Introduzione
Perché è un tema cruciale per chi ha un trust all’estero
Negli ultimi anni l’attenzione del fisco verso i trust esteri è cresciuta in modo esponenziale. L’Agenzia delle Entrate li considera strumenti potenzialmente idonei a nascondere patrimoni o a spostare ricchezza verso giurisdizioni a fiscalità privilegiata. Questo controllo deriva da una serie di norme varate dal legislatore e dalla giurisprudenza di legittimità che hanno delineato un quadro rigido ma necessario per garantire la trasparenza e il gettito fiscale. Una gestione imprudente del trust può generare una serie di rischi per il disponente e per i beneficiari italiani: accertamenti molto invasivi, presunzioni di reddito e di residenza, pesanti sanzioni per mancata dichiarazione nel quadro RW, reati tributari per sottrazione fraudolenta e revocatorie da parte dei creditori. L’interesse dell’ordinamento a contrastare l’uso distorto di questi strumenti emerge dal recente decreto legislativo 139/2024, che ha modificato la tassazione indiretta dei trust introducendo la regola dell’imposizione all’atto dell’uscita dal vincolo , e dalla circolare 34/E/2022 dell’Agenzia delle Entrate, che ha ribadito la presunzione secondo cui le somme distribuite da un trust opaco residente in un paradiso fiscale si considerano integralmente reddito salvo prova contraria .
Oltre alla normativa, la Corte di Cassazione ha più volte chiarito che il trust non è un soggetto giuridico distinto ma un patrimonio separato in capo al trustee; di conseguenza gli atti impositivi devono essere notificati al trustee e non al trust . I giudici di legittimità hanno inoltre affermato che il conferimento di beni al trust non realizza un trasferimento stabile di ricchezza e quindi non è soggetto ad imposta di successione e donazione . L’Amministrazione finanziaria, tuttavia, può considerare “interposto” un trust se riscontra che il disponente o i beneficiari esercitano un controllo sostanziale e che lo strumento è usato come mero schermo: in tal caso i redditi e le plusvalenze sono imputati direttamente ai soggetti italiani .
In questo contesto, chi ha istituito un trust all’estero o ne è beneficiario deve conoscere i propri obblighi dichiarativi e le possibili contestazioni fiscali. La mancata compilazione del quadro RW e l’omessa dichiarazione dei redditi prodotti dal trust possono comportare sanzioni amministrative dal 3 al 15 % (fino al 30 % se la giurisdizione è non collaborativa), l’applicazione della presunzione di cui all’art. 12 del D.L. 78/2009 (che considera reddito non dichiarato ogni attività estera non monitorata) , la proroga del termine di accertamento a dieci anni e, nei casi più gravi, l’apertura di un procedimento penale per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 D.Lgs. 74/2000). Tuttavia la Cassazione ha chiarito che le sanzioni per l’omessa compilazione del quadro RW non sono “relative a imposte” e quindi non integrano di per sé il reato di sottrazione fraudolenta .
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Quadro normativo e giurisprudenziale su trust esteri e accertamenti fiscali
1. Le disposizioni del TUIR e la classificazione dei trust
Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) disciplina i trust sia ai fini delle imposte dirette sia a fini di residenza. L’art. 73 annovera tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società le “società e gli enti, compresi i trust, residenti nel territorio dello Stato” e distingue tra trust commerciali, non commerciali e trust non residenti . La norma stabilisce che i redditi dei trust residenti sono determinati secondo le regole dell’IRES e, se i beneficiari sono individuati, questi redditi sono imputati direttamente a loro in proporzione alla quota di partecipazione . Per determinare la residenza del trust, l’art. 73 fa riferimento alla sede legale, amministrativa o all’oggetto principale e introduce presunzioni di residenza per i trust istituiti in Paesi a fiscalità privilegiata quando il disponente o almeno un beneficiario sono residenti in Italia, oppure quando un residente conferisce beni immobili o quote di società residenti .
L’art. 45 TUIR definisce i redditi di capitale e, al comma 4‑quater, stabilisce una presunzione molto penalizzante: se il trust non distingue tra reddito e capitale nei versamenti ai beneficiari italiani, l’intero importo è tassato come reddito di capitale . La disposizione, introdotta dal D.L. 124/2019, risponde all’esigenza di contrastare i trust opachi in giurisdizioni privilegiate; l’Agenzia delle Entrate, nella citata circolare 34/E/2022, precisa che la presunzione opera quando il trust non dimostra con documentazione idonea che la distribuzione deriva da patrimonio iniziale o da redditi già tassati . Per evitare questa presunzione, il trustee deve tenere una contabilità separata del patrimonio e dei redditi prodotti.
2. La tassazione indiretta dei trust
La tassazione indiretta (imposta di successione e donazione, ipotecarie e catastali) è stata profondamente rivista dal D.Lgs. 139/2024. La norma ha introdotto l’art. 4‑bis nel Testo Unico delle successioni e donazioni, stabilendo che l’imposta si applica non alla costituzione del trust, ma al momento in cui i beni escono dal vincolo e vengono trasferiti ai beneficiari . Il conferimento di beni al trust è considerato fiscalmente neutro, come confermato dalla Cassazione, perché non comporta un arricchimento stabile dei beneficiari . Di conseguenza, il trasferimento iniziale non è soggetto a imposta, mentre all’atto di attribuzione ai beneficiari si applicano le aliquote e le franchigie previste per il rapporto tra disponente e beneficiario.
