Introduzione
L’accertamento fiscale è uno strumento attraverso il quale l’Amministrazione finanziaria ricostruisce il reddito o l’imponibile di una società quando ritiene che i dati dichiarati dal contribuente siano incompleti o non corrispondano alla realtà. Per un’impresa, ricevere un avviso di accertamento o un processo verbale di constatazione (PVC) rappresenta un momento critico: sono in gioco la stabilità economica dell’azienda, la credibilità nei confronti di banche e fornitori e, in caso di contestazioni penali, anche la reputazione degli amministratori. La normativa italiana disciplina con rigore i termini di emissione e notifica degli atti impositivi e prevede garanzie di partecipazione del contribuente, ma il quadro è complesso e in continua evoluzione. Esistono gravi rischi per chi non conosce le proprie tutele: decadenza dei termini, perdita di benefici, aggravamento delle sanzioni e persino azioni esecutive tempestive.
L’obiettivo di questo articolo è fornire una guida completa e aggiornata al mese di dicembre 2025 sull’accertamento fiscale rivolto alle società, illustrando le norme vigenti, le recenti pronunce della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale e le strategie di difesa più efficaci. I riferimenti normativi e giurisprudenziali citati provengono da fonti ufficiali (leggi, decreti legislativi, circolari dell’Agenzia delle Entrate e sentenze reperite sui siti istituzionali).
Fin dai primi paragrafi il lettore troverà indicazioni pratiche su come affrontare l’accertamento: dalla verifica preliminare della notifica all’analisi dei termini di decadenza previsti dagli artt. 43 del DPR 600/1973 e 57 del DPR 633/1972, fino alle possibilità di sospensione e definizione agevolata del debito. Verranno analizzate le principali novità normative: l’obbligo generalizzato di contraddittorio introdotto dal D.Lgs. 219/2023 (art. 6‑bis dello Statuto del contribuente), le modifiche apportate dal DL 39/2024 e i chiarimenti della Cassazione in materia di proroga dei termini durante l’emergenza pandemica . Sarà dato spazio anche alle procedure deflattive (accertamento con adesione, mediazione tributaria) e agli strumenti di composizione della crisi (piano del consumatore, accordi di ristrutturazione, esdebitazione).
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Grazie alla collaborazione con commercialisti, revisori e consulenti finanziari, lo studio offre una analisi integrata della posizione fiscale e patrimoniale dell’impresa. Le attività principali comprendono:
- verifica dell’atto di accertamento e dei relativi presupposti;
- predisposizione di memorie difensive e ricorsi, con richiesta di sospensione dell’atto o delle sanzioni;
- trattative con l’Agenzia delle Entrate per l’accertamento con adesione e la definizione agevolata;
- assistenza nei piani di rientro e nella rateizzazione del debito;
- soluzioni giudiziali (ricorso alla giustizia tributaria, impugnazioni in Cassazione) e soluzioni stragiudiziali (mediazione, transazione fiscale, accordi ex art. 63 del Codice della crisi d’impresa).
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Contesto normativo e giurisprudenziale
1. Fonti e natura dell’accertamento
Il sistema tributario italiano si fonda sull’autoliquidazione: imprese e professionisti dichiarano spontaneamente i redditi e calcolano le imposte dovute. L’Agenzia delle Entrate esercita il potere di controllo e accertamento per verificare la correttezza delle dichiarazioni. Gli atti emessi a conclusione di queste verifiche sono disciplinati da un complesso di fonti normative:
- DPR 600/1973 (imposte sui redditi) – articoli sul procedimento di accertamento e sui termini di emissione;
- DPR 633/1972 (IVA) – norme sulla rettifica dell’imposta sul valore aggiunto;
- Legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) – principi generali, obbligo di motivazione, contraddittorio;
- D.Lgs. 218/1997 – disciplina dell’accertamento con adesione e degli istituti deflattivi del contenzioso;
- D.Lgs. 546/1992 – regole sul processo tributario e sui termini di ricorso;
- Legge 3/2012, D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa) e D.L. 118/2021 – strumenti di composizione della crisi e protezione del patrimonio;
- Nuova legislazione 2023‑2025 – riforma dello Statuto del contribuente (D.Lgs. 219/2023), decreti legge 39/2024 e 69/2024.
Il potere di accertamento trova fondamento nell’art. 53 della Costituzione (principio di capacità contributiva) e nell’art. 24 della stessa Carta (diritto di difesa). Le norme richiedono che l’atto di accertamento sia motivato, che sia notificato nel rispetto di termini perentori e che sia preceduto da un contraddittorio con il contribuente quando la legge lo prevede.
2. Termini di emissione e notifica degli avvisi di accertamento
Per evitare l’arbitrarietà dell’azione amministrativa, la legge fissa termini di decadenza oltre i quali l’Agenzia non può più emettere o notificare l’atto impositivo. Conoscere questi termini è essenziale perché la loro violazione comporta la nullità dell’accertamento.
2.1 Accertamento sulle imposte dirette (art. 43 DPR 600/1973)
L’art. 43 del DPR 600/1973 stabilisce che gli avvisi di accertamento dell’imposta sui redditi devono essere notificati entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Se la dichiarazione non è stata presentata o è nulla, la notifica può avvenire entro il quinto anno . In caso di violazioni che integrano reati tributari (es. dichiarazione fraudolenta), il termine raddoppia, ma la Procura deve dare notizia all’Agenzia entro il termine ordinario (c.d. raddoppio dei termini). È inoltre previsto che l’amministrazione possa emettere un accertamento integrativo se emergono nuovi elementi, ma deve indicare nell’avviso quali sono i fatti sopravvenuti .
