgenza (art. 641 co.2 c.p.c.). L’opposizione va proposta dinanzi allo stesso ufficio giudiziario a cui appartiene il giudice che ha emesso l’ingiunzione (tribunale ordinario o giudice di pace competente per valore/materia) .
Tabella 1 – Termini per proporre opposizione
– Ordinario: 40 giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo (art. 641 c.p.c.)
– Debitore in UE: 50 giorni se l’ingiunto risiede in altro Stato UE
– Debitore extra-UE: ~60 giorni se risiede fuori dall’UE
– Riduzione termini: possibile fino a 20 giorni per provvedimento del giudice (urgenza ex art. 641 co.2)
NB: il termine decorre dalla completa notifica del decreto ingiuntivo (comprensivo del ricorso e degli allegati). Se la notifica è nulla o inesistente, si vedano i rimedi di opposizione tardiva (art. 650 c.p.c.) discussi più avanti.
L’atto introduttivo dell’opposizione (normalmente una citazione in opposizione) deve rispettare i requisiti formali di cui all’art. 163 c.p.c., analogamente a una citazione ordinaria . In particolare, dovrà indicare: l’autorità giudiziaria adita, le parti (debitore opponente e creditore opposto), il decreto ingiuntivo impugnato (numero, data, giudice che l’ha emesso), la data di notifica dello stesso, le conclusioni dell’opponente (ossia le domande di merito, tipicamente la revoca totale o parziale del decreto) e l’esposizione dei motivi dell’opposizione. È fondamentale articolare nell’atto tutte le ragioni di contestazione, sia di merito sia eventualmente di forma, contro la pretesa monitoria: ad esempio, l’inesistenza del credito o la sua minore entità, l’inadempimento del creditore, la nullità del titolo contrattuale, la prescrizione, vizi di notificazione o di competenza, ecc. L’art. 645 c.p.c. – come modificato dalla riforma 2022/2023 – specifica che l’atto di opposizione deve contenere i motivi e le difese di merito dell’opponente, a pena di preclusione nelle fasi successive . In pratica, l’opponente deve formulare subito le proprie contestazioni, ferme restando le facoltà di precisazione e integrazione previste dall’art. 183 c.p.c. nei termini di legge (si veda oltre la possibilità di mutare o integrare domande ed eccezioni).
L’atto di citazione in opposizione va notificato al creditore opposto e depositato in giudizio secondo le regole ordinarie. In base al nuovo testo dell’art. 645 c.p.c. (dopo il Correttivo Cartabia 2024), “l’atto introduttivo è notificato al ricorrente [creditore] nei modi di cui all’art. 638 c.p.c. Contemporaneamente l’ufficiale giudiziario deposita copia dell’atto nel fascicolo d’ufficio contenente il decreto, affinché il cancelliere ne prenda nota” . Questa previsione mira a coordinare la notifica dell’opposizione con il fascicolo monitorio, cosicché la cancelleria segni prontamente l’esistenza del giudizio di opposizione sul decreto ingiuntivo.
Errore sul rito (citazione vs ricorso): In alcune materie l’opposizione va proposta con ricorso invece che con citazione. Ciò accade, ad esempio, per i decreti ingiuntivi emessi in materia di lavoro o di locazione, dove il successivo giudizio si svolge con il rito speciale previsto (rito del lavoro ex art. 409 c.p.c., rito locatizio) che impone l’introduzione a mezzo ricorso . La Corte Costituzionale ha infatti stabilito che l’opposizione segue le forme del rito proprio della materia sottostante (es.: opposizione a ingiunzione di canoni locativi con ricorso ex art. 447-bis c.p.c.) . Se la parte commette un errore di rito – ad esempio notificando una citazione quando era richiesto un ricorso o viceversa – la giurisprudenza ha elaborato principi per evitare la decadenza del diritto di difesa. Le Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 927/2022) hanno chiarito che:
- Se l’opposizione andava proposta con ricorso ma l’intimato ha notificato una citazione, la sola notifica entro 40 giorni non basta a impedire la definitività del decreto. È necessario che l’atto venga anche depositato in cancelleria entro il medesimo termine per produrre effetto, così da poter essere “convertito” in ricorso . In mancanza di tempestivo deposito, la citazione notificata ma non depositata resta inefficace e il decreto diviene irrevocabile . Questo orientamento esclude l’applicazione dell’art. 4 D.lgs. 150/2011 (che prevede in generale la conservazione degli atti introdotti con rito erroneo), ma ammette una conversione atipica subordinata al rispetto del termine perentorio .
- Se al contrario la legge prevedeva la citazione e l’opponente ha introdotto il giudizio con ricorso, si considera la causa iniziata non al momento del deposito del ricorso, bensì quando il ricorso (con il decreto di fissazione udienza) viene notificato alla controparte . In pratica, l’opponente che ha usato il ricorso in luogo della citazione non può giovarsi dell’anticipazione temporale data dal deposito, ma rileva la data (successiva) di notifica: ciò per evitare che iniziative unilaterali errate pregiudichino i termini per l’altra parte .
Da ultimo, la Cassazione ha riconosciuto che in alcune ipotesi l’opponente può scegliere un rito alternativo semplificato: ad esempio, per crediti non soggetti a rito speciale, l’ingiunto può optare tra il rito ordinario (citazione) e il rito sommario di cognizione ex art. 702-bis c.p.c. (ricorso). In tal caso, ai fini della tempestività, rileva la data di deposito del ricorso sommario entro 40 giorni . Questa facoltà, confermata da Cass. civ. Sez. II n. 5954/2024 , si inserisce nelle innovazioni processuali volte a semplificare e accelerare i procedimenti civili.
Svolgimento del giudizio di opposizione: udienze, prova e difese
Una volta instaurato il giudizio di opposizione (mediante iscrizione a ruolo dell’atto introduttivo), esso prosegue secondo le norme del processo di cognizione ordinario, salvo adattamenti. In base all’art. 645 c.p.c. riformato, se il giudizio segue il rito ordinario, il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti con una certa celerità: “non oltre 30 giorni dalla scadenza del termine minimo a comparire” (art. 645 co.2 c.p.c., come modificato dal D.lgs. 164/2024) . Ciò significa che, ridotti o meno i termini, il tribunale deve anticipare la prima udienza entro circa un mese dal termine di comparizione, così da evitare lunghe attese iniziali. Nella prima udienza il giudice dell’opposizione adempie a vari compiti: verifica la regolare costituzione delle parti e la tempestività dell’opposizione, decide sulle eventuali istanze dell’opponente di sospensione della provvisoria esecutorietà del decreto (v. infra), e tratta preliminarmente le questioni processuali (competenza, litispendenza, ecc.). Se l’opposizione è stata proposta oltre i termini o in modo invalido, il giudice potrà dichiararla inammissibile o improcedibile, rendendo definitivo il decreto ingiuntivo opposto. In caso contrario, dispone la prosecuzione del giudizio di merito.
In linea generale, nel giudizio di opposizione si applicano gli istituti tipici del processo civile di primo grado. Ad esempio, è ammessa la proposizione di domande riconvenzionali da parte dell’opponente (debitore) ove ne ricorrano i presupposti di connessione: il debitore potrebbe, nella citazione di opposizione, svolgere una domanda riconvenzionale per danni o restituzioni nei confronti del creditore opposto, purché rientrante nella competenza del giudice adito. Analogamente, il creditore opposto, nel costituirsi in giudizio con comparsa di risposta, può a sua volta modificare o integrare la propria domanda originaria (quella fatta valere col ricorso monitorio) entro i limiti consentiti. La giurisprudenza più recente ammette infatti che l’opposto possa effettuare una mutatio libelli moderata: ad esempio, può ridurre la somma richiesta, oppure precisare un diverso titolo giuridico pur basato sui medesimi fatti sostanziali dedotti in ingiunzione . Le Sezioni Unite hanno chiarito che il creditore opposto può proporre sin dalla comparsa di risposta domande alternative o subordinate (es: chiedere in subordine l’indennizzo ex art.2041 c.c. se la domanda principale di pagamento non fosse accolta), mentre non può serbare eventuali nuove domande fino all’ultima fase delle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c., se erano già prevedibili fin dall’inizio . In sostanza, entro le preclusioni processuali ordinarie, entrambe le parti possono dispiegare compiutamente le proprie difese: l’opponente introdurrà tutte le eccezioni di merito e di rito contro la pretesa creditoria, e l’opposto potrà replicare e produrre ulteriore documentazione a sostegno del proprio credito.
Un punto cruciale riguarda la distribuzione dell’onere della prova nel merito. Come già accennato, l’opposizione a decreto ingiuntivo instaura un giudizio a cognizione piena in cui valgono le regole ordinarie degli artt. 2697 e 115–116 c.p.c. Dunque spetta al creditore opposto provare i fatti costitutivi del credito vantato (es. l’avvenuta fornitura di beni, il contratto e l’inadempimento del debitore, la prestazione professionale eseguita, ecc.) . La documentazione che era sufficiente in fase monitoria potrebbe non esserlo più se l’opponente la contesta specificamente. Ad esempio, una semplice fattura commerciale – che può bastare per ottenere un decreto ingiuntivo – non è da sola prova del credito in causa di opposizione se il debitore ne contesta il contenuto; sarà invece necessario fornire riscontri ulteriori (come i documenti di trasporto firmati, il contratto, o una conferma d’ordine) . La giurisprudenza spiega che “la fattura, pur regolarmente annotata nelle scritture contabili dell’emittente, costituisce sì prova scritta per il monitorio, ma nel giudizio di opposizione non basta: occorre provare il credito con i mezzi ordinari” . Il debitore opponente, dal canto suo, ha l’onere di contestare specificamente i fatti allegati dal creditore e di provare gli eventuali fatti estintivi o impeditivi della pretesa: ad esempio il pagamento già eseguito, la compensazione, la nullità o risoluzione del contratto, vizi o difetti nella merce o nel servizio fornito, ecc. . Se l’opponente deduce tali circostanze, dovrà darne prova secondo le regole generali.
È utile ricordare che l’intimato può anche non contestare alcuni fatti e limitare l’opposizione ad aspetti specifici (ad es. ammettere il debito principale ma eccepire l’errata quantificazione degli interessi, o riconoscere parte del credito contestando il resto). In questi casi, il giudice potrà dichiarare non contestati i fatti esplicitamente non oggetto di contestazione ex art. 115 c.p.c., e la cognizione verterà sul resto.
Durante il giudizio di opposizione, su istanza delle parti, il giudice può ammettere tutti i mezzi di prova ordinari: prova documentale (ulteriori documenti, corrispondenza, estratti conto), prova testimoniale (nei limiti di legge, es. ammessa solo se il credito non deriva da contratto scritto per importi oltre soglia, ecc.), consulenza tecnica, interrogatorio formale e confessione.
Sospensione dell’esecuzione provvisoria (art. 649 c.p.c.)
Se il decreto ingiuntivo opposto è provvisoriamente esecutivo (ex art. 642 c.p.c. o ex lege, ad es. per cambiale), il debitore opponente può chiedere al giudice di merito di sospenderne l’esecutorietà nelle more del giudizio. Ai sensi dell’art. 649 c.p.c., “il giudice istruttore, su istanza dell’opponente, quando ricorrono gravi motivi, può […] sospendere l’esecuzione provvisoria”. Questa istanza va formulata tipicamente nell’atto di opposizione stesso o con apposita richiesta ante causam (se, ad esempio, l’esecuzione è già iniziata prima ancora dell’udienza). Il giudice dell’opposizione valuta sommariamente i “gravi motivi”, che di solito coincidono con elementi seri di fondatezza dell’opposizione o situazioni di pericolo da lasciare proseguire l’esecuzione, e può emettere un’ordinanza motivata di sospensione non impugnabile . In caso di sospensione, il decreto ingiuntivo non potrà essere eseguito (o l’esecuzione in corso viene bloccata) fino alla decisione finale. Se invece la sospensione è negata, l’esecuzione provvisoria continua: ad esempio, il creditore potrà proseguire un pignoramento già avviato, fermo restando che, qualora l’opposizione venga poi accolta, il debitore avrà diritto alla restituzione di quanto eventualmente pagato in forza del decreto (oltre al risarcimento di eventuali danni, se ne ricorrono i presupposti, ex art. 96 c.p.c.). Si noti che la sospensione ex art. 649 riguarda la provvisoria esecutività ante giudicato; non sospende il processo di opposizione, ma solo l’efficacia esecutiva del titolo monitorio. L’ordinanza che decide sull’istanza di sospensione ha natura cautelare e non risolve il merito del credito .
