Accertamento fiscale per lavoratori impatriati: come difendersi – Guida completa 2025

Introduzione

Il rientro in Italia dopo anni trascorsi all’estero attrae ogni anno migliaia di professionisti e manager che vogliono portare nel nostro Paese competenze e capitali acquisiti in altri mercati. Dal 2010 il legislatore ha introdotto speciali regimi fiscali per attrarre questi talenti, consentendo una consistente riduzione della base imponibile per un periodo determinato. Il tema è di estrema attualità perché si inserisce in un contesto di continua evoluzione normativa: il decreto legislativo 29 dicembre 2023, n. 209 ha abrogato l’articolo 16 del D.Lgs. 147/2015 e introdotto un nuovo regime per i lavoratori impatriati che trasferiscono la residenza in Italia dal 1° gennaio 2024. Allo stesso tempo, la giurisprudenza di legittimità continua a intervenire sul regime previgente, chiarendo i diritti dei contribuenti e i limiti dell’amministrazione finanziaria.

L’accertamento fiscale nei confronti di chi ha usufruito o intende usufruire del regime impatriati può generare incertezze e forti preoccupazioni. Un errore formale (ad esempio la mancata richiesta al datore di lavoro) può essere erroneamente utilizzato dall’Agenzia delle Entrate per negare la riduzione o per pretendere imposte già pagate. Numerosi arresti della Corte di cassazione (ordinanze n. 34655/2024, n. 15234/2025, n. 23526/2025 e n. 30569/2025) hanno però riaffermato che la sostanza prevale sulla forma: è sufficiente rispettare i requisiti sostanziali per godere dell’agevolazione e ottenere la restituzione di quanto indebitamente versato, anche attraverso la dichiarazione integrativa o un’istanza di rimborso .

Affrontare un accertamento richiede però una profonda conoscenza della normativa italiana e dei trattati internazionali, della giurisprudenza più recente e delle procedure processuali. È indispensabile reagire tempestivamente entro i termini previsti, evitando errori che potrebbero compromettere la difesa. In questa guida approfondiremo ogni aspetto, dal quadro normativo ai possibili rimedi amministrativi e giudiziali, illustrando le strategie per tutelare i lavoratori che rientrano in Italia.

Presentazione dell’avvocato Giuseppe Angelo Monardo e del suo staff

L’avv. Giuseppe Angelo Monardo è un professionista cassazionista con anni di esperienza nel diritto bancario e tributario. È gestore della crisi da sovraindebitamento ai sensi della Legge 3/2012, iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia, e professionista fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC). È inoltre esperto negoziatore della crisi d’impresa ai sensi del D.L. 118/2021 e coordina un team multidisciplinare di avvocati e commercialisti operanti su tutto il territorio nazionale.

Il suo studio offre un’ampia gamma di servizi per tutelare i contribuenti sottoposti ad accertamento:

  • Analisi dell’atto di accertamento e del quadro fiscale personale per individuare eventuali vizi formali e sostanziali.
  • Presentazione di ricorsi e istanze (ricorsi in Commissione tributaria, reclami/mediazioni, istanze di rimborso ex art. 38 DPR 602/1973) per fare valere il diritto al beneficio.
  • Sospensioni, trattative e piani di rientro mediante strumenti come l’accertamento con adesione, l’acquiescenza o le definizioni agevolate, che permettono di ridurre sanzioni e interessi o di rateizzare il pagamento.
  • Soluzioni giudiziali e stragiudiziali per bloccare procedure esecutive (pignoramenti, ipoteche o fermi amministrativi) e, nei casi più gravi, ricorrere agli strumenti di composizione della crisi (piano del consumatore, accordo di ristrutturazione del debito, liquidazione controllata) che possono portare all’esdebitazione.

Grazie alla conoscenza delle fonti normative e giurisprudenziali più aggiornate e alla costante interazione con la giustizia tributaria, l’avv. Monardo e il suo staff offrono un’assistenza personalizzata e tempestiva.

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1 – Quadro normativo e giurisprudenziale

1.1 L’evoluzione del regime impatriati: dall’art. 16 D.Lgs. 147/2015 al nuovo regime del D.Lgs. 209/2023

1.1.1 Il regime originario (D.Lgs. 147/2015)

L’articolo 16 del D.Lgs. 147/2015 aveva introdotto un regime di favore per i lavoratori che trasferivano la residenza in Italia, consentendo un abbattimento del 50% della base imponibile IRPEF per i redditi di lavoro dipendente e autonomo prodotti sul territorio italiano, per una durata di cinque anni. Con le modifiche del “decreto crescita” (D.L. 34/2019), l’abbattimento era stato portato al 70% (90% per chi si trasferiva in regioni del Mezzogiorno) e la durata poteva essere prorogata di ulteriori cinque anni a determinate condizioni (figli minori o acquisto di abitazione in Italia).

I requisiti fondamentali erano:

  • Residenza all’estero nei due periodi d’imposta antecedenti il trasferimento.
  • Impegno a risiedere in Italia per almeno due anni.
  • Svolgimento dell’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

La disciplina prevedeva che l’agevolazione fosse fruibile in tre modi: (a) tramite il datore di lavoro mediante la riduzione delle ritenute; (b) tramite dichiarazione dei redditi con applicazione dell’abbattimento; (c) tramite istanza di rimborso ex art. 38 del DPR 602/1973, come riconosciuto dalla circolare n. 14/E/2012 dell’Agenzia delle Entrate .

1.1.2 Le modifiche del 2019: il “comma 5-ter”

Il D.L. 30 aprile 2019, n. 34 (convertito nella L. 58/2019) aveva introdotto il comma 5-ter all’articolo 16, disponendo che:

  • I lavoratori impatriati non iscritti all’AIRE prima del trasferimento non potessero richiedere il rimborso delle imposte trattenute, limitandosi a fruire dell’agevolazione tramite il datore di lavoro o la dichiarazione dei redditi.
  • Il beneficio era subordinato alla presentazione di una richiesta scritta al datore di lavoro entro il 30 giugno dell’anno di imposta.

Questa norma aveva suscitato numerose controversie, poiché appariva retroattiva e contraria al principio di uguaglianza. La Cassazione, come vedremo, ha progressivamente limitato la portata del divieto di rimborso.