Tabella 1 – Termini di decadenza per le imposte dirette
| Situazione dichiarativa | Termine per la notifica dell’avviso (art. 43 DPR 600/1973) |
|---|---|
| Dichiarazione presentata regolarmente | 31 dicembre del quarto anno successivo |
| Dichiarazione omessa o nulla | 31 dicembre del quinto anno successivo |
| Violazioni penali (con comunicazione ex art. 331 c.p.p.) | raddoppio dei termini; 8 anni per dichiarazioni omesse |
| Accertamento integrativo | deve indicare nuovi elementi nell’atto |
2.2 Accertamento IVA (art. 57 DPR 633/1972)
Per l’IVA, l’art. 57 del DPR 633/1972 stabilisce che gli avvisi di rettifica devono essere notificati entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione . Se la dichiarazione IVA è omessa o nulla, l’amministrazione ha tempo fino al 31 dicembre del settimo anno successivo. Quando sono richiesti documenti, il termine è sospeso per un massimo di 15 giorni e l’eventuale accertamento integrativo deve indicare le nuove circostanze .
Tabella 2 – Termini di decadenza per l’IVA (art. 57 DPR 633/1972)
| Situazione | Termine per la notifica |
|---|---|
| Dichiarazione IVA presentata | 31 dicembre del quinto anno successivo |
| Dichiarazione IVA omessa o nulla | 31 dicembre del settimo anno successivo |
| Documenti richiesti dall’Ufficio | sospensione max 15 giorni; proroga dei termini |
| Accertamento integrativo | deve indicare i nuovi elementi |
2.3 Proroghe straordinarie e disciplina emergenziale
Durante l’emergenza Covid‑19 sono state introdotte proroghe straordinarie. L’art. 67 del DL 18/2020 (“Cura Italia”) sospendeva dall’8 marzo al 31 maggio 2020 i termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento e riscossione . Successivamente l’art. 157 del DL 34/2020 (“Rilancio”) ha previsto che gli atti con termini di decadenza scadenti tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020 potevano essere emessi entro il 31 dicembre 2020 e notificati tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, derogando al divieto di proroga previsto dallo Statuto del contribuente . La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17668 del 30 giugno 2025, ha chiarito che questa disciplina costituisce norma speciale e che la sospensione di 85 giorni prevista dall’art. 67 del DL 18/2020 non può aggiungersi al differimento di cui all’art. 157: i termini sono assorbiti nella proroga speciale . Ne consegue che per gli atti con scadenza naturale nel 2020, l’ultimo giorno utile per la notifica era il 28 febbraio 2022 e non il 26 marzo 2022; l’avviso emesso o notificato oltre tali termini è nullo .
3. Il contraddittorio endoprocedimentale e i suoi sviluppi
3.1 Lo Statuto del contribuente e l’art. 12 comma 7
Lo Statuto dei diritti del contribuente (L. 212/2000) ha introdotto il contraddittorio anticipato nelle verifiche presso la sede del contribuente. L’art. 12 comma 7 prevede che, al termine della verifica, gli organi di controllo rilascino copia del processo verbale di constatazione e che il contribuente abbia 30 giorni (ora 60) per comunicare osservazioni e richieste. Durante questo periodo l’amministrazione non può emettere avvisi di accertamento, salvo casi di urgenza e motivi di tutela della riscossione . La Cassazione, con la sentenza n. 25759/2014, ha stabilito che l’inosservanza di tale termine comporta la nullità dell’avviso emanato prima dei 60 giorni, a meno che l’amministrazione documenti l’urgenza .
3.2 Obbligo generalizzato di contraddittorio (D.Lgs. 219/2023 e DL 39/2024)
Per anni la giurisprudenza ha affermato che il contraddittorio era obbligatorio solo per i tributi armonizzati (IVA, accise) e nelle ipotesi espressamente previste dalla legge. Le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 24823/2015) avevano escluso l’esistenza di un obbligo generalizzato per i tributi non armonizzati, richiamando il diritto dell’Unione europea. La Corte costituzionale, con ordinanza n. 40/2019, aveva ribadito questa impostazione.
La riforma fiscale del 2023 ha invertito la rotta: l’art. 6‑bis introdotto dal D.Lgs. 219/2023 nello Statuto del contribuente stabilisce che tutti gli atti autonomamente impugnabili devono essere preceduti da un contraddittorio. L’Ufficio invia una comunicazione di avvio del procedimento con l’indicazione dei motivi e concede almeno 60 giorni per presentare osservazioni. Sono esclusi gli atti automatizzati, gli accertamenti parziali e i casi di pericolo per la riscossione (ad esempio in presenza di fondati indizi di trasferimento all’estero). L’avviso definitivo deve tenere conto delle deduzioni del contribuente e motivare il mancato accoglimento .
Pochi mesi dopo, il DL 39/2024 (convertito in Legge 67/2024) ha ulteriormente modificato gli artt. 6‑bis, 7, 7‑bis e 7‑ter dello Statuto, chiarendo che la violazione del contraddittorio è causa di annullabilità dell’atto e che la nullità si verifica solo se la legge lo prevede espressamente. Le nuove regole si applicano agli atti emessi dal 30 aprile 2024; per quelli antecedenti continua a valere la disciplina precedente. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21271 del 25 luglio 2025, ha precisato che prima dell’entrata in vigore dell’art. 6‑bis lo Stato italiano non prevedeva un obbligo generalizzato; per i tributi non armonizzati, la mancanza di contraddittorio non comportava nullità dell’atto, salvo che il contribuente dimostrasse quali argomentazioni concrete avrebbe presentato (c.d. prova di resistenza) . Per i tributi armonizzati, invece, l’inosservanza del contraddittorio rendeva l’atto nullo se il contribuente dimostrava che la violazione aveva pregiudicato la sua difesa .
