Accertamento fiscale per un italiano residente in Arabia Saudita: cosa fare e come difendersi

Introduzione

Vivere e lavorare all’estero è una scelta che sempre più cittadini italiani fanno per motivi professionali, familiari o personali. Chi si trasferisce in un Paese con un sistema fiscale molto diverso da quello italiano, come l’Arabia Saudita, spesso considera chiusa la propria esperienza con il fisco nazionale dopo aver presentato la richiesta di cancellazione dalle liste anagrafiche e aver avviato la vita oltreconfine. Tuttavia, la normativa italiana prevede presunzioni, obblighi formali e termini di accertamento molto rigidi; per questo motivo gli italiani residenti nel Golfo possono ritrovarsi destinatari di un avviso di accertamento o di una cartella esattoriale anche molti anni dopo il trasferimento. Le conseguenze vanno da sanzioni pecuniarie alla riscossione coattiva dei tributi, con possibili pignoramenti di beni in Italia. Affrontare tempestivamente l’accertamento fiscale e conoscere le difese disponibili è essenziale per tutelare il proprio patrimonio.

Questo articolo approfondisce il quadro normativo attuale, aggiornato a novembre 2025, e le strategie legali per affrontare un accertamento fiscale notificato a un cittadino italiano residente in Arabia Saudita. Sono esaminati il Decreto Legislativo 209/2023 che ha riformato la nozione di residenza fiscale delle persone fisiche, la Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Arabia Saudita (ratificata con legge 23 ottobre 2009 n. 159) e le più recenti pronunce della Corte di Cassazione sulle controversie di residenza e tassazione estera. Verranno illustrati i termini per impugnare gli atti, le tutele procedurali (come il contraddittorio preventivo introdotto dal D.Lgs. 219/2023), le facoltà di definizione agevolata del debito e le misure alternative (piano del consumatore, esdebitazione). L’articolo adotta il punto di vista del contribuente che deve difendersi da pretese indebite e fornisce consigli pratici per evitare errori.

Presentazione dell’Avv. Giuseppe Angelo Monardo e del suo team

L’Avv. Giuseppe Angelo Monardo è un avvocato cassazionista che da anni coordina un gruppo multidisciplinare di avvocati e commercialisti con esperienza specifica in diritto bancario e tributario. È gestore della crisi da sovraindebitamento ai sensi della Legge 3/2012 (oggi integrata nel Codice della crisi d’impresa) ed è iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia. Ricopre l’incarico di professionista fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) e, in virtù dell’esperienza maturata nell’assistenza a imprenditori e consumatori, è nominato come esperto negoziatore della crisi d’impresa in base al D.L. 118/2021. L’avvocato Monardo e il suo staff offrono un’assistenza completa che spazia dall’analisi degli atti tributari alla presentazione di ricorsi, dalle trattative con l’Agenzia delle Entrate o l’Agenzia della Riscossione alla redazione di piani di rientro e soluzioni giudiziali e stragiudiziali. Il loro approccio unisce competenza giuridica, capacità di negoziazione e conoscenza dei meccanismi contabili, risultando particolarmente efficace per i contribuenti che risiedono all’estero e devono far valere i propri diritti in Italia.

Se hai ricevuto un accertamento o una cartella esattoriale mentre risiedi in Arabia Saudita, contatta subito l’Avv. Giuseppe Angelo Monardo compilando il modulo presente alla fine dell’articolo. Potrai ottenere una valutazione personalizzata della tua posizione e scoprire le strategie legali per sospendere o annullare le pretese indebite.

Contesto normativo e giurisprudenziale

La difesa di un contribuente residente in Arabia Saudita che riceve un accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate italiana si fonda su una serie di norme interne e convenzionali, oltre a importanti pronunce giurisprudenziali. In questa sezione vengono descritte le fonti principali, con indicazioni precise sui riferimenti normativi e con particolare attenzione all’evoluzione recente.

1. La nozione di residenza fiscale dopo la riforma del 2023

Il Decreto Legislativo 27 dicembre 2023, n. 209, attuativo della delega per la riforma fiscale, ha novellato profondamente l’art. 2, comma 2, del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR). A decorrere dal 1° gennaio 2024, si considerano residenti in Italia le persone che, per la maggior parte del periodo d’imposta (anche considerando le frazioni di giorno), hanno residenza ai sensi del codice civile, domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti . La nuova definizione esplicita che per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano principalmente le relazioni personali e familiari ; la mera iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente diventa una presunzione relativa, confutabile con prove contrarie . Inoltre, la presenza fisica sul territorio per la maggior parte del periodo d’imposta costituisce un autonomo criterio, che si affianca al domicilio e alla residenza civilistica .

La riforma risponde all’esigenza di allineare la legislazione italiana agli standard internazionali e alle Convenzioni contro le doppie imposizioni. Il nuovo criterio mira a evitare che l’iscrizione o la cancellazione tardiva dall’anagrafe determini contestazioni meramente formali e consente di attribuire rilievo al luogo in cui, in concreto, si svolgono la vita personale e familiare del contribuente. La norma non modifica la presunzione speciale prevista per i cittadini italiani che si trasferiscono in Stati a fiscalità privilegiata (art. 2, comma 2-bis, TUIR), secondo la quale sono considerati residenti, salvo prova contraria, i cittadini cancellati dalle anagrafi ed emigrati in Paesi inseriti nell’apposito elenco (tra cui l’Arabia Saudita) . Tale presunzione rimane applicabile ma, come vedremo, può essere superata dimostrando che il centro degli interessi vitali e la famiglia sono effettivamente all’estero.

2. Il dovere di iscrizione all’AIRE e le nuove sanzioni

L’iscrizione all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) è un diritto-dovere per i cittadini che trasferiscono la propria residenza fuori dall’Italia per periodi superiori a 12 mesi. La Legge 213/2023 ha introdotto dal 1° gennaio 2024 un nuovo regime sanzionatorio per chi non si iscrive: è prevista una sanzione amministrativa da 200 a 1 000 euro per ciascun anno di mancata iscrizione, con un massimo di cinque anni . Le sanzioni non sono retroattive e l’accertamento della violazione è di competenza dei Comuni . Registrarsi tempestivamente all’AIRE non solo evita la sanzione, ma costituisce un elemento di prova fondamentale per dimostrare la propria residenza all’estero in caso di contestazioni da parte del fisco.

3. La Convenzione contro le doppie imposizioni Italia‑Arabia Saudita

Nel 2007 Italia e Arabia Saudita hanno sottoscritto una Convenzione per evitare le doppie imposizioni e prevenire l’evasione fiscale, basata sul modello OCSE. La Convenzione è stata ratificata dalla Legge 23 ottobre 2009, n. 159, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 13 novembre 2009, ed è entrata in vigore il 1° dicembre 2009, con applicazione a partire dal 1° gennaio 2010 . In base alla Convenzione, per l’Italia rientrano fra le imposte contemplate l’IRPEF, l’IRES, l’IRAP e le imposte sostitutive; per l’Arabia Saudita, sono considerate le imposte sul reddito delle società, compresi il tributo sugli investimenti nel settore del gas naturale e la zakat, l’imposta religiosa applicata alle società saudite .