3. Obblighi di monitoraggio e quadro RW
Chi istituisce o beneficia di un trust estero deve rispettare gli obblighi di monitoraggio fiscale previsti dall’art. 4 del D.L. 167/1990. Questo articolo impone a coloro che detengono investimenti all’estero o attività estere di natura finanziaria di indicarli nella dichiarazione dei redditi, quadro RW. Con la riforma attuata dal D.Lgs. 231/2007 in materia di antiriciclaggio, è stata introdotta la definizione di “titolare effettivo”: per i trust, il titolare effettivo è il disponente, i beneficiari, le persone che esercitano il controllo o hanno poteri di rappresentanza . Secondo la risoluzione 53/E/2019 dell’Agenzia, l’obbligo dichiarativo sussiste solo per chi detiene concretamente la disponibilità o la titolarità dell’attività; il trustee che non ha diritti reali sui beni può essere esonerato dal quadro RW, mentre i beneficiari discrezionali devono dichiarare le attività estere solo se sono individuati e hanno un diritto attuale sui beni.
L’omessa indicazione nel quadro RW comporta una sanzione dal 3 % al 15 % del valore delle attività non dichiarate (raddoppiata al 6‑30 % se la giurisdizione è a fiscalità privilegiata). Inoltre l’art. 12 del D.L. 78/2009 prevede una presunzione legale in base alla quale le attività estere non dichiarate si presumono costituite con redditi sottratti a tassazione; ciò consente all’amministrazione di recuperare le imposte dovute e di prolungare i termini di accertamento a dieci anni . Tuttavia la Cassazione ha precisato che tale presunzione opera solo a fini civilistici e non può essere utilizzata in sede penale per contestare il reato di cui all’art. 11 D.Lgs. 74/2000 .
4. Contraddittorio obbligatorio e motivazione degli atti
Il rispetto del contraddittorio preventivo è un cardine della tutela del contribuente. L’art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000) prevede che, prima di emettere l’avviso di accertamento, l’amministrazione debba inviare al contribuente un invito a comparire o una comunicazione di irregolarità e concedergli un termine per presentare osservazioni. La giurisprudenza ha ritenuto che l’assenza di contraddittorio possa determinare la nullità dell’accertamento, salvo che la legge preveda espressamente una deroga. Nel 2023 il legislatore ha codificato questo principio inserendo nel D.Lgs. 219/2023 l’art. 6‑bis allo Statuto: tutte le attività di accertamento che possono essere impugnate devono essere precedute da un contraddittorio effettivo, con l’obbligo per l’amministrazione di comunicare lo schema di atto e attendere almeno sessanta giorni per le difese; la violazione comporta l’annullabilità dell’atto . Restano esclusi i controlli automatizzati e gli accertamenti con urgenza. Lo stesso decreto ha modificato l’art. 7, precisando che l’atto deve contenere la motivazione, gli elementi essenziali e l’indicazione dei documenti non allegati, pena la nullità.
5. La giurisprudenza più recente
Nel periodo 2024‑2025 la Cassazione ha emanato numerose pronunce in materia di trust esteri che forniscono importanti spunti difensivi:
- Cass. civ. 4575/2024: la Corte ha ribadito che il trust non ha personalità giuridica e non può essere destinatario di un avviso di liquidazione; il soggetto passivo è il trustee, unico titolare formale del patrimonio segregato .
- Cass. civ. 24387/2024: è stato confermato che il conferimento di beni in trust non determina il trasferimento definitivo della ricchezza e non consente al disponente di recuperare l’agevolazione prima casa; la segregazione non comporta tassazione .
- Cass. civ. 9096/2025: la Corte ha applicato il principio della prevalenza della sostanza sulla forma. In un trust estero dove il disponente manteneva il controllo e percepiva i redditi, il trust è stato considerato interposto; di conseguenza i redditi sono stati imputati direttamente al residente italiano, che doveva dichiararli e monitorarli .
- Cass. SS.UU. 26471/2025: le Sezioni Unite hanno affermato che la legge italiana governa l’efficacia del trust verso i creditori: la scelta di una legge straniera nell’atto istitutivo non preclude l’azione revocatoria dei creditori davanti ai giudici italiani. La clausola di proroga della giurisdizione è vincolante solo per disponente, trustee e beneficiari .
- Cass. civ. decisione di maggio 2025 (revocatoria): la Corte ha chiarito che l’azione revocatoria per rimettere in discussione un atto di trust può essere proposta entro cinque anni dall’annotazione nei pubblici registri; la domanda può riguardare l’atto costitutivo stesso, poiché inseparabile dal successivo trasferimento dei beni .
- Cass. pen. 20649/2025: la Suprema Corte, in sede penale, ha precisato che le sanzioni per l’omessa compilazione del quadro RW sono sanzioni amministrative non legate al mancato pagamento di imposte, quindi non integrano il reato di sottrazione fraudolenta di cui all’art. 11 D.Lgs. 74/2000 .