Mediazione obbligatoria e condizione di procedibilità
Un aspetto peculiare dell’opposizione a decreto ingiuntivo concerne la mediazione civile obbligatoria (D.lgs. 28/2010) quando la materia del credito rientra tra quelle soggette a mediazione (es. contratti bancari, assicurativi, condominio, locazione, successioni, telecomunicazioni, ecc.). In origine vi era incertezza su chi dovesse attivare la mediazione: se il debitore opponente (attore formale) o il creditore opposto (attore sostanziale). Prima dell’entrata in vigore della riforma, le Sezioni Unite della Cassazione, con una storica sentenza del 2020, hanno risolto il contrasto stabilendo che l’onere di promuovere la mediazione grava sul creditore opposto . La logica è che il creditore, avendo ottenuto un titolo e interesse a conservarlo, deve attivarsi in mediazione per evitare l’improcedibilità, mentre il debitore ha già esercitato il suo rimedio con l’opposizione . Le Sez. Unite hanno chiarito che se il creditore non avvia la mediazione obbligatoria, la conseguenza dev’essere la improcedibilità della domanda monitoria e la conseguente revoca del decreto ingiuntivo .
Questo principio è stato recepito normativamente dalla Riforma Cartabia (D.lgs. 149/2022), che ha introdotto l’art. 5‐bis nel D.lgs. 28/2010. Tale disposizione conferma espressamente che: “Quando l’azione di cui all’articolo 5, comma 1 [cioè una materia di mediazione obbligatoria] è stata introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo, nel procedimento di opposizione l’onere di presentare la domanda di mediazione grava sulla parte che ha proposto il ricorso per decreto ingiuntivo” . Dunque è il creditore a dover attivare la mediazione dopo l’instaurazione del giudizio di opposizione. La norma prevede inoltre che alla prima udienza il giudice, deciso sulle eventuali istanze di sospensione (provvisoria esecuzione), “assegna alle parti il termine di 15 giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di 3 mesi previsto dall’art. 6” (art. 5-bis, co.2) . In pratica, il giudice dell’opposizione rinvia la causa per consentire lo svolgimento del tentativo di mediazione. Se il creditore opposto non adempie a presentare l’istanza di mediazione nel termine assegnato, il giudizio di opposizione si chiude con una pronuncia di improcedibilità della domanda creditoria e contestuale revoca del decreto ingiuntivo opposto, per mancato avveramento della condizione di procedibilità . Questa sanzione processuale – confermata dalla giurisprudenza – mira a evitare che il creditore eluda l’obbligo di mediazione sfruttando lo strumento monitorio. Va sottolineato che l’improcedibilità colpisce unicamente la domanda del creditore: l’opponente, avendo ottenuto la revoca del decreto, risulta vincitore in causa (salvo diverse statuizioni sulle spese per comportamento delle parti).
Nel caso in cui invece la mediazione venga regolarmente attivata ma fallisca o non si raggiunga un accordo, il giudizio di opposizione riprenderà il suo corso e il giudice deciderà sul merito della controversia. Se le parti raggiungono invece un accordo conciliativo in mediazione, si forma un verbale esecutivo che definisce la lite e comporta l’estinzione del giudizio, con conseguente venir meno del decreto ingiuntivo (sostituito dall’accordo stesso).
Esito del giudizio di opposizione e provvedimenti decisori
Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si conclude con una sentenza del tribunale (o del giudice di pace) che definisce nel merito la controversia tra creditore e debitore. Le possibili situazioni sono essenzialmente tre:
- Rigetto dell’opposizione: se il giudice ritiene infondate le ragioni del debitore opponente e conferma la validità del credito, pronuncia sentenza di rigetto dell’opposizione. In tal caso, il decreto ingiuntivo viene confermato e acquisisce piena efficacia esecutiva (se non l’aveva già). In pratica la sentenza stabilisce che l’ingiunzione era legittima: se il decreto non era provvisoriamente esecutivo, la sentenza ne dispone l’esecutorietà a decorrere dalla pronuncia ; se invece il decreto era già esecutivo, la sentenza ne mantiene ferma l’esecutorietà . Da questo momento il creditore potrà procedere all’esecuzione forzata (se non vi aveva già provveduto), in base sia al decreto sia – eventualmente – alla sentenza stessa (che costituisce ulteriore titolo).
- Accoglimento dell’opposizione (revoca del decreto): se il giudice riconosce fondate le difese del debitore e ritiene che il credito ingiunto non sussista (o non sia dovuto dal convenuto), emette sentenza di accoglimento dell’opposizione e conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto. Il provvedimento monitorio viene annullato e perde efficacia. La sentenza può semplicemente respingere la domanda del creditore (rigetta la pretesa creditoria e revoca il DI), oppure accogliere eventuali domande riconvenzionali del debitore. Ad esempio, il Tribunale di Agrigento (sent. n. 263/2025) ha revocato un decreto ingiuntivo perché il credito era insussistente . In caso di revoca totale, il rapporto torna nello status quo ante: il debitore non è tenuto al pagamento ingiunto e, se durante la pendenza del giudizio aveva versato somme in esecuzione provvisoria, ha diritto di ottenerne la restituzione.
- Accoglimento parziale dell’opposizione: è un caso intermedio in cui il giudice riconosce la fondatezza della pretesa creditoria solo in parte. Ciò può accadere, ad esempio, se il credito esiste ma per un importo inferiore a quello ingiunto (perché una parte è già pagata, oppure alcune voci non erano dovute). In tal caso, la sentenza accoglie in parte l’opposizione: il decreto ingiuntivo viene comunque revocato, ma contestualmente il giudice emette una nuova condanna del debitore al pagamento della minor somma effettivamente dovuta. La revoca del DI è necessaria anche per l’accoglimento parziale, poiché la sentenza sostituisce il provvedimento monitorio per la parte riesaminata . Ad esempio, il Tribunale di Lamezia Terme (sent. n. 122/2025) ha parzialmente accolto un’opposizione riducendo l’importo dovuto e revocando il decreto originario, poi condannando l’opponente al pagamento del saldo accertato . In sostanza, la sentenza di accoglimento parziale funge da nuovo titolo esecutivo per l’importo ricalcolato.
Dal punto di vista pratico, una volta pronunciata la sentenza di merito questa sostituisce il decreto ingiuntivo (che viene confermato o revocato). La sentenza è ordinariamente soggetta ad appello da parte soccombente, e successivamente a ricorso per cassazione, come ogni sentenza di primo grado.
Spese di lite: il giudice dell’opposizione liquida le spese processuali tenendo conto sia della fase monitoria sia della fase di opposizione. In genere, vale il criterio della soccombenza complessiva: la parte le cui pretese risultano infondate sopporta le spese . Ad esempio, se l’opposizione viene integralmente rigettata, le spese sia del procedimento monitorio sia dell’opposizione saranno poste a carico del debitore opponente; se invece l’opposizione è accolta e il decreto revocato, il creditore dovrà rifondere le spese al debitore. Nei casi di accoglimento parziale, il giudice può operare una compensazione totale o parziale delle spese, oppure attribuirle in proporzione all’esito (ad es. compensandole se ciascuno è risultato parzialmente vincitore e parzialmente soccombente). La Corte di Cassazione ha affermato che, in tema di decreto ingiuntivo, il giudice deve valutare unitariamente le due fasi e può tener conto, ad esempio, se il creditore ha provocato l’opposizione chiedendo più del dovuto, oppure se il debitore ha tardivamente adempiuto solo dopo l’ingiunzione . In ogni caso, eventuali spese della fase monitoria già liquidate nel decreto ingiuntivo decadono se il decreto viene revocato, mentre restano confermate (salvo diversa indicazione) se il decreto è mantenuto.
Opposizione tardiva (art. 650 c.p.c.)
Se il debitore ingiunto non ha proposto opposizione nei termini ordinari per circostanze indipendenti dalla sua volontà, l’ordinamento gli offre un rimedio straordinario: l’opposizione tardiva disciplinata dall’art. 650 c.p.c. Si tratta di un’opposizione proposta oltre il termine di 40 giorni, ammessa solo al ricorrere di tassative condizioni . In particolare, il debitore deve provare di non aver avuto tempestiva conoscenza del decreto ingiuntivo a causa di: (a) irregolarità nella notificazione del decreto, oppure (b) caso fortuito o forza maggiore che gli abbiano impedito di attivarsi . Queste situazioni vanno interpretate in modo restrittivo: ad esempio, la giurisprudenza esclude che rientrino nel caso fortuito o forza maggiore eventi ordinari come la malattia di un familiare, la chiusura temporanea dello studio del difensore, o altri impedimenti superabili con ordinaria diligenza . Si richiede dunque un impedimento oggettivo e imprevedibile, non imputabile al debitore, che abbia determinato la mancata conoscenza del provvedimento monitorio. Un esempio classico di irregolarità nella notificazione è la notifica nulla o viziata del decreto (luogo o persona errati, vizio di procedura): in tal caso il debitore potrebbe venire a sapere dell’ingiunzione solo casualmente o in ritardo (ad es. al primo atto esecutivo). Per forza maggiore si intendono eventi eccezionali e non evitabili che abbiano impedito materialmente di proporre opposizione in tempo – casi ormai rari nell’era del PCT, come un disastro naturale che distrugga gli atti, una grave e improvvisa ospedalizzazione del debitore durante tutto il periodo utile, ecc.
L’opposizione tardiva va proposta con le stesse modalità dell’opposizione ordinaria (atto di citazione in opposizione) davanti al giudice che ha emesso il decreto . Nell’atto, oltre ai motivi di merito di contestazione del credito, l’opponente deve esplicitare le ragioni del ritardo e fornire la prova delle circostanze che giustificano l’opposizione tardiva. Ad esempio, dovrà descrivere il vizio di notifica (allegando magari la copia della relata viziata) o l’evento di forza maggiore, e dimostrare che a causa di ciò non ha avuto conoscenza del decreto in tempo utile. La legge impone anche un limite temporale stringente: l’opposizione tardiva non è più ammessa decorsi 10 giorni dal primo atto di esecuzione intrapreso dal creditore (art. 650 co.2 c.p.c.) . Ciò significa che, se il creditore ha già avviato l’esecuzione (tipicamente notificando un atto di precetto o compiendo un pignoramento) senza che il debitore si fosse ancora attivato, quest’ultimo – una volta venuto a conoscenza dell’azione esecutiva – ha solo 10 giorni da tale conoscenza per proporre tardivamente l’opposizione. Trascorso questo ulteriore breve termine, il decreto diviene incontestabile.
Un aspetto delicato, chiarito dalla giurisprudenza, riguarda la differenza tra notifica nulla e notifica inesistente del decreto ingiuntivo, poiché da essa dipende il rimedio utilizzabile:
- Se la notifica è nulla (ad es. effettuata presso un luogo o una persona non esattamente conformi alla legge, ma con qualche collegamento col destinatario, come la notifica a un indirizzo vecchio ma dove il destinatario abitava in passato), il titolo monitorio diviene provvisoriamente efficace decorsi i termini, ma resta suscettibile di essere rimesso in termini col’opposizione tardiva. In tali casi, il debitore deve far valere la nullità attraverso l’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., appena ne ha conoscenza . Ad esempio, Cass. civ. sez. VI n. 34161/2022 ha stabilito che la nullità della notifica del decreto va dedotta con opposizione tardiva entro 10 giorni dal primo atto esecutivo .
- Se la notifica è inesistente (ad es. effettuata in un luogo totalmente estraneo e privo di collegamento col destinatario, o a persona inesistente), allora non si può nemmeno considerare formato un titolo esecutivo efficace contro il debitore, mancando radicalmente il presupposto della conoscenza legale dell’ingiunzione. In tal caso, secondo la Cassazione, il debitore non è obbligato a utilizzare lo strumento dell’opposizione tardiva, ma può direttamente opporsi all’esecuzione forzata eventualmente iniziata, eccependo che il titolo esecutivo non si è mai perfezionato nei suoi confronti . La notifica inesistente, infatti, non fa decorrere alcun termine di opposizione. Cass. 34161/2022 ha affermato che l’inesistenza della notifica può essere fatta valere in sede di opposizione all’esecuzione, senza limiti di tempo . Più di recente, Cass. sez. III n. 16220/2025 ha confermato tale distinzione: la notifica totalmente inesistente non copre di giudicato il decreto, per cui il debitore può reagire in sede esecutiva, mentre per le mere nullità deve esperire l’opposizione tardiva nei tempi ristretti .
