Introduzione
Le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate verso contribuenti italiani che risiedono all’estero sono aumentate in seguito all’intensificarsi dello scambio di informazioni tra amministrazioni fiscali dei Paesi membri dell’UE. Chi trasferisce la residenza in Polonia deve conoscere le norme italiane sulla residenza fiscale, gli obblighi dichiarativi (es. quadro RW del modello Redditi) e le possibili conseguenze di un accertamento fiscale che contesti la presunta residenza in Italia. La corretta gestione di un accertamento evita sanzioni e procedure esecutive come fermi amministrativi, pignoramenti o iscrizioni ipotecarie.
Il presente studio raccoglie e analizza la disciplina vigente al 19 novembre 2025 riguardante la residenza fiscale delle persone fisiche (art. 2 TUIR e successive modifiche), la cooperazione internazionale per il recupero dei crediti tributari (direttive UE e convenzione Italia‑Polonia contro le doppie imposizioni) e la giurisprudenza recente della Corte di Cassazione. Fornisce inoltre consigli pratici su come difendersi dagli accertamenti fiscali e quali strumenti alternativi sono a disposizione del contribuente.
1. Contesto normativo
1.1 Residenza fiscale delle persone fisiche
La disciplina della residenza fiscale è contenuta nell’art. 2 del Testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. 917/1986). Con il decreto legislativo 27 dicembre 2023 n. 209, attuativo della riforma della fiscalità internazionale, tale norma è stata radicalmente modificata (entrata in vigore dal 29 dicembre 2023) al fine di rendere più conforme il concetto di residenza alle prassi internazionali e più efficace il contrasto all’elusione fiscale.
- Art. 2, comma 2 TUIR (nuovo testo dal 2024) – Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta (considerando anche le frazioni di giorno) hanno residenza o domicilio in Italia oppure sono presenti sul territorio dello Stato. Il domicilio è definito come il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari; in assenza di prova contraria, si presumono residenti coloro che sono iscritti per la maggior parte del periodo nelle anagrafi italiane . Rispetto alla versione precedente viene data maggiore rilevanza alla presenza fisica e ai rapporti personali, equiparando il domicilio alla residenza civilistica.
- Presunzione per chi si iscrive all’AIRE ma si trasferisce in “paradisi fiscali”. L’art. 2, comma 2‑bis TUIR (introdotto nel 1990) stabilisce una presunzione relativa di residenza in Italia per i cittadini cancellati dalle anagrafi e trasferiti in Stati a fiscalità privilegiata (cd. black list). L’onere di provare l’effettiva residenza all’estero grava sul contribuente. Anche dopo la riforma del 2023, questa norma resta in vigore per i Paesi ancora nella black list.
- Iscrizione all’anagrafe italiana. In base all’art. 2 TUIR riformato, l’iscrizione nelle liste della popolazione residente per oltre metà del periodo d’imposta costituisce presunzione di residenza, ma può essere superata con prova contraria (ad es., dimostrando legami personali e familiari prevalenti in Polonia). La Cassazione ha ribadito che la mera iscrizione all’AIRE non basta a dimostrare la residenza all’estero se permangono interessi vitali in Italia .
- Criteri civilistici di residenza e domicilio. L’art. 43 del codice civile definisce:
- Residenza – il luogo in cui la persona abita stabilmente;
- Domicilio – il luogo in cui ha sede principale degli affari e interessi. Con la riforma del 2023 il TUIR recepisce la nozione di domicilio come centro delle relazioni personali e familiari .
- Quadro RW del modello Redditi. È l’adempimento di monitoraggio fiscale per le attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero. La mancata indicazione di conti o investimenti polacchi può far presumere redditi non dichiarati e portare a un accertamento. L’omessa compilazione è stata alla base di numerosi giudizi tributari, come nella sentenza della Cassazione n. 8452/2025 .
1.2 Cooperazione internazionale e doppia imposizione Italia‑Polonia
- Convenzione contro la doppia imposizione tra Italia e Polonia. Firmata nel 1985 e aggiornata con il protocollo del 2011, la convenzione stabilisce quale Stato ha il potere di tassare specifiche categorie di reddito (es. immobili, interessi, dividendi, lavoro dipendente). Prevede che, in caso di doppia residenza, la posizione venga risolta con i criteri del tie‑breaker (abitazione permanente, centro degli interessi vitali, soggiorno abituale). Ai sensi dell’art. 4 della convenzione, una persona è residente nello Stato in cui è soggetta a imposizione a causa del domicilio, residenza, sede di direzione o criteri analoghi. In caso di residenza in entrambi gli Stati, si applicano successivamente i criteri della abitazione permanente, del centro di interessi vitali, del luogo di dimora abituale e infine della nazionalità.