Oltre alla giurisprudenza, le risposte a interpello dell’Agenzia delle Entrate forniscono indicazioni pratiche: la risposta n. 175/2025 ha applicato l’art. 23, comma 1‑bis, TUIR alle plusvalenze realizzate da un trust opaco non residente, tassando in Italia le cessioni di partecipazioni di società estere che derivano il 50 % del proprio valore da immobili italiani ; la risposta n. 203/2025 ha riconosciuto il diritto al beneficio della convenzione contro le doppie imposizioni sui dividendi distribuiti tramite un trust pensione giapponese a società italiane, precisando che il certificato di residenza deve essere intestato al beneficiario finale; la risposta n. 239/2025 ha qualificato un trust californiano come trasparente in Italia perché, una volta individuati i beneficiari, i redditi vanno imputati direttamente a loro .
Procedura passo‑passo dopo l’avviso di accertamento
L’arrivo di un avviso di accertamento o di liquidazione costituisce un momento critico per il contribuente. Una reazione tempestiva e informata consente di ridurre gli effetti negativi e, talvolta, di evitare il contenzioso. Di seguito una guida in nove fasi per gestire l’accertamento relativo a trust esteri o conti non dichiarati.
1. Verifica della notifica e dei termini
- Controllo della notifica: verificare che l’avviso sia stato consegnato al soggetto corretto. In materia di trust, l’atto deve essere notificato al trustee e non al trust . Se il trust è interposto, la notifica deve avvenire al disponente o al beneficiario che detiene il controllo.
- Verifica dei termini: in generale, l’avviso di accertamento deve essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Tuttavia, per attività estere non dichiarate, l’art. 12 D.L. 78/2009 estende il termine a dieci anni . Occorre verificare l’anno di imposta contestato e se il termine sia scaduto.
- Consegna all’estero: se il trustee o il beneficiario risiede all’estero, la notifica segue le norme sulla cooperazione internazionale (regolamento UE 2020/1784 e convenzione dell’Aja). Un vizio nella notifica può rendere nullo l’atto.
2. Analisi della motivazione e della prova
Ogni atto impositivo deve contenere la motivazione, cioè le ragioni di fatto e di diritto che giustificano la pretesa. L’art. 7 dello Statuto, come modificato dal D.Lgs. 219/2023, richiede che l’atto esponga gli elementi essenziali e indichi gli allegati, pena la nullità . Nel caso di trust esteri, l’amministrazione deve indicare le norme applicate (art. 73 TUIR, art. 45 TUIR, art. 4 D.L. 167/1990) e fornire gli elementi che dimostrano la residenza fittizia, l’interposizione, la mancata dichiarazione dei redditi o la distribuzione di somme non tassate.
È opportuno accertare se l’ufficio ha acquisito documenti esteri tramite scambio di informazioni (Common Reporting Standard, FATCA, Dac 6) o se si è basato su mere presunzioni. In tema di interposizione, la Cassazione richiede la dimostrazione concreta del controllo del disponente ; una contestazione basata solo sulla forma del trust e sulla presenza di parenti tra disponente e trustee può essere infondata.
3. Contraddittorio preventivo
Verificare se l’ufficio ha inviato uno schema di atto prima dell’avviso finale e se ha concesso il termine di 60 giorni per controdedurre come previsto dall’art. 6‑bis dello Statuto . Se tale procedura manca, si può sollevare l’eccezione di nullità dell’accertamento (salvo i casi di accertamenti automatizzati o di urgenza). Presentare memorie e documenti in questa fase può portare all’archiviazione della pratica o alla riduzione della pretesa.
4. Autotutela e ravvedimento operoso
Se il contribuente riconosce in parte la pretesa, può presentare una istanza di autotutela chiedendo l’annullamento parziale o totale dell’accertamento sulla base di errori evidenti (ad esempio, calcolo errato delle sanzioni, mancata considerazione di crediti d’imposta, duplicazione di redditi). In alternativa, può versare le somme dovute spontaneamente mediante ravvedimento operoso, beneficiando di sanzioni ridotte proporzionalmente al momento del pagamento. Questa soluzione è consigliabile quando l’errore è modesto e si vuole evitare il contenzioso.
5. Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria
Il ricorso deve essere proposto entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso. Il difensore deve depositare telematicamente l’atto presso la Corte di Giustizia Tributaria competente per territorio (sede del contribuente) e pagare il contributo unificato. Nel ricorso vanno elencati i vizi di notifica, di motivazione, di difetto di prova, di decadenza e l’eventuale violazione del contraddittorio. È possibile chiedere l’sospensione dell’esecuzione dell’atto se l’immediato pagamento comporta un danno grave e irreparabile. La Corte può sospendere totalmente o parzialmente la riscossione.
6. Mediazione e conciliazione
Per gli atti di importo fino a 50.000 euro (dopo la riforma 2024), la proposizione del ricorso comporta automaticamente la presentazione di un’istanza di mediazione. L’ufficio ha 90 giorni per rispondere; in questo periodo è possibile trattare una riduzione della pretesa. In fase contenziosa, le parti possono concludere una conciliazione giudiziale che prevede uno sconto delle sanzioni e degli interessi.
