Centro degli interessi vitali e residenza fiscale: guida completa aggiornata

Introduzione

La scelta di trasferire la residenza all’estero o di lavorare in più Paesi è diventata sempre più comune: imprenditori, professionisti, sportivi, artisti e semplici cittadini vivono spesso tra Italia e altre nazioni. Questa mobilità aumenta tuttavia il rischio di accertamenti e contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, perché il Fisco italiano cerca di mantenere il potere impositivo su chi, seppur iscritto all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), conserva legami forti con il territorio nazionale. La residenza fiscale comporta la tassazione mondiale dei redditi e l’applicazione di un sistema complesso di imposte dirette, indirette e contributive. È dunque essenziale capire come si individua il centro degli interessi vitali, cioè il luogo in cui la persona ha la sede principale dei propri affari, interessi economici e relazioni personali.

L’importanza di questo tema è aumentata dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 209/2023, che dal 1° gennaio 2024 ha modificato l’art. 2 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). La riforma ha introdotto una nozione di domicilio incentrata sul luogo in cui si sviluppano le relazioni personali e familiari, ha previsto il requisito autonomo della presenza fisica e ha degradato la presunzione legale di residenza derivante dall’iscrizione anagrafica a presunzione relativa . Tuttavia, per i periodi antecedenti al 2024 la giurisprudenza continua ad applicare il criterio civilistico del domicilio come sede principale degli affari e interessi economici , dando prevalenza ai legami patrimoniali riconoscibili dai terzi .

La materia è complessa: oltre alle norme interne occorre considerare le convenzioni contro le doppie imposizioni, i regolamenti dell’Unione europea, la presunzione per chi si trasferisce in Paesi “black list”, la prova del domicilio all’estero e le numerose sentenze della Corte di Cassazione. Gli errori più comuni riguardano la convinzione che l’iscrizione all’AIRE sia sufficiente per sfuggire alla tassazione italiana, la mancata conservazione di prove della presenza stabile all’estero o, al contrario, la sottovalutazione degli indizi che attestano la permanenza del centro degli affari in Italia (immobili, cariche sociali, conti bancari, partecipazioni societarie, famiglia e figli che frequentano scuole italiane). Per evitare tali rischi è fondamentale un’azione tempestiva e professionale che valuti la documentazione e scelga la strategia più adeguata.

La competenza dello studio

L’Avv. Giuseppe Angelo Monardo e il suo staff multidisciplinare di avvocati e commercialisti assistono contribuenti in tutta Italia nella gestione delle controversie in materia di residenza fiscale e centro degli interessi vitali. Cassazionista e consulente di esperienza pluriennale nel diritto bancario e tributario, l’Avv. Monardo coordina professionisti esperti a livello nazionale e opera come Gestore della Crisi da Sovraindebitamento (legge 3/2012) iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia, professionista fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) e Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa ai sensi del D.L. 118/2021. Lo studio analizza ogni atto dell’amministrazione finanziaria, predispone ricorsi, ottiene sospensioni giudiziali e stragiudiziali, conduce trattative per accordi transattivi, elabora piani di rientro e, quando necessario, utilizza gli strumenti di composizione della crisi. L’obiettivo è tutelare il contribuente bloccando pignoramenti, fermi amministrativi, ipoteche e cartelle, e ottenere soluzioni sostenibili nel rispetto della legalità.

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Contesto normativo e giurisprudenziale

1. La normativa italiana sulla residenza fiscale

1.1 Le regole ante 2024

L’art. 2 del TUIR, fino al 31 dicembre 2023, stabiliva che si considerano residenti le persone che, per la maggior parte del periodo d’imposta, sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente, o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile . Il codice civile (art. 43) definisce il domicilio come il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei propri affari e interessi , mentre la residenza è il luogo in cui dimora abitualmente . La normativa non richiedeva la concomitanza dei tre requisiti: era sufficiente che ricorresse uno di essi affinché il soggetto fosse fiscalmente residente in Italia .

Per i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati a fiscalità privilegiata (Paesi “black list”), l’art. 2, comma 2-bis, TUIR introdusse una presunzione assoluta di residenza fiscale in Italia: chi emigra in un paradiso fiscale si considera residente, salvo prova contraria. Il DM 4 maggio 1999 elenca tali Paesi (all’epoca, ad esempio, Monaco, Emirati Arabi Uniti, Aruba); dal 1° gennaio 2024 la Svizzera è stata esclusa dall’elenco . La presunzione comporta un’inversione dell’onere della prova: spetta al contribuente dimostrare l’effettivo trasferimento all’estero, fornendo prova positiva della residenza all’estero; non è sufficiente dimostrare la mancanza di residenza in Italia . Tale inversione si applica anche quando il trasferimento avviene da un Paese terzo non inserito nella black list .

Le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni contengono criteri di collegamento che prevalgono sulla norma interna. L’art. 4, par. 1, del Modello OCSE definisce “residente” la persona assoggettata a imposta in virtù del domicilio o della residenza secondo la legislazione interna . In caso di conflitto di residenza, l’art. 4, par. 2, prevede criteri gerarchici: abitazione permanente, centro degli interessi vitali, luogo del soggiorno abituale, nazionalità e, da ultimo, accordo tra gli Stati . È questa nozione convenzionale – il centro degli interessi vitali – che ispira la giurisprudenza e le modifiche normative italiane.

1.2 La riforma del 2024

Con il decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209, attuativo della delega fiscale, il legislatore ha riscritto l’art. 2 del TUIR. Dal 1° gennaio 2024 si considerano residenti le persone che, per la maggior parte del periodo d’imposta (contando anche le frazioni di giorno), hanno la residenza ai sensi del codice civile, il domicilio nel territorio dello Stato o sono fisicamente presenti nello Stato; si presumono residenti, salvo prova contraria, le persone iscritte nelle anagrafi della popolazione residente . La riforma introduce tre novità essenziali:

  1. Nuova definizione di domicilio fiscale: il domicilio coincide con il luogo in cui si sviluppano in via principale le relazioni personali e familiari della persona . Viene quindi superata la definizione civilistica basata sulla sede principale degli affari e interessi patrimoniali.
  2. Presenza fisica: la permanenza sul territorio dello Stato, anche per frazioni di giorno, costituisce un criterio autonomo di residenza fiscale . Ciò consente al Fisco di considerare residente chi soggiorna in Italia per oltre metà dell’anno anche se non iscritto all’anagrafe e non avente domicilio o residenza ai sensi del codice civile.
  3. Presunzione anagrafica relativa: l’iscrizione nelle anagrafi resta presunzione, ma non più assoluta; il contribuente iscritto all’anagrafe può provare di essere residente altrove .