1.1.3 Il nuovo regime dal 2024 (D.Lgs. 209/2023)

Il decreto legislativo 29 dicembre 2023, n. 209 ha abrogato l’art. 16 e introdotto il nuovo articolo 5 “Agevolazioni fiscali in favore dei lavoratori impatriati”. La disciplina si applica ai soggetti che trasferiscono la residenza in Italia dal 1° gennaio 2024 e prevede condizioni più restrittive . In sintesi:

  • Durata: l’agevolazione si applica per cinque anni senza possibilità di proroga automatica.
  • Riduzione: il reddito di lavoro dipendente o assimilato, o di lavoro autonomo professionale, prodotto in Italia è imponibile nella misura del 50% fino a un limite massimo di 600 000 euro annui.
  • Requisito di non residenza: il lavoratore non deve essere stato residente in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti il trasferimento; il termine si estende a sei anni se, nei due anni precedenti il trasferimento, il lavoratore era impiegato o collaborava con il datore di lavoro che lo assume in Italia, e a sette anni se tale rapporto era con una società dello stesso gruppo .
  • Presenza in Italia: è richiesto l’impegno a risiedere in Italia per almeno quattro anni e a svolgere l’attività prevalentemente sul territorio nazionale.
  • Titoli: il lavoratore deve possedere una alta qualificazione o specializzazione (definita dal D.Lgs. 108/2012 e dal D.Lgs. 206/2007).
  • Prevalenza del lavoro in Italia: almeno il 60% dell’attività deve essere svolta in Italia; se la soglia non è rispettata, il beneficio decade dal periodo d’imposta.

Il decreto inoltre definisce il concetto di “gruppo” secondo l’art. 2359 c.c. e prevede specifiche norme antiabuso: la non residenza di tre anni viene allungata se il lavoratore aveva rapporti con il medesimo datore di lavoro (o gruppo) prima del trasferimento . Il beneficio spetta solo ai redditi prodotti in Italia, escludendo i redditi di pensione o di lavoro autonomo non professionale.

1.1.4 Regime transitorio

Il decreto stabilisce che i soggetti che hanno trasferito la residenza in Italia entro il 31 dicembre 2023 possono continuare a godere dell’agevolazione secondo il vecchio regime (art. 16). In particolare:

  • Chi è rientrato dal 30 aprile 2019 al 31 dicembre 2023 può avvalersi della proroga gratuita di ulteriori cinque anni prevista dalla legge di bilancio 2021, applicando la riduzione del 50% dell’imponibile .
  • Chi è rientrato prima del 30 aprile 2019 può fruire della proroga di cinque anni solo dietro pagamento di un contributo pari al 10% o al 5% dei redditi agevolabili.

Questi soggetti sono spesso al centro degli accertamenti, poiché l’Agenzia delle Entrate contesta la corretta applicazione delle proroghe e la decadenza dal beneficio. La giurisprudenza della Cassazione ha chiarito che il comma 5-ter introdotto nel 2019 non è retroattivo, pertanto chi aveva maturato il diritto al beneficio prima di tale data può richiedere il rimborso anche senza l’istanza al datore .

1.2 La residenza fiscale: vecchia e nuova definizione

L’accertamento dei redditi dei lavoratori impatriati presuppone che la persona sia qualificata come residente fiscale in Italia. La definizione di residenza incide sia sull’applicazione dell’agevolazione sia sulla competenza impositiva degli Stati coinvolti.

1.2.1 Definizione vigente fino al 2023

L’articolo 2, comma 2, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) stabiliva che ai fini IRPEF si considerano residenti le persone che, per la maggior parte del periodo d’imposta:

  • Sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente.
  • Oppure hanno il domicilio nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 43 c.c. (luogo dove la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi).
  • Oppure hanno la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 43 c.c. (luogo in cui la persona dimora abitualmente).

La norma prevedeva una presunzione relativa di residenza per i cittadini italiani cancellati dall’anagrafe e trasferiti in Stati a fiscalità privilegiata (“black list”); in questi casi, il contribuente doveva dimostrare di non avere più il domicilio o la residenza in Italia . La giurisprudenza della Cassazione ha chiarito che per ritenere integrata la residenza “di fatto” occorre valutare l’insieme delle relazioni personali e patrimoniali del contribuente, dando prevalenza all’elemento del domicilio (centro degli interessi vitali) .

1.2.2 Nuova definizione dal 2024

Il D.Lgs. 209/2023 ha modificato l’art. 2 TUIR dal 1° gennaio 2024, introducendo una definizione più dettagliata:

  • Domicilio: luogo in cui la persona ha la sede principale delle relazioni personali e familiari (e non più degli affari e interessi) . La distinzione mira a valorizzare gli affetti e la vita personale nella determinazione del radicamento nel territorio.
  • Residenza: luogo in cui la persona si trattiene abitualmente, anche per brevi permanenze, in modo continuativo nel corso dell’anno. Per stabilire la prevalenza si considera il tempo di presenza fisica in Italia, che deve essere maggioritario rispetto agli altri Stati. Anche frazioni di giorni sono conteggiate .
  • È introdotta una presunzione semplice: l’iscrizione all’anagrafe non basta più a definire la residenza fiscale, ma è un indizio che può essere superato; restano in vigore le presunzioni per i Paesi black list .

La Cassazione n. 19843/2024 ha ribadito che le nuove regole si applicano solo dal 1° gennaio 2024. Per i periodi precedenti continuano a valere i criteri originari di domicilio e residenza. Nel caso deciso (trasferimento a Monaco), la Corte ha precisato che la prova della residenza all’estero spetta al contribuente, il quale deve dimostrare che il centro dei propri interessi personali e familiari si trova effettivamente fuori dall’Italia . La Corte ha inoltre sottolineato che la presunzione di residenza per gli Stati black list resta valida .

1.3 Giurisprudenza di legittimità sul regime impatriati

Negli ultimi anni la Cassazione ha diradato i dubbi interpretativi sul regime impatriati con una serie di pronunce che hanno dato impulso alla tutela dei contribuenti.

1.3.1 Ordinanza n. 34655/2024

Con l’ordinanza n. 34655 del 27 dicembre 2024 la Corte di cassazione ha riconosciuto che il diritto all’agevolazione sussiste se sono rispettati i requisiti sostanziali, anche in assenza di un’istanza al datore di lavoro. Secondo la Corte, l’agevolazione non è rimessa a una scelta discrezionale del contribuente ma opera automaticamente se ricorrono le condizioni di legge . Di conseguenza, il lavoratore può chiedere la restituzione delle imposte indebitamente trattenute presentando la dichiarazione dei redditi o un’istanza di rimborso ex art. 38 DPR 602/1973. La Corte ha evidenziato che il divieto di rimborso introdotto dal comma 5-ter non si applica alle annualità precedenti e non può essere interpretato in senso retroattivo .

1.3.2 Ordinanza n. 15234/2025

L’ordinanza n. 15234 del 7 giugno 2025 ha ribadito e rafforzato tali principi. Il caso riguardava un contribuente che aveva applicato l’agevolazione direttamente in dichiarazione perché il datore di lavoro aveva rifiutato di riconoscerla. La Cassazione ha confermato che non esiste alcuna decadenza automatica per chi non presenta la richiesta al datore, purché siano rispettati i requisiti sostanziali. La Corte ha richiamato la circolare 14/E/2012, secondo cui è legittima la richiesta di rimborso anche senza opzione formale . Ha inoltre precisato che il decreto attuativo del 2016 prevede la perdita del beneficio solo in caso di permanenza in Italia inferiore a due anni . In definitiva, l’assenza di adempimenti formali non può precludere l’accesso all’agevolazione .