In definitiva, l’opposizione tardiva è un rimedio di carattere eccezionale e sussidiario. Il debitore deve attivarsi appena possibile non appena scopre l’esistenza del decreto, fornendo prova rigorosa delle cause che gli hanno impedito la difesa tempestiva. Se l’opposizione tardiva viene accolta, il giudizio prosegue nel merito come un’opposizione ordinaria (salvo il caso in cui emergano profili di competenza per valore o territorio, perché ad es. il debitore aveva domicilio estero – ma generalmente resta la stessa sede). Se invece il giudice ritiene non provate le condizioni di cui all’art. 650 c.p.c., dichiarerà inammissibile l’opposizione tardiva, mantenendo fermo il decreto ingiuntivo divenuto esecutivo.
Rimedi straordinari: revocazione e opposizione di terzo
Trascorso il termine di legge, in mancanza di opposizione (o dopo la definizione sfavorevole del giudizio di opposizione), il decreto ingiuntivo acquista cosa giudicata sostanziale tra le parti. Esso equivale a una sentenza definitiva e, come tale, può essere attaccato solo con i mezzi straordinari di impugnazione previsti dal codice. In particolare, i rimedi esperibili sono la revocazione (nei casi previsti dall’art. 395 c.p.c.) e, in ipotesi peculiari, l’opposizione di terzo (artt. 404–406 c.p.c.).
Revocazione del decreto ingiuntivo divenuto definitivo
La revocazione è un mezzo di impugnazione straordinario destinato a correggere errori di fatto o rimuovere esiti processuali viziati da fatti sopravvenuti o fraudolenti. È ammissibile contro i provvedimenti passati in giudicato (o comunque definitivi) nei casi tassativi indicati dall’art. 395 c.p.c.: ad esempio, se la sentenza (o il decreto ingiuntivo non opposto) è effetto del dolo della parte vittoriosa, di prove false o falsificate, di un errore di fatto risultante dagli atti, oppure se dopo la decisione sono stati scoperti documenti decisivi prima ignorati, o ancora se la decisione è frutto di un conflitto di interessi non dichiarato dal giudice. In ambito di decreto ingiuntivo, la revocazione trova applicazione principalmente quando il debitore scopre, a posteriori, elementi che avrebbero cambiato l’esito o che mettono in luce un raggiro del creditore.
Occorre però una distinzione temporale fondamentale: la revocazione è subordinata al fatto che il debitore non abbia potuto far valere quei motivi prima. Le Sezioni Unite hanno chiarito che la revocazione non può essere utilizzata per aggirare la decadenza dall’opposizione ordinaria . Se il debitore era già a conoscenza del motivo di contestazione entro i 40 giorni, avrebbe dovuto proporre opposizione tempestiva; se, pur essendone a conoscenza, ha lasciato scadere i termini, non può poi cercare scappatoie con la revocazione. Un esempio concreto: un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) ingiunta al pagamento di forniture contestava il credito per asseriti comportamenti fraudolenti del fornitore; tuttavia la sua opposizione fu tardiva e quindi inammissibile, rendendo definitivo il decreto. L’ASL tentò allora la via della revocazione per dolo (art. 395 n.1 c.p.c.), adducendo le stesse condotte fraudolente già note . Ebbene, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile tale revocazione: poiché il dolo del creditore era già conosciuto in tempo per opporsi, la revocazione non può supplire alla mancata opposizione . In generale, la regola è che la revocazione è ammissibile solo per fatti o prove scoperti dopo il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo (o dopo la scadenza del termine di opposizione) . Se la circostanza era conoscibile prima, quel rimedio straordinario è precluso. Come affermato in una recente ordinanza: “la revocazione non è una seconda chance per chi è stato negligente: serve a rimuovere ingiustizie scoperte solo dopo che la decisione è definitiva, non a sanare errori o ritardi nel proporre l’azione ordinaria” .
Dal punto di vista procedurale, la revocazione contro un decreto ingiuntivo non opposto (divenuto titolo definitivo) va proposta davanti allo stesso ufficio giudiziario che ha emesso il decreto, con atto di citazione entro i termini previsti: tipicamente 30 giorni dalla scoperta del motivo di revocazione (nei casi di dolo, falsità di prove, scoperta di nuovi documenti) oppure entro il diverso termine di cui all’art. 396 c.p.c. a seconda dei casi. Ad esempio, se il debitore scopre dopo sei mesi un documento decisivo prima ignoto, dovrà citare in revocazione entro 30 giorni da quando ne ha avuto conoscenza effettiva, provando tale momento. La revocazione ordinaria (per i motivi nn.1-5 dell’art. 395 c.p.c.) ha effetto sospensivo sull’esecutorietà del decreto impugnato solo se il giudice, con ordinanza, la concede su istanza di parte (art. 403 c.p.c.). In mancanza, il decreto resta esecutivo anche in pendenza di giudizio di revocazione, salvo eventuali provvedimenti cautelari.
In sintesi, il debitore può ricorrere alla revocazione solo in situazioni eccezionali, quando emergono post giudicato elementi decisivi prima non conoscibili, oppure se il decreto ingiuntivo è stato ottenuto con inganno. Ma non può usare la revocazione per riesaminare motivi di merito già valutabili in sede di opposizione ordinaria (pena l’inammissibilità). Questo principio è volto a tutelare la certezza delle decisioni: diversamente, chiunque abbia trascurato di opporsi nei 40 giorni proverebbe a invocare la revocazione come rimedio di riserva, vanificando i termini perentori di legge.
Opposizione di terzo
L’opposizione di terzo è un mezzo straordinario di impugnazione concesso a soggetti terzi rispetto al giudizio, le cui situazioni giuridiche vengono pregiudicate da una sentenza (o decreto) emessa tra altre parti. Nel contesto del decreto ingiuntivo, l’opposizione di terzo può teoricamente configurarsi in alcune ipotesi: ad esempio, se il titolo monitorio definitivo lede i diritti di un terzo estraneo che non ha potuto partecipare al processo. Si pensi al caso di un decreto ingiuntivo che riconosce un credito su un bene o un rapporto su cui un terzo vanta diritti incompatibili (es: decreto ingiuntivo contro Tizio per consegna di un bene mobile, ma un terzo, Caio, sostiene di esserne il proprietario). Oppure, caso più frequente, nei rapporti societari: un decreto ingiuntivo emesso contro una società di persone potrebbe pregiudicare i soci illimitatamente responsabili che non abbiano partecipato al giudizio (su questo vedi anche infra, opposizione in ambito societario).
L’opposizione di terzo si distingue in ordinaria (art. 404 co.1 c.p.c.) e revocatoria (art. 404 co.2 c.p.c.). La prima richiede che la decisione impugnata pregiudichi i diritti del terzo derivanti da un titolo autonomo; la seconda si dà quando la sentenza è frutto di dolo o collusione in danno del terzo. Nel caso dei decreti ingiuntivi, potrebbe venire in rilievo l’opposizione di terzo ordinaria: ad esempio, il fideiussore di un debitore ingiunto non è parte in causa, e di regola non può proporre opposizione di terzo contro il decreto emesso verso il debitore principale, poiché il decreto non statuisce direttamente su un diritto del fideiussore (la sua obbligazione discende dal contratto di garanzia, non dal decreto stesso). Il fideiussore potrà far valere le sue difese nell’eventuale causa promossa contro di lui, ma non intromettersi nell’ingiunzione altrui. Diverso sarebbe se il decreto ingiuntivo coinvolgesse erroneamente un bene o un rapporto di un terzo: ad esempio, ingiunzione di consegna di un bene di proprietà di un terzo: costui potrà opporre il proprio titolo opponendo il provvedimento.
In pratica, l’opposizione di terzo contro un decreto ingiuntivo definitivo è rara. Un caso concreto potrebbe essere: decreto ingiuntivo divenuto definitivo tra creditore e società, che accerta un debito sociale; successivamente, un socio (non parte del giudizio monitorio) potrebbe sentirsi leso da quella statuizione se ritiene, ad esempio, che il debito non fosse della società ma suo personale o viceversa. Tuttavia, più che un’opposizione di terzo, in tali contesti il socio farebbe valere tali questioni all’interno del procedimento esecutivo o in eventuali giudizi interni. Si segnala comunque che l’opposizione di terzo ordinaria va proposta entro 30 giorni dalla conoscenza legale della sentenza (o decreto) che si assume pregiudizievole, con atto di citazione avanti al giudice che ha pronunciato la decisione.
In conclusione, l’opposizione di terzo, pur astrattamente prevista, ha applicazione molto limitata nei confronti di decreti ingiuntivi non opposti, poiché di solito il decreto riguarda un rapporto bilaterale creditore-debitore. Ove un terzo si ritenga leso, valuterà se i suoi diritti siano davvero pregiudicati dal giudicato formatosi, e solo in tal caso potrà utilizzare questo strumento eccezionale.
Querela di falso e contestazione dei documenti
Talvolta la pretesa monitoria si fonda su un documento di cui il debitore contesta l’autenticità o la veridicità (ad esempio: una firma contraffatta su una cambiale o su un contratto prodotto dal creditore, un attestato di consegna alterato, ecc.). In simili situazioni, il debitore opponente può dover ricorrere alla querela di falso per neutralizzare l’efficacia probatoria del documento. La querela di falso è il procedimento (civile) previsto dagli artt. 221–227 c.p.c. per accertare la falsità materiale o ideologica di un documento pubblico o privato utilizzato in giudizio.
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la querela di falso può essere proposta in via incidentale – cioè nell’ambito della stessa causa di opposizione – qualora il creditore opposto si avvalga di un documento che l’opponente assume essere falso. Ad esempio, se il decreto ingiuntivo è stato ottenuto presentando un contratto con firma apocrifa del debitore, quest’ultimo, già nell’atto di opposizione, dovrà disconoscere la firma e potrà proporre formale querela di falso per far dichiarare giudizialmente la falsità di quel contratto. In alternativa, la querela può proporsi con atto autonomo davanti al tribunale competente, ma in genere conviene farlo in via incidentale nello stesso giudizio pendente, per evitare contrasti e abbreviare i tempi (in tal caso, il giudice dell’opposizione di regola sospende il giudizio sul merito in attesa dell’esito del giudizio di falso, oppure – se possibile – rimette al collegio la decisione sulla querela). La proposizione della querela segue le forme stabilite dall’art. 221 c.p.c.: in sintesi, l’opponente deve depositare un atto di impugnazione di falso specificando quale documento impugna e in quale parte, e indicando le prove della falsità.
È importante evidenziare che la necessità della querela di falso dipende dalla natura del documento: – Per i documenti pubblici (atti ricevuti da notaio o pubblico ufficiale, cambiali e titoli di credito formali muniti dei requisiti di legge, ecc.), la legge attribuisce pubblica fede fino a querela di falso. Quindi il debitore deve proporre querela per contestarne la validità. Ad esempio, una cambiale firmata ha efficacia di prova legale dell’obbligazione; se il traente nega la propria firma, è generalmente necessaria la querela di falso (o quanto meno un procedimento di verificazione, ma per la cambiale solitamente si configura come falso materiale). – Per i documenti privati, come un semplice contratto tra le parti, vige l’art. 2702 c.c.: la sottoscrizione proveniente dalla parte fa piena prova fino a querela di falso salvo che sia formalmente disconosciuta. Dunque, se il debitore contesta di aver firmato un documento privato, può essere sufficiente un disconoscimento ai sensi dell’art. 214 c.p.c., che toglie efficacia probatoria al documento se il creditore non chiede a sua volta una verificazione. Tuttavia, se il creditore insiste sulla genuinità, il giudice potrebbe disporre una consulenza grafica per accertare la firma. La querela di falso vera e propria qui è una facoltà ulteriore del debitore se vuole una pronuncia accertativa solenne della falsità e, soprattutto, se il documento privato ha già acquisito pubblica fede (es: una scrittura privata autenticata da notaio, che fa fede come atto pubblico quanto all’attestazione della sottoscrizione).
In ogni caso, sollevare tempestivamente la questione della falsità è essenziale. Se il debitore opponente non disconosce o non impugna per falso un documento decisivo prodotto dal creditore, quel documento potrebbe essere utilizzato come prova piena. Ad esempio, un debitore che ometta di contestare formalmente una scrittura privata rischia che essa sia considerata ammessa.
