Cartella Per Ritenute Dipendenti Non Versate: Responsabilità E Difese

Introduzione

Il mancato versamento delle ritenute fiscali operate sui redditi dei propri dipendenti è una delle violazioni più gravi che un imprenditore o un professionista possa commettere. Dal punto di vista dell’ordinamento, si tratta di trattenere denaro pubblico già prelevato dalle buste paga o dai compensi dei collaboratori per non riversarlo all’Erario. Questa omissione non solo espone il sostituto d’imposta a sanzioni amministrative e interessi, ma – se supera determinate soglie – integra un vero e proprio reato penale (art. 10‑bis D.Lgs. 74/2000). Negli ultimi anni la disciplina si è evoluta: il D.Lgs. 87/2024 ha ridotto la sanzione amministrativa dal 30 % al 25 % e ha introdotto cause di non punibilità in presenza di crisi di liquidità non imputabile, mentre dal 2026 entrerà in vigore il nuovo Testo Unico delle sanzioni (D.Lgs. 173/2024) che coordina in modo organico la normativa amministrativa e penale . La Corte costituzionale nel 2022 e la Cassazione nel 2024‑2025 hanno precisato i confini del reato: è punibile solo il mancato versamento di ritenute certificate ai percipienti , mentre l’omesso versamento di ritenute risultanti dal modello 770 ma non certificate resta un’illecito amministrativo .

La posta in gioco è elevata. Un avviso di accertamento o una cartella di pagamento per ritenute non versate può sfociare in pignoramenti, ipoteche, fermi amministrativi e, nei casi più gravi, in un procedimento penale con la reclusione da sei mesi a due anni . Per questo motivo è essenziale conoscere la disciplina, comprendere i propri diritti e agire tempestivamente con l’assistenza di professionisti specializzati. Le recenti pronunce giurisprudenziali evidenziano che numerosi avvisi sono nulli per vizi di notifica, carenza di motivazione o perché le ritenute non erano mai state operate. In altri casi il contribuente può evitare la pena estinguendo tempestivamente il debito o dimostrando l’esistenza di una crisi di liquidità non imputabile. È indispensabile, quindi, affrontare il problema con un approccio tecnico ma pragmatico, calibrando le difese in base al caso concreto.

Perché rivolgersi allo Studio Monardo

L’Avv. Giuseppe Angelo Monardo è un professionista cassazionista con esperienza ventennale nel diritto tributario e bancario. Coordina uno staff multidisciplinare di avvocati e commercialisti attivo a livello nazionale, capace di fornire soluzioni integrate in materia fiscale, societaria e penale. È gestore della crisi da sovraindebitamento ai sensi della Legge 3/2012, iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia, professionista fiduciario di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) ed esperto negoziatore della crisi d’impresa ai sensi del D.L. 118/2021. Tali competenze consentono allo Studio di assistere imprenditori, professionisti e privati in tutte le fasi della gestione dei debiti, dalla prevenzione alla negoziazione con il Fisco, fino agli eventuali procedimenti giudiziali.

Dal punto di vista pratico lo Studio Monardo offre:

  • Analisi preventiva degli atti: esame di avvisi di irregolarità, accertamenti e cartelle per individuare vizi formali e sostanziali (notifica, firma, motivazione, prescrizione).
  • Ricorsi e sospensive: predisposizione di ricorsi davanti alle Corti di giustizia tributaria per annullare atti illegittimi e richiesta di sospensione dell’esecutività durante il giudizio.
  • Trattative e piani di rientro: negoziazione con l’Agenzia delle Entrate e con l’Agente della Riscossione per ottenere rateazioni, definizioni agevolate (rottamazioni) o accordi transattivi, verificando la possibilità di riduzioni e di cause di non punibilità.
  • Soluzioni giudiziali e stragiudiziali: assistenza nei procedimenti penali per omesso versamento ex art. 10‑bis D.Lgs. 74/2000 e consulenza per accedere ai piani del consumatore o agli accordi di ristrutturazione dei debiti previsti dalla Legge 3/2012 .

Sin dalle prime fasi è fondamentale agire con tempestività per bloccare pignoramenti, fermo dei veicoli, ipoteche sugli immobili o altre azioni esecutive. Lo Studio Monardo, con la sua struttura organizzata, offre una valutazione legale personalizzata e immediata, studiando la posizione fiscale del cliente e proponendo le strategie difensive più adatte.

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Contesto normativo e giurisprudenziale

Obblighi del sostituto d’imposta

L’obbligo di operare e versare le ritenute alla fonte è delineato principalmente dal D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, artt. 23‑30. Tali disposizioni stabiliscono che i datori di lavoro, i committenti e in generale i sostituti d’imposta devono trattenere una quota dell’imposta dovuta dal percettore (dipendente o collaboratore) e versarla all’Erario. L’art. 23 disciplina le ritenute sui redditi da lavoro dipendente, l’art. 24 quelle sulle pensioni, l’art. 25 sui redditi di lavoro autonomo; gli altri articoli estendono l’obbligo ad altre categorie di reddito . In sintesi, al momento del pagamento del reddito il sostituto deve:

  1. Operare la ritenuta al pagamento del compenso o della retribuzione.
  2. Versare le somme trattenute entro il 16 del mese successivo mediante modello F24 .
  3. Certificare le ritenute rilasciando al percipiente la Certificazione Unica (CU) entro il 16 marzo e presentando il modello 770 (dichiarazione dei sostituti d’imposta) .

Se il sostituto non esegue la ritenuta (omessa operazione), è prevista una sanzione amministrativa del 20 % dell’ammontare che avrebbe dovuto essere trattenuto . Quando la ritenuta è stata operata ma non versata nei termini, la violazione comporta la sanzione amministrativa del 25 % (ridotta dal 30 % dal 1° settembre 2024) con possibilità di riduzione grazie al ravvedimento operoso (sanzione ridotta a metà se il versamento avviene entro 90 giorni, e riduzioni ulteriori per pagamenti entro uno o due anni) . Le due sanzioni non si sommano: se la ritenuta non è stata nemmeno operata, si applica solo quella del 20 % .