- Direttiva 2010/24/UE sulla reciproca assistenza al recupero dei crediti tributari. Permette all’Agenzia delle Entrate di richiedere all’amministrazione polacca la notifica di atti impositivi e l’esecuzione coattiva dei crediti fiscali verso un residente in Polonia. La Polonia può eseguire la riscossione come se fosse un proprio tributo. L’art. 5 della direttiva stabilisce l’obbligo di cooperazione e l’art. 6 consente la comunicazione di informazioni rilevanti.
- Regolamento (UE) 2021/2063 – Istanzia il nuovo sistema di scambio di informazioni e cooperazione per le imposte indirette. È rilevante per l’IVA e può supportare l’accertamento di operazioni transfrontaliere.
- Regolamento (UE) 2018/1807 (free flow of non‑personal data). Tutela il trasferimento dei dati all’interno dell’UE e consente alle autorità fiscali di accedere a dati conservati in altri Paesi membri.
1.3 Giurisprudenza recente (Cassazione 2024–2025)
| Pronuncia | Principio giuridico | Rilevanza |
|---|---|---|
| Cass. 19843/2024 | La modifica dell’art. 2, comma 2 TUIR introdotta dal D.Lgs. 209/2023 si applica solo ai fatti successivi al 1° gennaio 2024. Per le fattispecie precedenti, il domicilio coincide con il centro degli affari e degli interessi vitali, non avendo rilievo prioritario le relazioni affettive . La presunzione di residenza deriva dalla cancellazione dall’anagrafe e trasferimento in Paesi a fiscalità privilegiata . | Chiarisce l’intertemporalità della riforma e ribadisce che la prova della residenza all’estero grava sul contribuente. |
| Cass. 8452/2025 | Non esiste un principio generale di inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite in materia tributaria. Documenti ottenuti irregolarmente in un procedimento penale possono essere utilizzati per l’accertamento fiscale, in assenza di specifico divieto normativo . | Legittima l’uso di informazioni trasmesse dall’autorità polacca anche se ottenute in indagini penali. |
| Cass. 1292/2025 (ord.) | La presunzione di residenza in Italia non può essere vinta con meri elementi formali; occorre dimostrare radicamento effettivo nello Stato estero. L’archiviazione del procedimento penale che ha fornito gli elementi indiziari non incide sul processo tributario (art. 21‑bis D.Lgs. 74/2000). | Sottolinea l’importanza di prove fattuali (abitazione, famiglia, lavoro, spese) e conferma la collaborazione tra processo penale e tributario. |
| Cass. n. 22064/2023 | L’iscrizione all’AIRE e il possesso di immobili in Polonia non escludono la residenza fiscale in Italia se il contribuente mantiene centri di interesse economico e familiare nel territorio italiano. | Ribadisce la prevalenza dei legami economici e personali rispetto alla mera iscrizione formale. |
2. Procedura di accertamento: cosa accade e termini per difendersi
- Notifica dell’atto impositivo. L’Agenzia delle Entrate notifica un avviso di accertamento (per imposte dirette) o un avviso di rettifica (per IVA) al domicilio fiscale del contribuente o tramite amministrazione polacca in base alla direttiva 2010/24/UE. L’atto deve indicare i motivi, le prove e il termine per il ricorso.
- Termini per impugnare. L’avviso di accertamento può essere impugnato entro 60 giorni dalla notifica dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (ex Commissione tributaria provinciale), ai sensi del D.Lgs. 546/1992. Per gli avvisi notificati all’estero il termine è prorogato di 90 giorni.
- Iscrizione a ruolo e riscossione. Decorso il termine per proporre ricorso senza che il contribuente abbia impugnato, l’atto diviene definitivo e l’Agenzia incarica l’ente di riscossione (Agenzia Entrate‑Riscossione). In base alla direttiva 2010/24/UE può essere richiesto il recupero coattivo in Polonia.