4. Diritto di difesa e termini di ricorso
Gli avvisi di accertamento e gli atti impositivi sono impugnabili dinanzi alla giustizia tributaria. L’art. 21 del D.Lgs. 546/1992 prevede che il ricorso deve essere proposto, a pena di inammissibilità, entro 60 giorni dalla notifica dell’atto . In caso di rifiuto tacito di rimborso, il ricorso è possibile dopo 90 giorni dalla domanda e non oltre i termini prescrizionali; per i versamenti indebitamente effettuati, la domanda di rimborso deve essere presentata entro due anni dal pagamento, salvo che la legge preveda un termine diverso .
Nel processo tributario vigono il principio del contraddittorio e dell’onere della prova: l’amministrazione deve provare i fatti su cui fonda la pretesa impositiva, mentre il contribuente deve dimostrare le circostanze che giustificano la deduzione di costi o la detrazione dell’imposta. Le prove documentali rivestono un ruolo fondamentale, soprattutto per le società, che devono conservare scritture contabili e fatture.
5. Principio di colpevolezza e sanzioni amministrative
Gli accertamenti fiscali spesso comportano anche l’irrogazione di sanzioni amministrative. L’art. 5 del D.Lgs. 472/1997 stabilisce il principio di responsabilità personale: ciascuno risponde per la propria azione o omissione, volontaria o colposa . Le violazioni che richiedono un elevato grado di professionalità (ad es. consulenze tributarie complesse) sono punite solo per dolo o colpa grave; la colpa è considerata grave quando c’è un’evidente mancanza di diligenza nella conoscenza delle norme . Comprendere la distinzione tra dolo, colpa lieve e colpa grave è importante perché consente di valutare la contestazione di una sanzione e di invocare l’esimente dell’errore scusabile.
Procedura dopo la notifica: cosa deve fare la società
Ricevere un avviso di accertamento o un processo verbale di constatazione non significa necessariamente che la pretesa del Fisco sia corretta o definitiva. Esistono passaggi procedimentali che, se seguiti con attenzione, possono consentire di annullare l’atto o di ridurre sensibilmente l’importo dovuto. Di seguito si propone una guida passo per passo che descrive le attività da compiere dalla ricezione della notifica alla decisione finale.
1. Verificare la validità della notifica
- Controllare la data di consegna: annotare la data di notifica perché da essa decorrono i termini di ricorso (60 giorni). La notifica deve avvenire tramite posta raccomandata con avviso di ricevimento, PEC (per i soggetti obbligati a dotarsene) o messo notificatore. Nel caso di società, la notifica può essere effettuata presso la sede legale o, in alcuni casi, presso il legale rappresentante.
- Identificare il tipo di atto: distinguere tra avviso di accertamento (imposte sui redditi, IVA), avviso di liquidazione (imposte di registro e ipotecarie), atto di recupero crediti d’imposta o cartella di pagamento. Ogni atto ha requisiti formali e sostanziali specifici.
- Verificare la competenza dell’ufficio: l’atto deve essere emesso dall’ufficio territorialmente competente (in base al domicilio fiscale della società). L’incompetenza può essere causa di nullità.
- Controllare la motivazione: la motivazione deve essere comprensibile, completa e indicare i presupposti di fatto e le norme di diritto su cui si basa la pretesa. Una motivazione apparente (es. frasi generiche) può essere impugnata. La Cassazione ha affermato che un provvedimento è illegittimo quando la motivazione, pur graficamente esistente, è sostanzialmente apparente .
2. Esaminare i termini di decadenza
Una delle prime verifiche riguarda i termini per la emissione e notifica dell’atto. Le domande da porsi sono: la dichiarazione è stata presentata? Sono passati più di quattro o cinque anni? L’atto indica eventuali violazioni penali che giustifichino il raddoppio dei termini? Per l’IVA, sono decorsi cinque o sette anni? Se i termini non sono rispettati, l’avviso è inesistente o nullo e deve essere annullato. La sentenza della Cassazione n. 17668/2025 ribadisce che l’atto emesso nel 2022 per l’anno d’imposta 2015 è tardivo, poiché doveva essere emesso entro il 31 dicembre 2020 e notificato entro il 28 febbraio 2022 .
3. Analizzare l’eventuale contraddittorio
Se l’accertamento deriva da una verifica in loco (accesso o ispezione), occorre controllare che l’ufficio abbia rilasciato copia del PVC e abbia atteso almeno 60 giorni prima di emettere l’avviso, salvo casi di urgenza . Dopo il 2024, quando applicabile l’art. 6‑bis dello Statuto del contribuente, occorre verificare se sia stata inviata la comunicazione preventiva e se siano stati concessi 60 giorni per presentare osservazioni . In mancanza, l’atto potrebbe essere annullato o annullabile. Tuttavia, per gli atti emessi prima del 30 aprile 2024 e per i tributi non armonizzati, l’assenza di contraddittorio non comporta automaticamente la nullità; occorre dimostrare la prova di resistenza (quali deduzioni avrebbero potuto influire sull’esito) .
4. Valutare la fondatezza nel merito
Un accertamento può essere basato su metodi differenti: analitico‑induttivo (difformità tra ricavi dichiarati e indicatori presuntivi), induttivo puro (contabilità inattendibile o mancata presentazione delle scritture), parametri e studi di settore. È necessario:
- verificare se i presupposti legali del metodo utilizzato siano presenti (es. contabilità inattendibile per l’accertamento induttivo);
- analizzare la ricostruzione dei ricavi e dei costi: spesso l’Agenzia utilizza presunzioni (coefficiente di ricarico, percentuali di rimanenze). Occorre dimostrare con documenti contabili o perizia la reale entità dei costi e dei ricavi;
- controllare l’applicazione di sanzioni: determinare se la violazione è frutto di errore scusabile o di colpa grave .
5. Predisporre la difesa: osservazioni, istanze, ricorsi
- Memorie e osservazioni: se si rientra nel perimetro del contraddittorio obbligatorio, è opportuno presentare per iscritto le proprie osservazioni, accompagnate da documenti, per cercare di convincere l’Ufficio a ridurre o annullare la pretesa. I verbali possono essere integrati con documenti giustificativi (contratti, fatture, perizie).
