Accertamento attività estere: cosa sapere e come difendersi

Introduzione

Negli ultimi anni la fiscalità internazionale e il monitoraggio degli investimenti oltreconfine hanno assunto un ruolo centrale nella lotta all’evasione. Dal 2015 l’Agenzia delle Entrate riceve automaticamente informazioni sui conti correnti e le attività finanziarie detenute all’estero grazie agli accordi di scambio di dati (CRS, DAC2, FATCA) e, più di recente, le Direttive DAC6 e DAC7 hanno esteso l’obbligo di comunicare schemi di pianificazione fiscale transfrontaliera e redditi derivanti dalle piattaforme digitali. La Direttiva per i controlli fiscali 2025 conferma questa evoluzione spostando l’attenzione dall’esame formale della compilazione del quadro RW a un’analisi sostanziale della congruità tra redditi dichiarati, patrimoni e flussi transfrontalieri . Contribuenti e imprenditori che detengono conti, immobili, partecipazioni societarie, cripto‑attività o altri beni fuori dal territorio nazionale devono quindi conoscere i propri obblighi dichiarativi e le conseguenze di eventuali omissioni.

Rischi e urgenza. La mancata indicazione delle attività estere nel quadro RW della dichiarazione dei redditi non è un adempimento meramente formale: comporta l’applicazione di sanzioni dal 3 % al 15 % (raddoppiate dal 6 % al 30 % per attività in Paesi “black list”) del valore non dichiarato e, nei casi di conti occultati in giurisdizioni non cooperative, la presunzione legale che tali somme derivino da redditi sottratti a tassazione . In più, la normativa antiriciclaggio e il Codice della crisi d’impresa impongono di individuare il “titolare effettivo” delle partecipazioni e dei trust: anche le detenzioni indirette o per interposta persona sono rilevanti . Dopo la notifica di un questionario o di un atto di contestazione il contribuente ha termini precisi per fornire chiarimenti o impugnare l’atto; l’inerzia può trasformare una violazione amministrativa in un contenzioso oneroso o addirittura in un procedimento penale.

Chi siamo e come possiamo aiutarvi. L’Avv. Giuseppe Angelo Monardo, cassazionista, coordina un team multidisciplinare di avvocati tributaristi e commercialisti operativi su tutto il territorio nazionale. È gestore della crisi da sovraindebitamento (Legge 3/2012), iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia, professionista fiduciario di un Organismo di composizione della crisi (OCC) e esperto negoziatore della crisi d’impresa ai sensi del D.L. 118/2021. Grazie all’esperienza maturata in ambito bancario e tributario il nostro studio esamina preliminarmente i presupposti degli atti (cartelle, avvisi di contestazione, sanzioni), predispone ricorsi dinanzi alle Corti di Giustizia tributaria, chiede la sospensione dell’esecuzione, avvia trattative con l’Agenzia delle Entrate o con l’Agente della Riscossione per piani di rientro e definizioni agevolate e, quando necessario, promuove azioni giudiziarie per invalidare l’accertamento o ridurre le sanzioni. Un approccio integrato tra competenze tributarie, bancarie e concorsuali consente di individuare la soluzione più adatta al singolo caso (esdebitazione, accordi di ristrutturazione, piani del consumatore, ricorsi, transazioni fiscali).

Se hai ricevuto un questionario o un avviso relativo ad attività estere o temi un controllo sul quadro RW, contatta subito l’Avv. Giuseppe Angelo Monardo per una valutazione legale personalizzata e immediata.

1. Contesto normativo e giurisprudenziale

1.1 Le fonti primarie: Decreto‑legge 167/1990 e successive modifiche

La disciplina del monitoraggio fiscale delle attività estere è contenuta nel D.L. 28 giugno 1990 n. 167 (convertito nella L. 4 agosto 1990 n. 227), che impone a persone fisiche residenti, enti non commerciali e società semplici l’obbligo di dichiarare in un’apposita sezione della dichiarazione dei redditi (quadro RW del modello Redditi PF o quadro W del modello 730) gli investimenti e le attività finanziarie detenuti all’estero . L’art. 4 impone la dichiarazione annuale anche se le attività non producono redditi nel periodo d’imposta; l’obbligo sussiste indipendentemente dalle modalità con cui sono state acquisite e anche in caso di disinvestimento prima della fine dell’anno . L’art. 5 stabilisce le sanzioni, che vanno dal 3 % al 15 % del valore non dichiarato, aumentate dal 6 % al 30 % per beni situati in Paesi a fiscalità privilegiata . L’art. 6 riguarda le imposte patrimoniali (IVIE e IVAFE) dovute sugli immobili e sulle attività finanziarie estere.

La L. 6 agosto 2013 n. 97 (Legge europea 2013‑bis) ha modificato l’art. 5 introducendo la possibilità di applicare la sanzione minima in presenza di cooperative compliance o collaborazione volontaria e ha adeguato le norme alle prescrizioni europee in materia di proporzionalità. Il D.L. 28 gennaio 2014 n. 4, convertito nella L. 50/2014, ha previsto l’esonero dalla compilazione del quadro RW per i conti correnti esteri il cui valore massimo complessivo non superi 10 000 euro nel corso dell’anno .

Il D.L. 1 luglio 2009 n. 78, convertito nella L. 102/2009, ha introdotto il raddoppio dei termini di accertamento per le violazioni relative al monitoraggio fiscale: per le omissioni del quadro RW i termini per la contestazione e l’irrogazione delle sanzioni sono raddoppiati rispetto a quelli ordinari, con effetto retroattivo sui periodi d’imposta antecedenti . Sempre lo stesso decreto, all’art. 12 comma 2, prevede che gli investimenti e le attività finanziarie detenuti nei Paesi “black list” si presumono costituiti con redditi non dichiarati in Italia; spetta al contribuente fornire la prova contraria (presunzione relativa). Questa presunzione è stata ribadita dal D.L. 78/2010 (art. 12, comma 2), che ha previsto la detrazione dell’imposta pagata all’estero solo se provata.

