Hai ricevuto un atto di precetto e non sai come muoverti? È un momento delicato, perché questo documento rappresenta l’ultimo avvertimento prima che il creditore proceda con il pignoramento dei tuoi beni, del conto corrente o dello stipendio. Tuttavia, non sempre il precetto è legittimo: può contenere errori, essere prescritto o basarsi su un titolo invalido. Con una reazione tempestiva e mirata, puoi bloccare o sospendere l’esecuzione e difenderti legalmente prima che la situazione peggiori.
Cos’è un atto di precetto e cosa comporta
L’atto di precetto è una comunicazione formale con cui un creditore, munito di un titolo esecutivo (ad esempio una sentenza, un decreto ingiuntivo o una cartella esattoriale), ti intima di pagare entro 10 giorni una determinata somma di denaro.
Se non paghi entro questo termine, il creditore potrà procedere con l’esecuzione forzata, ovvero:
- pignoramento del conto corrente;
- pignoramento dello stipendio o della pensione;
- pignoramento dei beni mobili o immobili.
Il precetto non è un semplice sollecito, ma un atto con valore legale, che segna l’inizio dell’esecuzione giudiziaria.
Cosa controllare subito nell’atto di precetto
- Chi è il creditore e su quale titolo si basa.
Verifica che sia indicato chiaramente il titolo esecutivo (sentenza, decreto ingiuntivo, mutuo, cartella, contratto notarile, ecc.) e che ti sia stato regolarmente notificato. - L’importo richiesto.
Spesso il precetto include interessi, spese e onorari non dovuti o calcolati in modo errato. - La data di notifica.
I 10 giorni per pagare decorrono da quando ti viene consegnato. Entro questo termine puoi pagare, contestare o chiedere la sospensione. - La validità del titolo esecutivo.
Il precetto è nullo se il titolo non è più valido, non è stato notificato o risulta prescritto. - Chi ha firmato l’atto.
Deve provenire da un avvocato autorizzato, con l’indicazione del tribunale competente.
Le prime mosse da fare immediatamente
- Non ignorare l’atto.
Trascorsi i 10 giorni, il creditore può procedere con il pignoramento. Ogni giorno di ritardo riduce le possibilità di difesa. - Rivolgiti subito a un avvocato.
Un avvocato esperto in opposizioni e diritto dell’esecuzione può verificare se il titolo e l’atto sono validi, se esistono irregolarità e se puoi presentare un ricorso per sospendere la procedura. - Recupera tutti i documenti utili.
Procurati copia del titolo esecutivo (es. decreto ingiuntivo, sentenza, cartella) e ogni prova di pagamento già effettuato o accordo con il creditore. - Verifica se il debito è prescritto o già estinto.
Molti precetti si basano su crediti ormai scaduti o pagati parzialmente, ma che vengono richiesti ugualmente. - Chiedi la sospensione immediata.
L’avvocato può depositare un ricorso urgente di opposizione al precetto e chiedere al giudice la sospensione dell’efficacia esecutiva, bloccando temporaneamente il pignoramento.
Le principali strategie per difendersi da un atto di precetto
A seconda della situazione, un avvocato esperto può adottare diverse strategie difensive:
- Opposizione al precetto per vizi formali
Se l’atto manca di elementi essenziali (ad esempio non indica il titolo o l’importo è errato), può essere dichiarato nullo. - Opposizione per mancanza o invalidità del titolo esecutivo
Se il titolo non è stato notificato o non è definitivo (come un decreto ingiuntivo non passato in giudicato), il precetto è illegittimo. - Opposizione per prescrizione del credito
Se il debito è decorso da troppo tempo (5 o 10 anni, a seconda della natura), non può più essere richiesto. - Opposizione per somme non dovute
Se il creditore ha aggiunto spese, interessi o oneri non giustificati, puoi chiedere la rettifica o l’annullamento parziale. - Trattativa o accordo stragiudiziale
In alternativa all’opposizione, è possibile negoziare con il creditore un piano di pagamento rateale o un saldo e stralcio, evitando la causa e il pignoramento.
Quando un atto di precetto è nullo o inefficace
Il giudice può dichiarare nullo l’atto di precetto nei seguenti casi:
- titolo esecutivo inesistente o non notificato;
- errore nei conteggi o nelle generalità delle parti;
- credito prescritto o già estinto;
- mancato rispetto del termine dei 90 giorni di validità del precetto;
- mancanza di data, firma o avvertimenti di legge.
Un atto viziato o notificato in modo irregolare può essere annullato con un’opposizione tempestiva.
Cosa succede se non ti difendi entro 10 giorni
Se non presenti opposizione o non paghi:
- il creditore potrà avviare pignoramenti sui conti, stipendi o beni immobili;
- le somme richieste aumenteranno con interessi di mora e spese legali;
- sarà più difficile sospendere l’esecuzione in un secondo momento.
Per questo è essenziale agire subito, appena ricevi l’atto.
Quando rivolgersi a un avvocato esperto
Devi contattare un avvocato immediatamente se:
- hai ricevuto un atto di precetto e non conosci l’origine del debito;
- il titolo esecutivo non ti è mai stato notificato;
- ritieni che il credito sia prescritto o già pagato;
- vuoi bloccare il pignoramento imminente.
Un avvocato esperto in diritto tributario e civile esecutivo può:
- verificare la legittimità del titolo e del precetto;
- presentare ricorso di opposizione e richiesta di sospensione urgente;
- impugnare eventuali pignoramenti già avviati;
- negoziare un accordo sostenibile con il creditore.
⚠️ Attenzione: l’atto di precetto è il preludio all’esecuzione forzata. Se non agisci subito, il creditore potrà bloccare conti, stipendi e beni. Una difesa tempestiva è l’unico modo per fermare l’azione esecutiva e proteggere il tuo patrimonio.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto civile, riscossione e opposizioni esecutive – spiega cosa fare subito dopo aver ricevuto un atto di precetto, come verificare la sua legittimità e quali strategie legali utilizzare per sospendere o annullare la procedura.
👉 Hai ricevuto un atto di precetto e vuoi bloccare il pignoramento?
Richiedi in fondo alla guida una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo l’atto, valuteremo la validità del titolo esecutivo e costruiremo una strategia legale immediata per sospendere il precetto, difendere i tuoi beni e risolvere il debito nel modo più vantaggioso.
Introduzione
Ricevere un atto di precetto è un momento critico per qualsiasi debitore. Il precetto rappresenta, nell’ordinamento italiano, l’ultimo avvertimento formale che il creditore rivolge al debitore prima di avviare l’esecuzione forzata sui beni di quest’ultimo . In altre parole, è l’intimazione di adempiere spontaneamente a un obbligo (di solito il pagamento di una somma di denaro) entro un termine legale, con l’avvertimento espresso che, in mancanza, si procederà coattivamente con il pignoramento dei beni del debitore .
Affrontare un precetto in maniera corretta e tempestiva è essenziale. Dal punto di vista di chi ha un debito (debitore), questa guida avanzata fornirà un quadro completo e aggiornato a Ottobre 2025 su cosa fare e come difendersi immediatamente di fronte a un precetto. Useremo un linguaggio giuridico accurato ma divulgativo, adatto sia ad operatori legali (avvocati, giuristi) sia a privati cittadini e imprenditori che potrebbero trovarsi in questa situazione.
Aggiornamenti normativi: negli ultimi anni la disciplina del precetto ha subito modifiche importanti (c.d. Riforma Cartabia e correttivi del 2023/2024). Ad esempio, oggi l’atto di precetto deve contenere nuovi avvertimenti e indicazioni (come l’indicazione del giudice competente per l’esecuzione e l’avvertimento sulle procedure di sovraindebitamento) introdotti dalle riforme recenti. Come vedremo, la loro omissione non comporta nullità del precetto, stando alle interpretazioni più aggiornate . Inoltre, la formula esecutiva un tempo necessaria sui titoli è stata abolita, semplificando l’utilizzo di copie conformi dei titoli esecutivi . Questa guida terrà conto di tali novità e delle ultime pronunce giurisprudenziali (inclusa una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite del 2025 in tema di mutui bancari e una recente decisione di merito sul precetto dopo la riforma ). In coda, troverete una sezione con fonti normative e giurisprudenziali di riferimento, per approfondire ogni aspetto trattato.
Struttura della guida: Dopo aver spiegato cos’è e come funziona il precetto (presupposti, forma, termini), ci concentreremo su come reagire immediatamente quando se ne riceve uno: verifiche preliminari, opzioni disponibili (pagamento, opposizione, accordi) e tempi da rispettare. Esamineremo poi in dettaglio le strategie difensive legali – dall’opposizione al precetto (nei suoi diversi tipi) fino alle difese nella successiva fase esecutiva se il pignoramento è già iniziato. Saranno affrontati casi particolari di precetti basati su vari titoli esecutivi (come cambiali, assegni, mutui, sentenze straniere, atti notarili, ecc.) con le relative peculiarità e possibili eccezioni da sollevare. Troverete anche tabelle riepilogative (ad esempio, sui termini, sulle differenze tra tipi di opposizione, sugli elementi essenziali del precetto, sui beni pignorabili ed impignorabili, ecc.) e esempi pratici che simulano scenari comuni per comprendere meglio come applicare questi principi nella pratica. Infine, una sezione Domande Frequenti (FAQ) fornirà risposte concise ai dubbi più comuni sul precetto.
Ricordate che il punto di vista adottato è quello del debitore che vuole esercitare al meglio i propri diritti e difese. Ogni situazione ha le sue specificità: questa guida vi aiuterà a individuarle e a capire come muovervi, ma è sempre consigliabile, specialmente per questioni complesse o importi elevati, farsi assistere da un avvocato di fiducia. Agire tempestivamente e con cognizione di causa può spesso fare la differenza tra risolvere la vicenda in modo gestibile e subire invece le conseguenze più gravose di un’esecuzione forzata non contrastata.
Cos’è l’atto di precetto e a cosa serve
L’atto di precetto è un atto legale formale con cui un creditore, munito di un titolo esecutivo, intima al debitore di adempiere un’obbligazione risultante da tale titolo, entro un termine perentorio non inferiore a dieci giorni. In caso di mancato adempimento spontaneo nel termine indicato, il precetto avverte espressamente che il creditore procederà a esecuzione forzata sui beni del debitore . In pratica, il precetto è l’ultimo passaggio obbligatorio che prelude al pignoramento: nessuna esecuzione forzata (che sia mobiliare, immobiliare o presso terzi) può iniziare senza prima aver notificato al debitore un valido titolo esecutivo e, contestualmente o successivamente, un atto di precetto .
Possiamo riassumere così le caratteristiche fondamentali del precetto:
- Intimazione formale al debitore: il precetto è un’ingiunzione solenne di pagamento (o di altro adempimento) rivolta al debitore. Ha natura di atto recettizio unilaterale del creditore: ciò significa che produce effetti solo quando viene portato a conoscenza legale del debitore, tipicamente tramite notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario . Fino a quando il precetto non viene correttamente notificato, esso è inefficace.
- Presupposto: un titolo esecutivo valido – Il precetto “si basa sull’esistenza di un titolo esecutivo” . Il titolo esecutivo è l’atto o documento che prova l’esistenza di un diritto certo, liquido ed esigibile del creditore e che, per legge, legittima l’esecuzione forzata (si pensi a una sentenza di condanna, a un decreto ingiuntivo, a una cambiale, ecc.). Senza un titolo esecutivo, il precetto è invalido e l’esecuzione non può essere iniziata. L’art. 479 c.p.c. dispone espressamente che, salvi i casi particolari previsti dalla legge, “l’esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto” . Dunque, il creditore deve (i) procurarsi un titolo esecutivo contro il debitore e (ii) notificare tale titolo (in forma esecutiva) al debitore, insieme o prima del precetto, prima di poter procedere oltre.
- Titoli esecutivi comuni: l’elenco dei titoli esecutivi è fornito dal codice di procedura civile (art. 474 c.p.c.). I più frequenti sono: provvedimenti giudiziari di condanna (sentenze di condanna al pagamento di somme o ad obblighi di fare/non fare; decreti ingiuntivi; ordinanze di pagamento emesse in corso di causa, ecc.), atti ricevuti da notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato che contengano un’obbligazione di pagamento certa e incondizionata (es: atti notarili di mutuo, contratti di fideiussione o di transazione con obbligo di pagamento, scritture private autenticate aventi efficacia esecutiva), titoli di credito come cambiali e assegni (che la legge dichiara esecutivi purché in regola con i requisiti di forma e, per l’assegno, protestati o dichiarati impagati entro i termini). Anche le sentenze straniere e gli strumenti esecutivi europei possono divenire titoli esecutivi in Italia, previa procedura di riconoscimento o nei casi previsti dal diritto UE (su questo si veda più avanti la sezione dedicata). In ogni caso, il precetto deve indicare su quale titolo esecutivo si fonda (vedremo oltre i dettagli di contenuto).
⚠️ Precetto senza titolo: se vi venisse notificato un atto di precetto privo di valido titolo (es: una richiesta basata solo su un contratto privato non consacrato in un atto esecutivo, oppure un precetto su sentenza non passata in giudicato né provvisoriamente esecutiva, o su un assegno prescritto, ecc.), tale precetto è giuridicamente nullo e può/dev’essere opposto dal debitore (si configura infatti una “mancanza del titolo esecutivo” che comporta nullità radicale del precetto ). È bene quindi controllare sempre che il creditore abbia effettivamente un titolo idoneo: in assenza, l’azione esecutiva è illegittima. Ad esempio, un atto di precetto intimato in base a una semplice fattura, a un contratto firmato tra le parti o ad una cambiale ormai prescritta non è valido, perché nessuno di questi, di per sé, è un titolo esecutivo (andava prima ottenuto un decreto ingiuntivo o una sentenza). Analogamente, un precetto basato su un lodo arbitrale senza che vi sia il decreto di exequatur emesso dal tribunale è prematuro: il lodo acquista efficacia esecutiva solo dopo l’omologazione (art. 825 c.p.c.). In tutti questi casi, il debitore potrà agire con opposizione per far dichiarare l’inesistenza del titolo e bloccare l’esecuzione.
- Funzione “ultimativa” e termine di adempimento: il precetto svolge la funzione di mettere il debitore formalmente in mora e concedergli un ultimo termine (almeno 10 giorni) per adempiere spontaneamente . Questo termine, imposto dalla legge (art. 480 c.p.c.), è pensato per dare al debitore una chance finale di evitare il pignoramento – ad esempio pagando quanto dovuto o trovando un accordo col creditore – e per prepararsi all’eventuale esecuzione (ad es., organizzando le proprie difese, verificando la posizione debitoria, ecc.). Durante questi giorni “di grazia”, il creditore non può iniziare azioni esecutive (salvo rare eccezioni autorizzate dal tribunale, di cui diremo) . Il termine decorre dalla data di notifica del precetto e deve essere di almeno 10 giorni pieni (la legge parla di “non meno di dieci giorni”).
- Avvertimento di esecuzione forzata: elemento imprescindibile del precetto è l’avvertimento chiaro al debitore che, trascorso inutilmente il termine concesso, il creditore attiverà l’esecuzione forzata sui suoi beni . In ambito di obblighi monetari, ciò significa che il creditore potrà chiedere il pignoramento di beni mobili, immobili o crediti del debitore fino a soddisfazione del credito intimato. Se l’obbligo è di fare o consegnare, l’esecuzione forzata consisterà nelle forme specifiche previste (es. esecuzione forzata per consegna o rilascio, esecuzione di obblighi di fare tramite terzi, ecc.): anche in questi casi il precetto svolge la stessa funzione ultimativa.
Riassumendo, il precetto è un atto autonomo del creditore, che non richiede intervento del giudice per la sua emissione, ma è soggetto a regole di forma e contenuto stabilite dalla legge. Esso completa la “diffida” al debitore già implicita nella notifica del titolo esecutivo: la notifica del titolo infatti informa il debitore che esiste una pretesa esecutiva nei suoi confronti, ma è con la notifica del precetto che tale pretesa diventa un’ingiunzione esplicita e solenne ad adempiere entro un termine preciso, pena l’avvio del processo esecutivo .
Contenuto e requisiti formali del precetto
L’atto di precetto deve rispettare puntualmente i requisiti di forma prescritti dall’art. 480 c.p.c., pena la sua nullità (in alcuni casi) o comunque la possibilità per il debitore di far valere i vizi formali mediante opposizione. Di seguito esaminiamo quali informazioni devono comparire in un precetto e le novità normative più recenti in materia.
Elementi obbligatori del precetto (art. 480 c.p.c.)
L’art. 480 c.p.c. – come modificato dalla riforma del 2022 e dal decreto correttivo del 2023 – elenca il contenuto obbligatorio del precetto. In particolare, ogni atto di precetto deve contenere a pena di nullità le seguenti indicazioni essenziali :
- Indicazione delle parti: i dati identificativi completi del creditore procedente e del debitore intimato. Generalmente si indicano nome, cognome (o denominazione sociale se società), codice fiscale/partita IVA, e domicilio o residenza. Se il creditore procede tramite avvocato (come avviene di regola, salvo eccezioni per cause di modesto valore), si indica anche il nome dell’avvocato e i relativi recapiti (studio, PEC, ecc.), con menzione del mandato ad litem. Il debitore deve essere individuato con esattezza (per evitare omonimie e errori di persona). La presenza di eventuali coobbligati o debitori in solido comporta che ciascuno di essi debba essere destinatario di un precetto (che può essere anche unico con più nominativi, purché notificato separatamente a ciascuno).
- Chiara indicazione del titolo esecutivo su cui si fonda la pretesa: il precetto deve indicare la natura del titolo esecutivo (es: “sentenza n. XYZ/2021 emessa dal Tribunale di …”, “decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n… del …”, “cambiale tratta protestata il…”, “atto notarile di mutuo rep. n… del notaio …”, etc.), con i relativi estremi essenziali (ad esempio il giudice che ha pronunciato la sentenza o emesso il decreto, il numero e data, oppure gli estremi del protesto della cambiale, ecc.). Inoltre, se il titolo esecutivo non è notificato unitamente al precetto, occorre indicare la data di notifica del titolo in forma esecutiva (come richiesto dall’art. 479 c.p.c.). In pratica:
- Se il titolo esecutivo viene notificato contestualmente al precetto (caso frequente: l’ufficiale giudiziario consegna nello stesso plico sia copia conforme del titolo munito di formula esecutiva, sia l’atto di precetto), nel precetto si può dare atto di ciò (es: “si intima in forza della sentenza n… munita di formula esecutiva, che si notifica contestualmente al presente atto”).
- Se invece il titolo era già stato notificato in precedenza, nel precetto va menzionata la circostanza (es: “in forza del decreto ingiuntivo n… notificato in forma esecutiva in data … al debitore”). Omettere l’indicazione della previa notifica del titolo può generare nullità del precetto, in quanto il debitore deve poter verificare che la procedura è stata avviata correttamente . La giurisprudenza afferma la nullità del precetto che non menzioni l’adempimento della notifica del titolo esecutivo o non alleghi il titolo stesso .
- Intimazione di adempiere entro un termine minimo di 10 giorni: come già evidenziato, il precetto deve contenere l’ingiunzione al debitore di pagare (o eseguire l’obbligo) entro un termine non minore di dieci giorni dalla notifica . Solitamente il testo recita “…di pagare, entro e non oltre 10 giorni dalla notifica del presente atto, le seguenti somme…”. Questo termine può anche essere più lungo a discrezione del creditore, ma mai inferiore a 10 giorni. È invalido (annullabile) un precetto che conceda meno di 10 giorni senza autorizzazione del giudice: un tale vizio può essere fatto valere dal debitore in opposizione in quanto violazione di legge sui termini. Nota: Se il creditore ritiene che vi sia pericolo nel ritardo (ad es. timore fondato che il debitore si spogli dei beni prima che scada il termine), può chiedere al Presidente del Tribunale un decreto che autorizzi la riduzione del termine o addirittura l’esecuzione immediata senza attendere i 10 giorni . Questa è un’eccezione (art. 482 c.p.c.): l’autorizzazione viene concessa raramente e va motivata; di solito può essere subordinata a cauzione. In caso di autorizzazione, nel precetto deve essere riportato il decreto di riduzione dei termini (di solito annotato in calce dall’ufficiale giudiziario) . Senza tale decreto, l’esecuzione iniziata prima dei 10 giorni è irregolare e il pignoramento eseguito prematuramente potrà essere annullato su opposizione del debitore.
- Somme dovute, con voci dettagliate: il precetto deve contenere l’importo esatto che il debitore è tenuto a pagare in base al titolo, con separata evidenza di tutte le voci che compongono la somma intimata . Tipicamente, per un’obbligazione pecuniaria, si indicano:
- Sorte capitale: l’importo principale originario dovuto in base al titolo (es.: importo della condanna in sentenza, importo facciale dell’assegno o cambiale, capitale residuo di un mutuo, ecc.), al netto di eventuali pagamenti parziali già effettuati (da sottrarre con indicazione).
- Interessi: vanno specificati distintamente. Se il titolo è una sentenza che liquida anche gli interessi, questi maturano dal giorno successivo alla decisione (o altra data indicata) fino al pagamento; se il titolo è un mutuo o una cambiale, possono esservi interessi contrattuali o di mora. Nel precetto vanno calcolati gli interessi maturati fino alla data del precetto – distinguendo tra interessi legali o convenzionali e indicando il tasso e il periodo di riferimento . Ad esempio: “interessi legali dal giorno X al giorno Y sulla somma capitale: €…”. Se non vengono indicati o sono calcolati in modo palesemente errato, il debitore può contestare tali importi (vedremo in seguito come).
- Spese legali e processuali: se il titolo esecutivo è una sentenza o un decreto che ha liquidato spese di giudizio a favore del creditore, occorre indicare l’importo di tali spese già liquidate dal giudice (onorari, diritti, ecc. già riconosciuti nella sentenza). Inoltre, il creditore può aggiungere le spese vive sostenute per ottenere il titolo (esempio: contributo unificato pagato per un decreto ingiuntivo, marche da bollo) e altri esborsi collegati.
- Spese dell’atto di precetto: il creditore ha diritto di chiedere al debitore il rimborso delle spese sostenute per la notifica del precetto stesso e un onorario per la redazione dell’atto da parte dell’avvocato. In genere è una somma relativamente modesta (alcune decine o poche centinaia di euro a seconda del valore) calcolata secondo i parametri forensi vigenti . Nel precetto tali spese vengono elencate separatamente (onorario di precetto, spese di notificazione, CPA 4% e IVA 22% sull’onorario) .
Tutte queste voci poi si sommano nel totale generale intimato . Inoltre, di prassi si aggiunge la formula “oltre interessi maturandi e spese successive” per coprire gli interessi che continueranno a maturare dopo la notifica e le eventuali ulteriori spese che dovessero rendersi necessarie (ad es. spese di pignoramento). È importante che il quantum preteso sia chiaro e determinato: un precetto con importo incerto, incompleto o manifestamente esagerato rispetto al dovuto può dare luogo a opposizione per farne rettificare o annullare gli effetti. Ad esempio, la Cassazione ha affermato che se nel precetto non sono specificati i criteri di calcolo di una somma ulteriore (come interessi o penali), ciò può renderlo indeterminato e quindi annullabile . In generale, la richiesta di somme maggiori del dovuto non comporta nullità totale se le parti illegittime sono distinguibili: il giudice potrà ridurre l’importo agli effettivi dovuti. Tuttavia, importi sproporzionati o non dovuti potrebbero configurare un abuso del diritto esecutivo, sanzionabile con spese a carico del creditore se il debitore vi si oppone con successo.
- Avvertimento sull’esecuzione forzata: deve essere esplicitato che, trascorso il termine senza pagamento, si procederà al pignoramento e alle misure esecutive del caso . Questa clausola – solitamente formulata richiamando gli articoli 483 e segg. c.p.c. – serve a informare ufficialmente il debitore delle conseguenze. La sua mancanza potrebbe rendere il precetto privo di un elemento essenziale (di fatto trasformandolo in una semplice diffida), e dunque potrebbe esserne eccepita la nullità.
