Conto Corrente Bloccato Dall’Agenzia Delle Entrate: Come Sbloccare Rapidamente

Hai scoperto che il tuo conto corrente è stato bloccato dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADER)? È una situazione che può paralizzare la tua vita economica e lavorativa, ma non tutto è perduto. Il blocco del conto corrente è una misura esecutiva, ma può essere revocato, sospeso o annullato, se la procedura non è stata eseguita correttamente o se il titolo su cui si basa è invalido o prescritto. In questa guida vedremo come funziona il blocco, perché viene disposto e quali sono le mosse immediate per sbloccare le somme in tempi rapidi.

Perché l’Agenzia delle Entrate blocca il conto corrente

Il blocco del conto corrente avviene attraverso una procedura chiamata pignoramento presso terzi, che consente all’Agenzia delle Entrate-Riscossione di prelevare le somme depositate per recuperare debiti fiscali o contributivi non pagati.
Le cause più frequenti sono:

  • cartelle esattoriali non pagate;
  • avvisi di accertamento esecutivi divenuti definitivi;
  • omessi versamenti di IVA, IRPEF, IMU o contributi INPS;
  • sanzioni amministrative o multe rimaste insolute.

Il blocco può essere eseguito senza passare dal giudice: l’Agenzia notifica alla banca un ordine di pignoramento, e quest’ultima congela immediatamente le somme presenti sul conto.

Cosa succede quando il conto viene bloccato

  • La banca riceve un atto di pignoramento da parte dell’Agenzia e blocca le somme disponibili fino a concorrenza del debito.
  • Il contribuente non può prelevare, disporre bonifici o usare il conto.
  • Dopo 60 giorni, se non si agisce, le somme vengono trasferite all’ADER per estinguere il debito.

Il pignoramento è una misura drastica, ma deve rispettare una serie di regole precise: se non vengono seguite, l’intera procedura può essere annullata.

La prima mossa da fare: verificare la legittimità del pignoramento

Appena scopri il blocco del conto:

  1. Richiedi subito alla banca copia dell’atto di pignoramento.
    Ti serve per conoscere il creditore, l’importo richiesto e la data di notifica.
  2. Verifica l’esistenza del titolo esecutivo.
    Il blocco è valido solo se l’Agenzia dispone di un titolo legittimo, come una cartella esattoriale notificata o un avviso di accertamento esecutivo. Se il titolo non è mai stato notificato o è prescritto, il pignoramento è impugnabile e annullabile.
  3. Controlla i termini di prescrizione.
    Molti debiti fiscali si estinguono dopo 5 o 10 anni (a seconda del tributo). Se il debito è prescritto, il blocco è illegittimo.
  4. Contatta subito un avvocato esperto in riscossione.
    Un professionista può verificare la correttezza della procedura e presentare un ricorso urgente per sospendere il pignoramento e liberare le somme.

Come sbloccare rapidamente il conto corrente

Esistono diverse strade per sbloccare il conto, in base alla situazione specifica:

  • 1. Richiesta di sospensione immediata
    Se ci sono irregolarità nell’atto o nel titolo, l’avvocato può presentare un’istanza di sospensione alla Corte di Giustizia Tributaria o all’ADER, ottenendo in pochi giorni la sospensione del pignoramento.
  • 2. Rateizzazione del debito
    Presentando una domanda di rateizzazione fino a 120 rate mensili, il pignoramento viene sospeso automaticamente. Questa è la soluzione più rapida per riavere accesso al conto e bloccare ulteriori azioni esecutive.
  • 3. Accordo di saldo e stralcio
    In alcuni casi, è possibile trattare con l’Agenzia un saldo ridotto del debito, chiudendo definitivamente la posizione e sbloccando il conto dopo il pagamento.
  • 4. Verifica delle somme impignorabili
    Alcune somme non possono essere toccate, come:
    • stipendi e pensioni (pignorabili solo fino al 20%);
    • assegni familiari, indennità e sussidi assistenziali;
    • crediti inferiori al triplo dell’assegno sociale (circa 1.600 euro nel 2025) se accreditati come pensione.
      Se l’ADER ha bloccato anche queste somme, il tuo avvocato può chiedere la liberazione immediata dei fondi.

Quando il blocco del conto è illegittimo

Il pignoramento può essere dichiarato nullo se:

  • manca un titolo esecutivo valido o notificato;
  • il debito è prescritto;
  • l’atto di pignoramento non è stato comunicato al contribuente;
  • sono state pignorate somme impignorabili;
  • l’importo richiesto è errato o eccessivo rispetto al debito reale.

In questi casi, è possibile presentare un ricorso con richiesta di sospensione cautelare, e ottenere lo sblocco in tempi brevi.

Come prevenire nuovi blocchi del conto corrente

Per evitare che la situazione si ripeta:

  • Verifica le tue cartelle esattoriali e lo stato dei debiti tramite il portale dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
  • Rateizza o definisci le posizioni pendenti prima che si arrivi al pignoramento.
  • Conserva le ricevute e le notifiche per controllare eventuali errori o prescrizioni.
  • In caso di difficoltà, chiedi assistenza legale immediata: l’intervento di un avvocato può fermare la procedura prima che venga eseguito il blocco.

Quando rivolgersi a un avvocato esperto

È fondamentale agire tempestivamente e con assistenza professionale se:

  • il tuo conto è stato bloccato senza preavviso;
  • non ti è mai stata notificata alcuna cartella o atto esecutivo;
  • hai dubbi sulla legittimità del debito o sulla sua prescrizione;
  • il pignoramento riguarda somme impignorabili (stipendi, pensioni, sussidi).

Un avvocato esperto in diritto tributario e riscossione può:

  • verificare la validità del titolo e dell’atto di pignoramento;
  • presentare ricorso e richiesta di sospensione urgente;
  • trattare con l’Agenzia la rateizzazione o un accordo agevolato;
  • ottenere la liberazione immediata del conto e la cancellazione del pignoramento.

⚠️ Attenzione: agire entro pochi giorni dalla notifica è fondamentale. Dopo 60 giorni, l’Agenzia può trasferire definitivamente le somme, rendendo più difficile il recupero. Intervenire subito può significare sbloccare il conto in tempi rapidi e fermare la procedura.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, riscossione e tutela del contribuente – spiega come sbloccare rapidamente un conto corrente bloccato dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione, come verificare la legittimità dell’atto e quali strumenti legali utilizzare per sospendere il pignoramento e difendere i tuoi diritti.

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Introduzione

Trovare il conto corrente bancario bloccato dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER) è un evento spiacevole e potenzialmente paralizzante per privati, imprenditori e professionisti. Significa che le somme depositate sul conto (fino a concorrenza di un certo importo) sono congelate e indisponibili per il titolare, a causa di un’azione di recupero coattivo di debiti tributari non pagati. Dal punto di vista del debitore, questo scenario pone urgentemente il problema di come sbloccare il conto corrente nel minor tempo possibile, ripristinando la liquidità necessaria per le proprie esigenze personali o aziendali.

La presente guida – aggiornata a ottobre 2025 con riferimenti normativi e giurisprudenziali recenti – affronta il tema del pignoramento del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate in modo approfondito ma accessibile. Si adotterà un linguaggio giuridico divulgativo, adatto sia agli addetti ai lavori (es. avvocati, consulenti fiscali) sia ai debitori non esperti, fornendo un quadro completo delle tutele e delle soluzioni disponibili in Italia per sbloccare rapidamente un conto bloccato. Verranno esaminati:

  • Normativa di riferimento: le leggi italiane che regolano il pignoramento presso terzi (in particolare di conti correnti) e le specificità della riscossione esattoriale.
  • Procedura adottata dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione per pignorare un conto corrente, con i relativi tempi, effetti e limiti (es. importi non pignorabili, trattamenti di stipendi/pensioni, conti cointestati, ecc.).
  • Strategie e strumenti per lo sblocco: pagamento integrale, richiesta di rateizzazione, adesione a rottamazione o definizione agevolata dei debiti, opposizioni legali e altre tutele.
  • Casi particolari: verranno approfondite situazioni frequenti come saldo insufficiente sul conto, conto cointestato con persona estranea al debito, presenza di accrediti da stipendio o figli minori a carico, ecc., evidenziando le soluzioni specifiche.
  • Domande e risposte: una sezione FAQ affronterà i quesiti più comuni dal punto di vista pratico.
  • Tabelle riepilogative: riassumeranno i principali limiti di pignorabilità, il confronto tra diverse opzioni di sblocco e altri dati utili in modo schematico.
  • Esempi pratici: scenari simulati aiuteranno a comprendere come applicare le tutele nel caso concreto.

L’obiettivo è fornire una guida avanzata e completa sul tema, che permetta al debitore di orientarsi tra norme e procedure complesse, individuando la strategia più rapida ed efficace per sbloccare il conto corrente pignorato dall’Agenzia delle Entrate. Si presterà particolare attenzione alle novità normative e alle sentenze più recenti (fino al 2025), citando fonti autorevoli e provvedimenti giurisprudenziali chiave a supporto di quanto esposto. Al termine della guida, una sezione dedicata elencherà tutte le fonti normative e giurisprudenziali utilizzate, per un eventuale approfondimento.

Normativa di riferimento

La situazione del conto corrente bloccato per debiti fiscali coinvolge diverse norme del diritto italiano, dal codice civile al codice di procedura civile, fino alle leggi speciali sulla riscossione coattiva delle imposte. Di seguito si riporta una sintesi delle principali fonti normative rilevanti:

  • D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 (Riscossione delle imposte) – È la legge fondamentale che disciplina la riscossione coattiva dei tributi. In particolare:
  • Art. 50, comma 2: prevede l’intimazione ad adempiere – un avviso che l’Agente della Riscossione deve notificare al debitore se è trascorso oltre un anno dalla notifica della cartella di pagamento senza che sia iniziata l’esecuzione. Questo avviso (da pagare entro 5 giorni) è condizione di procedibilità dell’azione esecutiva; la sua mancata notifica rende nullo il successivo pignoramento .
  • Art. 72-bis: disciplina il pignoramento presso terzi esattoriale, consentendo all’Agenzia delle Entrate-Riscossione di pignorare crediti del debitore verso terzi (come i saldi di conto corrente bancario) in modo semplificato e senza passare dal tribunale, decorsi 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale non pagata . L’atto di pignoramento può ordinare direttamente al terzo (es. la banca) di pagare le somme dovute al Fisco entro 60 giorni . Si tratta di una procedura speciale molto rapida, la cui legittimità è stata confermata anche dalla Corte Costituzionale (ord. n. 393/2008).
  • Art. 72-ter: introduce limiti alla pignorabilità di specifiche somme da parte dell’Agente della Riscossione, equiparando in parte le tutele previste dal codice di procedura civile. Stabilisce che stipendi, salari e altre indennità da lavoro possono essere pignorati dall’AER nelle seguenti misure:
    • 1/10 (un decimo) per importi netti fino a 2.500 € circa (originariamente 500 €, soglia poi elevata) ;
    • 1/7 (circa 14%) per importi da circa 2.500 € fino a 5.000 € ;
    • 1/5 (20%) per importi superiori a 5.000 € (in pratica allineandosi al limite generale del quinto). Inoltre, l’art. 72-ter comma 2-bis dispone che il pignoramento di stipendi e pensioni già accreditati sul conto corrente deve comunque lasciare intatto l’ultimo emolumento mensile affluito sul conto, che rimane sempre disponibile al debitore . In altri termini, l’ultima mensilità di stipendio/pensione sul conto non può mai essere toccata dall’Agenzia delle Entrate. Lo stesso articolo afferma che, in presenza di un conto cointestato, l’AER non può pignorare l’intero saldo ma solo la quota di spettanza del debitore, dovendo rispettare i diritti degli altri contitolari estranei al debito .
  • Codice di procedura civile (c.p.c.) – Fornisce il quadro generale del pignoramento presso terzi (applicabile anche al conto corrente) e dei limiti di pignorabilità:
  • Artt. 543–548 c.p.c.: disciplinano la forma dell’atto di pignoramento presso terzi e la procedura ordinaria. L’atto va notificato al terzo (banca) e al debitore, ingiungendo al terzo di non disporre delle somme del debitore fino a un certo importo e citandolo a un’udienza dinanzi al giudice dell’esecuzione . La banca deve comunicare entro 15 giorni l’eventuale credito del debitore (es. saldo di conto) . All’udienza il giudice, se tutto regolare, può disporre l’assegnazione al creditore delle somme pignorate.
  • Art. 546 c.p.c.: impone al terzo pignorato (la banca) di custodire le somme pignorate nei limiti dell’importo precettato (cioè il credito vantato dal creditore) più una piccola maggiorazione per interessi e spese. Una recente modifica (D.L. 19/2024) ha specificato tali soglie di garanzia: ad es., +1.000 € per crediti fino a 1.100 €, +1.600 € per crediti fino a 3.200 €, e +50% per crediti oltre 3.200 € . Questo significa che la banca non deve bloccare somme eccedenti quanto ragionevolmente necessario a soddisfare il credito; la riforma mira ad evitare congelamenti eccessivi di denaro oltre il dovuto.
  • Art. 545 c.p.c.: elenca i limiti di pignorabilità per particolari crediti. Di rilievo:
    • Comma 7: rende impignorabile una parte delle pensioni, pari all’importo dell’assegno sociale aumentato della metà (oggi circa 1.000 € totali non pignorabili) .
    • Comma 8: prevede che le somme da lavoro dipendente o pensione già accreditate sul conto corrente prima del pignoramento possano essere pignorate solo per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale. In altre parole, sul conto deve restare un importo libero pari a tre mensilità di assegno sociale (circa 1.616 € nel 2025) e solo ciò che supera tale soglia può essere bloccato . Gli accrediti successivi alla notifica del pignoramento, invece, seguono le regole ordinarie (pignorabili nella misura di 1/5, salvo i limiti più favorevoli se il pignorante è l’AER come visto sopra) .
    • Comma 9: stabilisce che i pignoramenti eseguiti in violazione dei suddetti limiti sono inefficaci per la parte eccedente, senza bisogno di un’opposizione formale (il giudice dell’esecuzione può rilevarlo d’ufficio) . Ad esempio, se una banca pignorasse un saldo stipendio senza lasciare il “triplo assegno sociale” libero, il vincolo sarebbe automaticamente inefficace su quella parte eccedente.
  • Art. 599 c.p.c.: consente il pignoramento di beni indivisi, ossia beni in comunione pro indiviso tra più persone, anche se non tutti i comproprietari sono debitori. Questo articolo costituisce la base per aggredire legalmente un conto cointestato quando il debito è riferibile solo a uno degli intestatari . È però previsto che gli altri cointestatari vengano informati: le Disposizioni di Attuazione, art. 180, obbligano il creditore a notificare agli altri cointestatari un avviso dell’avvenuto pignoramento entro 30 giorni, intimando loro di non permettere movimenti sulla propria quota . La mancata notifica di tale avviso ai comproprietari è considerata un vizio del pignoramento.
  • Art. 600 c.p.c.: prevede la nomina di un custode per i beni indivisi pignorati, ma nel caso di somme in conto corrente solitamente non trova applicazione pratica (la banca di fatto trattiene le somme pignorate in attesa di esito).
  • Artt. 615 e 617 c.p.c.: disciplinano rispettivamente l’opposizione all’esecuzione (per contestare il diritto del creditore di procedere) e l’opposizione agli atti esecutivi (per vizi formali della procedura). Sono strumenti con termini e giurisdizioni differenti, che esamineremo più avanti per capire come il debitore può far valere le proprie ragioni anche contro un pignoramento fiscale.
  • Codice Civile – Rilevante soprattutto in tema di conti correnti cointestati:
  • Art. 1854 c.c.: stabilisce che se un conto corrente bancario è intestato a più persone con facoltà di operare separatamente, gli intestatari sono considerati debitori/creditori solidali verso la banca per le operazioni del conto. In pratica ciascun cointestatario, nei confronti della banca, ha diritto di disporre dell’intero saldo (salvo patti interni contrari) .
  • Art. 1298 c.c., comma 2: prevede che nei rapporti interni tra condebitori o cocreditori solidali, si presumono le parti uguali, salvo prova contraria . Applicato ai conti cointestati, significa che si presume (iuris tantum) che ciascun intestatario sia proprietario del 50% delle somme sul conto, a meno che non si provi diversamente (ad esempio dimostrando che i versamenti provengono quasi tutti da uno solo degli intestatari) . Questa presunzione paritetica – confermata costantemente dalla giurisprudenza di Cassazione – tutela il contitolare estraneo al debito, perché limita la parte potenzialmente aggredibile dal creditore alla sola quota del debitore.

Le norme sopra richiamate, lette in combinato, delineano il quadro giuridico del pignoramento di conti correnti ad opera del Fisco. Da un lato, viene data al creditore (in questo caso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione) la facoltà di aggredire saldi bancari in maniera spedita e senza passare per il giudice; dall’altro, sono previste importanti tutele per il debitore e gli eventuali terzi contitolari: soglie di impignorabilità per garantire il minimo vitale (stipendi, pensioni), divieto di colpire oltre la quota spettante al debitore nei conti cointestati , obblighi informativi verso gli altri intestatari, ecc. Come vedremo, la giurisprudenza ha ulteriormente precisato l’applicazione di queste regole, fornendo orientamenti su casi particolari (ad es. conti cointestati con coniuge, conti con fondi di natura diversa, vizi dell’atto di pignoramento esattoriale, ecc.).

Nei capitoli seguenti analizzeremo passo passo come l’Agenzia delle Entrate procede al blocco del conto, quali effetti ciò comporta e soprattutto quali rimedi ha il debitore per ottenere un rapido sblocco, tenendo conto delle ultime novità fino al 2025.

Procedura di pignoramento del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione

Per comprendere come sbloccare un conto corrente pignorato, occorre prima avere chiaro come e perché l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER) può bloccare un conto. La procedura di pignoramento presso terzi avviata dall’AER presenta alcune differenze rispetto al pignoramento ordinario, soprattutto in termini di tempi e formalità. Esaminiamo le fasi principali dal punto di vista del debitore:

1. Titolo esecutivo e preavvisi: tutto parte da un debito verso l’Erario (per imposte, IVA, contributi, multe, ecc.) che non è stato spontaneamente pagato. L’Agente della Riscossione è incaricato di recuperarlo coattivamente in base a un titolo esecutivo: nella maggior parte dei casi una cartella esattoriale (cartella di pagamento) oppure un avviso di accertamento esecutivo. Questi atti vengono notificati al contribuente e intimano il pagamento entro 60 giorni. Se il debitore non paga entro 60 giorni, la legge consente di dare inizio all’esecuzione forzata sui beni del debitore (non è necessario un provvedimento del giudice) . Tuttavia, se dalla notifica della cartella è trascorso più di un anno senza che siano stati compiuti atti esecutivi, l’Agenzia deve notificare al debitore una intimazione di pagamento (art. 50 DPR 602/73) prima di procedere al pignoramento. Questa intimazione, che concede ulteriori 5 giorni per pagare, ha la funzione di “ultimo avviso” e rimane valida per 180 giorni. La sua omissione rende irregolare l’azione esecutiva: la giurisprudenza ha infatti chiarito che l’avviso ex art.50 è un atto obbligatorio e la mancanza della sua notifica comporta la nullità del pignoramento successivo . Dunque, il debitore deve sempre ricevere o la cartella (o atto equivalente) da meno di un anno, o una intimazione recente, prima di subire un pignoramento sul conto.