- Sospensione degli effetti esecutivi. Con il ricorso il contribuente può chiedere la sospensione dell’esecuzione, dimostrando il periculum in mora (es. danno grave e irreparabile) e il fumus boni iuris. La commissione decide entro 180 giorni.
- Contenzioso tributario. Dopo il giudizio di primo grado, le parti possono proporre appello entro 60 giorni e successivamente ricorso in Cassazione (entro 60 giorni dalla notifica della sentenza d’appello o un anno dalla pubblicazione). Nel contesto internazionale è possibile richiedere la procedura amichevole prevista dalla convenzione Italia‑Polonia o dalla Convenzione arbitrale UE 90/436 per evitare la doppia imposizione.
- Riscossione e misure cautelari. Se l’accertamento diventa definitivo e il credito non viene pagato, l’Agenzia Entrate‑Riscossione può procedere a iscrizioni ipotecarie, fermi amministrativi e pignoramenti su beni in Italia. Tramite l’assistenza reciproca, tali misure possono essere attivate anche in Polonia secondo la normativa locale.
3. Difese e strategie legali
3.1 Dimostrare l’effettiva residenza in Polonia
Il contribuente può superare la presunzione di residenza in Italia dimostrando il proprio radicamento in Polonia. Tra gli elementi valutati dalle commissioni tributarie e dalla Cassazione vi sono:
- Iscrizione all’AIRE e cancellazione dalle anagrafi italiane.
- Abitazione permanente in Polonia: contratto di locazione o proprietà immobiliare, bollette, spese condominiali.
- Centri di interesse vitali: famiglia (coniuge/figli residenti in Polonia), relazioni affettive e sociali.
- Rapporti economici e professionali: luogo di lavoro, sede dell’impresa, conti correnti e attività finanziarie. Gli stipendi erogati in Polonia e tassati in loco sono prova del legame.
- Presenza fisica per la maggior parte dell’anno; viaggi in Italia devono essere episodici.
- Contributi previdenziali polacchi e assistenza sanitaria.
- Tessera di soggiorno polacca (PESEL) e iscrizione alla gmina (comune) locale.
3.2 Contestare la legittimità dell’avviso
- Vizi formali dell’atto: mancanza di motivazione sufficiente; notifica irregolare; incompetenza dell’ufficio. In caso di notifica all’estero, deve essere rispettata la procedura dell’assistenza reciproca.
- Decadenza dei termini: l’accertamento deve essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (ottavo se omessa). I termini sono sospesi in caso di scambio di informazioni con autorità estere, ma devono essere documentati.
- Prova dell’erronea qualificazione dei redditi: ad esempio redditi da lavoro dipendente svolto in Polonia tassati alla fonte secondo la convenzione Italia‑Polonia; redditi soggetti al regime dei frontier workers.
- Applicazione delle convenzioni internazionali: se l’atto impositivo non tiene conto dell’art. 15 della convenzione (lavoro dipendente) o dell’art. 7 (utili di impresa) il contribuente può far valere la priorità della norma convenzionale sulle leggi interne.
- Illegittima utilizzazione di prove: se la prova è stata acquisita da procedimenti penali esteri senza le garanzie dovute, si può eccepire la violazione del principio di buona fede e dei diritti fondamentali. Tuttavia, la Cassazione ha escluso una regola generale di inutilizzabilità , quindi occorre dimostrare la violazione di norme specifiche (es. segreto professionale, divieto di interscambio extra-processuale).