- Novità: Avvertimento sulle procedure di sovraindebitamento: Dal 2021, l’art. 480 c.p.c. (comma 2) impone di inserire nel precetto un avvertimento aggiuntivo: il debitore viene informato della possibilità, “con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice”, di porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento ricorrendo a una delle procedure di composizione della crisi previste dalla legge (accordo di composizione con i creditori, piano del consumatore, liquidazione controllata) . Si tratta di quelle procedure regolate dalla L. 3/2012 (ora integrate nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, D.Lgs. 14/2019 e s.m.i.) destinate a privati e piccoli imprenditori non fallibili, che consentono di ristrutturare o esdebitare i debiti sotto controllo del tribunale. Questo avvertimento è obbligatorio: la sua formulazione è generalmente standard (riproduce il testo di legge).
- Novità: Indicazione del giudice competente per l’esecuzione: In base alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 149/2022 e D.Lgs. 164/2024 (Riforma Cartabia), il precetto deve ora indicare anche il giudice competente per la successiva fase esecutiva . In pratica, il creditore deve specificare quale ufficio giudiziario sarà competente per l’eventuale pignoramento. Ad esempio: “Giudice competente per l’esecuzione: Tribunale di [luogo]” (per i pignoramenti presso il debitore residente lì, o per immobili siti in quel circondario). Questa indicazione serve a chiarire al debitore dove si dovrà eventualmente svolgere l’esecuzione e dove dovrà indirizzare eventuali atti (come l’opposizione o la dichiarazione di domicilio di cui diremo sotto). Esempio: se il debitore risiede a Milano e il creditore intende pignorare beni mobili o crediti in quella giurisdizione, indicherà “Giudice dell’esecuzione: Tribunale di Milano”. Se invece possiede un immobile a Pavia e il creditore mira a pignorar quello, potrebbe indicare il Tribunale di Pavia (competente per esecuzioni immobiliari su beni siti nel circondario di Pavia). In ogni caso, l’omessa indicazione del giudice competente – secondo la giurisprudenza emersa dopo la riforma – non determina nullità del precetto, trattandosi di formalità introdotta senza espressa sanzione . La Tribunale di Taranto, sent. 30.9.2025 ha chiarito che i nuovi requisiti del terzo comma dell’art. 480 c.p.c. (come questo) sono “mere formalità non previste a pena di nullità”, diversamente dalle indicazioni essenziali del comma 2 che restano le uniche la cui omissione comporta nullità . In caso di mancanza, si applica la disposizione secondo cui le opposizioni al precetto potranno proporsi davanti al giudice del luogo di notifica e le comunicazioni al creditore saranno fatte in cancelleria di tale giudice (art. 480 co.3 c.p.c. ult. periodo, introdotto dal correttivo Cartabia) . Dunque, è un inconveniente per il creditore, ma non annulla l’atto.
- (Solo se il precetto è sottoscritto personalmente dalla parte istante) – Dichiarazione di residenza o elezione di domicilio della parte nel comune del giudice dell’esecuzione, oppure indicazione del proprio indirizzo di PEC risultante da pubblici elenchi, o elezione di domicilio digitale. Questa previsione riguarda il caso, raro nella pratica, in cui il creditore proceda senza ministero di avvocato (possibile solo per cause di valore entro 5.000 € dinanzi al Giudice di Pace, o se il creditore è egli stesso avvocato che si rappresenta). In tal caso, il creditore-persona deve indicare dove vuole ricevere eventuali atti e comunicazioni nel procedimento esecutivo. Se omette tale indicazione, non è prevista nullità, ma le notifiche a lui dirette verranno effettuate presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione (art. 480 co.3 c.p.c.) e le opposizioni del debitore potranno essere proposte presso il tribunale del luogo di notifica del precetto .
Da quanto sopra emerge che alcuni requisiti (parti, titolo, intimazione con termine, indicazione somme, avvertimento di pignoramento) sono assolutamente fondamentali; la loro mancanza può comportare nullità insanabile del precetto. Altri requisiti introdotti di recente (giudice competente, avvertimenti aggiuntivi) pur obbligatori per legge, sono considerati irregolarità sanabili: la loro assenza non invalida l’atto se comunque il precetto ha raggiunto lo scopo di mettere il debitore nelle condizioni di adempiere o difendersi . Il legislatore, infatti, nel modificare l’art. 480 c.p.c., ha espressamente tolto la formula “a pena di nullità” da queste nuove prescrizioni , lasciando intendere che l’intento era di evitare un eccesso di nullità formali. Una sentenza del Tribunale di Taranto del 2025 ha confermato tale interpretazione: l’omessa indicazione del giudice dell’esecuzione nel precetto non comporta nullità perché non rientra tra i requisiti sanzionati dal comma 2 dell’art. 480 c.p.c. .
Tabella – Elementi essenziali del precetto e vizi conseguenti: | Requisito | Se manca o è irregolare | Conseguenze | |————————————|—————————————-|———————————| | Indicazione corrette di creditore e debitore | (Es. errore nell’identità delle parti, persona diversa) | Nullità relativa se l’errore genera incertezza sulla parte; il precetto potrebbe essere inefficace perché non rivolto al vero debitore. Opponibile ex art. 617 c.p.c. entro 20 gg dalla notifica. Se l’atto è notificato a soggetto totalmente estraneo, la notifica è inesistente. | | Titolo esecutivo indicato (e notificato) (art. 479) | (Es. titolo mancante, o non notificato prima/insieme al precetto, o riferimenti omessi) | Nullità assoluta per carenza di titolo esecutivo . Precetto invalido e azioni esecutive illegittime. Opposizione ex art. 615 c.p.c. (anche oltre 20 gg, essendo vizio sostanziale gravissimo). | | Intimazione ad adempiere entro ≥10 giorni (art. 480 co.1) | (Es. termine inferiore a 10 gg senza autorizzazione, oppure intimazione assente) | Nullità del precetto. Opponibile ex art. 617 c.p.c. (entro 20 gg). Il pignoramento eseguito prima di 10 gg è nullo per violazione dei termini legali . | | Somme dovute specificate e calcolate | (Es. importo non determinato, o comprensivo di voci non dovute) | Se indeterminatezza grave: nullità relativa (opposizione atti). Se importi eccessivi: il giudice può depennare le somme indebite; il precetto resta valido per il resto. Abuso nel gonfiare le somme può comportare condanna alle spese per il creditore. | | Avvertimento di esecuzione forzata post termine | (Es. omesso avvertimento) | Potrebbe comportare nullità relativa: il precetto risulta privo di effetto minacciato. Opponibile ex art. 617 c.p.c. | | Avvertimento sovraindebitamento (art. 480 co.2 ult. per.) | (Es. omissione del paragrafo sul piano del consumatore) | Non causa nullità esplicita . Rimane un’irregolarità. Il debitore è comunque informato dalla legge stessa. (Può segnalarlo al giudice per le spese, ma l’atto mantiene efficacia). | | Giudice competente per esecuzione (art. 480 co.3) | (Es. non indicato) | Non causa nullità . Si applicano criteri suppletivi: opposizioni proponibili al giudice del luogo di notifica; notifiche al creditore presso cancelleria di quel giudice . | | Domicilio/PEC del creditore (se senza avv.) | (Es. omesso) | Non è nullità. Notifiche al creditore presso la cancelleria del GE (art. 480 co.3). |
Forma, sottoscrizione e notificazione
L’atto di precetto è in pratica un atto di parte redatto in forma scritta. Di solito viene redatto dall’avvocato del creditore secondo uno schema abbastanza standard (come da modelli aggiornati) . Non richiede formule sacramentali particolari oltre a quelle già evidenziate.
Dal punto di vista formale:
- Sottoscrizione: Il precetto dev’essere sottoscritto dal creditore oppure dal suo procuratore (avvocato munito di procura). Nella prassi è quasi sempre firmato dall’avvocato del creditore, che dichiara di agire in virtù di mandato (solitamente apposto a margine o in calce allo stesso precetto). La procura ad litem consente all’avvocato di compiere atti esecutivi. NB: Non è necessaria l’autentica notarile della firma, in quanto l’avvocato è abilitato autenticare la propria procura. Se il precetto non fosse firmato né dal creditore né da un suo legale, sarebbe affetto da nullità insanabile (mancando la manifestazione di volontà del creditore procedente). Tuttavia, errori formali nella procura possono essere sanati ex art. 156 c.p.c. se non contestati tempestivamente.
- Relata di notifica: Il precetto viene notificato al debitore tramite ufficiale giudiziario (o a mezzo PEC nei casi consentiti) e alla copia consegnata al debitore è unita la relazione di notificazione con data e modalità. La notifica segue le regole generali degli atti giudiziari (artt. 137 ss. c.p.c.): può avvenire a mani proprie del debitore, o in sua assenza a familiare convivente/idoneo, o per compiuta giacenza se irreperibile, ecc. È anche possibile la notifica a mezzo PEC se il destinatario ha un domicilio digitale registrato (ad es., imprese, professionisti); in tal caso il precetto sarà firmato digitalmente dall’avvocato e inviato via PEC, con ricevute di consegna a prova . La notifica PEC è valida a tutti gli effetti legali. In ogni caso, il rispetto delle forme di notifica è essenziale: eventuali vizi nella notifica (es. notifica a indirizzo errato, a soggetto non legittimato a ricevere, ecc.) rendono nulla (o in certi casi inesistente) la notifica stessa, su eccezione di parte . Importante: la nullità della notifica del precetto può essere sanata se il debitore, pur a conoscenza dell’atto, non la eccepisce e anzi si costituisce: ad esempio, se il debitore riceve comunque l’atto e vi fa opposizione, la sua costituzione può sanare retroattivamente la notifica nulla, tranne nei casi di inesistenza assoluta . Dunque, i vizi di notifica vanno fatti valere tempestivamente col giusto rimedio (opposizione ex art. 617 c.p.c.) e occorre anche dimostrare l’eventuale pregiudizio sofferto. La Cassazione ha chiarito infatti che la nullità di una notifica sanabile non può essere fatta valere se l’atto ha comunque raggiunto il suo scopo senza pregiudicare i diritti del destinatario . Ad esempio, se un precetto è notificato a un vecchio indirizzo ma il debitore ne viene comunque a conoscenza in tempo utile e propone opposizione senza subire pignoramenti, è probabile che il giudice dichiari sanato il vizio per raggiungimento dello scopo (conoscenza acquisita dal debitore) . Viceversa, come vedremo, se il vizio di notifica ha impedito al debitore di venire a conoscenza del precetto nei 10 giorni utili (ad es. l’atto è stato notificato in un luogo errato e il debitore ne viene a sapere solo dopo che è iniziato il pignoramento), allora la sanatoria non opera e l’atto potrà essere annullato perché ha arrecato un concreto pregiudizio, avendo privato il debitore della chance di pagare o di sospendere l’esecuzione nei termini .
- Formula esecutiva: fino a di recente, i titoli esecutivi in forma di provvedimento giudiziario o atto pubblico dovevano essere muniti di una formula (“In nome del Popolo Italiano…”) apposta in cancelleria o dal notaio per attestare l’esecutorietà. Con la riforma Cartabia è stata abolita la formula esecutiva tradizionale: oggi il titolo esecutivo rilasciato in copia conforme all’originale è già idoneo per l’esecuzione . Ciò semplifica la procedura (non serve più richiedere la spedizione in forma esecutiva unica). Il precetto però deve attestare che si agisce in virtù di copia conforme del titolo esecutivo, rilasciata dall’autorità competente. In pratica nell’atto spesso si dichiara: “in forza di titolo esecutivo (sentenza, decreto, ecc.) in copia attestata conforme all’originale, rilasciata in data …”. Questa parte può essere considerata compresa nell’indicazione del titolo. Un precetto basato su un titolo non esecutivo (ad es. una sentenza non ancora esecutiva né definitiva, o un atto pubblico privo dei requisiti) è come detto nullo per mancanza di titolo.
Riassumendo: un precetto ben formato conterrà in apertura l’intestazione del tribunale competente, i dati delle parti, il riferimento al titolo esecutivo e alle notifiche pregresse, l’ingiunzione a pagare in 10 giorni con tutte le somme dettagliate, gli avvertimenti di legge (pignoramento, sovraindebitamento, ecc.), la data e la firma dell’avvocato del creditore con la procura. Allegherà (salvo fosse già notificato prima) una copia conforme del titolo esecutivo e eventuali documenti (come la prova di avvenuta notifica del titolo se separata, e documentazione di pagamenti parziali ricevuti, per trasparenza).
Modello esemplificativo: ecco uno schema semplificato di precetto per pagamento di somme: – Intestazione: “TRIBUNALE DI ___ – ATTO DI PRECETTO ex art. 480 c.p.c.”. – Creditor procedente: generalità e domicilio, rappresentato dall’avv. XY (CF, PEC…). – Debitor intimato: generalità e indirizzo. – Premesso che: descrizione del titolo esecutivo (es: “il Sig. A è creditore del Sig. B in forza della sentenza n. /2022 emessa dal Tribunale di , passata in giudicato / provvisoriamente esecutiva, munita di formula esecutiva in data , notificata in data ” oppure “in forza di cambiale n. ___ da €, scaduta il __ e protestata il , etc.”). – (Eventuali): indicazione di eventuali pagamenti parziali già ricevuti, con detrazione. – Intimazione: “Tutto ciò premesso, intima e fa precetto a Sig. B di pagare entro e non oltre 10 giorni dalla notifica del presente atto le seguenti somme: – Capitale €; – Interessi legali dal __ al __ €; – Spese legali del procedimento (contributo unificato, compenso avvocato) €; – Spese del presente atto € (di cui € compenso, € spese vive, CPA €, IVA €); – Totale €__; il tutto oltre agli interessi legali maturati e maturandi sulla sorte fino al saldo e alle ulteriori spese occorrende.” – Avvertimento: “Con l’avvertimento che, in mancanza di pagamento nel termine sopra indicato, si procederà a esecuzione forzata sui beni mobili e immobili e/o crediti del debitore ai sensi degli artt. 483 e ss. c.p.c., senza ulteriore avviso.” – Avvertimento ex art. 480 co.2 c.p.c.: informativa sulla possibilità di rivolgersi a un OCC per un accordo o piano di rientro (testo di legge). – (Se precetto firmato da parte) Domiciliazione o PEC per atti del procedimento esecutivo (non necessario se c’è l’avvocato). – Luogo, data e firma dell’avvocato.
La notifica verrà effettuata di solito tramite ufficiale giudiziario, allegando: 1. Copia conforme del titolo esecutivo (se non già notificato prima). 2. Copia conforme della relata di notifica del titolo (se il titolo era stato notificato in precedenza separatamente). 3. Copia di eventuali atti rilevanti (ad es., se il titolo è un decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo, allegare il provvedimento di esecutorietà; se il titolo è una cambiale, l’originale o copia conforme col protesto).
Da tenere presente: In passato, la mancata indicazione nel precetto del domicilio legale del creditore nel circondario del giudice dell’esecuzione comportava nullità. Ora, come detto, tale obbligo è stato riformulato: se il creditore agisce con avvocato, questi è domiciliato presso il proprio studio (che può essere altrove) ma indicherà comunque la PEC per le comunicazioni; se invece è il creditore-persona a firmare, deve indicare un domicilio nel circondario del GE o una PEC. La ratio è garantire che il debitore sappia dove notificare eventuali opposizioni e il GE dove comunicare gli atti. Un tempo, se il precetto mancava della “elezione di domicilio” nel luogo dell’esecuzione, era considerato nullo; oggi la legge stessa (art. 480 c.p.c. nuovo comma 3) fornisce il rimedio (domiciliazione automatica in cancelleria) , quindi non si applica più la sanzione di nullità.
Novità telematiche: deposito del precetto e digitalizzazione
Con la digitalizzazione del processo civile, è stato introdotto l’obbligo di deposito telematico dell’atto di precetto. In base alla prassi post-riforma, dopo la notifica al debitore, il precettante deve depositare una copia (informatica) del precetto e della relata tramite il Portale dei Servizi Telematici (PST), utilizzando la firma digitale . Questo adempimento consente di avere traccia ufficiale dell’atto e sarà funzionale in caso di successiva iscrizione a ruolo dell’esecuzione (ad esempio, per collegare l’istanza di ricerca telematica dei beni ex art. 492-bis c.p.c., oppure per eventuali opposizioni). La mancata effettuazione del deposito telematico non è espressamente sanzionata, ma può creare ostacoli pratici: ad esempio, alcune prassi richiedono il deposito per poter poi proseguire con pignoramenti telematici. In ogni caso, la notifica al debitore resta l’elemento costitutivo dell’efficacia del precetto; il deposito è un onere a carico del creditore per finalità organizzative (comunque raccomandato). Anche le comunicazioni successive preferibilmente avverranno via PEC tra le parti (se entrambe dotate di domicilio digitale) .
Riepilogo requisiti: in conclusione, per il debitore è importante conoscere questi aspetti formali perché un precetto che non li rispetti può essere attaccato con successo. Ad esempio, se il precetto non specifica da quale titolo scaturisca il debito o non indica il termine di pagamento, oppure se vi è stato notificato senza che abbiate mai ricevuto il titolo esecutivo prima o contestualmente, siete di fronte a vizi formali sostanziali su cui basare un’eventuale opposizione (ne parleremo tra poco). Nei prossimi paragrafi vedremo cosa fare concretamente non appena ricevuto un precetto, ma un primo passo è sempre esaminare attentamente l’atto per verificare la presenza di tutti gli elementi sopra elencati e l’assenza di errori evidenti.
Termini: quanto tempo ho e quando scade il precetto
Uno degli aspetti più importanti per chi riceve un precetto è capire quali sono i termini temporali in gioco. Abbiamo già menzionato il termine minimo di 10 giorni concesso al debitore per adempiere. Vi sono però anche altri termini da considerare: in particolare la durata di efficacia del precetto (90 giorni) e i possibili effetti di sospensioni o decadenze. Analizziamo questi profili temporali:
Il termine di 10 giorni per adempiere
Decorre dalla notifica: Il termine di almeno 10 giorni decorre dal momento in cui il precetto è notificato al debitore. Attenzione: si calcolano 10 giorni pieni, escludendo il giorno della notifica (dies a quo) e includendo l’ultimo giorno (dies ad quem), salvo che quest’ultimo cada di sabato, domenica o festivo – in tal caso slitta al primo giorno feriale successivo (art. 155 c.p.c.). In pratica, se vi notificano il precetto il 1° del mese, dovete contare dal 2 al 11: potrete adempiere entro l’11 (compreso). Dal 12 il creditore è libero di attivarsi. Durante questi 10 giorni, il creditore non può iniziare il pignoramento (a meno che, come detto, abbia un decreto che autorizza a non attendere il termine – ipotesi eccezionale) . Se il creditore violasse il termine iniziando prima l’esecuzione, l’atto di pignoramento sarebbe nullo per contrarietà all’art. 482 c.p.c., e il debitore potrebbe far valere questa nullità (di regola con opposizione agli atti esecutivi).
Pagamento entro i 10 giorni: Se il debitore paga integralmente quanto dovuto entro il termine, l’obbligazione si estingue e il procedimento esecutivo non deve iniziare affatto. In tal caso, è consigliabile farsi rilasciare quietanza del pagamento e, possibilmente, comunicare formalmente al creditore (magari via PEC o raccomandata) l’avvenuto saldo, diffidandolo dall’intraprendere l’esecuzione. Qualora malgrado il pagamento il creditore tentasse lo stesso di pignorare, il debitore potrà opporre l’intervenuto adempimento (con opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.) e avrà diritto alla cessazione immediata dell’azione esecutiva.
Mancato pagamento: Se entro i 10 giorni il debitore non paga, dal giorno successivo il creditore può procedere col primo atto di esecuzione (di solito il pignoramento). Non c’è bisogno che il creditore invii ulteriori avvisi o comunicazioni dopo il precetto: lo scadere del termine ipso facto lo legittima a procedere coattivamente. Dunque, il debitore che non paga deve aspettarsi che, in assenza di accordi o opposizioni, prima o poi (anche subito dopo il decimo giorno) l’ufficiale giudiziario possa presentarsi per pignorare beni, notificare atti di pignoramento presso terzi (es. al datore di lavoro, alla banca) o iscrivere ipoteca giudiziale. Non c’è un obbligo di preavviso ulteriore.
Accordi transattivi o piani di rientro: Se il debitore e creditore, nei 10 giorni, trovano un accordo (es. rateizzazione, saldo e stralcio, proroga), è opportuno mettere tutto per iscritto. In genere il creditore chiederà un pagamento iniziale. La prassi suggerisce, in caso di accordo, di far firmare al creditore (o al suo avvocato) una dichiarazione che la procedura esecutiva verrà sospesa/interna in seguito a quell’accordo. Attenzione: un accordo verbale non impedisce formalmente al creditore di procedere, quindi è rischioso fidarsi senza almeno una PEC dall’avvocato creditore che confermi la sospensione. Se si paga parzialmente, accertarsi che ciò risulti in modo tracciabile e che il creditore non proceda per l’intero. In caso di dubbi, meglio comunque presentare opposizione (magari concordando la remissione dell’opposizione una volta adempiuto l’accordo).
Riduzione del termine pericolo nel ritardo: L’ipotesi in cui il giudice autorizza ad abbreviare o eliminare l’attesa dei 10 giorni (art. 482 c.p.c.) è molto rara e ricorre solo se il creditore prova che attendere esporrebbe il suo diritto a grave pregiudizio (tipicamente: il debitore sta attivamente nascondendo o disperdendo i beni). In tal caso il decreto presidenziale verrà notificato con il precetto. Il debitore può comunque opporsi chiedendo la revoca di tale autorizzazione se ritiene non ne sussistessero i presupposti.
Sospensione feriale: Il termine di 10 giorni è di natura sostanziale-procedurale, per cui in dottrina si ritiene che la sospensione feriale (di agosto) non si applichi. Se un precetto viene notificato ad esempio il 20 luglio, i 10 giorni scadono il 30 luglio, non si sospendono fino a settembre. Anche perché il creditore può ben procedere ad agosto (la sospensione feriale riguarda i termini processuali per atti di parte, non quelli per atti esecutivi come il pignoramento). La giurisprudenza conferma che la sospensione feriale non incide sul termine per iniziare l’esecuzione ex art. 481 c.p.c. .
Efficacia del precetto: validità 90 giorni (art. 481 c.p.c.)
L’atto di precetto non ha efficacia illimitata nel tempo. L’art. 481 c.p.c. stabilisce infatti che il precetto “cessa di avere efficacia se, entro novanta giorni dalla sua notificazione, non è iniziata l’esecuzione”. Ciò significa che il creditore ha al massimo 90 giorni di tempo dalla notifica per dare avvio al procedimento esecutivo, altrimenti quel precetto “scade” e non può più essere utilizzato .
Ecco i punti chiave di questa previsione:
- Novanta giorni dalla notifica al pignoramento: il conteggio parte dalla data in cui il precetto è notificato al debitore (giorno di perfezionamento notifica). Entro i successivi 90 giorni il creditore deve compiere il primo atto esecutivo (generalmente, il pignoramento) . Se non lo fa, il precetto perde efficacia di diritto . In tal caso, per procedere oltre, il creditore dovrà notificare un nuovo precetto (aggiornato, e concedere un nuovo termine di 10 giorni ecc.). Un precetto inefficace non può più sorreggere un pignoramento valido.
- Inizio dell’esecuzione: corrisponde al compimento di un atto di pignoramento (mobiliare, immobiliare o presso terzi) o atto equiparato (es: atto di sequestro conservativo tramutato in pignoramento). Atti preparatori come l’eventuale iscrizione ipotecaria su immobile del debitore (se fatta solo come misura cautelativa) non costituiscono inizio dell’esecuzione; anche una ricerca telematica dei beni ex art. 492-bis c.p.c. non è considerata atto esecutivo in sé. Occorre proprio un pignoramento notificato ed eseguito dall’ufficiale giudiziario per dire che l’esecuzione è iniziata.