Altre norme rilevanti sono il D.Lgs. 74/2000 (reati tributari), che punisce l’omessa o infedele dichiarazione di redditi di fonte estera e la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11), e il D.Lgs. 471/1997‑472/1997, che regolano le sanzioni amministrative. L’art. 8 del D.Lgs. 472/1997 sancisce la non trasmissibilità agli eredi delle sanzioni tributarie, principio ribadito dalla Cassazione con l’ordinanza 22476/2025 , secondo cui la morte del contribuente estingue l’obbligazione sanzionatoria.

Infine il D.Lgs. 231/2007 e i successivi D.Lgs. 90/2017 e 125/2019, in materia di antiriciclaggio, definiscono la figura del “titolare effettivo” e impongono agli intermediari obblighi di adeguata verifica; tali norme rilevano perché l’obbligo di dichiarazione nel quadro RW grava anche su chi ha la disponibilità o il potere di movimentazione di conti esteri, non solo sui titolari formali .

1.2 Le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate e la circolare 12/E 2024

Le istruzioni ufficiali dell’Agenzia delle Entrate relative al quadro RW sono contenute nel fascicolo informativo pubblicato sul portale telematico, che precisa:

  • Soggetti obbligati. Devono compilare il quadro RW le persone fisiche residenti, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate che detengono investimenti o attività di natura finanziaria all’estero a titolo di proprietà o di altro diritto reale . L’obbligo sussiste anche se le attività sono state totalmente disinvestite durante l’anno e anche se non hanno prodotto reddito.
  • Esoneri parziali. Non sussiste obbligo di monitoraggio per depositi e conti correnti bancari esteri il cui valore massimo complessivo non superi 10 000 € durante l’anno (art. 2, comma 4‑bis, D.L. 4/2014) ; restano comunque dovute l’IVAFE o l’IVIE se dovute. Sono esonerati anche i dipendenti pubblici all’estero, i frontalieri e i lavoratori in zone di frontiera per gli investimenti detenuti nel Paese di lavoro, a condizione che disinvestano entro sei mesi dall’interruzione del rapporto .
  • Titolare effettivo e interposizione. Il quadro RW deve essere compilato anche dai soggetti che, pur non essendo titolari formali, hanno la disponibilità o il potere di movimentare le attività estere (titolari effettivi). Devono essere dichiarate anche le attività detenute tramite trust, fondazioni o società estere interposte . Quando si detengono partecipazioni in società estere tramite catene societarie, il contribuente deve indicare il valore degli investimenti sottostanti e la percentuale di partecipazione tenendo conto dell’effetto demoltiplicativo .
  • Tipologia di investimenti. Tra le attività da dichiarare rientrano immobili all’estero, diritti reali, quote di multiproprietà, preziosi, imbarcazioni, beni mobili registrati, conti correnti, partecipazioni, obbligazioni e altri titoli esteri, valute, metalli preziosi, contratti derivati, polizze vita estere e persino le forme di previdenza complementare organizzate da soggetti esteri . Vanno indicate anche le attività detenute all’estero tramite fiduciarie e i beni situati in Italia intestati a fiduciarie estere (si considerano “detenuti all’estero”) .

La circolare 31 maggio 2024 n. 12/E ha fornito chiarimenti sulla compilazione del nuovo quadro W del modello 730, introdotto per consentire ai lavoratori dipendenti di assolvere l’obbligo di monitoraggio senza presentare il modello Redditi. La circolare specifica che:

  • le cripto‑attività devono essere indicate separatamente per ciascun emittente e per ciascun periodo di detenzione ;
  • per i conti correnti esteri è necessario compilare un rigo distinto per ciascun conto, indicando il valore finale e la giacenza media ;
  • la base imponibile dell’imposta sulle cripto‑attività (IVCA) corrisponde al valore al 31 dicembre rilevato dalla piattaforma di acquisto o da siti specializzati; non è sufficiente un’autodichiarazione del contribuente ;
  • il visto di conformità può essere apposto sul quadro W soltanto dopo un esame approfondito dei documenti, poiché i professionisti rispondono in solido in caso di errori.

1.3 Giurisprudenza recente (2024‑2025)

La giurisprudenza di legittimità ha affrontato numerosi casi di omessa dichiarazione di attività estere e di presunta residenza fittizia. Di seguito si riportano le pronunce più rilevanti a favore dei contribuenti o in grado di fornire spunti difensivi.

Omessa compilazione del quadro RW: violazione formale

Con la sentenza 30 ottobre 2024 n. 28077 la Corte di Cassazione (Sez. 5) ha ribadito che l’omessa dichiarazione delle attività finanziarie estere, prevista dall’art. 4 comma 2 del D.L. 167/1990, ha finalità meramente conoscitiva e non genera di per sé un danno all’erario. La Corte ha affermato che la sanzione dal 5 % al 25 % del valore non dichiarato ha lo scopo di garantire il monitoraggio dei trasferimenti di valuta, ma resta esclusa l’applicabilità di sanzioni più gravi come quelle previste dalla normativa spagnola giudicata sproporzionata dalla Corte di Giustizia UE . La sentenza sottolinea inoltre che la sanzione va applicata anche se il contribuente ritiene la violazione “formale” e non dannosa .

Sanzione e decesso del contribuente

L’ordinanza 4 agosto 2025 n. 22476 ha stabilito che le sanzioni per omessa indicazione di attività finanziarie all’estero non sono trasmissibili agli eredi: in caso di morte del contribuente si applica l’art. 8 del D.Lgs. 472/1997, che prevede l’estinzione del debito sanzionatorio . La Corte richiama il principio di responsabilità personale sancito dall’art. 2 dello stesso decreto e conferma l’obbligo dell’Agenzia delle Entrate di rinunciare alle pretese sanzionatorie una volta documentato il decesso .

Quadro RW e reati tributari

La sentenza 4 giugno 2025 n. 20649 della Terza Sezione Penale (Cassazione) ha escluso la configurabilità del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ex art. 11 D.Lgs. 74/2000 quando la condotta contestata consiste nel trasferimento di beni effettuato per sottrarsi al pagamento delle sanzioni derivanti dall’omessa compilazione del quadro RW. La Corte ha ricordato che il modello RW è un mero strumento di comunicazione; l’evasione eventuale deriva dagli inadempimenti degli obblighi di dichiarazione dei redditi e non dalla mancata compilazione del quadro . Pertanto la sanzione per l’omessa compilazione del quadro RW, essendo riferita al patrimonio e non al reddito, non costituisce il presupposto del reato di cui all’art. 11 D.Lgs. 74/2000 . La decisione rileva in quanto delimita l’ambito penale delle omissioni relative al monitoraggio fiscale.