- Istanza di autotutela: si può presentare all’ufficio un’istanza di annullamento in autotutela per errori di calcolo, doppie imposizioni, evidente infondatezza. L’ufficio ha discrezionalità ma deve rispondere entro 90 giorni; l’istanza non sospende i termini di ricorso.
- Accertamento con adesione: se il contribuente ritiene di poter concordare con l’ufficio un importo inferiore, può attivare l’accertamento con adesione ai sensi del D.Lgs. 218/1997. L’attivazione sospende per 90 giorni i termini di impugnazione e consente una riduzione delle sanzioni a un terzo o a un sesto, in base ai casi. Il procedimento si conclude con un atto che ha efficacia di titolo definitivo e consente la rateizzazione.
- Ricorso alla giustizia tributaria: se non è stato possibile definire l’atto, occorre redigere un ricorso motivato e depositarlo entro 60 giorni presso la Corte di giustizia tributaria (in via telematica). È possibile richiedere la sospensione cautelare dell’atto dimostrando il periculum in mora (danno grave e irreparabile) e il fumus boni iuris (fondati motivi). In primo grado, il ricorso non richiede l’assistenza di un avvocato per importi fino a 3.000 €; per le società è sempre consigliato il patrocinio di un professionista.
- Appello e Cassazione: la sentenza di primo grado può essere appellata entro 60 giorni; la decisione della Corte di giustizia tributaria di secondo grado può essere impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione per violazione di legge.
Difese e strategie legali: come contestare o definire il debito
Affrontare un accertamento fiscale richiede un’analisi personalizzata. Esistono tuttavia alcune strategie ricorrenti che permettono di contestare l’atto, sospendere la pretesa o, se opportuno, definire il debito con condizioni più favorevoli. Le sezioni che seguono presentano le principali tattiche difensive, con attenzione al punto di vista dell’impresa.
1. Contestare vizi formali e procedurali
- Tardività dell’atto: come già ricordato, se l’avviso è notificato oltre i termini previsti dall’art. 43 DPR 600/1973 o dall’art. 57 DPR 633/1972, oppure oltre il termine prorogato dall’art. 157 DL 34/2020, esso è nullo. La sentenza 17668/2025 conferma l’importanza di controllare la tempestività .
- Omessa comunicazione del PVC o mancanza di contraddittorio: se l’ispezione è avvenuta presso la sede della società ed è stato omesso il rilascio del processo verbale o non sono decorsi i 60 giorni, l’avviso può essere contestato . Per gli atti emessi dopo il 2024, l’assenza del contraddittorio obbligatorio comporta annullabilità .
- Incompetenza territoriale: gli atti devono essere emessi dall’ufficio competente; un errore nella competenza (es. ufficio errato o privo di delega) è causa di nullità.
- Motivazione insufficiente o apparente: la Cassazione ha chiarito che l’amministrazione non è tenuta a confutare punto per punto tutte le osservazioni del contribuente, ma la motivazione non può essere generica . La mancanza di motivazione rende l’atto illegittimo.
- Falsi presupposti di fatto: se l’accertamento si basa su presunzioni smentite da prove documentali (ad es. ricavi presunti, ricarichi standard), occorre depositare bilanci, contratti e documenti contabili per dimostrare l’effettiva situazione.
- Violazione del principio del ne bis in idem: non possono essere emessi più avvisi per lo stesso anno e per le medesime imposte, salvo che emergano nuovi elementi e siano indicati nell’accertamento integrativo .
2. Contestare il merito dell’accertamento
- Metodi induttivi e presuntivi: la giurisprudenza richiede che, per procedere con accertamenti induttivi, l’amministrazione dimostri la inattendibilità delle scritture o la loro mancanza. Nel caso di società con contabilità regolare, è possibile contestare l’uso dei coefficienti di ricarico o degli studi di settore, dimostrando che fattori specifici (settore, zona, periodo) giustificano margini diversi.
- IVA sui ricavi presunti: con l’ordinanza n. 31406/2025, la Cassazione ha stabilito che nell’accertamento induttivo l’IVA sui ricavi presunti è già compresa nel reddito accertato, evitando una duplicazione di imposta. È una decisione favorevole ai contribuenti che riduce l’importo dovuto.
- Accertamenti bancari: in caso di controlli sui conti correnti, le movimentazioni passive (prelevamenti) sono considerate ricavi occulti solo per professionisti e imprese non societarie; per le società occorre motivare la presunzione. È possibile dimostrare l’origine delle somme con documenti (es. restituzioni di finanziamenti soci, vendite documentate).
- Rilevanza delle perizie: soprattutto nei settori immobiliari e commerciali, presentare perizie di stima e valutazioni economiche consente di confutare le presunzioni dell’Ufficio (valore di mercato, costi di costruzione).
3. Richiedere la sospensione e la rateizzazione
Durante l’attesa della decisione, il contribuente può chiedere:
- Sospensione amministrativa: l’ufficio può sospendere la riscossione per gravi motivi (es. evidente infondatezza). È consigliabile inviare un’istanza dettagliata, corredata da documenti.
- Sospensione giudiziale: nel ricorso si può richiedere la sospensiva, dimostrando il pericolo di danno grave e irreparabile. La Corte decide in camera di consiglio.
- Rateizzazione: dopo la notifica dell’atto, è possibile chiedere un piano di rateizzazione all’Agenzia delle Entrate. La durata può arrivare a 8 anni (10 anni in casi eccezionali). Se il contribuente ha un contenzioso pendente, il mancato pagamento di una rata può portare alla decadenza.