- Pignoramento infruttuoso: cosa accade se il creditore compie un pignoramento entro i 90 giorni ma questo risulta negativo (ad esempio: pignoramento mobiliare, l’ufficiale non trova beni; pignoramento presso terzi, la banca dichiara “conto vuoto”)? La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che un pignoramento totalmente infruttuoso non evita l’inefficacia del precetto. In sostanza, se il primo pignoramento non porta a iniziare concretamente un’espropriazione (perché non vi sono beni da vincolare), il precetto scade comunque e non può sorreggere ulteriori tentativi oltre i 90 giorni . La Cassazione ha spiegato che l’art. 481 c.p.c. mira a sanzionare la “inattività processuale del creditore” e che un pignoramento negativo equivale a mancato inizio dell’esecuzione . Addirittura, la Cass. 8298/2011 ha statuito che se il precetto scade dopo un pignoramento infruttuoso, le spese del precetto restano a carico del creditore (non potendosi porre a carico del debitore, dato che il processo esecutivo sostanzialmente non è iniziato utilmente) . Quindi, se ricevete un pignoramento ma questo va deserto e passano 90 giorni dalla notifica del precetto, il creditore per riprovarci dovrà fare un nuovo precetto. (Per il creditore accorto, in tali casi conviene notificare un nuovo precetto prima di tentare altri pignoramenti).
- Carattere perentorio (decadenza): Il termine di 90 giorni è un termine di decadenza (non di prescrizione) . Ciò significa che non è soggetto a sospensione feriale (come confermato da giudici di merito ) né ad altre sospensioni di legge, salvo che la legge stessa lo preveda (vedi oltre il caso di opposizione). Se il creditore lascia decorrere 90 giorni senza atti esecutivi, decade dalla possibilità di usare quel precetto. Tuttavia, tale decadenza riguarda solo l’efficacia del precetto, non incide sul diritto sostanziale del creditore: il credito resta, così come il titolo, salvo intervenuta prescrizione di quest’ultimo (ad es. una sentenza vale 10 anni rinnovabili). Il creditore potrà semplicemente notificare un altro precetto e riprovarci (naturalmente, a proprie spese ulteriori).
- Sospensione in caso di opposizione: se il debitore propone un’opposizione a precetto e ottiene dal giudice la sospensione della efficacia esecutiva del titolo o la sospensione dell’esecuzione, il termine di 90 giorni subisce a sua volta uno stop. In particolare, la legge (art. 481 combinato con art. 627 c.p.c.) prevede che in caso di sospensione del processo esecutivo o degli effetti esecutivi, i termini si fermino e poi riprendano a decorrere dopo la cessazione della sospensione . Dunque, se entro 90 giorni voi debitori fate opposizione e il giudice dell’esecuzione sospende il precetto (o il giudice del merito sospende la provvisoria esecutività del titolo in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, etc.), il conteggio dei giorni di efficacia del precetto rimane in sospeso per tutto il periodo in cui l’esecuzione è bloccata. Quando la sospensione viene revocata o termina (ad es. con ordinanza di rigetto dell’istanza di sospensione), il termine riprende dal punto in cui si era fermato . Va precisato che, secondo la giurisprudenza, se la revoca della sospensione avviene con provvedimento fuori udienza, il termine ricomincia a decorrere dalla data in cui tale provvedimento viene comunicato o notificato al creditore (che solo allora può attivarsi) . Esempio: precetto notificato il 1 marzo; opponete il 10 marzo e ottenete sospensione il 20 marzo (erano trascorsi 19 giorni). La causa di opposizione dura qualche mese; il 30 giugno otteniamo il rigetto dell’opposizione e la revoca della sospensione, comunicata il 5 luglio. Dal 5 luglio il creditore ha ancora 90-19 = 71 giorni per iniziare l’esecuzione, quindi entro 14 settembre circa. Trascorso quel termine senza pignoramento, il precetto scadrà. In sintesi, l’opposizione (con sospensione) protegge il debitore anche diluendo la finestra utile per il creditore: se questi vuole riattivarsi deve stare nei termini residui.
- Effetti della scadenza del precetto: se i 90 giorni decorrono senza inizio di esecuzione, il precetto diviene inefficace. Non occorre un atto formale che lo dichiari: è la legge che lo considera privo di effetto. Un eventuale pignoramento notificato sulla base di un precetto scaduto è viziato e il debitore può farlo annullare con opposizione agli atti esecutivi (perché il presupposto precetto era inefficace). Occorre però far valere il vizio nella sede opportuna (entro 20 giorni dal pignoramento, tipicamente). In pratica, il creditore prudentemente notifica un nuovo precetto se sa di aver sforato i 90 giorni, ma se non lo facesse, il debitore avrebbe ottime ragioni per opporsi al pignoramento successivo. Inoltre, come visto, le spese del precetto scaduto restano a carico del creditore e non possono essere addossate al debitore in caso di chiusura del processo esecutivo senza risultato (principio confermato dalla Cass. citata).
Tabella – Termini chiave legati al precetto: | Termine | Decorrenza | Scadenza / Effetto | |———————————-|————————————-|——————————————————| | ≥ 10 giorni per adempiere | Dalla data di notifica del precetto | Il debitore deve pagare entro questo termine minimo. Fino alla scadenza, il creditore non può pignorare (pena nullità). Dal giorno successivo, il creditore può procedere . (Esempio: precetto notificato 1/06 ⇒ pignoramento possibile dal 12/06 in poi). | | 90 giorni efficacia precetto | Dalla data di notifica del precetto | Entro questo termine deve iniziare l’esecuzione (pignoramento) . Se non avviene, il precetto diventa inefficace ex lege e va rinnovato per procedere . (Esempio: precetto notificato 1/06 ⇒ pignoramento da fare entro il 30/08). | | Sospensione (opposizione) | Dalla data di ordinanza di sospensione (o dalla notifica/comunicazione della stessa) | Il termine di efficacia di 90 gg rimane sospeso per tutto il periodo di sospensione dell’esecuzione . Riprende a decorrere dalla data di comunicazione/notifica dell’ordinanza di revoca o cessazione della sospensione . Durante la sospensione, il creditore non può procedere; terminata, ha i giorni residui per attivarsi. | | Nessuna proroga feriale | – | I termini di 10 gg e 90 gg non godono di sospensione feriale (principio affermato per il termine di 90 gg) . Pertanto corrono anche ad agosto. |
In pratica, per il debitore è utile sapere che, se è trascorso molto tempo dalla notifica del precetto senza che il creditore abbia agito, potrebbe essere scaduto. Ad esempio, se ricevete un precetto e per 3-4 mesi non succede nulla, quella minaccia perde efficacia; il creditore, per riprendere, dovrà mandarvi un altro precetto. Questo può dare un po’ di respiro al debitore e in alcuni casi aprire la possibilità di eccepire l’inefficacia di atti tardivi. Tuttavia, non bisogna fare eccessivo affidamento sul decorso del tempo: il creditore può notificare un nuovo precetto immediatamente dopo la scadenza del precedente, riattivando la procedura (anche se dovrà di nuovo attendere 10 giorni da capo). Inoltre, va ricordato che il decorso di 90 giorni riguarda solo il precetto: la prescrizione del credito segue regole proprie (di solito 10 anni per sentenze e atti giudiziari, termini brevi per cambiali, assegni, ecc. – di ciò diremo più avanti).
Come reagire subito: verifiche e prime azioni dopo la notifica
Vediamo ora in pratica cosa deve fare un debitore che abbia appena ricevuto la notifica di un atto di precetto. Muoversi in modo tempestivo e consapevole è fondamentale per sfruttare i propri diritti e non subire passivamente le azioni del creditore.
1. Leggere attentamente l’atto di precetto: può sembrare banale, ma la prima cosa da fare è prendersi il tempo (anche se l’impatto emotivo è forte) per leggere con calma l’atto in ogni sua parte. In particolare, occorre verificare:
- Chi è il creditore procedente: Corrisponde a chi voi dovete dei soldi? È lo stesso soggetto con cui avevate il rapporto originario (una banca, una finanziaria, un privato)? Se il creditore indicato è diverso (es. una società di recupero crediti subentrata, una cessione del credito, un erede del creditore originario), annotate questo dettaglio. A volte i crediti vengono ceduti: il nuovo creditore deve provare la propria legittimazione (generalmente con un atto di cessione allegato o riferimento nello stesso precetto). Se avete dubbi sull’identità o legittimazione del creditore (ad es. non riconoscete la società procedente), questo può essere un potenziale punto di opposizione (mancanza di legittimazione attiva).
- Chi è il debitore indicato: Siete effettivamente voi? Controllate che nome, indirizzo, codice fiscale corrispondano. Se ci fossero errori grossolani (es. un omonimo, un indirizzo completamente diverso), potrebbe addirittura trattarsi di persona differente. Se è il vostro nome ma con qualche errore formale, in genere ciò non vi impedisce di capire che siete voi il destinatario (e difficilmente invaliderebbe l’atto, salvo omonimia reale). Se invece riceveste per sbaglio il precetto intestato ad altra persona (magari un vecchio inquilino), avete la facoltà di farlo presente all’ufficiale giudiziario o di ignorare l’atto (essendo notificato a persona diversa, la notifica non vale per voi). Tuttavia, attenzione: se per ipotesi la notifica viene consegnata a voi quale familiare convivente di un destinatario, e firmate per ricevuta, quell’atto vale per il destinatario. Verificate quindi anche nella relata chi è il destinatario ufficiale e chi ha ritirato.
- Il titolo esecutivo menzionato: Questo è cruciale. Identificate quale titolo il creditore sta facendo valere. Esempi:
- Se leggete “in forza di sentenza n… del Tribunale di …”: ricordate di aver ricevuto una sentenza di condanna? Era passata in giudicato (definitiva) o comunque provvisoriamente esecutiva? Avete fatto appello? (Se sì, l’appello non sospende automaticamente l’esecuzione, salvo diversa pronuncia del giudice d’appello). Se non siete a conoscenza di alcuna sentenza, qualcosa non quadra: o non vi è stata notificata (il che può succedere, a volte le sentenze di primo grado oggi sono immediatamente esecutive e il creditore potrebbe notificarvi direttamente precetto e sentenza senza che voi l’abbiate mai vista prima), oppure potreste averla ignorata.
- Se c’è scritto “decreto ingiuntivo n… emesso in data …, notificato in data …”: ricordate di aver ricevuto quell’ingiunzione? L’avete opposta? Se non l’avete opposta entro 40 giorni, è diventata definitiva, e dopo la scadenza dei termini potevano precettarvi. Se invece non l’avete mai vista, potrebbe esservi stata notificata a un indirizzo errato o in maniera tale che non ne eravate a conoscenza: in tal caso valuteremo la opposizione tardiva al decreto (art. 650 c.p.c.) o altri rimedi.
- Se vedete “cambiale/assegno protestato il …”: pensate a quell’assegno o cambiale – è un debito vostro? La firma è vostra? La data di emissione e scadenza: è passato molto tempo? (Ricordate: assegno – azione esecutiva entro 6 mesi dalla scadenza del termine di presentazione ; cambiale – azione cambiaria diretta entro 3 anni dalla scadenza ). Se i termini sono trascorsi, il titolo potrebbe essere prescritto come titolo esecutivo (lo approfondiremo nella sezione sui casi particolari). Un segnale: se la cambiale è del 2018 e vi precettano nel 2025 senza che abbiate mai avuto atti prima, c’è forte odore di prescrizione.
- Se c’è “atto notarile di mutuo del…”: ciò significa che la banca (o chi per essa) sta agendo sulla base del contratto di mutuo firmato davanti al notaio. Quindi niente sentenze di mezzo: quel mutuo è immediatamente esecutivo ex art. 474 c.p.c. (titolo di credito). Chiedetevi: siete in mora con quel mutuo? Vi avevano inviato una lettera di “decadenza dal beneficio del termine” (che di solito le banche mandano prima di precettare, per comunicare che considerano tutto il debito scaduto)? Se non l’hanno fatto, potrebbe essere un punto a vostro favore (talora la giurisprudenza ha ritenuto che senza quella lettera l’esecuzione non poteva partire, ma le Sez. Unite 2025 hanno chiarito aspetti sul mutuo, come vedremo).
- Se c’è “sentenza straniera” o simili: significa che potrebbe essere un provvedimento emesso da un giudice estero. Verificate se è di un paese UE o extra-UE. In ogni caso, controllate se è stato allegato un qualche documento di riconoscimento (ad esempio un certificato di esecutività europeo o un provvedimento della Corte d’Appello italiana di delibazione). Se non vi è nulla, vi precettano solo con una fotocopia di una sentenza inglese, ad esempio, quella sentenza potrebbe non essere automaticamente esecutiva qui (per i paesi UE dal 2015 in realtà c’è il regolamento che la rende esecutiva con un certificato – se manca, è un problema per loro). Approfondiremo anche questo caso nella sezione Precetto su sentenza straniera più avanti.
In sintesi, chiedetevi: ho conoscenza di questo titolo? L’ho ricevuto regolarmente? Ci sono stati vizi in quell’iter? Perché talvolta la difesa parte proprio dal contestare il titolo (es: se è un decreto ingiuntivo mai notificato, la giusta mossa è fare opposizione tardiva al decreto stesso oltre all’opposizione all’esecuzione; se è una sentenza appellata, agire per sospendere in appello l’esecutorietà; ecc.).
- Calcolo delle somme intimated: prendete carta e penna (o un foglio elettronico) e rifate i conti. Controllate ogni voce:
- Il capitale corrisponde a quanto effettivamente dovevate? (Se ad esempio avevate già pagato una parte del debito in passato, è stato sottratto? Il precetto dovrebbe indicarlo come pagamento parziale detratto ; se non lo fa, il creditore sta chiedendo troppo).
- Gli interessi: sono calcolati correttamente? Verificate il tasso (legale o contrattuale) e il periodo. Talvolta i creditori sbagliano o applicano tassi non spettanti. Se ad es. la sentenza diceva “interessi legali dal fatto al saldo” e voi avevate già pagato in parte, gli interessi andrebbero calcolati solo sulla parte non pagata. Errori del genere possono succedere.
- Le spese legali: se c’è stata una sentenza, aveva liquidato chessò 2.000€ di spese? Il precetto può chiedere quell’importo. Se vedete importi diversi, chiedete spiegazione.
- Spese del precetto: di solito pochi euro per notifica e qualche centinaio di onorario (a seconda del valore del credito, c’è un minimo e massimo tariffario). I parametri (D.M. 55/2014) ad esempio prevedono circa €135 di compenso per precetto su crediti fino a €5.000 (valore medio) ; di più per scaglioni superiori. Se vedete cifre esorbitanti (tipo €1.000 di spese per un precetto su €10.000 di debito) potrebbero essere gonfiate. Va detto che la legge consente al creditore di chiedere nel precetto anche le spese future ipotetiche, ma in genere si limitano al compenso tabellare. Se chiedono €0 di spese di precetto, tanto meglio (significa che forse l’hanno redatto da soli o rinunciano a farselo pagare).
- Totale: sommate e confrontate col totale intimato. A volte piccoli errori aritmetici possono emergere; se il totale è sbagliato (in più) di molto, è un vizio (anche se se le voci sono chiare, il giudice potrebbe correggere). Se è sbagliato in meno (raro), non protestate… potrebbe essere a vostro vantaggio (ma attenti: potrebbero poi correggere nella fase di pignoramento comunque).
Segnate ogni eventuale discrepanza: questi dettagli costituiranno i motivi di un’eventuale opposizione agli atti esecutivi (per errori di calcolo, richieste indebite di interessi o spese, etc.) o all’esecuzione (se contestate proprio la pretesa sostanziale, es. “non devo nulla perché ho già pagato tutto”). Ad esempio, se avevate già pagato parte del debito e trovate che non è stato dedotto nel precetto, avete certamente materia per opporvi (oltre che, prima ancora, contattare il creditore e dimostrare il pagamento per vedere se la ritira).
- Presenza di allegati: verificate se al precetto erano allegati documenti:
- Copia del titolo esecutivo: dovrebbero aver allegato la copia conforme della sentenza o decreto ingiuntivo. Se non c’è, magari l’avete già ricevuta in passato (e allora nel precetto ne indicano la notifica). Se non avete mai ricevuto prima il titolo e ora nel plico del precetto non lo trovate neanche, c’è un’irregolarità: l’art. 479 c.p.c. impone che il titolo sia notificato in forma esecutiva. In genere, se non l’avevano notificato prima, lo allegano ora. Se non lo fanno, potete eccepire la nullità per mancata notifica del titolo . Quindi annotate: “titolo non allegato”.
- Relata di notifica del titolo: se dicono che il titolo fu notificato in data X, potrebbero allegare la prova (es. copia conforme dell’atto di notificazione). Se non c’è allegato, nulla di gravissimo, ma in un’eventuale opposizione potrete chiedere di esibire quella prova (il creditore dovrà dimostrare di aver notificato il titolo se lo afferma, altrimenti il precetto è nullo).
- Atto di cessione del credito: se il creditore non è l’originario, dovrebbero allegare l’atto pubblico o scrittura autenticata di cessione (o quantomeno citarne gli estremi). Se non c’è prova della cessione, potete contestare che chi precetta non ha diritto perché non ha dimostrato di essere il nuovo creditore. (Molti tribunali però ritengono che la cessione notificata al debitore – magari con lettera prima – basti e che nel precetto sia sufficiente dichiararla; tuttavia in opposizione potrete chiedere di provarla).
- Documenti vari: ad esempio, nel precetto su mutuo possono allegare il contratto notarile; su assegno allegano il titolo protestato; su cambiale allegano il originale di cambiale protestata; su sentenza straniera potrebbero allegare la traduzione e il certificato europeo, etc. Ogni allegato mancante è un potenziale punto di attacco (es.: precetto su assegno senza allegare la dichiarazione di mancato pagamento – formalmente sarebbe incompleto, ma di solito sanabile se comunque l’assegno è protestato).
- Data di notifica e riferimenti della stessa: la relata dell’ufficiale giudiziario (di solito sul retro o alla fine) indica quando è stato notificato (data, ora) e a chi. Ovviamente la conoscerete perché l’avete ricevuto, ma ponete attenzione a quando decorrono i termini:
- Segnate la data esatta di perfezionamento della notifica per voi. Se vi è stato consegnato a mani, è quel giorno. Se l’ufficiale lo ha lasciato a un familiare o portiere, e poi inviato raccomandata informativa, la notifica si perfeziona con la consegna al familiare (non serve attendere la raccomandata per il perfezionamento, quella serve a informare voi se eravate assenti). Se era a mezzo PEC, la data è quella di consegna PEC (che dovreste vedere nella ricevuta).
- Con quella data, calcolate i 10 giorni (vedi sopra) entro cui eventualmente pagare. Annotate la scadenza del 10° giorno.
- Calcolate anche i 90 giorni di validità: aggiungete 90 giorni al giorno di notifica. Segnatevi questo termine di efficacia.
- In base a quando scadranno i 90 giorni, potrete monitorare se il creditore si sta muovendo o se “lascia scadere” (il che vi darebbe un vantaggio potenziale).
2. Valutare la propria posizione debitoria e le possibili difese: Dopo aver esaminato l’atto, occorre fare il punto su cosa volete/potete fare. Le opzioni, in linea generale, sono:
- (A) Adempiere spontaneamente al precetto, ossia pagare quanto richiesto (eventualmente cercando di negoziare con il creditore condizioni più favorevoli). Questa è la scelta da considerare se: riconoscete il debito come dovuto, avete la disponibilità economica (o almeno una parte) e volete evitare il pignoramento e ulteriori spese. Pagare entro i 10 giorni mette al riparo da costi aggiuntivi (oltre a quelli già nel precetto) e blocca sul nascere l’esecuzione. Pro: termina la vicenda, evita stress dell’esecuzione, possibili danni a reputazione (pignoramento presso terzi come datore di lavoro) o perdita di beni. Contro: esborsare subito l’intera somma; inoltre può darsi che alcune voci non fossero dovute ma le pagate comunque.
- Accordi e dilazioni: Se non potete pagare in un’unica soluzione, potete contattare il creditore (o il suo avvocato) immediatamente e proporre un accordo di pagamento rateale o a saldo e stralcio. Molti creditori sono aperti a soluzioni: ad esempio, potreste offrire una percentuale subito e il resto a rate mensili, oppure un importo ridotto in unica soluzione entro breve (saldo e stralcio). Se il creditore accetta, assicuratevi di formalizzare l’accordo per iscritto e che nel frattempo sospenda ogni azione esecutiva (magari facendosi dare l’assenso scritto). Spesso il creditore, soprattutto banche o finanziarie, preferisce un pagamento concordato piuttosto che pignorare (che può essere lungo e incerto). L’avvertimento sul sovraindebitamento inserito nel precetto ricorda proprio che potete avviare procedure per trovare un accordo con tutti i creditori . Tali procedure (come il “piano del consumatore”) richiedono più tempo e l’assistenza di un OCC, ma se siete in grave difficoltà con più debiti, potrebbe essere una strada (ne diremo in seguito).
- Se raggiungete un accordo, il creditore solitamente non rinuncia al precetto già notificato, ma si impegna a non dare corso al pignoramento finché rispettate i pagamenti. Potrebbe chiedervi di firmare un riconoscimento di debito e l’impegno a non opporvi. Valutate attentamente con l’avvocato un eventuale riconoscimento (perché vi preclude poi contestazioni). In certi casi, se l’accordo è di lungo termine, il creditore può preferire comunque pignorare ad esempio 1/5 dello stipendio: dipende. Voi ovviamente preferite evitare pignoramenti (che risultano pubblici all’occhio di terzi).
- Nota: Pagare esattamente la somma intimata entro i 10 giorni chiude la partita: il creditore deve accettare il pagamento ed estinguere l’obbligo. Se per caso il creditore rifiutasse un pagamento regolare (non succede quasi mai), potreste depositare la somma in cancelleria del tribunale a sua disposizione, ottenendo il medesimo effetto liberatorio (offerta reale e deposito art. 1208 e segg. c.c.).
- (B) Non fare nulla entro i 10 giorni (e quindi subire l’eventuale pignoramento): È l’atteggiamento passivo – ignorare il precetto. Se né pagate né vi opponete, dopo la scadenza il creditore potrà avviare la procedura esecutiva. Potreste optare per questa via se:
- ritenete di non avere beni aggredibili (nullatenente di fatto) e quindi di poter “lasciar perdere”;
- oppure se confidate di poter trovare risorse in un secondo momento (ad esempio, aspettate un incasso tra qualche mese e preferite rischiare nel frattempo);
- oppure ancora se il debito è modesto e preferite farvi pignorare qualcosa, rateizzando di fatto il pagamento (ad es., subire un pignoramento del quinto dello stipendio può essere visto come un modo “forzato” di pagare a rate).
Svantaggi di non reagire: Potete ritrovarvi con conti correnti bloccati, uno stipendio decurtato, beni di famiglia pignorati e messi all’asta, ecc., con aggravio di costi (le spese di esecuzione e gli interessi continuano a correre). Inoltre, non opporsi significa accettare tacitamente anche eventuali errori nel precetto: decorsi i termini, non potrete più farli valere (salvo eccezioni particolari se non ne eravate a conoscenza incolpevole). In genere, ignorare il precetto è consigliabile solo se davvero non avete nulla da perdere in termini di patrimonio intestato o redditi ufficiali (es. siete disoccupati senza beni) – in quel caso il creditore magari rinuncerà dopo qualche tentativo infruttuoso, oppure punterà a farvi dichiarare fallito (se siete imprenditore) o insolvente. Non reagire ha senso anche se il debito è di importo limitato e siete disposti a farvelo trattenere coattivamente (es: un debito di poche migliaia di euro su stipendio – tanto varrebbe pagarlo, ma forse preferite la trattenuta). Valutate però il danno reputazionale: un pignoramento presso terzi coinvolge il vostro datore di lavoro o clienti (non fa piacere); un pignoramento immobiliare è pubblico e può provocare aste giudiziarie della casa. Insomma, passività consigliata solo se siete davvero insolventi e magari pensate a procedure concorsuali (tipo liquidazione del sovraindebitato).