Interposizione fittizia e trust

Con la sentenza 10 aprile 2025 n. 9445 la Cassazione (Sez. 5) ha affrontato un caso di trust estero utilizzato per detenere partecipazioni in società italiane. La Corte ha affermato che, in tema di interposizione fittizia, i redditi formalmente intestati a un altro soggetto vanno imputati al contribuente che ne risulti l’effettivo possessore; non è rilevante la distinzione civilistica tra interposizione fittizia e reale, poiché ai fini tributari conta il possesso del reddito . Ciò significa che se un trust viene utilizzato come schermo, l’Agenzia può imputare i redditi al “titolare effettivo” prescindendo dalla forma giuridica.

Esterovestizione e sede effettiva

La sentenza 22 agosto 2025 n. 23707 (e le correlate 22901, 23543, 24031) della Sezione Tributaria ha affrontato il tema della esterovestizione, cioè la localizzazione meramente formale di una società all’estero al solo fine di beneficiare di un regime fiscale favorevole. Secondo la Corte, il concetto di sede dell’amministrazione coincide con quello di sede effettiva: va individuato nella sede di direzione e gestione dell’attività, non nel luogo di iscrizione o dove si trova la sede legale . La Cassazione ha ribadito che non è sufficiente la mera iscrizione in un registro estero o la presenza di organi sociali; occorre un’analisi sostanziale della realtà economica, verificando mezzi, personale, svolgimento di riunioni e decisioni strategiche . In assenza di effettività economica, l’amministrazione può presumere la residenza in Italia, ma spetta all’Agenzia provare che la società è un guscio privo di autonomia.

Un’ulteriore evoluzione è contenuta nella sentenza 23842/2025 che estende il ragionamento anche all’IVA: la Corte ha sottolineato che la residenza fiscale non può essere presunta, ma deve risultare da un accertamento concreto dell’attività gestionale e produttiva . Il concetto di esterovestizione IVA comporta quindi che anche ai fini dell’imposta sul valore aggiunto la stabilità territoriale non può essere dedotta dalla mera localizzazione formale, ma richiede la verifica di una presenza economica reale .

1.4 Direttive europee e scambio di informazioni

Le norme interne si inseriscono in un quadro sovranazionale sempre più stringente. La Direttiva 2011/16/UE (DAC1) ha introdotto lo scambio automatizzato di informazioni in materia fiscale. La Direttiva 2014/107/UE (DAC2) ha recepito il Common Reporting Standard (CRS), che obbliga banche e intermediari a comunicare alle autorità fiscali i dati dei conti detenuti da non residenti. Le Direttive DAC6 e DAC7 (2018/822/UE e 2021/514/UE) prevedono la comunicazione dei meccanismi transfrontalieri potenzialmente elusivi e dei ricavi generati da piattaforme digitali. Secondo la Direttiva per i controlli fiscali 2025, l’Agenzia delle Entrate utilizza queste banche dati (CRS, DAC6, Archivio rapporti finanziari) per profilare i contribuenti e selezionare le posizioni a rischio . Gli uffici riceveranno liste di contribuenti relative agli anni d’imposta 2019‑2021 e distingueranno tra posizioni “post cambiaverso”, già sollecitate a regolarizzarsi, e posizioni “dirette” da sottoporre a verifica . La direttiva pone particolare attenzione alle residenze fittizie, alle successioni e donazioni con beni all’estero e alle strutture opache (trust, fondazioni, società offshore) .

2. Procedura passo per passo dopo la notifica di un atto

2.1 Comunicazioni preliminari e questionari

Prima di emettere un avviso di contestazione o di accertamento, l’Agenzia delle Entrate invia spesso una comunicazione di irregolarità o un questionario in cui invita il contribuente a fornire chiarimenti sull’origine dei capitali esteri e sulle ragioni dell’omessa compilazione del quadro RW. È fondamentale rispondere entro il termine indicato (generalmente 30 giorni) allegando documentazione bancaria, contratti, certificazioni fiscali estere e ogni altro elemento idoneo a provare la provenienza lecita delle somme.

Una risposta ben articolata può convincere l’Ufficio a non procedere a contestazioni; in caso contrario, costituisce prova della collaborazione del contribuente e può ridurre le sanzioni in sede contenziosa. Nei questionari possono essere richieste informazioni su:
– saldo iniziale e finale dei conti esteri;
– movimenti in entrata e uscita;
– provenienza delle somme (eredità, risparmi, redditi già tassati, vendita di beni);
– eventuali trasferimenti da o verso conti in Paesi “black list”;
– presenza di trust, fondazioni o società interposte.

2.2 Avviso di contestazione e atto di irrogazione sanzioni

Se le spiegazioni non vengono ritenute sufficienti o se il contribuente non risponde, l’Agenzia può notificare un avviso di contestazione ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs. 472/1997, contenente l’irrogazione delle sanzioni per l’omessa dichiarazione di investimenti esteri. L’atto deve indicare i fatti contestati, la norma violata, la quantificazione della sanzione (con l’indicazione delle aliquote minime e massime) e l’ufficio competente per l’eventuale definizione agevolata.

L’avviso può essere definito con il pagamento di un terzo della sanzione entro 60 giorni (istituto della acquiescenza) oppure con il ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/1997) se la violazione non è stata ancora constatata, versando la sanzione ridotta e gli interessi. L’art. 17 del D.Lgs. 472/1997 prevede la possibilità di presentare deduzioni difensive entro 60 giorni; l’ufficio è tenuto a valutare le memorie prima di emettere l’atto definitivo.

2.3 Avviso di accertamento o atto unico

Se dalle verifiche emerge che le somme non dichiarate derivano da redditi sottratti a imposizione, l’Agenzia può emettere un avviso di accertamento con cui recupera a tassazione i redditi presunti, applicando le imposte (IRPEF, addizionali, IVAFE/IVIE) e le relative sanzioni. Nei casi più gravi, l’avviso può essere accompagnato da una denuncia penale per il reato di omessa o infedele dichiarazione (artt. 4 e 5 D.Lgs. 74/2000) o per riciclaggio/autoriciclaggio.