4. Accertamento con adesione (D.Lgs. 218/1997)
L’accertamento con adesione è una procedura deflattiva che consente di concordare l’imponibile e le sanzioni con l’Ufficio prima dell’instaurazione del processo. Può essere attivata dal contribuente (presentando un’istanza dopo il ricevimento del PVC o dell’avviso) oppure dall’Ufficio (che invia un invito). Il procedimento si articola così:
- Presentazione dell’istanza: entro 60 giorni dalla notifica dell’atto, il contribuente può chiedere l’adesione. La presentazione sospende per 90 giorni il termine di ricorso.
- Contraddittorio: l’Ufficio fissa un appuntamento per discutere gli elementi contestati. Il contribuente può farsi assistere da un avvocato o da un commercialista e presentare documenti e perizie.
- Redazione dell’atto di adesione: se si raggiunge l’accordo, le imposte sono calcolate sulla base della mediazione; le sanzioni sono ridotte a un terzo (o a un sesto se l’adesione avviene dopo il PVC ma prima dell’avviso). È possibile rateizzare. L’atto di adesione è definitivo e non impugnabile.
- Vantaggi: riduzione delle sanzioni, abbattimento degli interessi di mora, possibilità di pianificare i pagamenti. Tuttavia, occorre valutare se l’offerta dell’Ufficio sia vantaggiosa rispetto ai rischi del contenzioso.
5. Mediazione tributaria e conciliazione giudiziale
Per gli atti di valore fino a 50.000 € notificati dal 1° gennaio 2018, è obbligatoria la mediazione tributaria: prima di depositare il ricorso occorre presentare un’istanza di reclamo/mediazione all’Ufficio. L’Agenzia ha 90 giorni per accogliere o respingere; in caso di mancata risposta, l’istanza si considera respinta e il ricorso può essere depositato. In fase di giudizio, è inoltre possibile concludere una conciliazione giudiziale: un accordo con l’Ufficio che riduce le sanzioni a un terzo e definisce la lite.
6. Definizioni agevolate e rottamazioni
Negli ultimi anni il legislatore ha introdotto varie definizioni agevolate (note come “rottamazioni” o “saldo e stralcio”) che consentono di estinguere il debito tributario con il pagamento dell’imposta e di una parte ridotta di sanzioni e interessi. Le norme cambiano di anno in anno: la legge di bilancio 2023 (L. 197/2022) ha introdotto la rottamazione‑quater, consentendo il pagamento delle cartelle affidate all’agente della riscossione tra il 1° gennaio 2000 e il 30 giugno 2022 senza sanzioni e interessi; successive proroghe hanno esteso i termini di adesione al 2024. È sempre necessario verificare l’atto normativo vigente al momento dell’adesione.
Definizione liti pendenti: il legislatore ha più volte previsto la possibilità di definire le liti pendenti in Cassazione, in appello o in primo grado con il pagamento di una percentuale dell’imposta (es. 90 % in primo grado, 40 % in appello, 15 % in Cassazione). Queste sanatorie sono temporanee e richiedono il versamento entro determinate scadenze.
7. Strumenti di composizione della crisi e protezione patrimoniale
In alcuni casi, l’accertamento fiscale provoca una crisi di liquidità tale da mettere a rischio la sopravvivenza dell’azienda. Oltre ai rimedi strettamente tributari, esistono procedure di composizione della crisi che permettono di ristrutturare i debiti complessivi, inclusi quelli fiscali. L’Avv. Monardo, in qualità di Gestore della crisi e professionista fiduciario di un OCC, può assistere l’imprenditore in queste procedure:
- Piani del consumatore e accordi di ristrutturazione dei debiti (Legge 3/2012): destinati ai debitori non fallibili (piccole imprese, professionisti, società agricole). Consentono di proporre un piano di pagamento ai creditori, con falcidia o dilazione del debito e l’intervento di un OCC. Il giudice omologa il piano se ritiene che il debitore possa adempiere. Al termine, si ottiene l’esdebitazione.
- Concordato minore e liquidazione controllata (Codice della crisi d’impresa, D.Lgs. 14/2019): riservati agli imprenditori minori, prevedono l’intervento del Tribunale e dell’esperto nominato. Possono includere il taglio dei debiti fiscali mediante transazione ex art. 63 del Codice.
- Composizione negoziata della crisi (D.L. 118/2021): rivolta a tutte le imprese che presentano segnali di squilibrio patrimoniale. L’imprenditore, coadiuvato da un esperto negoziatore, avvia trattative con creditori e istituti finanziari. La procedura permette di sospendere le azioni esecutive e fiscali e di ottenere misure protettive; può sfociare in un accordo di ristrutturazione, in un concordato semplificato o nella cessione dell’azienda.
- Esdebitazione: al termine di alcune procedure concorsuali, il debitore può ottenere la liberazione dai debiti residui non soddisfatti. È una misura fondamentale per chi desidera ripartire e proteggere il proprio patrimonio.
Errori comuni e consigli pratici
Molte società, per inesperienza o mancanza di consulenza, commettono errori che pregiudicano la difesa. Di seguito si elencano gli sbagli più frequenti e i suggerimenti per evitarli:
- Ignorare la notifica: non ritirare la raccomandata o la PEC non impedisce la validità della notifica (cd. compiuta giacenza). È indispensabile monitorare la posta certificata e ritirare gli atti entro pochi giorni.
- Trascurare i termini: superare i 60 giorni per il ricorso o i 30/60 giorni per presentare memorie compromette irrimediabilmente la difesa. Appena ricevuto l’atto, contattare immediatamente un professionista.
- Non conservare i documenti: la difesa si fonda su prove documentali. Conservare fatture, contratti, ordini, estratti conto e ogni documento contabile per almeno 10 anni.
- Mancata partecipazione al contraddittorio: non rispondere alle richieste dell’Ufficio o non partecipare all’invito a comparire pregiudica la possibilità di far valere le proprie ragioni e può essere interpretato come ammissione di responsabilità.