Occorre infine considerare il rapporto tra giudicato sul decreto ingiuntivo e possibilità di querela di falso successiva. Se un decreto ingiuntivo diventa definitivo (per mancata opposizione) basandosi su un documento poi sospettato falso, il debitore potrebbe essere tentato di proporre querela di falso post iudicatum per liberarsi del titolo. Su questo, la giurisprudenza è rigorosa: non è ammessa querela di falso dopo il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo al solo scopo di contestare un documento che si poteva contestare prima. La Corte d’Appello di Brescia (sent. n. 767/2023) ha affermato che la mancata opposizione al decreto preclude la successiva proposizione della querela di falso sul documento fondante quel decreto . Ciò perché il giudicato sull’esistenza del credito copre anche l’eventuale falsità del documento sottostante: una volta divenuto definitivo l’accertamento (sia pure implicito) della validità di quel documento, farne dichiarare la falsità non potrebbe comunque scalfire il diritto consacrato dal giudicato . In altre parole, il sistema non consente di utilizzare la querela di falso come surrogato tardivo dell’opposizione. Se il debitore scopre dopo che un documento era falso, teoricamente potrebbe tentare la via della revocazione per nuovo documento o dolo (se ne ricorrono i presupposti temporali), ma una querela autonoma non potrà eliminare gli effetti del decreto divenuto irrevocabile . La stessa sentenza ha precisato che l’unico rimedio del debitore, a giudicato formatosi, sarebbe stata semmai l’opposizione tardiva (se vi erano i presupposti), non più esperibile nel caso concreto .
In conclusione, la querela di falso è uno strumento importante a disposizione del debitore opponente, ma va usato tempestivamente all’interno del giudizio di opposizione. Bisogna valutare caso per caso se sia necessaria (in base al tipo di documento) e proporla nelle forme di legge. Se proposta in via incidentale, la querela di falso comporta di norma la separazione della relativa fase e la sua decisione con sentenza prima di procedere oltre nel merito della causa di opposizione.
Opposizioni in sede esecutiva (artt. 615 e 617 c.p.c.)
Quando il decreto ingiuntivo diviene titolo esecutivo – sia per mancata opposizione, sia dopo sentenza di rigetto dell’opposizione – il creditore può attivare la procedura esecutiva (pignoramenti, espropriazioni, ecc.) contro il debitore. In tale fase, al debitore rimangono a disposizione alcuni rimedi specifici detti opposizioni esecutive, differenti dall’opposizione al decreto ingiuntivo in senso proprio. Le opposizioni in sede esecutiva, disciplinate dagli artt. 615 e 617 c.p.c., servono a tutelare il debitore (o i terzi) rispetto a irregolarità o illegittimità che emergono dopo che esiste già un titolo esecutivo.
Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.): È lo strumento con cui il debitore (o il terzo assoggettato all’esecuzione) contesta il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata. Può riguardare sia fatti estintivi o impeditivi sopravvenuti al formarsi del titolo, sia la mancanza originaria dei presupposti esecutivi. Nel caso di un decreto ingiuntivo divenuto definitivo, esempi classici di opposizione all’esecuzione sono: l’avvenuto pagamento del debito dopo la formazione del titolo (es. il debitore ha pagato spontaneamente dopo la sentenza e il creditore tenta ugualmente il pignoramento), oppure la prescrizione del diritto di procedere esecutivamente (ad es. decreto rimasto ineseguito per oltre 10 anni), oppure ancora la circostanza che il titolo non è valido nei confronti di quel debitore (si pensi al caso di notifica inesistente del decreto ingiuntivo, di cui sopra). L’opposizione all’esecuzione si può proporre prima che l’esecuzione inizi (opposizione “preventiva”, ad esempio per far accertare che nulla è dovuto, onde evitare il pignoramento), oppure dopo l’inizio dell’esecuzione (dopo la notifica del precetto o del pignoramento). Nel primo caso – opposizione a precetto – l’atto introduttivo è una citazione al giudice competente per l’esecuzione, con cui il debitore chiede di accertare che il creditore non ha diritto a eseguire coattivamente; il giudice può sospendere la procedura se già pendente. Nel secondo caso – opposizione a esecuzione già iniziata – il debitore introduce il giudizio con ricorso al giudice dell’esecuzione (se in corso) e formula le sue contestazioni.
Limiti importanti: se l’opposizione verte su fatti anteriori alla formazione del titolo, essa è inammissibile in quanto surrettizia impugnazione del titolo stesso. Quindi il debitore non può in sede esecutiva rimettere in discussione il credito in sé o eccezioni che avrebbe dovuto sollevare nel giudizio di opposizione. Ad esempio, un debitore che non ha opposto il decreto ingiuntivo non può, al momento del pignoramento, opporsi all’esecuzione sostenendo che il credito era infondato o che il contratto era nullo: questi erano motivi da far valere con l’opposizione di merito, e una volta perso quel treno, il decreto è cosa giudicata insindacabile . Come già detto, fa eccezione il caso di notifica inesistente del decreto: qui il debitore può opporsi all’esecuzione sostenendo di non essere mai stato posto in grado di opporsi e quindi di non essere vincolato dal titolo (in tal senso Cass. 16220/2025) . Ugualmente, la Cassazione ha ritenuto proponibile in sede esecutiva l’eccezione di mancato avveramento di una condizione cui il titolo era subordinato, se tale circostanza si è verificata dopo (es: decreto ingiuntivo su obbligazione condizionata, la condizione non si avvera e il debitore può opporsi all’esecuzione). In generale però: tutto ciò che attiene al rapporto sostanziale ed era conoscibile prima, è coperto dal giudicato del decreto ingiuntivo non opposto, quindi non fornisce motivi validi di opposizione all’esecuzione. Saranno invece tipici motivi di opposizione all’esecuzione quelli successivi: pagamento intervenuto dopo la sentenza, accordo transattivo raggiunto col creditore, pignoramento avviato per somme maggiori di quelle dovute (oltre il titolo), mancanza delle condizioni di procedibilità esecutiva (es: precetto viziato – ma questo confina con opposizione agli atti), ecc.
Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.): Questo rimedio si riferisce alle irregolarità formali o ai vizi procedurali dei singoli atti dell’esecuzione forzata. Ad esempio: un atto di precetto che non contiene l’indicazione prescritta della data di notificazione del titolo; un pignoramento eseguito in violazione delle forme di legge; un’avviso di vendita viziato, ecc. Nel contesto di un decreto ingiuntivo, un caso frequente è l’opposizione al precetto se redatto in modo errato (mancanza dell’intimazione, omissione della data del decreto, somme superiori al titolo, mancata notifica del titolo in forma esecutiva, ecc.). Oppure l’opposizione agli atti può riguardare la mancata notificazione del titolo esecutivo insieme al precetto: va ricordato che il decreto ingiuntivo, per poter procedere a precetto, deve essere notificato in forma esecutiva se non lo era già stato (talvolta capita che il creditore notifichi il precetto allegando copia del DI non munita di formula esecutiva: ciò è irregolare e oppugnabile). L’opposizione agli atti si propone entro termini brevissimi: 20 giorni dalla notifica dell’atto viziato (o dalla sua conoscenza legale). Si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione (se l’esecuzione è già pendente) o al giudice competente ex art. 617 c.p.c. se il procedimento esecutivo non è ancora iniziato (nel caso del precetto, la giurisprudenza ammette l’uso sia del ricorso che della citazione, ma con la riforma 2021–2022 si tende al ricorso al GE entro 20 giorni).
In sede di opposizione ex art. 617, il giudice non rivede il merito del diritto di credito, ma esamina solo la regolarità formale dell’atto impugnato. Se trova un vizio, annullerà l’atto (ad es. annulla il precetto viziato); se non riscontra irregolarità, rigetterà l’opposizione e l’atto rimane valido.
Esempio pratico: Il creditore notifica decreto ingiuntivo munito di formula esecutiva e contestualmente notifica precetto chiedendo capitale, interessi e spese. Il debitore nota che nel precetto il creditore ha incluso più interessi di quelli dovuti (magari applicando un tasso diverso da sentenza). Questo è un vizio dell’atto di precetto (sovra-quantificazione): il debitore può proporre opposizione agli atti entro 20 giorni, chiedendo al giudice di annullare il precetto illegittimo. Il giudice dell’esecuzione, verificato l’errore, annullerà il precetto eccedente e il creditore dovrà eventualmente notificarne uno corretto. Durante questo giudizio, l’esecuzione viene sospesa se il debitore ha chiesto e ottenuto la sospensione inaudita altera parte o dal GE.
Coordinate tra opposizione tardiva e opposizioni esecutive: come visto, se il problema è la mancata conoscenza tempestiva del decreto, la legge preferisce l’opposizione tardiva (entro 10 gg dal primo atto esecutivo). Se questo termine scade, il debitore non può più fare opposizione tardiva e, a rigore, dovrebbe subire l’esecuzione; tuttavia, se vi sono estremi di nullità radicale, potrà tentare l’opposizione all’esecuzione. Comunque, superata la fase di accertamento del credito, le opposizioni esecutive hanno portata limitata e non riaprono il merito del titolo. Il giudicato del decreto ingiuntivo non opposto, come detto, copre l’esistenza del credito e la validità del rapporto sottostante, quindi in fase di esecuzione non potrà più essere contestato (art. 616 c.p.c. conferma che, salvo casi eccezionali, il giudice dell’esecuzione non entra nel merito già deciso).
Casi speciali di opposizione a decreto ingiuntivo
In questa sezione esaminiamo alcune fattispecie particolari previste dalla legge o emerse dalla giurisprudenza, che richiedono accorgimenti specifici: il procedimento ingiuntivo europeo, l’opposizione relativa a rapporti societari (soci e società), e le ingiunzioni contro la Pubblica Amministrazione.
Decreto ingiuntivo europeo: opposizione e differenze
L’ingiunzione di pagamento europea è un procedimento monitorio sovranazionale regolato dal Regolamento (CE) 1896/2006, volto a facilitare il recupero crediti transfrontaliero all’interno dell’Unione Europea. Si tratta di uno strumento alternativo rispetto al monitorio interno: il creditore di un altro Stato UE può scegliere se usare il decreto ingiuntivo europeo oppure le vie nazionali . La caratteristica è che l’ingiunzione europea, una volta emessa da uno Stato membro, è automaticamente riconosciuta ed esecutiva in tutti gli altri Stati UE (eccetto Danimarca) senza exequatur .
Procedura: Il creditore compila un modulo standard (Modulo A) con i dati del debitore, l’importo e la descrizione del credito, e indica le prove a sostegno (non deve necessariamente allegarle, è sufficiente una descrizione giurata) . Non è richiesta l’assistenza legale obbligatoria in questa fase . Il giudice dello Stato adito verifica sommariamente la domanda e può: rigettarla (se mancano i requisiti, il che non fa giudicato e lascia libero il creditore di procedere in altri modi) ; chiedere integrazioni; oppure emettere l’ingiunzione europea. Se la emette, la fa notificare al debitore. Il debitore ha 30 giorni dalla notifica per proporre opposizione all’ingiunzione europea .
L’opposizione europea è estremamente semplificata: il debitore deve inviare al giudice un modulo di opposizione (Modulo F), dichiarando semplicemente che intende contestare la pretesa, senza bisogno di motivare dettagliatamente . Basta, in altri termini, barrare la casella di opposizione: non è necessaria alcuna esposizione di merito (ciò per incoraggiare la difesa anche senza avvocato). Presentata l’opposizione entro 30 giorni, l’ingiunzione europea non acquista efficacia esecutiva; si apre invece un procedimento civile ordinario nello Stato membro d’origine (quello che ha emesso l’ingiunzione), a meno che il creditore nella domanda non avesse dichiarato di rinunciare al giudizio in caso di opposizione . Infatti, il Regolamento consente al creditore, nel modulo iniziale, di optare per l’estinzione del procedimento se c’è opposizione (scelta non comunicata al debitore): se ha optato per l’estinzione, l’opposizione chiude semplicemente la vicenda e il titolo monitorio decade; se invece (come più spesso accade) il creditore vuole proseguire, allora l’opposizione comporta che “il procedimento prosegue secondo le norme del processo civile ordinario davanti all’ufficio giurisdizionale competente” .
Una problematica interpretativa era: quale forma debba assumere il “prosieguo” in sede nazionale. Il Regolamento UE non specifica se il giudizio di merito debba essere iniziato ex novo o proseguito nello stesso fascicolo. Le Sezioni Unite della Cassazione (sentt. nn. 2840 e 2831 del 2019) hanno chiarito che spetta al giudice che ha emesso l’ingiunzione europea – ricevuta l’opposizione – emanare un provvedimento che “dà atto della pendenza del procedimento avanti a sé e dispone che esso prosegua secondo le regole del processo civile ordinario” . Il giudice non deve individuare egli stesso le regole applicabili (ciò spetta alle parti e all’eventuale istruttore), ma deve fissare un termine al creditore per attivare il giudizio di cognizione secondo le forme ordinarie richieste dalla sua domanda . In pratica, la palla passa al creditore opposto: ad esempio, se in Italia un creditore ottiene un’ingiunzione europea contro un debitore tedesco e quest’ultimo fa opposizione, il tribunale italiano emetterà un’ordinanza che invita il creditore a riassumere la causa nelle forme ordinarie (verosimilmente con citazione o ricorso ex art. 645 c.p.c., a seconda dei casi), così da incardinare la fase di merito.