La Legge 212/2000 (Statuto del Contribuente) impone che ogni avviso di accertamento sia motivato e che l’ufficio alleghi i documenti su cui si fonda. L’art. 7 stabilisce che la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la pretesa, pena la nullità . Questo principio è cruciale per contestare avvisi carenti o basati su presunzioni generiche.

La fase di riscossione è regolata dal D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602. Le somme dovute vengono iscritte a ruolo e notificate al contribuente attraverso cartella di pagamento o, per gli accertamenti più recenti, avviso di accertamento esecutivo che cumula in sé la funzione di accertamento e titolo esecutivo . Se la cartella non viene pagata entro 60 giorni, l’Agente della Riscossione può avviare pignoramenti, fermi amministrativi e ipoteche.

La disciplina penale: art. 10‑bis D.Lgs. 74/2000 e successive riforme

L’omesso versamento di ritenute certificate è sanzionato penalmente dall’art. 10‑bis del D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74. La norma punisce con la reclusione da sei mesi a due anni chi, nella qualità di sostituto, non versa entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione le ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, per un importo complessivo superiore alla soglia di €150.000 . La soglia era originariamente fissata a €50.000 ed è stata elevata nel 2015. La Corte costituzionale, con sentenza n. 175/2022, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 10‑bis nella parte in cui contemplava le ritenute “dovute sulla base della dichiarazione” (modello 770) ma non certificate: di conseguenza, oggi il reato riguarda solo il mancato versamento di ritenute attestato nelle CU .

Nel 2024 il Decreto Legislativo 87/2024 (attuativo della delega fiscale 2023) ha introdotto importanti novità:

  • la sanzione amministrativa per omesso versamento è stata ridotta dal 30 % al 25 % e si applica a tutte le violazioni commesse dopo il 1° settembre 2024 ;
  • è stata inserita una nuova causa di non punibilità: se il mancato pagamento dipende da cause non imputabili all’imprenditore (ad es. insolvenza dei clienti, mancati pagamenti dalla Pubblica Amministrazione, sovraindebitamento) e il contribuente dimostra di avere agito con la massima diligenza, l’illecito penale non è punibile ; tuttavia la giurisprudenza richiede una prova rigorosa della crisi di liquidità ;
  • il termine di consumazione del reato è stato spostato al 31 dicembre dell’anno successivo a quello di maturazione della ritenuta, in linea con l’art. 10‑ter sull’IVA .

Il legislatore ha inoltre introdotto l’art. 13‑bis D.Lgs. 74/2000, che consente l’estinzione del reato e la riduzione della pena se il contribuente paga integralmente il debito tributario prima della chiusura del primo dibattimento . Il pagamento può avvenire anche tramite rateazione regolare.

A partire dal 1° gennaio 2026, entrerà in vigore il D.Lgs. 173/2024, nuovo Testo Unico delle sanzioni tributarie. Pur non ancora operativo, merita menzione perché coordinerà la disciplina amministrativa e penale, confermerà le attuali soglie di punibilità (150.000 € per il reato di omesso versamento di ritenute) e attribuirà un ruolo centrale al ravvedimento operoso . Dal 2026 il pagamento integrale del debito con ravvedimento, prima dell’avvio dell’accertamento, potrà costituire causa di non punibilità .

Giurisprudenza recente

Corte di Cassazione, Sez. III, n. 530/2025 – La Corte ha esaminato un caso di condanna per omesso versamento di ritenute certificate. La massima precisa che la normativa sulla trasmissione delle dichiarazioni (DPR 332/1998) impone al sostituto di predisporre sia la dichiarazione destinata all’Agenzia delle Entrate sia le certificazioni destinate ai percipienti; la mera trasmissione telematica del modello 770 non equivale alla consegna delle certificazioni ai sostituiti . L’inoltro telematico non garantisce che i percipienti possano accedere ai documenti . In mancanza della prova della consegna delle CU, non può configurarsi il reato di cui all’art. 10‑bis.

Cassazione civile, ord. n. 14283/2024 – Con questa ordinanza la Cassazione ha riconosciuto la responsabilità solidale del percipiente. Se il sostituto non ha mai effettuato la ritenuta e non l’ha versata, il sostituito può essere chiamato a rispondere in solido: l’Agenzia delle Entrate può esigere la ritenuta sia dal datore di lavoro sia dal percettore . Tale principio, già affermato dalla Cassazione nel 2019, è stato ribadito, con la conseguenza che il contribuente dovrà verificare se il datore ha correttamente operato e versato le ritenute. Quando la ritenuta è stata effettivamente trattenuta ma non versata, il percettore mantiene il diritto a utilizzare il credito d’imposta; lo Stato dovrà rivalersi esclusivamente sul sostituto .

Altre pronunce – La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che il reato ex art. 10‑bis si configura solo per ritenute certificate e che la consegna del certificato ai dipendenti è elemento costitutivo indispensabile . Nel 2025 la Corte ha emanato altre sentenze (nn. 5020 e 13134) che hanno rafforzato questo orientamento e precisato che la “crisi di liquidità” può escludere la punibilità solo se non imputabile all’imprenditore e supportata da documentazione rigorosa . Inoltre, la Corte ha confermato che la rateizzazione del debito non estingue automaticamente il reato: per beneficiare dell’estinzione ex art. 13‑bis è necessario il pagamento integrale .