1.3.3 Ordinanza n. 23526/2025

L’ordinanza n. 23526 del 19 agosto 2025 riguarda un lavoratore rientrato in Italia che non aveva richiesto l’agevolazione al datore né l’aveva indicata in dichiarazione, ma aveva presentato un’istanza di rimborso. La Cassazione ha affermato che il rimborso è dovuto se i requisiti sostanziali risultano dalle certificazioni (es. CUD) e dal contratto di lavoro, anche in assenza di formali opzioni. La Corte ha richiamato le pronunce del 2024 e del 2025, confermando che la proibizione di rimborso introdotta dal 2019 è applicabile solo a chi non era iscritto all’AIRE ma si trasferiva dopo il 2019 e non ha effetto retroattivo . Tre sono quindi i modi per fruire del beneficio: (1) richiesta al datore di lavoro, (2) dichiarazione dei redditi e (3) istanza di rimborso .

1.3.4 Ordinanza n. 30569/2025

Nell’ordinanza n. 30569 del 20 novembre 2025, la Cassazione ha affrontato il caso di un contribuente che aveva presentato la dichiarazione integrativa per gli anni 2016–2017 oltre i termini e aveva chiesto il rimborso dell’agevolazione. L’Agenzia delle Entrate aveva negato il rimborso ritenendo tardiva l’opzione e applicando il divieto di cui al comma 5-ter. La Corte ha chiarito che la legge non prevede alcuna decadenza per chi presenta tardivamente la dichiarazione integrativa: l’unico limite è rappresentato dalla prescrizione decennale del diritto al rimborso. Ha ribadito che il divieto di rimborso non è retroattivo e ha richiamato la circ. 14/E/2012, secondo cui l’istanza di rimborso può essere presentata in via residuale . Pertanto il rimborso spetta anche a chi presenta l’integrativa dopo la scadenza.

1.3.5 Altre pronunce rilevanti

  • Cassazione n. 30800/2024: la Corte, interpretando la convenzione Italia–USA contro le doppie imposizioni, ha affermato che i redditi di lavoro dipendente svolto negli USA da un residente italiano sono tassati in entrambi i Paesi, ma il contribuente ha diritto al credito d’imposta per le imposte pagate all’estero ai sensi dell’art. 165 TUIR . Questa pronuncia è utile per i lavoratori che rientrano in Italia ma continuano a percepire redditi all’estero.
  • Cassazione n. 19843/2024: come già visto, ha ribadito che la nuova definizione di residenza introdotta dal D.Lgs. 209/2023 si applica solo dal 2024 e ha confermato l’onere probatorio a carico del contribuente in caso di presunzione di residenza per trasferimenti in Paesi a fiscalità privilegiata .

1.4 Normativa sull’accertamento e sui termini

L’accertamento fiscale nei confronti dei lavoratori impatriati avviene in base alle regole generali previste dal DPR 600/1973 e dalla Legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente). È importante conoscere i termini e le modalità di notifica per poter esercitare tempestivamente il diritto di difesa.

1.4.1 Tipologie di accertamento

  • Liquidazione automatica (art. 36-bis DPR 600/1973): riguarda errori materiali o calcoli sbagliati nella dichiarazione dei redditi. L’ufficio invia una comunicazione d’irregolarità (avviso bonario) che può essere contestata entro 30 giorni.
  • Liquidazione formale (art. 36-ter): l’ufficio controlla la documentazione allegata alla dichiarazione (CUD, certificazioni, spese). Anche in questo caso viene inviata una comunicazione prima dell’iscrizione a ruolo.
  • Accertamento con adesione (art. 6 D.Lgs. 218/1997): è un procedimento di natura conciliativa che consente di definire l’accertamento con una riduzione delle sanzioni. Come vedremo, deve essere richiesto entro 30 giorni dalla notifica dell’avviso.
  • Accertamento “sintetico” o “redditometro” (art. 38 DPR 600/1973): si basa sul tenore di vita del contribuente e può essere utilizzato per contestare il possesso di beni o le spese incompatibili con i redditi dichiarati.

1.4.2 Termini di notifica

Per i redditi delle persone fisiche, l’ufficio può notificare l’avviso di accertamento entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (art. 43 DPR 600/1973). Se la dichiarazione è omessa, il termine si estende al settimmo anno. Ad esempio, una dichiarazione relativa al 2021 presentata nel 2022 potrà essere accertata fino al 31 dicembre 2027. Per i lavoratori impatriati, che spesso presentano dichiarazioni integrative, è fondamentale calcolare correttamente i termini per non perdere il diritto al rimborso.

1.4.3 Notifica agli iscritti AIRE

Se il contribuente si trova all’estero ed è iscritto all’AIRE, l’avviso deve essere notificato secondo le regole del Codice di procedura civile e delle convenzioni internazionali. In mancanza, la notifica può avvenire tramite deposito presso il Comune dell’ultima residenza o mediante raccomandata. È essenziale verificare che la notifica sia stata effettuata correttamente perché eventuali vizi di notifica rendono l’accertamento nullo .

1.4.4 Diritti del contribuente

Lo Statuto del contribuente garantisce alcuni principi fondamentali:

  • Principio di conoscenza: gli atti dell’amministrazione devono essere motivati e devono indicare i fatti e le norme di riferimento.
  • Contraddittorio preventivo: nei casi in cui l’accertamento non derivi da un controllo automatizzato, l’ufficio deve invitare il contribuente al contraddittorio e concedere un termine per presentare osservazioni.
  • Autotutela: l’amministrazione deve annullare d’ufficio gli atti illegittimi o infondati (art. 2-quater L. 212/2000). Il contribuente può presentare istanza di autotutela per errori evidenti.
  • Divieto di abuso del diritto: l’ufficio non può adottare interpretazioni estensive o retroattive a sfavore del contribuente.

2 – Procedura passo per passo dopo la notifica dell’atto

Ricevere un avviso di accertamento può essere destabilizzante, soprattutto per chi si è appena stabilito in Italia e non conosce le procedure. In questa sezione illustriamo le fasi da seguire per reagire correttamente e non perdere diritti.