Se il debitore non fa opposizione entro 30 giorni, l’ingiunzione europea diviene definitiva ed esecutiva. Il creditore potrà allora chiedere al giudice d’origine l’apposizione della dichiarazione di esecutività europea (tramite il Modulo G), e quindi procedere ad esecuzione forzata in qualunque Stato membro. Il regime di riconoscimento è semplificato: non serve delibazione, né si può opporre exequatur, salvo limitate possibilità di sospensione/rifiuto. Il debitore, senza opposizione, può solo tentare un “ricorso in riesame” straordinario presso il giudice d’origine, entro 30 giorni (art. 20 Reg. 1896/2006), solo se: (a) la notifica dell’ingiunzione non gli è stata comunicata in tempo utile per opporsi (assenza di notifica regolare); (b) per forza maggiore o cause eccezionali non ha potuto opporsi in tempo; (c) l’ingiunzione è stata emessa per errore evidente del giudice (es: errore di persona, vizi manifesti) . Fuori di queste ipotesi, il decreto europeo non opposto è immodificabile, e il debitore potrà al più contestare l’esecuzione nello Stato di destinazione se il titolo è divenuto incompatibile con altra decisione o se ha già pagato .
In definitiva, in materia di opposizione il decreto ingiuntivo europeo presenta due grandi differenze: (1) l’opponente non deve articolare subito motivi, basta che neghi il credito in toto o in parte; (2) l’opposizione non produce un giudizio autonomo di diritto interno se il creditore dichiara di rinunciare al credito in caso di opposizione. Se invece si passa al giudizio ordinario, varranno da quel momento le stesse logiche viste per l’opposizione nazionale. Si tenga presente che il creditore che ha attivato un’ingiunzione europea e si vede opposto potrebbe successivamente convertire l’azione in un decreto ingiuntivo interno o in una causa ordinaria nazionale, se ne ricorrono i presupposti, evitando duplicazioni.
Opposizione e strategie nei rapporti societari (soci e società)
Un campo particolare in cui sono emerse questioni è quello delle società di persone (come le società in nome collettivo – s.n.c. – e le società in accomandita semplice) i cui soci sono illimitatamente responsabili per i debiti sociali. Può accadere che un creditore ottenga un decreto ingiuntivo non solo contro la società, ma anche intimando direttamente i soci illimitatamente responsabili, in virtù della loro obbligazione solidale ex art. 2291 c.c. Un caso tipico: creditore di una s.n.c. notifica decreto ingiuntivo sia alla società sia ai singoli soci. Si pone dunque il problema di come i soci debbano reagire. La recente Cassazione, sez. III, sent. 27367 del 13/10/2025 ha fatto chiarezza su una situazione del genere .
Nella vicenda, una società straniera aveva ottenuto decreto ingiuntivo nei confronti di una s.n.c. italiana e dei suoi due soci. La società propose opposizione nei termini, mentre i soci non fecero opposizione personalmente . Durante la pendenza dell’opposizione promossa dalla società, il creditore notificò ai soci un atto di precetto per l’importo ingiunto, assumendo che, non avendo essi opposto il decreto entro 40 giorni, questo fosse divenuto definitivo verso di loro . I soci reagirono con opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., sostenendo tra l’altro che la loro responsabilità era solo sussidiaria e subordinata all’escussione preventiva del patrimonio sociale (beneficio di escussione ex art. 2304 c.c.) . In primo e secondo grado, i giudici diedero ragione ai soci: ritennero che, benché il decreto fosse definitivo verso di loro, essi conservassero il beneficio di preventiva escussione e quindi l’esecuzione contro di loro fosse prematura, mancando prova dell’insufficienza del patrimonio sociale . La Cassazione, tuttavia, ha ribaltato questa soluzione, dettando un principio di notevole rilievo: quando un decreto ingiuntivo è stato notificato anche ai soci illimitatamente responsabili e questi non lo oppongono nei termini, il decreto diventa definitivo nei loro confronti e il loro debito non è più considerato “sussidiario” ma diretto e personale. In altre parole, il fatto di non aver proposto opposizione rende il decreto ingiuntivo “giudicato” verso i soci, trasformando il credito sociale in un loro obbligo personale ex sentenza . Ciò esclude l’operatività del beneficio di escussione: i soci, avendo un titolo esecutivo giudiziale a proprio nome, sono debitori in solido senza condizioni . La Cassazione ha affermato che “i soci illimitatamente responsabili non perdono la possibilità di eccepire la preventiva escussione solo finché il titolo è formato solo contro la società; ma se il titolo diviene definitivo anche a loro carico, la loro obbligazione diventa parimenti diretta e decade ogni sussidiarietà” . Inoltre, la pendenza dell’opposizione da parte della società non sospende la definitività già maturata verso i soci: il monitorio divenuto irrevocabile per i soci rimane esecutivo, anche se la società debitore principale sta facendo causa . Del resto – nota la S.C. – se fosse diversamente, notificare il decreto pure ai soci sarebbe un danno per il creditore (che vedrebbe sospesa l’azione contro di loro in attesa dell’opposizione sociale), mentre la legge mira a tutelarlo .
Implicazioni pratiche: un socio illimitatamente responsabile che riceve un decreto ingiuntivo unitamente alla società non può limitarsi a lasciar fare alla società, ma deve impugnare personalmente il decreto entro 40 giorni per non esserne vincolato. Se non lo fa, quel decreto diventerà titolo esecutivo contro di lui, e il creditore potrà escutere i suoi beni anche senza aver escusso prima la società . I soci in quella causa avevano eccepito la mancata preventiva escussione e ottenuto l’annullamento del precetto nei gradi di merito; la Cassazione invece ha cassato tali decisioni, stabilendo che l’opposizione all’esecuzione per far valere il beneficio era infondata, perché il beneficium excussionis non opera più quando il socio è destinatario di un titolo giudiziale passato in giudicato . Il decreto ingiuntivo non opposto ha “personalizzato” il debito: da credito sociale è divenuto credito personale del socio verso il creditore, per effetto del giudicato .
Questo principio richiede attenzione sia ai creditori sia ai soci: il creditore dovrebbe sempre notificare il decreto anche ai soci illimitatamente responsabili (nelle società di persone), per vincolarli direttamente; i soci, dal canto loro, se raggiunti da un’ingiunzione, devono attivarsi con un’opposizione (eventualmente coordinandosi con quella della società) per non decadere dalle difese. Se il socio non era destinatario del decreto ingiuntivo (cioè il decreto era intestato solo alla società), allora egli non è parte del titolo e il creditore, per agire contro di lui, dovrà procurarsi un titolo esecutivo a suo carico (ad es. notificargli la sentenza ottenuta contro la società ed estenderne gli effetti, oppure iniziare un autonomo giudizio). In tal caso il socio potrà difendersi nel nuovo giudizio (ad es. eccependo che il debito non era sociale, o altre ragioni). La fattispecie esaminata dalla Cassazione 27367/2025 riguarda invece proprio il caso in cui il socio fosse già destinatario dell’ingiunzione iniziale.
In sintesi, strategie per i soci: se ricevi un DI insieme alla tua società, opponi anche tu; se la società è l’unica ingiunta e tu come socio non sei nominato, potrai essere coinvolto successivamente ma allora avrai mezzi di difesa (o appello se coinvolto in sentenza, o contestazione esecutiva se tentano di escutere senza titolo formalmente a tuo nome – anche se su quest’ultimo punto la giurisprudenza dibatte, ma tendenzialmente serve un titolo nominativo).
Ingiunzioni di pagamento contro la Pubblica Amministrazione
Le regole del procedimento ingiuntivo si applicano anche quando il debitore intimato è un ente pubblico (Stato, ente locale, ASL, ente pubblico economico, ecc.), ma con alcuni accorgimenti particolari. Innanzitutto, la legge non vieta di per sé l’azione monitoria contro la P.A.: il decreto ingiuntivo contro una Pubblica Amministrazione è ammissibile, a patto naturalmente che si verta in materia di diritti disponibili di natura civile o commerciale (se si trattasse di materia devoluta alla giurisdizione contabile o amministrativa, non sarebbe applicabile il monitorio civile). Molto frequentemente imprese e fornitori ricorrono al decreto ingiuntivo per farsi pagare crediti verso enti pubblici (forniture a ospedali, servizi a enti locali, contratti con ministeri, ecc.) .
Occorre però considerare due particolarità:
- Notifica all’Avvocatura dello Stato: Se l’ente debitore è assistito ex lege dall’Avvocatura dello Stato (ad es. un Ministero, un ente pubblico nazionale, o anche Regioni in alcune materie), è necessario notificare il ricorso per ingiunzione e il decreto anche all’Avvocatura dello Stato competente per territorio (art. 144 c.p.c.) . Ad esempio, un decreto ingiuntivo contro un Ministero va notificato sia presso la sede dell’ente che all’Avvocatura Distrettuale dello Stato del distretto in cui ha sede il giudice adito. La mancata notifica all’Avvocatura comporta nullità della notificazione, che la P.A. potrà eccepire. Dunque il creditore deve fare questa doppia notifica: all’ente e all’Avvocatura. Nel dubbio, conviene notificare all’Avvocatura ogniqualvolta l’ente rientri tra quelli patrocinati obbligatoriamente o facoltativamente dallo Stato (Ministeri, Agenzie fiscali, ma non comuni o province, che di norma hanno autonomia). Per gli enti locali (Comuni, Province) di solito non c’è patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, salvo convenzioni particolari, quindi la notifica va fatta al dirigente dell’ente secondo art. 144 e 145 c.p.c. (Comune: Sindaco; Regione: Presidente Giunta, ecc.).
- Limiti all’esecuzione sui fondi pubblici: Ottenuto un decreto ingiuntivo contro la P.A., il creditore non può sempre agire esecutivamente con la stessa libertà che contro un privato. Vi sono norme che tutelano la continuità dei servizi pubblici e la finanza pubblica. Ad esempio, per i Comuni e gli enti locali, il D.P.R. 140/2017 prevede che le somme destinate a funzioni essenziali non possano essere pignorate oltre determinate percentuali. In particolare, i crediti verso enti locali possono essere pignorati presso il loro tesoriere solo nei limiti di 1/12 delle entrate mensili di bilancio per certe categorie di spesa (questo per garantire che l’ente possa continuare a erogare servizi) . Ad esempio, un fornitore che pignora le casse di un Comune troverà che il pignoramento colpisce solo la parte eccedente i fondi destinati a stipendi, mutui, ecc., secondo la normativa contabile. Anche per lo Stato ci sono regole speciali: le somme stanziate in bilancio per certi scopi non sono distogliibili da pignoramenti (c.d. impignorabilità relative). Inoltre, una legge in passato (D.L. 669/1996 conv. L.30/1997) prevedeva una sorta di “moratoria” di 120 giorni per pagamenti da parte dello Stato a seguito di ingiunzioni non opposte: in passato il decreto ingiuntivo contro lo Stato non poteva essere dichiarato provvisoriamente esecutivo e lo si poteva eseguire solo dopo 120 giorni dalla notifica, per dare tempo alla P.A. di programmare il pagamento. Questa disciplina ha subito modifiche, ma in sostanza oggi:
- Il decreto ingiuntivo contro la P.A. può essere emesso provvisoriamente esecutivo? In generale, sì, ma spesso i giudici sono prudenti nel concederlo, soprattutto se il credito non è espressamente riconosciuto e c’è rischio di opposizione. Ad esempio, un avvocato che ingiunge parcelle a un Ministero produce il parere di congruità: molti giudici concedono la provvisoria esecuzione anche verso la P.A. (non c’è un espresso divieto normativo in tal senso) . Tuttavia, per alcune categorie di crediti contro la P.A. (ad es. pubblico impiego prima della transito al giudice del lavoro) c’erano limitazioni. Oggi il monitorio è ammesso e la provvisoria esecuzione pure, ma la P.A. può chiedere al giudice dell’opposizione la sospensione ex art. 649 c.p.c. come chiunque.
- Se il decreto diventa definitivo e la P.A. non paga spontaneamente, il creditore può procedere a pignorare le somme presso il tesoriere dell’ente (la banca tesoriera o Banca d’Italia per i ministeri). Qui entrano in gioco le norme di contabilità pubblica: alcuni fondi non sono pignorabili. Ad esempio, le somme destinate a stipendi del personale dei ministeri non possono essere toccate oltre un certo limite, e comunque vige l’obbligo per il tesoriere di vincolare una parte e permettere il funzionamento dell’ente . Questo, va detto, non impedisce al creditore di soddisfarsi, ma può rallentare la procedura e ridurre l’importo immediatamente aggredibile.