Tabella riepilogativa delle principali norme

NormaOggettoPunti chiave
DPR 600/1973, artt. 23‑30Obblighi del sostituto d’impostaImpongono al datore di lavoro e agli altri sostituti di trattenere e versare le ritenute, certificare le somme trattenute e presentare il modello 770 .
D.Lgs. 241/1997Riscossione unificata (F24)Stabilisce il versamento mensile entro il 16 del mese successivo e prevede l’obbligo di CU e 770 .
D.Lgs. 471/1997, artt. 13‑14Sanzioni amministrativeSanzione del 25 % per ritenute operate ma non versate (ridotta in caso di ravvedimento) e 20 % per ritenute non operate .
Legge 212/2000, art. 7Statuto del ContribuenteImpone la motivazione degli atti e l’allegazione dei documenti, pena la nullità .
DPR 602/1973Riscossione coattivaPrevede l’iscrizione a ruolo e la notifica della cartella o dell’avviso di accertamento esecutivo; il mancato pagamento entro 60 giorni consente il pignoramento .
D.Lgs. 74/2000, art. 10‑bisOmesso versamento di ritenute certificatePunisce con la reclusione da 6 mesi a 2 anni chi non versa ritenute certificate oltre €150.000 annui . Dopo la sentenza della Corte Costituzionale, riguarda solo ritenute certificate .
D.Lgs. 87/2024Riforma sanzioni e cause di non punibilitàRiduce la sanzione amministrativa al 25 %, modifica il termine di consumazione del reato e introduce cause di non punibilità per crisi di liquidità non imputabile .
D.Lgs. 173/2024Testo Unico delle sanzioni (operativo dal 2026)Coordina le norme penali e amministrative e conferma le soglie di punibilità. Prevede che il ravvedimento operoso possa estinguere il reato .
Legge 3/2012, artt. 12‑bis e 12‑terPiano del consumatoreProcedura per i debitori persone fisiche in crisi; consente di proporre un piano senza consenso dei creditori, con sospensione delle azioni esecutive durante l’omologazione .

Procedura passo‑passo dopo la notifica dell’atto

1. Comunicazione di irregolarità e avviso bonario

L’omesso versamento delle ritenute viene normalmente rilevato dall’Agenzia delle Entrate tramite un controllo incrociato tra il modello 770 e i versamenti F24: se risultano ritenute certificate ma non versate, l’Amministrazione invia al sostituto una comunicazione di irregolarità (“avviso bonario”). In questa fase non vi è ancora iscrizione a ruolo; il contribuente può regolarizzare pagando il dovuto con sanzioni ridotte. L’avviso bonario indica gli importi non versati, la sanzione (25 %) e gli interessi. In caso di omissione totale, la sanzione è del 20 % .

Che fare? Ricevuto l’avviso bonario, conviene verificare se l’omissione è reale (ad esempio, verificando la correttezza dei codici tributo e dell’importo versato) e valutare il ravvedimento operoso. Il pagamento spontaneo entro 90 giorni consente di dimezzare la sanzione . È opportuno farsi assistere da un professionista per calcolare correttamente sanzioni e interessi e per evitare errori.

2. Avviso di accertamento esecutivo

Se l’omissione persiste o il sostituto non risponde all’avviso bonario, l’Agenzia emette un avviso di accertamento esecutivo (o un tradizionale avviso di accertamento con irrogazione di sanzioni). L’atto contiene la pretesa tributaria, l’ammontare delle ritenute non versate, la sanzione del 25 % e gli interessi. Dal 2011 gli avvisi di accertamento relativi a imposte dirette e IVA sono immediatamente esecutivi: se non impugnati e non pagati entro 60 giorni, diventano titolo per la riscossione coattiva .

Termini per impugnare. L’avviso di accertamento può essere impugnato davanti alla Corte di giustizia tributaria di primo grado entro 60 giorni dalla notifica (nei mesi di agosto il termine è sospeso per 31 giorni). È possibile chiedere la sospensione della riscossione presentando istanza di sospensiva al giudice tributario; in alternativa si può pagare in 8 rate trimestrali (se l’importo dovuto non supera 50.000 €) o in 8 rate semestrali (per importi superiori). Con la riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), la procedura davanti alle Corti di giustizia tributaria prevede mediazione obbligatoria per gli atti inferiori a 50.000 €.

Difetti dell’atto. Prima di pagare o impugnare, è indispensabile verificare la legittimità dell’accertamento. I vizi più frequenti sono:

  • Mancata motivazione o allegazione di documenti: l’atto deve contenere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche; se fa riferimento a documenti non allegati o non indicati, è nullo .
  • Notifica irregolare: la notifica deve essere effettuata nei confronti del legale rappresentante o della sede legale; errori nella PEC, nella cartolina di ritorno o negli avvisi di giacenza possono comportare la nullità.
  • Difetto di firma: gli atti tributari devono essere sottoscritti dal funzionario competente, pena l’inesistenza.
  • Decadenza dei termini: la pretesa tributaria deve essere iscritta a ruolo entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (o entro il quinto anno se non è stata presentata). Se i termini sono scaduti, l’accertamento è nullo.
  • Assenza del presupposto: in molti casi l’Agenzia contesta il mancato versamento di ritenute basandosi solo sul modello 770, senza dimostrare che siano state rilasciate le certificazioni ai lavoratori. Dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 175/2022 e la Cass. n. 530/2025, l’omesso versamento di ritenute non certificate non integra il reato penale e comporta solo sanzioni amministrative; di conseguenza l’avviso deve essere annullato .

3. Cartella di pagamento e riscossione coattiva

Se l’avviso diventa definitivo o se la dichiarazione omessa viene liquidata tramite controllo automatizzato (art. 36‑bis DPR 600/73), le somme sono iscritte a ruolo e notificate con cartella di pagamento. Nella cartella sono indicati il tributo dovuto, le sanzioni (25 % o 20 %), gli interessi e l’aggio dell’Agente della Riscossione. Dal 2020 l’avviso di accertamento esecutivo ha sostituito in parte la cartella: se il contribuente non paga entro 60 giorni, l’avviso diventa automaticamente titolo esecutivo .