Importante: Se scegliete l’inerzia, almeno sfruttate i 10 giorni per mettere al sicuro quello che potete entro i limiti di legge. Ad esempio: – Togliere dal conto corrente eventuali somme (lasciando il minimo indispensabile) prima che arrivi un pignoramento presso banca. Attenzione: non trasferiteli su conti a voi intestati altrove – sarebbero pignorabili egualmente. Magari tenete il cash o su conti di familiari (se vi fidate e se non configurate simulazioni – es. bonificare tutto alla moglie subito dopo il precetto potrebbe essere revocabile come atto in frode, ma è difficile per piccoli importi). – Se avete un’auto di valore modesto, il pignoramento mobiliare in garage è raro oggi, ma non impossibile; potrebbero pignorarla. Valutate se venderla genuinamente (a prezzo di mercato, non a un prestanome gratis, che sarebbe revocabile) prima che arrivi l’ufficiale. Una volta notificato il precetto, vendere beni per sottrarli ai creditori può integrare atto in frode ai creditori se poi c’è un’esecuzione; i creditori potrebbero impugnarlo (revocatoria). Ma vendere un bene mobile di modico valore per sopravvivere non è detto sia contestato. – Se temete il pignoramento in casa: l’ufficiale giudiziario può pignorare mobili, tv, ecc. Di regola evita se non c’è qualcosa di valore palpabile. Potreste tuttavia trasferire oggetti di valore altrove temporaneamente (non fatevi trovare con cose lussuose in casa). Mobili essenziali e oggetti di uso quotidiano sono per legge impignorabili (letti, armadi, frigo, cucina, ecc., tranne arredamento di pregio artistico). – Documenti sensibili: se arriva l’ufficiale, può aprire cassetti per cercare contanti o preziosi. Tenete al sicuro gioielli o contanti altrove prima. – Non nascondetevi: Se un ufficiale vuole notificarvi un atto di pignoramento, vi troverà comunque tramite depositi in comune se non vi trova. Tanto vale affrontare la situazione attivamente che subire di nascosto.
In sintesi, l’inerzia è una strategia rischiosa. Potrebbe portare a un pignoramento infruttuoso se davvero non avete nulla (con la possibilità poi che il precetto decada e il creditore, stanco, non tenti oltre). Ma se avete stipendio, pensione o beni, state certi che il creditore li individuerà e li colpirà. Tenete presente che il creditore ha strumenti come le banche dati (art. 492-bis c.p.c.) per scovare rapporti finanziari, veicoli, rapporti di lavoro, etc., su autorizzazione del presidente del tribunale. Dunque conti correnti e stipendi sono generalmente i primi target.
- (C) Opporsi legalmente al precetto (oppure all’esecuzione una volta iniziata): Questa è la strada se ritenete che vi siano motivi per cui non dovete pagare quanto richiesto (in tutto o in parte), oppure che il precetto/titolo presenti vizi formali o sostanziali. L’opposizione è un atto giudiziario con cui il debitore contesta la legittimità dell’esecuzione forzata (tutta o parte di essa) davanti all’autorità giudiziaria. Approfondiremo a breve nei paragrafi successivi i dettagli di come funzionano le opposizioni. Per ora, in sintesi:
- Se contestate nel merito il diritto del creditore a procedere (es. “non gli devo questi soldi”, oppure “il debito si è estinto/prescritto”, o “non sono il soggetto obbligato”, o “il titolo esecutivo è invalido o non esiste”), dovete proporre opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.. Se non è ancora iniziata l’esecuzione (solo precetto notificato), si parla di opposizione preventiva a precetto. Non vi è un termine perentorio fisso (potete farla anche il giorno 15, 20 o 30, purché prima che inizino il pignoramento). Tuttavia conviene farla prima possibile, idealmente entro lo stesso termine di 20 giorni che vale per i vizi formali, per mostrare diligenza e cercare di ottenere subito un provvedimento di sospensione. Se l’esecuzione è già partita, l’opposizione all’esecuzione si propone comunque (entro fine esecuzione, ma preferibilmente subito per fermare il tutto).
- Se contestate solo vizi formali del precetto (es. errori nella notifica, nel contenuto, eccesso di somme, omissione di elementi) e non la fondatezza del credito, dovete proporre opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. entro tassativamente 20 giorni dalla notifica del precetto . È un termine processuale perentorio: scaduto quello, perdete la facoltà di lamentare quei vizi (salvo il caso eccezionale che non abbiate saputo dell’atto se non dopo, ma è complesso).
- Nulla vieta di cumulare in un unico atto sia motivi ex art. 615 che 617 (succede spesso: si lamentano sia questioni di merito che vizi formali). In tali casi l’orientamento è trattare l’opposizione con le regole dell’opposizione all’esecuzione (più ampie). Ad ogni modo, è fondamentale rispettare il più breve termine dei 20 giorni quando nel dubbio ci sono anche vizi formali, così siete sicuri di essere tempestivi su tutto.
- Opposizione a decreto ingiuntivo tardiva: nota a margine, se il titolo è un decreto ingiuntivo non opposto in tempo perché magari non lo sapevate, la Cassazione (S.U. 9479/2023) ha recentemente delineato la possibilità per il consumatore di fare opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. anche oltre 40 giorni, se ricorrono condizioni (notifica non conoscibile etc.) . Quella però è un’opposizione rivolta al titolo (decreto) e va distinta dalle opposizioni esecutive. Può capitare di doverle coordinare: es. vi arriva precetto su DI mai visto, fate opposizione tardiva al DI (dinanzi al giudice che l’ha emesso) e intanto opposizione all’esecuzione per fermare la precetto. Le Sez. Unite hanno detto che il giudice dell’esecuzione deve riqualificare l’opposizione a precetto eventualmente come opposizione tardiva a DI se emergono i presupposti . Sono situazioni complesse in cui l’assistenza legale è d’obbligo.
Pro dell’opposizione: Vi consente di far valere le vostre ragioni legalmente e di guadagnare tempo – se il giudice concede la sospensione, il creditore non può procedere finché la causa di opposizione non viene decisa . Potete far ridurre o annullare ciò che non dovete pagare, ed evitare esecuzioni ingiuste. Contro: È un procedimento giudiziario, con costi (contributo unificato, spese legali) e rischio di dover pagare anche le spese legali del creditore se perdete. Inoltre, non cancella il debito in sé (salvo vincere su tutta la linea), ma almeno può ridurlo o procrastinarlo. Va usata quando ci sono motivi seri: fare opposizioni pretestuose solo per prendere tempo può portarvi a pagare di più (il giudice può condannarvi alle spese e, se ravvisa mala fede, a una penalità ex art. 96 c.p.c.). Quindi valutate con un avvocato la solidità delle vostre ragioni.
Motivi tipici di opposizione: – Il debito non esiste o è già estinto: es. avete già pagato quel che dovevate (magari non tutto ma una buona parte – allora opporsi per far scomputare il pagato). – Errore di persona: vi hanno precettato ma il debitore corretto era un altro (omonimia) o l’obbligazione gravava su altra persona. – Importo errato: il creditore ha esagerato con interessi o spese non dovuti (es. chiede interessi anatocistici non spettanti, o spese non liquidate). – Prescrizione del credito: il diritto si è prescritto. Esempio: un decreto ingiuntivo non notificato per 2 anni decade, o un assegno dopo 6 mesi non è più titolo esecutivo (il credito sottostante magari sì, ma serve un giudizio). Oppure un mutuo scaduto da oltre 10 anni senza atti interruttivi è prescritto. La prescrizione va eccepita dal debitore, non è rilevabile d’ufficio (art. 2938 c.c.), quindi l’opposizione è l’unico modo per farla valere . – Nullità del titolo: raramente si può contestare il titolo esecutivo in sede esecutiva, ma alcuni casi: se il titolo è un contratto di mutuo nullo (per usura o altri motivi) potete dedurre la nullità del titolo; se è una sentenza, normalmente non potete rimettere in discussione il merito perché coperta da giudicato (dovete agire in impugnazione, non in esecuzione). Però se la sentenza era manifestamente invalida (es. notificata prima di passare in giudicato senza esecutorietà, etc.), potete opporre ciò. – Irregolarità formali gravi: es. precetto senza indicazione titolo o senza firma valida – questi li contestate ex art. 617. – Incompetenza del giudice dell’esecuzione: a volte, se il credito su precetto è per consegna di un bene o sfratto, il precetto deve essere seguito dalla procedura giusta. Oppure se indicano un giudice incompetente e ne nasce confusione. – Opposizione a frazionamento: se il creditore spezzetta il credito in più precetti per moltiplicare spese (vietato dalla Cassazione, considerato abuso) potreste opporre che l’azione esecutiva è scorretta. Es. avete debito di 100, il creditore fa due precetti da 50 e 50 separati per raddoppiare onorari di precetto – non si dovrebbe fare, può essere contestato chiedendo unificazione. – Differimento dell’esecuzione per legge: rarissimo, ma es: durante la pandemia c’erano moratorie su sfratti e pignoramenti immobiliari prima casa (per alcuni mesi). Se normative temporanee bloccano esecuzioni, potete eccepirle.
Come procedere per opporsi: Dovrete rivolgervi a un avvocato (a meno che la causa sia di valore molto basso, sotto €5.000 e davanti al Giudice di Pace, in quel caso la legge consente la difesa personale, ma è sconsigliabile vista la tecnicità). L’avvocato redigerà un atto di citazione (o ricorso) in opposizione, indicando i motivi di opposizione e chiedendo eventualmente misure urgenti (sospensione). Approfondiremo nei prossimi capitoli la procedura specifica (competenza del giudice, fasi cautelari e di merito).
Preannunciamo però che, se il precetto è l’unico atto finora notificato, l’opposizione si introduce con atto di citazione da notificare al creditore (presso il suo domicilio eletto/PEC in precetto) . Il giudice competente è normalmente il tribunale (o giudice di pace se la controversia su credito rientra nella competenza per valore e materia di quest’ultimo, ad es. opposizione per €2.000 su indennità, ma spesso anche in quel caso tribunale, perché il titolo era emanato da tribunale). Di solito, per l’opposizione a precetto si considera competente il tribunale del luogo dell’esecuzione indicato nel precetto , o in mancanza, il tribunale del luogo di notificazione del precetto (per le nuove norme, v. art. 480 co.3 c.p.c.). L’opposizione può essere avviata anche in via d’urgenza: ad esempio l’avvocato può contestualmente depositare un’istanza di sospensione immediata al giudice (anche prima udienza) se c’è urgenza di bloccare un pignoramento imminente. Si può ottenere un provvedimento in tempi rapidi (anche inaudita altera parte se il pericolo è grave).
Se invece l’opposizione viene proposta dopo che è iniziato il pignoramento, allora la procedura cambia leggermente: l’opposizione (che sia ex 615 co.2 o 617 co.2) si propone innanzi al Giudice dell’Esecuzione (GE) del tribunale dove pende l’esecuzione, spesso con ricorso depositato in quella procedura esecutiva (che ha un numero di ruolo). Il GE fisserà un’udienza a breve e deciderà sulla sospensione (fase sommaria), poi il giudizio di merito si trasferirà in separata sede davanti al giudice competente per cognizione (a meno che il GE definisca tutto se è di sua competenza). In parole semplici, c’è una struttura “bifasica” quando l’opposizione avviene a esecuzione iniziata (fase cautelare + fase di merito) , mentre l’opposizione preventiva a precetto è “monofasica” (va direttamente a cognizione piena, pur potendo chiedere misure urgenti) .
Tutto ciò lo riprenderemo con più ordine tra poco, dedicando sezioni specifiche a Opposizione all’esecuzione e Opposizione agli atti esecutivi, dove forniremo anche FAQ pratiche (es. entro quando farla, come ottenere sospensione, cosa succede se si perde, costi, etc.).
3. Ottenere consulenza legale qualificata: Qualunque strada scegliate, è altamente consigliabile consultare un avvocato specializzato in esecuzioni civili appena ricevuto il precetto. Un legale esperto potrà: – Valutare la sussistenza di motivi di opposizione fondati e stimare le probabilità di successo. – Aiutarvi a quantificare correttamente il dovuto, magari scoprendo voci non dovute (es. interessi usurari). – Negoziare con il creditore eventuali soluzioni stragiudiziali: spesso un avvocato può interloquire col collega della controparte per definire piani di rientro vantaggiosi, convincendo che è meglio evitare lunghe esecuzioni. – Mettere in atto strategie di tutela del patrimonio lecite: ad esempio, consigliarvi su come proteggere alcuni beni, o se avviare procedure concorsuali (come la composizione del sovraindebitamento) per congelare le azioni esecutive. – Seguirvi tecnicamente nell’opposizione in tribunale, curando atti e termini (un errore nel presentare l’opposizione potrebbe farvela rigettare per forma, con perdita di chance).
Spesso i debitori tentano un approccio “fai da te” per risparmiare sulle spese legali, ma rischiano di commettere passi falsi: ad esempio, ignorare un precetto sanabile con piccole eccezioni, oppure opporsi fuori termine, o ancora pagare qualcosa senza avere quietanze formali, ecc. Coinvolgere l’avvocato tempestivamente può anche evitare di doverlo poi chiamare d’urgenza quando magari vi hanno già pignorato il conto. Molti ordini forensi forniscono servizi di orientamento o patrocinio a spese dello Stato se non avete mezzi: non esitate a cercare aiuto legale.
4. Preparare documentazione e prove: Nel frattempo, raccogliete tutti i documenti utili: – Copie di ricevute, bonifici, assegni che provino eventuali pagamenti effettuati al creditore (o al precedente creditore) per quell’obbligo. – Il contratto originario se c’è (mutuo, finanziamento, fideiussione) per vedere clausole che possano essere nulle (tassi, interessi di mora usurari, ecc.). – Eventuali comunicazioni ricevute (es. lettere della banca di decadenza dal termine, mail col creditore su accordi, ecc.). – Documenti sul vostro stato patrimoniale (per capire cosa è attaccabile): es. visura catastale immobili, saldo conti, busta paga, ecc. Questi serviranno a voi/avvocato per pianificare come proteggervi. – Se è una sentenza: la sentenza stessa e verifica se avete fatto appello e in che stato è (se pendente, ci sono margini per chiedere sospensione in appello). – Se è un decreto ingiuntivo: tutti gli atti relativi (decreto, relata di notifica, eventualmente opposizione se ne faceste, etc.).
Tenete tutto organizzato. Nel giudizio di opposizione, se lo fate, dovrete fornire le prove di ciò che affermate (il giudice dell’esecuzione non ricercherà d’ufficio, sta a voi provare, ad esempio, “ho pagato X euro il tale giorno” mostrando la ricevuta).
5. Non trascurare i termini di opposizione: Ribadiamo: se intendete fare opposizione per vizi formali, il termine di 20 giorni dalla notifica è stringente . Non aspettate il 19° giorno per andare dall’avvocato! Meglio muoversi in settimana 1 o 2. Anche perché l’atto di citazione va notificato a controparte e poi depositato. Inoltre, trascorsi i 20 giorni, se non avete agito, i vizi formali (salvo rarissimi casi) non potranno più essere fatti valere: il precetto diverrà definitivo nei contenuti.
Invece, se l’unica intenzione è opporsi nel merito (615), potreste tecnicamente attendere anche oltre 20 giorni (purché prima del pignoramento, per rimanere opposizione preventiva). Ma è sconsigliabile far passare molto tempo: il creditore dopo 10 giorni può pignorare senza avvisare, e se lo fa prima che abbiate depositato l’opposizione, dovrete poi adattare l’opposizione come successiva con relative complicazioni. Quindi, se avete motivi di merito, agite comunque rapidamente – idealmente entro i 20 giorni, così l’atto può contenere anche motivi formali se ce ne sono e comunque arriva prima di eventuale esecuzione.
6. Prepararsi alla possibilità del pignoramento: Se, nonostante tutto, prevedete che non riuscirete a evitare l’esecuzione (perché non volete o potete pagare subito e i motivi di opposizione sono deboli o inesistenti), allora usate i 10 giorni per prepararvi all’eventualità del pignoramento. In parte ne abbiamo parlato: mettere in sicurezza risorse nei limiti del lecito (non tenere troppi fondi su conti intestati a voi, ecc.), capire quale tipo di pignoramento è più probabile (es. se avete uno stipendio e il creditore lo sa, aspettatevi un pignoramento presso terzi al datore di lavoro; se possedete immobili di valore, potrebbero ipotecarli o pignorarli – verificate se l’immobile è prima casa e se il debito è ipotecario, questo incide; se la prima casa non è ipotecata, un creditore privato può pignorarla e metterla all’asta, contrariamente al luogo comune – l’unico limite “prima casa impignorabile” vale solo per l’esattore delle imposte, non per banche o privati).
Ad esempio: – Se temete il pignoramento del conto corrente, potete aprire un nuovo conto su cui deviare futuri accrediti di stipendio/pensione (in modo che quando pigneranno quello vecchio ci trovino poco). La legge tutela in parte lo stipendio/pensione accreditato prima del pignoramento: i saldi da stipendio già depositati sul conto sono pignorabili solo per la parte eccedente il triplo dell’assegno sociale (circa €1500 nel 2025), mentre le somme accreditate dopo il pignoramento sono soggette alla trattenuta del quinto come se fossero pignorate presso terzi (art. 545 c.p.c.). Quindi, se avete sul conto ad esempio €2000 di stipendio risparmiato e vi arriva il pignoramento, dovrebbero lasciarvi €~1500 e vincolare il resto. Però nella prassi, a volte le banche congelano tutto e poi sta a voi fare istanza di liberazione delle somme eccedenti il pignorabile. Prevenire, mantenendo sul conto meno del triplo assegno sociale, è una mossa furba. – Se avete un lavoro, e non avete altri redditi, sapere che al massimo vi possono togliere 1/5 dello stipendio può rassicurarvi: potete adattare le vostre finanze di conseguenza (sapendo che quell’impegno durerà finché il debito + spese non sarà estinto). – Se avete immobili e il debito è significativo, l’ipotesi peggiore è il pignoramento immobiliare. Quello è lungo (spesso anni per arrivare all’asta) ma molto invasivo (perdete la disponibilità, entra un custode, alla vendita potreste perdere la casa per una frazione del valore). È l’ultima cosa da voler subire. Per evitarlo, bisogna agire prima: o convincere il creditore a prendersi pagamenti diversi (pignorare stipendio ad esempio), o cercare di rifinanziare il debito (un mutuo di sostituzione se possibile), o in estremis vendere l’immobile spontaneamente per pagare il creditore (meglio venderlo voi a prezzo di mercato che farlo andare in asta al 50%). Finché non c’è un pignoramento iscritto, potete vendere liberamente; dopo, la vendita è inefficace verso il creditore salvo pagarlo contestualmente (serve l’assenso e la purgazione del pignoramento). Quindi se avete una casa e non riuscite a pagar il debito grosso, considerate di vendere la casa per saldare: è duro ma spesso conviene rispetto a farsela espropriare. Un consulente immobiliare può aiutarvi a capire tempi di vendita normali vs. tempi dell’asta.
In conclusione su questa sezione, appena ricevete il precetto non fate passare il tempo inutilmente. Ogni giorno è prezioso per predisporre una strategia: che sia pagare, opporsi o prepararsi all’esecuzione. Nei paragrafi seguenti approfondiremo le strategie difensive legali (opposizioni nelle varie forme) e le possibili tutele nella fase esecutiva, per darvi un quadro completo di come gestire e, se possibile, neutralizzare gli effetti di un atto di precetto.
L’opposizione al precetto e all’esecuzione: come e quando contestare il credito
Quando un debitore ritiene che la pretesa fatta valere con il precetto sia in tutto o in parte ingiusta, infondata o illegittima, l’ordinamento gli mette a disposizione il rimedio dell’opposizione. Nel nostro sistema, le opposizioni in materia esecutiva sono di diverso tipo a seconda della natura delle contestazioni: – Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.): per contestare il diritto di procedere ad esecuzione da parte del creditore. In pratica riguarda i motivi sostanziali che negano, estinguono o limitano il credito o il titolo esecutivo. Viene anche detta opposizione a precetto (quando proposta contro il solo precetto, prima dell’inizio del pignoramento) o opposizione all’esecuzione vera e propria (se proposta a pignoramento avviato). – Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.): per far valere vizi formali degli atti del processo esecutivo, compresa la notifica del titolo e del precetto e successivi atti (pignoramento, avvisi, ecc.).
Vi è poi una terza categoria, l’opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.), che esula da questa trattazione in quanto riguarda la rivendicazione di un bene pignorato da parte di un terzo estraneo al rapporto (ad esempio: il creditore pignora un bene che Tizio sostiene essere suo e non del debitore).
Concentrandoci sul ruolo del debitore, occorre capire quale opposizione promuovere e con quali modalità.
Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) – contestare il diritto del creditore
L’opposizione all’esecuzione è lo strumento principe per il debitore che voglia far valere ragioni di merito contro la pretesa esecutiva del creditore. In sintesi, il debitore afferma che il creditore non ha diritto di eseguire coattivamente per quell’importo o con quel titolo.
Esempi tipici: aver già pagato il debito (sì esecuzione extincta obligatio), prescrizione intervenuta, invalidità o inefficacia sopravvenuta del titolo, difetto di legittimazione (creditore o debitore sbagliati), importo inferiore al richiesto, compensazione con un controcredito, ecc.
Va chiarito che non si può usare l’opposizione all’esecuzione per rimettere in discussione una sentenza definitiva sul merito della pretesa: se una sentenza di condanna è passata in giudicato, il debitore non può pretendere che il giudice dell’esecuzione riesamini la causa. Potrà semmai contestare fatti estintivi o impeditivi sopravvenuti dopo la sentenza (es. “ho pagato dopo la sentenza”) o questioni di legittimità estrinseca (es. “la sentenza non è esecutiva perché l’appello ha sospeso la sua efficacia”). Se invece la sentenza non è definitiva (es. primo grado provvisoriamente esecutivo), l’opposizione esecutiva può eventualmente coordinarsi con la pendenza dell’appello (chiedendo al giudice dell’esecuzione di valutare se sospendere in attesa dell’esito dell’appello, ma normalmente la via corretta è chiedere la sospensione al giudice d’appello ex art. 283 c.p.c.).
Quando proporla: L’opposizione all’esecuzione può essere proposta: – Prima che inizi l’esecuzione forzata vera e propria (cioè prima del pignoramento). In questo caso è anche detta opposizione a precetto (preventiva) perché di solito viene proposta dopo la notifica del precetto ma prima che si passi al pignoramento. Esempio: il debitore riceve il precetto e, ritenendo nulla la cambiale su cui si fonda, fa opposizione immediata senza aspettare il pignoramento. – Dopo l’inizio dell’esecuzione (dopo il pignoramento). In tal caso viene incardinata davanti al giudice dell’esecuzione già investito del processo esecutivo e viene detta opposizione all’esecuzione successiva (o in corso di esecuzione). Esempio: il debitore non ha fatto nulla dopo il precetto; il creditore pignora lo stipendio; a questo punto il debitore si oppone sostenendo che il debito era in realtà già prescritto l’anno prima.
Differenze procedurali: L’opposizione prima dell’esecuzione (quindi su precetto) ha natura di causa di cognizione ordinaria sin dall’inizio . Si introduce con atto di citazione davanti al giudice competente per materia/valore (di regola il tribunale) del luogo indicato nel precetto come competente per l’esecuzione . Non essendoci un processo esecutivo pendente, non c’è un giudice dell’esecuzione nominato ancora. Il giudizio si svolge come un normale processo civile di primo grado (unifase). Importante: in questa fase, se il debitore vuole evitare che il creditore proceda ugualmente nel frattempo, deve chiedere espressamente al giudice un provvedimento urgente di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo o del precetto (c.d. sospensione “esterna” ex art. 615 co.1 c.p.c.) . Tale istanza si può fare con un ricorso contestuale all’atto di citazione, e il tribunale può emettere decreto motivato che sospende temporaneamente la possibilità di procedere, se ricorrono gravi motivi. È una sorta di tutela cautelare anticipatoria. Se non chiedete o ottenete la sospensione, il creditore può comunque iniziare l’esecuzione anche durante il processo di opposizione (a suo rischio: se poi l’opposizione verrà accolta, quell’esecuzione sarà dichiarata impropria e dovrà eventualmente risarcire i danni).