2.1 Esame dell’atto e raccolta documentazione

  • Verificare la data di notifica: il termine per reagire decorre dalla data di ricezione dell’atto. Se la notifica è irregolare o effettuata in modo non conforme (ad esempio senza tenere conto della residenza all’estero), è possibile eccepire la nullità.
  • Analizzare i motivi dell’accertamento: occorre comprendere se l’ufficio contesta la mancanza dei requisiti sostanziali (residenza, attività in Italia, qualificazione) o l’assenza di formalità (mancata richiesta al datore di lavoro). Le motivazioni devono essere dettagliate e fare riferimento a norme specifiche; in caso contrario l’atto è annullabile.
  • Raccogliere prove e documenti: certificazioni del datore di lavoro, contratti, documenti che attestano la residenza all’estero (contratti di locazione, iscrizione a scuole straniere dei figli, bollette), biglietti aerei, documenti bancari. Per il nuovo regime, certificati di alta qualificazione o specializzazione.

2.2 Scelta della strategia: contestare o aderire?

Il contribuente dispone di diverse opzioni; la scelta dipende dall’analisi dell’atto e dalle prove disponibili. L’Itaxa suggerisce di valutare attentamente la situazione entro 60 giorni dall’arrivo dell’avviso: trascorso questo periodo l’atto diventa definitivo .

2.2.1 Acquiescenza (adesione integrale)

Accettare l’accertamento (“acquiescenza”) comporta il pagamento integrale delle imposte dovute, ma permette di ridurre le sanzioni a un terzo. È una scelta da considerare solo se l’accertamento è fondato e il rischio di un contenzioso è elevato . L’accettazione deve essere comunicata entro 60 giorni dalla notifica e il pagamento deve essere effettuato in un’unica soluzione o rateizzato.

2.2.2 Acquiescenza parziale (limitata alle sanzioni)

Il contribuente può accettare solo le sanzioni e contestare il merito dell’accertamento. In tal caso le sanzioni sono ridotte del 40% e si può avviare un contenzioso per il resto .

2.2.3 Accertamento con adesione

Lo strumento dell’accertamento con adesione (disciplinato dagli artt. 6-12 del D.Lgs. 218/1997) consente di raggiungere un accordo con l’ufficio riducendo le sanzioni a un terzo e rateizzando il debito fino a un massimo di 8 anni .

Procedura:

  1. Presentare un’istanza entro 30 giorni dal ricevimento dell’avviso, chiedendo la definizione in adesione.
  2. L’ufficio convoca il contribuente per un contraddittorio; le parti discutono sulle voci contestate e possono rideterminare la base imponibile.
  3. Se si raggiunge un accordo, viene redatto un verbale; il contribuente deve versare quanto dovuto entro 20 giorni (in un’unica soluzione o a rate). In caso di mancato accordo, si può comunque proporre ricorso.

L’accertamento con adesione è consigliato quando le contestazioni sono in parte fondate e il rischio di soccombenza in giudizio è elevato; consente di evitare costi processuali e ridurre le sanzioni. Per i lavoratori impatriati può essere utile se si contesta ad esempio il mancato possesso della qualifica o il superamento della soglia dei 600 000 euro.

2.2.4 Ricorso alla Corte di giustizia tributaria

Se si ritiene infondato l’accertamento, è possibile presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia tributaria di primo grado (CGT). Il ricorso deve essere depositato entro 60 giorni dalla notifica (90 in caso di mediazione obbligatoria). La procedura prevede:

  1. Reclamo/mediazione: per controversie fino a 50 000 euro è obbligatorio presentare un reclamo all’ufficio e attendere 90 giorni; decorso il termine, se non si raggiunge un accordo, il reclamo si trasforma in ricorso.
  2. Deposito del ricorso: via telematica attraverso il sistema informatico della giustizia tributaria. Il ricorso deve indicare l’atto impugnato, i motivi di diritto e di fatto, le richieste e le prove.
  3. Fase istruttoria: l’ufficio deposita la controdeduzione; la CGT può convocare le parti per l’udienza. Il giudice può annullare, riformare o confermare l’accertamento.

La difesa in giudizio richiede competenze tecniche e conoscenza della giurisprudenza; l’assistenza di un professionista è fondamentale, soprattutto per dimostrare la sussistenza dei requisiti sostanziali previsti dall’art. 16 o dall’art. 5.

2.2.5 Istanza di autotutela

In presenza di errori evidenti (ad esempio erronea indicazione di dati anagrafici, doppia imposizione su redditi già tassati, mancanza di motivazione), il contribuente può presentare all’ufficio una istanza di autotutela per chiedere l’annullamento parziale o totale dell’atto. L’ufficio ha il dovere di rettificare gli errori e di motivare l’eventuale rigetto (art. 2-quater L. 212/2000). L’autotutela non sospende automaticamente i termini per ricorrere, quindi è opportuno proporre ricorso contemporaneamente per non decadere.

2.2.6 Rateazione e sospensione

Se non si riesce a pagare quanto richiesto, è possibile chiedere la rateazione del debito, sia in fase amministrativa sia dopo la formazione del ruolo. Le somme iscritte a ruolo possono essere rateizzate in un massimo di 72 rate mensili (o 120 rate per comprovata difficoltà) presentando domanda all’Agenzia delle Entrate – Riscossione. Inoltre, in caso di ricorso, si può chiedere la sospensione dell’esecutività dell’atto al giudice tributario dimostrando il periculum (danno grave e irreparabile) e il fumus boni iuris (presunzione di fondatezza del ricorso).

3 – Difese e strategie legali per i lavoratori impatriati

3.1 Verifica dei requisiti sostanziali

La prima linea difensiva consiste nel dimostrare che tutti i requisiti richiesti dalla normativa sono effettivamente presenti. A seconda della data di trasferimento della residenza, occorre fare riferimento al regime previgente o al nuovo regime.

3.1.1 Per chi si è trasferito entro il 31 dicembre 2023

  • Non residenza nei due periodi precedenti: occorre dimostrare di essere stati iscritti all’anagrafe all’estero o in alternativa di avere il centro degli interessi fuori dall’Italia. Documenti utili: certificati AIRE, contratti di lavoro all’estero, bollette, contratti d’affitto.
  • Impegno di permanenza: la norma richiede la permanenza in Italia per due anni; se si interrompe il soggiorno prima, l’agevolazione decade e occorre restituire quanto riscosso. Pertanto è importante dimostrare la permanenza mediante l’iscrizione all’anagrafe, le utenze domestiche e la presenza fisica.
  • Svolgimento dell’attività prevalentemente in Italia: occorre provare che il lavoro è svolto per la maggior parte in Italia; per i lavoratori distaccati all’estero dopo il rientro, è consigliabile predisporre un registro delle giornate lavorate all’estero.

Per la proroga di cinque anni introdotta dal 2019, è necessario verificare la presenza di figli minorenni o l’acquisto di un’abitazione in Italia. Coloro che rientrano dopo il 30 aprile 2019 devono valutare la compatibilità con il comma 5-ter.