Termini e strumenti di difesa. Una volta ricevuta la cartella, il contribuente può:

  • Pagare integralmente entro 60 giorni per evitare l’avvio della riscossione.
  • Chiedere la rateizzazione all’Agente della Riscossione: fino a €60.000 sono concesse fino a 72 rate mensili senza garanzie; per importi superiori si può chiedere un piano fino a 120 rate mensili presentando documentazione economico‑finanziaria .
  • Impugnare la cartella per vizi di notifica o motivazione, oppure se l’iscrizione a ruolo è avvenuta oltre i termini di decadenza.
  • Aderire alla definizione agevolata (“rottamazione”) se prevista dalla legge in vigore: nel 2025 è ancora operativa la Rottamazione‑quater (L. 197/2022) con riammissione per i decaduti e termine finale del 30 novembre 2025. Consente di pagare solo l’imposta e gli interessi legali, senza le sanzioni, in unica soluzione o in massimo dieci rate. La riammissione prevede il versamento in unica soluzione entro il 31 luglio 2025 o in dieci rate dal 2025 al 2027.

4. Procedimento penale

Qualora l’importo delle ritenute certificate non versate superi €150.000 annui, l’Autorità giudiziaria avvia un procedimento penale per il reato ex art. 10‑bis D.Lgs. 74/2000. Il procedimento si svolge davanti al Tribunale in composizione monocratica e prevede la possibilità di richiedere la sospensione del processo con messa alla prova (art. 464‑bis c.p.p.) o il patteggiamento. L’imputato può evitare la condanna se paga integralmente il debito entro la chiusura del primo dibattimento . La riforma del 2024 ha introdotto la causa di non punibilità per crisi di liquidità non imputabile: l’imprenditore dovrà dimostrare, con documentazione contabile e testimonianze, l’effettiva impossibilità di adempiere e la circostanza che abbia fatto tutto il possibile per reperire le risorse .

Difese e strategie legali

Verifica preliminare: ritenute non operate, non versate o non certificate

Prima di impostare la strategia difensiva è essenziale distinguere tra tre situazioni:

  1. Ritenute non operate: il sostituto non ha trattenuto l’imposta dal compenso. In questo caso si applica la sanzione amministrativa del 20 % (art. 14 D.Lgs. 471/97) e l’Erario può pretendere il pagamento anche dal percettore in solido . La Cassazione ha ribadito che, in tal caso, la ritenuta può essere pretesa sia dal datore di lavoro sia dal lavoratore .
  2. Ritenute operate ma non versate: il sostituto ha trattenuto le somme ma non le ha versate. Qui si applica la sanzione amministrativa del 25 % e, se l’importo annuo supera €150.000, si configura il reato ex art. 10‑bis. Il dipendente conserva però il diritto al credito d’imposta .
  3. Ritenute indicate in dichiarazione ma non certificate: dopo la sentenza della Corte cost. n. 175/2022 e la Cass. 530/2025, l’omesso versamento di ritenute non certificate non integra più il reato. La pretesa resta di natura amministrativa e può essere contestata per difetto di presupposto . Spesso gli avvisi fondati solo sul modello 770 possono essere annullati.

Difese in sede amministrativa e tributaria

  1. Eccezione di nullità per carenza di motivazione – L’avviso deve indicare con precisione le ritenute contestate, le certificazioni rilasciate, i codici tributo e le date di scadenza. Se manca la prova della consegna delle CU o se l’atto si fonda su presunzioni generiche, è possibile ottenere l’annullamento .
  2. Vizi di notifica e di sottoscrizione – Sono frequenti errori nella notifica PEC o nella cartolina di ritorno. La firma deve essere apposta dal dirigente competente; in mancanza, l’atto è inesistente.
  3. Decadenza e prescrizione – Verificare che l’iscrizione a ruolo sia avvenuta entro i termini. Per le ritenute, il termine di decadenza è il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (cinque anni in caso di omessa dichiarazione). Oltre, l’atto è nullo.
  4. Assenza del presupposto – Contestare che le ritenute siano state effettivamente operate o certificate. Se la ritenuta non è stata operata, il dipendente è responsabile in solido ; se è stata operata ma non certificata, il reato non sussiste .
  5. Vizio della delega di firma – L’atto deve essere sottoscritto dal direttore provinciale o da un funzionario delegato con provvedimento pubblicato; in mancanza, è nullo.

Rimedi deflativi: ravvedimento, rateazione e definizione agevolata

Ravvedimento operoso – È l’istituto più efficace per regolarizzare spontaneamente la posizione ed evitare sanzioni piene e contestazioni penali. Ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. 472/97, la sanzione base del 25 % è ridotta a 1/15 (1,666 %) se il versamento avviene entro 15 giorni, a metà (12,5 %) entro 90 giorni, a 1/9 entro 1 anno e a 1/8 entro 2 anni . È sempre dovuto l’interesse legale. Il ravvedimento è efficace solo se effettuato prima dell’avvio di qualsiasi controllo; dopo la notifica di un avviso bonario non è più possibile fruire delle riduzioni massime. Se le somme non superano la soglia penale, il ravvedimento impedisce l’instaurarsi del procedimento penale.

Rateazione del debito – Quando le ritenute non versate sono già iscritte a ruolo, il contribuente può chiedere all’Agente della Riscossione un piano di rateizzazione. Le rate ordinarie consentono fino a 72 rate mensili senza garanzie per importi fino a €60.000, e fino a 120 rate mensili in caso di grave difficoltà economica . La richiesta di rateazione sospende l’esecuzione finché il piano è rispettato; però il mancato pagamento di cinque rate fa decadere dal beneficio e riapre la punibilità penale se il residuo supera €50.000. Con la riforma del 2024, il debito in rateazione non è considerato in mora ai fini della configurazione del reato .