2. Ricerca dei conti correnti e notifica del pignoramento: l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, grazie all’accesso alle banche dati (es. l’Anagrafe dei conti correnti presso l’Agenzia delle Entrate), individua uno o più conti bancari intestati al debitore. A questo punto, può emettere un atto di pignoramento presso terzi ex art. 72-bis DPR 602/73 e notificarlo simultaneamente sia alla banca (terzo pignorato) sia al debitore. La notifica avviene spesso via PEC (Posta Elettronica Certificata) se il debitore è un’impresa o professionista, oppure tramite messo notificatore/ufficiale giudiziario per le persone fisiche (talora sempre via PEC se il contribuente ne ha una registrata). L’atto di pignoramento esattoriale contiene gli elementi essenziali: gli estremi delle cartelle esattoriali o atti da cui origina il debito, l’importo dovuto comprensivo di interessi di mora e spese, e l’ordine alla banca di vincolare e poi versare le somme dovute all’Agente della Riscossione . Importante: a differenza del pignoramento ordinario, l’atto dell’AER non fissa un’udienza in tribunale, bensì ingiunge direttamente alla banca di pagare entro 60 giorni dalla notifica le somme pignorate a favore dell’Erario . In pratica, l’Agenzia “salta” la fase giudiziaria: non serve il passaggio dal giudice dell’esecuzione per l’assegnazione, perché la legge consente questo canale privilegiato.

Dal momento in cui la banca riceve l’atto, scatta il blocco: il terzo (la banca) ha l’obbligo di custodire le somme del debitore sino a concorrenza dell’importo indicato (capitale dovuto, interessi di mora, compensi di riscossione, spese di notifica, ecc.). La banca quindi congela le somme sul conto corrente del debitore fino all’ammontare pignorato, impedendone il prelievo o l’utilizzo . Non vengono consentiti bonifici in uscita, pagamenti RID, assegni o altre disposizioni che coinvolgano l’importo bloccato. Se sul conto sono presenti disponibilità superiori all’importo del debito, la banca – in base alle regole di diligenza aggiornate – dovrebbe limitare il vincolo al solo importo richiesto (più l’eventuale margine di garanzia) , lasciando il resto libero. Ciò grazie anche alla recente modifica dell’art. 546 c.p.c. che abbiamo visto: non è più lecito, in generale, pignorare l’intero saldo a fronte di un credito minore, e questo principio deve applicarsi anche in sede esattoriale per analogia. Se invece il conto contiene meno denaro rispetto al debito, verrà bloccato solo quanto presente (fino a zero saldo disponibile per il debitore, di fatto). Esempio: se il debito col fisco è di 20.000 € e sul conto ci sono 5.000 €, la banca congelerà quei 5.000 € e non permetterà di movimentarli; se invece sul conto ci fossero 50.000 €, la banca dovrebbe vincolarne ad es. 20.000 € + piccola riserva e lasciare circa 30.000 € liberi.

3. Effetti immediati del blocco: per il debitore, il risultato è che il conto corrente diventa inutilizzabile pro quota. Non è corretto dire che l’intero conto è bloccato (a meno che il debito sia pari o superiore al saldo): tecnicamente sono bloccate le somme fino a concorrenza dell’importo pignorato, mentre eventuali eccedenze restano disponibili. Tuttavia, in pratica, molti debitori si trovano impossibilitati a usare il conto perché il blocco può riguardare la maggior parte del saldo o perché la banca, in attesa di chiarimenti, congela cautelativamente quasi tutte le operazioni. Va precisato che: – Addebiti automatici e pagamenti ricorrenti: se erano presenti domiciliazioni bancarie (utenze, mutui, stipendi dei dipendenti, ecc.) o assegni emessi, questi potrebbero essere respinti per mancanza di fondi disponibili se attingono alle somme pignorate . È consigliabile quindi attivarsi subito per evitare ulteriori danni (come insoluti, penali per ritardi, segnalazioni). – Conti cointestati: se il conto bloccato è intestato anche ad altri (es. cointestato con il coniuge non debitore), anche i contitolari subiscono gli effetti del congelamento, poiché la banca per sicurezza spesso limita l’operatività dell’intero conto in attesa di definire la quota del debitore. Il contitolare estraneo si trova improvvisamente con denaro indisponibile e dovrà eventualmente attivarsi per tutelare la sua quota (vedremo oltre come) . – Notifica al debitore: l’atto di pignoramento deve essere notificato anche al debitore stesso (oltre che alla banca). Ciò può avvenire contestualmente o subito dopo la notifica alla banca. Se il debitore riceve l’atto prima di accorgersi del blocco, potrebbe tentare di prelevare somme immediatamente; tuttavia, di solito il blocco presso la banca scatta in tempo reale o addirittura qualche ora prima che il debitore possa reagire (soprattutto con notifiche via PEC alla banca). In ogni caso, dal giorno della notifica al terzo, il denaro è legalmente vincolato e qualsiasi tentativo di sottrarlo sarebbe in violazione di legge.

4. Attesa di 60 giorni – possibilità di reazione del debitore: dopo la notifica del pignoramento, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non incassa immediatamente le somme. Deve attendere 60 giorni, in analogia al termine dato nel pignoramento ordinario per l’udienza dal giudice. Questo periodo di circa due mesi è cruciale perché rappresenta la finestra temporale in cui il debitore può agire per sbloccare il conto prima che i soldi vengano prelevati definitivamente. In particolare, entro questi 60 giorni il debitore può: – Pagare integralmente il debito, estinguendo la procedura (si veda oltre). – Chiedere una rateizzazione all’Agente della Riscossione e bloccare l’esecuzione pagando la prima rata . – Opporsi legalmente al pignoramento (avviando un ricorso in tribunale o in commissione tributaria, a seconda dei motivi) e chiedere una sospensione. – Dimostrare che le somme sono impignorabili o di terzi (ad es. presentando un’istanza all’AER o un reclamo alla banca, preludio di eventuale ricorso). – Trovare un accordo col creditore (nel caso di creditori privati talvolta si negozia, ma con l’Agenzia delle Entrate l’accordo “stragiudiziale” al di fuori di rateazioni/rottamazioni non è praticabile se non pagando il dovuto).

Durante i 60 giorni, il conto resta bloccato, ma almeno i soldi non sono ancora stati trasferiti. Nota: se il debitore compie una delle azioni sopra (pagamento, rateazione, opposizione con sospensiva) la situazione può evolvere prima dello scadere dei 60 giorni, come vedremo dettagliatamente nella sezione sulle soluzioni.

5. Trasferimento delle somme pignorate all’Erario: se trascorsi i 60 giorni il debitore non ha risolto la situazione (né pagando, né ottenendo provvedimenti sospensivi), la banca è tenuta a soddisfare la richiesta del creditore. Nel pignoramento esattoriale in luogo della citazione in giudizio, c’è un ordine di pagamento diretto: allo scadere del termine, la banca deve prelevare le somme bloccate e versarle all’Agenzia delle Entrate-Riscossione (tipicamente tramite bonifico a una contabilità speciale indicata nell’atto). Questo adempimento deve essere eseguito entro i successivi 15 giorni. In tal modo, il Fisco incassa le somme dovute senza bisogno di intervento giudiziario . Il debitore riceverà quietanza del pagamento (di solito l’estratto conto lo evidenzia) ed eventualmente comunicazione di avvenuta estinzione parziale o totale del debito.

Dopo il pagamento al creditore, il pignoramento si considera eseguito. Se l’importo sul conto era sufficiente a coprire l’intero debito, la procedura si chiude e il conto viene “liberato” (eventuali somme residue tornano disponibili per il correntista). Se invece il conto conteneva fondi insufficienti, l’Agenzia delle Entrate incassa tutto ciò che c’era (soddisfacendo il credito solo in parte) e per il residuo scoperto potrà attivare altre azioni esecutive: ad esempio tentare un altro pignoramento su conti futuri, sullo stipendio/pensione, su crediti verso terzi, iscrivere ipoteca, fermo amministrativo di veicoli, ecc. In ogni caso, dopo aver prelevato quanto c’era, il conto corrente viene sbloccato dalla banca, poiché il pignoramento si considera esaurito almeno su quel rapporto: il vincolo cessa e l’operatività normale può riprendere (benché il debitore si ritrovi magari col saldo azzerato). Se invece è stato pignorato solo in parte (perché c’erano più fondi del necessario), dopo il versamento la banca scongela l’eventuale differenza eccedente.

6. Chiusura della procedura ed esito: a pignoramento eseguito, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione comunicherà la estinzione totale o parziale del debito. Formalmente, nelle procedure ordinarie il creditore dovrebbe dichiarare al giudice l’avvenuto pagamento e farsi emettere un provvedimento di chiusura dell’esecuzione; nel caso dell’esecuzione esattoriale, è l’automatismo di legge a far sì che il pagamento estingua la procedura . Se il debito non è stato soddisfatto integralmente (es. conto vuoto o con pochi spiccioli), rimarrà un saldo a ruolo che potrà essere oggetto di future iscrizioni su altri beni o di ulteriori misure (si pensi ad una successiva cartella, a un nuovo pignoramento quando il conto sarà di nuovo capiente, ecc.). È bene sottolineare che il pignoramento presso terzi dell’AER non è “una tantum”: se la prima volta il conto era vuoto o insufficiente, l’Agente può ripetere l’atto (magari dopo qualche mese) per cercare di intercettare nuovi accrediti. Non c’è una regola fissa, ma finché il debito resta iscritto a ruolo, il rischio di nuovi blocchi persiste.

7. Differenze rispetto al pignoramento ordinario: quanto descritto sopra evidenzia differenze sostanziali tra la procedura esattoriale (72-bis) e la procedura ordinaria (artt. 543 c.p.c. segg.). In sintesi: – L’AER non deve notificare un precetto al debitore né attendere ulteriori 10 giorni dopo la cartella, perché la cartella stessa vale già come titolo esecutivo e intimazione (salvo l’avviso art.50 dopo un anno). – Non vi è un’udienza in tribunale né l’intervento di un giudice per convalidare l’assegnazione: l’ordine di pagamento è contenuto nell’atto stesso e diviene efficace allo scadere dei 60 giorni . – La banca pignorata non deve fare una dichiarazione al creditore né comparire in udienza; deve solo procedere al pagamento spontaneo, salvo ovviamente comunicare al creditore se il conto ha capienza o meno. – I tempi sono più rapidi e perentori: in poco più di 2 mesi l’esecuzione può concludersi, contro i diversi mesi (se non anni) di una procedura ordinaria che richiede udienza, eventuale ordinanza di assegnazione, ecc. Questo mette il debitore in una situazione di urgenza: deve attivarsi rapidamente se vuole evitare l’esito sfavorevole. – Competenza delle opposizioni: su questo punto torneremo, ma accenniamo che impugnare un pignoramento esattoriale può porre problemi di giurisdizione (giudice tributario o ordinario). Le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito nel 2025 che le contestazioni sulla pretesa tributaria sostanziale (es. prescrizione del debito, vizi della cartella) spettano al giudice tributario, mentre le contestazioni di vizi formali dell’atto di pignoramento (es. errori nella notifica, mancato avviso ex art.50) spettano al giudice ordinario . Questo chiarimento è utile per il debitore che voglia opporsi: deve scegliere il foro giusto in base al motivo di opposizione.

In conclusione, il blocco del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate segue una procedura speciale che combina la struttura del pignoramento presso terzi con significative semplificazioni a favore del Fisco. Il debitore si vede recapitare un atto e quasi contestualmente subisce il congelamento dei fondi, con un termine di 60 giorni per reagire prima che avvenga il prelievo forzoso. Nei paragrafi successivi analizzeremo gli effetti di questo blocco (quali somme può toccare, quali no) e soprattutto le soluzioni che permettono di disinnescare la procedura, dal pagamento alla rateizzazione, dalle opposizioni giudiziali fino ai più recenti strumenti di definizione agevolata dei debiti.

Effetti del blocco del conto corrente e limiti di pignorabilità

Cosa comporta in concreto il blocco di un conto corrente pignorato? Dal giorno in cui la banca riceve l’atto di pignoramento, il conto corrente subisce un congelamento: il titolare non può disporre delle somme pignorate (né prelevare in contanti, né effettuare pagamenti o bonifici con esse) . Tuttavia, è importante capire fino a che punto arriva questo blocco e quali limiti legali lo circoscrivono. La legge infatti tutela il debitore su alcune somme ritenute necessarie alla vita quotidiana o estranee al debito. Vediamo gli effetti e i limiti principali:

  • Blocco parziale del saldo: come accennato, la banca deve vincolare le somme solo fino a concorrenza dell’importo indicato dall’atto di pignoramento (importo che comprende il debito e una stima di spese e interessi). Dunque, non è detto che l’intero conto sia bloccato: se ad esempio avevate 10.000 € in conto e il debito è di 4.000 €, in teoria la banca dovrebbe congelare 4.000 € (più un piccolo margine, diciamo qualche centinaio di euro) e lasciarvi libero il resto. Una recente riforma del 2024 ha puntato a evitare blocchi eccedenti il necessario, fissando per legge un criterio di proporzionalità . In passato capitava che per eccesso di zelo le banche immobilizzassero tutto il saldo “per sicurezza”; ora ciò sarebbe contrario ai doveri del terzo pignorato. In pratica, comunque, dal punto di vista del correntista, la parte bloccata è come se non esistesse: non si può utilizzare in alcun modo fino allo sblocco (o al trasferimento al creditore). La parte non pignorata, invece, rimane teoricamente a disposizione: su quest’ultima il conto continua a operare normalmente (salvo disagi tecnici, perché alcune banche potrebbero limitare temporaneamente tutte le operazioni in attesa di allineare i sistemi interni, oppure se la somma libera è minima, quasi ogni addebito potrebbe incontrare insufficienza di fondi). Conviene informarsi presso la propria banca su quale importo sia stato effettivamente vincolato e quale eventualmente no.
  • Durata del blocco: il congelamento dura fino a quando il pignoramento non è estinto o sospeso. In assenza di interventi, come visto, dura circa 60 giorni, dopodiché le somme vincolate vengono prelevate. Se però il debitore riesce a sbloccare la situazione prima (pagando, rateizzando, ottenendo una sospensione), il blocco può cessare anticipatamente. Ad esempio, se dopo 15 giorni pago interamente il debito, l’Agente della Riscossione revocherà o rinuncerà al pignoramento e comunicherà alla banca lo sblocco delle somme (nell’esecuzione esattoriale il pagamento produce automaticamente l’estinzione, senza bisogno di attendere un giudice) . In tal caso la banca deve rapidamente rendere di nuovo disponibili i soldi congelati. Al contrario, se il pignoramento va a buon fine e la banca paga il creditore al 60° giorno, il blocco termina perché le somme escono dal conto (e dunque non c’è più nulla da sbloccare, il conto magari rimane quasi vuoto ma formalmente libero). Riassumendo: il blocco è temporaneo e legato alla procedura – nella migliore delle ipotesi pochi giorni (se si risolve subito), altrimenti all’incirca due mesi, salvo protrarsi in caso di opposizioni giudiziarie con sospensione (in quel caso il blocco può restare in essere per tutta la durata della causa, finché non c’è esito o revoca, ma almeno impedisce l’esborso al creditore nell’attesa).
  • Somme impignorabili o parzialmente pignorabili: la legge italiana prevede che alcune somme non possano essere toccate dai creditori, neppure sul conto corrente, oppure solo entro certi limiti. Nel contesto di un pignoramento del conto, è fondamentale conoscere queste protezioni, perché il debitore deve poter mantenere il minimo per la sopravvivenza sua e della famiglia e perché certe tipologie di denaro (ad es. assegni sociali, mantenimenti per i figli) sono escluse dall’azione esecutiva. Ecco i casi principali:
  • Stipendi e salari: se lo stipendio (o pensione) viene pignorato alla fonte presso il datore di lavoro (o ente pensionistico), il codice di rito impone il limite di un quinto dello stipendio netto mensile pignorabile. Nel caso dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, come già detto, la percentuale può essere più bassa per stipendi modesti (1/10 o 1/7) , ma comunque mai sopra un quinto per stipendi elevati . Queste percentuali si applicano se il Fisco procede presso il datore di lavoro (pignoramento dello stipendio in busta paga).
  • Stipendio accreditato in conto corrente: se invece il pignoramento avviene sul conto dove magari è presente lo stipendio già versato, valgono le regole speciali dell’art. 545 c.p.c. commi 7-8. In pratica, per le somme da lavoro dipendente già sul conto prima del pignoramento, il creditore (anche l’AER) può prendere solo ciò che eccede tre volte l’assegno sociale . Poiché nel 2025 l’assegno sociale è circa 538 € mensili, tre volte tanto fa ~1.614 €: questa cifra deve restare libera sul conto, anche se proviene da stipendio. Ad esempio, se avevate l’ultimo stipendio di 1.500 € sul conto e null’altro, nessuna parte di esso sarà toccabile (perché 1.500 € < 1.614 €); se avevate 5.000 € frutto di più stipendi accumulati, solo la parte sopra 1.614 €, cioè circa 3.386 €, potrà essere pignorata – quindi la banca, applicando la norma, dovrebbe congelare 3.386 € e lasciarvi disponibile 1.614 €. Questa tutela serve a garantire un minimo vitale equivalente a tre mensilità di base.
    • Somme accreditate dopo la notifica: per gli stipendi che arrivano sul conto dopo che il pignoramento è notificato, la legge prevede che essi siano pignorabili secondo le regole ordinarie . Ciò significa che se, ad esempio, il datore versa lo stipendio il 27 del mese e il conto era stato pignorato il giorno 20, quello stipendio (post-notifica) entra in conto già “sotto vincolo” e può essere trattenuto nei limiti del quinto. In pratica la banca, ricevuto l’accredito, dovrebbe congelarne il 20% (o la percentuale ridotta dell’AER: 10% o 14% a seconda dell’importo ) e lasciare il resto libero. Di fatto, il pignoramento presso terzi si estende alle “somme che il terzo deve corrispondere al debitore successivamente” fino all’adempimento . Nel caso delle retribuzioni, dunque, può abbracciare anche gli stipendi futuri che maturano durante la procedura.
    • Ultimo stipendio/pensione: la norma speciale dell’art. 72-ter DPR 602/73 aggiunge che l’ultima mensilità accreditata resta comunque intangibile . Questo risolve un potenziale conflitto: ad esempio, se sul conto al momento del pignoramento c’era solo l’ultimo stipendio di 1.200 €, che sarebbe interamente impignorabile perché sotto il triplo assegno sociale, la banca comunque non lo tocca affatto per il principio che l’ultima mensilità va sempre lasciata. Se c’erano due mensilità depositate (es. due stipendi consecutivi non spesi), la prima rientra nella regola del triplo assegno sociale, la seconda è considerata “ultima mensilità” e quindi anch’essa salva? Non c’è giurisprudenza chiara su questo intreccio, ma in generale l’idea è che almeno uno stipendio deve rimanere disponibile in qualunque caso.
  • Pensioni: il trattamento è analogo alle retribuzioni con qualche peculiarità. Come detto, la pensione non può essere pignorata per la parte che corrisponde a 1,5 volte l’assegno sociale (circa 808 € nel 2025) . Solo la parte eccedente può essere intaccata e comunque nei limiti di un quinto. Se la pensione è già stata accreditata in banca prima del pignoramento, si applica la regola del triplo assegno sociale sul saldo (che in pratica ingloba già quella del doppio per la mensilità base). Anche per le pensioni, l’ultimo rateo versato rimane sempre disponibile al debitore (non può essere sottratto).
  • Assegni familiari e sussidi di mantenimento: somme corrisposte a titolo di assegni per il nucleo familiare, assegno unico per i figli, indennità di accompagnamento per invalidi, e in generale tutte le provvidenze assistenziali destinate al sostentamento familiare o personale sono impignorabili per espresso disposto di legge (art. 545 co. 2 c.p.c. per gli alimenti, norme speciali per altri sussidi). Ad esempio, l’assegno unico figli introdotto nel 2022 è escluso da pignoramento; parimenti, somme ricevute come indennità di disoccupazione (NASpI), bonus sociali, reddito di cittadinanza (finché è esistito) non possono essere aggredite dai creditori. Se tali somme confluiscono sul conto corrente, in teoria dovrebbero mantenere il loro carattere di impignorabilità a patto che siano chiaramente identificabili. Purtroppo, in sede di esecuzione, la banca non ha modo di distinguere la provenienza del denaro sul conto: se arriva un pignoramento, vincola le somme indistintamente. Sarà onere del debitore, eventualmente, far presente (anche con un’opposizione) che certa parte del saldo deriva da crediti impignorabili e chiederne la liberazione. La giurisprudenza infatti ritiene che se il debitore prova la natura assistenziale delle somme pignorate (esibendo documenti che mostrano accrediti INPS per accompagnamento, ecc.), il vincolo va rimosso su di esse in quanto impignorabili per legge . In sintesi, il Fisco non può prendersi i soldi destinati al sostentamento minimo o ai figli minori, ma sta al debitore far valere tale divieto, se necessario.
  • Conti cointestati: un caso particolare riguarda i conti cointestati con soggetti non debitori. Abbiamo visto che per legge l’Agenzia delle Entrate deve limitare il pignoramento alla sola quota del debitore, presumendo che sia del 50% se ci sono due intestatari (o proporzione diversa se più intestatari) . Ciò significa che, in teoria, solo metà del saldo può essere bloccato se uno solo dei due cointestatari è debitore. In verità, il funzionamento pratico non è così semplice: spesso la banca, ricevuto un pignoramento a nome di uno dei cointestatari, per cautela congela comunque l’intero saldo, demandando poi al giudice di decidere la ripartizione. Questa prassi si scontra con l’obbligo di legge di non eccedere, ma avviene perché il conto è un’unica entità e la banca potrebbe non voler fare stime unilaterali. Di conseguenza, nella realtà un conto cointestato subisce frequentemente un blocco totale all’atto del pignoramento, e sarà compito del contitolare estraneo agire per svincolare la propria parte. Approfondiremo oltre la tutela dei contitolari, ma anticipiamo che la giurisprudenza prevalente oggi è nel senso che il pignoramento debba essere limitato alla quota di spettanza del debitore e che al contitolare non debitore vada garantita la propria quota libera . In ogni caso, i conti cointestati rientrano nella categoria dei “beni indivisi” e godono della particolare procedura prevista dall’art. 599 c.p.c. (notifica agli altri cointestatari, possibilità di intervento in esecuzione, ecc.). È bene ribadire: il Fisco non può legalmente prendere i soldi di un co-intestatario che non è il debitore, se questi prova che erano suoi; al massimo, in mancanza di prove, può presumere 50% come del debitore e agire su quella metà .
  • Altri beni impignorabili: sul conto corrente possono trovarsi anche altre tipologie di somme per loro natura impignorabili. Ad esempio, un risarcimento per danni morali (se identificabile), una donazione modale finalizzata a un certo scopo, o somme di terzi accreditate erroneamente. Anche in questi casi, se si dimostra che si tratta di denaro che giuridicamente non può essere toccato dai creditori, il blocco andrebbe rimosso. Un caso frequente è il denaro di terzi versato sul conto del debitore: se Tizio dimostra che sul suo conto c’erano soldi appartenenti a Caio (magari perché Caio glieli aveva affidati in custodia o per un pagamento specifico non collegato al patrimonio di Tizio), Caio potrebbe fare opposizione di terzo per liberarli. Sono situazioni limite e complesse probatoriamente, ma che segnaliamo per completezza.