3.1.2 Per chi si trasferisce dal 1° gennaio 2024

  • Alta qualificazione o specializzazione: il lavoratore deve essere in possesso di titoli universitari riconosciuti o di competenze elevate. È consigliabile predisporre attestati di equipollenza e riconoscimenti professionali.
  • Non residenza nei tre anni precedenti (o sei/sette anni in caso di stesso datore/gruppo) . È importante dimostrare di non avere avuto rapporti lavorativi con l’azienda italiana o con società del gruppo nei sei/ sette anni precedenti.
  • Impegno a risiedere in Italia per almeno quattro anni e a svolgere almeno il 60% dell’attività nel territorio italiano . Occorre predisporre documenti che attestino la presenza fisica e l’attività svolta.

3.2 Controllo della corretta applicazione del comma 5-ter e dei divieti

In molti accertamenti l’Agenzia delle Entrate nega l’agevolazione sostenendo che, a causa del comma 5-ter introdotto nel 2019, non sarebbe possibile chiedere il rimborso. Come chiarito dalla Cassazione, tale divieto non è retroattivo: si applica solo ai soggetti che non erano iscritti all’AIRE e che hanno trasferito la residenza dopo il 30 aprile 2019 . La difesa dovrà quindi dimostrare, anche con testimonianze e documenti, che l’iscrizione all’AIRE è avvenuta nei tempi, oppure che il lavoratore rientrava in Italia prima del 2019.

3.3 Opposizione per vizi formali o procedurali

Molti avvisi di accertamento presentano vizi di forma che possono comportare l’annullamento dell’atto:

  • Motivazione insufficiente: l’atto deve contenere i presupposti di fatto e di diritto. Se l’ufficio si limita a richiamare genericamente norme o circolari senza spiegare le ragioni della pretesa, l’atto è annullabile.
  • Violazione del contraddittorio: l’amministrazione, prima di emettere l’accertamento, deve instaurare il contraddittorio con il contribuente, illustrando le contestazioni e consentendo la presentazione di memorie. La mancanza del contraddittorio viola i principi dello Statuto del contribuente.
  • Notifica irregolare: in caso di notifica all’estero occorre rispettare le convenzioni internazionali. Una notifica effettuata al vecchio indirizzo in Italia o a mani di un parente può essere nulla .

3.4 Strategie difensive in giudizio

Nella fase contenziosa la difesa dovrà dimostrare la sussistenza dei requisiti sostanziali e contestare le interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate. Alcune strategie:

  • Richiamare la giurisprudenza della Cassazione: le ordinanze 34655/2024, 15234/2025, 23526/2025 e 30569/2025 attestano che l’assenza di richiesta al datore non comporta la decadenza dal beneficio e che la domanda di rimborso ex art. 38 DPR 602/1973 è sempre ammessa .
  • Dimostrare la non retroattività del comma 5-ter: documentare l’iscrizione all’AIRE o il trasferimento anteriore al 30 aprile 2019 per escludere l’applicabilità del divieto di rimborso .
  • Invocare il principio di prevalenza della sostanza sulla forma: l’amministrazione non può applicare formalismi che comportino la perdita del beneficio in presenza di tutti i requisiti sostanziali.
  • Proporre questioni di legittimità costituzionale o di incompatibilità con il diritto UE se l’interpretazione dell’amministrazione contrasta con la libertà di circolazione dei lavoratori o con la parità di trattamento fra cittadini italiani e stranieri.

3.5 Simulazione numerica: rimborso di imposte non dovute

Per comprendere l’impatto economico dell’agevolazione e l’importanza di far valere i propri diritti, proponiamo un esempio numerico.

Supponiamo che un dirigente rientrato in Italia nel 2018 percepisca un reddito lordo annuo di 200 000 euro. Senza agevolazione, l’IRPEF dovuta (aliquote progressive) potrebbe essere di circa 80 000 euro. Applicando l’abbattimento del 50% (regime previgente), il reddito imponibile scende a 100 000 euro e l’imposta a circa 36 000 euro, con un risparmio di 44 000 euro. Se l’azienda non riconosce l’agevolazione e trattiene le imposte sull’intero reddito, il lavoratore può presentare dichiarazione integrativa o istanza di rimborso e recuperare i 44 000 euro. In cinque anni il risparmio complessivo può superare i 200 000 euro, cifra che giustifica l’intervento di un professionista.

Per chi si trasferisce dal 2024 con il nuovo regime, la riduzione resta del 50% ma è limitata a 600 000 euro; per i redditi superiori, la parte eccedente è tassata integralmente. Inoltre, se l’attività è svolta in parte all’estero, occorre applicare il credito d’imposta per le imposte pagate all’estero (art. 165 TUIR) come riconosciuto dalla Cassazione .

3.6 Errori comuni da evitare

  1. Trascurare l’iscrizione all’AIRE: non registrarsi all’AIRE prima di trasferirsi all’estero può attivare la presunzione di residenza fiscale e precludere il rimborso. Occorre iscriversi tempestivamente.
  2. Non richiedere l’agevolazione in dichiarazione o tramite istanza: molti lavoratori pensano che l’agevolazione sia riconosciuta automaticamente; se il datore non la applica, bisogna agire in autonomia.
  3. Mancare il contraddittorio: ignorare gli inviti dell’Agenzia o non presentarsi alle convocazioni può essere interpretato come ammissione delle contestazioni.
  4. Non conservare la documentazione: biglietti aerei, contratti di lavoro, certificazioni professionali sono essenziali per dimostrare i requisiti; la mancanza di prove può indebolire la difesa.
  5. Procrastinare: trascorsi i 60 giorni, l’accertamento diventa definitivo e l’unica strada resta la definizione agevolata, spesso più onerosa.

4 – Strumenti alternativi e definizioni agevolate

In molti casi, soprattutto quando il carico debitorio è elevato o quando l’accertamento riguarda annualità ormai definitive, può essere preferibile ricorrere agli strumenti deflattivi o alle procedure di composizione della crisi. Vediamo i principali.

4.1 Rottamazione e definizione agevolata dei carichi

La Legge 197/2022 (Legge di Bilancio 2023) ha introdotto la “rottamazione-quater” per le cartelle affidate all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022. La definizione consente di estinguere i carichi versando solo l’imposta e le spese di notifica, senza interessi né sanzioni. La domanda va presentata all’Agenzia delle Entrate-Riscossione entro il termine fissato (prorogato più volte; per il 2025 era il 30 aprile) . Il pagamento può essere effettuato in unica soluzione o in 18 rate. La decadenza dal piano avviene se si saltano due rate consecutive o se il pagamento non viene effettuato entro cinque giorni dalla scadenza.