Uno degli articoli più importanti per i lavoratori è l’art. 15, relativo ai redditi da lavoro dipendente. La regola generale prevede che i salari, stipendi e altre remunerazioni analoghe percepite da un residente di uno Stato contraente in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili soltanto in quello Stato a meno che l’attività non sia svolta nell’altro Stato . Se l’attività è svolta nell’altro Stato, le remunerazioni sono imponibili in quest’ultimo; la Convenzione, quindi, attribuisce potestà concorrente allo Stato di residenza e allo Stato della fonte. Tuttavia, come affermato dall’orientamento giurisprudenziale, l’art. 15 della Convenzione con l’Arabia Saudita ha una formulazione diversa dal modello OCSE, che potrebbe comportare una tassazione esclusiva o un’interpretazione più favorevole al contribuente .

4. Il credito d’imposta per le imposte estere (art. 165 TUIR)

L’art. 165 del TUIR disciplina il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero. La norma stabilisce che, quando alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte pagate in via definitiva nello Stato estero sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta in Italia, fino a concorrenza della quota d’imposta italiana proporzionale al rapporto tra il reddito estero e il reddito complessivo. Se i redditi provengono da più Stati esteri, la detrazione si applica separatamente per ciascuno Stato. Il comma 8 prevede che la detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di mancata indicazione dei redditi prodotti all’estero. In pratica, chi è fiscalmente residente in Italia e percepisce un reddito in Arabia Saudita deve presentare la dichiarazione dei redditi in Italia indicando il reddito estero e potrà dedurre l’imposta saudita (corporate tax o zakat) fino al limite dell’imposta italiana dovuta.

5. Raddoppio dei termini per attività estere e Quadro RW (art. 12 D.L. 78/2009)

Il Decreto Legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito in legge con modificazioni, ha introdotto la presunzione di redditività per i capitali e gli investimenti detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata. Il comma 2 dell’art. 12 stabilisce che le attività e gli investimenti in Paesi “black list” si presumono costituiti con redditi sottratti a tassazione . Il comma 2-bis prevede il raddoppio dei termini per l’accertamento di imposte, interessi e sanzioni relativi alle attività in tali Paesi, mentre il comma 2-ter estende il raddoppio ai termini per l’accertamento delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale (Quadro RW) . Nel tempo, la giurisprudenza ha discusso la natura di queste norme e la loro applicabilità retroattiva: la Corte di Cassazione, con sentenza n. 2643/2025, ha confermato che il raddoppio dei termini ha natura procedurale e si applica retroattivamente, mentre la presunzione di redditività è norma sostanziale e non può essere applicata retroattivamente .

6. Il contraddittorio preventivo (art. 6‑bis Statuto del contribuente)

Il D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, ha inserito nell’art. 6 dello Statuto dei diritti del contribuente (Legge 212/2000) il nuovo art. 6‑bis, che codifica il principio del contraddittorio preventivo. La disposizione prevede che gli atti dell’amministrazione finanziaria che possono essere impugnati debbano essere preceduti da un “contraddittorio informato” con il contribuente: l’ufficio deve comunicare per iscritto i motivi che intende porre a base dell’atto e concedere al contribuente un termine non inferiore a 60 giorni per presentare deduzioni e documenti . L’atto finale deve tenere conto delle osservazioni del contribuente; in difetto, l’atto è nullo. Sono previste alcune eccezioni (per esempio, casi di particolare urgenza o procedure automatizzate), ma la regola generale garantisce un dialogo trasparente e la possibilità di evitare l’emissione di atti infondati.

7. Giurisprudenza rilevante

7.1 Cassazione 35284/2023 e il prevalere della Convenzione

La sentenza della Corte di Cassazione n. 35284 del 18 dicembre 2023 ha affrontato il caso di un contribuente che aveva prestato attività di lavoro dipendente per una società italiana negli Emirati Arabi Uniti. Il contribuente aveva richiesto il rimborso delle ritenute operate in Italia, sostenendo di essere residente negli EAU e di potersi avvalere dell’art. 15 della Convenzione Italia‑Emirati. La Cassazione ha confermato la pronuncia della Commissione tributaria regionale, riconoscendo che la documentazione prodotta (tra cui l’iscrizione all’AIRE e prove sulla presenza della famiglia negli Emirati) era sufficiente a superare la presunzione di residenza in Italia e che la Convenzione doveva prevalere sull’art. 2, comma 2‑bis, del TUIR . Il giudice ha quindi applicato l’art. 15, par. 1, della Convenzione, secondo cui i redditi da lavoro dipendente sono imponibili esclusivamente nello Stato di residenza quando l’attività è svolta in quel Paese . La pronuncia ribadisce che la presunzione di residenza per i cittadini cancellati dall’anagrafe può essere superata con prove concrete e che la Convenzione ha efficacia superiore rispetto alla legge interna.

7.2 Cassazione 5563/2024: tassazione concorrente e criterio del domicilio

Con la sentenza n. 5563 del 2024 la Corte di Cassazione ha esaminato la posizione di un lavoratore dipendente che risiedeva civilisticamente in Italia ma svolgeva la propria attività all’estero per oltre 183 giorni. La Corte ha chiarito che, in assenza di uno spostamento effettivo del centro degli interessi personali e familiari, l’Italia conserva la potestà impositiva, in quanto il nuovo art. 2, comma 2, TUIR riconosce come domicilio il luogo in cui si sviluppano principalmente le relazioni personali e familiari . Di conseguenza, il contribuente deve presentare la dichiarazione dei redditi in Italia e recuperare la doppia tassazione attraverso il credito d’imposta previsto dall’art. 165 TUIR . La Corte ha altresì sottolineato che l’unico modo per evitare la tassazione concorrente consiste nel trasferire anche la famiglia nello Stato della fonte . L’eccezione è rappresentata dalla Convenzione con l’Arabia Saudita, che contiene una disciplina peculiare e potrebbe attribuire la potestà impositiva esclusiva allo Stato della fonte .