Dal 2022 l’Agenzia può emettere anche un atto unico che cumula accertamento e irrogazione delle sanzioni. L’atto deve essere notificato entro il termine di decadenza (ordinariamente 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione; raddoppiato a dieci anni per violazioni relative a investimenti in Paesi “black list” ). Contro l’atto unico il contribuente ha 60 giorni per presentare ricorso dinanzi alla Corte di Giustizia tributaria di primo grado.

2.4 Ricorso alla Corte di Giustizia tributaria

Il ricorso deve essere depositato entro 60 giorni dalla notifica dell’atto e deve contenere:
– i dati dell’atto impugnato;
– i motivi specifici di impugnazione (violazione di legge, carenza di motivazione, insussistenza dei presupposti, errata quantificazione);
– l’indicazione delle prove a sostegno (documenti bancari, certificazioni, perizie);
– la richiesta di sospensione dell’esecuzione ex art. 47 D.Lgs. 546/1992;
– la nomina del difensore (quando obbligatoria).

La Corte di Giustizia tributaria (ex Commissione tributaria) può sospendere l’esecutività dell’atto se ricorrono i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora. In pendenza di giudizio, il contribuente può anche aderire all’istituto della conciliazione giudiziale (art. 48 D.Lgs. 546/1992) con riduzione delle sanzioni.

2.5 Esecuzione forzata e misure cautelari

Se l’atto diviene definitivo, l’Agente della Riscossione può avviare la procedura esecutiva (iscrizione a ruolo, notifica della cartella di pagamento o dell’atto di pignoramento). In presenza di sanzioni elevate o di somme ingenti, l’Agenzia può chiedere il sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 c.p.p.; tuttavia, la Cassazione ha escluso la rilevanza penale della mera sanzione per l’omessa compilazione del quadro RW , per cui il sequestro può essere disposto solo se vi è un debito d’imposta su redditi non dichiarati.

Per evitare o bloccare l’esecuzione il contribuente può:
– chiedere la sospensione giudiziale;
– proporre un’istanza di rateazione al fine di dilazionare il pagamento;
– accedere a una definizione agevolata (rottamazione) se prevista da leggi di sanatoria;
– presentare domanda di sovraindebitamento o concordato minore (v. § 4).

3. Difese e strategie legali

3.1 Prova dell’origine lecita delle somme

La principale strategia difensiva consiste nel fornire prova della provenienza lecita dei capitali detenuti all’estero. Poiché gli investimenti in Paesi a fiscalità privilegiata si presumono costituiti da redditi sottratti a tassazione , il contribuente deve superare tale presunzione con prova contraria documentale. Gli elementi utili sono:

  • Estratti conto e documenti bancari che attestino i versamenti, i prelievi e la provenienza delle somme (ad esempio bonifici da conti italiani dichiarati);
  • Atti di compravendita, donazione o successione che dimostrino che i capitali derivano da operazioni già tassate in Italia o esenti (eredità, risparmi);
  • Certificazioni fiscali estere (tax credit certificate, attestazioni di imposta pagata all’estero) per invocare il credito d’imposta e le convenzioni contro le doppie imposizioni;
  • Contratti di lavoro, pensioni o redditi esteri documentati;
  • Relazioni peritali che ricostruiscono la cronologia delle movimentazioni finanziarie e dimostrano l’assenza di redditi occultati.

È opportuno predisporre una memoria difensiva nella quale si richiama la giurisprudenza della Cassazione che considera la violazione del quadro RW come formale e che esclude il reato di sottrazione fraudolenta per la mancata compilazione del quadro . Questa memoria va allegata al ricorso o presentata in risposta all’avviso di contestazione.

3.2 Contestazione della residenza fiscale

In molti accertamenti l’Agenzia presume che il contribuente sia fiscalmente residente in Italia (art. 2 TUIR) e ritiene dunque imponibili tutti i redditi, compresi quelli prodotti all’estero. Per contestare la residenza occorre dimostrare che nel periodo d’imposta:

  • il contribuente era iscritto all’AIRE e ha trasferito il proprio centro degli interessi vitali all’estero;
  • la famiglia, l’abitazione principale, l’attività lavorativa, i beni patrimoniali erano radicati nello Stato estero;
  • vi sono contratti di lavoro o di locazione a lungo termine all’estero;
  • i movimenti bancari esteri sono coerenti con i redditi percepiti localmente.

Le sentenze 22901/2025 e seguenti hanno ribadito che la sede effettiva di una società va individuata in base all’effettivo luogo di direzione e decisione . Analogamente, per le persone fisiche occorre un’analisi sostanziale: la semplice iscrizione all’AIRE non basta se l’individuo mantiene in Italia il centro degli interessi affettivi e patrimoniali. L’amministrazione può utilizzare dati sui consumi (utenze, carte di credito, transazioni) per contestare la residenza: è quindi necessario predisporre prove contrarie.

3.3 Contestazione del trust o dell’interposizione

Quando l’Agenzia contesta l’uso di trust, fondazioni o società estere interposte (spesso domiciliati in Paesi anglosassoni o offshore), la difesa deve dimostrare la reale autonomia patrimoniale dell’ente. La Cassazione ha chiarito che ai fini tributari ciò che conta è l’effettivo possessore dei redditi . Se il contribuente gestisce i beni, ne dispone e beneficia dei frutti, il trust può essere considerato interposto e i redditi imputati direttamente al disponente.

Elementi probatori favorevoli possono essere:

  • la presenza di un trustee indipendente che amministra i beni;
  • l’esistenza di clausole irrevocabili che impediscono al disponente di rientrare in possesso dei beni;
  • l’effettivo trasferimento di beni al trust e la coerenza con la pianificazione successoria;
  • la documentazione bancaria che dimostra che i redditi sono rimasti all’estero e non sono stati rimessi al disponente.

In mancanza di tali elementi, conviene valutare la regolarizzazione tramite definizione agevolata (v. infra) per ridurre le sanzioni.

3.4 Vizi formali e motivazione dell’atto

Gli avvisi di contestazione e di accertamento devono contenere l’indicazione degli elementi di fatto e delle ragioni giuridiche su cui si fondano, pena la nullità per difetto di motivazione (art. 7 L. 212/2000 – Statuto del contribuente). È frequente che l’Agenzia si limiti a indicare la mancanza del quadro RW o la presunta provenienza delle somme senza allegare il dettaglio delle operazioni bancarie. In tali casi si può eccepire la carenza di motivazione, richiamando la giurisprudenza secondo cui la motivazione deve essere integrata dalle informazioni acquisite tramite lo scambio di dati e, se richiesta, deve essere messa a disposizione del contribuente.