La circolare n. 20/E del 4 novembre 2024 dell’Agenzia delle Entrate ha spiegato che il nuovo criterio del domicilio privilegia le relazioni personali e familiari, includendo sia i legami giuridicamente riconosciuti sia quelli di fatto e altri rapporti “stabili” come l’adesione a club sportivi o sociali . L’obiettivo è allineare la disciplina italiana agli standard internazionali e ridurre il contenzioso. La circolare precisa che i quattro criteri (residenza civilistica, domicilio, presenza fisica e iscrizione anagrafica) devono essere valutati indipendentemente e che la presunzione di iscrizione all’anagrafe è ora relativa . La stessa circolare offre esempi di casi in cui la persona ha legami con più Paesi e invita a valutare in concreto la volontà di conservare il centro degli interessi in Italia .

2. Il concetto di centro degli interessi vitali

Il centro degli interessi vitali (o centro principale degli affari e degli interessi) rappresenta la chiave per risolvere i conflitti di residenza sia nel diritto interno sia nelle convenzioni. La giurisprudenza lo utilizza come elemento indiziario per individuare il domicilio in Italia quando il contribuente è iscritto all’AIRE o dichiara residenza all’estero. Nel diritto della crisi d’impresa, l’art. 2, comma 1, lettera m, del Codice della crisi (d.lgs. 14/2019) definisce il “centro degli interessi principali” (COMI) come il luogo in cui il debitore gestisce i suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi . Questo concetto è stato richiamato dalla Cassazione per interpretare il domicilio fiscale .

Nelle convenzioni OCSE, il centro degli interessi vitali è il luogo con il quale una persona intrattiene relazioni personali ed economiche più strette . La Corte di Giustizia europea, nella sentenza Louloudakis (C-262/99), ha precisato che occorre considerare tutti gli elementi di fatto rilevanti – presenza fisica, legami familiari, disponibilità di abitazione, luogo di lavoro, gestione di affari, proprietà di beni, rapporti amministrativi – e che, se i legami personali e professionali non coincidono, si deve dare preminenza ai legami personali .

3. Giurisprudenza italiana

La Suprema Corte è intervenuta in più occasioni per delineare il perimetro del centro degli interessi vitali. Le sentenze sono spesso contrastanti perché si riferiscono a diversi periodi d’imposta (ante o post riforma) e a fattispecie in cui prevalgono elementi economici o personali. Di seguito si riassumono le pronunce più significative in ordine cronologico.