7.3 Altre pronunce significative

  • Cassazione 2643/2025 – Questa sentenza ha confermato la natura procedurale del raddoppio dei termini per l’accertamento in caso di violazioni del monitoraggio fiscale estero (Quadro RW) e ha dichiarato che tali termini si applicano retroattivamente . Viene così riconosciuta la validità degli accertamenti emessi oltre i termini ordinari quando sono riscontrate attività finanziarie non dichiarate in Paesi a fiscalità privilegiata.
  • Cassazione 10548/2023 – Richiamata nella sentenza 35284/2023, ha ribadito che per applicare la Convenzione Italia‑Emirati non è indispensabile presentare la certificazione dell’autorità fiscale straniera; è sufficiente dimostrare la generale soggezione del contribuente al potere impositivo dello Stato estero .
  • Cassazione 8653/2022 – La Corte ha riconosciuto che la presunzione di evasione per attività finanziarie estere e il raddoppio dei termini di cui all’art. 12 del D.L. 78/2009 non sono retroattivi se considerati norme sostanziali; tuttavia, i termini possono essere raddoppiati come norma procedurale .
  • Casi di residenza in Paesi a fiscalità privilegiata – Le Commissioni tributarie hanno più volte annullato accertamenti fondati unicamente sulla mancata iscrizione all’AIRE o sulla mera presenza del contribuente in Italia, riconoscendo validità alla documentazione che attesta la stabile dimora all’estero e il centro degli interessi della famiglia. La giurisprudenza tende a valorizzare il criterio dell’effettività, esaminando casa, famiglia, scuola dei figli, attività lavorativa e partecipazioni societarie.

Procedura passo‑passo: come comportarsi dopo la notifica dell’atto

Ricevere un avviso di accertamento mentre si vive in Arabia Saudita può generare confusione e timore. Conoscere i termini e i diritti del contribuente permette di reagire in modo efficace e di evitare che l’atto diventi definitivo. Di seguito, una guida pratica sui passi da compiere.

1. Verifica della legittimità della notifica

  1. Controllo del recapito – L’avviso deve essere notificato presso la residenza estera indicata all’AIRE o, in mancanza, presso l’ultimo indirizzo noto in Italia. È possibile che l’atto sia stato inviato a parenti in Italia o al domicilio fiscale del professionista; occorre verificare la data di consegna e la modalità di notifica (raccomandata internazionale, messo notificatore, PEC).
  2. Osservare i termini – L’avviso di accertamento deve essere notificato entro i termini di decadenza previsti per ciascun tributo. In genere, per IRPEF, IRES e IVA il termine è di 5 anni dalla dichiarazione; in caso di omessa dichiarazione il termine è di 7 anni; per l’imposta di registro il termine è 3 anni . Verificate quindi se l’accertamento riguarda annualità ancora accertabili; un atto notificato oltre i termini è nullo e può essere impugnato.
  3. Accertare la presenza di un contraddittorio – Se l’atto è stato emanato dopo il 1° gennaio 2024, verificare che l’ufficio abbia rispettato l’obbligo di contraddittorio preventivo: deve aver inviato una comunicazione di irregolarità e concesso 60 giorni per controdedurre . In mancanza, l’avviso è annullabile.

2. Analisi dell’atto e raccolta delle prove

  1. Esaminare i motivi – L’avviso deve indicare chiaramente i rilievi contestati (omessa dichiarazione di redditi esteri, mancata presentazione del Quadro RW, mancata iscrizione all’AIRE, ecc.), i periodi d’imposta interessati e le disposizioni applicate. È importante comprendere se l’accertamento è fondato sulla presunzione di residenza in Italia o su altre violazioni.
  2. Documentare la residenza all’estero – Raccogliere tutti i documenti che attestano lo spostamento effettivo: iscrizione all’AIRE, contratto di lavoro in Arabia Saudita, permesso di soggiorno, contratto di locazione o proprietà dell’abitazione, bollette e utenze, iscrizione dei figli a scuola, certificazioni fiscali saudite (ad esempio il certificato di tax resident o di pagamento della zakat). La presenza della famiglia nello Stato estero è un elemento decisivo .
  3. Verificare la convenzione e il credito d’imposta – Se si è ancora residenti in Italia ai fini fiscali ma si lavora all’estero, calcolare l’imposta dovuta in Italia applicando le regole della Convenzione e avvalendosi del credito d’imposta ex art. 165 TUIR. In caso di tassazione esclusiva in base alla Convenzione, il reddito non è imponibile in Italia; se invece si applica la tassazione concorrente, occorre dimostrare le imposte effettivamente pagate in Arabia Saudita.

3. Termini e modalità di impugnazione

  1. Termine per il ricorso – Il contribuente ha 60 giorni dalla notifica dell’avviso per presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado. Se nel frattempo ha ricevuto un provvedimento di iscrizione a ruolo (cartella) può impugnare quest’ultimo entro 60 giorni dalla sua notifica.
  2. Istanza di autotutela – Prima del ricorso è possibile presentare un’istanza di autotutela all’ufficio che ha emanato l’atto, allegando la documentazione che dimostra l’infondatezza della pretesa (residenza all’estero, applicazione della Convenzione, prescrizione). L’istanza non sospende i termini per il ricorso, ma può indurre l’ufficio ad annullare l’atto o a ridurre l’importo.
  3. Sospensione cautelare – Unitamente al ricorso è consigliabile presentare un’istanza di sospensione dell’esecuzione. La Commissione tributaria può sospendere la riscossione se ricorrono gravi e irreparabili danni, come l’impossibilità di sostenere la richiesta senza compromettere la sussistenza dell’istante.
  4. Mediazione e reclamo – Per controversie di valore fino a 50 000 euro è obbligatorio presentare un reclamo-mediazione all’Agenzia delle Entrate; entro 90 giorni l’ufficio può accogliere la proposta del contribuente o rigettarla. Decorso tale termine senza risposta, la mediazione si considera respinta e scatta il ricorso.

4. Come si svolge il processo tributario

Il processo davanti alla Corte di Giustizia Tributaria è quasi interamente scritto. Dopo il deposito del ricorso e della documentazione a supporto, l’ufficio risponderà con una memoria entro 60 giorni. Le parti possono depositare ulteriori memorie e controdeduzioni. Il giudice potrà fissare un’udienza pubblica (presenziale o da remoto), durante la quale gli avvocati discutono la causa; al termine emetterà la sentenza. Ricorrendo all’Avv. Monardo, il contribuente avrà assistenza completa nella redazione degli atti e nella rappresentanza in giudizio.

Difese e strategie legali

Affrontare un accertamento fiscale dall’estero richiede una strategia multidisciplinare che combini conoscenze tributarie, internazionali e procedurali. Di seguito sono illustrate le principali difese a disposizione di chi risiede in Arabia Saudita.