- Spesso, la P.A. non si oppone nemmeno al decreto ingiuntivo (specie se il credito è palese, come fatture per forniture già nei loro registri), ma tarda a pagare oltre i 40 giorni . Il creditore in questi casi dovrà procedere con precetto e pignoramento per ottenere il pagamento coattivo – magari scoprendo poi che l’ente salda il debito solo dopo il pignoramento (o addirittura in extremis dopo il primo atto, con aggravio di spese per l’ente stesso).
Infine, si segnala che i crediti commerciali verso la P.A. beneficiano già di tutele normative: il D.Lgs. 231/2002 prevede che la P.A. debba pagare di regola entro 30 giorni (o 60 in casi particolari) dalle forniture, oltrepassati i quali maturano interessi moratori automatici (al tasso BCE + 8%) . Tali interessi possono essere chiesti nel decreto ingiuntivo e spesso costituiscono un deterrente per l’ente, che potrebbe preferire pagare per evitare l’ulteriore aggravio.
Conclusione pratica: se si ingiunge un ente pubblico, assicurarsi di rispettare le formalità di notifica (inclusa Avvocatura se necessaria). Una volta ottenuto il titolo, se l’ente non paga spontaneamente, il creditore dovrà procedere con la fase esecutiva tenendo presenti i limiti di pignorabilità. Non di rado la P.A., vedendosi pignorare fondi, provvede al pagamento per evitare ulteriori problemi. Va ricordato che per i debiti della P.A. esiste anche la possibilità (ex legge di bilancio 2020) di segnalare il ritardo alla Corte dei Conti, ma questo esula dal nostro tema.
Modelli di atti processuali (fac-simili)
Di seguito si propongono dei fac-simili semplificati di atti utili al debitore opponente. Attenzione: sono schemi generali da adattare al caso concreto, rispettando i requisiti formali aggiornati (in particolare a seguito della riforma del 2022/2023). Si consiglia sempre di rivolgersi a un legale per la redazione finale.
Fac-simile di atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo (opposizione ordinaria)
**Tribunale di [___]**
Atto di citazione in opposizione ex art. 645 c.p.c. avverso decreto ingiuntivo n. ___/____
**Opponente (debitore ingiunto):** [Nome Cognome], nato a ___ il ___, C.F. ________, residente in ___, elettivamente domiciliato in ___ presso lo studio dell’avv. ___ (C.F. ___; PEC ___), che lo rappresenta e difende in virtù di procura in calce/in allegato.
**Opposto (creditore ingiungente):** [Società XY S.p.A.], C.F./P.IVA ________, con sede in ___, in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata presso ___ (ovvero: rappresentata dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di ___, se P.A.).
**Oggetto:** opposizione a decreto ingiuntivo n. ___ emesso in data ___ dal Tribunale di ___ (R.G. n. ___/___).
**Fatti e svolgimento:**
– Con ricorso monitorio notificato in data ___, la parte opposta ha ottenuto dal Tribunale di ___ il decreto ingiuntivo n.___/___, che ingiunge al Sig. ___ (opponente) il pagamento di € ___ oltre interessi e spese, deducendo un asserito credito per ___ (breve descrizione: es. fornitura merce, prestazione professionale, etc.).
– Il decreto ingiuntivo è stato notificato all’opponente in data ___.
– L’opponente intende contestare integralmente (o: parzialmente, nei limiti di cui infra) la pretesa creditoria per le ragioni di fatto e di diritto esposte in seguito, e propone pertanto tempestiva opposizione nei termini di legge (notifica dell’atto in data ___, entro 40 giorni dalla notifica del DI avvenuta il ___).
**Motivi dell’opposizione:**
1. **Inesistenza del credito ingiunto / contestazione nel merito:** (esporre dettagliatamente le ragioni di merito per cui nulla è dovuto o è dovuta somma inferiore. Esempio: “Il credito azionato da parte opposta è insussistente in quanto la merce oggetto della fattura non è mai stata consegnata, come da corrispondenza del __ (doc. __). In subordine, parte opposta ha già ricevuto pagamenti per € __ (doc. __) che estinguono pro quota il dovuto…”).
2. **Eccezioni processuali o di rito (se presenti):** (es: incompetenza territoriale; nullità della notificazione del decreto ingiuntivo; vizio di procedura monitoria, ecc., con relative argomentazioni. Esempio: “Il decreto ingiuntivo è stato notificato a persona diversa dal destinatario (come da relata allegata, doc. __); tale nullità ha impedito la conoscenza tempestiva, si eccepisce pertanto la nullità della notifica ex art. 160 c.p.c…”).
3. **Eccezioni di merito:** (es: prescrizione del credito – argomentare termini e decorrenza; inesigibilità per mancato avveramento di condizione; compensazione con controcredito dell’opponente, ecc. Ogni eccezione numerata).
*(Facoltativo)* **Domanda riconvenzionale:** (se l’opponente intende chiedere qualcosa in via riconvenzionale al creditore – ad es. risarcimento danni per merce difettosa, ripetizione di indebito per pagamenti eccedenti – indicarlo qui con titolo e svolgimento: “Si chiede in via riconvenzionale la condanna di parte opposta al risarcimento dei danni, quantificati in € __, per i motivi di cui sopra…”).
*(Facoltativo)* **Istanza di sospensione della provvisoria esecuzione:** (se il decreto è stato dichiarato esecutivo ex art. 642 c.p.c.: “L’opponente richiede sin d’ora, ai sensi dell’art. 649 c.p.c., la sospensione della provvisoria esecuzione concessa al decreto opposto, ricorrendo gravi motivi, atteso che… [sintesi dei motivi di fondatezza dell’opposizione e/o periculum]”).
**Prove:** (indicare i mezzi di prova di cui l’opponente intende avvalersi: documenti allegati – numerandoli –, eventuali testi specificando circostanze, CTU se necessaria, ecc. Esempio: “Si deposita elenco documenti: 1) copia contratto del …; 2) lettere mail …; 3) bolle di consegna…; Si chiede interrogatorio formale della controparte sui capitoli di cui all’allegato …, prova per testi sulle seguenti circostanze: … [specificare]. Eventuale CTU contabile sulla movimentazione di magazzino della merce….”).
**Diritto:** (illustrare brevemente gli aspetti giuridici salienti che sorreggono l’opposizione, richiamando norme e giurisprudenza rilevanti, *solo se utile*. Esempio: “Ai sensi dell’art. 2697 c.c., spetta a parte opposta fornire la prova della consegna delle merci: onere non assolto, poiché i DDT prodotti sono privi di firma del destinatario. Inoltre, come affermato da Cass. XXX, la fattura non costituisce di per sé prova del contratto sottostante …”).
**Conclusioni:**
Alla luce di tutto quanto esposto, l’opponente, come sopra rappresentato e difeso, conclude chiedendo che l’Ill.mo Tribunale adito voglia:
– **In via principale:** accogliere l’opposizione e, per l’effetto, **revocare** il decreto ingiuntivo n.___/___ emesso il ___ dal Tribunale di ___, rigettando la domanda monitoria di parte opposta perché infondata in fatto e in diritto;
*(Se del caso:)* **in via subordinata:** nella denegata ipotesi di mancato integrale rigetto, revocare comunque il decreto ingiuntivo opposto e rideterminare l’importo eventualmente dovuto dall’opponente nella minor somma di € ___, oltre interessi legali, respingendo per il resto la pretesa avversaria;
– **In ogni caso:** rigettare le domande avverse non provate o illegittime;
– **(Domande riconvenzionali):** [es. Condannare parte opposta al pagamento, in favore dell’opponente, della somma di € ___ a titolo di ___, oltre interessi e rivalutazione];
– **Con vittoria di spese e compensi** del procedimento monitorio opposto e del presente giudizio di opposizione.
*(Facoltativo – istanze ulteriori):* Si chiede sin d’ora ex art. 648 c.p.c., in caso di fondate contestazioni dell’opponente, la revoca della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto.
**Luogo, data**
Avv. ___ ____(firma digitale/autografa)____
Fac-simile di atto di citazione in opposizione tardiva (art. 650 c.p.c.)
(Le parti iniziali e finali sono analoghe all’atto di cui sopra. Occorre aggiungere la parte relativa ai motivi della tardività):
…[parte iniziale come sopra]…
**Fatti specifici sulla tardiva conoscenza:**
– Il decreto ingiuntivo n.__/___ è stato notificato in data ___ *[oppure: non è mai stato notificato]* all’opponente presso ______. Tuttavia, l’opponente dichiara di **non aver avuto tempestiva conoscenza** del decreto ingiuntivo entro il termine di legge per i seguenti motivi: ________.
*(Esempio 1: notifica nulla)* “Il decreto è stato notificato a un indirizzo errato (via ___ n.__, anziché via ___ n.__ ove l’opponente risiede) come risulta dalla relazione di notificazione (doc. __). Pertanto l’ingiunto non ha mai ricevuto l’atto e ne è venuto a conoscenza solo in data ___, quando gli è stato notificato atto di precetto/pignoramento da parte opposta.”
*(Esempio 2: forza maggiore)* “In data ___ l’opponente ha subito ______ (es: un grave incidente) che gli ha impedito per __ giorni qualsivoglia attività. Durante tale periodo, non ha potuto accedere alla PEC né ricevere atti. Solo in data ___, ristabilitosi, apprendeva dell’esistenza del decreto, già notificato nel frattempo in data ___.”
– **Tempestività dell’opposizione tardiva:** Il primo atto di esecuzione intrapreso dal creditore è (precetto/pignoramento) notificato il ___: l’opponente, avuta conoscenza effettiva del decreto in tale data, propone la presente opposizione tardiva **entro 10 giorni** da allora (art. 650 co.2 c.p.c.).
**Motivi dell’opposizione tardiva:**
*(Oltre a esporre i motivi di merito dell’opposizione, ribadire le ragioni che giustificano l’ammissione tardiva):*
1. **Irregolarità della notifica del decreto:** la notificazione del monitorio è nulla/inesistente per ___ (come sopra descritto). Tale vizio integra l’ipotesi di cui all’art. 650 c.p.c., avendo impedito la conoscenza tempestiva. La presente opposizione è quindi ammissibile e fondata.
2. *(eventuali altri motivi di merito, come nell’atto ordinario: contestazione del credito, etc.)*
…[segue con **Conclusioni** analoghe:]…
**Conclusioni:**
Voglia l’Ill.mo Tribunale:
– **In via preliminare:** dichiarare l’ammissibilità della presente opposizione tardiva ai sensi dell’art. 650 c.p.c., ricorrendo i presupposti ivi previsti (difetto di conoscenza tempestiva per vizio di notifica / forza maggiore);
– **Nel merito:** accogliere l’opposizione e revocare il decreto ingiuntivo opposto n.___/___, rigettando la domanda monitoria di parte opposta;
– **(ecc. come in precedenza per spese, etc.)**.
… [luogo, data, firma avvocato] …
(NB: In caso di notifica ritenuta inesistente, l’opponente potrebbe scegliere direttamente l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.; se invece utilizza comunque l’opposizione tardiva, preciserà che l’atto è proposto in via prudenziale senza acquiescenza, ritenendo la notifica giuridicamente inesistente.)
Domande frequenti (FAQ)
D: Ho ricevuto la notifica di un decreto ingiuntivo. Cosa devo fare entro 40 giorni?
R: Entro 40 giorni (o 50/60 se risiedi all’estero) dalla notifica devi decidere se pagare quanto richiesto oppure fare opposizione al decreto. Se paghi entro il termine, eviti ulteriori azioni e di norma il creditore rinuncia alla procedura (puoi richiedere una quietanza). Se ritieni che il credito non sia dovuto – in tutto o in parte – devi presentare opposizione, tipicamente tramite un avvocato, notificando un atto di citazione al creditore . Se non fai nulla entro il termine, il decreto diverrà definitivo ed esecutivo: il creditore potrà procedere col pignoramento dei tuoi beni. In casi di oggettiva impossibilità a reagire tempestivamente, potresti successivamente tentare un’opposizione tardiva (v. oltre), ma è un rimedio eccezionale e rischioso. Quindi è fondamentale attivarsi entro i 40 giorni.
D: L’opposizione sospende l’efficacia del decreto ingiuntivo?