3.3 Definizioni agevolate e strumenti alternativi
| Strumento | Descrizione | Requisiti e benefici |
|---|---|---|
| Rottamazione dei ruoli (“definizione agevolata” art. 1, commi 231‑252, legge di Bilancio 2023) | Consente di estinguere i debiti affidati all’agente della riscossione tra il 1° gennaio 2000 e il 30 giugno 2022 pagando l’imposta e le somme accessorie senza sanzioni. Prevede rateizzazione fino a 18 rate. | Il contribuente non deve aver aderito a precedenti “rottamazioni” decadendo dal beneficio. Le istanze dovevano essere presentate entro il 30 aprile 2023; sono previste riaperture dei termini con normative successive. |
| Definizione agevolata delle liti pendenti (art. 1, commi 186–203, legge di Bilancio 2023) | Permette di chiudere i contenziosi tributari versando il 100% delle imposte in caso di soccombenza del contribuente in primo grado, o il 40% se l’ufficio è soccombente. | Applicabile anche ai contribuenti residenti in Polonia se il giudizio riguarda tributi italiani. |
| Ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/1997) | Il contribuente che ha omesso la dichiarazione di redditi esteri o di quadri RW può regolarizzare la propria posizione versando imposta, interessi e sanzioni ridotte. | Richiede la spontanea regolarizzazione prima della notifica dell’accertamento o dell’avvio di controlli. |
| Concordato preventivo biennale per lavoratori autonomi e imprenditori minori (D.Lgs. 13/2024) | Prevede la definizione in via preventiva del reddito imponibile per due anni con l’Agenzia delle Entrate. | Non applicabile ai dipendenti; può interessare chi esercita attività d’impresa in Italia ma svolge parte del lavoro in Polonia. |
| Strumenti della crisi da sovraindebitamento (L. 3/2012 e codice della crisi) | Piani del consumatore, accordi di ristrutturazione dei debiti e liquidazione controllata consentono di ristrutturare i debiti tributari con falcidie e dilazioni. | Il ricorso al tribunale deve essere supportato da un gestore della crisi nominato dall’Organismo di composizione della crisi (OCC). |
3.4 Piani di rientro e transazioni fiscali
Quando l’accertamento sfocia in un debito definitivo, il contribuente può concordare con l’Agente della riscossione un piano di rateizzazione fino a 72 rate mensili (art. 19 D.P.R. 602/1973). In casi di comprovata difficoltà e importi inferiori a 120 mila euro può essere concesso un piano fino a 120 rate (10 anni). L’accordo può essere richiesto anche da chi risiede all’estero e viene gestito telematicamente.
Con il nuovo codice della crisi d’impresa (D.Lgs. 14/2019) è possibile proporre una transazione fiscale nell’ambito di un concordato preventivo o accordo di ristrutturazione, richiedendo la falcidia dei tributi e la rinuncia alle sanzioni. È uno strumento da valutare quando i debiti fiscali rendono insostenibile la situazione economica.
4. Errori comuni e consigli pratici
- Sottovalutare gli obblighi dichiarativi. Anche se si risiede stabilmente in Polonia, occorre presentare la dichiarazione in Italia per i redditi ivi prodotti (es. immobili, pensioni) e compilare il quadro RW per le attività estere. L’assenza di dichiarazione espone al rischio di accertamento.
- Confondere residenza anagrafica con residenza fiscale. L’iscrizione all’AIRE è necessario ma non sufficiente; occorre dimostrare legami familiari, economici e affettivi prevalenti in Polonia e la presenza fisica per più di 183 giorni.
- Mancata conservazione della documentazione. Contratti di lavoro, bollette, estratti conto bancari, certificazioni di residenza rilasciate dalle autorità polacche devono essere conservati per almeno cinque anni e tradotti in italiano per poterli produrre in giudizio.
- Ignorare la notifica. Le comunicazioni dell’amministrazione polacca per conto dell’Italia hanno piena efficacia; non rispondere o non presentare ricorso nei termini comporta la definitività della pretesa.
- Non ricorrere alla convenzione internazionale. In caso di doppia imposizione, è possibile attivare la procedura amichevole prevista dall’art. 25 della convenzione Italia‑Polonia. Tale procedura sospende l’esecuzione e può portare all’annullamento dell’imposta nel Paese che non ha diritto di imposizione.
- Attendere l’esito del procedimento penale. Come chiarito dalla Cassazione, l’archiviazione penale non incide sul processo tributario . Occorre impugnare l’avviso indipendentemente dalle eventuali indagini penali.
5. Domande frequenti (FAQ)
- Sono iscritto all’AIRE e vivo in Polonia da tre anni; l’Agenzia delle Entrate può comunque considerarmi residente in Italia? Sì, l’iscrizione all’AIRE è un presupposto ma non esclude la residenza fiscale in Italia. L’amministrazione può dimostrare che il centro degli interessi vitali, familiari o economici resta in Italia e che vi trascorri più di metà dell’anno. In tal caso l’onere della prova della residenza effettiva in Polonia grava su di te.
- Quali prove sono utili per dimostrare la residenza in Polonia? Contratto di locazione o titolarità dell’immobile polacco, bollette domestiche, certificato di residenza rilasciato dal comune polacco (zameldowanie), atti che attestano la presenza della famiglia, contratto di lavoro, contributi pagati, tessera sanitaria, conti bancari polacchi e iscrizione a club/social network locali.