- Richiedere adesione o definizione senza calcoli: aderire a un’offerta dell’Ufficio senza aver fatto simulazioni può portare a pagare più del dovuto. È necessario confrontare la proposta con la possibile evoluzione del contenzioso e la propria capacità di pagamento.
- Sottovalutare le sanzioni penali: alcune violazioni (dichiarazione fraudolenta, omesso versamento di ritenute) comportano responsabilità penale. Occorre consultare un avvocato penalista e valutare la causa di non punibilità (es. pagamento del debito prima dell’apertura del dibattimento).
- Non pianificare la liquidità: la rateizzazione e le definizioni agevolate richiedono il pagamento puntuale delle rate. La mancanza di programmazione finanziaria può far decadere dai benefici.
Per prevenire questi errori, è consigliabile affidarsi sin dall’inizio a professionisti esperti e adottare un sistema di contabilità e archiviazione digitale che consenta di recuperare rapidamente i documenti.
Domande frequenti (FAQ)
1. Cos’è un avviso di accertamento?
È l’atto con cui l’Agenzia delle Entrate rettifica il reddito o l’imposta dichiarati, indicando le maggiori imposte, sanzioni e interessi dovuti. L’avviso deve contenere motivazione e riferimenti normativi ed è immediatamente esecutivo, salvo sospensione.
2. Qual è la differenza tra avviso di accertamento e cartella di pagamento?
L’avviso di accertamento è emesso dall’Agenzia delle Entrate per definire un maggior imponibile; la cartella di pagamento è emessa dall’Agenzia delle Entrate‑Riscossione per riscuotere somme già definite (imposte, sanzioni, contributi). Un avviso di accertamento può avere natura impo‑esattiva se prevede anche la riscossione immediata.
3. Quanto tempo ho per presentare ricorso?
L’art. 21 del D.Lgs. 546/1992 fissa in 60 giorni dalla notifica il termine per proporre ricorso . Nei casi di rifiuto tacito di rimborso il ricorso può essere proposto dopo 90 giorni dall’istanza e comunque non oltre i termini di prescrizione.
4. Posso chiedere la sospensione dell’avviso?
Sì. È possibile chiedere la sospensione amministrativa all’Ufficio e, una volta proposto ricorso, la sospensione giudiziale al giudice tributario. Occorre dimostrare la fondatezza della contestazione e il danno grave derivante dall’esecuzione.
5. Cosa succede se non rispetto le scadenze dell’accertamento con adesione?
Se l’atto è stato notificato e non si presenta l’istanza di adesione entro 60 giorni, non si beneficia della sospensione dei termini di ricorso e della riduzione delle sanzioni. Se si firma l’atto di adesione ma non si pagano le rate, l’adesione decade e l’Ufficio può iscrivere a ruolo l’intero importo.
6. Il contraddittorio è sempre obbligatorio?
Dal 30 aprile 2024, l’art. 6‑bis dello Statuto del contribuente prevede l’obbligo di contraddittorio per tutti gli atti autonomamente impugnabili, salvo casi specifici (atti automatizzati, imminente scadenza dei termini, pericolo per la riscossione) . Per gli atti anteriori e per i tributi non armonizzati, l’obbligo sussiste solo se previsto dalla legge o quando il contribuente prova che la mancanza ha inciso sulla decisione .
7. Posso presentare ricorso e contemporaneamente chiedere l’adesione?
La presentazione dell’istanza di adesione sospende i termini per proporre ricorso, quindi è opportuno presentare prima l’istanza e, in caso di esito negativo o parziale, depositare il ricorso entro 60 giorni dal rigetto.
8. Come si calcola la sanzione in caso di accertamento?
Le sanzioni variano a seconda della violazione. Per l’omessa o infedele dichiarazione, la sanzione amministrativa va dal 90 % al 180 % della maggiore imposta dovuta (200 % in caso di frode). Con l’accertamento con adesione o la conciliazione, la sanzione è ridotta a un terzo; con la definizione agevolata, le sanzioni possono essere azzerate. In caso di ravvedimento operoso spontaneo (pagamento prima dell’ispezione), le sanzioni sono ridotte in proporzione al ritardo.
9. Le presunzioni basate sui movimenti bancari sono sempre valide?
No. Per le società, la giurisprudenza richiede che l’Ufficio spieghi perché i prelevamenti e le movimentazioni bancarie costituiscono ricavi non dichiarati. Il contribuente può dimostrare l’origine delle somme (finanziamenti soci, rimborsi, anticipi) con documenti e prove testimoniali.
10. Cosa sono le “nuove circostanze” negli accertamenti integrativi?
Si tratta di elementi di fatto o prove che emergono dopo l’emissione dell’avviso e che non erano in possesso dell’Ufficio al momento. L’art. 43 del DPR 600/1973 richiede che l’Ufficio le indichi esplicitamente nell’atto integrativo ; diversamente, l’atto è illegittimo.
11. È vero che l’IVA è già compresa nei ricavi accertati con il metodo induttivo?
Sì. Con l’ordinanza n. 31406/2025 la Cassazione ha stabilito che, nelle ipotesi di evasione totale, l’IVA sui ricavi presunti è compresa nell’accertamento induttivo. Questo significa che non si può aggiungere l’IVA ai ricavi presunti, con vantaggio per i contribuenti.
12. L’accertamento può essere notificato per PEC?
Per i soggetti obbligati all’uso della posta elettronica certificata (imprese, professionisti), l’avviso può essere notificato via PEC. La notifica si considera perfezionata nel momento in cui il messaggio entra nella casella PEC del destinatario. È importante mantenere aggiornata la PEC e controllarla periodicamente.