7. Strategie difensive specifiche per i trust
- Contesto giuridico del trust: dimostrare che il trust non è interposto attraverso la produzione dell’atto istitutivo, la prova dell’indipendenza del trustee e della reale segregazione patrimoniale. Se i beneficiari non sono identificati o non hanno diritti attuali, non esiste obbligo di dichiarare le attività né di imputare i redditi.
- Distinzione capitale/reddito: conservare la contabilità del trust (estratti conto, bilanci, perizie) per dimostrare che le somme distribuite sono restituzioni di capitale e non reddito, evitando così la presunzione di cui all’art. 45, comma 4‑quater, TUIR .
- Residenza fiscale: contestare la presunzione di residenza italiana (art. 73 TUIR) dimostrando la sede dell’attività amministrativa all’estero, la localizzazione del patrimonio e la nazionalità del trustee. Nel caso di trust in Paesi a fiscalità privilegiata, è utile evidenziare che né il disponente né i beneficiari sono residenti in Italia o che la giurisdizione non è più nella black list.
- Plusvalenze e dividendi: in caso di cessione di partecipazioni o percezione di dividendi da società italiane tramite trust estero, valutare la disciplina di art. 23 TUIR (plusvalenze su società immobiliari) e delle convenzioni contro le doppie imposizioni. La risposta 175/2025 evidenzia che se le partecipazioni derivano prevalentemente da immobili italiani, la plusvalenza è tassata in Italia ; la risposta 203/2025 consente di applicare l’aliquota ridotta sui dividendi solo ai beneficiari effettivi.
- Interposizione e sostanza economica: la difesa deve evitare che l’amministrazione consideri il trust un mero schermo. Documenti che dimostrano la gestione autonoma (delibere, rendiconti, corrispondenza) e la non coincidenza tra disponente, trustee e beneficiari sono essenziali. La sentenza 9096/2025 mostra che la prevalenza della sostanza sulla forma può portare ad imputare i redditi ai soggetti italiani .
8. Giudizio di secondo grado e Cassazione
Se il ricorso viene rigettato, è possibile impugnare la sentenza in appello entro 60 giorni dalla comunicazione, evidenziando errori di diritto o vizi di motivazione. La Cassazione è l’ultimo grado: si può ricorrere per violazione di legge o vizio di motivazione. Lo studio dell’Avv. Monardo segue tutto il percorso contenzioso, inclusa la fase cautelare per sospendere l’esecutività delle decisioni.
9. Azioni dei creditori e revocatoria del trust
Oltre alla pretesa fiscale, i beni conferiti in trust possono essere aggrediti dai creditori del disponente. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito che la scelta di legge straniera nell’atto di trust non impedisce ai creditori di agire davanti ai tribunali italiani per revocare l’atto o considerarlo inefficace . L’azione revocatoria si prescrive in cinque anni e può essere proposta contro l’atto costitutivo stesso quando è strettamente connesso al trasferimento dei beni . È quindi indispensabile valutare l’opportunità di difendersi sia sul piano tributario sia su quello civilistico, producendo prove che il trust non è stato istituito in frode ai creditori.
Strumenti alternativi per gestire il debito: rottamazione, definizioni agevolate e crisi da sovraindebitamento
Quando l’accertamento fiscale determina un debito importante che il contribuente non riesce a saldare, esistono misure agevolative per regolare la posizione e ripristinare la sostenibilità finanziaria.
1. Rottamazione e definizione agevolata delle cartelle
La legge di bilancio 2023 (art. 1, commi 231‑252, L. 197/2022) ha introdotto la cosiddetta “rottamazione‑quater”, permettendo ai contribuenti di estinguere i debiti iscritti a ruolo dal 2000 al 2022 pagando solo l’importo dovuto a titolo di capitale e rimborso spese, con l’azzeramento di sanzioni e interessi . Il termine per aderire è stato prorogato più volte (decreto 51/2023, legge 87/2023 e milleproroghe 2025), permettendo la riammissione di chi aveva perso le rate . Per i debiti tributari legati a trust (es. imposte su plusvalenze o sanzioni RW), la rottamazione consente di ottenere un sostanziale sconto e di dilazionare i pagamenti in un massimo di cinque anni.
2. Rateizzazione ordinaria e accordi con l’Agenzia delle Entrate
L’Agente della riscossione concede piani di rateizzazione ordinaria fino a 72 rate (o 120 in casi di grave difficoltà) su istanza del contribuente. È possibile inoltre proporre un accordo di definizione (“trattazione”) in cui l’ufficio rinuncia a parte delle sanzioni in cambio del pagamento immediato del capitale. Queste soluzioni sono indicate quando il debito è sostenibile e il contribuente vuole evitare l’iscrizione ipotecaria o il pignoramento.