- Quanto tempo ho per impugnare un avviso di accertamento notificato in Polonia? Entro 90 giorni dalla notifica (60 giorni + proroga di 30 giorni per la residenza all’estero). È consigliabile non attendere l’ultimo momento e presentare la richiesta di sospensione per evitare la riscossione.
- Se l’Agenzia Entrate‑Riscossione avvia un pignoramento dei miei beni in Italia mentre vivo in Polonia, posso bloccarlo? Puoi chiedere la sospensione in pendenza di ricorso o proporre un piano di rateizzazione. Se ritieni che il debito sia inesistente o prescritto, puoi impugnare l’estratto di ruolo.
- È vero che bastano 183 giorni all’estero per evitare la tassazione italiana? La regola dei 183 giorni indica il periodo minimo di permanenza all’estero per essere considerati non residenti, ma occorre anche che residenza, domicilio e centro degli interessi vitali siano all’estero. La presenza fisica, dopo la riforma del 2023, è solo uno dei criteri.
- La convenzione Italia‑Polonia evita sempre la doppia imposizione? In generale sì: i redditi prodotti in Polonia sono tassati in Polonia e devono essere dichiarati in Italia con il metodo del credito d’imposta. Tuttavia, la convenzione non impedisce all’Italia di presumere la residenza se sussistono i criteri del TUIR. La procedura amichevole serve a risolvere i conflitti.
- Cosa accade se non dichiaro un conto corrente polacco nel quadro RW? Puoi essere assoggettato a sanzioni dal 3% al 15% dell’ammontare dell’attività finanziaria non dichiarata (aumentate al 6–30% per Paesi black list). Inoltre la mancata indicazione costituisce presunzione di redditi non dichiarati .
- Le autorità fiscali polacche possono pignorarmi il conto corrente? Sì. In base alla direttiva 2010/24/UE, l’Italia può chiedere alla Polonia di riscuotere i crediti fiscali come propri. La banca polacca riceverà l’ordine di pagamento e potrà bloccare il conto.
- Posso usare la rottamazione dei ruoli se risiedo in Polonia? Sì, se i debiti rientrano nell’ambito temporale previsto e non hai beneficiato di precedenti definizioni decadendo dal beneficio. La domanda si presenta tramite il portale dell’Agenzia Entrate‑Riscossione e il pagamento può essere effettuato dall’estero.
- Cosa prevede l’art. 21‑bis del D.Lgs. 74/2000 citato dalla Cassazione? Stabilisce che solo la sentenza irrevocabile di assoluzione “perché il fatto non sussiste” o “perché l’imputato non lo ha commesso” ha efficacia di giudicato nel processo tributario . L’archiviazione o altre decisioni non incidono sull’accertamento.
- Se lavoro in smart‑working per un’azienda italiana ma mi trovo in Polonia, dove devo pagare le imposte? La residenza fiscale determina la soggezione all’IRPEF. Se sei residente in Polonia ai sensi del TUIR e della convenzione, i redditi da lavoro possono essere tassati in Italia se svolti sul territorio italiano, ma la convenzione può attribuire l’imposizione esclusivamente allo Stato di residenza. Occorre valutare dove è “svolta” l’attività e se l’azienda italiana ha una stabile organizzazione in Polonia.
- La Polonia è considerata un Paese a fiscalità privilegiata? No, la Polonia non rientra nella black list. Pertanto non opera la presunzione dell’art. 2, comma 2‑bis TUIR, ma l’Agenzia può comunque contestare la fittizia residenza estera.
- Il domicilio professionale in Italia incide sulla residenza? Sì. Se mantieni un ufficio, una partita IVA o un’impresa in Italia, l’amministrazione può ritenere che il centro degli interessi economici sia qui e presumere la residenza italiana, a meno che tu dimostri che l’attività è gestita prevalentemente dalla Polonia.
- È possibile regolarizzare spontaneamente le attività estere? Sì, tramite ravvedimento operoso puoi presentare dichiarazioni integrative per i redditi esteri o per il quadro RW, pagando sanzioni ridotte. In passato esisteva la voluntary disclosure, ma attualmente occorre utilizzare gli strumenti ordinari.