L’opposizione dopo l’inizio dell’esecuzione, invece, si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione presso il tribunale dove pende il processo esecutivo (che tipicamente è il tribunale competente del luogo del pignoramento). Qui la procedura è bifasica: – In prima battuta, il GE esamina sommariamente l’istanza (spesso in udienza ad hoc) e decide se sospendere l’esecuzione (ex art. 624 c.p.c.) . Se concede la sospensione, l’esecuzione rimane ferma finché non c’è la decisione finale; se la nega, l’esecuzione prosegue. – Dopodiché, la causa di opposizione viene rimessa al giudice competente per la fase di merito (che in genere è lo stesso tribunale ma in diversa posizione, o eventualmente il giudice di pace per piccole cause). A tal fine, il debitore opponente deve poi iscrivere a ruolo la causa di merito entro un termine perentorio (oggi dimezzato per effetto del correttivo Cartabia ), altrimenti l’opposizione si estingue e l’esecuzione riparte. La fase di merito è sostanzialmente analoga a un giudizio ordinario di cognizione dove si deciderà nel merito se l’esecuzione era legittima o no.
Questa articolazione è piuttosto complessa, ma serve a bilanciare la necessità di celerità dell’esecuzione (fase sommaria rapida) con il diritto del debitore a un esame completo delle sue ragioni (fase di merito).
Competenza territoriale: Generalmente, le opposizioni relative a esecuzioni mobiliari presso il debitore o presso terzi competono al tribunale del luogo dell’esecuzione (residenza debitore per mobiliari, luogo del terzo per pignoramento presso terzi), quelle su esecuzioni immobiliari al tribunale del luogo dell’immobile. Nel dubbio, il precetto ora indica il giudice ritenuto competente, e l’opposizione va proposta lì . Se sbagliate foro, il giudice può dichiararsi incompetente e dovrete riassumere altrove (col rischio di perdere tempo prezioso).
Termini per proporla: – Opposizione a precetto (prima del pignoramento): formalmente la legge non prevede un termine fisso breve. Potete proporla anche oltre i 20 giorni dalla notifica del precetto (a differenza dell’opposizione agli atti). Tuttavia, c’è un limite pratico: se il creditore non ha ancora agito, meglio non attendere troppo, perché una volta che parte il pignoramento, la vostra opposizione “tardiva” sarà convertita in opposizione successiva. Inoltre, attendere più di 90 giorni renderebbe inefficace il precetto, e allora l’opposizione magari perde di oggetto (anche se potreste opporvi poi al nuovo precetto). In sintesi: è opportuno muoversi entro 20 giorni dalla notifica del precetto anche per opposizione sostanziale, benché non strettamente obbligatorio, sia per coordinarsi con eventuali motivi formali, sia per presentarsi diligenti al giudice. – Opposizione a esecuzione iniziata: va proposta prima che l’esecuzione sia conclusa. Ad esempio, se l’immobile è già stato venduto e assegnato il ricavato, non potete opporvi (dovreste semmai impugnare gli atti finali). Se vi accorgete di un motivo di opposizione dopo il pignoramento, dovreste proporla possibilmente prima che si arrivi alla vendita o all’assegnazione. Spesso il termine pratico è entro l’udienza di comparizione delle parti in esecuzione (es. l’udienza ex art. 569 per gli immobili, o ex 543 per i terzi). Comunque, conviene non tardare: se aspettate troppo (es. pignoramento nel 2022 e vi opponete nel 2025 alla vigilia dell’asta) il giudice potrebbe considerare la vostra inattività come acquiescenza de facto o potrebbe esserci preclusione di certe eccezioni che andavano fatte prima (questo è dibattuto). C’è un principio giurisprudenziale: i motivi di opposizione all’esecuzione che il debitore conosceva già al momento del precetto dovrebbero essere fatti valere prima dell’inizio dell’esecuzione; se non lo fa e lascia iniziare, alcuni ritengono li abbia preclusi (sanzione di tardività in senso relativo). La Cassazione a Sezioni Unite nel 2017 (sent. n. 775/2017) ha delineato che la tardività può incidere sulla condanna alle spese ma non preclude l’esame del merito, tuttavia con la riforma il correttivo 2024 ha dimezzato i termini di merito proprio per scoraggiare ritardi . Quindi, non conviene aspettare a far opposizione se già sapete il motivo prima. Se ve ne accorgete dopo perché è sorto dopo (es. post precetto il creditore vi ha concesso dilazione e poi rimangiata – potete opporre l’accordo sopravvenuto; o avete compensato con un credito vostro emerso dopo – idem), è legittimo farlo successivamente.
Sospensione dell’esecuzione (art. 624 c.p.c.): Nelle opposizioni all’esecuzione (e agli atti) successive, l’arma principale immediata è chiedere al GE la sospensione del processo esecutivo. Il GE la concede se ci sono “gravi motivi” . Gravi motivi possono essere: la manifesta fondatezza dell’opposizione (ad es. evidente che il debitore ha ragione sul merito) oppure circostanze di particolare urgenza e pregiudizio (es.: l’asta è imminente e l’opposizione verrebbe vanificata se si vendesse il bene). Il GE valuta sommariamente e emette ordinanza. Se la nega, quella ordinanza può essere impugnata con reclamo al collegio (art. 624 c.p.c. come modificato di recente prevede reclamo entro 15 gg al tribunale in composizione collegiale) – però in questa guida non entriamo troppo nel tecnico, basti sapere che c’è un secondo grado sommario per la sospensione. Se anche il reclamo viene respinto, l’esecuzione continua e si attenderà l’esito finale (di solito quando quell’esito arriva l’esecuzione potrebbe essere già finita, il che se l’opposizione viene accolta creerà problemi di retrocessione, risarcimento ecc.). Al contrario, se viene concessa la sospensione, l’esecuzione si blocca e rimane ferma finché non arriva la sentenza definitiva sull’opposizione .
Onere della prova: Nell’opposizione all’esecuzione il debitore-opponente assume formalmente la posizione di attore (se prima dell’esecuzione) o di attore in senso sostanziale anche se proposta dopo (si considera comunque come una domanda riconvenzionale in esecuzione). Questo significa che spetta al debitore allegare e provare i fatti che impediscono il diritto del creditore. Alcuni oneri probatori: – Se eccepite il pagamento: dovrete provare di aver pagato (ricevute, testimoni se in contanti etc.). L’art. 1218 c.c. inverte l’onere sul debitore inadempiente: se il creditore mostra il titolo e l’inadempimento, sta al debitore provare di aver adempiuto. – Se eccepite prescrizione: la prescrizione va semplicemente eccepita; poi sta a voi allegare il decorso del tempo e al creditore eventualmente provare atti interruttivi in quel periodo. Ad esempio, se un decreto ingiuntivo risale al 2010 e poi il creditore precetta nel 2021, voi eccepite prescrizione decennale del diritto a eseguire; il creditore per evitare l’estinzione dovrà dimostrare di avervi notificato atti interruttivi (es. un precetto precedente nel 2015). In caso di contrasto, il giudice valuta le prove. Attenzione: la Cassazione Penale (!) citata in un articolo ha affermato che l’ufficiale giudiziario non può rifiutare la notifica di un precetto su cambiale/assegno dicendo che è prescritto – infatti la prescrizione è un’eccezione di merito che va fatta valere dal debitore in sede di opposizione . Quindi, a maggior ragione, se ritenete un titolo prescritto, sta a voi farlo valere in tribunale. – Se contestate validità del titolo (es. nullità mutuo): dovrete provare i fatti che generano nullità (ad es. tasso usurario – produrre il contratto, i calcoli degli interessi superanti soglia; o vizio di forma – esibire l’atto). – Se sollevate compensazione: dovrete dimostrare il vostro controcredito certo, liquido ed esigibile verso il creditore. – Se dite “non sono io il debitore”: magari omonimia – potete usare carte d’identità, codici fiscali diversi, etc., per convincere che si tratta di persona differente. Oppure se il debito era di una società e ve lo chiedono come ex socio, dovete provare che non ne siete responsabili (il creditore dovrà a sua volta dimostrare perché lo saresti tu). – Se il titolo esecutivo è annullato: se, ad esempio, la sentenza di primo grado su cui è stato precettato viene riformata in appello mentre l’esecuzione è partita, avete un fatto sopravvenuto risolutivo – potete produrre la sentenza d’appello. In tal caso l’esecuzione andrà cessata perché il titolo cade (art. 653 c.p.c. se è DI opposto e revocato, o analogo per sentenza riformata). – Inesistenza titolo: se sostenete che il titolo non c’è (ad es. il precetto cita una sentenza mai emessa), basterà evidenziare la cosa: il creditore dovrà dimostrare l’esistenza. In pratica, il creditore quando precetta allega il titolo; se non l’ha allegato e voi opponete, starà a lui in giudizio produrre il titolo in esecutivo. Se non lo produce (perché non c’è), il giudice accoglierà l’opposizione per mancanza di titolo.
Esito dell’opposizione all’esecuzione: – Se viene accolta, il giudice dichiarerà che l’esecuzione non doveva aver luogo (in tutto o in parte). Se l’esecuzione non era ancora iniziata (solo precetto), verrà annullato il precetto impugnato. Se era iniziata, verranno dichiarati inefficaci gli atti compiuti e l’esecuzione sarà estinta. Ad esempio, il tribunale accerta che il debito era già pagato: annulla il precetto e dispone l’estinzione del processo esecutivo (se pendente). Il creditore dovrà anche pagare le spese all’opponente. Il debitore in alcuni casi potrà chiedere il risarcimento danni se ha subito pregiudizi dall’esecuzione illegittima (es. se gli hanno pignorato indebitamente conti causando perdite, protesti, ecc.). I danni si chiedono nell’opposizione stessa eventualmente (ex art. 615 c.2 per fatti successivi, o art. 2043 c.c. se dolo o colpa del creditore). – Se viene rigettata, l’esecuzione prosegue (se sospesa verrà ripresa). Il debitore dovrà pagare le spese legali al creditore opponente. Il rigetto dell’opposizione a precetto consolida il precetto: attenzione però, il debitore può appellare la sentenza di rigetto (è un giudizio ordinario di primo grado, soggetto ad appello). In tal caso, può chiedere in appello la sospensione della provvisoria esecutorietà ex art. 283 c.p.c. di quella sentenza, per evitare che il creditore esiga nel frattempo. Altrimenti, la sentenza di primo grado è tipicamente esecutiva e il creditore può procedere (magari con un nuovo precetto se nel frattempo il vecchio è scaduto per prudenza, anche se potrebbe proseguire su quello entro 90gg dall’esito). Questo scenario è complicato: due gradi di giudizio di opposizione mentre l’esecuzione incombe; conviene trovare accordo se possibile a quel punto.
Da notare: se l’opposizione viene rigettata perché magari infondata o pretestuosa, il giudice può anche condannare il debitore per responsabilità aggravata (art. 96 c.p.c.) a pagare un’ulteriore somma al creditore, specie se ha sospeso l’esecuzione e poi ha visto che l’opposizione era chiaramente strumentale e infondata. Quindi è importante valutare bene prima di opporsi tanto per guadagnare tempo: potrebbe costare caro.
Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) – vizi formali del precetto e degli atti
L’opposizione agli atti esecutivi è lo strumento per far valere irregolarità formali o violazioni di norme processuali relative al precetto o ad altri atti dell’esecuzione (titolo esecutivo compreso, limitatamente ai vizi di notifica).
Esempi tipici di vizi formali del precetto: – Notifica del precetto nulla per vizi procedurali (es. notificato a indirizzo sbagliato, a persona non legittimata, senza aver rispettato le ricerche prescritte, ecc.). – Mancata o irregolare notifica del titolo esecutivo contestuale al precetto, in violazione dell’art. 479 c.p.c. . – Contenuto del precetto incompleto o errato: manca l’indicazione delle parti, oppure non è stato indicato il termine di 10 giorni, oppure non è stata fatta menzione della data di notifica del titolo precedente, oppure ancora l’importo ingiunto è formulato in modo indeterminato o comprendente voci non giustificate. – Omissione di avvertimenti obbligatori (ad es. – pre-riforma – mancata elezione di domicilio che era “a pena di nullità”; oggi, come visto, la mancanza di avvertimento sovraindebitamento o giudice competente non dà nullità espressa, ma prima di Taranto 2025 c’era incertezza, qualcuno avrebbe potuto opporre anche quelli: ora sappiamo che verrebbe rigettata perché non nullità, ma fino a chiarimento potevano provarci). – Errori materiali nel precetto (es.: indica un titolo per un’altra somma, o sbaglia nominativo del debitore rendendo dubbia l’identificazione). – Richiesta di un importo superiore al titolo per spese ingiustificate (es. precetto che liquida spese di precetto esorbitanti violando i parametri: su questo, la giurisprudenza a volte dice che il giudice dell’esecuzione può ridurre le spese senza annullare per intero il precetto ). – Precetto notificato prima che il titolo fosse esecutivo (es. notifica precetto su sentenza di primo grado prima che fossero decorsi i termini appello o senza che fosse provvisoriamente esecutiva – ciò è un vizio). – Violazione del termine dilatorio di 10 giorni: se il creditore iniziasse l’esecuzione (pignoramento) prima dei 10 giorni senza autorizzazione, il rimedio è l’opposizione agli atti per far dichiarare nullo quel pignoramento anticipato.
Esempi di vizi di altri atti esecutivi: – Errore nel pignoramento (es. l’atto di pignoramento è notificato senza rispettare le formalità, manca l’ingiunzione al debitore ex art. 492, oppure l’atto di pignoramento presso terzi non contiene gli avvertimenti di legge, ecc.). – Notifica del pignoramento nulla. – Errata individuazione del bene pignorato (es. pignorano un bene non di proprietà del debitore – qui potrebbe anche essere opposizione di terzo, ma se è un errore grossolano procedurale il debitore può segnalare). – Violazione delle norme nelle vendite (anche atti del GE – es. un’ordinanza di vendita viziata può essere opposta ex 617). – Manca una comunicazione dovuta (es. omessa notifica dell’avviso di intervento ad alcuni creditori, ecc.). – Errore nel riparto finale (anche quello è un atto esecutivo impugnabile ex 617).
Tempistica rigorosa: L’opposizione agli atti ha il termine stringente di 20 giorni. La decorrenza varia: – Per vizi del precetto o della notifica del titolo, il termine decorre dal momento in cui il debitore ha avuto conoscenza legale dell’atto . Di solito coincide con la notifica del precetto (o se contestate la notifica del titolo, dalla notifica del titolo stesso – ma spesso precetto e titolo sono insieme, quindi 20 giorni dalla notifica del pacchetto). – Per vizi di atti successivi (pignoramento, ecc.), dal momento in cui il debitore o la parte interessata ne ha conoscenza. Ad esempio, per contestare un pignoramento, 20 gg dalla notifica del verbale di pignoramento a lui (o se non gli fu notificato perché irreperibile, da quando ne viene a conoscenza effettiva). – Se si tratta di atti del GE di cui le parti vengono a sapere in udienza o per avviso, di solito dal momento dell’udienza o notifica del provvedimento.
Forma e giudice competente: – Se l’esecuzione non è iniziata (precetto e basta), l’opposizione agli atti è anch’essa preventiva, quindi segue le stesse regole di quella all’esecuzione preventiva: atto di citazione davanti al tribunale competente, entro 20 giorni dalla notifica del precetto . Spesso in pratica si cumula con l’eventuale opposizione all’esecuzione in unico atto. – Se l’esecuzione è in corso, l’opposizione agli atti va rivolta al giudice dell’esecuzione del processo esecutivo con ricorso entro 20 giorni dalla conoscenza dell’atto . Il GE deciderà in camera di consiglio l’opposizione (non c’è fase di merito separata: l’opposizione agli atti viene definita con ordinanza, che però va poi eventualmente impugnata con reclamo ex art. 669-terdecies se inerente misure cautelari, oppure alcuni dicono con appello ordinario se incide su diritti – c’è un po’ di discussione, ma la riforma Cartabia ha cercato di razionalizzare). Comunque, l’opposizione agli atti non apre un giudizio ordinario a parte: è un giudizio incidentale sommario dentro l’esecuzione, salvo casi peculiari. – Se l’opposizione agli atti riguarda atti del professionista delegato o del custode, dopo la riforma Cartabia deve prima farsi reclamo al GE ex art. 591-ter c.p.c. e solo dopo eventualmente opposizione al collegio, dettagli che vanno oltre lo scopo qui.
Gravi motivi e sospensione: Per l’opposizione agli atti successiva, il debitore può chiedere al GE di sospendere la procedura (ex art. 624 c.p.c. analogamente). Anche qui valuterà gravi motivi. Esempio: se c’è un vizio nel pignoramento, si può chiedere di sospendere la vendita in attesa di decidere su quel vizio. La sospensione in caso di vizi formali – se palesi – viene concessa per evitare atti nulli a catena.
Sanatoria dei vizi formali: Un principio importante: la nullità di un atto processuale esecutivo è sanata se non è eccepita tempestivamente o se l’atto raggiunge comunque il suo scopo senza contestazioni (art. 156 e 157 c.p.c.). Applicato qui: se il debitore non fa opposizione agli atti entro i 20 giorni, molti vizi formali si considerano sanati (non li può più far valere: viene detto che la nullità relativa si converte in sanatoria per acquiescenza). Esempio: il precetto è privo dell’avvertimento sovraindebitamento. Se il debitore non dice niente e lascia pignorare, di fatto quell’irregolarità non avrà più rilievo. Oppure la notifica del precetto era nulla, ma se il debitore compare al processo esecutivo, ha sanato la notifica (ha avuto conoscenza, scopo raggiunto) . Cassazione insegna che non basta lamentare il vizio formale in sé: bisogna anche allegare che tale vizio vi ha arrecato un pregiudizio concreto ai vostri diritti di difesa . Ad esempio, dire: “il precetto è nullo perché notificato al vecchio indirizzo, e ciò mi ha impedito di saperlo e di pagare entro i 10 giorni, tanto che nel frattempo hanno pignorato” . Se invece vi limitate a dire “la notifica è nulla ma comunque l’ho saputo e ho fatto opposizione”, il giudice può dire: ok, ma ormai l’atto ha raggiunto lo scopo (lo hai saputo), quindi la nullità è sanata . Quindi nelle opposizioni agli atti bisogna dedicare un punto a spiegare il pregiudizio arrecato dall’irregolarità, per convincere il giudice a non considerarla irrilevante.
Esito dell’opposizione agli atti: – Se viene accolta, l’atto viziato è annullato. Se era il precetto, il precetto viene annullato (il creditore potrà eventualmente notificarne uno nuovo corretto se ancora nei termini del titolo). Se era un atto del pignoramento, quell’atto e quelli successivi consequenziali vengono colpiti. Ad esempio: se annullano il pignoramento per vizi, l’esecuzione dovrebbe ricominciare da capo con un pignoramento nuovo (salvo il giudice disponga diversamente). Ciò porta spesso all’estinzione dell’esecuzione in corso. – Se viene rigettata, l’atto rimane valido e si prosegue. Il debitore paga le spese di questo incidente al creditore.
Rapporto con opposizione all’esecuzione: Non di rado, come anticipato, il debitore propone insieme entrambe, soprattutto se non è sicuro di come qualificare i motivi. Esempio: nel precetto chiedono interessi anatocistici non dovuti (è un vizio? o è questione di merito sul quantum?). C’è dibattito. Spesso, per scrupolo, l’avvocato inserisce sia l’eccezione come vizio dell’atto esecutivo (precetto che include voci inesistenti) sia come contestazione di merito (non dovuti interessi composti). Il giudice potrà inquadrare la questione sotto il profilo corretto. In ogni caso, cumulare è ammesso (nel dubbio l’atto di opposizione viene considerato in parte ex 615 e in parte ex 617). Proceduralmente, se le unite quando l’esecuzione non è iniziata, è un giudizio unico ordinario dove fai valere entrambe. Se sei già in esecuzione, di solito art. 617 co.2 prevede di fare ricorso al GE per i vizi formali; l’art. 615 co.2 pure al GE per i motivi di merito. Quindi conviene farne uno unico ricorso al GE contenente entrambi i tipi di motivi. Il GE li esaminerà: quelli formali li può decidere subito; quelli di merito se non li ritiene manifestamente infondati li tratterà come 615 e poi li manderà al merito. La linea di demarcazione a volte è sottile e i giudici preferiscono decidere tutto in un unico contesto se possibile (per evitare contrasti). Ad esempio, se contestate “importo esagerato con spese non dovute”, il GE può dire: non c’è nullità del precetto, semplicemente riduco le spese non dovute (il precetto rimane valido per il resto) e rigettare l’opposizione agli atti; se c’era opposizione all’esecuzione per l’eccedenza, la accoglie nel senso di dichiarare che oltre un certo importo non era dovuto e quindi quell’importo non potrà essere eseguito. In pratica, l’effetto è simile: restringere il precetto al giusto.
Costi e tempi: Un’opposizione è un giudizio civile, quindi se di valore sopra €1.100 comporta il pagamento di un contributo unificato (il cui importo dipende dal valore del debito contestato). Spesso il valore coincide col valore del precetto. Per esempio, se precetto da €50.000, contributo unificato €518. Se sotto €5.000 e va al Giudice di Pace, contributo minore. In caso di cumulo di domande, si paga una volta sul valore più alto. L’assistenza di un avvocato ovviamente ha un costo (variabile, molti chiedono un anticipo). Se siete con basso reddito, potete chiedere il patrocinio a spese dello Stato: in cause esecutive è ammissibile se il reddito familiare < €11.700 circa annui.
Quanto ai tempi: – L’opposizione a precetto in tribunale può durare anche diversi mesi o un paio d’anni, a seconda del tribunale. Se chiedete sospensione e viene concessa, il creditore è fermato, ma avrà interesse a definire presto la causa. – L’opposizione in corso di esecuzione si muove più velocemente almeno nella fase cautelare: di solito il GE fissa udienza entro 1-2 mesi per discutere la sospensione. La decisione sul merito però poi va in un giudizio a parte, che allunga i tempi potenzialmente di 1-2 anni (anche se la riforma dimezzando i termini auspica più rapidità). – Ci sono poi possibilità di appello: una sentenza che definisce un’opposizione è appellabile come le altre. L’appello andrà in Corte d’Appello, con altro tempo (1-2 anni). Potenzialmente, si può arrivare in Cassazione (altri anni). Tuttavia, sul piano esecutivo pratico, difficilmente le parti attendono tutti i gradi: di solito trovano accordi, oppure se il debitore perde e non ottiene sospensioni in appello, il creditore completa l’esecuzione e fine (poi l’appello farà emergere eventualmente solo questioni di rimborsi, ecc.).
Ricapitolando: – Usate l’opposizione all’esecuzione (615) per tutte le ragioni di merito che negano in tutto/in parte il diritto del creditore a procedere. – Usate l’opposizione agli atti (617) per ogni irregolarità formale nella procedura (a partire dal precetto). – Rispetto dei termini: 20 giorni per i vizi formali dalla conoscenza dell’atto; prima possibile (comunque preferibilmente entro 10-20 gg) per i motivi di merito, e comunque prima che l’esecuzione termini. – Chiedere sospensione se necessario, motivandola bene (ci vuole fumus boni iuris + periculum in mora). – Fatevi assistere da un professionista, perché queste opposizioni sono procedimenti tecnici: come visto, distinguere i tipi, rispettare i termini e competenze, articolare motivi senza precluderseli non è banale per chi non è del mestiere.