13. Posso cedere l’azienda durante un accertamento?
La cessione dell’azienda non impedisce all’Agenzia di continuare l’accertamento nei confronti del cedente per i periodi d’imposta precedenti. L’acquirente può essere chiamato a rispondere dei debiti fiscali dell’azienda nei limiti del valore dei beni ceduti. È opportuno inserire clausole di manleva e verificare la posizione fiscale prima della cessione.
14. Cosa succede se pago il debito durante il contenzioso penale?
Per alcuni reati tributari (omessa dichiarazione, dichiarazione infedele) il pagamento integrale del debito, comprensivo di sanzioni e interessi, prima dell’apertura del dibattimento o dell’udienza preliminare può estinguere il reato o costituire circostanza attenuante. Occorre coordinarsi con il difensore penale.
15. Qual è la differenza tra piano del consumatore, concordato minore e composizione negoziata?
Il piano del consumatore e l’accordo di ristrutturazione dei debiti (Legge 3/2012) sono rivolti a persone fisiche e a soggetti non fallibili; prevedono l’intervento dell’OCC e l’omologazione del giudice. Il concordato minore (Codice della crisi) riguarda gli imprenditori minori e può includere la falcidia dei debiti fiscali tramite transazione. La composizione negoziata (D.L. 118/2021) è una procedura volontaria e stragiudiziale che consente di negoziare con i creditori e ottenere misure protettive senza passare subito dal tribunale.
16. Cos’è la “prova di resistenza”?
È l’onere, in capo al contribuente, di dimostrare che la mancanza di contraddittorio abbia inciso concretamente sulla decisione dell’ufficio. Secondo la Cassazione, per gli atti emessi prima dell’obbligo generalizzato (ante aprile 2024), l’assenza di contraddittorio non comporta nullità se il contribuente non dimostra quali deduzioni avrebbe presentato e come avrebbero potuto modificare l’esito .
17. Le sanzioni amministrative sono sempre dovute?
Le sanzioni sono dovute se la violazione è commessa con dolo o colpa. L’art. 5 del D.Lgs. 472/1997 prevede che le violazioni connesse a questioni complesse sono punite solo per colpa grave . È quindi possibile contestare la sanzione dimostrando di aver agito con diligenza e di aver richiesto pareri professionali.
18. Posso impugnare l’avviso di accertamento anche se ho pagato?
Il pagamento non preclude l’impugnazione, ma equivale ad acquiescenza se effettuato senza riserva. Con l’acquiescenza, si rinuncia alla contestazione e si ottiene la riduzione delle sanzioni a un terzo o un sesto. Se si paga con riserva, si conserva il diritto di ricorrere.
19. Cos’è la “cartella impo‑esattiva”?
Gli avvisi di accertamento emessi dopo il 2011 possono assumere natura di atto impo‑esattivo: contengono già l’intimazione al pagamento e costituiscono titolo per l’esecuzione forzata trascorsi 60 giorni. È quindi indispensabile agire subito per contestare o per chiedere la sospensione.
20. Se la mia società è in liquidazione, l’Ufficio può emettere l’avviso?
La procedura di liquidazione o lo scioglimento della società non impediscono gli accertamenti per periodi precedenti. Gli amministratori o i liquidatori rispondono del pagamento nei limiti delle somme distribuite ai soci. Anche le società cancellate dal Registro delle Imprese possono ricevere atti nei confronti dei soci in qualità di successori.
Simulazioni pratiche e casi concreti
Per comprendere meglio l’impatto economico e le possibili soluzioni, si presentano alcune simulazioni basate su situazioni reali. I nomi sono di fantasia e ogni riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale.
Caso A – Accertamento per ricavi non dichiarati con metodo induttivo
Scenario: La società Alfa Srl, operante nel commercio al dettaglio, riceve un avviso di accertamento per l’anno 2020. L’Agenzia delle Entrate contesta ricavi non dichiarati pari a 200.000 €, basandosi su un coefficiente di ricarico superiore al dichiarato. Il reddito accertato porta a un maggiore IRPEG (ora IRES) di 48.000 €. Vengono irrogate sanzioni pari al 100 % della maggiore imposta (48.000 €) oltre a interessi per 4.000 €.
Azioni della società:
- L’avvocato rileva che l’avviso è stato notificato il 15 aprile 2025 per l’anno 2020. Controlla che l’atto sia stato emesso entro il 31 dicembre 2024 e notificato entro il 31 dicembre 2025. La notifica è tempestiva.
- Analizza il metodo induttivo: la società aveva una contabilità regolare e registrava sconti e promozioni non considerati dall’Ufficio. Presenta un’istanza di accertamento con adesione, allegando documenti contabili, listini e analisi di settore.
- Durante il contraddittorio, si dimostra che il margine reale è più basso a causa della forte concorrenza. Si concorda un imponibile ridotto a 120.000 €, con imposta dovuta di 28.800 €. Le sanzioni vengono ridotte a un terzo (9.600 €). L’importo complessivo (38.400 € più interessi) viene rateizzato in 8 anni.
Risultato: La società paga circa 40.000 € invece dei 100.000 € inizialmente richiesti, evitando il contenzioso e la segnalazione per evasione.
Caso B – Accertamento IVA su fatture inesistenti
Scenario: La società Beta Spa, fornitrice di servizi informatici, riceve un avviso di rettifica IVA per il 2019. L’Agenzia disconosce la detrazione IVA relativa a fatture di un fornitore che risulta essere una società cartiera. L’avviso è notificato il 10 gennaio 2025.
Azioni della società: 1. Si verifica il rispetto dei termini: la notifica è effettuata entro il 31 dicembre del quinto anno successivo (31 dicembre 2025) e quindi è valida . 2. Si dimostra che la società Beta ha verificato il fornitore tramite visure e ha ottenuto dichiarazioni di regolarità fiscale. Si produce documentazione che attesta l’effettiva esecuzione dei servizi. 3. In giudizio, si invoca la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (cause Mahagében e Tóth) secondo cui l’impresa può detrarre l’IVA se dimostra la propria buona fede, salvo che vi siano indizi gravi di frode.