4.2 Definizione delle liti pendenti

La stessa legge ha previsto la definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti al 1° gennaio 2023, consentendo di chiuderle pagando una percentuale del valore in base all’esito dei precedenti gradi di giudizio: 40% se il contribuente ha perso in primo grado, 15% se ha vinto e 5% se ha vinto in entrambi i gradi . Questa definizione può essere utile per le cause relative al regime impatriati ancora pendenti.

4.3 Piano del consumatore e esdebitazione

Per i lavoratori impatriati che hanno accumulato debiti fiscali e non sono in grado di far fronte alle pretese, è possibile ricorrere alla procedura di sovraindebitamento prevista dalla Legge 3/2012 (oggi confluita nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza). Il piano del consumatore consente al debitore persona fisica non imprenditore di proporre ai creditori un piano di rientro che, una volta omologato dal tribunale, diventa vincolante e può prevedere il pagamento parziale dei debiti. Al termine dell’esecuzione del piano, il consumatore ottiene l’esdebitazione, cioè la cancellazione dei debiti residui . Sono esclusi solo i debiti derivanti da sanzioni penali, gli obblighi alimentari e le spese di mantenimento .

Questa procedura è indicata per chi, a causa di accertamenti e cartelle, si trova in una situazione di insolvenza. L’avv. Monardo, in qualità di gestore della crisi da sovraindebitamento e professionista fiduciario di un OCC, può assistere il contribuente nella redazione del piano e nella trattativa con i creditori.

4.4 Accordo di ristrutturazione del debito

Per le imprese o i lavoratori autonomi con partita IVA può essere più adatto l’accordo di ristrutturazione del debito, disciplinato dagli artt. 57 e seguenti del Codice della crisi (già art. 182-bis della Legge fallimentare). Si tratta di un contratto tra il debitore e una parte qualificata dei creditori, omologato dal tribunale, che consente di rimodulare debiti e tempi di pagamento e di evitare la liquidazione . L’accordo mira a garantire la continuità aziendale, prevenendo l’insolvenza irreversibile e favorendo il recupero dell’attività .

4.5 Rateazione straordinaria e piano del consumatore ex art. 70 CCII

Il Codice della crisi consente anche la rateazione straordinaria per debiti tributari superiori a 120 000 euro, con piani fino a 120 rate mensili in presenza di grave situazione finanziaria. È inoltre prevista la liquidazione controllata del patrimonio, procedura residuale che consente di vendere i beni del debitore sotto il controllo del tribunale e di ottenere l’esdebitazione.

5 – Tabelle riepilogative

Per facilitare la consultazione, riportiamo alcune tabelle sintetiche sulle principali norme, requisiti e strumenti difensivi.

5.1 Confronto tra vecchio e nuovo regime impatriati

ElementoRegime fino al 31 dicembre 2023Nuovo regime dal 1° gennaio 2024
Durata5 anni + proroga di 5 anni in presenza di figli o acquisto casa5 anni senza proroga
Riduzione della base imponibile70% (50% per chi rientra prima del 2019), 90% nel Mezzogiorno50%
PlafondNessun limite600 000 euro
Requisito di non residenza2 periodi d’imposta precedenti3 anni, estesi a 6 o 7 anni in caso di ritorno dal medesimo datore di lavoro o gruppo
Impegno di permanenzaAlmeno 2 anniAlmeno 4 anni
Alta qualificazioneNon richiesta (per molti casi)Necessaria
Prevalenza lavoro in ItaliaSvolgimento attività prevalentemente in ItaliaAlmeno 60% del lavoro in Italia
Possibilità di rimborsoSì, tramite datore, dichiarazione o istanzaSì, ma divieto di rimborso per chi non era iscritto all’AIRE e si trasferisce dopo il 2019 (salvo iscrizione)

5.2 Principali termini e procedure dopo la notifica dell’accertamento

FaseTermineNormativaEffetti
Presentazione dell’istanza di accertamento con adesione30 giorni dalla notificaArt. 6 D.Lgs. 218/1997Sospende i termini per il ricorso; in caso di accordo, sanzioni ridotte a 1/3
Presentazione del ricorso (o reclamo)60 giorni dalla notifica (90 giorni in caso di mediazione obbligatoria)Art. 21 D.Lgs. 546/1992; D.Lgs. 130/2022L’atto impugnato può essere sospeso dal giudice su richiesta del contribuente
Pagamento dell’acquiescenza60 giorniArt. 15 D.Lgs. 218/1997Sanzioni ridotte (1/3 o 40%)
Istanza di autotutelaNessun termine perentorio, ma consigliata entro i termini di ricorsoArt. 2-quater L. 212/2000Annullamento parziale o totale dell’atto per errore evidente

5.3 Agevolazioni e definizioni agevolate

StrumentoBeneficiRequisiti principaliRiferimenti
Rottamazione-quaterEstinzione dei carichi affidati entro il 30 giugno 2022 pagando solo imposta e speseDomanda entro 30 aprile, pagamento in 18 rate; decadenza se due rate consecutive non pagateL. 197/2022
Definizione liti pendentiChiusura del contenzioso con pagamento del 40%, 15% o 5% a seconda dell’esito dei giudiziControversie pendenti al 1° gennaio 2023L. 197/2022
Piano del consumatoreRiduzione e rateazione dei debiti con esdebitazione finalePersona fisica non imprenditore sovraindebitataL. 3/2012; D.Lgs. 14/2019
Accordo di ristrutturazioneRimodulazione dei debiti e continuità aziendaleImpresa o lavoratore autonomo in crisi; accordo con almeno il 60% dei creditoriArtt. 57 ss. CCII
Rateazione straordinariaPagamento fino a 120 rateGrave difficoltà economica; importo > 120 000 euroArt. 19 DPR 602/1973

6 – Domande frequenti (FAQ)

6.1 Che cos’è il regime fiscale dei lavoratori impatriati?

È un regime agevolativo che consente ai lavoratori che trasferiscono la residenza in Italia di assoggettare a tassazione solo una percentuale del reddito di lavoro prodotto in Italia (50%, 30% o 10% a seconda degli anni e delle regioni). L’obiettivo è attrarre talenti e capitali dall’estero.

6.2 Il nuovo regime 2024 è più vantaggioso del precedente?

No. Il regime introdotto dal D.Lgs. 209/2023 è più restrittivo: prevede l’abbattimento del 50% invece del 70%, non prevede proroghe automatiche e impone requisiti di alta qualificazione e un plafond di 600 000 euro. È quindi meno favorevole rispetto al vecchio regime per chi rientra dal 2024 .

6.3 Se ho trasferito la residenza in Italia entro il 31 dicembre 2023, quale regime si applica?

Si applica il regime previgente dell’art. 16 D.Lgs. 147/2015, compresa la possibilità di proroga di cinque anni se si hanno figli minori o si acquista un’abitazione. Il nuovo regime si applica solo a chi trasferisce la residenza dal 2024 .