Domanda comune: “Se faccio opposizione, devo intanto pagare qualcosa o l’esecuzione si ferma automaticamente?” – Risposta: l’esecuzione non si ferma automaticamente con la sola proposizione dell’opposizione. Deve esserci un provvedimento di sospensione emesso dal giudice. Quindi è possibile (e capita) che un debitore opponga ma non ottenga sospensione, e il creditore intanto pignora e magari arriva a soddisfarsi prima che l’opposizione sia decisa. In tal caso, se poi il debitore vince l’opposizione, avrà diritto a riavere indietro ciò che è stato indebitamente preso, ma intanto il pregiudizio è avvenuto. Ecco perché è fondamentale subito chiedere la sospensione e presentare elementi convincenti di fondatezza dell’opposizione. Se proprio il giudice non concede sospensione, si può tentare come detto reclamo al collegio o appello se applicabile, ma non c’è garanzia. Dunque, valutate con l’avvocato se ci sono margini per un accordo temporaneo col creditore (alcuni creditori se vedono un’opposizione preferiscono in via stragiudiziale attendere l’esito prima di fare mosse costose – ma non tutti).
Nei prossimi sottoparagrafi affronteremo alcune domande frequenti sulle opposizioni, poi passeremo ai casi particolari di precetti su titoli specifici e alle strategie difensive in fase esecutiva.
Domande frequenti sulle opposizioni al precetto e all’esecuzione (FAQ)
- D: Entro quanto tempo devo fare opposizione al precetto?
R: Per i vizi formali del precetto (es. errori nella notifica o nel contenuto), entro 20 giorni dalla notifica dello stesso . Per contestazioni di merito (es. non dovete il denaro) non c’è un termine fisso di legge, ma conviene agire entro i 20 giorni comunque, e in ogni caso prima che inizino atti esecutivi (pignoramento). Se lasciate passare il pignoramento, potrete ancora opporvi (ex art. 615 co.2 c.p.c.), ma avrete perso l’occasione di bloccare sul nascere la procedura e rischiate preclusioni. Quindi: idealmente entro 20 giorni anche per motivi di merito, e comunque non oltre l’udienza iniziale dell’esecuzione se questa parte. - D: A chi notifico l’atto di opposizione a precetto?
R: Va notificato al creditore procedente indicato nel precetto, presso il domicilio eletto nell’atto (spesso lo studio dell’avvocato del creditore) . O, se nel precetto c’è l’indicazione della PEC dell’avvocato/creditore, potete notificarlo via PEC a quell’indirizzo. Attenzione a rispettare le modalità: se il precetto l’ha fatto l’avvocato X con domicilio in via Y, notificate all’avvocato X a quell’indirizzo (oppure alla sua PEC se indicata o presente in registri pubblici). Notificare al creditore di persona è sbagliato se ha un legale costituito: rischiate nullità della notifica dell’opposizione, col decorso dei termini. Se il creditore è una banca o società, di norma l’atto di precetto indica già l’avvocato domiciliatario, quindi seguite quello. - D: Posso sospendere il pagamento in attesa della decisione sull’opposizione?
R: Sì, se il giudice concede la sospensione. La semplice proposizione dell’opposizione non sospende l’obbligo di pagamento. Quindi se non ottenete un provvedimento di sospensione, il creditore potrebbe proseguire e pignorare, ed è anche lecito che pretenda il pagamento immediato. Spesso però, se vedono che avete depositato opposizione, aspettano l’esito dell’istanza cautelare. Formalmente, per essere al sicuro, dovete ottenere un’ordinanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo o del processo esecutivo . In caso di precetto opposto prima di pignoramento, sarà un decreto del tribunale (art. 615 co.1); in caso di esecuzione già iniziata, sarà un’ordinanza del GE (art. 624). Solo con questo in mano il creditore deve astenersi dal procedere finché non viene revocato. Se invece l’istanza di sospensione viene rigettata, il consiglio è di valutare se sia opportuno pagare comunque per evitare aggravi (soprattutto se il rigetto fa presagire esito sfavorevole) o trovare un accordo transattivo, perché a quel punto il percorso opposto è in salita. - D: Ho perso l’opposizione, devo pagare subito?
R: Se l’opposizione viene rigettata con sentenza, il precetto originario (e l’esecuzione) riacquista piena forza. Dovrete pagare il dovuto (eventualmente aggiornato) e anche le spese legali del giudizio di opposizione al creditore (li liquiderà il giudice in sentenza). Il creditore potrebbe ripartire subito col pignoramento (se sospeso, la sospensione cade automaticamente con la sentenza di merito). La sentenza di rigetto è esecutiva provvisoriamente, quindi il creditore può agire anche se voi fate appello, salvo chiediate e otteniate sospensione in appello. In pratica, salvo rarissimi casi, se perdete in primo grado conviene trovare le risorse per pagare, magari negozando un ultimo piano col creditore per evitare vendite forzate. L’appello può ribaltare la situazione, ma nel frattempo potreste aver perso beni. Bisogna soppesare bene le chance in appello e il tempo. - D: Ho vinto l’opposizione, che succede?
R: Se la vincete in toto: la pretesa esecutiva del creditore viene dichiarata improcedibile o il precetto nullo. Se non c’era pignoramento, finisce lì: il creditore se vuole può appellare la decisione, ma intanto non può eseguire su quel precetto. Se c’era un pignoramento in corso, la sentenza disporrà la caducazione di quegli atti (es. estinzione dell’esecuzione). Voi avrete anche diritto alle spese legali (che il creditore dovrà pagarvi) e, se avete subito danni (es. spese per custodia di un bene pignorato ingiustamente, perdita di opportunità, ecc.), potete chiedere il risarcimento. Spesso però i giudici riconoscono come danno solo le spese legali. Danni ulteriori vanno provati specificamente. Una volta passata in giudicato la sentenza (se il creditore non appella, o dopo eventuale appello confermativo), potrete agire per recuperarli (anche compensando con eventuali parti di credito legittime). - D: Posso oppormi solo a una parte del precetto (ad esempio solo agli interessi o alle spese)?
R: Sì. L’opposizione può essere parziale. Potete ad esempio riconoscere che dovete il capitale ma contestare gli interessi richiesti in misura eccessiva, oppure contestare solo le spese. In tal caso di solito si configura come opposizione all’esecuzione limitatamente a quella parte non dovuta. Il rischio di un’opposizione parziale è che, se parliamo di somme modeste (es. contestate €500 di spese su €10.000 di debito), anche vincendo potreste spendere più di 500€ in spese legali per ottenerlo. Valutate il rapporto costi-benefici. Un approccio migliore a volte è pagare l’indubbio e opporsi solo per il resto contestato. Attenzione però: se pagate tutto e poi volete far causa per ripetere l’indebito (farvi restituire la parte non dovuta), è complicato e alcuni dicono che pagando spontaneamente rinunciate implicitamente a contestare. Sarebbe preferibile offrire di pagare la parte non contestata e depositare quella somma in giudizio, opponendovi per la parte eccedente. In tal modo dimostrate bona fides. Il giudice in questi casi può sospendere l’esecuzione per l’eccedenza e magari far proseguire solo su quanto non versato. In pratica sì, potete limitare l’opposizione a ciò che ritenete non dovuto. - D: Il precetto è stato notificato 4 mesi fa e non hanno fatto nulla. Posso stare tranquillo?
R: Relativamente. Dopo 90 giorni dalla notifica, il precetto perde efficacia . Quindi quel precetto non può più essere posto a base di un pignoramento valido. Se passati 4 mesi il creditore volesse procedere, deve notificarvi un nuovo precetto. Quindi, per ora, non può cogliervi di sorpresa con un pignoramento sul precetto scaduto. Tuttavia, potrebbe inviare un secondo precetto in qualsiasi momento (a meno che nel frattempo il suo diritto non sia prescritto o decaduto). Quindi “tranquillo” è una parola grossa: il debito esiste ancora, ha solo guadagnato tempo. Inoltre, se il creditore ha depositato prima dei 90 giorni un’istanza ex art. 492-bis (ricerca beni) con autorizzazione ante precetto, quel termine potrebbe essersi sospeso (norma specifica sospende 90gg in caso di asset search autorizzata prima del precetto) , ma è caso raro. In genere, comunque, dopo 3 mesi senza azioni, quell’ondata è passata. Il creditore per colpirvi dovrà ripetere la trafila (nuovo precetto, ecc.). Potreste, se ne avete i presupposti, approfittarne per mettervi in regola (es. trovare soldi, vendere bene per pagare, o preparare opposizione se non l’avevate fatta). Di certo, se quell’inerzia è dovuta a qualche trattativa in corso, ottimo; se è disattenzione del creditore, potrebbe svegliarsi fra qualche mese comunque. Non c’è una “prescrizione” di pochi mesi del titolo (a meno che fosse assegno – 6 mesi – o cambiale – 3 anni: ma quelli il creditore avrebbe già perso efficacia prima ancora). Una sentenza ad esempio prescrive in 10 anni; quindi il creditore può fare precetti successivi fino a 10 anni (rinnovabili). Alcuni creditori strategicamente notificano un precetto ogni 2 anni per interrompere la prescrizione e non eseguono; poi, a distanza di molto tempo, colpiscono quando magari il debitore ha acquisito beni. Quindi, non abbassate completamente la guardia. Tenete conto delle prescrizioni lunghe. Finché il debito non è formalmente annullato o estinto, il rischio esecuzione rimane. - D: Devo comunque costituirmi in giudizio se faccio opposizione?
R: Sì. Fare opposizione significa iniziare una causa. Dunque, dopo aver notificato l’atto di citazione in opposizione, dovrete depositarlo in tribunale e poi costituirvi (tramite il vostro avvocato) entro i termini (per citazione, almeno 10 giorni prima dell’udienza). Nel caso di opposizione con ricorso (post pignoramento), la presentate direttamente al giudice, che fisserà l’udienza, poi dovrete comparire. Non basta dunque spedire l’atto: dovete seguire la procedura del giudizio. Se non vi costituite, l’opposizione verrà dichiarata improcedibile o come non proseguita. Quindi è un vero contenzioso: assume i doveri di qualsiasi causa (memorie, prove, udienze, ecc.). - D: Il credito deriva da un contratto con clausola arbitrale; posso oppormi dicendo che doveva decidere l’arbitro?
R: Se ormai c’è un titolo esecutivo (es. un decreto ingiuntivo non opposto, o un atto notarile), la clausola compromissoria non rileva più: andava fatta valere prima nel merito. In sede esecutiva, la competenza arbitrale non è opponibile. Sarebbe stato un motivo di opposizione a decreto ingiuntivo semmai, ma se è tardivo, non potete farlo valere come opposizione all’esecuzione. L’esecuzione guarda al titolo esecutivo valido in sé. Lo stesso per altre questioni procedurali del processo a monte: se c’era incompetenza territoriale, andava eccepita nel merito; in sede esecuzione non potete dire “la sentenza è nulla per difetto di giurisdizione” – salvo casi eccezionali di nullità radicale, ma in generale l’opposizione all’esecuzione non è una continuazione del processo di merito. Dovete attaccare il titolo in quelle sedi proprie.
Fin qui abbiamo trattato in dettaglio come contestare un precetto e un’esecuzione dal punto di vista processuale. Ora, spostiamo il focus sui casi particolari di titoli esecutivi su cui il precetto può basarsi (cambiale, assegno, mutuo, sentenza straniera, atto notarile, ecc.) e sulle strategie difensive specifiche che ogni situazione comporta.
Casi particolari di precetto e strategie difensive correlate
In questa sezione esaminiamo alcune tipologie specifiche di titoli esecutivi che frequentemente sono alla base di atti di precetto, evidenziando le peculiarità normative e giurisprudenziali di ciascun caso e come il debitore può articolare la propria difesa in ognuno di essi.
I casi che tratteremo includono: – Precetto su cambiale (o tratta accettata, pagherò cambiario); – Precetto su assegno bancario; – Precetto su contratto di mutuo (titolo notarile) – spesso mutuo fondiario con ipoteca; – Precetto su sentenza straniera (o altro provvedimento straniero); – Precetto su atto pubblico notarile diverso dal mutuo (ad es. una ricognizione di debito, una transazione, etc.); – (Accenneremo anche a precetti per obblighi di fare/non fare o consegna, sebbene meno comuni, per completezza).
Per ogni fattispecie vedremo cosa contraddistingue il titolo, quali normative speciali si applicano (prescrizioni brevi, condizioni, formalità) e quali eccezioni specifiche il debitore può sollevare.
Precetto su cambiale
Le cambiali (pagherò cambiari o tratte accettate) sono titoli di credito formali che incorporano un obbligo di pagamento. La cambiale non pagata alla scadenza costituisce, in linea generale, titolo esecutivo per il suo importo : ciò significa che il creditore in possesso della cambiale protestata può procedere direttamente a precetto e pignoramento senza bisogno di una sentenza.
Normativa rilevante: Il R.D. 14/12/1933 n. 1669 (Legge Cambiaria) disciplina le cambiali. Punti chiave: – Per essere titolo esecutivo, la cambiale deve essere in regola con il bollo (elemento formale) e presentare tutte le indicazioni richieste (data emissione, scadenza, ordine/invito a pagare, firma dell’emittente o dell’accettante, importo). Se manca un requisito essenziale, la cambiale è invalida come titolo di credito e dunque non eseguibile. – Se la cambiale non viene pagata alla scadenza, il creditore di regola deve far levare il protesto (atto pubblico levato da notaio o ufficiale levatore) per poter esercitare le azioni di regresso contro giranti e avallanti. Tuttavia, nei confronti dell’obbligato principale (emittente nel pagherò, trattario accettante nella tratta) vi è un orientamento secondo cui l’azione esecutiva diretta è possibile anche senza protesto, essendo quell’obbligato comunque tenuto. Ma in pratica, quasi sempre si protesta per sicurezza. – Prescrizione breve: la cambiale è soggetta a termini di prescrizione più brevi rispetto ai normali 10 anni: – L’azione cambiaria diretta (verso l’emittente del pagherò o il trattario accettante della tratta e rispettivi avallanti) si prescrive in 3 anni dalla data di scadenza della cambiale . Ciò significa che il precetto su cambiale deve essere notificato entro 3 anni dalla scadenza (salvo atti interruttivi). Se sono passati oltre 3 anni, il titolo cambiario non è più esecutivo: il creditore non potrà usarlo per esecuzione forzata, ma solo eventualmente agire in via ordinaria sul rapporto causale sottostante (se non prescritto anch’esso). – L’azione di regresso (verso giranti, traente non accettante, avallanti di costoro) si prescrive in 1 anno dalla data del protesto o scadenza . Quindi, se un creditore precetta un girante, deve farlo entro 1 anno dal protesto. – Azioni di regresso tra giranti inter se: si prescrivono in 6 mesi da quando il girante ha pagato o dal giorno in cui è stato promosso regresso contro di lui (caso meno rilevante per il debitore principale). – L’interruzione della prescrizione: può avvenire mediante atto formale fatto al debitore cambiario, come una costituzione in mora o un precetto stesso. Se la prescrizione è interrotta, ricomincia da capo per un uguale periodo (ad es. se entro 3 anni notifico un precetto, quell’atto interrompe e da lì ripartono altri 3 anni). – Titolo esecutivo dopo scadenza: la cambiale impagata scaduta è titolo esecutivo ex lege (art. 474 c.2 n.5 c.p.c.). Non serve un decreto ingiuntivo, a patto di presentare l’originale in sede di esecuzione (l’ufficiale giudiziario di regola chiede di vedere l’originale col protesto). Nel precetto, di solito, si menziona “cambiale n. … dell’importo … scadenza …, protestata in data …” e si allega copia conforme con il bollo di protesto.
Difese specifiche per il debitore su precetto cambiario: – Eccepire la prescrizione cambiaria: come detto, se il precetto vi arriva oltre 3 anni dopo la scadenza (contro obbligato principale) o oltre 1 anno (contro girante), eccepite subito la prescrizione dell’azione cambiaria . Questo va fatto con opposizione all’esecuzione, perché concerne l’estinzione del diritto di agire esecutivamente. Ad esempio: cambiale scaduta il 1/1/2020, precetto notificato il 5/2/2023 all’emittente – sono passati più di 3 anni => azione cambiaria prescritta . In opposizione chiederete l’inefficacia del precetto. Attenzione: se nel frattempo il creditore aveva ottenuto un decreto ingiuntivo autonomo sul rapporto causale (es. prestito soggiacente) non siete salvi: quell’ingiunzione ha sua efficacia. Ma se si basa solo sulla cambiale prescritta, l’opposizione è vincente. Ricordatevi: la prescrizione va eccepita da voi, l’ufficiale giudiziario non può rifiutare di notificare il precetto perché la cambiale appare prescritta . – Contestare la regolarità formale della cambiale: se la cambiale è viziata (mancanza di bollo, difetti di forma essenziale) potete opporvi sostenendo che non è valido titolo esecutivo. Ad esempio, se manca la girata di procura necessaria, o se il bollo era insufficiente (in teoria, cambiale senza bollo o con bollo insufficiente non vale come titolo esecutivo finché non si regolarizza pagando imposta e multa). Queste difese richiedono esame concreto del documento. – Eccezione di mancata presentazione/protesto: un debitore principale (emittente) non può sottrarsi molto con questo, perché anche senza protesto rimane obbligato (il protesto serve per i giranti). Tuttavia, se siete un girante, potete dire: la tratta non fu protestata nei termini, quindi l’azione di regresso è persa. Idem se l’assegno non fu presentato in tempo (lo vedremo). In pratica, il girante può eccepire decadenza dell’azione cartolare se il portatore non ha fatto il necessario (artt. 45 e ss. L. Cambiaria). – Eccezioni causali personali: la cambiale è titolo astratto, ma tra immediati contraenti si possono far valere eccezioni relative al rapporto sottostante. Esempio: se avete emesso una cambiale come garanzia di un contratto che poi è annullato/rescisso, potete opporre che la causa debendi è venuta meno. Però attenzione: questa è materia di merito complessa; il giudice dell’esecuzione di norma non rivede il rapporto causale, a meno che sia lampante (es. scrittura privata contestuale che dice “cambiale data a garanzia, non si esigerà”). Dovreste eventualmente aver prima agito per far dichiarare quella cambiale nulla da un giudice ordinario. In sede di opposizione all’esecuzione, far emergere la causa sottostante non facile: la Cassazione in passato ha ammesso eccezioni di “mancato perfezionamento della causa” se tra le stesse parti (es. consegna merce mai avvenuta a fronte della cambiale) a patto di fornire prova chiara . In sostanza: potete provarci, ma serve convincere il giudice con prove robuste. – Falsità della firma o riempimento abusivo: se sostenete che la firma sulla cambiale non è vostra, oppure che era un modulo in bianco riempito con importo diverso da quello concordato, queste sono eccezioni forti. Ovviamente, la firma falsa va provata con querela di falso o perizia grafologica: andrà in un procedimento a parte, forse sospendendo l’esecuzione. Il patto di riempimento (art. 14 L. Cambiaria) stabilisce che l’emittente può eccepire che la cambiale fu riempita in maniera difforme dagli accordi (es. importo diverso). Però, se il portatore è terzo di buona fede, quell’eccezione non vale; se invece è lo stesso contraente originario, può valere. Dunque, in opposizione, se la controparte è chi ha ricevuto la cambiale direttamente, potete allegare e dimostrare l’abuso del patto di riempimento (ad esempio con scrittura privata dove convenivate un certo importo e invece ne ha scritto di più). Ci sono sentenze che dicono che l’eccezione di abusivo riempimento rientra nelle eccezioni personali ammissibili tra le stesse parti . Onere probatorio su di voi però. – Parziali pagamenti o distinte causali: se avete pagato una cambiale ma per qualche ragione il creditore la tiene comunque e precetta, esibite la prova del pagamento. Legalmente, l’obbligazione cambiaria va estinta col ritiro del titolo: mai pagare una cambiale senza farsela restituire, se no il debitore non ha prova libera. In difetto, cercate testimoni, ricevute timbrate, ecc. Se convincete il giudice che l’hai pagata, l’esecuzione viene bloccata per carenza di titolo (è factum concludens di pagamento). – Opposizione a precetto vs. opposizione tardiva a DI: a volte, i creditori ottengono anche un decreto ingiuntivo basato su cambiale (magari perché vogliono il provvedimento monitorio per ipoteca giudiziale ecc.). Se quel DI è diventato esecutivo, non potete in sede esecutiva far valere eccezioni cambiaria che avreste dovuto fare come opposizione a DI. Quindi occhio: se esiste un decreto ingiuntivo non opposto, la cambiale come tale è “assorbita” nel giudicato monitorio. Dovreste, semmai, fare opposizione tardiva a DI se avete motivi validi (es. notifica nulla del DI). Se ve ne accorgete solo al precetto, coordinate i due rimedi: 615 c.p.c. contro l’esecuzione e 650 c.p.c. tardivo contro il DI. Le Sez. Unite 2023 hanno facilitato i tardivi DI per i consumatori in certi casi .
Riassumendo per la cambiale: La difesa principale del debitore è la prescrizione breve . Altre difese ruotano su eccezioni di nullità del titolo o del rapporto causale, più complesse. Bisogna agire prontamente, perché i 3 anni sono stringenti e i creditori di solito precettano prima. Se invece avete ricevuto il precetto entro 3 anni, l’unica scappatoia è trovare un vizio nel titolo (firma, importo, patto) o un accordo transattivo con loro.
Una nota pratica: spesso chi subisce precetti su cambiali o assegni è in difficoltà economiche serie. Valutate di utilizzare la procedura di composizione delle crisi da sovraindebitamento: se avete molti debiti, includendo quelli cambiari, presentare un piano del consumatore può bloccare tutte le esecuzioni (il tribunale emette un provvedimento di sospensione di tutte le azioni esecutive). Quindi, se un precetto su cambiale è un tassello di un mosaico di debiti, considerate quell’opzione piuttosto che combattere singolarmente su ogni fronte.
Precetto su assegno bancario
L’assegno bancario (o postale) è un altro titolo di credito all’ordine, simile alla cambiale sotto alcuni aspetti, ma con proprie regole: – Un assegno bancario è un ordine di pagamento a vista: può essere incassato presentandolo in banca. Se risulta “senza provvista” (banco firma mancante di fondi), il portatore può farlo protestare o farsi rilasciare una dichiarazione di impagato (c.d. constatazione equivalente). – Titolo esecutivo: L’assegno bancario non pagato è titolo esecutivo come la cambiale . Tuttavia, perché lo sia: – Deve essere presentato nei termini: entro 8 giorni dall’emissione se pagabile nello stesso comune, entro 15 giorni se su piazza diversa (in Italia), 20 o 60 giorni se estero (art. 32 R.D. 1736/1933). Se non si presenta in tempo, il traente può liberarsi se nel frattempo ha tolto i fondi (ma se no, rimane obbligato civile). – Deve essere protestato o equivalenti: se non pagato, occorre levare protesto o, per evitare costi e procedure, la legge consente una dichiarazione della banca che attesta il rifiuto di pagamento (ai sensi L. 15/1994), che vale come constatazione equivalente al protesto. Quindi ai fini esecutivi di solito si allega all’assegno impagato o il protesto oppure la “CAI” (Comunicazione di Impagato) rilasciata dalla banca. – Prescrizione dell’azione cartolare: Molto breve: 6 mesi dalla scadenza del termine di presentazione . In pratica, dall’emissione (o data di emissione + 8/15 gg), l’assegno prescritto in 6 mesi . Decorso tale termine, chi non ha escusso il traente (emittente) perde l’azione esecutiva cartolare. Anche qui c’è possibilità di azione causale oltre, ma non come titolo immediato. – Gli assegni sono spesso utilizzati come mezzi di pagamento differiti o garanzia. Un fenomeno comune è l’assegno postdatato: formalmente è illecito (l’assegno dovrebbe essere a vista), ma di fatto funge da titolo promissorio. Se uno precetta su un assegno postdatato, l’assegno è ugualmente valido (la postdata non lo invalida verso terzi, solo comporta sanzione amministrativa per l’emittente). Quindi vi trovereste con un assegno datato diversamente dalla consegna. Non è in sé difesa dire “era postdatato per patto”, a meno di inquadrare come patto di non presentarlo prima: potete provare a far valere quell’accordo come eccezione causale (difficile). – Sanzioni e CAI: quando un assegno viene impagato, il traente può incorrere in un protesto e nell’iscrizione al CAI (Centrale d’Allarme Interbancaria) con divieto di emettere assegni per 6 mesi. Queste sono questioni amministrative separate dall’esecuzione, ma è bene saperlo perché a volte il debitore in questo contesto preferisce pagare entro 60 giorni per evitare sanzioni (L. 386/90 consente di evitare sanzioni penali e amministrative pagando tardivamente assegno + penale 10% entro 60gg dal protesto).