3.1 Residenze estere con interessi in Italia: orientamento tradizionale

  • Cass. civ., Sez. V, n. 12259/2010 – La Corte ha affermato che il centro degli affari e interessi prescinde dalla presenza fisica del soggetto in Italia: è sufficiente la volontà di stabilire e conservare nel territorio dello Stato la sede principale degli affari e interessi, non solo patrimoniali ma anche morali, sociali e familiari . Questa pronuncia riconosce la rilevanza sia dei legami economici sia di quelli affettivi in un’ottica equilibrata.
  • Cass. civ., Sez. V, n. 21970/2015 – Ancora nel 2015 la Corte aveva ritenuto che l’iscrizione nell’AIRE non esclude la residenza fiscale se il soggetto mantiene in Italia rapporti familiari stabili, disponibilità di abitazioni e legami professionali . Tuttavia, la stessa Corte aveva evidenziato che la residenza deve essere determinata alla luce di criteri qualitativi per i legami affettivi e quantitativi per gli interessi economici .
  • Cass. civ., Sez. V, n. 29576/2011 e n. 29635/2022 – In questi casi la Corte ha ritenuto che l’iscrizione all’AIRE non è determinante se il contribuente ha il centro degli affari in Italia. La sentenza n. 29635/2022 ha sottolineato che la gestione degli interessi deve essere riconoscibile dai terzi; la contestazione riguardava un cittadino che, pur iscritto all’AIRE, aveva legami sia in Italia sia nel Principato di Monaco, ma la Corte ha privilegiato il luogo in cui esistevano interessi patrimoniali gestiti in modo riconoscibile .
  • Cass. civ., Sez. V, n. 16954/2022 – L’ordinanza del 25 maggio 2022 ha ribadito che le relazioni affettive e familiari non rivestono un ruolo prioritario rispetto agli altri elementi inferenziali; occorre una valutazione globale degli interessi del contribuente, dando prevalenza al luogo in cui la gestione degli interessi è esercitata abitualmente e in modo riconoscibile . L’articolo di Filodiritto evidenzia che il contribuente è residente se, per la maggior parte del periodo d’imposta, è iscritto all’anagrafe, oppure ha domicilio o residenza civile; la definizione di domicilio rimane la sede principale degli affari e interessi . Gli elementi da valutare comprendono la disponibilità di un’abitazione, le cariche ricoperte, la presenza della famiglia, la partecipazione a club e la gestione di affari .
  • Cass. civ., Sez. V, n. 18702/2021 – Questa ordinanza ha richiamato il concetto di COMI del regolamento UE 848/2015, definito come il luogo in cui il debitore gestisce i suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi . La Corte ha così sottolineato la necessità di considerare la gestione abituale degli affari come elemento preponderante per individuare la residenza fiscale.
  • Cass. civ., Sez. V, n. 8286/2022 (ordinanza) – In questa decisione, la Corte ha censurato i giudici di merito per aver riconosciuto la residenza estera di un cittadino iscritto all’AIRE sulla base di certificazioni e attestati di iscrizione a club all’estero. La Suprema Corte ha invece dato rilievo agli elementi presuntivi indicati dall’Agenzia delle Entrate: locazione di un immobile ad uso abitativo in Italia, contratto di locazione di due posti auto, partecipazioni in società italiane, redditi prodotti in Italia . La Corte ha ribadito che occorre accertare la sede principale degli affari e interessi economici nonché dei rapporti affettivi e che tali elementi devono essere riconoscibili dai terzi . Lo stesso concetto è evidenziato dall’articolo del Com.It.Es di Madrid, secondo il quale l’iscrizione all’AIRE può non essere sufficiente se l’Italia continua ad essere la sede principale degli interessi economici e affettivi; il centro va individuato nel luogo in cui la gestione degli interessi viene esercitata abitualmente e in modo riconoscibile .
  • Cass. civ., Sez. V, n. 25189/2022 – La Corte ha affrontato il caso di un contribuente formalmente residente all’estero ma ritenuto domiciliato in Italia. Ha ribadito che, ai fini fiscali, è sufficiente che il contribuente per la maggior parte del periodo d’imposta abbia domicilio o residenza civile in Italia . La decisione sottolinea che la contestazione si fonda sul mantenimento in Italia del centro degli interessi economici e affettivi, e non sulla presunzione di cui all’art. 2, comma 2-bis . Gli elementi indiziari – partecipazione in società italiane, immobili, redditi di fabbricati – giustificano la residenza fiscale in Italia .
  • Cass. civ., Sez. V, n. 14484/2024 – La sentenza, relativa a periodi d’imposta 2005‑2008, ha ribadito che chi si trasferisce in Paese a fiscalità privilegiata ha l’onere di provare l’effettivo trasferimento; la presunzione di residenza si applica anche se lo spostamento avviene da uno Stato terzo . Il contribuente deve fornire prova positiva della residenza all’estero; la locazione di un immobile in Italia e la partecipazione ad attività economiche nel territorio nazionale costituiscono indizi forti . La Corte ha confermato l’onere probatorio a carico del contribuente e la validità degli avvisi di accertamento.
  • Cass. civ., Sez. V, n. 19843/2024 – Decisione di particolare rilievo perché ha affermato la prevalenza degli interessi economici su quelli personali nell’interpretazione dell’art. 2, comma 2, TUIR ante 2024. La Corte ha precisato che la riforma del 2024 non è retroattiva: i nuovi criteri basati sulle relazioni personali e familiari si applicano solo ai periodi d’imposta successivi. Per i periodi precedenti, il domicilio coincide con la sede principale degli affari e interessi riconoscibile dai terzi; le relazioni affettive e familiari sono rilevanti solo insieme ad altri criteri . La sentenza riguardava un contribuente che sosteneva di risiedere nel Principato di Monaco; la Corte ha riconosciuto che, nonostante legami personali sia in Italia sia a Monaco, la presenza di cariche sociali e interessi patrimoniali in Italia dimostrava la residenza fiscale nel nostro Paese .
  • Cass. civ., Sez. V, n. 8238/2024 – Pur non essendo facilmente reperibile in versione ufficiale, i commenti di dottrina segnalano che questa sentenza ha dato preminenza ai legami personali quando quelli patrimoniali erano equivoci: in caso di conflitto tra interessi economici e legami familiari non concentrati in un unico Paese, la Corte avrebbe privilegiato i legami personali. Questo orientamento minoritario appare, comunque, subordinato alla valutazione complessiva degli interessi.

4. Normativa comunitaria e regolamentare

La normativa unionale incide sulla residenza in vari ambiti:

  • Direttiva 83/182/CEE e Regolamento UE 282/2011: nel settore IVA, il concetto di “residenza abituale” (o “residenza normale”) si basa sul luogo in cui la persona vive abitualmente in virtù dei legami personali e professionali. Se i legami non sono concentrati nello stesso Stato, la normativa riconosce la preminenza dei legami personali .
  • Regolamento UE 848/2015: in materia di procedure di insolvenza e crisi d’impresa, definisce il COMI come il luogo in cui il debitore gestisce i suoi interessi abitualmente e riconoscibile dai terzi ; questa nozione è spesso richiamata dalla Cassazione per interpretare il domicilio fiscale .
  • Regolamento UE 2021/514 (cosiddetto “DAC 7”) e successive direttive hanno migliorato lo scambio automatico di informazioni fiscali, rendendo più semplice per l’Agenzia delle Entrate identificare la presenza all’estero dei contribuenti e confrontare i dati bancari e patrimoniali.

5. Importanza della prova documentale

La giurisprudenza richiede che il contribuente fornisca prova positiva del trasferimento all’estero: contratti di locazione, fatture di utenze, iscrizione a scuole per i figli, iscrizione a club, contratto di lavoro, documenti bancari, pagamenti di imposte nel Paese estero. Il semplice certificato AIRE o attestati di iscrizione a club all’estero non bastano . L’Agenzia delle Entrate può fondare il proprio accertamento su indizi gravi, precisi e concordanti: utilizzo di carte di credito italiane, intestazione di abitazioni o auto, permanenza in Italia per periodi lunghi, cariche sociali in società italiane, ecc. La presenza di un immobile ad uso abitativo, ad esempio, è considerata elemento significativo ; la partecipazione a società o la percezione di redditi da lavoro in Italia sono indicatori importanti .

Procedura passo‑passo dopo la notifica dell’atto

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta la residenza estera e considera il contribuente fiscalmente residente in Italia, segue una serie di passaggi amministrativi e giudiziari. Comprendere la procedura aiuta a rispettare i termini e a tutelare i propri diritti.