Altre irregolarità che possono condurre all’annullamento sono:

  • notifica dell’atto oltre i termini di decadenza (art. 20 D.Lgs. 472/1997, come raddoppiato dal D.L. 78/2009);
  • omessa indicazione della norma violata o errata qualificazione;
  • inesatta applicazione delle percentuali di sanzione;
  • mancata allegazione dei documenti richiamati nel provvedimento.

3.5 Impugnazioni penali e aspetti penali

Nei casi in cui l’ufficio ritenga sussistente un reato tributario (es. omessa o infedele dichiarazione ex artt. 4 e 5 D.Lgs. 74/2000, riciclaggio, autoriciclaggio), è fondamentale affiancare la difesa amministrativa a quella penale. La sentenza 20649/2025 precisa che l’omessa compilazione del quadro RW non integra di per sé il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte : perché il reato sia configurabile è necessario che esista un debito d’imposta (non solo una sanzione) e che il contribuente compia atti fraudolenti per sottrarsi all’esecuzione. Occorre quindi dimostrare l’assenza di imposte dovute o che le somme erano già tassate.

4. Strumenti alternativi e soluzioni deflative

4.1 Ravvedimento operoso e ravvedimento speciale

Il ravvedimento operoso consente di regolarizzare spontaneamente l’omessa compilazione del quadro RW prima della contestazione, versando la sanzione ridotta e gli interessi. Se la violazione viene sanata entro 90 giorni dalla scadenza, la sanzione è ridotta a 1/9 del minimo (3 % × 1/9); se oltre i 90 giorni ma entro un anno, a 1/7; se entro due anni, a 1/6; e così via. È necessario presentare una dichiarazione integrativa indicando i valori non dichiarati e, se dovute, le imposte patrimoniali (IVIE e IVAFE).

Per gli anni fiscali fino al 2021 la legge ha previsto il ravvedimento speciale: pagando un diciottesimo del minimo, i contribuenti possono regolarizzare omissioni e irregolarità formali, comprese quelle relative al quadro RW. Questa agevolazione può essere prorogata da leggi di bilancio; occorre verificare se, alla data di dicembre 2025, il legislatore l’abbia rinnovata.

4.2 Definizione agevolata delle sanzioni e rottamazione

La normativa prevede periodicamente la definizione agevolata delle cartelle esattoriali (rottamazione). Nel 2023 il governo ha introdotto la “rottamazione‑quater” (L. 197/2022) che consente di estinguere i debiti fiscali affidati alla riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, pagando solo l’imposta e gli interessi, senza sanzioni né interessi di mora. È prevista anche la “definizione agevolata delle liti pendenti” che permette di chiudere le controversie tributarie con il pagamento di percentuali ridotte a seconda del grado di giudizio. I soggetti che hanno ricevuto accertamenti per attività estere possono valutare se rientrano in queste sanatorie.

4.3 Voluntary disclosure e regolarizzazioni straordinarie

La voluntary disclosure (Legge 186/2014) è terminata, ma è stata fondamentale per regolarizzare capitali detenuti all’estero. Non sono esclusi nuovi programmi di collaborazione volontaria; alcuni Paesi hanno attivato iniziative bilaterali. Chi non ha aderito alla voluntary disclosure e oggi riceve un accertamento può comunque dimostrare la buona fede e invocare un trattamento sanzionatorio più mite, soprattutto se i capitali erano frutto di risparmi o redditi già tassati.

4.4 Procedure di sovraindebitamento e strumenti del Codice della crisi

Per i contribuenti che, oltre alle sanzioni, hanno accumulato debiti fiscali e bancari insostenibili, è possibile ricorrere agli strumenti previsti dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019). In particolare:

  • Piano del consumatore e accordo di composizione della crisi (artt. 67‑73 del CCI) per persone fisiche e professionisti che non esercitano attività imprenditoriale. Consentono di proporre al giudice un piano di ristrutturazione dei debiti, comprensivo di quelli fiscali, con pagamento parziale o differito;
  • Concordato minore e liquidazione controllata (artt. 74‑83 CCI) per soggetti sovraindebitati diversi dagli imprenditori, con possibilità di liberazione da parte dei debiti residui (esdebitazione);
  • Composizione negoziata della crisi d’impresa (D.L. 118/2021) per imprenditori in difficoltà: prevede la nomina di un esperto negoziatore che assiste l’impresa nel raggiungimento di un accordo con i creditori, compresi l’Erario e gli enti previdenziali.

L’Avv. Monardo, in quanto gestore della crisi da sovraindebitamento e esperto negoziatore, è abilitato a seguire queste procedure, predisporre il piano e interagire con tribunali, OCC e Agenzia delle Entrate.

5. Errori comuni e consigli pratici

  1. Ignorare la comunicazione di compliance. Non rispondere al questionario o alla lettera dell’Agenzia equivale ad ammettere la violazione. È consigliabile rivolgersi subito a un professionista per predisporre la documentazione.
  2. Aspettare la notifica dell’atto definitivo. Molti contribuenti pensano di poter rimandare la regolarizzazione. In realtà il ravvedimento operoso consente di pagare sanzioni molto ridotte se effettuato prima della contestazione; dopo l’atto le sanzioni aumentano.
  3. Sottovalutare la presunzione sulle black list. Depositare capitali in Paesi a fiscalità privilegiata senza tenere traccia delle movimentazioni comporta l’inversione dell’onere della prova . Anche i prelievi di contante dai conti esteri devono essere giustificati.
  4. Omettere le cripto‑attività. Dal 2023 l’IVCA tassa le cripto‑valute detenute all’estero. Le circolari 30/E/2023 e 12/E/2024 precisano che vanno indicate separatamente e che la base imponibile è il valore al 31 dicembre . Non indicare i “wallet” esteri nel quadro RW può generare sanzioni e presunzioni di evasione.
  5. Sbagliare la qualificazione del trust. Utilizzare trust autodiretti o revocabili per schermare patrimoni può essere interpretato come interposizione fittizia. Bisogna affidarsi a trustee indipendenti e redigere atti conformi alla normativa.
  6. Non considerare la residenza fiscale quando si trasferisce la propria vita all’estero. L’iscrizione all’AIRE non basta: occorre non mantenere il centro degli interessi vitali in Italia e conservare prove delle spese all’estero.
  7. Confondere sanzioni e imposte. La Cassazione ha chiarito che le sanzioni per il quadro RW non sono trasmissibili e non determinano reato ; ma l’evasione dei redditi derivanti dalle attività estere resta punita penalmente. È quindi essenziale dichiarare i redditi e invocare, se applicabile, i crediti d’imposta derivanti dalle convenzioni.
  8. Usare società estere solo nominali. L’esterovestizione è contrastata dalle sentenze 22901/2025 e 23842/2025, che richiedono sostanza economica . Aprire una società all’estero senza uffici, personale e mezzi può esporre a pesanti recuperi di imposte.