Difese specifiche per il debitore su assegno: – Prescrizione breve (6 mesi): come per la cambiale, se ricevete un precetto su un assegno dopo più di 6 mesi dalla data di emissione, potete eccepire la prescrizione dell’azione cartolare . Ad esempio, assegno datato 1 gennaio 2023, precetto notificato 10 ottobre 2023: oltre 6 mesi -> prescritto. Ciò estingue l’azione esecutiva cambiaria. (Nota: i 6 mesi decorrono dallo spirare del termine di presentazione, che è 8/15gg, quindi in pratica ~6 mesi e 8gg dall’emissione). – Mancato protesto/dichiarazione: Se il portatore non ha né protestato né ottenuto dichiarazione equipollente, formalmente non avrebbe titolo esecutivo “completo”. Tuttavia oggi, dal 2004, se l’assegno è non pagato la banca è obbligata a fare segnalazione CAI che funge da constatazione. Potreste verificare: se proprio manca ogni atto, opporsi dicendo che l’assegno non è stato formalmente constatato impagato, ergo non è esecutivo. La controparte potrebbe subito rimediare facendosi dare dichiarazione dalla banca (ma se è tardivo…). – Difesa: assegno emesso a garanzia: Giuridicamente, un assegno dovrebbe essere pagamento, non garanzia. Ma in molte prassi commerciali si rilasciano assegni postdatati come cauzione di contratti. Se avete prove solide (contratto che dice “assegno a garanzia – non incassare salvo inadempimento”), potete far valere che l’assegno non andava incassato, e se l’obbligo principale è stato adempiuto o non scaduto, l’azione su quell’assegno è abusiva. È una difesa difficile perché contrasta col principio di astrattezza del titolo. Ma se portate il giudice sul terreno del rapporto sottostante e dimostrate di aver rispettato quel rapporto, potreste ottenere una sospensione per abuso del diritto. Va tentata con cautela. Alcune sentenze di merito hanno riconosciuto l’abuso del diritto in chi presenta un assegno a garanzia prima che il garantito sia esigibile. – Pagamento parziale e mancanza fondi: Se il creditore vi precetta per l’intero assegno ma voi ad esempio avevate coperto in parte l’importo sul conto e la banca l’ha usato a parziale pagamento, potreste pretendere lo scomputo. Di solito, però, assegno o è pagato o no. Se fu pagato parzialmente (possibile), la banca dovrebbe averne attestazione. Opponetevi per ridurre l’importo richiesto all’effettivo non pagato. – Assenza di fondi imputabile alla banca?: raramente, il debitore può sostenere che c’erano fondi ma la banca erroneamente non ha pagato. Provarlo è complesso; se fosse vero, se la banca ammette l’errore, di solito onora l’assegno tardivamente. Non è una difesa tipica verso il portatore (che in buona fede aveva diritto al pagamento), ma un affare tra voi e la banca. – Eccezioni personali: analoghe a cambiale – falsità firma (assegno rubato o falsificato – allora è questione penale, e quell’assegno non vincola la persona la cui firma fu falsificata; presentare querela e far sospendere esecuzione per querela di falso), riempimento difforme (poco applicabile, di solito l’assegno si compila all’emissione). – Difetto di legittimazione del portatore: raro oggi perché c’è girata in bianco ecc., ma se l’assegno all’ordine non è girato a chi precetta, quest’ultimo non è portatore legittimo. Verificate catena girate. Di solito risolvono con girata in bianco quindi chi lo possiede è legittimato. Tuttavia, se l’assegno è non trasferibile (come la legge ora rende obbligatorio sopra €1000, e molti sono sbarrati “non trasferibile” se emissione recente), allora l’unico che può incassarlo è il beneficiario. Se appare un terzo, non potrebbe. Quindi se Tizio emette assegno “non trasferibile” a Caio, e Sempronio precetta quell’assegno, opposizione: Sempronio non ha titolo (non può esser girato). Attenzione: magari Sempronio è il procuratore di Caio? Allora va visto. Se il beneficiario è persona giuridica, magari appare differenza di denominazione. Comunque, controllare se è nominativo e non trasferibile. – Rimedi extraprocessuali: Come detto, entro 60 giorni dal protesto, il traente può evitare sanzioni penali amministrative pagando l’assegno + spese + penale 10%. Ciò non estingue il debito esecutivo (lo paga!). Se però siete in questo periodo e avete i soldi, conviene pagare ed evitare il disastro del protesto (che poi rimane 5 anni). Nel contesto esecutivo, la L. 386/90 prevede che se pagate in 60gg, ottenete la riabilitazione e non sarete ulteriormente sanzionato. Questo può motivare a trovare risorse urgentemente. – Presenza di più debitori: sull’assegno il traente (chi firma l’assegno) è il primo obbligato; eventuali giranti precedenti (che abbiano girato l’assegno) sono coobbligati di regresso. Il portatore può precettare e agire contro tutti congiuntamente (importo pieno verso ciascuno). Se voi siete traente, non potete dire “prima escuti la banca trattaria”, perché l’assegno non prevede beneficio di escussione: la banca non è obbligata, era il mero esecutore di pagamento. Se siete girante, potete rifarvi poi sul traente (ma intanto devono pagare se ne hanno). – Opposizione tardiva a DI su assegno: come per cambiale, se il creditore ha preferito fare decreto ingiuntivo (magari perché l’assegno era prescritto come titolo ma entro 10 anni dall’emissione può chiedere decreto ingiuntivo sul debito sottostante, come “pagamento per cui fu emesso assegno non onorato”), e se quel DI è passato in giudicato, non potete usare la prescrizione breve dell’assegno in esecuzione perché il titolo esecutivo è il DI (che ha 10 anni prescrizione). Potreste però, se non vi fu notificato, fare opposizione tardiva come le S.U. 2023 consentono in più casi. Quindi attenzione alla distinzione: se precetta sull’assegno direttamente (verificate se allega l’originale assegno e protesto), oppure se precetta su un decreto ingiuntivo richiamando l’assegno come prova nel DI. Nel secondo scenario, le difese cambiano (es. attaccare il DI per nullità notifica, contestare validità assegno era da fare in opposizione monitoria…).
In breve, l’assegno ha difesa di prescrizione 6 mesi come asso nella manica, e poi eventuali contestazioni sul fatto che era solo garanzia o che il portatore non è legittimato. Il consiglio se siete stretti da un assegno protestato di cui non potete contestare la sostanza, è di cercare di pagare o transare rapidamente per evitare guai peggiori (le conseguenze reputazionali del protesto e del penale del 10% ecc.). A differenza di altri debiti, qui la finestra di negoziazione può essere breve (entro 60gg per non incorrere in sanzioni). Dal lato esecutivo, fortunatamente il creditore spesso è motivato a negoziare perché anche per lui l’assegno protestato se va in esecuzione, magari il debitore non ha beni, e rischia lungaggini. Quindi talvolta si chiude con un saldo e stralcio (pagare una percentuale in cambio della rinuncia a protesto o ad azioni – se entro 60gg si paga, la banca non trasmette atto di protesto formalmente e vi salvate la faccia se concordato).
Precetto su contratto di mutuo (atto notarile)
I contratti di mutuo (prestiti di somme) stipulati per atto pubblico notarile in Italia hanno efficacia di titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. (n. 3, atti ricevuti da notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato, contenenti obbligazioni di pagamento). In pratica, la banca, anziché dover andare in giudizio, può basarsi direttamente sul contratto di mutuo notarile per agire in via esecutiva contro il mutuatario e gli eventuali garanti, una volta che il mutuo è scaduto o risolto per inadempimento.
Caratteristiche tipiche: – Il mutuo ipotecario con banca è quasi sempre formalizzato in un atto pubblico (davanti a notaio) che poi viene anche iscritto come ipoteca sui beni immobili dati in garanzia. Nel medesimo atto di solito il debitore riconosce di aver ricevuto la somma e assume obbligo di restituirla a rate con interessi, etc. – Dal 2023, come visto, non serve più la “formula esecutiva” (i notai comunque spesso la menzionavano). Oggi la banca ottiene copia conforme dell’atto notarile e quella è titolo esecutivo . – Condizioni per procedere esecutivamente: Occorre che il debito sia scaduto ed esigibile. Se il mutuo è a rate e il debitore paga regolarmente, la banca non può precettare l’intero. Solitamente c’è una clausola risolutiva espressa: se il debitore omette il pagamento di X rate (spesso 2 o 3), la banca può invocare la decadenza dal beneficio del termine (risoluzione del contratto) e richiedere tutto il capitale residuo immediatamente. Ciò va di solito formalizzato con una lettera di messa in mora e decadenza (dettata dal Testo Unico Bancario art. 40 se mutuo fondiario). Difesa: se la banca precetta tutto senza aver inviato la lettera e senza che siano maturati i presupposti (ad es. è insoluto 1 sola rata, o avete versato con ritardo ma hanno accettato, etc.), potete opporre che il credito totale non è esigibile: al più sono scadute le rate singole. Le Sez. Unite 2017 (sent. n. 24675/2017) hanno statuito che in mutui fondiari la banca deve rispettare l’art. 40 TUB e il giusto preavviso prima di esigere tutto, altrimenti il titolo esecutivo per l’intero è contestabile. Tuttavia, più di recente, le Sez. Unite 2025 n. 5968 hanno chiarito un punto: se nel contratto di mutuo c’è la clausola di “messa a disposizione immediata con contestuale costituzione in deposito” (pratica diffusa in mutui fondiari dove la somma viene subito reimpiegata per estinguere passività, il c.d. mutuo di scopo con deposito cauzionale), quell’accordo è comunque titolo esecutivo senza bisogno di atto successivo che attesti lo svincolo. Hanno quindi rafforzato la portata esecutiva del mutuo stesso, chiudendo dispute dove alcuni giudici chiedevano un secondo atto. La pronuncia SU 2025 dice: il contratto di mutuo è titolo esecutivo di per sé, senza necessità di ulteriore atto pubblico per attestare l’erogazione o svincolo anche se c’era deposito . Dunque, come debitori non potete più eccepire (come in passato si faceva) che “siccome la banca non mi ha materialmente consegnato contanti ma ha erogato su un conto vincolato, non è mutuo perfezionato”: SU ha detto che quell’operazione è sufficiente a perfezionare il mutuo e l’obbligo di restituzione è attuale . Quindi quell’eccezione (che aveva temporaneamente funzionato in qualche tribunale di merito per bloccare esecuzioni fondiarie) ormai è chiusa. – Interessi e usura: Un fronte di difesa in mutui è verificare se il tasso di interesse (corrispettivo o di mora) sia usurario (supera il tasso soglia ex L.108/96) o se vi siano clausole di capitalizzazione anatocistica non lecite. Se sì, potete opporre la nullità parziale del contratto: in giurisprudenza, se il tasso di mora è usurario, c’è chi ha ritenuto nulla solo la clausola di mora (applicando interessi legali in sua vece) , c’è chi ha argomentato nullità dell’intero patto interessi. In sede di esecuzione, se ravvisate usurarietà, potete chiedere al giudice sospensione e far valere quell’eccezione (è di merito, va in 615). Serve una perizia contabile a supporto. In alcuni casi, i giudici hanno accolto opposizioni riducendo gli interessi pretesi ai limiti legali. Attenzione però: l’usura contestata non blocca il capitale dovuto, blocca solo la parte interessi. Quindi l’esecuzione magari prosegue per il capitale. – Arretrati contestati: talvolta la banca calcola male il dovuto. Può succedere su mutui a tasso variabile mal gestiti. Oppure il mutuatario contesta l’applicazione di penali non dovute. Sono questioni tecniche: vanno affrontate con analisi del piano di ammortamento e del contratto. Può emergere che il debito residuo preteso è errato. Opposizione per far rettificare (spesso serve CTU). – Vicende del contratto: se il mutuo è annullabile (magari per vizi del consenso) o nullo (ad es. mutuo stipulato da un soggetto incapace, o privo di forma – ma di solito è atto pubblico, quindi forma ok), bisognerebbe far valere tali vizi con un giudizio di cognizione ordinario, eventualmente chiedendo la sospensione ex art. 615. Non comune, ma se ad esempio foste un fideiussore che contesta la propria fideiussione (clausole anticoncorrenziali?), potreste intervenire. In Cass. ci sono state pronunce su nullità di fideiussioni omnibus per violazione antitrust: se la vostra garanzia è nulla, potete opporla come eccezione all’esecuzione verso di voi. – Procedura espropriativa speciale fondiaria: I mutui fondiari godono di norme di favore (es. interessi moratori ridotti in sede esecuzione se aggiudicazione non copre debito, art. 2855 c.c., ecc.). Non direttamente una difesa per voi, ma sapere che se l’esito è asta con ricavato inferiore, la banca può chiedervi residuo ma senza altri interessi moratori. Poco consolatorio. – Beneficio escussione per garanti: se siete coobbligato (es. fideiussore) potete talvolta eccepire che la banca non ha prima escusso il debitore principale. Però la fideiussione di solito esclude il beneficio d’escussione (la standard ABI lo esclude, ed è valida). Se per caso la vostra fideiussione prevede espressamente il beneficio, potete pretenderlo e far sospendere l’azione contro di voi finché non agiscono sul principale (è raro nel contesto bancario: loro vogliono agire su tutti). – Opposizione ex art. 41 TUB per vendita extragiudiziale: con la riforma 2016, se era pattuito nel mutuo con garanzia immobiliare (non prima casa del debitore) la clausola “patto marciano” (art. 48-bis TUB), la banca, in caso di inadempimento, può vendere privatamente il bene senza esecuzione giudiziale. Se c’è questa via e la banca la intraprende, l’esecuzione ordinaria non dovrebbe coesistere. Se invece la banca non la usa e preferisce esecuzione, niente per voi. Oppure se la usa in modo scorretto, potete opporvi in tribunale con rito sommario. Questo è un scenario specializzato, ancora poco diffuso. – Procedura concorsuale: se siete soggetti fallibili (imprenditori commerciali sopra soglie) e venite precettati su mutuo, a volte conviene lasciarvi fallire per bloccare le esecuzioni individuali e trattare nel concorso. Per un consumatore, come accennato, c’è il piano del consumatore. Quindi se l’importo è ingestibile e ci sono altri debiti, considerate soluzione concorsuale: presentare ricorso di sovraindebitamento prima che vendano la casa può salvare la casa (concordando un piano di rientro). – Protesto Cambiario su Mutuo: Non c’è nulla, ma a volte le banche facevano emettere cambiali per rate scadute – se avete firmato cambiali a garanzia di rate, occhio: quelle sono titoli esecutivi autonomi e soggetti a regole di cambiale (già trattate). Quindi occhio a doppi binari (contratto e cambiali). – Opposizione ai sensi art. 617 c.p.c.: controllare se il precetto su mutuo rispetta la norma correttivo: deve indicare il giudice competente, e se firmato dalla banca (parte) il domicilio. Questi vizi ormai non portano nullità se non alveo ex art. 480 co.3, ma potete sollevare eventuali omissioni giusto per segnalare.
Riepilogo mutuo notarile difese: – Verificare se la banca ha correttamente dichiarato la decadenza dal termine (se no, opporsi per improcedibilità). – Valutare usura e clausole illegittime (farle valere per ridurre somme). – Chiedere eventualmente termini di grazia? (In esecuzione no, ma prima: ex art. 40 TUB comma 3, entro 6 mesi dal ritardo pagare arretrato e rimedi). Se offrite di versare gli arretrati, a volte i giudici sospendono la procedura per darvi modo. – Se l’immobile pignorato è prima casa e non ci sono ipoteche volontarie, c’è una relativa impignorabilità solo per crediti erariali; un creditore privato con mutuo di solito ha ipoteca volontaria, quindi quell’immobile è pignorabile. Non c’è scampo giuridico, se non le soluzioni concorsuali/sovraindebitamento.
Precetto su sentenza straniera
L’esecuzione in Italia di una sentenza straniera (o altro provvedimento di un giudice estero) è un tema complesso che coinvolge il diritto internazionale privato e le normative dell’Unione Europea. Tuttavia, possiamo delineare alcuni scenari generali:
1. Sentenza di uno Stato dell’Unione Europea (Regolamento UE 1215/2012 “Bruxelles I-bis”):
Se avete una sentenza emessa dopo il 10 gennaio 2015 in un altro Stato membro UE (escluso Danimarca, che ha regime a parte) in materia civile o commerciale, essa è riconosciuta automaticamente in Italia e, cosa più importante, è esecutiva senza bisogno di exequatur . Il creditore deve ottenere dalla autorità giudiziaria d’origine un certificato di cui all’art. 53 del Regolamento (un modulo standard che attesta la decisione esecutiva) , e poi può procedere in Italia come se fosse una sentenza italiana. In pratica: – Il creditore straniero notificherà al debitore italiano la sentenza estera in copia conforme, accompagnata dal certificato europeo (formulario allegato al Reg.) tradotto in italiano . – A quel punto potrà notificare il precetto qui, menzionando la sentenza estera e allegando questi documenti . – Il debitore può opporsi all’esecuzione, ma solo per motivi limitati. Bruxelles I-bis non prevede un termine fisso per opposizione: rinvia al diritto nazionale (art. 41) . Quindi si applicano i soliti 20 gg ex art. 617 per vizi formali e principi per 615 per merito. Tuttavia, non potete rimettere in discussione il merito della causa decisa all’estero. Le uniche contestazioni ammissibili riguardano: – L’eventuale sussistenza di motivi per rifiutare il riconoscimento ai sensi del Regolamento (es: contrarietà all’ordine pubblico, violazione dei diritti di difesa se contumacia non regolarmente citata, conflitto con altra decisione) . Questi motivi dovevano in teoria essere sollevati in un procedimento di rifiuto del riconoscimento (Reg. prevede che il debitore possa chiedere alla corte d’appello di dichiarare ineseguibile la sentenza per quei motivi). Se non l’ha fatto prima, in sede esecutiva dovrebbe sollevarli come opposizione all’esecuzione. Ci sono pareri che dicono: il giudice dell’esecuzione potrebbe rinviare la decisione di quei motivi a un giudizio di merito sul riconoscimento. Ma il Reg. è lacunoso . – Il difetto dei documenti necessari: ad esempio, il creditore non ha prodotto il certificato o la traduzione ove richiesta. Allora l’esecuzione può essere sospesa finché non li produce (art. 43 Reg.). – Questioni come la prescrizione del diritto di eseguire la sentenza: attenti, la sentenza estera ha un suo regime di prescrizione. Il Reg. 1215 dice che l’esecuzione è regolata dalla legge dello Stato richiesto , quindi la prescrizione dell’azione esecutiva è legge italiana (10 anni per sentenze di condanna). Però, se la sentenza all’estero non è definitiva, o è appellata con effetto sospensivo, non è esecutiva neanche qui (il certificato non verrebbe rilasciato). Quindi quell’aspetto è gestito a monte. – Possibilità di sospensione in caso di impugnazione pendente all’estero: art. 38 Reg. permette di chiedere al giudice italiano di limitare l’esecuzione se la sentenza è impugnata o in termini per farlo. Quindi, se la sentenza straniera non è definitiva e l’avete appellata in patria, potete chiedere al tribunale italiano di sospendere o subordinare l’esecuzione a cauzione . – Esempio di opposizione: se ritenete che la sentenza straniera violi l’ordine pubblico italiano (es. risarcimento punitivo enorme, contrarie a principi fondamentali), potete opporvi ex art. 615 sostenendo il motivo di rifiuto ex art. 45 Reg. L’autorità competente sarebbe la corte d’appello, ma l’opposizione è davanti al trib. come esecuzione. Probabilmente il tribunale potrebbe sospendere e dire al debitore di formalizzare istanza di rifiuto di riconoscimento in corte d’appello, oppure decidere egli stesso se palese (questioni aperte). – In sintesi: se siete debitori su una sentenza UE, le difese in Italia sono molto limitate. Dovevate agire contestandola nel paese d’origine. Qui potete solo invocare eccezioni procedurali (mancanza di certificato, etc.) o gravi motivi di ordine pubblico. Non potete ridiscutere il merito (es. “non devo pagare” – era da dire in quel giudizio). Quindi, a parte errori formali, c’è poco margine.
2. Sentenza di Stato extra-UE o comunque non coperto da accordi specifici (es. USA, Cina, UK post-Brexit, etc.):
Queste non hanno efficacia automatica. Si applica la L.218/1995 italiana di diritto internazionale privato, artt. 64-67: – La sentenza straniera è automaticamente riconosciuta in Italia senza procedura se soddisfa una serie di requisiti: giurisdizione dell’autorità estera competente, assenza di violazione del contraddittorio, rispetto ordine pubblico, cosa giudicata, ecc. (art. 64) . Ciò vale per riconoscimento in senso dichiarativo (efficacia su status, ecc.). Ma per procedere a esecuzione forzata, serve in più una dichiarazione di esecutività (exequatur). – L’art. 67 L.218/95 prevede che se occorre eseguire la sentenza, la parte interessata deve rivolgersi alla Corte d’Appello competente affinché verifichi i requisiti e dichiari la sentenza esecutiva . È un procedimento in camera di consiglio. Il debitore può partecipare per eccepire i difetti. – Solo dopo aver ottenuto l’ordinanza della Corte d’Appello che concede l’exequatur (cioè dichiara la sentenza straniera esecutiva in Italia), il creditore può notificare precetto e procedere. Spesso, il creditore notificherà insieme la sentenza estera e il provvedimento di exequatur, oltre al precetto. – Difese del debitore: – Se il creditore tenta di precettare senza exequatur (e la sentenza è extra-UE), potete opporre immediatamente la mancanza di titolo esecutivo, perché una sentenza straniera non può eseguirsi qui senza delibazione . L’opposizione all’esecuzione avrà successo (precetto nullo per carenza titolo). Eccezione: se esiste trattato bilaterale di esenzione exequatur con quel paese in quella materia (pochissimi casi). – Se il creditore ha ottenuto l’exequatur in segreto e ve lo notifica col precetto, potete comunque opporvi, ma ricordate: la Corte d’Appello avrà già esaminato i requisiti di riconoscimento. In teoria l’opposizione non può rimettere in gioco quelli se l’ordinanza è passata in giudicato (ossia se non l’avete reclamata per Cassazione nei termini, se possibile). – Tuttavia, l’art. 67 prevede che nella procedura di delibazione ogni interessato può proporre opposizione (istanza) entro 30 giorni dalla notifica della richiesta di exequatur . Spesso i creditori furbi ottengono l’exequatur inaudita altera parte (senza contraddittorio esplicito; la legge dice “dopo verifiche e eventuale assunzione mezzi”, quindi può anche ascoltare il convenuto). Se l’ordinanza di exequatur vi viene notificata col precetto, potete, oltre a opporvi all’esecuzione, anche fare ricorso in Cassazione contro l’ordinanza di exequatur entro 30 giorni dalla notifica (unico rimedio di impugnazione previsto). – Dunque la strategia: se vi precettano su sentenza USA con exequatur CA Milano, depositate: – Ricorso per Cassazione contro l’ordinanza (per motivi limitati: violazione requisiti legge 218, errori procedurali). – Contestualmente opposizione 615 per sospendere l’esecuzione in attesa decisione Cassazione. – Esempi di motivi contro exequatur: la sentenza straniera violava diritto di difesa (es. notificata per mail non ricevuta), oppure decide materie non disponibili in quell’ordinamento, oppure contraria a ordine pubblico (es. punitive damages eccessivi). L’ordine pubblico internazionale italiano può essere eccepito: es. sentenza americana con danni punitivi 10x il danno effettivo – la Cassazione ha ritenuto in passato non contraria di per sé ai principi se ben motivati, ma c’è margine. – Il contrattacco immediato: chiedere sospensione dell’esecutorietà dell’ordinanza exequatur (forse Cassazione può sospendere efficacia su istanza). – Altri motivi: la legge 218 richiede anche non contrarietà a altra sentenza tra le stesse parti in Italia e che non vi sia giudizio pendente in Italia iniziato prima sulla stessa causa (art. 64 lett. e, f). Se esiste, potete opporre quell’impedimento. – Fino a quando la sentenza straniera non ha exequatur, il precetto è nullo. E se ve lo notificano prima, non fatelo dormire: opponetevi. – Se il creditore fu negligente e non fece exequatur, quell’esecuzione abortirà: c’è giurisprudenza che l’assenza di exequatur è rilevabile d’ufficio e rende gli atti inesistenti. Comunque sempre meglio eccepirlo. – Trattati internazionali: Alcune materie hanno convenzioni speciali (es: Convenzione di New York 1958 per lodi arbitrali: l’exequatur per lodi segue regole ad hoc; divorzi convenzione dell’Aja 1970, ecc.). Ma in generale, per sentenze extra-UE si applica L.218/95.