Definizione agevolata (rottamazioni) – Le leggi di bilancio 2022 e 2023 hanno introdotto la Rottamazione‑quater, che permette di estinguere i carichi affidati all’Agente della Riscossione fino al 30 giugno 2022 pagando solo le imposte e gli interessi, senza sanzioni né aggio. La legge di conversione del D.L. 202/2024 (cd. “Milleproroghe”) ha consentito la riammissione dei contribuenti decaduti purché versino la prima rata entro il 31 luglio 2025 e continuino i pagamenti fino al 30 novembre 2025. È possibile pagare in unica soluzione o in un massimo di dieci rate; il mancato versamento di una rata comporta la perdita dei benefici.

Strumenti di composizione della crisi da sovraindebitamento

Quando l’imprenditore o il professionista versa in grave difficoltà economica, può essere opportuno ricorrere agli strumenti previsti dalla Legge 3/2012 (oggi confluita nel Codice della crisi d’impresa). Le procedure principali sono:

  • Piano del consumatore – Riservato alle persone fisiche che agiscono per scopi estranei all’attività professionale, è disciplinato dagli artt. 12‑bis e 12‑ter L. 3/2012. Consente di proporre un piano di pagamento dei debiti senza il consenso dei creditori, con sospensione delle azioni esecutive fino alla pronuncia del decreto di omologa. Il giudice verifica la fattibilità del piano, il pagamento dei crediti impignorabili, dell’IVA e delle ritenute operate e non versate e omologa la proposta . Una volta omologato, i creditori anteriori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari . Se il debitore non rispetta i pagamenti delle imposte, dell’IVA o delle ritenute, la procedura viene revocata . Lo Studio Monardo, in qualità di gestore della crisi, assiste i debitori nella predisposizione del piano e nella trattativa con i creditori.
  • Accordo di composizione della crisi – È rivolto sia a consumatori che a imprenditori non fallibili e richiede il consenso dei creditori che rappresentano almeno il 60 % dei debiti. Può prevedere la falcidia e la ristrutturazione di debiti fiscali, ma l’Agenzia delle Entrate deve essere specificamente coinvolta. L’accordo sospende le azioni esecutive dalla data di presentazione.
  • Liquidazione controllata – Nel caso in cui il debitore non sia in grado di soddisfare i creditori, può scegliere di mettere a disposizione il proprio patrimonio. Il liquidatore (nominato dal tribunale) liquida i beni e soddisfa i creditori secondo un piano. Al termine, il soggetto può ottenere l’esdebitazione, ossia la liberazione dai debiti residui.
  • Esdebitazione del debitore incapiente – Il nuovo Codice della crisi prevede la possibilità per il debitore “incapiente” (cioè senza patrimonio e con reddito basso) di ottenere l’esdebitazione immediata, previa verifica della meritevolezza. Questo strumento può essere utilizzato per liberarsi definitivamente dai debiti, incluse le imposte.

Lo Studio Monardo, grazie all’esperienza del suo titolare come gestore della crisi e professionista fiduciario di un OCC, assiste i clienti nella scelta della procedura più idonea, nella predisposizione della documentazione e nelle trattative con l’amministrazione finanziaria.

Strategia difensiva in sede penale

Quando il procedimento penale è già avviato (per importi superiori a €150.000), la difesa dovrà concentrarsi su vari aspetti:

  1. Dimostrare l’assenza di dolo – Il reato di omesso versamento è un reato omissivo a dolo generico: occorre provare che l’imprenditore sapeva dell’obbligo ma deliberatamente non lo ha assolto. La difesa può dimostrare che la situazione di crisi finanziaria, sopraggiunta dopo l’obbligo di versamento, ha impedito di adempiere e che il contribuente ha fatto tutto il possibile per reperire le risorse (es. richiesta di finanziamenti, rinuncia a spese superflue). Le sentenze del 2025 hanno precisato che la “crisi di liquidità” è causa di non punibilità solo se non imputabile al sostituto e adeguatamente documentata .
  2. Provare l’assenza di certificazione – Il reato si consuma solo con riferimento alle ritenute certificate. In mancanza di prova della consegna delle CU ai dipendenti, l’imputato non può essere condannato .
  3. Estinzione del reato mediante pagamento – L’art. 13‑bis D.Lgs. 74/2000 consente la riduzione delle pene (fino alla metà) se il contribuente paga integralmente il debito prima del dibattimento . È quindi strategico valutare la possibilità di rateizzare il debito o di accedere a definizioni agevolate per estinguere la posizione. La difesa potrà chiedere la sospensione del processo per consentire il pagamento.
  4. Oblazione o messa alla prova – Per importi poco superiori alla soglia o in presenza di circostanze attenuanti, può essere valutata la messa alla prova con lavori di pubblica utilità ex art. 168‑bis c.p. o l’applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento).

Strategie negoziali e transattive

In numerose situazioni è possibile evitare il contenzioso grazie a trattative con l’Agenzia delle Entrate e l’Agente della Riscossione. Le principali strategie sono:

  • Adesione e accertamento con adesione: il contribuente può definire l’avviso di accertamento in sede amministrativa (istituto dell’accertamento con adesione) ottenendo la riduzione delle sanzioni a un terzo. È necessario presentare istanza entro 30 giorni dalla notifica dell’atto.
  • Transazione fiscale nel concordato preventivo: l’imprenditore soggetto a procedure concorsuali può proporre il pagamento parziale dei debiti tributari nell’ambito di un concordato preventivo. L’Erario accetta se il piano offre un risultato non inferiore a quello derivante dalla liquidazione giudiziale.
  • Accordi diretti: in fase di rateizzazione o definizione agevolata è possibile proporre all’Agenzia un piano di pagamento più lungo o una riduzione degli interessi, allegando documentazione che dimostri la situazione finanziaria.

Lo Studio Monardo assiste i clienti in tutte queste trattative, predisponendo memorie difensive, documentazione contabile e piani di rientro personalizzati.