6. Tabelle riepilogative

6.1 Norme principali sulla dichiarazione di attività estere

Riferimento normativoOggettoNota essenziale
D.L. 167/1990 art. 4Obbligo di dichiarare investimenti e attività finanziarie detenuti all’estero nel quadro RW/WObbligo annuale, anche se i beni non producono redditi
D.L. 167/1990 art. 5Sanzioni per omessa dichiarazioneDal 3 % al 15 % del valore non dichiarato, raddoppiate per Paesi black list
D.L. 4/2014 art. 2 comma 4‑bisEsenzione per depositi esteri sotto 10 000 €Non si compila il quadro RW se la giacenza massima non supera 10 000 €
D.L. 78/2009 art. 12Presunzione di redditi non dichiarati e raddoppio dei terminiPer investimenti in Paesi “non collaborativi” i termini di accertamento e sanzione sono raddoppiati
D.Lgs. 472/1997 art. 8Intrasmissibilità delle sanzioni agli erediLa sanzione si estingue con la morte del contribuente
D.Lgs. 74/2000 art. 11Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposteNon si applica per la sola sanzione ex art. 5 D.L. 167/1990

6.2 Termini e adempimenti procedurali

FaseTermine standardRiferimento
Risposta al questionario dell’Agenzia30 giorni (termine indicato nella comunicazione)Prassi amministrativa
Deduzioni difensive dopo avviso di contestazione60 giorniArt. 16 comma 4 D.Lgs. 472/1997
Ricorso alla Corte di Giustizia tributaria60 giorni dalla notifica dell’attoArt. 21 D.Lgs. 546/1992
Raddoppio dei termini di accertamento per Paesi black listFino a 10 anni dal periodo d’impostaArt. 12 commi 2 bis‑ter D.L. 78/2009
Esonero compilazione quadro RWConti < 10 000 € di giacenza massimaArt. 2 comma 4‑bis D.L. 4/2014

6.3 Sanzioni e aliquote

Tipologia di violazioneAliquota sanzioneNote
Omessa o infedele compilazione quadro RW (Paesi cooperativi)3 % – 15 % del valore non dichiaratoApplicazione art. 5 D.L. 167/1990
Omessa compilazione quadro RW (Paesi black list)6 % – 30 % del valore non dichiaratoPresunzione di redditi non dichiarati; raddoppio termini
Mancato pagamento IVIE/IVAFE90 % dell’imposta + interessiArt. 19 D.L. 201/2011 e art. 13 D.Lgs. 471/1997
Ravvedimento operoso entro 90 giorni1/9 della sanzione minimaArt. 13 D.Lgs. 472/1997