6.4 È obbligatorio presentare una richiesta al datore di lavoro per godere del beneficio?

Secondo la Cassazione, no. L’ordinanza 34655/2024 e le successive hanno stabilito che il lavoratore può fruire dell’agevolazione anche senza richiesta formale, tramite la dichiarazione dei redditi o un’istanza di rimborso . La richiesta è consigliata per facilitare la fruizione, ma la sua omissione non comporta la decadenza.

6.5 Cosa succede se il datore di lavoro non applica l’agevolazione?

Il lavoratore può:

  • Applicare l’abbattimento direttamente in dichiarazione dei redditi.
  • Presentare un’istanza di rimborso ex art. 38 DPR 602/1973 entro dieci anni, richiamando i requisiti sostanziali e le pronunce della Cassazione【149742354403970†L?】.

6.6 Qual è il termine per richiedere il rimborso delle imposte versate?

Il diritto al rimborso delle imposte indebitamente pagate si prescrive in dieci anni dalla data del versamento (art. 38 DPR 602/1973). Non è previsto un termine perentorio per presentare la domanda di rimborso dell’agevolazione, come confermato dalla Cassazione .

6.7 Il comma 5-ter impedisce il rimborso a chi non era iscritto all’AIRE?

Il comma 5-ter introdotto nel 2019 prevede un divieto di rimborso per i lavoratori impatriati che non erano iscritti all’AIRE prima del rientro. Tuttavia la Cassazione ha chiarito che tale norma non ha effetto retroattivo e che continua a essere possibile richiedere il rimborso per gli anni precedenti al 2019 .

6.8 Cosa succede se mi trasferisco in Italia e torno a lavorare per lo stesso datore di lavoro?

Il nuovo regime stabilisce che se, nei due anni antecedenti il trasferimento, si è lavorato per la stessa azienda o per una società del gruppo, il requisito di non residenza si estende a sei anni; se si è trattato di un rapporto con una società del gruppo è previsto un termine di sette anni . In assenza di tali periodi, l’agevolazione non spetta.

6.9 La residenza per frazioni di giorno conta?

Sì. Dal 2024 la residenza si determina anche calcolando le frazioni di giorno di presenza in Italia. Se la presenza complessiva è maggioritaria rispetto agli altri Stati, si acquisisce la residenza fiscale .

6.10 È possibile cumulare l’agevolazione impatriati con altri bonus fiscali?

Di regola l’agevolazione non è cumulabile con altri regimi speciali (ad esempio il regime forfettario o il regime degli impatriati per docenti e ricercatori). È necessario scegliere il regime più conveniente e verificarne la compatibilità.

6.11 Posso usufruire del regime se lavoro in smart working dall’Italia per un’azienda estera?

Il nuovo regime richiede che la maggior parte dell’attività sia svolta in Italia e che il lavoro sia a favore di un datore di lavoro italiano o di una stabile organizzazione in Italia. Il lavoro da remoto per una società estera non rientra nella fattispecie agevolata.

6.12 Che documenti devo conservare per difendermi da un accertamento?

  • Copia del contratto di lavoro stipulato all’estero e in Italia.
  • Prove dell’iscrizione all’AIRE e della cancellazione.
  • Certificati scolastici dei figli, contratti di locazione, bollette e altra documentazione che dimostra la permanenza all’estero.
  • Attestati di qualificazione professionale.
  • Documenti bancari e buste paga.

6.13 Se non risiedo più in Italia posso essere comunque raggiunto dall’accertamento?

Sì. L’amministrazione finanziaria può notificare l’avviso all’estero seguendo le procedure internazionali o depositando l’atto presso il Comune dell’ultima residenza. È importante mantenere aggiornati i propri recapiti e verificare la regolarità della notifica .

6.14 Come si calcola il credito d’imposta per le imposte pagate all’estero?

Ai sensi dell’art. 165 TUIR, il credito d’imposta è determinato in base al minor importo tra le imposte pagate all’estero e la quota di IRPEF proporzionalmente corrispondente al reddito prodotto all’estero. La Cassazione ha confermato questa regola per i lavoratori negli USA .

6.15 È possibile sanare le annualità pregresse con la rottamazione?

Sì, se i debiti derivano da cartelle affidate all’Agente della riscossione entro il 30 giugno 2022. In tal caso si può aderire alla rottamazione-quater pagando solo l’imposta e le spese .

6.16 Cosa accade se non pago una rata della definizione agevolata?

Il mancato pagamento di due rate consecutive o il pagamento oltre i cinque giorni di tolleranza comporta la decadenza dal beneficio e la perdita di quanto versato a titolo di definizione .

6.17 In cosa consiste il piano del consumatore?

È una procedura di composizione della crisi che consente al debitore persona fisica non imprenditore di proporre un piano di rientro parziale dei debiti, con la supervisione di un gestore della crisi. Una volta eseguito il piano, il giudice può concedere l’esdebitazione, liberando il debitore dai debiti residui .

6.18 Qual è la differenza tra piano del consumatore e accordo di ristrutturazione?

Il piano del consumatore è riservato ai privati non imprenditori e comporta la mera adesione dei creditori; l’accordo di ristrutturazione è invece destinato agli imprenditori e richiede l’accordo con una maggioranza qualificata dei creditori. Entrambi devono essere omologati dal tribunale, ma l’accordo di ristrutturazione è orientato alla continuità aziendale .

6.19 Che ruolo svolge l’avvocato nella difesa degli impatriati?

L’avvocato assiste il contribuente nell’analisi dell’atto, nella scelta della strategia più appropriata (ricorso, adesione, definizione agevolata), nella raccolta delle prove e nella predisposizione di memorie e ricorsi. Inoltre, rappresenta il cliente dinanzi alla Corte di giustizia tributaria e coordina eventuali esperti (commercialisti, consulenti del lavoro). L’esperienza di un professionista come l’avv. Monardo consente di individuare le criticità e di massimizzare le probabilità di successo.

6.20 È possibile ottenere la sospensione dell’accertamento?

Sì. In pendenza del ricorso si può richiedere al giudice tributario la sospensione dell’esecutività dell’atto, dimostrando che l’esecuzione immediata provocherebbe un danno grave e irreparabile e che il ricorso è fondato (fumus boni iuris). La sospensione può essere concessa anche dalla Corte di cassazione in sede di rinvio.

7 – Simulazioni pratiche e casi reali

Per rendere l’analisi più concreta, riportiamo alcune simulazioni numeriche e casi ispirati a pronunce reali (i nomi sono di fantasia).