Errori comuni e consigli pratici

  1. Ignorare le notifiche – Molti contribuenti non aprono le PEC o non ritirano gli atti notificati a mezzo posta; ciò fa decorrere i termini e rende l’atto definitivo. È fondamentale leggere tempestivamente le comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agente della Riscossione.
  2. Confondere ritenute operate e non operate – Gli effetti sono diversi: nel caso di ritenuta non operata il percettore è corresponsabile ; se è operata ma non versata, il dipendente non deve pagare di nuovo . La difesa deve chiarire sin dall’inizio quale situazione si configura.
  3. Omesso ravvedimento – Rimandare il pagamento pensando che la situazione si risolverà da sola è un grave errore. Il ravvedimento operoso consente di dimezzare le sanzioni e di evitare il procedimento penale. La finestra per ravvedersi si chiude dopo l’avviso bonario.
  4. Non valutare vizi formali – Molti avvisi e cartelle sono annullabili per vizi di notifica, firma o motivazione. È consigliabile far esaminare l’atto da un professionista prima di pagare.
  5. Ignorare la propria situazione di crisi – In presenza di grave crisi di liquidità, è importante documentare la situazione e considerare gli strumenti della Legge 3/2012 (piano del consumatore, accordo di composizione, liquidazione controllata). La crisi, se non imputabile, può escludere la punibilità .
  6. Non affidarsi a professionisti – La materia è tecnica e in continua evoluzione. Le pronunce della Cassazione e le modifiche legislative sono frequenti. Un professionista aggiorna costantemente le strategie difensive e valuta la miglior strada per ridurre o eliminare il debito.

Domande frequenti (FAQ)

1. Cosa si intende per ritenute fiscali e chi è il sostituto d’imposta?

Le ritenute fiscali sono somme trattenute da chi effettua un pagamento (datore di lavoro, committente, banca, ecc.) a titolo di acconto sulle imposte dovute dal percettore. Il sostituto d’imposta è il soggetto obbligato a trattenere l’imposta e a versarla all’Erario. Gli articoli 23‑30 del DPR 600/1973 stabiliscono chi deve operare le ritenute e in quale misura .

2. Qual è la differenza tra omessa operazione e omesso versamento?

L’omessa operazione si verifica quando il sostituto non trattiene l’imposta dal reddito. In questo caso la sanzione è del 20 % dell’importo non trattenuto e il percettore è responsabile in solido . L’omesso versamento riguarda invece somme trattenute ma non riversate: la sanzione è del 25 % (ridotta al 12,5 % con ravvedimento) e, se la somma supera €150.000 annui, si configura anche il reato penale .

3. Cosa cambia dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 175/2022?

La Corte ha dichiarato incostituzionale l’art. 10‑bis D.Lgs. 74/2000 nella parte in cui puniva il mancato versamento di ritenute “dovute sulla base della dichiarazione”. Oggi il reato riguarda solo le ritenute certificate: se le ritenute risultano dal modello 770 ma non sono state certificate ai lavoratori, l’omissione costituisce solo violazione amministrativa .

4. Quando scatta il reato di omesso versamento di ritenute?

Il reato si configura quando il sostituto non versa, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, le ritenute certificate per un importo annuo superiore a €150.000 . Occorre la prova dell’effettiva consegna delle certificazioni ai lavoratori; la semplice trasmissione telematica del modello 770 non basta .

5. È possibile evitare il reato pagando in ritardo?

Il pagamento delle ritenute dopo la scadenza ma prima dell’avvio di un accertamento consente di usufruire del ravvedimento operoso, riducendo le sanzioni e, se l’importo è sotto soglia, evitando il procedimento penale . Se le ritenute superano €150.000, il pagamento integrale entro la chiusura del primo dibattimento consente di ottenere la riduzione della pena fino alla metà e l’estinzione del reato .

6. Quali prove deve fornire l’Agenzia delle Entrate per contestare il reato?

Deve dimostrare che le ritenute erano state certificate ai percipienti (esibendo le CU) e che l’importo non versato supera la soglia. Non è sufficiente produrre il modello 770 inviato telematicamente . La Cassazione richiede la prova della consegna della certificazione ai lavoratori; in assenza, la contestazione penale non regge.

7. Cosa succede al dipendente se il datore non versa le ritenute?

Se la ritenuta è stata operata ma non versata, il dipendente non deve pagare di nuovo: può indicare la ritenuta nella propria dichiarazione e scomputarla dall’imposta dovuta . Se la ritenuta non è stata operata, il dipendente è responsabile in solido con il datore: l’Agenzia può pretendere l’imposta da entrambi .

8. Posso rateizzare una cartella per ritenute non versate?

Sì. La rateizzazione ordinaria prevede fino a 72 rate mensili senza garanzie per debiti fino a €60.000 e fino a 120 rate con prova della difficoltà economica . È necessario presentare domanda all’Agente della Riscossione. La rateizzazione sospende le azioni esecutive mentre il piano è rispettato. Se si saltano cinque rate, si decade dal beneficio e il debito torna immediatamente esigibile, con rischio di procedimento penale se il residuo supera €50.000 .

9. Che cos’è la rottamazione (“definizione agevolata”) e come funziona per le ritenute?

La rottamazione è una procedura di definizione agevolata che consente di pagare i carichi affidati all’Agente della Riscossione senza sanzioni e aggio. La Rottamazione‑quater (L. 197/2022), prorogata nel 2025, permette di saldare le cartelle relative a imposte (incluse ritenute non versate) affidate entro il 30 giugno 2022 pagando solo l’imposta e gli interessi legali. Per chi era decaduto è prevista la riammissione; occorre pagare la prima rata entro il 31 luglio 2025 e le successive entro il 30 novembre e il 28 febbraio, 31 maggio e 31 luglio degli anni successivi. Il mancato pagamento di una rata comporta la perdita dei benefici.