1. Contestazione della residenza

La prima linea di difesa consiste nel dimostrare che, al momento della produzione del reddito, il centro degli interessi vitali era all’estero. Secondo la Cassazione, la presunzione di residenza ex art. 2, comma 2‑bis, TUIR può essere superata documentando che la famiglia e la vita personale del contribuente si svolgevano in Arabia Saudita . Prove efficaci includono:

  • Iscrizione all’AIRE – Dimostra la volontà di trasferirsi e consente di evitare la sanzione prevista dalla Legge 213/2023 .
  • Contratto di lavoro o business visa – Attesta la presenza in Arabia Saudita e l’origine del reddito.
  • Residenza della famiglia – Documenti che attestano la dimora di coniuge e figli (contratto di affitto, bollette, iscrizione a scuole locali) dimostrano il trasferimento reale del centro di interessi.
  • Conto bancario e transazioni – Movimenti bancari e spese sostenute localmente rafforzano la tesi della permanenza.
  • Certificati fiscali – La certificazione di avvenuto pagamento della zakat o dell’imposta saudita conferma la soggezione alla potestà fiscale saudita .

Se, malgrado la prova, l’ufficio insiste sulla presunzione, occorre evidenziare che la Convenzione con l’Arabia Saudita prevale sulla norma interna e che, secondo la Cassazione, la condizione di residenza in uno Stato a fiscalità privilegiata è superata dalla dimostrazione del trasferimento effettivo .

2. Applicazione della Convenzione Italia‑Arabia Saudita

La Convenzione bilaterale prevede criteri specifici per determinare la residenza, risolvere i conflitti (c.d. “tie‑breaker”) e stabilire la potestà impositiva. In caso di conflitto, l’art. 4 riconosce la prevalenza del domicilio permanente e del centro degli interessi vitali; qualora persistano dubbi, è competente l’autorità competente dei due Stati. L’art. 15 disciplina i redditi da lavoro dipendente, riservando la tassazione allo Stato di residenza se l’attività è svolta in quel Paese . È importante quindi verificare:

  • Luogo in cui si svolge l’attività lavorativa – Se il lavoro è prestato in Arabia Saudita e il datore di lavoro è saudita o una società ivi stabilita, la Convenzione può attribuire la tassazione esclusiva all’Arabia Saudita.
  • Durata della permanenza – In molte convenzioni il reddito rimane imponibile nello Stato di residenza se il contribuente soggiorna all’estero per meno di 183 giorni; la Convenzione Arabia Saudita adotta criteri peculiari che possono riservare la tassazione al Paese del lavoro anche oltre tale limite .
  • Obblighi dichiarativi – Anche quando la Convenzione attribuisce la potestà esclusiva all’altro Stato, è prudente presentare la dichiarazione dei redditi in Italia e indicare l’esistenza del reddito estero per fruire del credito d’imposta o dell’esenzione, evitando l’irrogazione delle sanzioni per omessa indicazione ex art. 165, comma 8, TUIR.

3. Prescrizione e decadenza

Il contribuente può eccepire la decadenza dell’amministrazione dal potere di accertamento quando l’avviso è notificato oltre i termini ordinari (5 anni, 7 anni in caso di omessa dichiarazione, 3 anni per l’imposta di registro) . È opportuno calcolare i termini a partire dall’anno successivo alla presentazione (o omessa presentazione) della dichiarazione. Inoltre, la prescrizione dell’azione di riscossione è di 10 anni per le imposte dirette; se decorre senza atti interruttivi, il debito si estingue.

In presenza di attività finanziarie estere non dichiarate, l’ufficio può avvalersi del raddoppio dei termini di cui all’art. 12 del D.L. 78/2009 ; tuttavia, questa facoltà deve essere motivata e comunicata nel processo, altrimenti il giudice può disapplicarla. Le pronunce più recenti hanno considerato procedurale il raddoppio, consentendone l’applicazione retroattiva .

4. Infondatezza delle presunzioni di redditività e onere della prova

L’amministrazione spesso contesta l’omessa presentazione del Quadro RW (monitoraggio delle attività finanziarie estere) applicando la presunzione di cui all’art. 12, comma 2, D.L. 78/2009: le attività detenute in Stati a fiscalità privilegiata si presumono costituite con redditi sottratti a tassazione . Questa presunzione può essere vinta dimostrando la provenienza delle somme (ad esempio risparmi preesistenti, donazioni, redditi già tassati) e fornendo documentazione contabile dell’investimento. Il contribuente deve collaborare con l’ufficio ma non è tenuto a fornire prove impossibili o irragionevoli; in caso di contraddittorio preventivo, è possibile chiarire tempestivamente la situazione e ottenere l’archiviazione .

5. Richiesta di rateizzazione o sospensione

Quando l’accertamento sfocia in una cartella esattoriale, è possibile richiedere la rateizzazione del debito al fine di evitare misure cautelari (fermo amministrativo, ipoteca) o esecutive (pignoramenti). La legge prevede piani ordinari fino a 72 rate e piani straordinari fino a 120 rate per i contribuenti in comprovata temporanea difficoltà. In caso di impugnazione, è consigliabile chiedere la sospensione in attesa del giudizio; qualora il giudice accolga il ricorso, la cartella sarà annullata.

6. Ruolo dell’Avv. Monardo nella difesa

L’assistenza di un professionista esperto consente di individuare rapidamente i vizi dell’atto (violazione del contraddittorio, difetto di motivazione, decadenza, mancata applicazione della Convenzione) e di costruire una difesa efficace. L’Avv. Monardo e il suo team:

  • Analizzano l’atto e la documentazione del contribuente, individuando eventuali elementi di prova per dimostrare la residenza all’estero.
  • Redigono l’istanza di autotutela e il ricorso, curando la corretta formulazione dei motivi e l’allegazione di prove.
  • Gestiscono le trattative con l’Agenzia delle Entrate, cercando soluzioni conciliative e la definizione della controversia.
  • Propongono piani di rientro o accesso a procedure di sovraindebitamento quando il debito è insostenibile.

Strumenti alternativi: definizioni agevolate, rottamazioni e procedure di sovraindebitamento

Oltre alla difesa nel merito, l’ordinamento offre strumenti che consentono di regolarizzare o estinguere i debiti con condizioni più vantaggiose. Questi istituti, se utilizzati correttamente, permettono di ridurre le sanzioni e gli interessi o di ottenere la cancellazione integrale dei debiti. In questa sezione vengono analizzate le principali opzioni a disposizione del contribuente.

1. Rottamazione-quater e definizione agevolata (Legge 197/2022)

La Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023) ha introdotto la “Rottamazione-quater” dei carichi affidati all’Agenzia della Riscossione tra il 1° gennaio 2000 e il 30 giugno 2022. La misura consente ai debitori di estinguere i debiti pagando solo le imposte e i contributi, senza sanzioni e interessi di mora, con un aggio ridotto. La definizione può essere rateizzata fino a 18 rate: le scadenze originarie sono state fissate al 31 luglio 2023 (poi prorogato al 31 ottobre 2023), con ulteriori rate al 30 novembre 2023, 28 febbraio 2024, 31 maggio 2024, 31 luglio 2024 (prorogato al 15 settembre 2024), 30 novembre 2024 e ultime nel 2025 . Chi ha debiti derivanti da accertamenti può verificare se rientrano nei carichi “rottamabili” e aderire entro i termini.