7.1 Caso A – Rientro in Italia nel 2018 con richiesta tardiva

Situazione: Luca, ingegnere di 35 anni, ha lavorato a Londra dal 2014 al 2017 e si è trasferito stabilmente a Milano nel febbraio 2018. L’azienda italiana per cui lavora non applica il regime impatriati perché Luca non presenta l’apposita richiesta entro giugno 2018. Nel 2021 Luca scopre l’esistenza dell’agevolazione e presenta una dichiarazione integrativa per gli anni 2018–2020 chiedendo il rimborso delle maggiori imposte.

Posizione dell’Agenzia: l’ufficio nega il rimborso sostenendo che la richiesta è tardiva e che non essendo iscritto all’AIRE non può chiedere la restituzione.

Soluzione: La difesa di Luca richiama l’ordinanza 34655/2024 e la successiva 15234/2025, secondo cui l’agevolazione opera anche senza richiesta al datore di lavoro e l’istanza di rimborso è sempre ammissibile . Inoltre, le norme sul divieto di rimborso non sono retroattive . Luca dimostra di aver vissuto all’estero nei due anni precedenti (contratti di affitto, bollette) e di aver svolto l’attività prevalentemente in Italia dopo il rientro. Il giudice riconosce il diritto al rimborso e condanna l’ufficio al pagamento degli interessi.

7.2 Caso B – Rientro nel 2024 con stesso datore di lavoro

Situazione: Maria, manager di un gruppo multinazionale, lavora nella filiale tedesca dal 2015 al 2023. Nel gennaio 2024 viene trasferita alla sede italiana mantenendo la stessa mansione. Maria vorrebbe beneficiare del nuovo regime impatriati.

Analisi: Il nuovo regime richiede che il lavoratore non sia stato residente in Italia nei tre anni precedenti e che, se ha lavorato per lo stesso datore di lavoro o per una società del gruppo, il periodo di non residenza sia di sei o sette anni . Nel caso di Maria, essendo stata impiegata dallo stesso gruppo, dovrebbe dimostrare di essere stata non residente per almeno sei anni (dal 2018). Poiché ha lavorato in Germania per otto anni, soddisfa il requisito. Dovrà inoltre dimostrare l’alta qualificazione, l’impegno a rimanere in Italia per quattro anni e che almeno il 60% dell’attività sarà svolta in Italia.

Consigli: Maria deve raccogliere la documentazione che dimostra i periodi di lavoro all’estero (contratti, buste paga) e ottenere il riconoscimento dei titoli di specializzazione. È opportuno presentare la richiesta al datore di lavoro all’inizio della collaborazione in Italia e, in caso di diniego, applicare l’abbattimento in dichiarazione.

7.3 Caso C – Rientro dal 2016 e contestazione dell’applicazione del bonus al distacco estero

Situazione: Roberto, ricercatore universitario rientrato in Italia nel 2016, usufruisce del regime impatriati. Nel 2019 viene distaccato per sei mesi in una sede francese; l’Agenzia delle Entrate contesta la perdita del requisito della permanenza in Italia.

Analisi: Il DM attuativo 26 maggio 2016 prevede che il beneficio non si perde in caso di distacco temporaneo all’estero, a condizione che il rientro avvenga entro due anni. La Cassazione n. 15234/2025 ha richiamato questa disposizione evidenziando che il mantenimento della residenza per due anni è l’unica condizione di decadenza . Pertanto il distacco non pregiudica l’agevolazione. Roberto potrà difendersi dimostrando che la sua presenza in Francia era temporanea e funzionale al lavoro svolto per la sede italiana.

7.4 Caso D – Residenza all’estero contestata

Situazione: Anna, cittadina italiana che ha vissuto a Dubai dal 2019 al 2022 senza iscriversi all’AIRE, rientra in Italia nel 2023 e chiede l’agevolazione. L’ufficio contesta la presunta residenza in Italia durante il periodo estero.

Analisi: Poiché Dubai è un Paese a fiscalità privilegiata, opera la presunzione di residenza in Italia . Anna dovrà dimostrare di aver stabilito il centro dei propri interessi familiari e personali negli Emirati (contratti di locazione, abbonamenti, certificati scolastici, tessere sanitarie) e di non aver mantenuto immobili o interessi economici in Italia. In mancanza, l’ufficio potrebbe negare l’agevolazione. In questo caso conviene valutare la possibilità di ricorrere a definizioni agevolate o, se vi sono ingenti debiti, alle procedure di sovraindebitamento.

7.5 Caso E – Sovraindebitamento conseguente all’accertamento

Situazione: Paolo, consulente IT, rientra in Italia nel 2017 e aderisce al regime impatriati. Nel 2024 riceve un accertamento per le annualità 2017–2019 per presunta mancanza dei requisiti. L’ufficio richiede oltre 150 000 euro tra imposte, sanzioni e interessi. Paolo non dispone di tali somme e rischia il pignoramento della casa.

Soluzione: Dopo aver impugnato l’atto (per contestarne la legittimità) e chiesto la sospensione, Paolo si rivolge all’avv. Monardo che, valutata l’insolvenza, lo assiste nella presentazione di un piano del consumatore. Viene elaborata una proposta di pagamento del 30% dei debiti in cinque anni attraverso la vendita di alcuni beni, mantenendo l’abitazione principale. Il tribunale omologa il piano; al termine dei cinque anni Paolo ottiene l’esdebitazione e riparte senza debiti .

8 – Conclusioni

L’accertamento fiscale nei confronti dei lavoratori impatriati è un ambito in continuo divenire, dove normative complesse si intrecciano con interpretazioni giurisprudenziali spesso divergenti. Le pronunce più recenti della Cassazione hanno però fornito un orientamento chiaro: l’agevolazione spetta quando sussistono i requisiti sostanziali, a prescindere da formalità come la richiesta al datore di lavoro . È stato affermato il principio della non retroattività delle norme più sfavorevoli (come il comma 5-ter) e il diritto dei contribuenti a recuperare le imposte indebitamente pagate tramite dichiarazioni integrative o istanze di rimborso .

Il decreto legislativo 209/2023 segna però una significativa stretta: il nuovo regime riduce la percentuale di abbattimento, introduce un tetto massimo di reddito, richiede alta qualificazione e allunga il periodo di non residenza . Chi si trasferisce dal 2024 dovrà quindi pianificare attentamente il proprio rientro e valutare se sussistano i requisiti per accedere alla detassazione.

Per difendersi da un accertamento è fondamentale:

  • Agire tempestivamente: i termini per presentare ricorso o chiedere l’adesione sono brevi (30 o 60 giorni).
  • Raccogliere documenti e prove della residenza all’estero e dell’attività svolta.
  • Conoscere la normativa e la giurisprudenza per contestare eventuali interpretazioni errate dell’amministrazione.
  • Valutare gli strumenti deflattivi e, se necessario, le procedure di composizione della crisi.

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