3. Piani del consumatore, accordi di ristrutturazione e liquidazione controllata (crisi da sovraindebitamento)
Per i debitori non fallibili che si trovano in stato di sovraindebitamento, la legge 3/2012 (ora confluita nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, D.Lgs. 14/2019) offre tre procedure: piano del consumatore, accordo di ristrutturazione dei debiti e liquidazione controllata. Il piano del consumatore consente al debitore persona fisica di proporre ai creditori (compresa l’Agenzia delle Entrate) un piano di pagamenti dilazionati e ridotti; se il tribunale omologa il piano, le eventuali eccedenze vengono cancellate e il debitore ottiene la esdebitazione, cioè la liberazione dai debiti residui. Gli accordi di ristrutturazione prevedono un piano concordato con la maggioranza dei creditori; la liquidazione controllata comporta la vendita dei beni con soddisfazione proporzionale dei creditori e permette l’esdebitazione finale. L’Avv. Monardo, in qualità di gestore della crisi da sovraindebitamento e professionista OCC, assiste i debitori nella presentazione delle istanze, nella predisposizione della documentazione patrimoniale e nella negoziazione con i creditori.
4. Transazioni fiscali in procedure concorsuali
Nell’ambito dei piani di ristrutturazione e del concordato minore, il D.L. 118/2021 consente di proporre una transazione fiscale all’Agenzia delle Entrate: il contribuente può offrire il pagamento parziale delle imposte e la falcidia delle sanzioni e degli interessi, purché il piano garantisca un soddisfacimento maggiore di quello ottenibile in caso di liquidazione forzata. Questa strada può essere percorsa quando il debito fiscale rappresenta la parte preponderante dell’esposizione.
Errori comuni e consigli pratici per i contribuenti con trust estero
- Non dichiarare il trust nel quadro RW o omettere gli investimenti esteri: la mancata compilazione espone a sanzioni elevate e alla presunzione di reddito non dichiarato .
- Ignorare la differenza tra trust opaco e trasparente: senza un’adeguata contabilità si rischia di vedere tassate integralmente le distribuzioni ai sensi dell’art. 45 TUIR .
- Confondere il trust con un soggetto giuridico: la Cassazione ha chiarito che l’atto va notificato al trustee ; un atto intestato al trust è nullo.
- Stipulare trust in Paesi “black list” senza valutare la presunzione di residenza: se il disponente o i beneficiari sono italiani, l’art. 73 TUIR presume la residenza del trust .
- Trascurare il contraddittorio preventivo: non fornire osservazioni o documenti entro i termini può precludere la possibilità di contestare l’atto e far perdere l’occasione di chiudere il contenzioso in via bonaria .
- Non differenziare tra capitale e reddito: la documentazione bancaria e la rendicontazione sono essenziali per evitare la tassazione integrale delle somme ricevute dal trust .
- Fidarsi di trust “fai da te”: l’improvvisazione può far emergere indici di interposizione e di abuso; è opportuno farsi assistere da professionisti esperti.
- Ignorare la possibilità di difesa in sede penale: le sanzioni RW non integrano il reato di sottrazione fraudolenta , ma la costituzione di un trust di comodo può configurare reati diversi; occorre quindi una difesa multidisciplinare.
- Sottovalutare la rilevanza delle convenzioni internazionali: per evitare doppie imposizioni su dividendi e plusvalenze, occorre verificare le convenzioni tra l’Italia e il Paese del trust e fornire la documentazione richiesta.
Tabelle riepilogative
Tabella 1 – Principali norme rilevanti per trust esteri
| Norma | Contenuto chiave | Fonte |
|---|---|---|
| Art. 73 TUIR | Definisce la soggettività passiva dei trust ai fini IRES, le regole di imputazione dei redditi ai beneficiari e le presunzioni di residenza per trust con disponente o beneficiari italiani | TUIR |
| Art. 45 TUIR, comma 4‑quater | Presunzione di reddito per le somme distribuite da trust esteri quando non è possibile distinguere tra capitale e reddito | TUIR |
| Art. 4 D.L. 167/1990 | Obbligo di indicare nel quadro RW le attività finanziarie estere; sanzioni dal 3 % al 15 % (raddoppiate per Paesi non collaborativi) | Normativa monitoraggio fiscale |
| Art. 12 D.L. 78/2009 | Presunzione legale: le attività estere non dichiarate si presumono costituite con redditi non tassati; proroga a dieci anni dei termini di accertamento | Normativa presunzioni |
| Art. 6‑bis, L. 212/2000 | Introduce il contraddittorio obbligatorio per gli atti impugnabili, con termine di 60 giorni per le controdeduzioni; la violazione comporta l’annullabilità dell’atto | Statuto del contribuente |
| Sentenza Cass. 4575/2024 | Il trust non ha personalità giuridica; l’avviso deve essere notificato al trustee | Giurisprudenza |
| Sentenza Cass. 9096/2025 | Principio della prevalenza della sostanza sulla forma; trust interposto se il disponente mantiene controllo e benefici | Giurisprudenza |
| D.Lgs. 139/2024, art. 4‑bis | Riforma della tassazione indiretta: imposta successione e donazione dovuta al momento dell’attribuzione ai beneficiari | Normativa |
| Risposte AE 175/2025, 203/2025, 239/2025 | Interpretazioni su plusvalenze, dividendi e classificazione dei trust opachi/trasparenti | Prassi |
Tabella 2 – Termini e scadenze principali dopo l’avviso di accertamento