7. Domande frequenti (FAQ)

  1. Chi deve compilare il quadro RW o W? Devono compilare il quadro RW le persone fisiche residenti, gli enti non commerciali e le società semplici o equiparate che detengono investimenti o attività finanziarie all’estero . Dal 2024 i lavoratori dipendenti possono utilizzare il quadro W del modello 730 in alternativa al quadro RW.
  2. Che cosa devo indicare nel quadro RW? Vanno indicati tutti gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenuti all’estero, ad esempio conti correnti, depositi, obbligazioni, azioni, polizze, immobili, metalli preziosi, opere d’arte e persino conti su piattaforme di criptovalute . Devono essere dichiarate anche le attività detenute tramite fiduciarie, trust, fondazioni o società estere interposte .
  3. Sono residente all’estero iscritto all’AIRE: devo compilare il quadro RW? I soggetti non residenti non sono tenuti al monitoraggio delle attività estere. Tuttavia l’Agenzia può contestare la residenza in Italia se il centro degli interessi vitali resta nel territorio. In tal caso va presentata la dichiarazione e compilato il quadro RW per evitare contestazioni.
  4. È prevista un’esenzione per i conti di piccolo importo? Sì. Non occorre compilare il quadro RW per i depositi bancari e conti correnti esteri il cui valore massimo complessivo non supera 10 000 € nel corso dell’anno . L’esonero non riguarda però l’IVAFE, che resta dovuta se la giacenza media supera 5 000 €.
  5. Quali sono le sanzioni per la mancata compilazione del quadro RW? La sanzione va dal 3 % al 15 % del valore non dichiarato; se l’attività è detenuta in Paesi black list la sanzione è raddoppiata dal 6 % al 30 % . In caso di ravvedimento operoso le sanzioni sono notevolmente ridotte.
  6. La sanzione è trasmissibile agli eredi? No. L’art. 8 del D.Lgs. 472/1997 stabilisce che le sanzioni tributarie non si trasmettono agli eredi; la Cassazione ha confermato che il debito sanzionatorio si estingue con la morte del contribuente .
  7. L’omessa compilazione del quadro RW è un reato? Di per sé no. La Cassazione ha precisato che il quadro RW è uno strumento di comunicazione e la relativa violazione non integra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte . Tuttavia se dalle indagini emerge l’occultamento di redditi o l’evasione di imposte, si possono configurare reati tributari (omessa o infedele dichiarazione, autoriciclaggio).
  8. Quali sono i Paesi “black list”? Sono gli Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati dal Decreto ministeriale 4 maggio 1999 e aggiornati periodicamente (es. Bahamas, Bermuda, Isole Cayman, Jersey). L’elenco rileva per la presunzione di evasione e per l’applicazione delle sanzioni maggiorate.
  9. Come posso provare la provenienza lecita dei fondi esteri? Occorre conservare documenti bancari, contratti, dichiarazioni dei redditi, atti di successione o donazione e certificazioni che attestino il pagamento delle imposte all’estero. È utile predisporre una perizia contabile che ricostruisca il flusso delle somme.
  10. Se ho un conto cointestato o in comunione, devo dichiarare l’intero importo? Sì. Ciascun cointestatario deve indicare l’intero valore del conto e indicare la percentuale di possesso . L’obbligo sussiste anche per i diritti reali (nuda proprietà, usufrutto).
  11. Le cripto‑valute devono essere dichiarate? Sì. Dal 2023 l’imposta sulle cripto‑attività (IVCA) obbliga a indicare il valore al 31 dicembre e a versare l’imposta. La circolare 12/E 2024 chiarisce che ogni “wallet” va indicato separatamente .
  12. Quali sono i termini per l’accertamento? Ordinarmente l’Agenzia può notificare l’atto entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello della dichiarazione; se l’attività è detenuta in un Paese black list i termini sono raddoppiati (fino a dieci anni) . Per i redditi non dichiarati il termine è addirittura otto anni in caso di infedele dichiarazione.
  13. È possibile rateizzare le somme dovute? Sì. Dopo la notifica della cartella di pagamento è possibile chiedere un piano di dilazione fino a 10 anni (72 rate) o, in casi di grave difficoltà economica, fino a 20 anni. Per importi sotto 120 000 € la rateazione può essere ottenuta con istanza “semplificata”.
  14. Posso aderire a definizioni agevolate? Sì. Le leggi di bilancio prevedono periodicamente rottamazioni o sanatorie (ad esempio la rottamazione‑quater della L. 197/2022) che consentono di estinguere i debiti pagando solo l’imposta e gli interessi. È necessario verificare ogni anno le finestre aperte e presentare domanda nei termini.
  15. Cosa accade se un trust è considerato interposto? I redditi e gli investimenti sono imputati al disponente o beneficiario come se il trust non esistesse, con conseguenti imposte e sanzioni. La Cassazione n. 9445/2025 ha confermato che la distinzione tra interposizione fittizia e reale non rileva: conta l’effettivo possesso dei beni .
  16. La residenza fittizia all’estero può essere contestata? Sì. L’Agenzia può dimostrare che il contribuente mantiene in Italia il centro degli interessi vitali, anche se iscritto all’AIRE. La Cassazione n. 22901/2025 e le correlate sentenze hanno ribadito che occorre valutare la sede effettiva delle decisioni e delle attività ; la semplice iscrizione all’estero non basta.
  17. Qual è la differenza tra quadro RW e quadro W? Il quadro RW è una sezione del modello Redditi (Persone Fisiche) destinata a tutti i contribuenti; il quadro W è una sezione del modello 730 introdotta nel 2024 per permettere ai lavoratori dipendenti di adempiere al monitoraggio senza presentare il modello Redditi. Le regole di compilazione sono analoghe .
  18. Le sanzioni possono essere ridotte in sede di giudizio? Sì. In caso di accertamento è possibile proporre conciliazione giudiziale con riduzione delle sanzioni fino al 50 %, oppure ottenere l’annullamento se si dimostra che la violazione è formale o che la provenienza delle somme è lecita.
  19. Cosa succede se ricevo un avviso ma mi trovo all’estero? L’atto può essere notificato presso l’ultimo domicilio fiscale in Italia; per evitare contumacia è consigliabile eleggere domicilio presso un difensore. L’assenza non sospende i termini: il ricorso deve essere presentato entro 60 giorni.
  20. È possibile opporsi alla presunzione di reddito sulle black list? Sì. La presunzione è relativa e può essere superata mediante documentazione che provi la provenienza lecita e la tassazione all’estero. È utile richiedere certificazioni fiscali estere e dimostrare l’effettiva attività economica nei Paesi interessati.

8. Simulazioni pratiche

8.1 Caso A: Conto in Svizzera non dichiarato

Situazione: Marco, residente in Italia, ha aperto nel 2018 un conto in Svizzera con un saldo medio di 200 000 €. Non ha compilato il quadro RW e nel 2025 riceve un questionario dell’Agenzia in cui gli viene contestata l’omessa dichiarazione. Marco dispone di documenti che attestano che il denaro proviene dalla vendita di un immobile in Italia nel 2017 (regolarmente tassata) e da risparmi accumulati. Non ha prelevato somme ingenti né trasferito denaro in Paesi black list.

Analisi: L’omessa compilazione del quadro RW costituisce una violazione formale, sanzionata dal 3 % al 15 % del valore non dichiarato . Poiché il conto è in Svizzera (Paese collaborativo), non opera la presunzione di redditi occulti. Il termine di accertamento scade a fine 2029 (cinque anni + eventuale raddoppio se contestata evasione di redditi). Marco può:

  1. Rispondere al questionario entro 30 giorni allegando il rogito dell’immobile venduto e gli estratti conto che provano il versamento del ricavato. Può affermare che le somme erano già tassate e che la mancata compilazione è dovuta a errore;
  2. Presentare ravvedimento operoso con dichiarazione integrativa e pagamento della sanzione ridotta (ad esempio 1/6 del minimo se sono trascorsi più di un anno ma meno di due) e dell’IVAFE (0,2 % annuo);
  3. Impugnare l’eventuale avviso di contestazione, eccependo la violazione formale e chiedendo la riduzione della sanzione; richiamare la sentenza 28077/2024 che conferma la finalità conoscitiva dell’obbligo .

Esito atteso: Con un ravvedimento tempestivo Marco pagherà circa 6 000 € di sanzioni (3 % × 200 000 € × 1/6) più l’IVAFE (0,2 % × 200 000 € = 400 € annui). Se non ravvede, la sanzione può arrivare a 30 000 € (15 %).

8.2 Caso B: Investimenti in un Paese black list

Situazione: Lucia possiede una polizza vita e un conto corrente in un Paese “non cooperativo” con saldo complessivo di 500 000 €. Non ha compilato il quadro RW né dichiarato i redditi finanziari percepiti. Nel 2025 riceve un avviso di accertamento con cui l’Agenzia recupera a tassazione redditi presunti e applica sanzioni per omessa dichiarazione.