R: Sì, in generale l’opposizione impedisce al decreto di diventare definitivo e – se il decreto non era provvisoriamente esecutivo – ne sospende l’esecutorietà fino alla decisione del giudice . Tuttavia, se il giudice aveva concesso la provvisoria esecuzione ex art. 642 c.p.c. (ad esempio per cambiale, assegno, o altri casi), il decreto resta esecutivo anche dopo l’opposizione. In tal caso, per bloccare le azioni esecutive del creditore, il debitore opponente deve chiedere al giudice una sospensione ex art. 649 c.p.c., provando che ci sono gravi motivi (ad esempio che l’opposizione si basa su elementi solidi) . Se il giudice accorda la sospensione, il decreto non potrà essere eseguito nel frattempo; se la nega, il creditore potrebbe proseguire il pignoramento pur col giudizio in corso. Va detto che molti decreti ingiuntivi, specie per crediti non documentati da titoli di credito, non sono dichiarati provvisoriamente esecutivi all’atto dell’emissione: in tali casi il creditore, dopo notifica, deve attendere 40 giorni. Se l’opposizione arriva tempestiva, il titolo non è esecutivo finché il tribunale non si pronuncia (salvo eventuale successiva concessione ex art. 648 c.p.c. in corso di causa, che però avviene solo se il debitore non offre valide ragioni). In sintesi: opposizione = si apre causa di merito; decreto “sospeso”, a meno che avesse clausola di esecutorietà (in tal caso serve provvedimento del giudice per sospendere) .
D: È obbligatorio tentare la mediazione dopo l’opposizione?
R: Dipende dalla materia del credito. Se il credito riguarda materie assoggettate a mediazione obbligatoria (per esempio: diritti reali, successioni, divisioni, locazione, comodato, affitto d’azienda, patti di famiglia, contratti assicurativi, bancari e finanziari, condominio, diffamazione, contratti di mediazione, etc.), allora sì, dopo la costituzione delle parti il giudice deve ordinare alle parti di avviare un tentativo di mediazione . In base alla normativa vigente (art. 5-bis D.lgs. 28/2010), sarà il creditore opposto a dover presentare la domanda di mediazione entro il termine fissato dal giudice . Ad esempio, se hai opposto un decreto ingiuntivo per spese condominiali (materia in mediazione obbligatoria), il giudice dopo la prima udienza ti chiederà di attendere e ordinerà al creditore (il condominio) di attivare la procedura di mediazione. Se il creditore non lo fa, la tua opposizione si concluderà con la revoca del decreto per improcedibilità . Se invece la mediazione viene avviata ma fallisce (mancato accordo), la causa prosegue normalmente verso la sentenza. Se la materia non rientra tra quelle obbligatorie (es. pagamento di cambiali, risarcimento danni da circolazione stradale, ecc.), allora non si fa mediazione e il giudizio di opposizione va avanti direttamente.
D: Posso fare opposizione solo per una parte dell’importo ingiunto?
R: Sì. L’opposizione può essere totale o parziale. Puoi, ad esempio, riconoscere che una parte del debito è dovuta e contestare solo l’eccedenza. In tal caso nell’atto di opposizione specificherai che “riconosco dovuta la somma di € X, avendo già pagato/trovando fondata quella parte, ma mi oppongo alla residua somma di € Y”. Il giudizio verterà sulla parte contestata. Il giudice, se ti darà ragione, accoglierà parzialmente l’opposizione: revocherà il decreto originario (che conteneva l’importo maggiore) e nello stesso tempo emetterà condanna per la somma minore eventualmente risultata dovuta . È importante essere chiari nel riconoscere quanto (eventualmente) non si intende contestare, per evitare spese inutili su quella parte. Se hai già pagato in parte prima dell’ingiunzione, opporsi per contestare il residuo è doveroso (e andrà documentato il pagamento effettuato). Se paghi dopo aver ricevuto il decreto ma prima della sentenza, informa il giudice: di solito questo non arresta il processo, ma inciderà sulle spese e sul quantum residuo.
D: Cosa succede se perdo il giudizio di opposizione?
R: Se la tua opposizione viene rigettata, il decreto ingiuntivo viene confermato e diviene esecutivo definitivo . Dovrai quindi pagare al creditore quanto stabilito (salvo eventuale appello). Il giudice normalmente ti condannerà a pagare anche le spese legali della controparte , a meno che non ricorrano circostanze eccezionali (es. questioni controverse) per compensarle. Se avevi ottenuto la sospensione dell’esecuzione, con la sentenza di rigetto tale sospensione cade e il creditore potrà riprendere/persistere nell’esecuzione. La sentenza che rigetta l’opposizione costituisce titolo esecutivo anch’essa, anche per le spese legali liquidate: il creditore potrà notificarti la sentenza e un nuovo precetto includendo, oltre alle somme del decreto, anche le spese di causa e gli interessi. Puoi valutare di appellare la sentenza di primo grado se ritieni vi siano errori: attenzione però, l’appello non sospende automaticamente l’esecuzione (a meno di ottenere specifica sospensiva in appello). Inoltre, dal 2023, per le cause di valore inferiore a €3.000 davanti al giudice di pace, l’appello è limitato a motivi specifici (non c’è appello per importi sotto €1.100 se non per questioni di diritto). In generale, se la causa era di competenza del tribunale, hai 30 giorni (se la sentenza è notificata) o 6 mesi (se non notificata) per proporre appello.
D: E se vinco l’opposizione? Posso chiedere i danni?
R: Se l’opposizione viene accolta, il decreto ingiuntivo viene revocato . A quel punto la pretesa del creditore è respinta: non devi pagare nulla (o paghi solo l’eventuale parte residua se l’accoglimento è parziale). La sentenza di accoglimento disporrà anche sulle spese: di solito condannerà il creditore a rimborsarti le spese legali da te sostenute, salvo compensazione se c’erano motivi particolari . Quanto a eventuali danni, non c’è un risarcimento automatico per il fatto di essere stato ingiunto ingiustamente. Tuttavia, puoi aver proposto in opposizione una domanda riconvenzionale per danni se il comportamento del creditore ti ha causato pregiudizi (es. danno all’immagine, blocco di conti per provvisoria esecuzione, ecc.). Queste richieste vengono esaminate dal giudice: non sono frequenti e richiedono la prova di un danno concreto e di un comportamento colpevole del creditore. In alternativa, se il creditore ha agito con mala fede o colpa grave, puoi chiedere la condanna ex art. 96 c.p.c. per lite temeraria: i giudici però la applicano di rado e in casi eclatanti (ad esempio credito manifestamente insussistente). Se ne ricorrono i presupposti, il giudice può condannare il creditore a pagarti una somma ulteriore a titolo di risarcimento (oltre alle spese). In assenza di ciò, la tua soddisfazione sarà di non dover pagare nulla e di aver diritto alle spese. Se il creditore aveva già avviato l’esecuzione provvisoria e magari pignorato dei beni, con la vittoria in opposizione potrai ottenere la restituzione di quanto eventualmente prelevato (con gli interessi) e la liberazione dei beni pignorati. La sentenza di accoglimento è titolo per ottenere la cancellazione di ipoteche o pignoramenti iscritti in base al decreto poi revocato.
D: Ho saltato il termine di 40 giorni per l’opposizione. Posso fare ancora qualcosa?
R: In linea di massima, no: se hai lasciato decorrere il termine, il decreto ingiuntivo è diventato definitivo. Le uniche possibilità residue sono quelle eccezionali: l’opposizione tardiva o la revocazione (quest’ultima, se scopri elementi nuovi o frodi). Puoi proporre opposizione tardiva solo se provi che non hai fatto opposizione in tempo per motivi a te non imputabili (notifica mai ricevuta, grave impedimento) . E devi farla entro 10 giorni da quando scopri dell’ingiunzione (spesso la scoperta coincide con un atto di precetto/pignoramento) . Se, ad esempio, non hai opposto perché la notifica è avvenuta ad un indirizzo vecchio e l’hai saputo mesi dopo, puoi tentare l’opposizione tardiva invocando la nullità di quella notifica. Il giudice valuterà se crederti e se il vizio era tale da davvero impedirti la conoscenza. Se approva le tue ragioni, ammetterà l’opposizione e potrete discutere nel merito; se le respinge, dichiarerà inammissibile l’opposizione tardiva e il decreto resterà valido. La revocazione è un mezzo ancora più limitato: ad esempio, se scopri dopo che il credito del decreto era stato estinto da un pagamento di cui non avevi traccia o, caso tipico, se il decreto si basava su un documento falso e tu ne hai le prove solo ora, puoi fare revocazione (entro 30 giorni dalla scoperta del fatto nuovo) . Ma attenzione: se sapevi già prima del termine di opposizione di quella falsità o di quel problema, il giudice non ti ammetterà la revocazione, perché avresti dovuto usarla nell’opposizione normale . In estrema ipotesi, se il titolo si forma e tu non reagisci, potrai solo eventualmente opporti all’esecuzione per questioni che riguardano la fase esecutiva (es. chiedere termini di grazia, rateizzazioni se previste per legge – nel caso di PA o esecuzioni immobiliari ci sono a volte norme speciali –, oppure contestare eventualmente la validità della notifica se non è stata fatta per nulla). In sintesi, trascorrere i 40 giorni senza agire ti mette in una posizione molto sfavorevole: diventi debitore a tutti gli effetti per quel titolo. Aggrappati ai rimedi tardivi solo se hai reali giustificazioni e preparati a dover eventualmente pagare, salvo riuscire a convincere il giudice.
D: Il decreto ingiuntivo è stato emesso verso la mia società (S.n.c./S.a.s.). Io come socio sono coinvolto?
R: Se il decreto ingiuntivo è intestato solo alla società, non sei parte diretta del titolo. Tuttavia, per le società di persone (es. S.n.c.), i soci hanno responsabilità illimitata verso i creditori sociali. Ciò significa che, una volta che il decreto diventa definitivo contro la società, il creditore può cercare di escutere il patrimonio sociale e, se insufficiente, anche quello personale dei soci. In pratica però, per procedere legalmente contro i soci, il creditore deve notificare il titolo anche a te come socio e farti un precetto. A quel punto tu potrai opporti all’esecuzione se ritieni che il creditore doveva prima escutere la società (beneficio di escussione, art. 2304 c.c.), oppure se ci sono altri motivi (ad es. il debito era già pagato dalla società). Tieni presente che se tu non hai partecipato al giudizio (perché il decreto era solo contro la società), non puoi rimettere in discussione il merito del credito: quel giudicato fa stato anche nei tuoi confronti sul fatto che il debito esiste . Puoi però eccepire che il creditore agisca prima sulla società. Discorso diverso se invece il creditore, fin dall’inizio, ha notificato il decreto anche a te personalmente come socio: in tal caso, come spiegato sopra, dovevi fare opposizione anche tu. Se non l’hai fatta, il decreto è definitivo contro di te e il creditore può esigere da te l’intero importo senza dover prima escutere la società . La Cassazione ha stabilito che in tal caso i soci perdono il beneficio di escussione perché il debito diventa “personale” per effetto del decreto non opposto . Quindi, riassumendo: – Decreto notificato solo alla società: tu socio non formalmente ingiunto -> il creditore potrà farti precetto dopo 40 giorni; potrai opporre il precetto se non ha tentato prima sulla società o se il patrimonio sociale è capiente (il giudice valuterà, spesso chiedendo che prima si provi l’insolvenza della società). – Decreto notificato anche a te socio: tu dovevi attivarti in opposizione; se non l’hai fatto, niente scuse in esecuzione, dovrai pagare e rivalerti semmai sulla società.
In ogni caso, è buona prassi per i soci monitorare le azioni contro la società e partecipare, se necessario, al giudizio (magari intervenendo volontariamente nell’opposizione della società) per far valere tutte le difese.
D: Il decreto ingiuntivo contro la Pubblica Amministrazione ha regole diverse?
R: In parte sì. Se hai un credito verso un ente pubblico e hai ottenuto decreto ingiuntivo, ricorda di notificare il decreto (e ricorso) anche all’Avvocatura dello Stato competente, se l’ente ne è assistito obbligatoriamente . Ad esempio, per un decreto contro un Ministero con sede a Roma, va notificato all’Avvocatura distrettuale dello Stato di Roma. Inoltre, sappi che anche se ottieni il titolo, quando andrai a pignorare potresti incappare in vincoli: le somme sui conti pubblici spesso hanno destinazioni vincolate (stipendi, pensioni, servizi essenziali) e la legge impedisce di pignorarle oltre certi limiti . Significa che potresti dover aspettare che l’ente trovi i fondi o liberare certe somme. A volte, per debiti sanitari o di altri enti, ci sono piani di rientro. In genere però, con il titolo in mano, hai diritto a essere pagato: se l’ente non paga spontaneamente, procedi col precetto e il pignoramento presso il suo tesoriere. Spesso la P.A., messa di fronte al pignoramento, paga (magari con qualche ritardo ulteriore). Tieni presente che non esiste più un periodo di grazia generale per lo Stato (in passato c’erano i 120 giorni di moratoria per lo Stato, ma attualmente no per i nuovi ingiuntivi). Quindi, trascorsi i 40 giorni, anche contro un Comune o Ministero puoi agire, salvo specifiche norme di settore. Infine, se il tuo credito è un credito commerciale (fornitura, appalto), hai diritto agli interessi moratori ex D.lgs. 231/2002, che spesso superano i legali: includili nel ricorso e nel precetto.