| Fase | Termine (giorni) | Note |
|---|---|---|
| Presentazione di osservazioni allo schema di atto | 60 giorni | Obbligatorio solo se l’ufficio invia lo schema di atto e non si tratta di controlli automatizzati |
| Presentazione ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria | 60 giorni dalla notifica | Per importi fino a 50.000 € il ricorso equivale a istanza di mediazione; è necessario pagare contributo unificato |
| Istanza di sospensione in sede cautelare | Presentabile insieme al ricorso | Deve dimostrare il danno grave e irreparabile in caso di riscossione |
| Ricorso in appello | 60 giorni dalla comunicazione della sentenza | Consentito per vizi di diritto o di motivazione |
| Ricorso in Cassazione | 60 giorni dalla notifica della sentenza d’appello | Per violazione di legge o vizio di motivazione |
Tabella 3 – Strumenti di definizione del debito
| Strumento | Descrizione sintetica | Vantaggi |
|---|---|---|
| Rottamazione quater | Pagamento del solo capitale e spese, con stralcio di sanzioni e interessi su cartelle 2000‑2022 | Riduce notevolmente il debito, pagamento in rate fino a 5 anni |
| Rateizzazione ordinaria | Suddivisione del debito in 72/120 rate | Diluisce l’esborso nel tempo, evita procedure esecutive |
| Accordi di definizione e conciliazioni | Transazioni con l’Agenzia delle Entrate in fase contenziosa o in mediazione | Possibile riduzione di sanzioni, evita ulteriori spese processuali |
| Piano del consumatore | Procedura ex L. 3/2012 per persone fisiche sovraindebitate; prevede pagamento parziale e cancellazione del residuo | Sospensione delle azioni esecutive, esdebitazione finale |
| Accordo di ristrutturazione | Procedura per debitori non fallibili con omologazione giudiziale; richiede consenso della maggioranza dei creditori | Consente falcidia del credito e transazione fiscale |
| Liquidazione controllata | Vendita del patrimonio del debitore con esdebitazione al termine | Utile quando non si può proporre un piano di rientro sostenibile |
Domande frequenti (FAQ)
1. Un trust estero è sempre soggetto a tassazione in Italia?
No. Se il trust è residente all’estero e non ha beneficiari o disponente residenti in Italia, non è soggetto a imposizione in Italia salvo che produca redditi di fonte italiana. Tuttavia, esistono presunzioni di residenza per i trust istituiti in Paesi a fiscalità privilegiata con disponente o beneficiari italiani .
2. Come si distingue un trust trasparente da uno opaco?
Un trust è trasparente quando i beneficiari sono individuati e hanno diritto a pretendere i redditi, che vengono quindi tassati direttamente in capo a loro. È invece opaco quando i redditi rimangono al trust e i beneficiari non hanno un diritto attuale; in tal caso il trust è soggetto a IRES. Se il trust è opaco ed è istituito in un Paese a fiscalità privilegiata, le somme distribuite ai beneficiari italiani sono tassate come redditi di capitale .
3. Quando scatta l’obbligo di compilazione del quadro RW per i beneficiari di un trust?
L’obbligo sorge quando il beneficiario ha un diritto attuale sul patrimonio del trust o ne esercita il controllo. Se i beneficiari sono discrezionali e non identificati, l’obbligo ricade solo sul disponente (se ha poteri di revoca) e sul trustee che detiene concretamente le attività .
4. Cosa accade se non compilo il quadro RW?
L’omessa compilazione comporta sanzioni dal 3 % al 15 % (o dal 6 % al 30 % per Paesi non collaborativi) del valore delle attività non dichiarate e applica la presunzione che tali attività siano frutto di redditi non dichiarati . Tale presunzione consente l’accertamento fino a dieci anni. Tuttavia, le sanzioni RW non costituiscono di per sé reato di sottrazione fraudolenta .
5. Posso detrarre dall’imposta gli importi versati al trust come dotazione?
No. Il conferimento di beni al trust è fiscalmente neutro e non costituisce spesa deducibile. Non genera imposta di successione o donazione .
6. Come si calcola la tassazione quando il trust vende una partecipazione immobiliare?
L’art. 23, comma 1‑bis, TUIR prevede che la plusvalenza derivante dalla cessione di azioni o quote di società il cui valore deriva per più del 50 % da immobili situati in Italia sia tassata in Italia anche se realizzata da un soggetto estero. La risposta interpello 175/2025 ha confermato che questa norma si applica anche ai trust opachi non residenti .
7. Le convenzioni contro le doppie imposizioni si applicano ai trust?
Sì, ma il beneficiario deve dimostrare di essere il effettivo beneficiario (beneficial owner) del reddito. La risposta interpello 203/2025 ha riconosciuto l’aliquota ridotta del 15 % sui dividendi italiani pagati attraverso un trust giapponese quando i beneficiari finali sono società italiane che forniscono il certificato di residenza e il modulo di richiesta.
8. Se ricevo un avviso di accertamento, posso trasferire i beni a un trust per sottrarli al fisco?
No. La costituzione di un trust dopo aver ricevuto un avviso di accertamento può essere considerata un atto fraudolento e integra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 D.Lgs. 74/2000). La Cassazione ritiene che solo l’esistenza di un debito tributario e l’effettivo occultamento dei beni possano integrare il reato .
9. È possibile impugnare un avviso di accertamento inviato senza contraddittorio?