- Se ricevo un avviso di accertamento, è opportuno contattare un professionista in Italia o in Polonia? È consigliabile rivolgersi a un professionista esperto in diritto tributario internazionale, possibilmente abilitato sia in Italia sia in Polonia. Il professionista può analizzare l’atto, verificare l’applicazione delle convenzioni e predisporre il ricorso nei termini.
- Le sanzioni per omessa compilazione del quadro RW sono prescrivibili? Sì, i crediti derivanti da sanzioni amministrative si prescrivono in cinque anni dal momento in cui l’atto diventa definitivo. La prescrizione può essere interrotta con atti formali dell’amministrazione.
- Il rientro temporaneo in Italia per cure mediche o assistenza ai familiari può compromettere la residenza estera? Se sporadico e giustificato, no. La presenza in Italia per periodi limitati non incide sulla residenza se il centro degli interessi rimane stabilmente in Polonia. Tuttavia, occorre documentare le ragioni dei soggiorni.
- Posso detrarre in Italia le imposte pagate in Polonia? Sì, l’art. 165 TUIR consente di detrarre dalle imposte italiane quelle pagate all’estero in base alla convenzione. La detrazione è limitata all’imposta italiana dovuta per lo stesso reddito.
6. Esempio pratico
Mario, cittadino italiano, si trasferisce a Varsavia a gennaio 2024 per lavorare come ingegnere presso una società polacca. A marzo 2025 riceve dall’Agenzia delle Entrate un avviso di accertamento per l’anno 2023, nel quale viene contestata la sua residenza in Italia. Secondo l’ufficio, Mario era ancora iscritto all’anagrafe italiana fino a giugno 2023, possedeva un conto corrente italiano e occasionalmente effettuava consulenze per l’azienda di famiglia. L’Agenzia recupera IRPEF e addizionali per 25 000 euro, applicando anche sanzioni per omessa compilazione del quadro RW riguardante un conto polacco.
Mario decide di impugnare l’avviso sostenendo:
- Residenza effettiva in Polonia. Dimostra di aver trasferito la residenza in Polonia a gennaio 2023 (contratto di locazione, certificato di residenza polacco e certificazioni del datore di lavoro). Produce bollette e spese scolastiche dei figli.
- Iscrizione all’AIRE. Presenta certificato di iscrizione retroattivo al gennaio 2023, lamentando ritardi del consolato nell’aggiornamento delle anagrafi italiane.
- Centro degli interessi vitali in Polonia. La famiglia risiede a Varsavia; i rapporti economici in Italia sono marginali (un conto bancario con saldo modesto). Le consulenze per l’azienda familiare sono occasionali e fatturate in Polonia.
- Applicazione della convenzione Italia‑Polonia. I redditi da lavoro sono stati tassati in Polonia e non sono imponibili in Italia. In Italia devono essere dichiarati solo ai fini del credito d’imposta.
La commissione tributaria di primo grado accoglie il ricorso considerando che l’Agenzia non ha dimostrato un centro di interessi in Italia e che Mario ha fornito prove concrete del proprio radicamento in Polonia. L’iscrizione tardiva all’AIRE viene giudicata un elemento formale superato dalla prova contraria. Le sanzioni per omessa compilazione del quadro RW vengono ridotte grazie al ravvedimento operoso presentato prima della sentenza.
Conclusioni
Per i contribuenti italiani che risiedono in Polonia la gestione corretta degli obblighi fiscali e la conoscenza della normativa italiana e internazionale sono essenziali per evitare accertamenti e contenziosi. La riforma della residenza fiscale introdotta dal D.Lgs. 209/2023 ha accentuato l’importanza dei legami personali e della presenza fisica, riducendo il peso degli aspetti formali. La giurisprudenza della Cassazione del 2024‑2025 evidenzia che la presunzione di residenza in Italia può essere superata solo con prove puntuali e che la collaborazione tra amministrazioni fiscali permette di utilizzare informazioni anche provenienti da procedimenti penali.
Davanti a un avviso di accertamento è fondamentale agire tempestivamente: analizzare l’atto con un professionista competente, raccogliere la documentazione probatoria e valutare le strategie difensive. In alternativa, gli strumenti di definizione agevolata, rateizzazione e ristrutturazione del debito offrono soluzioni pratiche per gestire la posizione fiscale. Infine, le convenzioni internazionali e la procedura amichevole possono risolvere conflitti di doppia imposizione, a tutela del contribuente.