2. Stralcio dei debiti fino a 1 000 euro

La stessa Legge 197/2022 prevede lo stralcio automatico dei carichi fino a 1 000 euro affidati alla riscossione fra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2015. Lo stralcio comprende anche sanzioni e interessi. Per i debiti fino a 1 000 euro, quindi, non occorre presentare alcuna domanda; l’Agenzia della Riscossione provvede a cancellare i carichi e a comunicare l’avvenuto stralcio.

3. Concordato preventivo e definizione dei processi verbali di constatazione (PVC)

Il Decreto Legge 34/2023 (c.d. “Decreto Rilancio”) ha introdotto la possibilità di definire i processi verbali di constatazione relativi a violazioni fiscali mediante pagamento di un importo agevolato. Anche i contribuenti residenti all’estero possono avvalersi di questa procedura, che consente di evitare il successivo avviso di accertamento e di ridurre le sanzioni.

4. Procedure di sovraindebitamento

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14) ha abrogato la Legge 3/2012, riordinando le procedure di sovraindebitamento. Le procedure principali, regolate dagli artt. 65 ‑ 91 del Codice, consentono anche ai soggetti non fallibili (consumatori, lavoratori autonomi, piccoli imprenditori, associazioni, ecc.) di ristrutturare o cancellare i debiti . In particolare:

  • Piano del consumatore – Il consumatore può presentare al giudice un piano di ristrutturazione dei debiti, con proposta di pagamento ai creditori mediante rate e riduzioni, affidandosi a un organismo di composizione della crisi (OCC). La procedura non richiede l’accordo dei creditori, ma l’approvazione del giudice. È adatta a chi ha debiti di natura personale e un reddito costante.
  • Concordato minore – Riservato ai lavoratori autonomi e ai professionisti che svolgono attività economica di dimensione ridotta. Consente di proporre ai creditori un accordo di ristrutturazione, con l’assistenza di un gestore nominato dall’OCC e la supervisione del tribunale.
  • Liquidazione controllata – Consente al debitore privo di un reddito sufficiente di liberarsi dai debiti mediante la liquidazione del patrimonio e la successiva esdebitazione. Prevede la nomina di un liquidatore e la vendita dei beni con distribuzione ai creditori.
  • Esdebitazione del debitore incapiente – Introdotta dalla riforma del 2021, consente al debitore privo di beni e reddito di ottenere l’esdebitazione integrale in tempi rapidi, qualora dimostri la buona fede e l’impossibilità di pagare anche solo parzialmente i debiti.

Per accedere a queste procedure, occorre depositare un’istanza presso l’OCC competente, allegando la documentazione sui debiti e sul patrimonio. L’Avv. Monardo, in qualità di gestore della crisi e professionista fiduciario di un OCC, guida i clienti nella scelta della procedura più adatta e nella predisposizione della documentazione necessaria.

5. Piani di rientro e transazioni stragiudiziali

In alcuni casi, è possibile negoziare direttamente con l’Agenzia delle Entrate o con l’Agenzia della Riscossione un piano di pagamento personalizzato. La normativa consente la rateizzazione fino a 120 rate in presenza di gravi difficoltà economiche. In sede di transazione, si può chiedere la riduzione delle sanzioni, la sospensione delle misure cautelari e, in taluni casi, lo sgravio di somme ritenute non dovute. Una transazione ben strutturata evita il contenzioso e consente di gestire i debiti nel lungo periodo.

Errori comuni e consigli pratici

Molti contribuenti residenti all’estero commettono errori che aumentano il rischio di accertamenti e rendono più complessa la difesa. Ecco i principali errori da evitare e alcuni consigli pratici per tutelarsi.

1. Non iscriversi all’AIRE

L’omissione dell’iscrizione all’AIRE non solo comporta una sanzione amministrativa che può arrivare a 5 000 euro (fino a 1 000 euro per cinque anni) , ma alimenta la presunzione di residenza in Italia. Iscriversi tempestivamente all’AIRE è fondamentale per dimostrare il trasferimento della residenza e per esercitare diritti elettorali e consolari. Se si scopre di non essere iscritti, è consigliabile regolarizzare la posizione prima che intervenga l’ufficio.

2. Non presentare la dichiarazione dei redditi in Italia

Molti italiani residenti in Arabia Saudita ritengono di poter ignorare completamente il fisco italiano. In realtà, se mantengono la residenza fiscale in Italia (ad esempio perché la famiglia rimane in Italia o perché il centro degli interessi vitali resta qui), devono presentare la dichiarazione dei redditi e indicare i redditi esteri, usufruendo del credito d’imposta previsto dall’art. 165 TUIR. Anche chi si è trasferito all’estero può comunque essere tenuto a presentare la dichiarazione per comunicare la residenza e i redditi; l’omissione può comportare sanzioni e perdita del diritto al credito d’imposta.

3. Ignorare le comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate

I contribuenti che vivono all’estero spesso trascurano le raccomandate o le email certificate ricevute all’ultimo indirizzo italiano. Tuttavia, le notifiche si considerano valide anche se non ritirate e gli atti diventano definitivi trascorsi 60 giorni. È consigliabile tenere un recapito italiano presidiato da un familiare o da un professionista, e richiedere il servizio di reindirizzo della posta consolare.

4. Non rispondere al contraddittorio preventivo

Il nuovo art. 6‑bis dello Statuto del contribuente consente di evitare l’emissione di un avviso fornendo le proprie osservazioni entro 60 giorni . Non rispondere significa perdere un’opportunità cruciale per chiarire la situazione; perciò è bene contattare un legale non appena si riceve una comunicazione, predisporre la documentazione e formulare una risposta dettagliata.

5. Sottovalutare l’importanza delle prove documentali

Nel contenzioso tributario la prova della residenza e dell’origine dei redditi è decisiva. Conservare contratti di lavoro, certificati fiscali, documenti bancari e bollette straniere consente di dimostrare la presenza all’estero; analogamente, mantenere una contabilità ordinata aiuta a giustificare la provenienza di fondi trasferiti sul conto italiano. È opportuno dotarsi di traduzioni giurate dei documenti redatti in arabo.

6. Rinunciare a difendersi perché residenti all’estero

Un errore comune è ritenere che, vivendo lontano dall’Italia, sia inutile opporsi agli accertamenti. Al contrario, la normativa offre molteplici strumenti di difesa e la giurisprudenza è spesso favorevole a chi dimostra la propria buona fede. Con l’assistenza di un avvocato esperto è possibile ottenere la sospensione delle pretese, l’annullamento dell’atto o una definizione agevolata, evitando pignoramenti e iscrizioni ipotecarie in Italia.