D: Dove trovo i riferimenti normativi e giurisprudenziali per approfondire questi temi?
R: Alla fine di questa guida è presente una sezione Fonti e Riferimenti, con elencati i principali articoli di legge (codice di procedura civile e leggi speciali) e decisioni giurisprudenziali citate o rilevanti, aggiornate al 2025. Puoi consultarla per individuare la norma o la sentenza di tuo interesse e approfondire il contenuto specifico.
Fonti e riferimenti
- Codice di Procedura Civile: art. 633 c.p.c. (Condizioni di ammissibilità del decreto ingiuntivo), art. 634 c.p.c., art. 638 c.p.c. (Notificazione del ricorso e del decreto), art. 641 c.p.c. (Termine per l’opposizione: 40 giorni, elevabili a 50/60 se estero) , art. 642 c.p.c. (Provvisoria esecuzione) , art. 645 c.p.c. (Opposizione: forma dell’atto e svolgimento del giudizio) , art. 646 c.p.c. (Iscrizione a ruolo dell’opposizione), art. 647 c.p.c. (Esecutorietà del decreto non opposto) , art. 649 c.p.c. (Sospensione della provvisoria esecutorietà) , art. 650 c.p.c. (Opposizione tardiva: presupposti e termini) , art. 651–652 c.p.c. (efficacia del decreto nei giudizi successivi), art. 653 c.p.c. (improcedibilità per mancata introduzione del giudizio di merito dopo opposizione in alcuni riti speciali).
- Normativa sulla mediazione obbligatoria: D.lgs. 28/2010, art. 5 comma 1 (materie oggetto di condizione di procedibilità), art. 5 comma 4 (eccezione per procedimento monitorio: la mediazione va avviata dopo l’opposizione, con onere a carico del creditore), come modificato da D.lgs. 149/2022 art. 7 (che introduce l’art. 5-bis). Art. 5-bis D.lgs. 28/2010 (introdotto dal 2023) .
- Codice Civile: art. 2697 c.c. (onere della prova), art. 2702 c.c. (efficacia delle scritture private firmate), art. 2729 c.c. (presunzioni); art. 2291 c.c. (responsabilità illimitata dei soci nelle s.n.c.) e art. 2304 c.c. (beneficio di escussione nelle società di persone) .
- Regolamento (CE) 1896/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento – in particolare: art. 13 (30 giorni per proporre opposizione all’ingiunzione europea) , art. 16 (effetti dell’opposizione: trasformazione in processo ordinario salvo domanda di non proseguire) , art. 17 (quando il procedimento diventa ordinario nello Stato membro d’origine), art. 20 (riesame dell’ingiunzione europea in casi eccezionali) .
- Giurisprudenza – Natura e onere della prova nell’opposizione: Tribunale Termini Imerese, sent. 1275/2024; Tribunale Lamezia Terme, sent. 122/2025 (ruolo sostanziale delle parti nel giudizio di opposizione); Corte Appello Napoli, sent. 156/2024 – principio: “nel giudizio di opposizione a DI il creditore opposto (attore sostanziale) deve provare il diritto vantato, il debitore opponente deve provare eventuali fatti estintivi; la fattura commerciale non può da sola costituire prova se contestata” . Cass. civ. Sez. II, 12796/2019 (sull’opposizione proposta con ricorso anziché citazione: efficacia iniziale dall’atto di notificazione) . Cass. Sez. Unite 927/2022 (sulla conversione degli atti di opposizione erroneamente introdotti con rito diverso: necessità di deposito tempestivo se usata citazione anziché ricorso) . Cass. Sez. II 5954/2024 (opponente può scegliere rito sommario ex 702-bis c.p.c. per crediti non soggetti a rito speciale; tempestività riferita al deposito del ricorso sommario).
- Giurisprudenza – Modifica delle domande e oneri processuali: Cass. Sez. Unite 19596/2020 – ha risolto il contrasto sulla mediazione: onere in capo al creditore opposto, con improcedibilità e revoca del decreto in caso di inattività . Cass. Sez. Unite 26727/2024 – ha delineato i limiti alla modifica delle domande del creditore opposto: può proporre domande alternative nella comparsa di risposta, ma non introdurre nuove domande tardivamente oltre il necessario (principio di correttezza processuale). Cass. civ. 34161/2022 – distingue nullità vs inesistenza notifica: nullità va fatta valere ex art. 650 c.p.c., inesistenza con opposizione all’esecuzione . Cass. civ. 16220/2025 – conferma che notifica inesistente del DI impedisce il formarsi del titolo esecutivo verso il debitore, che può quindi opporsi in sede esecutiva senza termini.
- Giurisprudenza – Rapporti con i soci e beneficio di escussione: Cass. civ. Sez. III, 27367/2025 (Pres. De Stefano, Est. Gianniti) – caso S.n.c. “Campana Latte”: ha statuito che il decreto ingiuntivo notificato anche ai soci e da essi non opposto diviene definitivo verso di loro, trasformando la loro obbligazione in diretta e personale, con esclusione del beneficio di escussione . In motivazione: “il socio destinatario di un titolo giudiziale irrevocabile non può opporre il beneficium excussionis, che vale solo quando il titolo è solo contro la società”. Richiama precedenti: Cass. 15376/2016, 15877/2019, 36942/2022, in linea con tale principio .
- Giurisprudenza – Querela di falso e giudicato: Corte d’Appello di Brescia, sent. 767/2023 – massima: “la mancata opposizione al DI preclude la successiva querela di falso sul documento fondante, poiché il giudicato copre anche l’autenticità del documento” . Chiarisce che l’interesse a proporre querela viene meno quando ormai c’è un accertamento definitivo tra le parti che renderebbe inutile provare la falsità . Nella sintesi: unico rimedio sarebbe stata l’opposizione tardiva (se notificazione nulla) . Cass. civ. 9479/2023 (Sez. Unite) – affronta il tema delle clausole abusive nei contratti oggetto di DI non opposti: da valutare in opposizione tardiva “esterna” anche dopo giudicato monitorio (tema specifico oltre scopo di questa guida, ma citato in dottrina).
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In questa guida scoprirai quando e come presentare opposizione, quali sono le strategie più efficaci per fermare l’esecuzione e come annullare un decreto ingiuntivo ingiusto o viziato.
💥 Cos’è un Decreto Ingiuntivo
Il decreto ingiuntivo è un provvedimento con cui un giudice ordina al debitore di pagare una determinata somma entro un termine stabilito (di solito 40 giorni).
È richiesto da chi sostiene di avere un credito certo, liquido ed esigibile, e può essere emesso senza che tu venga ascoltato prima.
📌 Se non presenti opposizione nei termini, il decreto diventa definitivo e il creditore potrà procedere a pignoramento, fermo o ipoteca.
⚖️ Quando Puoi Opporsi
Puoi opporsi a un decreto ingiuntivo ogni volta che ritieni:
- che il credito non esista o sia prescritto;
- che l’importo sia errato, gonfiato o già pagato;
- che il contratto o la documentazione presentata sia incompleta o nulla;
- che la notifica sia irregolare o avvenuta fuori termini;
- che il creditore non abbia diritto a quella somma.
📌 L’opposizione è un vero e proprio giudizio: serve un avvocato e deve essere presentata entro 40 giorni dalla notifica (o 10 giorni se il decreto è già esecutivo).
⏱️ I Termini per Opporsi
- ⌛ 40 giorni dalla notifica: termine ordinario per presentare opposizione.
- ⚡ 10 giorni se il decreto è “provvisoriamente esecutivo” (cioè immediatamente valido).
- ⏰ Se non presenti opposizione nei termini, il decreto diventa definitivo e non potrai più contestarlo.
📌 Il termine decorre dal giorno successivo alla notifica, anche se il plico è ritirato da un familiare o depositato in Comune.
💠 Le Strategie di Opposizione
1️⃣ Opposizione Ordinaria (art. 645 c.p.c.)
È la forma più comune di difesa.
Si deposita un atto di citazione in opposizione davanti allo stesso Tribunale che ha emesso il decreto.
In questa fase puoi chiedere:
- la sospensione dell’efficacia esecutiva (art. 649 c.p.c.);
- l’annullamento o la riduzione dell’importo;
- la condanna del creditore alle spese se il credito è infondato.
📌 Il giudice può bloccare l’esecuzione in 48 ore se emergono motivi seri.
2️⃣ Opposizione per Notifica Irregolare
Se il decreto è stato notificato:
- all’indirizzo sbagliato,
- a un familiare non convivente,
- per posta o PEC non valida,
puoi eccepire la nullità della notifica.
📌 In questi casi, i termini per opporsi non decorrono e puoi agire anche oltre i 40 giorni.
3️⃣ Opposizione per Prescrizione o Pagamento
Puoi impugnare il decreto se:
- il credito è prescritto (ad esempio, bollette dopo 5 anni o mutui dopo 10);
- hai già pagato tutto o parte della somma;
- esistono errori contabili o duplicazioni.
📌 Serve provare i pagamenti o la prescrizione con ricevute, bonifici o documenti fiscali.
4️⃣ Opposizione per Mancanza di Titolo
Il creditore deve sempre dimostrare il credito con documenti validi:
contratti, fatture firmate, assegni, cambiali, ecc.
Se mancano o sono incompleti, falsi o non sottoscritti, puoi eccepire la mancanza di prova scritta.
📌 Il giudice può annullare l’intero decreto se la domanda era infondata.
5️⃣ Sospensione Urgente dell’Esecutività
Se il decreto è già esecutivo, puoi chiedere con urgenza che ne sia sospesa l’efficacia.
Il giudice valuta in via cautelare:
- la fondatezza dell’opposizione;
- il danno grave o irreparabile che subiresti dal pignoramento.
📌 Se accoglie la richiesta, blocca subito ogni esecuzione (conto, stipendio, beni).
🧾 I Documenti Necessari
Per preparare una buona opposizione, raccogli subito:
- copia del decreto ingiuntivo ricevuto;
- eventuali contratti, estratti conto o fatture;
- ricevute di pagamento o bonifici;
- notifiche, PEC o raccomandate ricevute;
- comunicazioni con il creditore o la banca.
📌 Ogni dettaglio può fare la differenza nel convincere il giudice a sospendere o annullare l’atto.
⏱️ I Tempi della Procedura
- Deposito del ricorso: entro 40 o 10 giorni.
- Sospensione cautelare: anche in 48 ore se urgente.
- Prima udienza: in 30–60 giorni.
- Sentenza definitiva: in 6–12 mesi circa.
Durante la pendenza dell’opposizione, l’esecuzione resta sospesa se concessa dal giudice.
⚖️ I Risultati Possibili
Una buona opposizione può ottenere:
✅ L’annullamento totale del decreto.
✅ La riduzione dell’importo richiesto.
✅ La sospensione del pignoramento.
✅ La cancellazione di interessi o spese illegittime.
✅ La condanna del creditore alle spese processuali.
🚫 Errori da Evitare
❌ Ignorare l’atto o pensare che “si risolva da solo”.
❌ Perdere tempo prezioso dopo la notifica.
❌ Presentare opposizione senza prove documentali.
❌ Affidarsi a moduli generici trovati online.
📌 Un errore di pochi giorni può rendere irrevocabile il decreto e far partire il pignoramento.
🛡️ Come Può Aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza il decreto e verifica la validità del credito.
📌 Ti consiglia la strategia migliore di opposizione o sospensione.
✍️ Redige e deposita il ricorso nei termini previsti.
⚖️ Ti rappresenta davanti al Tribunale e gestisce la trattativa con il creditore.
🔁 Ti assiste fino alla cancellazione del decreto e alla chiusura della posizione.
🎓 Le Qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto civile, bancario e tributario.
✔️ Specializzato in opposizioni a decreti ingiuntivi e pignoramenti.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Opporsi a un decreto ingiuntivo è possibile, ma serve agire in fretta e con la giusta strategia.
Con un avvocato esperto puoi bloccare l’esecuzione, contestare gli errori del creditore e annullare un atto ingiusto.
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Ogni ora conta.
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