In definitiva, il blocco del conto corrente a seguito di pignoramento avrà un impatto variabile a seconda della composizione delle somme sul conto. Il principio fondamentale è che al debitore deve rimanere un minimo indispensabile per vivere (pensione minima, qualche mensilità di stipendio) e che non vanno intaccate le risorse destinate ai familiari estranei o al sostentamento di soggetti deboli. La presenza di tali somme non impedisce che la banca applichi inizialmente il blocco, ma costituisce per il debitore un appiglio per ottenere un pronto sblocco (anche parziale) facendo valere i propri diritti. Ad esempio, se vengono congelati importi che includono l’unico stipendio del mese, il debitore può rivolgersi al giudice dell’esecuzione perché ordini alla banca di sbloccare immediatamente l’importo pari all’ultima paga, trattandosi di pignoramento inefficace per tale parte . Oppure, se è coinvolto un cointestatario non debitore, questi può intervenire per far limitare il pignoramento alla sola quota dovuta dal debitore, ottenendo lo sblocco della restante parte .

Da quanto sopra discende un consiglio pratico: analizzare la composizione del saldo bloccato. Il debitore (magari con l’aiuto di un legale) dovrebbe verificare se nel saldo congelato rientrano somme non pignorabili (stipendi, pensioni minime, assegni familiari, ecc.) o somme di proprietà altrui. In tal caso, esistono gli strumenti giuridici per far dichiarare illegittimo o inefficace il pignoramento su quelle somme e riottenerle. Ovviamente, se invece il saldo era composto da liquidità libera e interamente di sua spettanza (es. risparmi accumulati), non potrà opporsi sul “cosa” ma potrà comunque agire sul “come” (rateizzare, pagare, ecc. per sbloccare).

Nel prossimo capitolo vedremo come sbloccare rapidamente il conto corrente esaminando tutte le soluzioni a disposizione del debitore, dalle vie amministrative (pagamento, dilazioni, definizioni agevolate) a quelle giudiziarie (opposizioni), con i pro e i contro di ciascuna opzione e i tempi medi di sblocco.

Come sbloccare rapidamente il conto corrente: soluzioni e strumenti

Di fronte a un conto corrente pignorato, il debitore ha sostanzialmente due strade: soddisfare il creditore (tutto in una volta o in forma dilazionata/agevolata) oppure contestare l’esecuzione se ritiene che vi siano irregolarità o che il debito non sia dovuto. In alcuni casi le due cose possono integrarsi (ad esempio, contestare una parte del debito e pagare/rateizzare la parte non contestata). L’obiettivo primario, dal punto di vista pratico, è sbloccare il conto il prima possibile, così da tornare ad avere accesso alle proprie risorse finanziarie.

Analizziamo le principali soluzioni per ottenere lo sblocco, indicando per ognuna modalità, tempi, vantaggi e rischi. Queste soluzioni sono: pagamento integrale, rateizzazione del debito, adesione a rottamazione/definizione agevolata, opposizioni legali e altre tutele. Va sottolineato che nessuna è “miracolosa”: ogni opzione ha pro e contro, e la scelta dipenderà dalla situazione specifica (entità del debito, disponibilità economica del debitore, fondatezza di eventuali vizi di legge, etc.). Un avvocato esperto potrà aiutare a individuare la strategia ottimale; qui forniremo un quadro generale.

Pagamento integrale del debito

La soluzione più diretta e rapida per sbloccare il conto è semplice nella teoria: pagare al Fisco tutto il dovuto. Estinguendo completamente il debito che ha originato il pignoramento, si fa venir meno la ragione stessa del blocco, il quale dunque dovrà essere rimosso immediatamente. Ecco come funziona in concreto questa opzione:

  • Modalità di pagamento: una volta ricevuto l’atto di pignoramento, il debitore conosce esattamente l’importo richiesto (comprensivo di interessi di mora e compensi di riscossione calcolati fino a quella data). Può quindi procedere a pagare tale importo direttamente all’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Il pagamento può essere effettuato online (tramite il portale AER con PagoPA, carta di credito, etc.), oppure presso gli sportelli AER, o ancora tramite bollettini Rav (se l’Agenzia li fornisce). In caso di conto già bloccato, probabilmente i fondi non possono provenire da quel medesimo conto (visto che è congelato): bisognerà usare altre risorse, ad esempio un altro conto non pignorato, liquidità contante, aiuto di terzi o un finanziamento ponte. Importante: è opportuno comunicare all’Agente della Riscossione che il pagamento si riferisce alle cartelle esattoriali oggetto del pignoramento, per evitare ogni dubbio e far sì che venga registrato correttamente in tempo utile.
  • Effetti sulla procedura esecutiva: una volta ricevuto il pagamento integrale, l’Agente della Riscossione non ha più titolo per trattenere le somme sul conto. In ambito di pignoramenti ordinari, il creditore che viene soddisfatto dovrebbe rilasciare un atto di rinuncia agli atti e il giudice emette un’ordinanza che chiude l’esecuzione. Nel caso esattoriale, la legge prevede che il pagamento del debito comporta automaticamente l’estinzione della procedura . L’Agenzia, per prassi, trasmette comunque una comunicazione alla banca informandola che il debito è stato saldato e che può sbloccare le somme vincolate (non di rado è il debitore stesso a consegnare copia della ricevuta di pagamento alla propria filiale per sollecitare lo sblocco). Dato che qui non c’è un giudice da interpellare, i tempi dipendono principalmente dalla velocità di comunicazione tra AER e banca: spesso pochi giorni lavorativi, specie se l’AER ha sportelli che comunicano telematicamente con gli istituti.
  • Tempistiche: se il debitore dispone subito dei fondi, può recarsi anche il giorno stesso o il successivo a pagare. In casi ideali, entro una settimana dall’atto di pignoramento il conto potrebbe essere già liberato. Ovviamente, qualora il pagamento avvenga ad esempio a ridosso della scadenza dei 60 giorni (dopo magari aver cercato inutilmente altre soluzioni), il blocco permarrà fin quasi al termine. È comunque fondamentale pagare prima che la banca abbia eseguito il trasferimento dei fondi al 60° giorno. Se infatti il pagamento viene effettuato dopo che la banca ha già versato le somme all’Erario, si rischia di aver pagato due volte (una direttamente e una tramite pignoramento): si dovrebbe poi chiedere rimborso all’Agenzia, con tempi più lunghi. In caso di pagamento a ridosso della scadenza, è opportuno informare immediatamente sia l’AER che la banca, fornendo prova dell’avvenuto saldo, così che il versamento tramite pignoramento non venga eseguito inutilmente.
  • Vantaggi: il pagamento integrale è la via più sicura e rapida per risolvere. Non appena il debito risulta estinto, il conto torna libero. Non ci sono procedure lunghe né incertezze legali: il creditore è soddisfatto, quindi non c’è più ragione di tenere fermo il conto. Inoltre, chiudendo il debito, si evitano ulteriori interessi di mora e future azioni su altri beni. Si ha anche la certezza di eliminare completamente il problema, senza strascichi.
  • Svantaggi: naturalmente, reperire l’intera somma per pagare il debito può essere difficile. Spesso il motivo per cui si è arrivati al pignoramento è proprio la mancanza di liquidità; dunque, questa opzione potrebbe non essere realistica se il debito è elevato. Pagare in un’unica soluzione significa anche magari dover sacrificare beni o chiedere prestiti, con possibili costi aggiuntivi. Inoltre, pagando l’importo per intero non si ottiene alcuno sconto: si pagano interessi di mora e aggio di riscossione al 100%, mentre altre opzioni (rottamazione) possono ridurre l’onere complessivo. Infine, se si versa subito l’importo richiesto ma c’erano vizi nella procedura (ad esempio cartelle prescritte), pagando si rinuncia di fatto a contestarli: la Cassazione ha stabilito che la richiesta di rateizzazione o il pagamento possono costituire riconoscimento del debito e sanatoria di eventuali vizi di notifica . Dunque questa strada, pur efficace per sbloccare il conto, va ponderata se si ritiene che il debito non fosse dovuto: in tal caso conviene prima valutare un’opposizione.

In sintesi, il pagamento integrale “immediato” è consigliabile quando: il debito è relativamente piccolo e il debitore ha accesso ai fondi necessari (o può procurarseli facilmente), oppure quando si vuole a tutti i costi evitare complicazioni e si è disposti a pagare per chiudere ogni pendenza. In tutti gli altri casi, si ricorre invece a soluzioni che diluiscono l’esborso o sfruttano benefici di legge, come la rateizzazione o la definizione agevolata, che vediamo di seguito.

Rateizzazione del debito fiscale (richiesta di dilazione)

Se il debitore non è in grado di pagare tutto e subito, ma dispone di risorse per pagare gradualmente, la strada maestra è richiedere una rateizzazione (o dilazione) delle somme iscritte a ruolo. La rateizzazione delle cartelle esattoriali è prevista dall’art. 19 del DPR 602/73 e consente di ottenere un piano di pagamento a rate mensili del debito tributario, con sospensione delle procedure esecutive in corso. In particolare, è importante sottolineare che la concessione di una rateizzazione comporta il blocco delle azioni esecutive già avviate: dal momento in cui il debitore versa la prima rata del piano, il pignoramento viene sospeso e il conto corrente sbloccato . Ciò offre un potente strumento di difesa: anche a pignoramento già notificato, il debitore può “congelare il congelamento” attivando la dilazione. Vediamo i dettagli:

  • Condizioni per ottenere la rateizzazione: negli ultimi anni la disciplina delle dilazioni è stata resa più flessibile. Attualmente (riforme 2023-2024) è possibile ottenere un piano ordinario di rateizzazione per importi fino a 120.000 € con una semplice richiesta, senza dover dimostrare lo stato di difficoltà economica (si parla di rateizzazione automatica). La durata standard dei piani è stata estesa: dal 2025 si possono ottenere fino a 84 rate mensili (7 anni) per i debiti sotto soglia, e addirittura piani più lunghi negli anni successivi grazie a un’estensione graduale prevista dal legislatore . In generale:
  • Per debiti fino a 120.000 €: piano ordinario automatico fino a 6–7 anni (72 rate, ora elevabili a ~85 rate dal 2025) . Basta presentare un’istanza all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, anche online, dichiarando di essere in temporanea obiettiva difficoltà. Non è richiesta documentazione finanziaria.
  • Per debiti superiori a 120.000 € (o se si vuole un numero di rate maggiore del massimo ordinario): piano straordinario fino a 120 rate (10 anni), subordinato alla prova di uno stato di grave difficoltà economico-finanziaria. In tal caso occorre allegare documenti di bilancio o certificati (per imprese) o indice di liquidità (per persone fisiche) che dimostrino che il pagamento integrale immediato metterebbe a repentaglio l’attività o il sostentamento.
  • Dal 2024-2025 sono in vigore norme (attuative del PNRR) che gradualmente ampliano le possibilità di dilazione: ad esempio, per istanze presentate nel 2025 e 2026, il numero di rate ottenibili anche per debiti sotto 120mila può arrivare fino a 120 in casi specifici (introducendo nuove fasce) . Poi dal 2027 il limite verrà ulteriormente aumentato (96 rate standard) e dal 2029 addirittura 108 rate come base . In ogni caso, l’AER può sempre concedere fino a 120 rate se il debitore documenta adeguatamente la difficoltà e l’importo lo giustifica .
  • Se il debitore aveva già altre rateizzazioni in corso e ne è decaduto (ossia ha smesso di pagare le rate precedenti), la legge consente oggi di chiedere una nuova dilazione sul residuo una sola volta. Se però la decadenza è recente (meno di 2 anni, salvo eccezioni normative temporanee), bisogna saldare le rate scadute per essere riammessi. Negli ultimi anni vari “milleproroghe” hanno riaperto i termini per riammettere ai piani persone decadute a causa del Covid o di crisi, con pagamento di qualche rata iniziale: conviene verificare le normative vigenti di periodo.
  • Procedura per la richiesta: la domanda di rateizzazione può essere presentata online sul sito dell’Agenzia Entrate-Riscossione (c’è un servizio “Rateizza adesso”) o tramite PEC/lettera. Se i debiti sono entro la soglia (120mila €), la concessione è pressoché immediata e automatica : il sistema calcola il piano di dilazione ordinario. Se occorre un piano straordinario, l’Agenzia valuta la documentazione e potrebbe richiedere fino a 30-60 giorni per dare l’esito. Nel frattempo, però, è fondamentale comunicare la richiesta di rateazione anche all’ufficio locale dell’AER che segue il pignoramento, chiedendo una sospensione provvisoria. Spesso, se il debitore presenta la ricevuta della domanda di dilazione e l’AER vede che rientra nei requisiti, l’esecuzione viene congelata in attesa dell’approvazione. In ogni caso, la norma prevede espressamente che la notifica del provvedimento di accoglimento della dilazione (cioè quando viene concesso il piano) sospende le procedure esecutive in corso. E pagando la prima rata, la sospensione diventa effettiva.
  • Effetto sul conto corrente: non appena la rateizzazione è formalmente concessa e il debitore versa la prima rata, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione deve sospendere il pignoramento. In pratica, emette un atto di sospensione/revoca che viene inviato alla banca, ordinando lo sblocco immediato del conto . Questo effetto è garantito dalla prassi e, se necessario, può essere anche sollecitato dal debitore esibendo alla banca la copia del piano di rate e della ricevuta di versamento della prima rata. Di solito le banche in questi casi collaborano, sapendo che il creditore procedente ha aderito a un accordo dilatorio. Tempistiche: se la richiesta è presentata tempestivamente, si può ottenere la delibera di rateizzo entro 10-20 giorni (per importi automatici anche meno di una settimana in certi casi). Quindi, potenzialmente prima del 60° giorno il conto verrà sbloccato, evitando il prelievo forzoso. È capitato spesso che debitori con conto pignorato richiedano e ottengano una dilazione riuscendo così a “salvare” i propri soldi in extremis.
  • Caratteristiche del piano di rateizzo: il debitore pagherà delle rate mensili costanti (salvo l’ultima) comprensive di interessi di dilazione (attualmente intorno al 3-4% annuo). Se l’importo è piccolo, si può chiedere anche un numero di rate inferiore al massimo per finire prima. In ogni caso, è bene scegliere un importo di rata sostenibile per evitare di incorrere in decadenza. La legge consente un certo margine di ritardo: generalmente si decade dal beneficio della dilazione se non si pagano 5 rate anche non consecutive (per le richieste dal 2022 in poi il limite è stato alzato a 8 rate, ma bisogna verificare la normativa applicabile). In caso di decadenza, l’intero debito residuo torna immediatamente esigibile e le procedure esecutive riprendono senza ulteriori avvisi. Quindi, se ci si è salvati con la rateazione, è fondamentale non saltare le rate future, altrimenti il pignoramento (o altri) potrebbero ripresentarsi molto rapidamente.
  • Vantaggi: la rateizzazione è spesso la soluzione più equilibrata. Permette di bloccare subito il pignoramento con un esborso iniziale minimo (la prima rata) e poi di diluire nel tempo il pagamento, evitando di prosciugare in un colpo tutte le proprie finanze. Dal punto di vista del debitore, preserva la liquidità necessaria a portare avanti la vita familiare o l’attività, pagando il debito in modo più compatibile con le proprie entrate. Inoltre, con le regole attuali, ottenere un piano è abbastanza semplice per la maggior parte dei debiti (grazie alla soglia elevata a 120mila € per la procedura semplificata) . Un altro vantaggio è che, una volta dilazionato il debito, gli interessi di mora vengono congelati alla data della domanda: sul debito dilazionato maturano solo gli interessi di dilazione (più bassi), ma non continuano a maturare gli interessi di mora pieni. Quindi c’è un risparmio sugli interessi futuri rispetto al lasciare il debito insoluto.
  • Svantaggi: la dilazione non riduce l’importo del debito in sé (a parte la differenza tra interessi di mora e interessi di dilazione, che comunque vanno pagati). Si dovrà pagare il 100% di imposte, sanzioni e aggi di riscossione. Se l’importo è molto elevato, dilazionarlo può comunque voler dire avere rate importanti per molti anni, con il fiato sul collo. Inoltre, come detto, se per qualsiasi motivo non si riesce a rispettare il piano, si perdono i benefici e ci si ritrova punto e a capo (anzi, peggio, perché nel frattempo si sono versate rate magari senza estinguere del tutto interessi e sanzioni). La rateizzazione quindi impegna a lungo termine e va intrapresa solo se c’è ragionevole certezza di poter sostenere quel pagamento continuativo.
  • Considerazioni pratiche: a volte i debitori si chiedono: “Posso rateizzare dopo che mi hanno già pignorato e bloccato il conto? Non è troppo tardi?”. La risposta è: sì, puoi farlo, purché agisci entro i 60 giorni e prima che la banca esegua il pagamento all’AER. La legge non vieta di chiedere la dilazione anche dopo avviata l’esecuzione. Anzi, l’Agenzia Entrate Riscossione generalmente accoglie queste istanze perché è comunque garantita dal piano di pagamento. È chiaro che la tempestività è essenziale: se attendi l’ultimo giorno utile, rischi che i soldi vengano già prelevati. Idealmente, la richiesta di dilazione andrebbe presentata non appena ti rendi conto di non poter pagare subito – anche prima del pignoramento eventualmente, per prevenirlo. Ma se sei già al punto del blocco conto, non disperare: fai subito domanda e paga la prima rata appena hai il via libera, e il conto verrà sbloccato (spesso entro 1 mese dall’inizio del pignoramento, nelle esperienze comuni).

Adesione a rottamazione o definizione agevolata (saldo e stralcio)

Un altro possibile strumento per risolvere il debito fiscale – e quindi liberare il conto corrente dal pignoramento – è approfittare delle cosiddette definizioni agevolate del debito tributario, note al pubblico come “rottamazione delle cartelle” o “saldo e stralcio”. Si tratta di misure straordinarie introdotte dal legislatore in varie occasioni (2016, 2018, 2023, ecc.) che consentono ai contribuenti di regolarizzare i debiti con l’Erario a condizioni più favorevoli, ad esempio abbattendo sanzioni e interessi dovuti. Se il debitore riesce ad aderire a una rottamazione per i carichi a ruolo oggetto del pignoramento, ottiene due effetti benefici: 1. Riduzione dell’importo complessivo dovuto (perché non dovrà pagare le sanzioni e gli interessi di mora, ma solo le imposte e pochi oneri). 2. Sospensione delle procedure esecutive in corso: per legge, dalla presentazione della domanda di definizione agevolata sono sospesi gli obblighi di pagamento derivanti dai precedenti carichi e non possono proseguire le azioni esecutive, a meno che non si sia già arrivati all’assegnazione definitiva delle somme . In pratica, un pignoramento non ancora perfezionato viene “congelato” quando il debitore aderisce alla definizione agevolata e resta sospeso finché il debitore rispetta i pagamenti agevolati.

Vediamo i punti fondamentali:

  • Rottamazione delle cartelle: è la formula di definizione agevolata più comune. L’ultima in ordine di tempo è la cosiddetta rottamazione-quater prevista dalla Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022). Essa consentiva di estinguere i debiti a ruolo dal 2000 al 30 giugno 2022 pagando solo il capitale e una quota di spese, senza sanzioni né interessi di mora né aggio di riscossione. Il pagamento poteva essere fatto in unica soluzione o in max 18 rate spalmate su 5 anni (con interesse del 2% annuo sulle rate dal 2024 in poi). Per aderire bisognava presentare domanda entro il 30 giugno 2023 (poi prorogato al 30 settembre 2023 per alcuni enti). La prima e la seconda rata erano previste nel 2023 (luglio slittata a ottobre, e novembre), le successive scadenze a fine febbraio, fine maggio, fine luglio e fine novembre di ogni anno fino al 2027. Ebbene, la presentazione della domanda di rottamazione-quater nel 2023 ha comportato la sospensione di tutti i pignoramenti e fermi in corso riferiti alle cartelle rottamate, purché al 30 giugno 2023 non si fosse ancora conclusa l’esecuzione. Quindi, ad esempio, chi a giugno 2023 aveva il conto bloccato per un debito rottamabile poteva fare domanda: la banca, su istruzioni AER, avrebbe dovuto sospendere il trasferimento di somme. Con il pagamento della prima rata (31 ottobre 2023, prorogata), la sospensione prosegue; con il pagamento puntuale di tutte le rate, alla fine il debito sarà estinto e il pignoramento verrà chiuso in via definitiva (senza esborso ulteriore, perché i soldi sul conto non verrebbero mai prelevati se non in caso di inadempimento alle rate).
  • Situazione attuale (ottobre 2025): chi ha presentato domanda di rottamazione-quater entro metà 2023 e ha pagato le rate 2023 ora sta proseguendo coi pagamenti nel 2024 e seguenti. In questo periodo, le azioni esecutive su quei debiti restano congelate. Se il debitore continua a pagare, il suo conto non potrà essere toccato per quei ruoli. Se invece non paga una rata (c’è un margine di tolleranza di 5 giorni, ma saltare una rata comporta decadenza), allora la definizione agevolata salta e l’Agenzia potrà riprendere il pignoramento da dove si era fermato. Dunque è cruciale rispettare le scadenze.
  • La rottamazione-quater è solo l’ultima di una serie: rottamazione-bis (2017), ter (2018) e altre edizioni straordinarie ci sono state. Ognuna con le sue regole e scadenze. Se il tuo debito era già rientrato in una passata rottamazione e sei decaduto, purtroppo le leggi generalmente non consentono di rottamarlo di nuovo (fanno eccezione solo alcune riaperture come quella del 2018 per i decaduti 2016). Nel 2023 non era ammessa la rottamazione-quater per chi aveva aderito alle precedenti e non pagato; andrebbe quindi pagato con le altre vie (rateazione ordinaria ad esempio).
  • Stralcio dei mini-debiti: altra misura di definizione agevolata rilevante è stato il condono dei debiti fino a 1.000 € affidati all’agente di riscossione dal 2000 al 2015, previsto sempre dalla L. 197/2022. In virtù di questa norma, tutti i ruoli di importo residuo fino a 1.000 € (comprensivi di capitale, interessi, ecc.) sono stati automaticamente annullati al 31 marzo 2023. Questo significa che se per caso il conto corrente era stato bloccato per una cartella di piccolo importo rientrante in tale casistica, il debitore ha diritto all’immediato sblocco perché il debito è stato cancellato ope legis. La banca però potrebbe non saperlo in tempo reale: spetta all’AER comunicare la liberazione. Qualora vi rendiate conto che il debito è stato condonato (perché magari ricevete la comunicazione di annullamento dall’Agenzia Entrate o lo leggete dall’estratto), potete segnalarlo prontamente e pretendere lo sblocco. Il condono dei mini-debiti è un esempio estremo di come anche senza pagare nulla un conto pignorato possa sbloccarsi, per intervento legislativo.
  • Saldo e stralcio per contribuenti in difficoltà: un’ulteriore forma di definizione agevolata fu il “saldo e stralcio” del 2019, riservato a persone fisiche con ISEE basso, che permetteva di pagare solo una percentuale ridotta (16%, 20% o 35%) dei debiti derivanti da omessi versamenti o dichiarazioni, annullando tutto il resto. Questa misura fu unica e limitata e oggi non ripetuta; se qualcuno nel 2019 vi aderì e ottenne quel piano di stralcio, le azioni esecutive vennero sospese allo stesso modo. Attualmente non c’è un saldo e stralcio generalizzato, ma non si esclude che il legislatore in futuro possa introdurre altre misure simili in casi eccezionali di crisi economiche.

Quali debiti conviene definire? In linea generale, se è in corso un pignoramento e il debitore ha la possibilità di aderire a una rottamazione aperta, questa opzione è molto conveniente perché: – Riduce la somma da pagare (ad esempio, se il debito era 10.000 € di cui 3.000 € di sanzioni e 1.000 € di interessi, con rottamazione potrebbe pagare solo ~6.000 €). – Permette di pagare a rate le somme agevolate (le rottamazioni recenti consentono rate fino a 5 anni, sebbene con scadenze prefissate non negoziabili). – Congela immediatamente l’azione esecutiva in corso: l’istanza di adesione fa scattare il blocco dei pagamenti esecutivi in attesa che il debitore versi le rate .

Lo svantaggio è che le definizioni agevolate sono disponibili solo quando previste da leggi speciali. Ad ottobre 2025, la finestra di adesione alla rottamazione-quater è chiusa già da tempo. Quindi chi non ha presentato domanda entro giugno 2023 non può più entrare in quella misura. Dovrà attendere eventuali future “rottamazioni” (non certe) oppure optare per la rateizzazione ordinaria. Di fatto, la rottamazione è utile per chi vi ha già aderito: costui deve semplicemente continuare a pagare le rate e in tal caso nessuno potrà toccare il conto corrente relativamente a quei debiti. Se invece per il tuo debito non c’era rottamazione attiva al momento del pignoramento, non potevi sfruttarla.

Esempio pratico: Mario ha un debito IRPEF di 50.000 € comprensivo di 15.000 € di sanzioni e interessi. A maggio 2023 l’Agenzia gli blocca il conto corrente con 20.000 € di saldo. Mario aderisce subito alla rottamazione-quater: ciò sospende il pignoramento. Il suo debito rottamato scende a circa 35.000 € (niente sanzioni né interessi di mora). Egli paga 2.000 € a ottobre 2023 e 2.000 € a novembre 2023 (prime rate), poi dovrà pagare ~3.000 € l’anno in 2024-2027. Nel frattempo, il suo conto non è stato toccato e viene sbloccato; i 20.000 € restano lì. Mario decide di utilizzarne una parte per pagare le rate rottamazione via via. Nel 2027, finito di pagare 35.000 €, il suo debito è estinto e quel pignoramento iniziale non verrà più riattivato: i 20.000 € inizialmente bloccati di fatto li ha potuti usare diversamente. Se Mario non avesse aderito e non avesse pagato diversamente, nel luglio 2023 la banca avrebbe prelevato i 20.000 € dal suo conto per girarli al Fisco e Mario resterebbe ancora debitore per altri 30.000 € (che AER cercherebbe su altri beni).

  • Vantaggi: la definizione agevolata, quando disponibile, è la soluzione finanziariamente più conveniente perché taglia il debito. Inoltre, come la rateizzazione, permette di sospendere l’azione esecutiva in atto e di diluire il pagamento. Molti debitori hanno salvato i propri conti bancari aderendo alle rottamazioni: l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, seguendo la legge, sospende le procedure e spesso invia comunicazione alle banche di non procedere all’assegnazione delle somme.
  • Svantaggi: la rottamazione è un evento straordinario e non sempre in corso. Bisogna cogliere l’occasione quando c’è. Inoltre, se il debitore poi non riesce a pagare le rate, la rottamazione decade e il beneficio svanisce. In tal caso si ritorna al debito iniziale (al netto di quanto eventualmente pagato) e le sanzioni/ interessi vengono ripristinati; e come detto, il pignoramento riprende. Quindi aderire e poi fallire nel pagamento è pericoloso: si perde tempo e si rimanda solo il problema. Un altro potenziale limite: non tutti i debiti sono definibili (es. alcune multe o sentenze di condanna erariale potrebbero non rientrare nelle rottamazioni, oppure debiti previdenziali con specifiche condizioni). Bisogna sempre leggere la norma di riferimento.

In conclusione, se nel periodo in cui il tuo conto è bloccato è attiva una qualche “pace fiscale”, conviene quasi sempre aderire: otterrai almeno una sospensione del blocco e spesso un cospicuo sconto sul dovuto. Se invece non vi sono definizioni agevolate disponibili, questa opzione purtroppo non è percorribile e occorre concentrarsi su pagamento, rateazione o opposizioni.

Opposizione al pignoramento e altre tutele legali

Finora abbiamo considerato rimedi che implicano, in un modo o nell’altro, pagare il debito (subito, a rate o in parte). Ma cosa succede se il debitore ritiene illegittimo il pignoramento o contesta il debito alla base? In tal caso, la via da intraprendere è l’opposizione per le vie legali, allo scopo di far dichiarare nullo o improcedibile il pignoramento e liberare le somme bloccate. Questa strada richiede l’intervento di un legale e l’attivazione di un giudizio (civile o tributario). È la via tipica se, ad esempio, il debitore sostiene di non dover pagare affatto (perché la cartella è prescritta, o il debito è già stato saldato, o l’atto è viziato), oppure se il procedimento esecutivo presenta irregolarità formali (mancato rispetto di regole procedurali). Di seguito, distinguiamo i principali tipi di opposizione e difesa possibili:

  • Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.): è il rimedio per contestare il diritto stesso del creditore di procedere ad esecuzione forzata. In ambito fiscale, equivale a dire: “Non dovevate proprio pignorare, perché il debito non è (più) dovuto”. Motivi tipici:
  • Prescrizione del debito tributario: se tra la notifica della cartella e l’atto di pignoramento è decorso il termine di prescrizione (di solito 5 anni per i tributi, 3 per le multe, ecc.), il debito non era più esigibile. Bisognerebbe però aver fatto valere la prescrizione non appena ricevuta l’intimazione ex art.50 (in Commissione Tributaria); se non lo si è fatto, è ancora possibile sollevare la prescrizione come eccezione sostanziale all’esecuzione, preferibilmente davanti al giudice tributario (vedi nota su giurisdizione).
  • Cartella non notificata o nulla: se il debitore afferma di non aver mai ricevuto la cartella di pagamento originaria (o l’avviso esecutivo) e quindi di essere stato privato della possibilità di pagarla o impugnarla per tempo. In tal caso, l’esecuzione è prematura perché manca la notifica valida del titolo. Questo motivo in genere si fa valere davanti alla Commissione Tributaria, chiedendo di dichiarare non dovuto il ruolo per difetto di notifica.
  • Sgravio o pagamento già avvenuto: se il debitore ha pagato il debito (magari direttamente all’ente creditore) o ha ottenuto uno sgravio dall’ente impositore, ma l’Agente della Riscossione non ne ha tenuto conto e ha proceduto comunque. Prove di avvenuto pagamento (ricevute, quietanze) saranno cruciali. Anche questo è un motivo per cui l’esecuzione non doveva iniziare.
  • Non esecutività del titolo: per alcuni carichi (es. contributi previdenziali, sanzioni amministrative) ci sono regole speciali; se il pignoramento è iniziato senza un titolo esecutivo valido o in pendenza di un ricorso sospeso, si può eccepire.
  • Inesistenza del debito per altri motivi: errori di persona (omonimia), somme già compensate, annullamenti giudiziari intervenuti, etc.

L’opposizione all’esecuzione può essere proposta anche oltre i 60 giorni, non avendo un termine di decadenza stretto (in teoria finché l’esecuzione non è conclusa, o addirittura dopo in certi casi, entro 20 gg dall’atto finale per far valere cause sopravvenute). Tuttavia, prima si agisce meglio è, soprattutto per chiedere contestualmente una sospensione. Infatti, il debitore che oppone ha facoltà di chiedere al giudice (ordinario o tributario) la sospensione dell’esecuzione: se concessa, la banca dovrà sbloccare il conto in attesa della decisione finale . La sospensione si ottiene se si dimostra un fumus di fondatezza dell’opposizione e un periculum (danno grave nel lasciare il conto bloccato). Il giudice potrebbe in alternativa limitarsi a sospendere l’assegnazione delle somme senza sbloccare tecnicamente il conto (ma di solito se c’è pericolo per il debitore, dispone il blocco dell’efficacia del pignoramento).

Giurisdizione: per motivi come prescrizione, vizi delle cartelle, insussistenza del debito, la Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito che la competenza è del giudice tributario, anche se l’atto impugnato è un pignoramento esattoriale . Ciò perché si sta contestando la “pretesa tributaria sostanziale”. Quindi il debitore dovrebbe proporre un ricorso davanti alla Commissione Tributaria (provinciale) contro l’atto di pignoramento, deducendo tali motivi. La Commissione ha il potere di sospendere la riscossione (art. 47 D. Lgs. 546/92) e di dichiarare non dovute le somme, annullando gli atti presupposti se necessario. In alternativa, alcuni debitori hanno presentato opposizione ex art.615 al giudice civile; quest’ultimo però, se i motivi attengono al merito tributario (prescrizione, pagamento, notifica cartella), potrebbe dichiararsi incompetente e rinviare alle Commissioni. È quindi strategicamente importante individuare il giudice giusto: Tribunale ordinario se i motivi sono puramente procedurali, Commissione Tributaria se si discute del debito in sé .

  • Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.): è volta a contestare vizi formali e procedurali del pignoramento o degli atti collegati, senza negare la fondatezza del debito. Esempi:
  • Mancata notifica dell’intimazione art.50 DPR 602/73: come abbiamo già evidenziato, se tra cartella e pignoramento è trascorso oltre un anno e non è stato notificato al debitore il preavviso di cui all’art.50 co.2, il pignoramento presso terzi è nullo . Questo vizio va fatto valere con opposizione agli atti esecutivi, solitamente al giudice dell’esecuzione del Tribunale ordinario (trattandosi di vizio della sequenza esecutiva). La giurisprudenza è costante nel ritenere l’avviso di intimazione un atto obbligatorio la cui omissione invalida l’intero procedimento . Termine: 20 giorni da quando il debitore ha avuto conoscenza dell’atto viziato. Spesso, la conoscenza piena del vizio avviene quando il debitore riceve copia delle cartelle allegate al pignoramento o quando ne parla con un legale; conviene comunque agire entro 20 giorni dalla notifica del pignoramento stesso, per sicurezza, deducendo subito la mancanza dell’intimazione.
  • Vizi di notifica dell’atto di pignoramento o errore nella notifica alla banca: se, ad esempio, l’atto è stato notificato a un indirizzo sbagliato, o non è stato notificato affatto al debitore (ma solo alla banca), siamo di fronte a un vizio procedurale. Anche la mancata notifica al contitolare del conto (ex art. 599 c.p.c. – avviso ai comproprietari) può essere eccepita come vizio (violazione del contraddittorio) che rende il pignoramento improcedibile. Cassazioni di merito hanno ritenuto nulla l’esecuzione immobiliare senza avviso ai comproprietari, analogamente si può sostenere per conti cointestati .
  • Atto di pignoramento incompleto o carente di indicazioni obbligatorie: secondo la Cassazione, l’atto di pignoramento esattoriale deve indicare in modo dettagliato le cartelle e gli importi dovuti; diversamente, se la formulazione è generica e impedisce al debitore di comprendere l’entità e origine del credito, esso è nullo per lesione del diritto di difesa . Ad esempio, Cass. ord. n. 26519/2017 ha annullato un pignoramento Equitalia proprio perché non specificava adeguatamente le somme dovute e le cartelle di riferimento, rendendo l’atto assimilabile a un precetto privo di motivazione . Questo vizio va fatto valere tempestivamente (20 giorni dalla notifica dell’atto).
  • Mancata indicazione del responsabile del procedimento: un tempo si sollevavano eccezioni sulla mancata indicazione del responsabile del procedimento nell’atto di pignoramento, ma la Cassazione ha chiarito che trattandosi di atto processuale di parte (non provvedimento amministrativo) non è soggetto a quella regola di cui alla L.241/90 . Quindi questa doglianza oggi non porta all’annullamento.
  • Errori vari nell’atto: importi errati, pignoramento eccedente il dovuto (oltre i limiti), omessa indicazione che trattasi di pignoramento ex art.72-bis, ecc. In genere non sono vizi invalidanti se non c’è concreto pregiudizio, ma vanno valutati caso per caso.

L’opposizione ex art. 617 c.p.c. deve essere proposta entro 20 giorni dalla notifica dell’atto (o dalla scoperta del vizio, se posteriore). Nel contesto del conto pignorato, questo significa che il debitore ha 20 giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento per depositare ricorso in Tribunale (se il vizio è come sopra) o in Commissione Tributaria se fosse un vizio di notifica della cartella scoperto solo dopo (ma in genere quell’aspetto attiene all’esecuzione in senso lato). Giurisdizione: per i vizi formali dell’atto di pignoramento in sé, le Sezioni Unite nel 2023 hanno detto che la giurisdizione spetta al giudice ordinario . Quindi, se si lamenta ad esempio l’omessa intimazione ex art.50, o un difetto formale dell’atto di pignoramento, la sede corretta è il Tribunale civile (sezione esecuzioni) competente per territorio. Sarà quel giudice a poter dichiarare la nullità del pignoramento e ordinare lo sblocco delle somme. Già tribunali di merito hanno adottato pronunce di questo tipo: ad esempio, il Tribunale di Roma con sentenza luglio 2025 ha annullato un pignoramento per mancata prova della notifica degli avvisi di intimazione, dichiarando la nullità derivata del pignoramento e condannando l’Agente alle spese .

Come nell’opposizione all’esecuzione, anche qui si può chiedere una sospensione urgente ex art. 624 c.p.c.: il giudice, riscontrando il vizio grave (es. manca intimazione), potrà sospendere l’efficacia del pignoramento e di conseguenza ordinare alla banca di sbloccare subito il conto in attesa della decisione finale . Spesso, in presenza di un vizio evidente, la sospensione viene concessa abbastanza celermente (anche in poche settimane), e poi la causa segue il suo corso (qualche mese o anno) ma intanto il debitore è tornato in possesso dei suoi soldi.

  • Intervento del terzo cointestatario (o opposizione di terzo all’esecuzione, art. 619 c.p.c.): un cenno merita la situazione del conto cointestato con persona non debitrice. In questo caso, oltre ai rimedi del debitore, c’è un ulteriore rimedio: il contitolare estraneo può agire per far valere i propri diritti. Se, ad esempio, marito e moglie hanno il conto cointestato e il marito debitore viene pignorato, la moglie può:
  • Intervenire nell’esecuzione per chiedere al giudice che il pignoramento sia limitato alla quota del marito e liberare la propria quota. L’art. 599 c.p.c. come detto richiede la notifica dell’avviso al comproprietario: se questo è avvenuto, la moglie può comparire (personalmente o tramite legale) davanti al giudice dell’esecuzione all’udienza fissata (se fosse un pignoramento ordinario) oppure presentare un’istanza ad hoc al giudice competente anche in assenza di udienza (nel pignoramento AER, ci si potrebbe rivolgere comunque al tribunale per tutelare i propri diritti).
  • Opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c.: è un’azione che il terzo proprietario dei beni pignorati può proporre per far dichiarare che quei beni (o una parte) non appartengono al debitore. Nel nostro caso, la madre contitolare potrebbe sostenere, ad esempio, che tutte le somme sul conto provenivano da lei, e che quindi al figlio debitore non appartiene nulla o solo una minima parte. Dovrà fornire le prove (stipendi accreditati a nome suo, etc.). I tribunali spesso applicano la presunzione 50/50, quindi sta al terzo vincerla con prove solide . Se l’opposizione di terzo viene accolta, il giudice esclude dalla pignorabilità la quota di spettanza del terzo e libera quelle somme, costringendo il creditore a restituirle se già prese.

Esempio reale: Tribunale di Lecco 2023, madre e figlio cointestatari, il figlio debitore. La madre ha fatto opposizione di terzo sostenendo che il denaro era tutto suo. Il tribunale ha però ritenuto che la madre non avesse fornito prova sufficiente per superare la presunzione di contitolarità paritaria, e ha confermato il pignoramento per metà saldo (rigettando la richiesta della madre) . Diversamente, Tribunale di Marsala 2025, coniugi cointestatari, debito del marito: la moglie estranea è riuscita a provare che quasi tutte le somme sul conto derivavano dalla sua attività. Il giudice allora ha limitato l’assegnazione al creditore a solo una piccola frazione del saldo e liberato il resto a favore della moglie . Questi esempi mostrano che i giudici valutano caso per caso, ma in generale tutelano il contitolare se questi dimostra il suo diritto sulle somme.

Dal punto di vista procedurale, l’opposizione di terzo si propone al Tribunale del luogo dell’esecuzione, con atto di citazione entro 20 giorni dall’atto lesivo (ma in realtà il terzo spesso la propone anche dopo, se non avvisato tempestivamente – il giudice può ammetterla finché le somme non sono assegnate). Anche qui è possibile chiedere una sospensione inaudita altera parte per evitare che i soldi del terzo vengano assegnati al creditore.

  • Istanza di sospensione amministrativa all’AER: oltre alle vie giudiziarie, c’è uno strumento “interno” previsto dal D.L. 69/2013 (art. 1 c.537 L.147/2013) e succ. mod.: il debitore può presentare all’Agente della Riscossione una richiesta di sospensione della riscossione, allegando le prove che il debito è stato pagato, annullato o comunque non dovuto. L’AER è tenuta a sospendere le attività di recupero e a girare la richiesta all’ente impositore per le verifiche. Se entro 220 giorni l’ente conferma che il debito non è esigibile, il ruolo viene annullato; se non risponde, l’AER annulla di default. Questo strumento è utile se, ad esempio, avete un provvedimento di sgravio dall’ente o una sentenza favorevole che non era stata ancora recepita. Nel contesto del conto pignorato, presentare tale istanza (preferibilmente entro 60 giorni dall’atto) dovrebbe sospendere il pignoramento in autotutela. In pratica l’AER, se ritiene fondate le ragioni, blocca l’esecuzione in attesa di riscontro. È una via un po’ incerta nei tempi, ma tentarla in parallelo all’azione giudiziaria non nuoce, anzi può portare a un ritiro anticipato del pignoramento se le prove fornite sono schiaccianti (es: quietanza di pagamento antecedente al pignoramento). Certo, se il problema è ad es. la prescrizione, difficilmente l’Agenzia accetterà in autotutela di sospendere: su questioni controverse preferirà far decidere al giudice.
  • Procedura di sovraindebitamento (Legge n. 3/2012, ora Codice della Crisi): come ultima risorsa, se il pignoramento del conto è solo un tassello di una più ampia situazione di insolvenza del debitore (magari con debiti multipli, anche privati), c’è la possibilità di ricorrere alla procedura di composizione delle crisi da sovraindebitamento (oggi disciplinata dal D. Lgs. 14/2019, Codice della crisi, artt. 268-277 e segg.). Avviando tale procedura presso il tribunale (con l’ausilio di un OCC, Organismo di Composizione della Crisi), il debitore propone un piano di ristrutturazione di tutti i debiti, che può prevedere stralci e dilazioni. L’apertura della procedura può comportare la sospensione delle azioni esecutive individuali (quindi anche il blocco di pignoramenti in corso) su istanza del debitore. Se poi il tribunale omologa il piano o la liquidazione del patrimonio, i debiti vengono trattati globalmente. Questa è una soluzione lunga e complessa, indicata per chi è gravemente sovraindebitato e non può realisticamente pagare tutto. Va seguita con un professionista. Può portare anche all’esdebitazione finale (cancellazione dei debiti residui dopo liquidazione). Non è mirata al singolo pignoramento ma all’intera posizione del debitore. Nel contesto del conto bloccato, menzioniamo che se un soggetto in gravi difficoltà attiva la procedura, può ottenere un provvedimento giudiziale di sospensione dei pignoramenti in corso, permettendogli di riutilizzare il conto durante la composizione della crisi. È però l’equivalente di “operare da fallito” (anche se qui trattasi di persona non fallibile): implica spesso la messa a disposizione di tutti i beni, ecc. Si tratta quindi di un’opzione di ultima istanza per casi disperati.
  • Accordo transattivo con il creditore: a differenza dei creditori privati, con l’Agenzia delle Entrate non c’è margine di negoziazione individuale al di fuori delle procedure previste (rate, rottamazioni). Un creditore privato può sempre accordarsi col debitore durante un’esecuzione (ad esempio accettare un pagamento parziale immediato e rinunciare al pignoramento) . In sede fiscale questo non è consentito in maniera arbitraria: o usi le norme di definizione agevolata varate per legge, oppure devi pagare tutto. Quindi non c’è molto da trattare: l’AER non può autonomamente accettare il 50% a saldo e stralcio di un debito fiscale senza una legge che glielo consenta. L’unico caso assimilabile è quando emergono errori e allora l’ente annulla (ma non è una transazione, è riconoscimento di errore). Pertanto, “trattare col Fisco” fuori dalle procedure non è un’opzione percorribile. Diverso è se il pignoramento fosse stato fatto da un altro ente pubblico (es. un Comune per multe): alcuni enti possono scegliere di rinunciare a un’esecuzione se il debitore paga subito una parte, ma è raro e comunque deve poi formalizzarsi in atti ufficiali.

In sintesi sulle opposizioni: sono l’arma da usare quando il debitore subisce un torto (procedura non corretta) o ha ragione sul merito (il debito non esiste o non è più dovuto). Non tutti i casi sono limpidi: spesso i debitori sperano in vizi formali che poi in giudizio non si rivelano così decisivi. Bisogna valutare con un legale la fondatezza dell’opposizione. Se c’è, procedere con decisione entro i termini può davvero portare ad annullare il pignoramento e liberare il conto. I riferimenti giurisprudenziali recenti sono incoraggianti: Cassazione e Tribunali riconoscono la nullità dei pignoramenti per omissioni procedurali (come l’intimazione) , e insistono che i diritti dei contitolari e dei debitori sulle somme impignorabili vadano garantiti. Certo, l’opposizione comporta tempi e costi (avvocato, contributo unificato, ecc.), e un esito incerto. È quindi consigliata se il beneficio sperato (non pagare un debito non dovuto, o recuperare una grossa somma bloccata illegittimamente) supera questi oneri.

Una strategia pratica può anche essere combinare i rimedi: ad esempio, proporre opposizione per un vizio formale macroscopico e contestualmente (per prudenza) chiedere una rateizzazione. Se il giudice accoglie la sospensione, si può sempre revocare la richiesta di rate se l’orientamento è positivo. Se invece la sospensione viene negata, hai comunque la carta della rateizzazione per evitare l’assegnazione. Ovviamente serve coordinamento per non invalidare un’azione con l’altra (pagare potrebbe far perdere interesse all’opposizione). Queste finezze vanno studiate caso per caso.

Conclusione sulle tutele legali: il quadro normativo offre varie soluzioni per limitare i danni di un conto bloccato, ma l’efficacia dipende moltissimo dalla tempestività e dalla solidità delle motivazioni. Un debitore informato dovrebbe: – Appena ricevuto il pignoramento, verificare subito con un professionista se ci sono vizi utili da far valere. – Se sì, agire entro i 20 giorni con le opposizioni adeguate, chiedendo subito la sospensione. – In parallelo, valutare se chiedere una dilazione per sicurezza (magari concordando col legale come non pregiudicare la causa). – Seguire l’iter giudiziario eventualmente consapevole che, se vince, il pignoramento verrà annullato e le somme sbloccate (o restituite se per caso già andate al creditore). – Se perde l’opposizione, resta sempre la via di pagare/rateizzare, magari a quel punto con un po’ di ritardo ma cercando di contenere i danni.

Abbiamo così esaminato tutte le principali vie per sbloccare rapidamente un conto corrente pignorato. Nella sezione seguente, presentiamo alcuni casi particolari sotto forma di domande e risposte, per chiarire gli ultimi dubbi pratici e riepilogare i concetti chiave in modo fruibile.

Casi particolari: domande e risposte (FAQ)

Di seguito una serie di domande frequenti che i debitori si pongono quando si trovano con il conto corrente bloccato dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione, con relative risposte basate sulla normativa illustrata:

D: Cosa significa esattamente che il mio conto è “bloccato” dall’Agenzia delle Entrate?
R: Significa che la tua banca ha ricevuto un atto di pignoramento presso terzi dall’Agente della Riscossione, in cui le viene ordinato di congelare le somme sul tuo conto fino a un certo importo e di non permetterti di utilizzarle. In pratica, è come se sul conto fosse stato apposto un “fermo”: non puoi prelevare o trasferire il denaro bloccato, né usarlo per pagamenti. L’istituto deve custodire quelle somme per consegnarle al Fisco dopo 60 giorni . Il conto può continuare a ricevere bonifici e accrediti, ma ogni nuova entrata potrebbe essere anch’essa vincolata se rientra nel periodo e nei limiti del pignoramento. Alcune operazioni come gli addebiti automatici possono essere rifiutate. In sintesi, il conto resta tuo ma non puoi disporre (in tutto o in parte) del saldo fino a quando la questione non si risolve.

D: Perché l’Agenzia delle Entrate ha bloccato il conto senza passare dal giudice? È legale?
R: Sì, è previsto dalla legge. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione, trascorsi almeno 60 giorni dal mancato pagamento di una cartella esattoriale, può attivare il pignoramento diretto dei tuoi crediti verso terzi (art. 72-bis DPR 602/73) senza autorizzazione del tribunale . Questo include i crediti che hai verso la banca, ovvero le somme depositate sul tuo conto corrente. È un procedimento legale e costituzionale (confermato dalla Corte Costituzionale) che bypassa il giudice per snellire la riscossione . Ovviamente, devono sussistere le condizioni: un titolo esecutivo valido (cartella/avviso notificato), il mancato pagamento nei termini e, se è passato più di un anno, la notifica di un’intimazione di pagamento. Se queste condizioni ci sono, l’Agenzia può agire direttamente e notificare l’atto al tuo istituto di credito. Quindi purtroppo non c’è nulla di illegittimo nel non coinvolgere subito un giudice – salvo tu voglia far intervenire un giudice dopo, con un’opposizione, se ritieni violati i tuoi diritti.

D: Il conto resta bloccato per sempre? Quanto dura il pignoramento sul conto corrente?
R: No, il blocco non è permanente: ha una durata limitata legata alla procedura esecutiva. In genere, se non fai nulla, il pignoramento dura circa 60 giorni (a decorrere dalla notifica alla banca): in questo periodo il denaro è congelato. Allo scadere dei 60 giorni, se ancora non hai risolto, la banca preleverà le somme bloccate e le invierà all’Agenzia delle Entrate . A quel punto il debito (o parte di esso) sarà pagato e il vincolo sul conto cesserà, perché l’esecuzione si conclude. Quindi, dopo i 60 giorni circa, il conto torna formalmente sbloccato, ma con meno soldi (quelli prelevati). Se invece intervieni prima (pagando, rateizzando o ottenendo una sospensione giudiziale), il blocco può terminare anche prima: ad esempio, se paghi tutto dopo 10 giorni, la procedura si estingue subito e la banca sblocca le somme; se inizi una rateizzazione e paghi la prima rata, l’Agenzia revoca il pignoramento e il conto viene liberato immediatamente . Oppure, se ottieni dal giudice una sospensione dopo 30 giorni, la banca dovrà sbloccarti l’accesso (almeno finché dura la sospensione). In caso di opposizione giudiziaria, se questa viene accolta definitivamente, il pignoramento viene annullato e il conto sbloccato stabilmente. Quindi il tempo massimo di blocco in assenza di tue azioni è circa 2 mesi; il tempo minimo dipende da quanto velocemente metti in campo una soluzione (potenzialmente anche pochi giorni). Nota che, una volta che i soldi sono stati trasferiti all’Erario (dopo 60 giorni), il pignoramento tecnicamente è concluso e il conto è di nuovo operativo, però ormai hai perso quelle somme.