Tabelle riepilogative

Per facilitare la consultazione, di seguito sono riportate alcune tabelle con i principali riferimenti normativi, i termini e gli strumenti difensivi. Le tabelle contengono solo parole chiave e cifre, mentre le spiegazioni dettagliate sono sviluppate nel testo.

Tabella 1 – Principali norme applicabili

NormaOggettoPunti chiave
Art. 2 TUIR (modificato dal D.Lgs. 209/2023)Residenza fiscale delle persone fisicheCriteri: residenza/domicilio/presenza; presunzione anagrafica relativa; domicilio come centro delle relazioni personali
Art. 2, comma 2‑bis TUIRPresunzione per Stati a fiscalità privilegiataGli italiani cancellati dalle anagrafi e trasferiti in Stati “black list” (tra cui l’Arabia Saudita) si presumono residenti in Italia salvo prova contraria
Art. 15 Convenzione Italia‑Arabia SauditaRedditi da lavoro dipendenteImpone tassazione esclusiva nello Stato della prestazione se l’attività è svolta nello stesso Stato
Art. 165 TUIRCredito d’imposta per redditi esteriDeduzione dell’imposta estera fino alla quota proporzionale dell’imposta italiana
Art. 12 D.L. 78/2009Presunzione di redditività e raddoppio dei terminiAttività in Paesi a fiscalità privilegiata si presumono costituite con redditi evasivi; raddoppio dei termini per accertamento e monitoraggio
Art. 6‑bis Statuto del contribuente (D.Lgs. 219/2023)Contraddittorio preventivoObbligo di comunicare i motivi e concedere 60 giorni per le controdeduzioni; nullità dell’atto in difetto
Legge 213/2023Sanzioni per mancata iscrizione all’AIREDa 200 a 1 000 euro per anno, max 5 anni; non retroattive

Tabella 2 – Termini di decadenza e prescrizione

ImpostaTermine di accertamentoDecorrenza
IRPEF/IRES/IVA5 anniDall’anno successivo alla dichiarazione; 7 anni se la dichiarazione è omessa
Imposta di registro3 anniDalla registrazione dell’atto
Riscossione imposte10 anni (prescrizione)Dalla notifica della cartella
Accertamenti con raddoppio dei termini+5 o +7 anniIn presenza di attività finanziarie in Paesi a fiscalità privilegiata

Tabella 3 – Scadenze Rottamazione-quater

RataData originariaStato (aggiornata a 2025)
31 ottobre 2023Scaduta; prorogata dal 31 luglio 2023
30 novembre 2023Scaduta
28 febbraio 2024Scaduta
31 maggio 2024Scaduta
15 settembre 2024Scaduta
30 novembre 2024In corso
28 febbraio 2025In corso
31 maggio 2025Da pagare
31 luglio 2025Da pagare
10ª30 novembre 2025Da pagare

Domande e risposte frequenti (FAQ)

Di seguito una selezione di domande ricorrenti con risposte sintetiche ma esaurienti. Per questioni specifiche è sempre consigliato rivolgersi a un professionista.

1. Sono un cittadino italiano residente in Arabia Saudita: devo presentare la dichiarazione dei redditi in Italia?

Dipende. Se il tuo domicilio e la tua famiglia si trovano stabilmente in Arabia Saudita e non mantieni legami economici significativi con l’Italia, potresti essere considerato fiscalmente residente all’estero; in tal caso, i redditi prodotti in Arabia Saudita non sono imponibili in Italia. Se invece rimani fiscalmente residente in Italia (ad esempio perché la famiglia è in Italia o il tuo centro di interessi è qui), devi dichiarare anche i redditi esteri e potrai detrarre le imposte saudite tramite l’art. 165 TUIR.

2. È sufficiente l’iscrizione all’AIRE per non essere più considerato residente in Italia?

No. L’iscrizione all’AIRE costituisce un presupposto formale ma non è determinante. La residenza fiscale è determinata dalla presenza, dal domicilio e dalla residenza civilistica: occorre provare che la propria vita personale e familiare si svolge all’estero . Tuttavia, l’iscrizione all’AIRE è importante perché evita le sanzioni e testimonia la volontà di trasferirsi .

3. Quali documenti devo conservare per dimostrare la mia residenza all’estero?

È consigliabile conservare: contratto di lavoro saudita, permesso di soggiorno o iqama, contratto di affitto o titoli di proprietà dell’abitazione, bollette di utenze, iscrizione all’AIRE, certificati di iscrizione dei figli a scuole locali, polizze sanitarie, estratti conto bancari, attestazioni di pagamento della zakat o di altre imposte saudite, biglietti aerei e timbri di ingresso/uscita.

4. Il fisco italiano può tassare la mia retribuzione saudita se trascorro più di 183 giorni in Arabia Saudita?

Nel modello OCSE, i redditi da lavoro dipendente sono imponibili nello Stato della fonte quando il soggiorno supera 183 giorni; tuttavia, la Convenzione Italia‑Arabia Saudita ha una formulazione peculiare che potrebbe attribuire la tassazione esclusiva all’Arabia Saudita anche in altri casi . Occorre verificare se il datore di lavoro è residente in Arabia Saudita e se le remunerazioni sono sostenute da quest’ultimo. Se la tassazione resta concorrente, si applica il credito d’imposta.

5. Cosa accade se non dichiaro le attività finanziarie detenute in Arabia Saudita?

La mancata compilazione del Quadro RW comporta sanzioni e può far scattare la presunzione di evasione di cui all’art. 12, comma 2, D.L. 78/2009. L’ufficio può raddoppiare i termini per l’accertamento e calcolare le imposte su una base presuntiva . È quindi importante dichiarare correttamente le attività estere e fornire prove sull’origine dei fondi.

6. Cosa devo fare se ricevo una raccomandata dall’Agenzia delle Entrate mentre sono in Arabia Saudita?

Contatta immediatamente un avvocato e verifica il contenuto. La raccomandata può contenere un invito al contraddittorio o un avviso di accertamento. Leggi la data di notifica e rispetta il termine di 60 giorni per rispondere o impugnare. Se non ritiri la posta, la notifica si considera comunque effettuata; è quindi opportuno dare procura a un familiare o un professionista per ritirare la corrispondenza in Italia.

7. Posso presentare il ricorso da remoto senza tornare in Italia?

Sì. Il ricorso può essere depositato telematicamente tramite il processo tributario telematico (PTT). Non è necessario recarsi fisicamente in Italia; è sufficiente conferire procura a un avvocato, il quale curerà le formalità e potrà partecipare alle udienze da remoto, se autorizzato.