Sì. Se l’atto rientra tra quelli per cui il contraddittorio è obbligatorio (non si tratta di controllo automatizzato o di urgenza) e l’ufficio non ha inviato lo schema di atto né concesso 60 giorni per le osservazioni, il contribuente può eccepire la nullità dell’accertamento .
10. Come dimostrare che il trust non è interposto?
È necessario provare che il disponente non esercita poteri di revoca o di indirizzo, che il trustee è indipendente e che i beneficiari non coincidono con il disponente. La produzione di delibere del trustee, rendiconti e documenti bancari può dimostrare la gestione autonoma e salvaguardare la segregazione patrimoniale .
11. Qual è il momento in cui si paga l’imposta di successione in caso di trust?
Con la riforma del 2024 l’imposta si paga al momento dell’attribuzione dei beni ai beneficiari. L’art. 4‑bis TUS prevede infatti la tassazione “all’uscita” dal trust e non alla dotazione iniziale .
12. Un trust può essere revocato dai creditori del disponente?
Sì. Le Sezioni Unite hanno stabilito che i creditori possono promuovere un’azione revocatoria contro l’atto istitutivo del trust e il trasferimento dei beni se ritengono che sia stato compiuto in pregiudizio delle loro ragioni . Il termine di prescrizione è di cinque anni dalla trascrizione .
13. Cosa succede se il trust distribuisce redditi ma non tiene contabilità?
In mancanza di documentazione che distingua il capitale dal reddito, le somme distribuite a beneficiari italiani sono interamente tassate come reddito di capitale ai sensi dell’art. 45 TUIR . È dunque fondamentale tenere una contabilità separata.
14. Un trust può beneficiare della rottamazione?
Sì. Se il trust (o il beneficiario) ha debiti iscritti a ruolo può aderire alla rottamazione‑quater, pagando il solo capitale e le spese, con l’azzeramento di sanzioni e interessi . In caso di trust interposto, l’adesione va presentata dal soggetto considerato effettivo titolare del debito.
15. Il trust è opponibile ai fini IVA e delle imposte indirette?
Il conferimento di beni al trust è neutro ai fini dell’imposta di registro e delle imposte ipotecarie e catastali, ma l’Agenzia può contestare l’abuso del diritto se il trust è strumentale a evitare queste imposte. I trasferimenti finali ai beneficiari sono invece soggetti a imposta di successione e donazione secondo la relazione tra disponente e beneficiario .
16. È possibile proporre la mediazione tributaria per importi superiori a 50.000 euro?
No. Per importi superiori la mediazione non è obbligatoria, ma è sempre possibile concludere un accordo conciliativo in corso di causa con l’ufficio.
17. In quali casi è richiesta la fideiussione per sospendere la riscossione?
Quando il contribuente chiede la sospensione della riscossione in pendenza di ricorso, l’Agente della Riscossione può subordinare la sospensione alla presentazione di una garanzia fideiussoria. Tuttavia, se il contribuente dimostra di essere in grave difficoltà economica o di avere ragionevoli probabilità di successo, il giudice può concedere la sospensione senza garanzie.
18. I redditi di un trust familiare istituito in Italia sono soggetti a IMU?
L’IMU è dovuta dal possessore dell’immobile, che nel caso di trust è il trustee. Tuttavia, se l’immobile è concesso in abitazione principale al disponente o a un beneficiario, possono applicarsi le agevolazioni previste per l’abitazione principale. Occorre valutare la disciplina comunale.
19. L’Agenzia delle Entrate può applicare sia le sanzioni RW sia l’imposta sulle donazioni per un conferimento in trust?
No. Il conferimento in trust non integra trasferimento imponibile ai fini dell’imposta di donazione . Le sanzioni RW scattano solo se il contribuente omette di dichiarare le attività detenute all’estero .
20. Cosa succede se il trust viene sciolto?
Alla cessazione del trust, i beni tornano al disponente o vengono trasferiti ai beneficiari. In quest’ultimo caso si applica la tassazione prevista per le successioni e donazioni. Il disponente deve verificare se lo scioglimento causa la tassazione differita di plusvalenze o la perdita di agevolazioni.
Simulazioni pratiche e numeriche
Per comprendere concretamente l’impatto fiscale e le possibili strategie difensive, proponiamo alcune simulazioni basate su casi reali (i dati sono esemplificativi).
Simulazione 1 – Distribuzione di un trust opaco in Paese non collaborativo
Scenario: un trust opaco residente nelle Isole Cayman distribuisce a un beneficiario residente in Italia 500.000 €. Non viene prodotta documentazione contabile che distingua capitale e reddito.
Calcolo:
- Poiché il trust è in un Paese a fiscalità privilegiata e manca la distinzione tra capitale e reddito, l’intero importo è considerato reddito di capitale in capo al beneficiario ai sensi dell’art. 45, comma 4‑quater, TUIR .
- L’aliquota sui redditi di capitale percepiti da persone fisiche è del 26 %. La tassazione sarà quindi 500.000 € × 26 % = 130.000 €.
- Se il beneficiario non ha indicato il trust nel quadro RW, si applica la sanzione del 30 % (Paese non collaborativo) sul valore dell’attività non dichiarata (500.000 €): 150.000 €.