D: Posso usare in qualche modo i soldi sul conto durante il blocco? Ad esempio, posso pagare bollette con la parte non pignorata?
R: Sì, la parte di saldo non pignorata è utilizzabile, ma devi capire bene qual è. La banca dovrebbe averti congelato solo l’importo indicato nel pignoramento (es. “fino a € 5.000”). Se sul conto avevi più di quella cifra, la differenza resta libera. In pratica potresti usare il denaro oltre la somma pignorata. Tuttavia, fai attenzione: a volte le banche per procedure interne bloccano temporaneamente tutto fino a definire l’importo esatto. È utile contattare la filiale e chiedere: “Qual è l’importo vincolato dal pignoramento e quale parte posso ancora movimentare?”. Una volta chiarito, puoi disporre bonifici o prelievi solo sulla parte non vincolata (eventualmente aprendo un altro conto e trasferendovi la somma libera, se la banca lo consente, per sicurezza). Tieni presente anche i limiti legali: ad esempio, se sul conto c’erano 10.000 € e ti hanno pignorato 10.000 €, teoricamente zero è disponibile. Se c’erano 15.000 € e pignorato 10.000 €, 5.000 dovrebbero essere liberi e puoi usarli. Un discorso a parte vale per nuovi accrediti: se arriva uno stipendio dopo il blocco, la banca potrebbe doverne congelare una parte (es. 1/5) in aggiunta a quanto già pignorato . Perciò anche i nuovi versamenti potrebbero non essere pienamente disponibili. In pratica, finché la situazione non si risolve, il conto va usato con prudenza. Molti debitori, per le spese correnti, preferiscono aprire un altro conto (magari intestato a un familiare) e far accreditare lì stipendio o denaro durante i mesi del pignoramento, per evitare che nuovi fondi confluiscano nel conto bloccato. È un escamotage lecito spostare l’accredito di entrate future su un conto non intestato al debitore (attenzione: se apri un nuovo conto a tuo nome, l’Agenzia può scoprirlo e pignorare anche quello!). Quindi, usare la parte non bloccata è possibile, ma servono coordinazione con la banca e pianificazione delle proprie finanze su eventuali conti alternativi.

D: L’Agenzia delle Entrate deve avvisarmi prima di pignorare il conto? Io non ho ricevuto nessun preavviso!
R: Dipende. La legge prevede un avviso chiamato intimazione di pagamento solo in certi casi: se tra la notifica della cartella di pagamento e l’avvio dell’esecuzione (pignoramento) passa oltre un anno, allora sì, devono mandarti un’intimazione almeno 30 giorni prima . Se non lo fanno, il pignoramento è viziato e puoi farlo annullare . Invece, se la cartella era stata notificata da meno di un anno, non c’è obbligo di ulteriori avvisi: lo scadere dei 60 giorni dalla cartella è già un “preavviso” sufficiente. Molto spesso, però, l’Agenzia invia comunque un sollecito o un preavviso informale (tipo “le comunichiamo che, persistendo il mancato pagamento, attiveremo procedure esecutive”). Tali preavvisi non sono obbligatori per legge (tranne che per il fermo amministrativo auto e l’ipoteca dove ci sono norme ad hoc), ma l’Agenzia li usa come prassi. Nel tuo caso specifico, chiediti: hai ricevuto regolarmente la cartella o l’accertamento esecutivo iniziale? Quello è il vero preavviso: se quella notifica mancava, il pignoramento è contestabile. Se c’era (magari tempo fa) e tu l’hai ignorata, purtroppo non serve un ulteriore avviso (salvo appunto l’intimazione se è passato molto tempo). In sintesi: ti devono avvisare con la cartella e, se è passato molto tempo, con l’intimazione; non è invece previsto che ti avvisino pochi giorni prima del blocco conto (il pignoramento stesso funge da avviso finale). Se ritieni di non aver avuto gli atti dovuti, puoi far valere la cosa legalmente (per esempio, “mai ricevuto la cartella: pignoramento nullo per difetto di titolo” oppure “cartella del 2019 e pignoramento ora senza intimazione: nullo”).

D: Il mio conto corrente è cointestato con mio marito che non c’entra nulla: bloccheranno tutto il conto? Possiamo difenderci?
R: In un conto cointestato, formalmente il pignoramento colpisce la quota parte del debitore. Per legge l’Agenzia delle Entrate non potrebbe prendere più di quanto spettante al debitore nel conto . Se siete intestatari in due, si presume che metà saldo sia del debitore e metà dell’altro coniuge . Quindi dovrebbero limitarsi a quella metà. Tuttavia, in pratica la banca inizialmente congela l’intero saldo, perché non è in grado di separare le quote sul momento. Questo causa un disagio all’altro cointestatario, che vede bloccati anche soldi suoi. Il coniuge non debitore ha però strumenti di tutela: – Va notificato anche a lui l’atto (un avviso ex art. 180 disp. att. c.p.c.), informandolo del pignoramento . Se non l’ha ricevuto, già questo è un’irregolarità. – Può presentare un’istanza al giudice dell’esecuzione per sbloccare la sua parte, o un’opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.) sostenendo che i soldi sul conto sono in tutto o in gran parte di sua esclusiva proprietà. Dovrà provare ad esempio che sul conto confluiscono solo i suoi redditi, che il coniuge debitore non vi versa nulla, ecc. Se ci riesce, il giudice limiterà il pignoramento solo a una piccola quota e libererà il resto . Se non ci sono prove forti, il giudice di solito applicherà la regola 50/50: assegnerà metà al creditore e lascerà metà libera all’estraneo . – In attesa del giudice, potete anche chiedere all’Agenzia delle Entrate di sospendere volontariamente il pignoramento oltre la quota 50%, ma difficilmente lo faranno senza ordine del giudice.

Quindi, nel breve termine, purtroppo è probabile che tutto il conto risulti congelato. Bisogna agire prontamente: coinvolgere un avvocato per depositare un’istanza di intervento/opposizione in tribunale spiegando la situazione. I tribunali tendono a tutelare il cointestatario estraneo quando è evidente la sproporzione (ad es., conto intestato a madre e figlio, tutti i soldi provenienti dallo stipendio della madre – non è giusto bloccarli interamente per debiti del figlio). Ci sono decisioni in cui i giudici hanno liberato almeno il 50% alla moglie/marito non debitore e imposto alla banca di sbloccare quelle somme . Inoltre, il cointestatario può cercare di aprire un nuovo conto solo a suo nome e spostare lì eventuali nuovi accrediti (stipendio del coniuge non debitore, ecc.) per non rischiare ulteriori blocchi.

In sintesi: sì, inizialmente vi troverete il conto comune bloccato interamente, ma avete il diritto di far valere la vostra posizione e di ottenere lo sblocco della quota non del debitore. Serve però un intervento del tribunale (o un accordo se l’Agenzia collaborasse, ma di solito si preferisce l’autorità del giudice). Vi conviene coordinare le azioni tra debitore e coniuge: l’uno magari rateizza o tratta per risolvere il debito, l’altro fa opposizione per liberare le proprie somme.

D: Sul mio conto bloccato c’era solo metà del debito richiesto. Hanno preso tutto quel che c’era: ora il pignoramento finisce? E per il resto del debito?
R: Se sul conto c’erano meno soldi del dovuto, l’Agenzia delle Entrate si accontenterà di quelli – ovviamente in acconto del tuo debito. In pratica la banca, trascorsi i 60 giorni, ha trasferito l’intero saldo bloccato (che era inferiore all’importo richiesto) . Il pignoramento su quel conto si chiude lì, perché la banca non ha altre somme da dare (non può dare ciò che non c’è). Dunque il conto viene sbloccato formalmente dopo il prelievo, e potrai tornare a usarlo (anche se magari rimasto quasi vuoto). Tuttavia, il debito residuo con il Fisco rimane pendente per la parte non soddisfatta. L’Agente della Riscossione potrà quindi intraprendere altre azioni esecutive per recuperare il restante: ad esempio, pignorare un tuo eventuale stipendio, o pignorare un altro conto corrente dove dovesse affluire del denaro in futuro, o iscrivere ipoteca su un immobile se ne hai. Non è automatico che lo faccia subito, ma il rischio c’è. Spesso, se trovano poco sul conto, successivamente tentano con un pignoramento presso il datore di lavoro/pensione, che garantisce un flusso mensile.

Quindi, riassumendo: sì, il pignoramento sul quel conto specifico termina (perché è esaurito), ma no, il tuo problema non è risolto, resta debitore per la differenza. Ti conviene anzi agire proattivamente: contattare l’Agenzia e magari chiedere una rateizzazione per il residuo, prima che avviino altro. Per esempio, se il debito era 10.000 € e sul conto c’erano 3.000 € che hanno preso, resta un debito di 7.000 €. Potresti rateizzare questi 7.000 € in 18 rate, così eviti altri blocchi. Se non fai nulla, in qualunque momento potrebbero bloccarti un altro conto dove arrivi nuova liquidità. La buona notizia è che, dopo aver preso quel che c’era, il conto torna operativo: se ci verserai nuovi fondi dopo la chiusura formale di quel pignoramento, essi non saranno automaticamente catturati (a meno che l’Agenzia notifichi un nuovo atto). C’è da dire che l’atto di pignoramento originario potrebbe contenere la formula “…e alle rispettive scadenze per le restanti somme” , che può far pensare a un vincolo anche sugli accrediti futuri entro i 60 giorni. Ma se il conto era a zero e arriva denaro dopo i 60 giorni senza che abbiano rinnovato il pignoramento, quei nuovi fondi dovrebbero essere liberi. In pratica, comunque, l’Agenzia se vuole quei soldi successivi ti rifarà una notifica (oppure più facile pignora stipendio alla fonte).

Conclusione: se hanno preso tutto quel che c’era, il conto viene liberato subito dopo, ma hai ancora un debito. Per evitare di vedere magari tra qualche mese di nuovo il conto bloccato (quando lo rivedono capiente), conviene cercare un accordo (rate) o pagare il residuo.

D: Sul conto bloccato mi arriva solo lo stipendio. Rischio di rimanere senza un euro per vivere?
R: La legge cerca di evitare questo scenario. Se il tuo stipendio è accreditato sul conto corrente e questo conto viene pignorato, hai due livelli di tutela: 1. L’ultimo stipendio ricevuto non si tocca: come spiegato, l’ultimo accredito da lavoro/pensione rimane sempre disponibile per il debitore . Quindi almeno uno stipendio mensile dovresti poterlo usare interamente. 2. Gli stipendi precedenti sul conto godono della soglia del triplo assegno sociale: sul conto devono lasciarti almeno circa 1.616 € (nel 2025) se ci sono depositi da lavoro . Ad esempio, se avevi accumulato 4 stipendi da 1.200 € ciascuno (4.800 € totali) prima del pignoramento, la banca dovrebbe bloccare solo la parte eccedente ~1.616 €, quindi circa 3.184 € e lasciarti libero il resto. 3. Gli stipendi futuri (accreditati dopo il pignoramento): su quelli la banca potrebbe trattenere solo una parte. Nella prassi, l’Agenzia delle Entrate, se vuole agire sullo stipendio, preferisce pignorarlo presso il datore, in modo da prendere direttamente la quota mensile; se invece lo stipendio continua ad affluire sul conto pignorato, la banca dovrebbe ogni volta lasciarti 4/5 e vincolare 1/5 (essendo equiparato a un nuovo credito maturato dopo la notifica) . In più, comunque, l’ultimo stipendio resta intoccabile ogni mese (questo è un punto non testato fino in fondo: l’interpretazione di 72-ter c.2-bis suggerisce che ogni nuovo stipendio quando arriva sia l’“ultimo” e quindi libero, ma probabilmente si applica solo al primo al momento del pignoramento; i successivi seguono la regola del quinto).

In pratica, non dovresti ritrovarti con zero euro: la banca e l’Agente della Riscossione devono rispettare quei limiti. Certo, magari ti lasciano i minimi vitali. Se invece noti che ti hanno bloccato l’intero stipendio e non rispettano il triplo dell’assegno sociale, puoi farlo presente tramite un ricorso al giudice perché quel pignoramento è inefficace sulla parte eccedente i limiti . A volte c’è confusione su come applicare la norma: alcuni istituti lasciano intatto solo l’ultimo stipendio e non considerano il triplo, altri viceversa. In ogni caso, tu hai diritto a mantenere almeno l’equivalente di tre stipendi base come cuscinetto. Se questo non è avvenuto, consigliati con un legale: con un’istanza al giudice si può ottenere la liberazione della somma impignorabile.

In prospettiva, se lo stipendio è la tua unica entrata e il debito è grosso, forse subire il pignoramento in busta paga sarebbe meno penalizzante (perché ti trattengono solo 1/10–1/5 a seconda dell’importo e il resto ti arriva pulito). Potresti suggerire informalmente all’Agente: “sbloccate il conto e fate pignoramento presso datore, così almeno continuo a vivere”. Ma non esiste un obbligo per loro di farlo. A te invece conviene magari spostare l’accredito dello stipendio su un altro conto (di un familiare) per un po’, in attesa di risolvere il pignoramento in corso (pagando o rateizzando), perché così i nuovi stipendi non passano sul conto bloccato e li hai disponibili per intero. Attenzione: questa mossa è borderline (non è illegale farsi accreditare stipendio altrove, è una scelta tua; ma se lo fai dopo la notifica di pignoramento, l’Agenzia potrebbe accorgersene e pignorare quel conto terzo sostenendo che lo stipendio è comunque tuo. Diciamo che se il conto è intestato a tua moglie e lei li preleva subito, è difficile, ma teoricamente il creditore potrebbe estendere il pignoramento allo stipendio presso datore, che rimane sempre pignorabile).

In conclusione: no, non rimarrai a secco totale perché la legge prevede soglie di impignorabilità su stipendi e pensioni proprio per garantirti la sopravvivenza . Se ciò accade de facto, puoi reagire legalmente. E per sicurezza, puoi organizzare diversamente i futuri incassi finché non risolvi il problema.

D: Non posso permettermi di pagare ora. Posso almeno “guadagnare tempo” per non far prendere i soldi dal conto subito?
R: Sì, ci sono modi per prendere tempo legalmente. Lo scopo è evitare che allo scadere dei 60 giorni la banca versi i soldi. Ecco alcune mosse: – Chiedere la rateizzazione: Come detto, se presenti domanda di dilazione e paghi la prima rata, l’esecuzione viene sospesa . Questo congela la situazione ed evita l’esborso immediato. Ti dà tempo (anche anni) per pagare a rate. È il modo migliore di guadagnare tempo in modo “strutturato”, perché è riconosciuto dalla legge. – Presentare opposizione con richiesta di sospensione: Se c’è un motivo valido di opposizione, depositi il ricorso in tribunale o in commissione tributaria e chiedi la sospensione. Se il giudice la concede, il pignoramento viene bloccato in attesa della sentenza . Questo può darti molti mesi di respiro, a volte anni (finché la causa non si chiude), con il conto sbloccato durante quel periodo. Naturalmente devi avere un argomento giuridico, non si può fare opposizione solo per dilatare i tempi: se è pretestuosa, il giudice potrebbe non sospendere e poi rigettarla condannandoti a spese. – Istanze in autotutela: come detto, puoi chiedere all’AER la sospensione amministrativa per verifiche. Anche se non c’è risposta immediata, l’Agenzia di solito, per prassi interna, accantona la procedura in attesa di esito se la domanda appare plausibile. Ciò potrebbe far slittare il loro intervento. Però non è garantito: se l’istanza appare infondata, possono ignorarla e andare avanti. – Accordo temporaneo con la banca: in alcuni casi, se avvisi la tua filiale che stai avviando un’opposizione o una rateizzazione, la banca potrebbe essere cauta e non trasferire subito (anche perché comunque 60 giorni li deve attendere). Però dopo 60 giorni è obbligata per legge a pagare l’Agenzia se non ha ricevuto notizie contrarie. Solo se le notifichi una sospensione del tribunale o la rinuncia del creditore, potrà trattenere oltre.

Di per sé, depositare un’opposizione in Tribunale non congela automaticamente la procedura: serve proprio l’ordinanza di sospensione. Quindi, “fare causa” senza ottenere la sospensione non serve a guadagnare tempo, il pignoramento andrebbe avanti lo stesso (e semmai poi, a distanza di tempo, se vinci avrai un rimborso). Quindi per dilazionare devi ottenere formalmente un qualche status che blocchi l’assegnazione. Rateizzare è il più concreto, sospensione giudiziale l’altro. In mancanza, l’unico modo di guadagnare un po’ di tempo è chiedere una proroga all’Agenzia, ma non è prevista formalmente. A volte, se sanno che stai vendendo un bene per pagare, possono concordare di aspettare l’esito prima di procedere, ma è tutto discrezionale e rischioso. Diciamo che 60 giorni è già un termine fissato dalla legge, non prorogabile se non con atti precisi.

Quindi, se non hai soldi ora ma prevedi di averli tra qualche mese (o vuoi comunque evitare l’esborso immediato sperando in soluzioni), la rateizzazione è la via meno conflittuale. Ti consente di versare ad esempio solo il 5% ora (prima rata) e spostare più in là gli altri pagamenti, mantenendo nel frattempo libero il conto. Poi se le cose migliorano puoi anche estinguere prima il piano. Attento solo a non usare questi strumenti in malafede: se rateizzi solo per sbloccare il conto e poi non paghi le rate, dopo un po’ la dilazione decade e l’Agenzia riprenderà da dove si era fermata, magari con meno pazienza di prima.

D: Ho altre proprietà (ad es. un’auto, una casa). Possono toccare anche quelle oltre al conto?
R: Sì, se il tuo debito non si estingue con il pignoramento del conto, l’Agenzia delle Entrate può attivare altre misure di riscossione sui tuoi beni: – Fermo amministrativo di veicoli: per debiti iscritti a ruolo sopra ~€1.000 possono iscrivere un fermo sul tuo autoveicolo/motoveicolo, impedendoti di usarlo legalmente (non è un blocco fisico ma una preclusione alla circolazione). Devono inviarti un preavviso di fermo 30 gg prima. Questo non recupera denaro direttamente, ma fa pressione. – Pignoramento immobiliare: se hai case o terreni e il debito supera 20.000 € (soglia per iscrivere ipoteca) e 120.000 € (soglia per espropriare l’abitazione non di lusso), possono ipotecare l’immobile e, in casi estremi, procedere con l’esecuzione forzata immobiliare (vendita all’asta). Per l’immobile che è prima casa adibita a tuo domicilio, la legge vieta l’esproprio se il debito è sotto 120.000 €; oltre, è possibile rispettando procedure. – Pignoramento presso terzi su altri crediti: ad esempio, possono pignorare stipendi, pensioni (con i limiti visti), affitti che percepisci, crediti verso clienti se sei imprenditore, conto correnti aggiuntivi, depositi titoli, etc.