8. Quali sono i costi per impugnare un accertamento?

Sono dovuti il contributo unificato (variabile in funzione del valore della controversia) e le spese di assistenza legale. In caso di vittoria, le spese possono essere poste a carico dell’Agenzia delle Entrate. È consigliabile valutare i costi insieme al professionista, tenendo conto dell’importo in contestazione e delle prospettive di successo.

9. Cosa succede se perdo il ricorso?

Se la Commissione tributaria conferma l’accertamento, il contribuente può proporre appello entro 60 giorni dalla notifica della sentenza. In caso di soccombenza definitiva, le somme devono essere versate (eventualmente rateizzate) e possono essere avviate procedure di riscossione. Tuttavia, la difesa tecnica riduce il rischio di esito negativo.

10. Posso aderire alla rottamazione se risiedo all’estero?

Sì. La rottamazione riguarda i carichi iscritti a ruolo, indipendentemente dalla residenza. È possibile presentare la domanda online sul sito dell’Agenzia della Riscossione e pagare con bonifico internazionale. In caso di importi elevati, conviene valutare se conviene aderire alla rottamazione o contestare l’atto.

11. Che cos’è il “piano del consumatore” e quando conviene?

È una procedura di sovraindebitamento che consente alle persone fisiche non imprenditrici di proporre al giudice un piano per pagare i debiti in modo sostenibile. È utile quando il debito complessivo è alto e le entrate regolari non permettono di saldarlo immediatamente. Il giudice può omologare il piano anche senza l’accordo dei creditori e sospendere le azioni esecutive.

12. Se ho un debito con l’Agenzia delle Entrate, posso subire un pignoramento dei beni in Arabia Saudita?

In linea generale, l’Agenzia della Riscossione non può procedere direttamente al pignoramento di beni situati in un Paese extra‑UE come l’Arabia Saudita. Tuttavia, può iscrivere ipoteca o pignorare beni in Italia (immobili, conti bancari, quote societarie) o richiedere l’assistenza dello Stato estero in forza di accordi internazionali. È quindi importante difendersi per tempo.

13. Esistono accordi di cooperazione tra Italia e Arabia Saudita per la riscossione?

Oltre alla Convenzione contro le doppie imposizioni, non risultano, alla data del 28 novembre 2025, accordi di mutua assistenza per la riscossione coattiva tra Italia e Arabia Saudita. Ciò significa che l’Italia difficilmente potrà recuperare coattivamente i crediti in Arabia Saudita, ma potrà agire sui beni in Italia o su eventuali trasferimenti bancari.

14. È vero che le norme sui controlli fiscali valgono anche retroattivamente?

Solo alcune norme procedurali, come il raddoppio dei termini di cui all’art. 12 del D.L. 78/2009, hanno efficacia retroattiva . Le norme sostanziali (presunzioni di redditività, nuove sanzioni) non possono essere applicate per periodi antecedenti alla loro entrata in vigore. È importante analizzare, insieme al professionista, se l’accertamento applica correttamente le norme nel tempo.

15. Posso essere soggetto alla zakat in Arabia Saudita e all’IRPEF in Italia?

La zakat è un’imposta di natura religiosa applicabile alle società saudite e, in alcuni casi, alle persone fisiche saudite; tuttavia, per i lavoratori dipendenti stranieri non musulmani la zakat non è normalmente dovuta. La Convenzione prevede che le imposte considerate includano la zakat come imposta sul reddito in Arabia Saudita . Se sei soggetto alla zakat o all’imposta sul reddito saudita, puoi detrarla dall’imposta italiana grazie all’art. 165 TUIR.

16. Come influisce la riforma del 2023 sul mio trasferimento in corso?

Se ti sei trasferito all’estero nel 2023 o 2024, devi verificare i nuovi criteri di residenza: la presenza fisica per la maggior parte del periodo d’imposta e il domicilio basato sulle relazioni familiari . È possibile che, pur essendo iscritto all’AIRE, tu sia considerato residente in Italia per una parte dell’anno. Valuta con un professionista se applicare la disciplina dello “split year” prevista da alcune convenzioni bilaterali.

17. Ho una società in Arabia Saudita: devo dichiararne i redditi in Italia?

Se sei fiscalmente residente in Italia, devi dichiarare i redditi percepiti all’estero anche tramite società controllate. In alcuni casi, la legge sulle controlled foreign companies (CFC) impone una tassazione per trasparenza; tuttavia, la presenza della Convenzione può prevedere esenzioni. È essenziale analizzare la struttura societaria e verificare se l’Arabia Saudita è considerata Paese a fiscalità privilegiata.

18. È possibile regolarizzare spontaneamente il passato?

Sì. Esistono istituti come il ravvedimento operoso e la collaborazione volontaria internazionale che consentono di regolarizzare dichiarazioni omesse o incomplete, riducendo le sanzioni. È consigliabile consultare un professionista per redigere le dichiarazioni integrative e quantificare le sanzioni ridotte.

19. Cosa devo fare se ricevo un atto di pignoramento immobiliare in Italia?

Devi valutare con il tuo avvocato se l’accertamento da cui deriva il pignoramento è fondato. Se il debito è contestato o prescritto, puoi proporre opposizione al pignoramento. In ogni caso, è possibile sospendere la procedura con un accordo di rateizzazione o con il piano del consumatore nel caso di sovraindebitamento.

20. Come posso contattare l’Avv. Monardo?

Alla fine dell’articolo troverai un modulo di contatto per inviare la tua richiesta. Puoi anche scrivere all’indirizzo email indicato o chiamare il numero di studio. L’Avv. Monardo e il suo staff ti risponderanno tempestivamente, fissando una consulenza dedicata.

Simulazioni pratiche e numeriche

Per comprendere meglio come funzionano le regole di tassazione e le difese, presentiamo alcune simulazioni numeriche. Le cifre sono ipotetiche e servono a illustrare i meccanismi.

Esempio 1 – Lavoratore dipendente trasferito in Arabia Saudita

Premessa: Mario, ingegnere, si trasferisce a Riyad il 1° febbraio 2024 per lavorare presso una società saudita che gli corrisponde uno stipendio annuale di 150 000 SAR (circa 36 000 euro). La moglie e i figli lo seguono a giugno 2024; la famiglia si iscrive all’AIRE a marzo 2024.

Scenario 1: Residenza fiscale in Italia per l’intero 2024 – Se la famiglia rimane in Italia fino a giugno e non risulta dimostrato che il centro degli interessi vitali si sia spostato, l’Italia potrebbe considerare Mario residente per l’intero periodo d’imposta. Egli dovrà dichiarare il reddito saudita di 36 000 euro e pagherà l’IRPEF sullo scaglione di riferimento (ipotizziamo 27 %). L’imposta saudita prelevata (corporate tax) è pari a 6 000 euro. In dichiarazione potrà detrarre questo importo fino al limite dell’imposta italiana proporzionale al reddito estero, riducendo l’IRPEF di 6 000 euro.