Analisi: In presenza di investimenti in black list si applica la presunzione di evasione: i capitali si presumono costituiti da redditi non dichiarati . La sanzione amministrativa va dal 6 % al 30 % del valore non dichiarato e i termini di accertamento sono raddoppiati. Lucia deve dimostrare la provenienza lecita (es. eredità) e che la polizza vita è una polizza di risparmio non produttiva di redditi.

Possibili azioni:

  1. Presentare documentazione: certificati di eredità, dichiarazioni di successione, estratti del conto che mostrano i versamenti iniziali;
  2. Invocare la convenzione contro la doppia imposizione se i redditi sono stati tassati nel Paese estero (crediti d’imposta);
  3. Ricorrere contro l’avviso per contestare l’applicazione del massimo della sanzione e la mancata motivazione dell’atto;
  4. Valutare la definizione agevolata o la rottamazione se il carico è elevato.

Esito atteso: Se Lucia non riesce a provare la provenienza delle somme, rischia una sanzione fino a 150 000 € (30 % × 500 000 €) oltre al recupero delle imposte sui redditi presunti. Se dimostra l’origine lecita può ridurre la sanzione al minimo e far valere il credito d’imposta.

8.3 Caso C: Cripto‑valute detenute su piattaforme estere

Situazione: Davide, programmatore, detiene diversi wallet di cripto‑valute su exchange esteri. Nel 2024 il valore complessivo delle sue cripto‑attività al 31 dicembre è di 80 000 €. Non inserisce i dati nel quadro RW né versa l’imposta sulle cripto‑attività (IVCA). Nel 2025 riceve un invito alla compliance.

Analisi: L’obbligo di dichiarare le cripto‑valute nasce con l’introduzione dell’IVCA. La circolare 30/E/2023 e la n. 12/E/2024 chiariscono che occorre indicare ciascun wallet separatamente e che la base imponibile è il valore al 31 dicembre . La sanzione per omessa dichiarazione va dal 3 % al 15 % del valore non dichiarato e l’imposta IVCA è pari allo 0,2 % annuo.

Possibili azioni: Davide può regolarizzare tramite ravvedimento operoso presentando una dichiarazione integrativa, versare l’IVCA (160 €) e pagare la sanzione ridotta. Deve conservare stampe delle piattaforme e attestazioni del valore al 31 dicembre. Se non si ravvede e l’Agenzia contesta la violazione, rischia una sanzione fino a 12 000 € (15 % × 80 000 €).

8.4 Caso D: Trust estero e titolare effettivo

Situazione: Francesco istituisce un trust alle Cayman e trasferisce al trustee le quote di una società italiana. Continua però a ricevere i dividendi sul proprio conto personale e impartisce ordini al trustee. L’Agenzia contesta l’interposizione e irroga sanzioni per omessa indicazione delle attività nel quadro RW.

Analisi: La Cassazione n. 9445/2025 ritiene che, in caso di interposizione fittizia, i redditi siano imputati all’effettivo possessore . L’obbligo dichiarativo grava sul disponente, che deve indicare il valore delle partecipazioni detenute tramite il trust . Francesco non ha compilato il quadro RW e ha percepito i dividendi senza dichiararli: l’Agenzia può recuperare l’imposta e applicare la sanzione massima.

Possibili azioni: Francesco può tentare di dimostrare l’autonomia del trust (documenti che attestano le funzioni del trustee, la segregazione patrimoniale, il pagamento dei dividendi al trust) oppure proporre una definizione agevolata. Potrebbe accedere a un accordo di composizione della crisi per ristrutturare i debiti fiscali.

8.5 Caso E: Residenza fittizia e società esterovestita

Situazione: Due fratelli aprono una società in Portogallo (Madeira) che gestisce rimorchiatori; la direzione effettiva dell’impresa avviene però a Brindisi. L’Agenzia emette avvisi di accertamento ritenendo la società fiscalmente residente in Italia e recupera IRES, IVA e IRAP. I contribuenti impugnano la decisione, sostenendo che la società ha sede effettiva a Madeira.

Analisi: Le sentenze 22901/2025 e 23842/2025 affermano che, per individuare la residenza fiscale di una società, occorre considerare la sede di direzione effettiva, ossia il luogo in cui si assumono le decisioni strategiche e si svolge l’attività . Nel caso in esame la società aveva mezzi, personale e riunioni a Madeira; i contratti di ship management con società italiane non spostavano la sede effettiva . La Cassazione ha accolto la tesi dei contribuenti e ha respinto l’esterovestizione.

Possibili azioni: Per difendersi dall’accusa di esterovestizione occorre dimostrare la sostanza economica all’estero: presenza di uffici, dipendenti, contabilità, decisioni del consiglio di amministrazione e pagamenti delle imposte locali. È utile richiamare i precedenti della Cassazione e della Corte di Giustizia UE che ammettono l’esistenza di strutture in Paesi a fiscalità agevolata purché non siano “costruzioni artificiali” .

9. Conclusione

L’accertamento delle attività estere rappresenta oggi una delle aree più delicate del diritto tributario. L’obbligo di compilare il quadro RW o il quadro W non è un formalismo: consente all’amministrazione finanziaria di monitorare i patrimoni fuori confine e di prevenire fenomeni di evasione. Le sanzioni per le omissioni sono elevate, soprattutto se si tratta di Paesi “black list”; i termini di accertamento possono arrivare a dieci anni; e nei casi più gravi si può incorrere in contestazioni penali. Le recenti pronunce della Cassazione ricordano tuttavia che l’omessa dichiarazione ha natura formale , che le sanzioni non sono trasmissibili e che non danno luogo a reato ; allo stesso tempo, richiedono un’analisi sostanziale della residenza e dell’attività economica, respingendo le presunzioni basate solo sulla sede legale .

Per difendersi efficacemente occorre agire tempestivamente: rispondere alle comunicazioni, raccogliere documenti, dimostrare la provenienza lecita dei capitali, contestare eventuali vizi formali e, se necessario, impugnare gli avvisi di contestazione. È possibile avvalersi degli strumenti deflativi (ravvedimento operoso, definizioni agevolate), regolarizzare le posizioni e, nei casi di indebitamento grave, accedere alle procedure di composizione della crisi.

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