- L’Agenzia può recuperare le imposte e le sanzioni per i dieci anni antecedenti la distribuzione, con interessi di mora.
Strategia difensiva:
- Dimostrare con documenti che la somma distribuita rappresenta la restituzione di capitale conferito dal disponente (contabilità, atti di dotazione, investimenti).
- Richiedere l’applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni se il trust ha già pagato imposte nel Paese estero.
- Valutare l’adesione alla rottamazione quater per ridurre le sanzioni.
Simulazione 2 – Plusvalenza su cessione di società immobiliare
Scenario: un trust statunitense opaco vende il 100 % delle quote di una società svizzera che possiede un immobile in Italia dal valore di 2 milioni di euro. Il prezzo di vendita è 3 milioni di euro, con una plusvalenza di 1 milione. Il trust non è residente in Italia.
Calcolo:
- L’art. 23, comma 1‑bis, TUIR stabilisce che la plusvalenza derivante dalla cessione di partecipazioni che traggono più del 50 % del valore da immobili in Italia si considera prodotta in Italia e quindi tassabile .
- L’imposta sostitutiva sulle plusvalenze di soggetti non residenti è del 26 %. La tassazione sarà quindi 1.000.000 € × 26 % = 260.000 €.
- Se il trust non dichiara la plusvalenza, l’Agenzia può contestare l’omissione e applicare sanzioni dal 120 % al 240 % dell’imposta evasa.
Strategia difensiva:
- Verificare se il trust ha diritto ad applicare la convenzione Italia‑USA o Italia‑Svizzera per ridurre l’aliquota.
- Considerare la possibilità di opzione per il regime in deroga previsto dall’art. 68, comma 9‑bis, TUIR che riduce l’aliquota al 20 % per cessioni di partecipazioni qualificate.
- Valutare l’adesione a definizione agevolata per ridurre le sanzioni.
Simulazione 3 – Accesso alla procedura di sovraindebitamento
Scenario: un professionista italiano ha costituito un trust discrezionale in Nuova Zelanda e ha ricevuto un accertamento per 800.000 € di imposte e sanzioni relative a investimenti non dichiarati. Non dispone di liquidità immediata e rischia l’espropriazione della prima casa.
Soluzione:
- Valutare la solvibilità del contribuente: il professionista ha un reddito annuale di 40.000 € e un immobile di valore 200.000 € gravato da mutuo. Non è soggetto a fallimento.
- Presentare un piano del consumatore ex L. 3/2012, proponendo ai creditori (Agenzia delle Entrate e banca) il pagamento di 300.000 € in 6 anni mediante cessione di una parte del reddito e la vendita di un bene non essenziale (auto di lusso). Il piano prevede l’esdebitazione del residuo di 500.000 €.
- Con la presentazione della domanda, il giudice dispone l’automatic stay (sospensione) delle procedure esecutive. Se il piano viene omologato, l’Agenzia rinuncia alle procedure e il debitore, una volta adempiuto, ottiene la cancellazione del residuo.
Vantaggi: l’utilizzo della procedura consente di bloccare pignoramenti e sequestri, di negoziare il pagamento in modo sostenibile e di liberarsi dal debito residuo. La presenza dell’Avv. Monardo come gestore OCC garantisce l’assistenza tecnica e la predisposizione del piano.
Conclusione
L’utilizzo di trust esteri per finalità legittime, come la pianificazione successoria o la protezione patrimoniale, è perfettamente lecito. Tuttavia l’evoluzione normativa e giurisprudenziale degli ultimi anni impone grande attenzione: l’Agenzia delle Entrate dispone di strumenti sempre più efficaci per accertare la residenza dei trust, presumerne l’interposizione e tassare integralmente le somme distribuite. La mancata dichiarazione delle attività estere espone a sanzioni severe e alla presunzione di redditi non dichiarati . Nel contempo, la giurisprudenza ha ribadito che il conferimento in trust è fiscalmente neutro , che il trust non ha personalità giuridica e che il principio della sostanza sulla forma può portare a considerare interposti i trust usati come schermi .
Per evitare errori e difendersi efficacemente, è necessario agire tempestivamente sin dal primo atto: verificare la notifica, contestare la motivazione, chiedere il contraddittorio, produrre la documentazione che dimostri la genuinità del trust, valutare l’adesione a forme di definizione agevolata o, quando il debito è insostenibile, accedere alle procedure di sovraindebitamento. Le tabelle, le FAQ e le simulazioni illustrate forniscono un quadro operativo e concreto per orientarsi.
L’Avv. Giuseppe Angelo Monardo e il suo staff multidisciplinare rappresentano un punto di riferimento sicuro per i contribuenti e i debitori che si trovano ad affrontare accertamenti su trust esteri. Con competenze che spaziano dal diritto bancario e tributario alla gestione della crisi da sovraindebitamento, lo studio offre un’assistenza completa: dall’analisi dell’atto all’impugnazione giudiziale, dalle trattative per riduzioni e rateizzazioni alla predisposizione di piani di rientro. L’Avv. Monardo, cassazionista e gestore OCC, ha maturato un’esperienza significativa nella difesa di contribuenti contro le pretese dell’Erario e nella protezione del patrimonio familiare.
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