Non è detto che useranno tutti questi mezzi, spesso scelgono i più efficaci/celeri. Ad esempio, dopo il conto potrebbero passare allo stipendio, come già ipotizzato. Oppure se sanno che sei proprietario di un immobile di valore, ipotecano quello come garanzia. Va detto che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha delle linee guida interne su come procedere: tipicamente partono da azioni meno invasive (solleciti, fermi auto) e poi più forti (conti, stipendi) e solo per debiti grandi su immobili. Quindi valutano costi/benefici. Ad esempio, non venderanno mai la casa per 5.000 € di debito, ma per 200.000 € forse sì se non trovano altro.

In sintesi, sì, l’intero tuo patrimonio è teoricamente aggredibile entro i limiti di legge. Finché c’è un debito, se il conto non ha coperto tutto, tieni presente che altre proprietà possono essere colpite. Perciò è meglio risolvere il debito (con rate o rottamazione) prima che si allarghi la “guerra” anche ad altri beni, il che complicherebbe ancora di più la tua situazione finanziaria.

D: Serve un avvocato per gestire queste soluzioni? Posso fare da solo?
R: Dipende dalla soluzione: – Pagamento immediato: non serve avvocato; puoi pagare da te utilizzando i bollettini e poi informare la banca. Magari un consulente può accertarsi che pagando tot chiudi tutto, ma non è strettamente necessario. – Rateizzazione/rottamazione: tecnicamente puoi fare domanda online da solo (il sito AER è abbastanza user-friendly). Però può esserti utile confrontarti con un professionista per scegliere il piano migliore e capire gli importi. In generale, per chiedere la dilazione o aderire a rottamazione non è obbligatorio un legale, lo fanno i contribuenti autonomamente di solito. L’importante è rispettare i tempi e le modalità (c’è modulistica sul sito ufficiale). – Opposizioni giudiziarie: qui la faccenda cambia. Sì, serve un avvocato abilitato, perché devi presentare ricorso in tribunale o in commissione tributaria con motivazioni giuridiche. Non è fattibile da soli (anche perché in Tribunale l’assistenza legale è obbligatoria, salvo cause di valore bassissimo che non è questo caso). Un bravo avvocato, meglio se esperto di esecuzioni o tributario, può individuare subito i punti deboli dell’atto di pignoramento e proporti un’azione mirata . Inoltre curerà la richiesta di sospensione e gli adempimenti processuali. Agire in proprio sarebbe quasi impossibile qui: rischieresti di sbagliare forma o termini e perdere la chance.

  • Intervento del contitolare estraneo: anche per l’opposizione di terzo o l’intervento, serve il legale (il contitolare non può da solo difendersi efficacemente, dovrebbe scrivere atti tecnici).

Dunque, se decidi di non pagare e di percorrere la via legale, mettiti nelle mani di un professionista. Se invece decidi di pagare o rateizzare, puoi anche farne a meno e gestire tu direttamente col Fisco e la banca (anche se un consulto per essere certo di fare tutto bene può essere consigliabile).

In ogni caso, considerato che qui parliamo di norme e sentenze complesse, è sempre una buona idea almeno una consulenza con un avvocato o un esperto tributario per valutare la tua situazione. La spesa del legale potrebbe valerne la pena se c’è in gioco la possibilità di risparmi significativi (ad es. far saltare un pignoramento viziato da 20k €). In altri casi, se devi “solo” rateizzare 5k, magari no, puoi farlo da te.

D: Il pignoramento sul conto può comparire in qualche “lista cattivi pagatori” o risultare dal mio conto in futuro?
R: Non esattamente. Il pignoramento in sé non è registrato in centrali rischi finanziarie (quelle raccolgono dati su prestiti bancari insoluti, assegni protestati, etc., non su esecuzioni fiscali). Tuttavia, se il tuo conto è stato bloccato, la banca ovviamente lo sa e internamente potrebbe considerare la cosa nel valutare l’affidabilità (ad es. difficilmente ti concederebbero un nuovo fido in quella situazione). Ma non c’è una “black list pubblica” dei conti pignorati. D’altra parte, i debiti erariali se grossi potrebbero emergere in altre forme: ad esempio, se hai un’ipoteca per debiti fiscali, quella è pubblica nei registri immobiliari, o un fermo auto appare nel PRA. Ma il singolo atto di pignoramento conto non è pubblico. Tieni però presente che il Fisco condivide i dati con altre PA: se un giorno chiedi un rimborso fiscale o partecipi a un appalto, quei debiti potrebbero venire fuori. E anche sul c/c, se in futuro chiedi un mutuo, la banca nelle analisi reddituali potrebbe accorgersi che hai avuto questioni col fisco (magari guardando estratti conto, movimenti insoliti, ecc.). In sintesi, non c’è un registro ufficiale di pignoramenti conto consultabile da banche o finanziarie. Il segreto bancario fa sì che solo tu, la banca e il creditore sappiate dell’evento. Però gli effetti indiretti (conto azzerato, eventuali proteste se non paghi rate, ecc.) potrebbero riflettersi sulla tua reputazione finanziaria in altri modi.

D: Cosa succede se il debitore muore mentre il conto è pignorato?
R: In caso di decesso del debitore, la procedura esecutiva subisce una battuta d’arresto perché subentrano gli eredi. Tecnicamente, la morte del debitore prima dell’assegnazione delle somme comporta che il processo esecutivo debba proseguire nei confronti degli eredi (se accettano l’eredità). La banca di solito, venuta a conoscenza del decesso, blocca comunque il conto in attesa delle pratiche successorie (lo fa a prescindere dal pignoramento, per legge i conti di un defunto vengono congelati e poi suddivisi fra gli eredi). Quindi il conto resterebbe bloccato, ma per ragioni successorie. L’Agenzia delle Entrate non può incassare in automatico: deve notificare l’atto agli eredi e proseguire con loro. Gli eredi hanno la facoltà di rinunciare all’eredità (e allora il Fisco non può più prendere da quel conto perché non entra in loro possesso) oppure di accettarla e allora dovranno farsi carico del debito (nei limiti dell’eredità). In pratica, se il debitore muore: – Se gli eredi accettano, l’esecuzione riprende contro di loro. Il giudice potrebbe autorizzare l’assegnazione delle somme già pignorate comunque al creditore, decurtandole dall’asse ereditario. – Se rinunciano, il conto (intestato al de cuius) diventa vacante e poi spetterà eventualmente allo Stato dopo la procedura di giacenza ereditaria. In tal caso il Fisco non può più prendere attraverso quell’esecuzione (perché non c’è più un soggetto debitore). L’Agenzia semmai dovrà insinuarsi nella procedura di eredità giacente, ma è complesso.

Per farla semplice: se un debitore muore durante l’esecuzione, di solito il creditore chiederà al giudice di dichiarare l’interruzione della procedura e poi la continuerà nei confronti degli eredi (notificando a loro un atto di pignoramento magari su quel conto o su altri beni ereditari, se hanno accettato l’eredità). Quanto al conto bloccato, resterà congelato fino alla definizione dell’eredità, indipendentemente dal pignoramento, perché è prassi bancaria. Soltanto quando un erede sarà riconosciuto, potrà prendere i soldi – ma se nel frattempo l’Agenzia avrà notificato un nuovo atto, quei soldi potrebbero essere dirottati al debito prima di essere distribuiti.

Quindi, situazione intricata: per l’erede, se vuole quei soldi, deve pagare il debito o transare, oppure rinunciare a tutto e lasciare perdere. Per l’Agenzia, la morte non estingue il diritto di credito ma lo rende un po’ più lento da riscuotere. In definitiva, il blocco del conto non si risolve certo con la morte, anzi si complica con l’iter successorio.

D: Qual è, in poche parole, il modo più veloce per uscire da questa situazione e riavere accesso ai miei soldi?
R: Pagarli o far capire che li pagherai presto. Per quanto possa suonare scontato, l’esperienza insegna: la maniera più rapida è trovare le risorse (tue o di terzi) e pagare integralmente il dovuto . Nel giro di pochi giorni avrai il conto sbloccato. Se ciò non è possibile, la seconda opzione in ordine di velocità è chiedere una rateizzazione immediata e versare la prima rata : spesso entro 2-3 settimane il conto viene liberato. In parallelo, se ravvisi un errore grossolano nel pignoramento (tipo niente intimazione in un anno), presentare un’opposizione con richiesta di sospensione può dare risultati in tempi relativamente brevi (un giudice può sospendere nel giro di qualche settimana) , ma sappi che è più incerto e richiede l’azione di un avvocato. In mancanza di queste, direi: contatta l’Agenzia e cerca un accordo formale (che di fatto sarà una dilazione, perché altre forme non ne fanno) per regolarizzare. Qualunque segnale di soluzione convincerà l’Agenzia a mollare la presa sul conto. Se invece resti fermo sperando che lascino perdere, tra 60 giorni prenderanno i soldi. Quindi: la via più veloce è paga e chiudi, la via “abbastanza veloce” è rateizza e paga poco per ora, la via legale può essere veloce se il giudice collabora ma è una scommessa. Pertanto, valuta le tue disponibilità e decidi in fretta il da farsi nei primi giorni, perché il tempo in queste procedure è cruciale.

Tabelle riepilogative

Di seguito alcune tabelle riassuntive per fissare i punti salienti emersi:

Tabella 1: Limiti di pignorabilità di stipendi e pensioni (principali casi)

SituazioneQuota pignorabile dal creditore (massimo)Riferimenti normativi
Stipendio pignorato presso il datore di lavoro (creditore ordinario)1/5 dello stipendio netto (20%). Esempio: 20% trattenuto in busta paga, 80% resta al debitore.Art. 545, co.4 c.p.c.
Stipendio pignorato presso datore (Agenzia Entrate-Riscossione)1/10 per stipendi netti fino ~€2.500; 1/7 per stipendi €2.500–5.000; 1/5 per stipendi sopra €5.000 . (In ogni caso non oltre il quinto se alto).Art. 72-ter DPR 602/73 (co.1)
Pensione pignorata presso ente pensionisticoImporto impignorabile fino a 1,5× assegno sociale (€~808) = ~€1.212 intoccabili. Oltre tale soglia, pignorabile 1/5 sulla parte eccedente .Art. 545, co.7 c.p.c.
Stipendio già accreditato sul conto (prima del pignoramento)Impignorabile fino a 3× assegno sociale (circa €1.616); solo l’eventuale eccedenza è pignorabile .Art. 545, co.8 c.p.c.
Pensione già accreditata sul conto (prima del pignoramento)Idem come stipendio: parte eccedente 3× assegno sociale pignorabile, ma prima applicare la soglia doppio assegno sul rateo di pensione se non separato. (In pratica, nei conti, vale sempre soglia triplo assegno sociale per saldo).Art. 545, co.8 c.p.c.
Stipendio/Pensione accreditati dopo la notifica di pignoramento sul contoPignorabili entro i limiti ordinari: es. 1/5 dello stipendio accreditato (il resto rimane disponibile). Se creditore è AER: secondo fasce (1/10, 1/7, 1/5) su ciascun nuovo accredito .Art. 545, co.8 c.p.c.; Art. 72-ter co.1 DPR 602/73
Ultima mensilità di stipendio o pensione accreditata (al momento del pignoramento)Impignorabile al 100% – rimane sempre disponibile per il debitore .Art. 72-ter, co.2-bis DPR 602/73

Note: gli importi in € sono indicativi per il 2025 (assegno sociale ~€538). I limiti si applicano cumulativamente: es., se su conto ci sono €3.000 di stipendi arretrati, €1.616 non si toccano e dell’eccedenza €1.384 se ne può pignorare max 1/5 se arriva dopo notifica. Pignoramenti in violazione di questi limiti sono parzialmente inefficaci .

Tabella 2: Opzioni per sbloccare un conto corrente pignorato – confronto

SoluzioneDescrizione e proceduraTempi per sbloccoVantaggiSvantaggi / Rischi
Pagamento integralePagare tutto il debito (imposte, sanzioni, interessi, aggio) in un’unica soluzione direttamente all’AER . Dopo il pagamento, l’Agenzia rilascia assenso alla banca per lo sblocco.Rapidi (qualche giorno – 1 settimana circa per formalità)– Risoluzione totale del problema<br>– Sblocco pressoché immediato del conto <br>– Niente più azioni esecutive per quel debito– Richiede liquidità completa subito<br>– Nessuno sconto su sanzioni/interessi<br>– Se il debito era contestabile, pagando si riconosce implicitamente (niente rivalse dopo)
RateizzazioneRichiedere dilazione (piano fino 72-120 rate secondo importo). Si presenta istanza (online/PEC) e si paga la prima rata dopo concessione . Ciò sospende il pignoramento.Abbastanza rapidi (15-30 giorni per ottenere piano e pagare 1ª rata)– Sospende immediatamente l’esecuzione (conto sbloccato dopo prima rata)<br>– Permette pagamento graduale (fino a 6-10 anni)<br>– Nessuna necessità di giudice, procedura amministrativa semplice– Debito da pagare per intero (no riduzioni)<br>– Impegno a lungo termine: se salti rate, il pignoramento può riprendere<br>– Devono maturare interessi di dilazione sulle rate
Definizione agevolata<br>(Rottamazione, saldo e stralcio)Aderire a legge di “pace fiscale” se vigente (es. rottamazione-quater 2023). Si presenta domanda entro termini di legge e si pagano le rate agevolate (solo tributi, no sanzioni, interessi) . L’adesione sospende le procedure in corso .Variabile (dipende da scadenze di legge: sospensione immediata, ma sblocco definitivo solo dopo pagamento prima rata o intero importo)– Riduzione significativa del debito (niente sanzioni e interessi di mora) <br>– Possibile pagamento a rate del dovuto agevolato<br>– Sospensione pignoramento per legge appena aderito (e confermata con pagamento prima rata)– Disponibile solo se il legislatore lo ha previsto (finestre temporali limitate)<br>– Se decade (mancato pagamento rate), il debito “revive” con importi originari e si riattiva il pignoramento<br>– Tempi di pagamento prefissati dalla norma (meno flessibili di una dilazione standard)
Opposizione legale<br>(ricorso a giudice)Impugnare il pignoramento dinanzi a giudice (Tribunale civile o Commissione tributaria a seconda dei motivi), chiedendo contestualmente sospensione dell’esecuzione . Esempi: vizio notifica, prescrizione, ecc. Se il giudice sospende, la banca sblocca il conto in attesa dell’esito . Se poi vince, pignoramento annullato in via definitiva; se perde, può riprendere.Tempistiche incerte:<br>– Sospensione: da pochi giorni a qualche mese (se concessa) <br>– Esito finale: alcuni mesi o anni (causa)– Utile se il debito non è dovuto o l’atto è nullo: si può evitare di pagare del tutto<br>– Se vizi accertati, conto liberato e somme restituite (se già prelevate) <br>– Può far valere diritti del debitore e contitolari (es. ultima mensilità, mancanza intimazione) in sede giudiziale, creando giurisprudenza– Necessario avvocato e costi legali<br>– Esito incerto; se il giudice non sospende, il conto resta bloccato fino all’esito e potresti comunque perdere i soldi nel frattempo<br>– Anche in caso di sospensione, le somme restano ferme finché la causa non si conclude (a meno di revoca anticipata del pignoramento da AER)<br>– Se l’opposizione viene rigettata, si perde tempo ed eventualmente si accumulano più interessi sul debito

Tabella 3: Documenti e atti principali nella procedura (sequenza)

Fase / AttoDescrizioneRuolo per lo sblocco
Cartella di pagamento (o Avviso esecutivo)Titolo esecutivo iniziale notificato al debitore. Intima pagamento entro 60 gg. Se non paghi, dopo questo l’AER può procedere.Se mai ricevuta (notifica nulla), pignoramento impugnabile. Se pagata in tempo, blocchi futuri evitati.
Intimazione di pagamento (art.50 DPR 602)Avviso inviato se >1 anno da cartella. Dai 5 gg per pagare prima di esecuzione.Obbligatorio se >1 anno. Mancata intimazione = motivo di opposizione (nullità pignoramento) .
Atto di pignoramento presso terzi (art.72-bis)Notificato a banca e debitore. Ordina alla banca di bloccare somme e pagare dopo 60 gg . Contiene dettagli di debito e importi.È l’atto che blocca il conto. Se contiene vizi formali (es. importi non chiari) può essere opposto . Serve per attivare soluzioni: es. con esso puoi chiedere rateizzazione del relativo debito, o fare opposizione.
60 giorni di attesaPeriodo in cui il denaro è vincolato. Il debitore può attivarsi (pagare, rateizzare, ricorrere). Se nulla accade, trascorso il termine…Finestra per agire e sbloccare prima che i soldi escano. Tutte le soluzioni vanno attivate in questo intervallo.
Atto di adesione a rateizzazione (o rottamazione)Provvedimento con cui AER accetta la domanda di dilazione o definizione agevolata.Va comunicato alla banca. Sospende il pignoramento. Con pagamento prima rata, comporta ordine di sblocco conto .
Ordinanza di sospensione (giudiziale)Provvedimento del giudice su ricorso del debitore/opponente, che sospende gli effetti esecutivi del pignoramento.Notificato alla banca, la obbliga a non trasferire somme e di solito a rendere operativi i fondi bloccati (fino a decisione finale) .
Pagamento e Rinuncia del creditore (AER)Se il debitore paga interamente, AER può formalizzare rinuncia all’esecuzione (nell’esecuzione esattoriale, pagamento = estinzione automatica) .La banca, ricevuta la comunicazione o verifica del pagamento, sblocca subito il conto.
Assegnazione delle sommeAtto finale: la banca versa i soldi all’Agenzia (senza giudice) decorso il termine .Punto di non ritorno: dopo, il denaro non è più sul conto. Se poi il debitore fa opposizione vincente, AER dovrà restituirlo, ma i tempi si allungano.
Chiusura del pignoramentoFine della procedura sul conto: può avvenire per pagamento, revoca/sospensione, o dopo l’assegnazione.Solo con chiusura ufficiale le somme residue vengono liberate. Se chiusura per pagamento, debito risolto; se chiusura per annullamento, debito in contestazione; se per assegnazione parziale, residuo debito rimane.

Queste tabelle riassumono gli aspetti centrali: i limiti di legge che proteggono stipendi/pensioni e conti cointestati, il confronto tra le possibili vie di azione per sbloccare il conto con i rispettivi pro e contro, e i passaggi procedurali chiave con la loro importanza ai fini dello sblocco.