Scenario 2: Residenza estera dal 1° giugno 2024 – Se la famiglia e gli interessi si trasferiscono a Riyad a giugno, Mario potrebbe essere considerato residente in Arabia Saudita per la maggior parte del periodo d’imposta (dal 1° giugno al 31 dicembre). In base alla Convenzione Arabia Saudita, i redditi da lavoro dipendente percepiti per attività svolta in quel Paese sarebbero imponibili esclusivamente in Arabia Saudita . In Italia, Mario dovrebbe presentare la dichiarazione con il solo periodo di residenza italiana (fino a maggio), eventualmente includendo il reddito estero maturato in quel periodo. La differenza d’imposta sarebbe rilevante: potrebbe non dover pagare IRPEF sul reddito estero per la seconda parte dell’anno.

Esempio 2 – Attività finanziarie estere non dichiarate

Premessa: Sara, manager italiana residente a Jeddah dal 2018, ha aperto un conto di trading su una piattaforma estera e non ha compilato il Quadro RW. L’Agenzia delle Entrate le notifica nel 2025 un avviso di accertamento per l’annualità 2019, raddoppiando i termini.

Calcolo sanzioni: La legge prevede una sanzione amministrativa dal 3 % al 15 % del valore delle attività estere non dichiarate; se l’attività è detenuta in un Paese a fiscalità privilegiata, la sanzione raddoppia e va dal 6 % al 30 %. Supponendo che le attività abbiano un valore di 100 000 euro, la sanzione base può variare da 3 000 a 15 000 euro, mentre nel caso di Paese “black list” può arrivare fino a 30 000 euro. Inoltre, l’ufficio può accertare un reddito presunto sul quale calcolare IRPEF e addizionali .

Difesa: Sara può dimostrare che i fondi utilizzati per aprire il conto derivano da redditi già tassati in Italia prima del trasferimento. Può presentare una dichiarazione integrativa e pagare le sanzioni ridotte tramite il ravvedimento operoso. Se l’accertamento è tardivo, può eccepire l’illegittimo raddoppio dei termini e invocare l’applicazione dell’art. 165 TUIR per detrarre eventuali imposte estere già pagate.

Esempio 3 – Procedure di sovraindebitamento per un professionista

Premessa: Fabio, architetto originario di Catanzaro, ha trasferito lo studio a Riyad ma è rimasto fiscalmente residente in Italia; nel 2025 riceve una cartella esattoriale di 180 000 euro relativa a più annualità. Non ha beni immobili in Italia e i suoi redditi sono calati drasticamente.

Soluzione: Fabio può valutare di aderire alla rottamazione-quater per le annualità comprese nei carichi ammessi, ma la somma residua resta insostenibile. In questo caso, l’Avv. Monardo può assisterlo nella presentazione di un concordato minore: Fabio propone ai creditori di pagare 60 000 euro in 5 anni, versando 12 000 euro l’anno grazie ai redditi da consulenza. Il Tribunale approva il piano e sospende le azioni esecutive. Trascorso il periodo, Fabio ottiene l’esdebitazione e riparte senza debiti.

Conclusione

L’accertamento fiscale notificato a un italiano residente in Arabia Saudita è un evento complesso che coinvolge norme interne, convenzioni internazionali e diritti procedurali. La riforma della residenza fiscale, le nuove sanzioni AIRE e il principio del contraddittorio preventivo impongono di agire con tempestività e competenza. Come illustrato, la difesa può basarsi sulla dimostrazione della residenza effettiva all’estero, sull’applicazione della Convenzione contro le doppie imposizioni, sull’utilizzo del credito d’imposta e sull’eccezione dei termini di decadenza. Gli strumenti alternativi, come la rottamazione, i piani di rientro e le procedure di sovraindebitamento, offrono soluzioni concrete per definire i debiti quando la pretesa è fondata o il contenzioso presenta rischi.

Affrontare da soli un accertamento dall’estero può essere difficile: la normativa è tecnica, le procedure sono complesse e i termini stringenti. Agire tempestivamente è fondamentale per evitare che l’atto diventi definitivo e per bloccare misure come pignoramenti, fermi e ipoteche. Rivolgersi a un professionista con esperienza specifica nelle controversie internazionali è la scelta migliore per tutelare i propri diritti.

La tua tutela con l’Avv. Giuseppe Angelo Monardo

L’Avv. Giuseppe Angelo Monardo, cassazionista e gestore della crisi da sovraindebitamento, mette a disposizione la sua esperienza pluriennale e quella del suo team multidisciplinare per aiutare gli italiani residenti all’estero ad affrontare gli accertamenti fiscali. Il suo studio analizza ogni caso con cura, individua le strategie più idonee (contestazione, contraddittorio, ricorso, definizione agevolata, piano di rientro) e accompagna il cliente in ogni fase del procedimento, fino alla risoluzione del debito. Grazie alla conoscenza delle norme convenzionali e della giurisprudenza aggiornata, lo studio è in grado di ottenere risultati concreti, evitando che errori formali o presunzioni infondate compromettano la serenità di chi vive lontano dall’Italia.

Non rimandare: se hai ricevuto un avviso di accertamento o una cartella esattoriale mentre risiedi in Arabia Saudita, contatta subito l’Avv. Giuseppe Angelo Monardo. Compila il modulo sottostante o invia un’email: il suo team ti offrirà una consulenza personalizzata, valutando la tua situazione e indicandoti le soluzioni legali più efficaci per difenderti. Agire per tempo ti consentirà di proteggere i tuoi beni, evitare sanzioni aggiuntive e vivere serenamente la tua esperienza all’estero.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Leggi qui perché è molto importante: Studio Monardo e Fattirimborsare.com®️ operano in tutta Italia e lo fanno attraverso due modalità. La prima modalità è la consulenza digitale che avviene esclusivamente a livello telefonico e successiva interlocuzione digitale tramite posta elettronica e posta elettronica certificata. In questo caso, la prima valutazione esclusivamente digitale (telefonica) è totalmente gratuita ed avviene nell’arco di massimo 72 ore, sarà della durata di circa 15 minuti. Consulenze di durata maggiore sono a pagamento secondo la tariffa oraria di categoria.
 
La seconda modalità è la consulenza fisica che è sempre a pagamento, compreso il primo consulto il cui costo parte da 500€+iva da saldare in anticipo. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamenti nella sede fisica locale Italiana specifica deputata alla prima consulenza e successive (azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali con cui collaboriamo in partnership, uffici e sedi temporanee) e successiva interlocuzione anche digitale tramite posta elettronica e posta elettronica certificata.
 

La consulenza fisica, a differenza da quella esclusivamente digitale, avviene sempre a partire da due settimane dal primo contatto.

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!