1. Ricezione della verifica e dell’avviso di accertamento

  1. Accesso, ispezione e verifica: la Guardia di Finanza o l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate possono eseguire accessi presso l’abitazione o la sede dell’attività economica, oppure inviare questionari e richieste di documentazione. Possono analizzare conti bancari, dati patrimoniali, registrazioni dell’anagrafe tributaria, titoli di viaggio e utilizzo delle carte di credito. Durante la verifica il contribuente deve collaborare e fornire la documentazione richiesta, ma può riservarsi di farlo tramite il proprio consulente.
  2. Processo Verbale di Constatazione (PVC): al termine della verifica, la Guardia di Finanza redige un processo verbale con cui contesta la residenza estera e indica gli indizi raccolti (immobili, cariche sociali, presenze in Italia). Nel caso affrontato dalla sentenza n. 14484/2024, il PVC era stato consegnato al contribuente e contestava la mancata prova dell’effettivo trasferimento pur essendo iscritto all’AIRE .
  3. Notifica dell’avviso di accertamento: l’Agenzia delle Entrate emette l’avviso di accertamento IRPEF, addizionali e IVA, spesso per più anni di imposta. L’atto viene notificato al contribuente presso l’ultima residenza nota o presso il domicilio fiscale dichiarato. È importante verificare la correttezza della notifica e degli anni contestati; eventuali errori procedurali (mancata motivazione, notifica fuori termine, duplicazioni) possono costituire motivo di annullamento.

2. Termini per impugnare

  • Ricorso alla Commissione tributaria provinciale: il ricorso deve essere proposto entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento. La proposizione del ricorso comporta l’obbligo di mediazione se l’importo contestato non supera 50.000 euro, salvo che riguardi esclusivamente questioni di diritto (per cui la mediazione non è obbligatoria). La mancata proposizione del ricorso entro i termini rende definitivo l’avviso e consente l’iscrizione a ruolo.
  • Istanza di sospensione: insieme al ricorso, il contribuente può chiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto, dimostrando il danno grave e irreparabile derivante dal pagamento immediato. Ad esempio, se la riscossione comporterebbe il blocco dell’attività o il pignoramento dei beni essenziali. Nel contesto della residenza fiscale, la sospensione è spesso concessa quando la questione è controversa e il contribuente presenta documenti attestanti il trasferimento all’estero.
  • Autotutela: prima di impugnare, il contribuente può presentare all’Agenzia delle Entrate un’istanza di annullamento o revoca in autotutela, allegando prove della residenza estera (contratti, certificati, pagamenti di imposte estere). L’Ufficio può annullare in tutto o in parte l’avviso se riconosce l’errore, ma non è obbligato a farlo. L’istanza non sospende i termini per proporre ricorso.

3. Fase processuale

  1. Commissione tributaria provinciale (CTP): il ricorso viene assegnato a una sezione della CTP. Il contribuente, mediante il proprio difensore, espone i motivi di opposizione: contestazione dell’applicazione della presunzione (se non rientra nella black list), carenza di motivazione, cariche sociali solo formali, effettivo spostamento all’estero, violazione delle convenzioni internazionali. Può chiedere l’esibizione di documenti in possesso dell’amministrazione e proporre consulenze tecniche di parte. La CTP decide con sentenza, che può confermare o annullare l’avviso.
  2. Commissione tributaria regionale (CTR): se una delle parti impugna la sentenza di primo grado, il giudizio passa alla CTR. Il contribuente può proporre nuove eccezioni solo se riguardano vizi di ordine pubblico, mentre l’amministrazione può far valere elementi sopravvenuti. La CTR esamina i motivi e decide. Nel caso n. 14484/2024, la CTR del Lazio aveva confermato la decisione di primo grado ritenendo insufficiente la prova dell’effettivo trasferimento .
  3. Ricorso per cassazione: la parte soccombente può proporre ricorso per Cassazione entro 60 giorni dalla notifica della sentenza della CTR. I motivi riguardano soltanto violazioni di legge e vizi di motivazione. La Cassazione può confermare, cassare con rinvio o cassare senza rinvio la sentenza. Nel caso n. 19843/2024, la Cassazione ha cassato la decisione impugnata affermando che, per i periodi ante 2024, il domicilio coincide con la sede principale degli affari e interessi, dando prevalenza ai legami economici .

4. Iscrizione a ruolo e riscossione

Se il contribuente non impugna o se il ricorso viene respinto, l’Agenzia delle Entrate Riscossione iscrive a ruolo le somme dovute e notifica la cartella di pagamento. In caso di inerzia, può emettere:

  • Fermo amministrativo: blocco del veicolo intestato al contribuente;
  • Ipoteca legale: iscrizione di ipoteca su beni immobili;
  • Pignoramento presso terzi: blocco di conti correnti, stipendi o pensioni;
  • Pignoramento immobiliare: espropriazione della casa.

Per evitare queste conseguenze, è possibile chiedere la rateizzazione delle somme o aderire a strumenti di definizione agevolata (rottamazione, saldo e stralcio), come illustrato infra.

Difese e strategie legali

L’analisi della documentazione e la strategia difensiva dipendono dalla fattispecie (residenza in Paese white list, black list, presenza di convenzioni internazionali). Alcune difese ricorrenti sono illustrate di seguito.

1. Contestazione della presunzione di residenza (art. 2, comma 2-bis, TUIR)

Per i trasferimenti in Paesi a fiscalità privilegiata la presunzione di residenza italiana è relativa ma molto forte: spetta al contribuente dimostrare l’effettività del trasferimento . Le difese possibili includono:

  • Prova del centro degli interessi all’estero: presentare contratti di lavoro o d’impresa, iscrizione a registri professionali esteri, possesso di abitazione principale, utenze domestiche, iscrizione dei figli a scuole nel Paese estero, certificati medici, assicurazione sanitaria, tessere di club, documenti bancari, carte di credito estere.
  • Esistenza di convenzione contro le doppie imposizioni: se esiste una convenzione, il contribuente può invocare il criterio dell’abitazione permanente o del centro degli interessi vitali stabilito dalla convenzione. Ad esempio, l’accordo Italia-Monaco prevede l’applicazione dei criteri di abitazione permanente, centro degli interessi vitali, soggiorno abituale e nazionalità .
  • Dimostrare che il Paese non è più in black list: dal 2024 alcuni Paesi (come la Svizzera) sono stati esclusi dalla lista . Se il contribuente si è trasferito in un Paese che non risulta più nella black list, può contestare l’applicazione della presunzione.
  • Deroga per Paesi white list: l’art. 2, comma 2-bis, si applica solo ai Paesi a fiscalità privilegiata; se il Paese è white list la presunzione non opera. Occorre dimostrare che il Paese di trasferimento adotta standard di trasparenza fiscale (lista white list del MEF).