10. Cosa posso fare se ricevo un avviso di accertamento per ritenute non versate ma non ho mai operato la ritenuta?

È possibile eccepire che l’imposta non può essere pretesa dal solo sostituto se questi non ha operato la ritenuta. In tal caso l’Agenzia deve rivolgersi al percettore in solido . L’accertamento può essere impugnato per violazione dell’art. 64 del TUIR e per carenza di motivazione.

11. Cosa succede se la cartella è notificata oltre i termini di decadenza?

La pretesa tributaria si prescrive se non viene notificata entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (quinto anno per omessa dichiarazione). La cartella notificata oltre questi termini è nulla e può essere annullata in giudizio. È fondamentale quindi verificare la data di notifica e la data di iscrizione a ruolo.

12. Come funziona il piano del consumatore e in quali casi è utile?

Il piano del consumatore è una procedura paraconcorsuale che consente al debitore persona fisica (non imprenditore) di proporre ai creditori un piano di pagamento dei debiti senza il loro consenso, con sospensione delle azioni esecutive fino all’omologazione . È utile quando il debitore ha un reddito regolare ma non sufficiente a far fronte ai debiti; consente di preservare l’abitazione principale e di pagare in forma rateale. Il giudice verifica la fattibilità del piano e l’effettivo pagamento di IVA e ritenute ; una volta omologato, i creditori non possono agire esecutivamente .

13. Posso includere le ritenute non versate in un accordo di composizione della crisi?

Sì. L’accordo di composizione della crisi, previsto dalla Legge 3/2012, consente di ristrutturare i debiti anche fiscali. Tuttavia è necessario ottenere il consenso dell’Agenzia delle Entrate; di norma l’Erario accetta solo proposte che garantiscono il pagamento integrale dell’imposta e degli interessi, mentre può essere chiesta la falcidia delle sanzioni. Lo Studio Monardo assiste i clienti nella negoziazione con l’Erario.

14. Quali documenti servono per difendersi da un accertamento per ritenute non versate?

Sono indispensabili: le deleghe F24 con cui sono stati effettuati i versamenti; le Certificazioni Uniche rilasciate ai lavoratori; i modelli 770; la documentazione contabile (libro paga, mastrini contabili) che dimostra l’operazione della ritenuta; eventuali prove della crisi di liquidità (bilanci, estratti conto, corrispondenza con istituti bancari); la copia dell’avviso e la prova di notifica. È utile conservare le PEC e le ricevute di consegna.

15. Quali sono le principali cause di non punibilità nel reato di omesso versamento?

Oltre al pagamento integrale del debito prima del dibattimento , la riforma del 2024 prevede che il reato non è punibile se il mancato versamento è dovuto a cause non imputabili all’imprenditore e se egli dimostra di aver agito con la massima diligenza . Ad esempio, possono costituire cause di non imputabilità l’insolvenza di un grosso cliente, il mancato pagamento da parte della Pubblica Amministrazione o calamità naturali che hanno colpito l’azienda. La prova deve essere supportata da documenti (fatture insolute, comunicazioni bancarie, dichiarazioni dei clienti) e dalla dimostrazione di tentativi per reperire le risorse.

16. Cosa prevede il nuovo Testo Unico delle sanzioni (D.Lgs. 173/2024) per le ritenute?

Il D.Lgs. 173/2024, operativo dal 1° gennaio 2026, coordinerà in un unico testo le sanzioni tributarie amministrative e penali. Conferma le soglie di punibilità attuali (150.000 € per il reato di omesso versamento di ritenute) e rafforza il ruolo del ravvedimento operoso, che diventerà causa di non punibilità se effettuato prima dell’avvio dell’accertamento . Inoltre razionalizza la convivenza tra sanzioni amministrative e penali, evitando duplicazioni e consentendo una risposta proporzionata .

17. Quali sono le conseguenze in caso di mancata presentazione del modello 770?

L’omessa presentazione del modello 770 (dichiarazione dei sostituti d’imposta) quando l’imposta non dichiarata supera €50.000 costituisce reato ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. 74/2000 ed è punita con la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 4 anni . Anche la presentazione tardiva può comportare sanzioni amministrative. È quindi fondamentale presentare il modello nei termini e con dati corretti.

18. Un accordo di rateazione estingue sempre il reato?

No. La Cassazione (sent. 48375/2018) ha chiarito che la semplice rateazione non esime dal reato: è necessario il pagamento integrale per ottenere la non punibilità . Il nuovo art. 13‑bis consente di ottenere la riduzione della pena se il pagamento avviene prima della chiusura del primo dibattimento; tuttavia, se la rateazione viene revocata per mancato pagamento, il reato rivive .

19. È possibile compensare le ritenute non versate con crediti fiscali?

L’utilizzo di crediti d’imposta in compensazione per estinguere il debito derivante da ritenute non versate è ammissibile solo in via amministrativa; non costituisce causa di non punibilità nel reato. Inoltre, l’indebita compensazione di crediti inesistenti integra il reato previsto dall’art. 10‑quater D.Lgs. 74/2000, punito con pena da 1 anno e 6 mesi a 6 anni senza soglia . È quindi necessario verificare la legittimità dei crediti prima di compensare.

20. Il dipendente può richiedere un risarcimento se il datore non versa le ritenute?

Il mancato versamento delle ritenute può comportare danni al dipendente, soprattutto se l’Agenzia delle Entrate pretende l’imposta in via solidale. In tal caso il dipendente può agire in regresso nei confronti del datore di lavoro per recuperare le somme versate . È consigliabile documentare la situazione e rivolgersi a un avvocato.

Simulazioni pratiche

Esempio 1 – Ravvedimento tempestivo

Scenario: La società Beta S.r.l. opera ritenute IRPEF per €30.000 nel gennaio 2025 ma, a causa di un errore contabile, versa solo €15.000. Accortasi della svista, effettua il versamento mancante (15.000 €) entro 55 giorni dalla scadenza.