Giunti al termine di questa guida, ribadiamo che ogni caso può presentare peculiarità e che il punto di vista del debitore dev’essere orientato alla tempestività e alla conoscenza dei propri diritti. Un conto corrente bloccato è un evento pesante, ma le soluzioni esistono: dal contattare subito l’Agenzia per un piano di pagamento, all’impugnare atti nulli, l’importante è non restare inerti. Con le informazioni e i riferimenti qui forniti, speriamo che i debitori possano affrontare con maggiore consapevolezza e decisione un pignoramento sul conto, minimizzandone le conseguenze e tornando quanto prima alla normalità finanziaria.

Segue una sezione con tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate, per approfondimento.

Fonti e riferimenti normativi

Normativa di legge (Italia):

  • D.P.R. 29 settembre 1973 n.602 – “Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito”. In particolare: art. 50 c.2 (intimazione ad adempiere dopo 1 anno) ; art. 72-bis (pignoramento diretto presso terzi da parte dell’Agente della riscossione) ; art. 72-ter (limiti a pignorabilità di stipendi/pensioni e conti cointestati in ambito esattoriale: ultimo stipendio impignorabile, rispetto quota contitolari) ; art. 72-ter co.1 (aliquote 1/10, 1/7, 1/5 su stipendi per AER) ; co.2-bis (ultimo stipendio/pensione non pignorabile su conto) .
  • Codice di procedura civile – Artt. 543–548 c.p.c. (pignoramento presso terzi, forma e udienza) ; art. 545 c.p.c. (limiti a pignorabilità crediti): co.7 (minimo vitale pensioni, impignorabilità fino a 1,5× assegno sociale) ; co.8 (somme da lavoro/pensione su conto: impignorabili fino a triplo assegno sociale, eccedenza pignorabile; accrediti successivi pignorati nei limiti ordinari) ; co.9 (pignoramenti oltre soglie inefficaci per l’eccedenza) ; art. 546 c.p.c. (obblighi del terzo: custodia somme entro importo precettato + margine) (come modif. da D.L.19/2024); art. 599 c.p.c. (pignoramento beni indivisi, notifica ad altri comproprietari) ; art. 180 disp. att. c.p.c. (modalità avviso a comproprietari entro 30 gg) ; art. 615 c.p.c. (opposizione all’esecuzione) ; art. 617 c.p.c. (opposizione agli atti esecutivi, entro 20 gg) ; art. 619 c.p.c. (opposizione di terzo) ; art. 624 c.p.c. (istanza di sospensione dell’esecuzione) .
  • Codice Civile – Art. 1854 c.c. (conto corrente cointestato a firme disgiunte: contitolari creditori/debitori solidali verso banca) ; art. 1298 c.c. c.2 (presunzione quote uguali tra contitolari salvo prova contraria) .
  • Legge 228/2012 (Stabilità 2013) – Art. 1, co.537 (procedure di sospensione su richiesta del contribuente per debiti già pagati/annullati – sospensione amministrativa AER entro 90+60 gg, oggi 220 gg). (Rif. introduttivo alla sospensione in autotutela).
  • Legge 197/2022 (Bilancio 2023) – Art. 1 commi 231-252 (Definizione agevolata “rottamazione-quater”: stralcio sanzioni e interessi cartelle 2000-2022, rate 18, sospensione esecuzioni pendenti) ; commi 222-229 (Stralcio automatico debiti ≤ €1.000 anni 2000-2015).
  • Decreto-legge 69/2013 (conv. L.98/2013) – Art. 52, co.1 lett. e) (modifica art.72-bis e 72-ter DPR 602/73 nel 2013: introdotti limiti stipendi e ultimo stipendio impignorabile) .
  • Decreto-legge 83/2015 (conv. L.132/2015) – Modifiche all’art. 545 c.p.c.: introdotto co.7 su impignorabilità pensioni minime ; co.8 su stipendi su conto (triplo assegno sociale esente) .
  • D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e insolvenza) – Artt. 268-277 (Procedure di composizione da sovraindebitamento del consumatore), art. 480 (esdebitazione). (Rif. per cenno a sovraindebitamento).
  • Legge 3/2012 – (Vecchia disciplina sovraindebitamento, abrogata dal 2022, per riferimento storico).
  • D.L. 19/2024 – (Decreto attuativo riforma processo esecutivo, in vigore 2024) ha modificato art.546 c.p.c. introducendo limiti importi da custodire (1000€, 1600€, +50%) per evitare blocchi eccessivi.

Giurisprudenza (Corte di Cassazione):

  • Cass., Sez. Unite, 29/01/2025 n. 2098: ha stabilito che le controversie sul pignoramento esattoriale appartengono alla giurisdizione tributaria quanto ai fatti incidenti sulla pretesa fiscale (es. mancata notifica cartella, prescrizione), mentre competono al giudice ordinario per i vizi formali dell’atto esecutivo . Conferma orientamenti SU 7822/2020 , SU 362/2023, SU 4227/2023, SU 16986/2022 sul criterio del petitum sostanziale.
  • Cass., Sez. III, 08/11/2017 n. 26519: (ordinanza) – In tema di pignoramento esattoriale ex art.72-bis, è nullo l’atto che non indica in modo dettagliato le cartelle e le somme dovute, impedendo al debitore di comprendere l’entità e la causa del credito, in violazione del diritto di difesa . Inoltre, qualifica l’atto di pignoramento AER come atto processuale di parte, non soggetto a obblighi di motivazione amministrativa .
  • Cass., Sez. VI-III, 08/11/2017 n. 26520: (ordinanza “gemella” di 26519, confermativa dei medesimi principi sul contenuto dell’atto).
  • Cass., Sez. III, 24/02/2017 n. 4801: (ordinanza) – Ha ribadito la natura speciale del pignoramento ex art.72-bis, che sostituisce la citazione ex art.543 c.p.c. con l’ordine al terzo di pagamento entro 60 gg . [Conferma legittimità costituzionale e iter senza giudice].
  • Cass., Sez. VI, 14/06/2018 n.15746:Omissione dell’intimazione di pagamento ex art.50 DPR 602 rende nullo il successivo pignoramento presso terzi. Conferma che l’avviso ex art.50 è condizione di procedibilità e la sua mancata notifica invalida l’azione esecutiva .
  • Cass., Sez. III, 11/05/2017 n.11452: – In linea con precedenti, su intimazione come atto necessario. (Citate in Trib. Roma 2025) .
  • Cass., Sez. VI, 27/06/2014 n.15315:Avviso di intimazione ex art.50 è condizione necessaria se >1 anno. (Cita la natura processuale dell’atto e conferma nullità pignoramento senza di esso) .
  • Cass., Sez. III, 09/11/2016 n.22993: – Idem, sull’intimazione come atto obbligatorio pre-esecuzione .
  • Cass., Sez. I, 17/10/2023 n. 28772:Conto cointestato tra coniugi: conferma che la contitolarità solidale verso la banca (art.1854 c.c.) fa presumere la comproprietà del saldo in parti uguali tra i coniugi, salvo prova contraria . Nega pretese restitutorie interne in quel caso, evidenziando la solidarietà attiva/passiva.
  • Cass., Sez. II, 23/02/2021 n. 4838:Principio: la cointestazione di un c/c fa presumere la contitolarità in parti uguali, presunzione iuris tantum superabile con prova contraria (onere a carico di chi allega diversa proprietà) .
  • Cass., Sez. III, 24/02/2010 n. 4496: – Opposizione di terzo: onere del terzo di provare la proprietà esclusiva dei beni pignorati; sui conti cointestati richiama art.1854 c.c. (solidarietà attiva) e la presunzione di parti eguali.
  • Cass., Sez. III, 28/11/2008 n. 28839 & Cass., 27/09/2006 n.19309: – Precedenti che delineavano già la presunzione 50/50 sui conti cointestati e l’inversione dell’onere della prova a carico del contitolare non debitore (spesso in contesti di separazione coniugale e conti comuni).
  • Cass., Sez. Unite, 18/07/2019 n.19428: – (in tema di pignoramento immobiliare di bene in comproprietà) ha affermato che la mancata notifica dell’avviso ai comproprietari ex art.599-600 c.p.c. rende improcedibile l’esecuzione per vizio nel contraddittorio. Principio applicabile per analogia anche ai conti cointestati (notifica al cointestatario estraneo necessaria) .
  • Corte Costituzionale, ord. 28/11/2008 n.393: – Ha dichiarato infondate le questioni di legittimità sull’art.72-bis DPR 602/73 sollevate per mancanza di intervento del giudice, ritenendo la norma costituzionalmente legittima (favor creditoris giustificato dalla natura del credito erariale) .

Giurisprudenza di merito e prassi:

  • Tribunale di Roma, Sez. III Civ., 25/07/2025 (sent. n.38817/2018 R.G.) – Ha accolto l’opposizione ex art.617 c.p.c. dichiarando la nullità derivata del pignoramento per omessa notifica dell’intimazione ex art.50 DPR 602/73 . Richiama consolidata giurisprudenza Cassazione (Cass.15746/2018, Cass.11452/2017) sul fatto che l’avviso ex art.50 è atto obbligatorio e la sua mancanza invalida l’intera esecuzione . Inoltre ribadisce che l’atto di pignoramento ex 72-bis è atto processuale di parte (no obbligo motivazione) . Ha condannato AER alle spese, confermando la tutela del contribuente su rispetto sequenza procedurale .
  • Tribunale di Lecco, 22/03/2023 n.162/2023: Caso conto cointestato madre-figlio; la madre opponente (terzo) ex art.619 c.p.c. sosteneva che tutte le somme erano sue. Il Tribunale ha ritenuto presunta contitolarità 50/50 e, non avendo la madre provato esclusiva proprietà, ha confermato il pignoramento della quota del 50% (rigettando l’opposizione) . Si deduce che l’ordinanza di assegnazione fu di metà saldo al creditore. (Fonte: sintesi da Diritto Pratico).
  • Tribunale di Marsala, 25/03/2025 n.172/2025: Conto cointestato coniugi; la moglie (estranea al debito) ha provato che il conto era alimentato quasi solo da redditi della sua attività. Il Tribunale ha riconosciuto la prevalente proprietà delle somme in capo a lei, disponendo che solo una frazione minoritaria del saldo fosse assegnata al creditore e liberando il resto a favore della moglie . Conferma approccio sostanzialistico: indagine sulla effettiva titolarità delle somme prevale sulla presunzione 50/50 quando prove lo dimostrano.
  • Arbitro Bancario Finanziario (ABF), dec. n.8227/2015 (Collegio di Coordinamento): – Ha affermato che quando somme confluiscono su conto cointestato c’è commistione patrimoniale e la banca, come terzo pignorato, non può autonomamente distinguere le quote: deve eseguire il pignoramento sull’intero saldo, e sarà poi il giudice a regolare ripartizione e tutela del contitolare estraneo (anche tramite opposizione di terzo ex art.619 c.p.c. o azione di ripetizione a posteriori). Inoltre l’ABF ha stabilito che la banca ha l’obbligo di informare il cointestatario estraneo se blocca l’intero saldo, per consentirgli di intervenire; tale obbligo discende dai doveri di correttezza (art.1375 c.c.) e diligenza professionale (art.1176 c.c.) .
  • ABF, dec. nn.3137/2013 e 5398/2013 (Collegio Milano): – Ribadiscono il principio che il pignoramento di somme su conto cointestato debitore+terzo non può riguardare l’intero ammontare, dovendosi presumere la contitolarità e quindi limitare alla quota del debitore . Se la banca blocca tutto, il contitolare può agire per riavere la sua parte.
  • Equitalia (AER) – Linee guida interne: (non pubbliche, dedotte) – In tema di sequenza: invio solleciti, utilizzo anagrafe conti, rispetto soglie minime (importi piccoli spesso no pignoramenti su conto, si predilige fermo amministrativo), etc. Fonti: siti specialistici e circolari AER (es. circ. Equitalia n.105/2016 su sgravi, ecc.). (Citazione generale di prassi).
  • Documenti ufficiali AER: “La rateizzazione dal 1° gennaio 2025” – guida sul sito AER (spiega nuove soglie: richieste 2025-26 fino 120 rate, 2027-28 fino 120, ecc.) ; Guida AER sulla rottamazione-quater 2023 (FAQ sospensione procedure).

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In questa guida ti spiego perché l’Agenzia delle Entrate può bloccare un conto, cosa succede dopo il blocco, e come ottenere lo sblocco immediato o la sospensione del provvedimento.


💥 Cosa significa “conto corrente bloccato dall’Agenzia delle Entrate”

Il blocco del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione è una misura esecutiva prevista dal D.P.R. 602/1973.
Serve a recuperare i crediti fiscali non pagati (cartelle esattoriali, multe, imposte, contributi, ecc.) attraverso il cosiddetto pignoramento presso terzi.

📌 In pratica, l’Agenzia invia alla banca un ordine di congelare le somme presenti sul tuo conto fino a copertura del debito indicato.
Da quel momento, non puoi più disporre liberamente dei tuoi soldi finché non intervieni legalmente.


⚖️ Quando l’Agenzia delle Entrate può bloccare il conto

Il blocco è legittimo solo se esiste un titolo esecutivo valido e regolarmente notificato.
Può trattarsi di:

  • una cartella esattoriale regolarmente notificata;
  • un avviso di addebito INPS;
  • un avviso di accertamento esecutivo;
  • un ingiunzione fiscale emessa da un ente locale.

📌 Se non hai mai ricevuto alcuna notifica, o se la cartella è prescritta o viziata, il blocco è illegittimo e può essere annullato con ricorso immediato.


⏱️ La prima mossa da fare: capire da dove arriva il blocco

Appena ti accorgi che il conto è bloccato, non aspettare.
Le prime 24–48 ore sono decisive per limitare i danni.


💠 1. Chiedi subito alla banca il motivo del blocco

Hai diritto a ricevere gratuitamente:

  • copia dell’atto di pignoramento o di fermo inviato dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione;
  • l’indicazione della data di ricezione da parte della banca;
  • l’importo bloccato e l’ufficio di riferimento.

📌 Queste informazioni servono per risalire alla cartella o al debito che ha originato la procedura.


💠 2. Controlla le notifiche dell’Agenzia delle Entrate

Verifica se ti sono stati notificati:

  • avvisi di pagamento, cartelle o intimazioni;
  • PEC, raccomandate o depositi al Comune mai ritirati.

📌 Se non hai mai ricevuto nulla o la notifica è irregolare, puoi impugnare il blocco per nullità dell’atto.


💠 3. Presenta subito un’istanza di sospensione

Puoi chiedere la sospensione del blocco in due modi:

🏦 In autotutela all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, se il debito è prescritto, già pagato o notificato in modo errato.

🏛️ Con ricorso al giudice tributario, se ci sono vizi di notifica, calcoli errati o illegittimità della procedura.

📌 In presenza di gravi irregolarità, la sospensione può essere concessa anche entro 48 ore.


💸 Cosa puoi ancora usare o prelevare

Anche con il conto bloccato dall’Agenzia delle Entrate, la legge protegge parte dei tuoi redditi.

Se sul conto ricevi uno stipendio o una pensione, hai diritto a:

  • mantenere fino a 1.500 euro delle somme già presenti prima del blocco;
  • ottenere lo sblocco del 20% delle somme future accreditate;
  • impignorabilità totale di indennità, assegni familiari, NASpI, TFR o reddito di cittadinanza.

📌 Se la banca ha congelato anche queste somme, l’avvocato può chiedere lo sblocco immediato.


🧾 Come contestare un blocco illegittimo

Puoi contestare il blocco del conto se:

  • non hai mai ricevuto la cartella o la notifica;
  • il debito è prescritto o già pagato;
  • l’importo è errato o duplicato;
  • la banca ha bloccato somme impignorabili;
  • l’Agenzia non ha rispettato i termini di legge.

📌 Con un ricorso ben strutturato, è possibile ottenere la sospensione o l’annullamento del blocco e la restituzione delle somme.


🧩 I documenti da raccogliere subito

  • Copia dell’atto di pignoramento o del provvedimento di blocco;
  • Estratto conto aggiornato;
  • Copia delle cartelle o avvisi ricevuti;
  • Comunicazioni della banca e dell’Agenzia;
  • Documenti che attestano la natura delle somme (stipendio, pensione, sussidio, ecc.).

⏱️ Tempi per lo sblocco del conto

  • Sospensione giudiziale o amministrativa: in 2–5 giorni nei casi urgenti;
  • Decisione sull’istanza in autotutela: circa 30 giorni;
  • Sblocco immediato delle somme impignorabili: anche entro 48 ore con richiesta urgente.

📌 In molti casi, il conto può tornare operativo prima ancora della definizione del ricorso, grazie a un provvedimento cautelare.


⚖️ Perché è importante una difesa tempestiva

✅ Blocco immediato degli effetti del provvedimento.
✅ Recupero delle somme impignorabili.
✅ Annullamento o riduzione del debito fiscale.
✅ Possibilità di rateizzare e chiudere la posizione.
✅ Tutela del reddito familiare e dell’attività lavorativa.


🚫 Errori da evitare

❌ Aspettare che la banca “risolva da sola”.
❌ Pagare senza controllare la legittimità della cartella.
❌ Non chiedere copia dell’atto di blocco.
❌ Non agire subito: dopo 60 giorni il pignoramento può diventare definitivo.


🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

📂 Analizza l’atto di blocco e verifica la regolarità delle notifiche.
📌 Individua la strategia più rapida: sospensione, ricorso o annullamento in autotutela.
✍️ Redige e deposita i ricorsi urgenti per ottenere lo sblocco del conto.
⚖️ Ti rappresenta davanti al Tribunale o all’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
🔁 Ti assiste fino alla restituzione delle somme e alla chiusura della procedura.


🎓 Le qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e riscossione esattoriale.
✔️ Specializzato nella difesa di privati e imprese contro l’Agenzia delle Entrate.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Un conto corrente bloccato dall’Agenzia delle Entrate non è la fine:
con una difesa legale immediata puoi fermare l’esecuzione, recuperare le somme impignorabili e annullare gli atti illegittimi.
La differenza sta nella tempestività dell’azione.

📞 Contatta ora l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata:
la tua prima mossa per sbloccare rapidamente il conto corrente comincia oggi.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

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La seconda modalità è la consulenza fisica che è sempre a pagamento, compreso il primo consulto il cui costo parte da 500€+iva da saldare in anticipo. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamenti nella sede fisica locale Italiana specifica deputata alla prima consulenza e successive (azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali con cui collaboriamo in partnership, uffici e sedi temporanee) e successiva interlocuzione anche digitale tramite posta elettronica e posta elettronica certificata.
 

La consulenza fisica, a differenza da quella esclusivamente digitale, avviene sempre a partire da due settimane dal primo contatto.

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