2. Contestazione del domicilio in Italia

Per i periodi d’imposta antecedenti al 2024, il domicilio è la sede principale degli affari e interessi. La difesa può basarsi su:

  • Dimostrazione che gli interessi economici principali sono all’estero: produzioni di redditi esteri superiori a quelli italiani, cariche sociali in società estere, patrimonio immobiliare e finanziario all’estero, dichiarazioni fiscali presentate nel Paese estero e pagamento di imposte estere.
  • Carattere occasionale dei rapporti in Italia: fornire prove che le attività svolte in Italia sono occasionali o marginali (es. consulenze sporadiche, partecipazione a riunioni sporadiche). La Cassazione ha chiarito che gli interessi economici devono essere esercitati abitualmente e in modo riconoscibile dai terzi .
  • Preminenza dei legami personali esteri: se i legami affettivi e familiari sono all’estero (ad esempio il coniuge e i figli vivono stabilmente in un altro Paese), e se vi è anche abitazione permanente e iscrizione a scuole estere, si può sostenere che il centro degli interessi vitali si trovi all’estero. La giurisprudenza europea riconosce la preminenza dei legami personali quando i legami economici e personali non coincidono .
  • Presenza fisica: dal 2024 la riforma considera la presenza fisica. Se il contribuente trascorre meno di 183 giorni in Italia e può dimostrarlo (passaporti timbrati, biglietti aerei, estratti conto bancari, certificati di soggiorno), può escludere la residenza italiana.

3. Contestazione della residenza anagrafica

L’iscrizione anagrafica è un elemento formale ma non decisivo. Se il contribuente non ha cancellato l’iscrizione all’anagrafe italiana, può essere considerato residente; tuttavia, dal 2024 la presunzione è relativa . La difesa può consistere nel fornire prova dell’effettivo trasferimento e nel chiedere la cancellazione retroattiva dall’anagrafe qualora l’Ufficio comunale abbia omesso di cancellarlo.

4. Azioni procedurali e vizi formali

È sempre opportuno verificare la regolarità procedurale dell’accertamento. I principali vizi che possono condurre all’annullamento dell’avviso sono:

  • Notifica inesistente o nulla: ad esempio, se l’avviso è notificato a un indirizzo sbagliato o a una persona diversa.
  • Motivazione insufficiente: l’avviso deve indicare gli elementi di fatto e le ragioni giuridiche dell’accertamento. Se si limita a richiamare la presunzione senza spiegare gli indizi, l’atto può essere annullato.
  • Violazione del contraddittorio: la mancata concessione del termine di 60 giorni per presentare osservazioni dopo il PVC (art. 12, comma 7, L. n. 212/2000) comporta l’annullabilità dell’accertamento quando la verifica si svolge presso la sede del contribuente.
  • Decadenza o prescrizione: le imposte dirette si prescrivono generalmente entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione (o avrebbe dovuto essere presentata). In caso di violazione che comporta anche reato tributario, i termini raddoppiano; tuttavia, la presunzione di raddoppio dei termini è stata limitata dalla Corte Costituzionale.

5. Accordi e strumenti deflativi

  • Accertamento con adesione: prima dell’emissione dell’avviso di accertamento o dopo la notifica, il contribuente può chiedere di definire bonariamente la controversia. Si negozia con l’Ufficio l’importo dovuto (imposta, sanzioni ridotte) e si ottiene la sospensione della riscossione; se l’accordo viene stipulato prima della notifica dell’avviso, non saranno dovuti interessi di mora.
  • Mediazione tributaria: per gli atti di valore non superiore a 50.000 euro, il ricorso deve essere preceduto da un’istanza di mediazione. Se l’Ufficio accoglie parzialmente l’istanza, si riduce anche l’importo delle sanzioni.
  • Rottamazione e saldo e stralcio: periodicamente il legislatore consente la definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione (ad esempio, la “rottamazione-quater” per i carichi 2000‑2022). In tali casi è possibile pagare il debito in più rate senza interessi di mora e con riduzione delle sanzioni. La definizione agevolata non incide sulla contestazione del principio di residenza ma può essere uno strumento per chiudere la posizione debitoria.
  • Liti fiscali pendenti: talvolta sono previste definizioni agevolate delle controversie pendenti davanti alle Corti (c.d. “pace fiscale”). Il contribuente può aderire pagando una percentuale dell’importo in base al grado di giudizio e all’esito delle sentenze precedenti.

6. Strumenti per la crisi da sovraindebitamento

Quando il carico fiscale è insostenibile, il contribuente può ricorrere agli strumenti previsti dalla legge 3/2012 (ora confluita nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza). L’Avv. Monardo, in qualità di gestore della crisi e professionista fiduciario di un OCC, può assistere nella predisposizione di:

  • Piano del consumatore: rivolto a persone fisiche consumatrici. Consente di proporre un piano di rientro con percentuali di pagamento e falcidie del debito fiscale; il tribunale omologa il piano e blocca le azioni esecutive.
  • Accordo di ristrutturazione dei debiti: destinato a imprenditori minori, professionisti o aziende agricole. Prevede la ristrutturazione dei debiti con adesione del 60% dei creditori e l’omologa del tribunale.
  • Procedura di esdebitazione del debitore incapiente: consente di ottenere la liberazione dai debiti quando non è possibile proporre un accordo o un piano e non si hanno beni sufficienti.

L’utilizzo di questi strumenti permette di trattare i debiti tributari con riduzioni e sospensione delle azioni esecutive. È fondamentale agire tempestivamente perché la pendenza di procedure esecutive (pignoramenti) può compromettere l’esito della procedura.