Risultato: La Corte di giustizia tributaria accoglie il ricorso, ritenendo insufficiente la prova dell’Agenzia e riconoscendo la detrazione.
Caso C – Società in crisi e accesso al piano del consumatore
Scenario: La Gamma Sas, impresa familiare, accumula debiti fiscali per 300.000 € a seguito di accertamenti pluriennali e contrasti bancari. I soci non possono pagare e rischiano l’espropriazione della casa.
Azioni della società: 1. L’avvocato Monardo, valutata l’impossibilità di rientrare, propone di attivare la procedura di piano del consumatore ex Legge 3/2012 tramite un OCC. Viene predisposto un piano che prevede il pagamento del 20 % dei debiti fiscali e l’esdebitazione del residuo. 2. La proposta è accettata dalla maggioranza dei creditori e viene omologata dal tribunale. L’Agenzia delle Entrate partecipa come creditore e accetta la falcidia. I soci mantengono l’abitazione grazie alla protezione del patrimonio.
Risultato: Dopo tre anni, la società chiude l’attività e i soci si liberano dai debiti grazie all’esdebitazione. Si evitano pignoramenti e ipoteche.
Caso D – Proroga dei termini durante la pandemia
Scenario: La Delta Srl riceve nel marzo 2022 un avviso per l’anno d’imposta 2015. L’Agenzia sostiene che, a causa della sospensione di 85 giorni prevista dal DL 18/2020 e della proroga dell’art. 157 DL 34/2020, il termine per la notifica scadesse il 26 marzo 2022. L’avvocato invoca la sentenza della Cassazione n. 17668/2025 .
Azioni della società: 1. Si propone ricorso eccependo la tardività. Si evidenzia che l’art. 157 è norma speciale e che la sospensione di 85 giorni è assorbita nel differimento. L’avviso doveva essere emesso entro il 31 dicembre 2020 e notificato entro il 28 febbraio 2022 . 2. La Corte accoglie la tesi e annulla l’avviso per decadenza.
Risultato: La società non deve pagare le imposte e le sanzioni, ottenendo un importante precedente.
Sentenze e fonti normative citate
Per agevolare il lettore, si riportano le principali sentenze e norme commentate nell’articolo, tratte da fonti istituzionali e aggiornate a dicembre 2025:
- Cass. civ. sez. tributaria, 30 giugno 2025, n. 17668 – riconosce che la sospensione di 85 giorni ex art. 67 DL 18/2020 è assorbita dal differimento ex art. 157 DL 34/2020; gli avvisi relativi ai termini scadenti nel 2020 dovevano essere emessi entro il 31 dicembre 2020 e notificati entro il 28 febbraio 2022 .
- Cass. civ. sez. tributaria, 25 luglio 2025, n. 21271 – puntualizza che prima dell’entrata in vigore dell’art. 6‑bis dello Statuto del contribuente il contraddittorio era obbligatorio solo per tributi armonizzati; la violazione comportava nullità solo se il contribuente dimostrava la prova di resistenza .
- Cass. civ. sez. tributaria, 5 dicembre 2014, n. 25759 – afferma che l’atto emesso prima del decorso di 60 giorni dalla chiusura della verifica (art. 12 comma 7 Statuto) è nullo, salvo casi di urgenza .
- Art. 43 DPR 600/1973 – stabilisce i termini per la notifica degli avvisi di accertamento (quattro o cinque anni, raddoppio in caso di reati; indicazione dei nuovi elementi) .
- Art. 57 DPR 633/1972 – fissa i termini per la rettifica IVA (cinque o sette anni; sospensione per richiesta documenti) .
- Art. 21 D.Lgs. 546/1992 – disciplina i termini per il ricorso (60 giorni; 90 giorni per il rifiuto tacito; prescrizione dei rimborsi) .
- Art. 5 D.Lgs. 472/1997 – definisce il principio di colpevolezza nelle sanzioni amministrative e la responsabilità per dolo o colpa grave .
- D.Lgs. 219/2023, art. 6‑bis – inserisce nello Statuto del contribuente l’obbligo generalizzato di contraddittorio per tutti gli atti autonomamente impugnabili, con esclusioni limitate e termine di 60 giorni per le osservazioni .
Conclusione
L’accertamento fiscale su società è una procedura complessa e densa di insidie. I termini di decadenza, le regole sul contraddittorio e le numerose modifiche normative possono confondere anche gli imprenditori più attenti. Le sentenze recenti della Cassazione (17668/2025 e 21271/2025) hanno chiarito aspetti cruciali come la proroga dei termini durante la pandemia e l’ambito di applicazione dell’obbligo di contraddittorio, ma restano molte questioni aperte.
Per il contribuente è fondamentale agire tempestivamente: verificare la validità della notifica, controllare i termini, raccogliere documenti e chiedere subito assistenza professionale. Le difese possono fondarsi su vizi procedurali (tardività, motivazione insufficiente), contestazioni nel merito (presunzioni infondate, ricostruzioni errate dei ricavi) e strumenti deflattivi (adesione, mediazione, rottamazione). Quando il debito fiscale rischia di compromettere la continuità aziendale, è possibile ricorrere alle procedure di composizione della crisi e proteggere il patrimonio.
L’Avv. Giuseppe Angelo Monardo e il suo team di avvocati e commercialisti sono pronti a offrire supporto in ogni fase dell’accertamento: dall’analisi preliminare alla redazione di memorie, dai ricorsi giudiziali alle trattative per la definizione agevolata. Grazie alle sue competenze di cassazionista, gestore della crisi da sovraindebitamento e esperto negoziatore della crisi d’impresa, l’Avv. Monardo garantisce un approccio integrato e personalizzato che tutela la società a 360 gradi.
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