Calcolo: La sanzione base per omesso versamento, dopo la riforma, è del 25 %. Grazie al ravvedimento entro 90 giorni, la sanzione è ridotta al 12,5 % . Sull’importo mancante (€15.000) la sanzione è quindi €1.875 (12,5 % di 15.000). A questa si aggiungono gli interessi legali (5 % annuo). Beta pagherà circa €17.000 in totale e non riceverà nessun avviso. Poiché l’importo annuo delle ritenute non versate non supera €150.000, non vi è responsabilità penale.

Commento: Il ravvedimento operoso è la soluzione più conveniente quando ci si accorge di un’errata contabilizzazione. Agire subito consente di dimezzare le sanzioni e di evitare l’attivazione dell’Agenzia.

Esempio 2 – Cartella e rateazione

Scenario: La società Alfa S.p.A. non versa le ritenute sui redditi di lavoro dipendente per un totale di €50.000 nel 2023, pur avendo rilasciato le certificazioni ai dipendenti. Nel 2024 riceve una cartella di pagamento: €50.000 di imposta, €12.500 di sanzione (25 %) e €3.000 di interessi. Il totale è €65.500.

Opzioni:

  1. Pagamento immediato: versando tutto entro 60 giorni, Alfa evita maggiori interessi e non subisce pignoramenti.
  2. Rateizzazione: Alfa può chiedere un piano in 72 rate mensili (5 anni). Pagherà circa €910 al mese. Il piano sospende le azioni esecutive finché è rispettato .
  3. Definizione agevolata: se la cartella rientra nei carichi affidati entro il 30 giugno 2022, Alfa può aderire alla rottamazione, pagando solo €50.000 + interessi legali in dieci rate. Tuttavia, poiché il debito è sorto nel 2023, non rientra nella rottamazione‑quater. Potrebbe invece beneficiare della prossima definizione agevolata prevista dal Governo nel 2025.

Commento: La rateizzazione è la via più praticabile. Si deve però monitorare attentamente le scadenze: la decadenza dal piano comporta il ripristino del debito integrale e, se il residuo supera €50.000, l’avvio del procedimento penale .

Esempio 3 – Ritenuta non operata e responsabilità solidale

Scenario: Un consulente Gamma emette nel 2024 una fattura di €10.000 a un cliente. Quest’ultimo, in qualità di sostituto d’imposta, avrebbe dovuto trattenere la ritenuta del 20 % (€2.000) ma non lo fa. L’Agenzia delle Entrate accerta l’omessa operazione e chiede la somma sia al consulente che al cliente.

Conseguenze: La sanzione è del 20 % sulla ritenuta non operata (2.000 € × 20 % = 400 €). Poiché la ritenuta non è stata mai operata, si applica solo questa sanzione e non anche quella per omesso versamento . La Cassazione ha riconosciuto la responsabilità solidale del percipiente: l’Agenzia può rivalersi sia sul cliente sia sul consulente . Il consulente, che dovrà versare l’imposta con la propria dichiarazione, potrà recuperare le somme mediante azione di regresso contro il cliente.

Esempio 4 – Procedimento penale e crisi di liquidità

Scenario: La società Delta S.r.l., a causa del fallimento di un grosso committente, non versa ritenute certificate per €200.000 relative al 2024. Nel 2025 l’Agenzia segnala l’omissione alla Procura. Delta dimostra di avere intrapreso azioni per reperire fondi (richiesta di finanziamenti bancari, cessione di crediti, riduzione del personale) e documenta che l’insolvenza del committente è stata causa non imputabile.

Difesa: L’avvocato invoca la causa di non punibilità introdotta dal D.Lgs. 87/2024: il mancato versamento è dovuto a crisi di liquidità non imputabile e documentata . Produce bilanci, lettere bancarie di rifiuto, contratti con la Pubblica Amministrazione insolventi e prove dell’attivazione di tutti i mezzi possibili. Se il giudice ritiene la prova sufficiente, il reato sarà dichiarato non punibile; in caso contrario, il pagamento integrale del debito prima del dibattimento consentirà di ridurre la pena .

Esempio 5 – Piano del consumatore

Scenario: Il signor Luca, libero professionista, accumula debiti per €80.000 di imposte (inclusi €15.000 di ritenute operate e non versate ai collaboratori) e altri debiti privati. Non è in grado di pagare ma percepisce un reddito regolare. Decide di accedere al piano del consumatore.

Procedura: L’avvocato deposita un piano che prevede il pagamento integrale delle ritenute e dell’IVA in 5 anni, la falcidia di alcune sanzioni e la ristrutturazione degli altri debiti. Il giudice, verificati i requisiti e la fattibilità, omologa il piano; tutte le azioni esecutive sono sospese . Luca versa regolarmente le rate. Dopo l’esecuzione del piano ottiene l’esdebitazione per i debiti residui e riparte senza le cartelle esattoriali.

Conclusioni

La cartella per ritenute dipendenti non versate è un atto che non deve essere mai sottovalutato. I rischi sono elevati: oltre alle sanzioni pecuniarie (25 % o 20 %), il mancato versamento di ritenute certificate oltre la soglia di €150.000 integra un reato punito con la reclusione da sei mesi a due anni . L’ordinamento, tuttavia, offre numerosi strumenti per difendersi: il ravvedimento operoso consente di ridurre le sanzioni ; la rateizzazione sospende l’esecuzione ; la definizione agevolata riduce le somme da pagare; il piano del consumatore permette di ristrutturare i debiti e ottenere l’esdebitazione . Le recenti riforme (D.Lgs. 87/2024 e D.Lgs. 173/2024) e la giurisprudenza della Corte costituzionale e della Cassazione hanno circoscritto la punibilità e valorizzato le cause di non imputabilità .

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