Errori comuni e consigli pratici

  1. Ritenere che l’iscrizione all’AIRE basta a escludere la residenza fiscale: l’ordinanza 8286/2022 e gli articoli di dottrina chiariscono che l’AIRE è un requisito formale; la residenza fiscale si determina in base al domicilio (affari e interessi) e alla presenza .
  2. Sottovalutare gli indizi: immobile in Italia, conto corrente, auto, partecipazione a società, cariche amministrative, abbonamenti a club e spese con carte italiane sono elementi che dimostrano la permanenza degli interessi in Italia .
  3. Non documentare la permanenza all’estero: è necessario conservare documenti (contratti, bollette, certificati medici, contratti di lavoro). L’onere della prova è a carico del contribuente in caso di presunzione black list .
  4. Ignorare le convenzioni internazionali: molte controversie si possono risolvere applicando le tie‑breaker rules delle convenzioni (abitazione permanente, centro degli interessi vitali, soggiorno abituale). La mancata invocazione della convenzione può comportare tassazione doppia.
  5. Accettare soluzioni generiche: ogni caso è diverso; occorre analizzare le specificità (attività economica, famiglia, patrimonio). È consigliabile rivolgersi a professionisti esperti in diritto tributario internazionale.

Tabelle riepilogative

Di seguito si riportano alcune tabelle che sintetizzano i principali riferimenti normativi, i termini processuali e i possibili strumenti difensivi. Le tabelle usano parole chiave e numeri per agevolare la lettura.

Tabella 1 – Criteri di residenza fiscale dopo la riforma del 2024

CriterioDescrizione (parole chiave)Norme e fonti
Residenza civilisticaDimora abituale in Italia per la maggior parte del periodo d’impostaArt. 43 c.c.; art. 2, comma 2, TUIR; Circolare 20/E 2024
Domicilio fiscaleLuogo in cui si sviluppano in via principale le relazioni personali e familiariArt. 2, comma 2, TUIR post‑riforma
Presenza fisicaPermanenza sul territorio italiano per più di 183 giorni (anche frazioni)Art. 2, comma 2, TUIR; Circolare 20/E 2024
Iscrizione anagraficaPresunzione relativa di residenza se iscritti alla popolazione residenteArt. 2, comma 2, TUIR; Circolare 20/E 2024
Presunzione black listCittadini italiani cancellati dall’anagrafe e trasferiti in Stati a fiscalità privilegiata sono considerati residenti salvo prova contrariaArt. 2, comma 2-bis, TUIR; DM 4/5/1999

Tabella 2 – Principali sentenze della Cassazione

Anno e numeroElemento chiaveRilevanza
12259/2010Centro degli affari e interessi prescinde dalla presenza fisica; volontà di mantenere la sede principale in ItaliaConferma la rilevanza della volontà di conservare gli interessi in Italia
21970/2015Iscrizione AIRE non decisiva; rilevano legami economici e familiari in ItaliaAvverte l’importanza di criteri qualitativi e quantitativi
29635/2022Gestione degli interessi riconoscibile dai terzi; prevalgono interessi patrimonialiIntroduce la nozione di riconoscibilità ai terzi
16954/2022Relazioni affettive non prioritarie; valutazione globale degli interessiInfonde prevalenza agli interessi economici
18702/2021Richiamo al COMI europeo; centro interessi gestito abitualmente e riconoscibile dai terziCollega la disciplina tributaria a quella della crisi d’impresa
8286/2022Prova positiva del centro degli interessi; AIRE non sufficiente; indizi come immobili, cariche, redditiSottolinea l’onere probatorio e l’importanza degli indizi
25189/2022Competenza territoriale; mantenimento degli interessi economici e affettivi in ItaliaConferma che la contestazione riguarda il centro degli interessi e non solo l’iscrizione anagrafica
14484/2024Onere della prova per trasferimenti in black list; presunzione opera anche con trasferimenti da Paesi terziRafforza la presunzione e l’onere probatorio a carico del contribuente
19843/2024Prevalenza degli interessi economici; riforma non retroattiva; domicilio come sede degli affariRappresenta l’orientamento più recente prima dell’entrata in vigore della riforma

Domande frequenti (FAQ)

1. L’iscrizione all’AIRE basta a evitare la residenza fiscale in Italia?
No. L’iscrizione all’AIRE è un requisito formale e comporta una presunzione di residenza all’estero solo dopo la riforma del 2024, ma è una presunzione relativa. Occorre dimostrare che il domicilio (centro degli interessi economici e personali) e la presenza fisica sono all’estero .

2. Come si dimostra il centro degli interessi all’estero?
È necessario fornire prova positiva: contratti di lavoro, buste paga, fatture, utenze, affitto o proprietà di abitazione, iscrizione a scuole per i figli, pagamento di imposte nel Paese estero, presenza documentata tramite timbri su passaporti, carte di credito estere, iscrizione a club, certificati medici e sanitari. Gli indizi devono essere gravi, precisi e concordanti .

3. Le relazioni affettive contano più degli interessi economici?
Dipende dal periodo d’imposta. Per i periodi fino al 2023, la giurisprudenza prevalente ritiene che gli interessi economici e patrimoniali, gestiti abitualmente e riconoscibili dai terzi, abbiano maggiore peso rispetto alle relazioni affettive . A partire dal 2024, la legge privilegia le relazioni personali e familiari nella definizione del domicilio, ma occorre comunque valutare tutti gli elementi .

4. Se trascorro più di 183 giorni all’estero sono automaticamente non residente?
No. La presenza fisica è un criterio autonomo di residenza solo dal 2024 e deve essere valutata insieme a residenza e domicilio. Per i periodi precedenti, la Cassazione ha affermato che il centro degli affari e interessi può essere in Italia anche se il soggetto trascorre la maggior parte dell’anno all’estero .

5. Posso essere residente in due Paesi contemporaneamente?
Può accadere quando le normative interne di due Stati considerano il soggetto residente. In questi casi si applicano le convenzioni contro le doppie imposizioni e il tie‑breaker: abitazione permanente, centro degli interessi vitali, soggiorno abituale, nazionalità e, da ultimo, accordo tra le autorità .

6. Qual è la differenza tra domicilio civile e domicilio fiscale dopo la riforma?
Il domicilio civile (art. 43 c.c.) è il luogo della sede principale degli affari e interessi. Il domicilio fiscale, dopo la riforma, è il luogo in cui si sviluppano le relazioni personali e familiari . Per i periodi antecedenti, la Cassazione continua ad applicare la definizione civilistica .

7. Posso trasferirmi in un Paese black list senza essere considerato residente in Italia?
È possibile ma difficile: l’art. 2, comma 2-bis, TUIR presume la residenza in Italia salvo prova contraria . Occorre dimostrare l’effettivo trasferimento e che il Paese rientra tra quelli esclusi dalla black list dopo il 2024 (ad esempio, la Svizzera) .

8. Cosa succede se la mia famiglia resta in Italia mentre io lavoro all’estero?
La presenza della famiglia in Italia è un indizio forte di residenza: la Cassazione ha stabilito che le relazioni affettive e familiari sono rilevanti insieme ad altri criteri . Se la famiglia e i figli restano in Italia e frequentano scuole italiane, sarà difficile dimostrare che il centro degli interessi vitali è all’estero. È quindi consigliabile che anche il nucleo familiare si trasferisca o che, in ogni caso, si documenti l’effettiva permanenza all’estero.

9. Come incide la riforma del 2024 sui contenziosi in corso?
La riforma non ha effetto retroattivo; pertanto, le controversie relative a periodi d’imposta fino al 2023 continuano a essere decise secondo la normativa precedente . Per i nuovi periodi si applicano i criteri della residenza civilistica, del domicilio basato sulle relazioni personali e della presenza fisica.

10. Cos’è il COMI e perché è rilevante per la residenza fiscale?
Il COMI (Centre of Main Interests) è la nozione utilizzata nel regolamento UE 848/2015 sulle procedure di insolvenza: indica il luogo in cui il debitore gestisce i propri interessi abitualmente e riconoscibile dai terzi . La Cassazione richiama questo concetto per individuare il centro degli interessi vitali e dare prevalenza agli interessi economici .

11. La presenza fisica in Italia per frazioni di giorno conta?
Dal 2024, ai fini della residenza fiscale, conta la presenza anche per frazioni di giorno: se si supera la metà del periodo d’imposta, si può essere considerati residenti . Per i periodi antecedenti, il criterio quantitativo non era espresso, ma la giurisprudenza considerava comunque la permanenza significativa.

12. Cosa succede se non impugno l’avviso di accertamento?
Se non viene presentato ricorso entro 60 giorni, l’avviso diventa definitivo e l’Agenzia delle Entrate procede alla riscossione tramite cartella, ipoteca, pignoramento. È possibile chiedere la rateizzazione o aderire alla rottamazione, ma sarà difficile contestare la legittimità dell’accertamento.

13. Posso regolarizzare la mia posizione prima che inizi l’accertamento?
Sì. È possibile presentare un’istanza all’Agenzia delle Entrate per chiarire la propria residenza e versare spontaneamente le imposte dovute. Inoltre, in alcuni periodi il legislatore prevede programmi di voluntary disclosure per sanare le posizioni estere.

14. La Cassazione può valutare fatti e prove?
No. La Cassazione giudica solo su questioni di diritto; non può rivalutare i fatti se non nei casi di omessa motivazione. Per questo motivo è fondamentale presentare tutte le prove nei gradi di merito (CTP e CTR).

15. È possibile rivolgersi all’OCC per i debiti fiscali?
Sì. Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento consentono di includere i debiti tributari. L’Avv. Monardo, come gestore della crisi e professionista fiduciario di un OCC, può assistere nella predisposizione di piani e accordi che prevedono la falcidia dei debiti fiscali e la protezione da pignoramenti.

16. Cosa succede se il Fisco contesta la mia residenza in base alle informazioni ricevute da un Paese estero?
Lo scambio automatico di informazioni consente all’Agenzia delle Entrate di ricevere dati sulle proprietà, conti correnti e redditi all’estero. Se tali dati indicano che il centro degli interessi è in Italia, l’Ufficio può emettere accertamento. È quindi necessario che i documenti esteri (contratti, certificati) siano coerenti e che non emergano incongruenze.

17. Quali sono i Paesi a fiscalità privilegiata (black list)?
Il DM 4 maggio 1999 elenca i Paesi considerati a fiscalità privilegiata. Tra i principali: Principato di Monaco, Emirati Arabi Uniti, Bahamas, Bermuda, Panama, Seychelles, Singapore, Uruguay, ecc. Dal 1° gennaio 2024 la Svizzera è stata esclusa . L’elenco può essere modificato periodicamente.

18. Se lavoro in smart working dall’Italia per un datore di lavoro estero, dove sono residente?
Dal 2024 la presenza fisica in Italia è rilevante. Se svolgi attività in smart working dall’Italia per un’impresa estera e rimani in Italia per oltre metà dell’anno, potresti essere considerato fiscalmente residente. Occorre valutare anche dove si sviluppano le relazioni personali e familiari e se hai un’abitazione permanente in Italia.

19. Come incide la famiglia separata tra più Paesi?
Se il contribuente ha il coniuge e parte della famiglia in un Paese e i figli in un altro, occorre valutare dove trascorrono la maggior parte del tempo e dove sono situati i beni. Le convenzioni tendono a privilegiare il luogo in cui si trovano i legami personali più stretti (abitazione del nucleo familiare). La Cassazione, tuttavia, per i periodi ante 2024 tende a dare peso maggiore agli interessi economici .

20. Quali sono le prove negative utili?
Oltre alle prove positive della residenza estera, può essere utile dimostrare la mancanza di legami con l’Italia: assenza di immobili, chiusura di conti bancari italiani, vendita di autoveicoli, cessazione di cariche sociali, mancata percezione di redditi italiani.

Simulazioni e casi pratici

Per comprendere l’impatto economico di una contestazione di residenza fiscale e delle soluzioni disponibili, si propongono alcune simulazioni numeriche. I dati sono ipotetici e servono a illustrare i meccanismi.

Caso 1 – Contestazione di residenza con recupero IRPEF

Situazione: Tizio, cittadino italiano, si trasferisce a Dubai nel 2019, si iscrive all’AIRE ma mantiene in Italia due immobili (uno ad uso personale e uno affittato) e una partecipazione in una s.r.l. Nel 2025 l’Agenzia delle Entrate lo ritiene residente in Italia per il periodo 2020‑2022 e gli notifica un avviso di accertamento con maggiori imponibili IRPEF pari a € 100.000 complessivi, sanzioni al 30% e interessi del 4%.

Calcolo del debito:

  • Reddito imponibile recuperato: € 100.000 (imposte dovute al 43% media) ⇒ IRPEF dovuta = € 43.000.
  • Sanzioni (30%): € 12.900.
  • Interessi (4% annuo per tre anni, circa 12%): € 5.160.

Totale dovuto: € 43.000 + € 12.900 + € 5.160 = € 61.060.

Difesa: Tizio dimostra di aver lavorato stabilmente a Dubai (contratti, visto di lavoro), di aver pagato imposte negli Emirati, di aver locato l’immobile italiano a terzi e di non aver percepito redditi italiani oltre a quelli da locazione (dichiarati). I legami familiari sono a Dubai (coniuge e figli). Potrebbe essere riconosciuta la residenza all’estero; in alternativa, se la presenza fisica in Italia era comunque inferiore a 183 giorni, la riforma del 2024 lo avvantaggia.

Scenario di accordo con adesione: se l’Ufficio riconosce la buona fede, potrebbe proporre una riduzione delle sanzioni al 15% e una riduzione del reddito recuperato del 20% per spese deducibili non considerate. Il debito si ridurrebbe a circa € 50.000 con possibilità di rateizzazione in 8 rate (5.000 € al trimestre).

Caso 2 – Presunzione black list e inversione dell’onere della prova

Situazione: Caio, tennista italiano, si trasferisce nel Principato di Monaco nel 2021. L’Agenzia delle Entrate contesta la residenza per gli anni 2021‑2024. Caio è iscritto all’AIRE ma partecipa a tornei in Italia e riceve sponsorizzazioni da aziende italiane. Il Fisco applica la presunzione di cui all’art. 2, comma 2-bis, TUIR, essendo Monaco nella black list.

Onere della prova: Caio deve dimostrare l’effettivo trasferimento: contratto di affitto a Monaco, utenze, iscrizione a club sportivi monegaschi, certificazione dell’autorità fiscale monegasca attestante la residenza, dichiarazioni fiscali. Se non riesce, rischia la tassazione italiana su tutti i redditi, con applicazione di sanzioni.

Calcolo ipotetico: Redditi complessivi 2021‑2024 = € 2.000.000. IRPEF italiana media 43% = € 860.000. Sanzioni al 30% = € 258.000. Interessi al 4% medio per tre anni = € 103.200. Totale ≈ € 1.221.200.

Strategia: Se Caio prova di vivere stabilmente a Monaco e di aver pagato l’imposta estera, può invocare l’accordo Italia-Monaco (in vigore dal 2015) che prevede la prevalenza della residenza nel Principato se vi è abitazione permanente e centro degli interessi vitali . In alternativa, può cercare un accordo di adesione con l’Agenzia delle Entrate o aderire a programmi di definizione agevolata.

Caso 3 – Procedura di esdebitazione per contribuente sovraindebitato

Situazione: Sempronio è un libero professionista che ha trasferito la residenza in Romania ma non ha cancellato l’iscrizione all’anagrafe italiana. L’Agenzia delle Entrate lo ritiene residente in Italia e notifica cartelle per un totale di € 150.000 tra IRPEF e addizionali. Sempronio non riesce a pagare e rischia il pignoramento dell’unica abitazione familiare in Italia, dove vivono la moglie e i figli.

Soluzione: lo studio dell’Avv. Monardo propone il piano del consumatore nell’ambito della crisi da sovraindebitamento. Dimostrando che il debito è insostenibile e che la situazione reddituale non consente il pagamento integrale, il piano prevede il pagamento del 30% del debito in 5 anni (€ 45.000), finanziato dalla cessione di quote di un immobile in Romania. Il tribunale omologa il piano, sospende i pignoramenti e, dopo l’esecuzione, Sempronio ottiene l’esdebitazione.

Conclusione

Il concetto di centro degli interessi vitali costituisce il perno per determinare la residenza fiscale nelle situazioni transfrontaliere. La disciplina italiana, aggiornata a dicembre 2025, prevede tre criteri principali – residenza civilistica, domicilio e presenza fisica – e una presunzione relativa legata all’iscrizione anagrafica; per i trasferimenti verso Paesi a fiscalità privilegiata opera una presunzione specifica, superabile solo con prova contraria . Le convenzioni internazionali e i regolamenti europei (come il COMI) impongono una valutazione complessiva di legami economici e personali, ma la giurisprudenza italiana, soprattutto per i periodi antecedenti al 2024, continua a privilegiare i legami economici e patrimoniali riconoscibili dai terzi . Dal 2024, la nozione di domicilio fiscale è stata rivoluzionata a favore delle relazioni personali e familiari, ma le controversie relative agli anni precedenti continueranno a basarsi sul vecchio criterio.

Per i contribuenti, imprenditori o privati che si trovino al centro di contestazioni sul domicilio fiscale, è fondamentale:

  • Agire tempestivamente: non attendere la definizione delle cartelle ma impugnare l’avviso nei 60 giorni, eventualmente richiedendo la sospensione.
  • Documentare adeguatamente: conservare ogni prova della permanenza all’estero e della gestione degli affari; dimostrare la mancanza di legami con l’Italia.
  • Valutare le convenzioni: invocare i tie‑breaker rules e, se necessario, richiedere l’intervento dell’autorità competente per risolvere i conflitti di residenza.
  • Affidarsi a professionisti: il contenzioso tributario e internazionale richiede competenze specifiche; lo studio dell’Avv. Monardo offre consulenza integrata con avvocati e commercialisti, analisi approfondita dell’atto, ricorsi mirati e, se necessario, negoziazioni con l’amministrazione finanziaria.

L’esperienza dimostra che una difesa ben strutturata può portare all’annullamento dell’accertamento o a un accordo favorevole. In situazioni di sovraindebitamento, gli strumenti della legge 3/2012 consentono di ridurre il debito tributario e ripartire.

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