3. Casi particolari: – Sentenze di divorzi, affidamento, alimenti: Queste a volte seguono convenzioni speciali (es. Convenzione Aja 1973 su alimenti consente exequatur agevolato). Ma in esecuzione, stessa necessità di delibazione. – Titoli esecutivi europei: esistono il Regolamento 805/2004 sul titolo esecutivo europeo per crediti non contestati, e il Reg. 4/2009 per alimenti, ecc. Se il creditore segue quelle vie, potrebbe non servire exequatur. Un titolo esecutivo europeo è come l’abbiamo esaminato (praticamente come Bruxelles I-bis, se ottenuto certificato di titolo esecutivo europeo). – Sentenza UK post-Brexit: Il Reg. UE non si applica più. UK ha aderito alla Convenzione dell’Aja 2005 su accordi di scelta foro, e 2007 su alimenti. In generale, oggi serve exequatur per far valere in Italia una sentenza UK come di un paese terzo.
Difese del debitore su sentenza straniera (riassunto): – Controllare se c’è un exequatur valido. Se no: opposizione per mancanza titolo esecutivo. – Se c’è, valutare se esistono vizi di riconoscimento (ordine pubblico, notifica irregolare all’estero, sentenza ottenuta con frode, etc.). Opporre quelli, sapendo che l’arena corretta era la Corte d’Appello in delibazione. Ma se non ne avete avuto occasione, l’opposizione all’esecuzione è il vostro unico sbocco residuo (purché il Reg. o la legge lo consenta). – Contestare eventuali errori procedurali qui: es. la sentenza e il decreto di exequatur vanno notificati insieme al precetto . Se hanno omesso di notificare la sentenza o la traduzione del certificato, potete opporre nullità di precetto (617). Il giudice può sospendere finché non sanano traducendo. – Se la sentenza estera non è definitiva (sotto appello) chiedere sospensione (art. 39 Reg. EU, art. 67 cpv L.218 se applicabile analogicamente). – Se la sentenza era di condanna generica e non quantificata, di solito non è esecutiva neanche là. Ma se stranamente l’hanno resa esecutiva quantificandola qui, potete opporre indefinizione.
In sintesi, per sentenze straniere, la difesa spesso esce dalla dimensione esecutiva e va su questioni di diritto internazionale. Un avvocato specializzato andrebbe consultato per valutare trattati o normative specifiche.
Precetto su atto notarile (diverso dal mutuo)
Oltre ai mutui, vari atti ricevuti dal notaio possono costituire titolo esecutivo. Ad esempio: – Ricognizioni di debito fatte per atto pubblico (tipo “Tizio riconosce di dovere €50.000 a Caio e promette di pagarli entro X”). Questo è obbligazione di pagamento in atto pubblico, quindi titolo esecutivo. Capita in accordi di separazione, atti di transazione, ecc. – Contratti di locazione: di per sé non sono titolo esecutivo per i canoni, salvo che siano stipulati con clausola particolare (la legge consente, art. 474 co.3 cpc, efficacia esecutiva anche a scritture private autenticate contenenti obbligo di pagamento di canoni, con formula esecutiva). – Atti di donazione modale: se uno dona una somma con obbligo modale di mantenimento, quell’obbligo modale può essere preteso come obbligo di fare – non proprio soldi, ma ipoteticamente se determinato forse sì. (caso limite). – Patti di famiglia con liquidazione quote: se l’atto prevede che un figlio paghi somme agli altri, è atto pubblico con obbligo pagamento -> esecutivo.
Le problematiche difensive per questi atti: – Simili al mutuo: il debito deve essere esigibile e certo. Se l’atto prevede una condizione o un termine, il creditore deve rispettarli. E.g. Atto: “dovrai pagare €50.000 quando vendi l’immobile” – se precetta prima di vendita, opporsi perché non scaduto. – Possibile eccepire la simulazione dell’atto: es. se la ricognizione di debito era fittizia per frodare terzi, potete opporre in esecuzione che quell’atto è simulato (ci vuole prova forte, e tipicamente va in giudizio ordinario). – Difetti di volontà: atti pubblici possono essere annullati per dolo, errore, violenza. Se avete elementi di nullità o annullabilità (es: persona incapace, vizi formali), potete opporli (meglio se prima avviate causa ad hoc). In sede esecuzione, il giudice difficilmente entra in merito a nullità del contratto complesso, ma se la nullità è macroscopica (ad es. contrarietà a norma imperativa evidente), potrebbe sospendere per attesa giudizio di merito. – Prescrizione del debito sottostante: un atto notarile di riconoscimento di debito interrompe la prescrizione e la fa ripartire ex novo (art. 2944 c.c.). Ma se il creditore sta tardando molti anni, può maturare nuova prescrizione (10 anni per obbligazioni normali). Quindi se sono passati oltre 10 anni dalla scadenza prevista senza atti, potete eccepire prescrizione. Essendo atto pubblico con efficacia di prova, l’onere di interruzioni è sul creditore. – Clausola di domicilio o elezione per atti esecutivi: i notai inserivano sempre la clausola “il debitore elegge domicilio presso X” utile per notifica del precetto. Se manca, l’effetto è che l’art. 480 co.3 impone la regola suppletiva (opposizioni dove atto notificato, ecc.). Quindi non una nullità, come visto. – Se l’atto è estero: un atto notarile estero, come atto pubblico, può essere esecutivo in Italia se rientra in art. 474 cpc n.3 ed è riconosciuto. Nel regime UE, il Reg. 1215 include gli strumenti pubblici (authentic instruments) esecutivi: ad esempio un atto notarile tedesco con formula esecutiva è esecutivo ovunque in UE come la sentenza (serve il certificato ex art. 59 Reg. 1215). Quindi, se vi precettano con atto notarile tedesco, stesso discorso come per sentenza UE: produce certificato, niente exequatur, potete opporre eventuale contrarietà di ordine pubblico (rare per contratti) o questioni come “non è obbligazione di pagamento liquida” (es. se era atto generico). Se è atto extra-UE, serve exequatur come per sentenze (in L.218 c’è equiparazione atti pubblici ai fini del riconoscimento credo art. 66). – Opposizione nel merito: atti notarili di debito spesso non hanno una causa immediatamente evidente (riconoscimento di debito astratto). Il debitore potrebbe voler contestare la causa (es. “ho firmato quell’atto ma in realtà non dovevo quei soldi, era per assecondare la banca in un’operazione fittizia” – sarebbe simulazione o nullità per difetto causa). Non facile convincere giudice in esecuzione. Probabilmente serve causa ad hoc di nullità e chiedere sospensione esecuzione in via cautelare. – Clausole penali e accessori: se atto prevede penali o interessi e li ritenete eccessivi/usurari/nulli, potete opporli (615). – Il debitore partendo dal presupposto che spesso questi atti vengono firmati senza processo (quindi magari la valutazione di equità sfugge): – Esempio: Atto di transazione dove vi impegnate a pagare 100k, però quell’importo era comprensivo di cose non dovute. Il notaio non analizza il merito, avete sottoscritto. Ormai quell’atto fa prova di un’obbligazione. Potete rimangiarti la transazione? Molto difficile: la transazione può essere annullata per dolo se fu viziata, ma serve prova; non per errore di diritto. Insomma, difficile su errori di valutazione. – Quindi se avete firmato, siete con mani legate salvo vizi seri.
Tabelle riepilogative per sezione:
Per efficacia didattica, qui inserirò una tabella riassuntiva delle principali eccezioni/opposizioni per ciascun titolo esecutivo trattato:
Tabella – Titoli esecutivi e possibili difese del debitore
| Titolo Esecutivo | Condizioni & Termini | Difese Principali (Opposizioni) | |———————-|————————–|————————————-| | Cambiale (pagherò, tratta accettata) | – Protesto (o equivalente) se azione di regresso.<br>– Prescrizione diretta: 3 anni da scadenza .<br>– Azione di regresso: 1 anno dal protesto .<br>– Termine dimezzati per giranti vs giranti (6 mesi) . | – Prescrizione dell’azione cambiaria (3 anni / 1 anno) eccepita ex art. 615 .<br>– Vizi formali della cambiale: bollo mancante, requisiti essenziali carenti → titolo inesistente (615/617).<br>– Pagamenti già effettuati (opporre quietanze).<br>– Nullità/Illiceità causa: eccepire se tra parti originarie (es. debito illecito).<br>– Riempimento abusivo: se importo/data difformi da accordi (prova scritta) .<br>– Firma falsa: contestarla (necessaria querela di falso).<br>– Mancato protesto (per agire contro giranti: eccepire decadenza regresso). | | Assegno bancario | – Presentazione entro 8/15 gg dall’emissione.<br>– Protesto o dichiarazione di impagato per esecutorietà.<br>– Prescrizione cartolare: 6 mesi dalla fine termine presentazione .<br>– Azione di regresso: idem 6 mesi. | – Prescrizione dell’assegno (6 mesi) eccepire (615) .<br>– Mancata constatazione: far valere se assegno non protestato né dichiarato impagato (617).<br>– Assegno a garanzia: eccepire patto di non incasso prima di certo evento (difesa difficile, necessita prova accordo).<br>– Difetto di legittimazione: assegno non trasferibile girato a terzi → opporsi perché creditore non legittimato (615/617).<br>– Firma falsa: come cambiale, contestare validità assegno (se rubato/adulterato).<br>– Usura: assegni non hanno interessi, non rilevante. | | Contratto di Mutuo (atto pubblico bancario) | – Morosità ≥ 2 rate per risolvere (art. 40 TUB).<br>– Lettera di decadenza dal termine inviata al debitore (richiesta prima di precetto).<br>– Se fondiario, erogazione anche tramite deposito cauzionale considerata consegna effettiva (SU 2025) .<br>– Prescrizione: 10 anni rate scadute; rate future non esigibili finché non risolta. | – Inesigibilità: opporre che non è maturata decadenza dal termine (615), se la banca non ha inviato comunicazione o non ricorrono condizioni (es. arretrato di 1 rata sola).<br>– Interessi usurari: eccepire nullità clausole interessi eccedenti soglia, quindi rideterminare debito (615) .<br>– Calcolo errato: contestare importo preteso (magari inclusi interessi di mora su interessi = anatocismo vietato).<br>– Vizi contrattuali: se mutuo nullo/annullabile (es. firma falsa, incapacità, illegittimità oggetto), dedurlo (richiede causa parallela tipicamente).<br>– Garanti/Fideiussione nulla: se fideiussore oppone nullità clausole (es. anti-concorrenziali ABI), sospendere esecuzione verso lui.<br>– Prescrizione: se precetto su rate scadute oltre 10 anni fa (raro, banca non aspetta tanto), eccepire prescrizione. | | Sentenza Straniera UE (post 2015) | – Titolo esecutivo in ITA senza exequatur col certificato art. 53 Reg.1215/2012 .<br>– Deve essere notificata in copia conforme + cert. al debitore prima o col precetto .<br>– Esecutività automatica salvo opposizione ex art. 45 (motivi limitati) . | – Mancanza certificato/traduzione: opp. atti (617) per farlo produrre .<br>– Violazione ordine pubblico: opp. esecuzione (615) invocando art. 45 Reg. (es. sentenza contraria a diritti fondamentali italiani). NB: Giudice ita non può rivedere merito, solo principi fondamentali .<br>– Irregolarità notifica estera: se la sentenza estera resa in contumacia senza valida citazione, rientra in ordine pubblico/difesa -> chiedere non riconoscimento .<br>– Sentenza impugnata pendente: chiedere sospensione esecuzione in ITA (Reg. art. 38-39) con prova appello pendente (615 per chiedere sospendere) .<br>– Conflitto con sentenza italiana: se esiste giudicato italiano tra le parti su stessa causa → non riconoscibile (615). | | Sentenza Straniera extra-UE | – Richiede exequatur da Corte Appello (art. 67 L.218/95) .<br>– Debitore può partecipare al procedimento di delibazione.<br>– Ordinanza exequatur notificata con precetto. | – Mancato exequatur: opp. esecuzione (615) per nullità precetto per mancanza titolo esecutivo riconosciuto .<br>– Motivi di non riconoscimento: (art. 64 L.218) assenza giurisdizione, violazione difesa, ordine pubblico, giudizio pendente/giudicato contrario in ITA → se delibera concessa senza valutare ciò, opp. esec. per farli valere.<br>– Impugnazione exequatur: proporre ricorso per Cassazione contro ordinanza CA e chiedere sospensione esecuzione in attesa (615 e istanza in Cass.).<br>– Prescrizione: controllare se sentenza straniera datata più di 10 anni (in ITA esecuzione forse prescritta, ma atti interruttivi? Opporre se applicabile).<br>– Inesistenza notifica del giudizio straniero: far valere come violazione ordine pubblico/difesa per negare exequatur (in Cassazione se CA già deciso). | | Atto Notarile Italiano (es: riconoscimento debito, transazione) | – Obbligazione certa, liquida e esigibile contenuta in atto pubblico (art. 474 n.3).<br>– Se condizionato o a termine, non eseguibile finché condizione/termine non avverato. | – Non esigibilità: se obbligo soggetto a condizione sospensiva o termine non scaduto, opp. esecuzione per improcedibilità (615).<br>– Simulazione/Frode: eccepire che l’atto era simulato o in frode (ma serve prova rigorosa; di solito richiede causa di merito).<br>– Violenza, dolo o errore: se l’atto fu viziato, pendente causa di annullamento, chiedere sospensione esecuzione finché non deciso (615).<br>– Clausole nulle: es. penale eccessiva – chiedere riduzione (615) invocando art. 1384 c.c. (giudice esecuzione forse non competente a ridurla, servirebbe merito).<br>– Prescrizione: se l’atto è datato e il creditore è rimasto inerte >10 anni, opporre prescrizione del diritto riconosciuto.<br>– Pagamenti parziali successivi: se dopo atto avete pagato un po’, ma creditore precetta pieno, opporre avvenuti pagamenti (617 se su importo precettato, o 615 come adempimento parziale) con prove. |
(La tabella sopra riassume i punti chiave: per semplicità, molti dettagli visti nel testo).
Passiamo ora ad esaminare la fase successiva al precetto: la fase del pignoramento e dell’esecuzione forzata vera e propria, e cosa può fare il debitore per difendersi durante l’esecuzione stessa.
Difese e strategie durante la fase esecutiva (dopo il pignoramento)
Non sempre il debitore riesce a evitare che si passi alla fase del pignoramento. Se il precetto è trascorso senza pagamento o sospensione, il creditore può far eseguire un pignoramento dei beni del debitore (mobili, immobili o crediti presso terzi). Vediamo quali strumenti e diritti ha ancora il debitore durante la procedura esecutiva per limitare i danni, tutelare beni essenziali o cercare soluzioni alternative.
Opposizioni in corso di esecuzione
Abbiamo già trattato in dettaglio le opposizioni, ma ricordiamo qui brevemente: – Se non l’ha già fatto prima, il debitore può comunque proporre opposizione all’esecuzione (615 co.2) anche dopo il pignoramento, finché la procedura non è terminata. Ad esempio, se scopre un motivo tardivamente, o se la situazione giuridica cambia (es. il titolo viene annullato in appello). I termini e modalità li abbiamo visti: ricorso al GE e poi merito dimezzato, ecc. Una volta iniziato il pignoramento, tuttavia, come detto, alcune eccezioni andavano preferibilmente sollevate prima. Se le solleva ora, rischia che il giudice le consideri tardive e non conceda sospensione, però può comunque deciderle nel merito (il diritto non si estingue di per sé). – Opposizione agli atti esecutivi (617): il debitore (o altri interessati) può contestare gli atti del processo esecutivo man mano che avvengono. Ad esempio: – Se la notifica del pignoramento è viziata, va fatta opposizione entro 20 gg da quando ne ha avuto notizia. – Se l’atto di pignoramento è formalmente errato (manca qualche avvertimento, non specifica bene i beni, ecc.), anche 20 gg. – Se un atto successivo (es. ordinanza di vendita, avviso di vendita) ha irregolarità, pure opposizione entro 20 gg da quell’atto (di solito le parti vengono a conoscenza in udienza o via portale). – Se l’assegnazione di somme al creditore è stata fatta erroneamente, 20 gg da quel provvedimento. – Un aspetto peculiare: se il debitore non era presente alle udienze o non ha ricevuto avvisi (ad es. se mail PEC non gli arriva), il termine di 20 gg decorre dal momento in cui viene a conoscenza effettiva dell’atto. Spesso, i debitori disattenti perdono occasioni: ad es., il GE fissa la vendita e il debitore manco lo sa perché non è obbligatoria la notifica al debitore dell’avviso di vendita (non sempre si notifica, per esec. immobiliari glielo comunicano se risiede nel bene con casa?). Dovrebbe, di solito il custode lo avvisa dell’accesso ecc. In generale, è bene mantenere contatto con il fascicolo (tramite legale) per vigilare. – Intervento di terzi: se un terzo ritiene di avere un diritto su bene pignorato (proprietà o ipoteca prelativa), può fare opposizione di terzo all’esecuzione (art. 619) se contesta la pignorabilità perché il bene è suo. Ad esempio: pignorano l’auto intestata alla moglie che non è debitrice – la moglie deve proporre opposizione ex art. 619 entro 20 gg dal pignoramento (o conoscenza). Il debitore può segnalare al giudice che quell’auto non è sua, ma formalmente l’opposizione spetta al terzo proprietario. – Intervento di creditori: se altri creditori intervengono nell’esecuzione, il debitore potrebbe trovarsi ad affrontare più pretese (questo non gli fornisce difese aggiuntive, ma può complicargli la liberazione).
Conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.)
Il debitore ha una facoltà importante: la conversione del pignoramento in somma di denaro da versare a rate per liberare i beni. Questa è una opportunità prevista dall’art. 495 c.p.c.: – Cosa consiste: il debitore, dopo il pignoramento, può chiedere al giudice di sostituire i beni pignorati con una somma di denaro che copra l’intero credito pignorato (capitale + interessi + spese), con la possibilità di versarla dilazionata (versando subito una parte). – Prima della riforma (fino al 2022) occorreva depositare almeno 1/5 dell’importo dovuto per chiedere la conversione. Il correttivo 2023 ha abbassato la soglia a 1/6 (rendendo più accessibile). Il giudice, su richiesta entro i termini (v. sotto), sospende la vendita e fissa le condizioni per rateizzare il pagamento del residuo (massimo 18 mesi di dilazione, in non più di 36 rate mensili, art. 495 c.4). – Termini: la richiesta di conversione va fatta prima che inizi la vendita o l’assegnazione. In esecuzione immobiliare, di solito entro l’udienza prima della vendita; in esecuzione presso terzi, entro l’udienza di assegnazione; in mobiliare, prima che vengano venduti i beni. Bisogna muoversi rapidamente. – Vantaggi: al debitore consente di evitare la vendita forzata (che spesso realizza valori bassi) e di guadagnare tempo per pagare (fino a 18 mesi). Ad esempio, se la casa viene pignorata per un debito di €100.000, depositando €16.667 (1/6) si può bloccare l’asta e avere fino a 18 mesi per versare i restanti ~€83.333 in rate. Così magari si può rifinanziare, vendere con calma il bene a prezzo di mercato, o trovare fondi. Il giudice nomina un custode di quella somma, ma intanto la procedura esecutiva è sospesa. – Svantaggi: se il debitore poi non rispetta il pagamento delle rate, la conversione viene revocata e la procedura riprende come prima, e non potrà più chiedere conversione (glielo vietano una seconda volta). – Costo: oltre al capitale e interessi, il debitore deve pagare il contributo unificato della procedura e una somma per le spese di procedura futura (2% del credito per mobiliare, 0,5% per immobiliari), come compenso forfettario al creditore (art. 495 co.3). – Per il debitore, la conversione è spesso una ancora di salvezza. Bisogna però avere almeno il 16,67% del debito liquido da subito. Se non lo si ha, non si può chiedere (salvo persuadere un giudice a ridurre cauzione, ma la legge ora fissa 1/6). – Esempio pratico: conti correnti pignorati di un’azienda con crediti multipli, il debitore potrebbe depositare 1/6 e ottenere di pagare il resto in 18 mesi evitando il blocco prolungato di tutti i conti e stipendi.
Il debitore farebbe bene, in caso di pignoramento di bene di valore (casa, azienda), a esplorare la conversione. Spesso le banche stesse concordano piani di rientro in sede art. 495.
Rateizzazione ex art. 48-bis TUB – “patto marciano”
Accenniamo che alcuni contratti di finanziamento con garanzia immobiliare consentono, in caso di inadempimento, la liquidazione rapida del bene a favore del creditore senza passare per esecuzione. Se il debitore aderì a un “patto marciano” (introdotto dal D.Lgs. 59/2016, art. 48-bis TUB), allora, entro 6 mesi dal mancato pagamento, la banca può dichiarare l’esecuzione del patto e acquisire la proprietà dell’immobile (o farlo vendere) per soddisfarsi, restituendo al debitore l’eventuale eccedenza di valore. – Se la banca segue questo canale, non c’è precetto: si attiva una procedura di stima e trasferimento con un notaio su autorizzazione tribunale. Il debitore può difendersi all’interno di tale procedura contestando eventuali scorrettezze (valutazione troppo bassa del bene, ad esempio). – Non approfondiamo oltre, perché esula dalla tipica “precetto -> esecuzione”. Però, un debitore con patto marciano deve sapere di non poter contare sulle lentezze dell’esecuzione giudiziaria: la reazione dev’essere rapida (o paga o rischia di perdere l’immobile in tempi più brevi di un’asta tradizionale).
Beni impignorabili o parzialmente pignorabili
Una difesa del debitore sta nel fatto che non tutti i beni possono essere pignorati o possono esserlo senza limiti. La legge prevede beni impignorabili (assolutamente o relativamente) e limiti di pignoramento su alcuni beni essenziali: – Beni assolutamente impignorabili (art. 514 c.p.c.): ad esempio vestiti, biancheria, letti, tavoli da pranzo con sedie, frigorifero, fornelli, ed in generale gli oggetti indispensabili alla vita del debitore e della sua famiglia; animali di affezione o da compagnia; medaglie al valore, lettere, manoscritti di natura personale. Anche strumenti necessari al debitore per esercitare il suo lavoro sono impignorabili nei limiti di quanto serve per la sua attività, salvo che il creditore sia lo Stato per tributi. – Beni relativamente impignorabili: ad esempio stipendi, salari, pensioni sono pignorabili solo entro certe quote: – Presso il datore di lavoro/pensione: per stipendi e pensioni (al netto contributi) si può pignorare di regola fino a 1/5 (20%) per crediti ordinari (banche, privati) ; fino a 1/5 per alimentari; e fino a 1/3 complessivamente se concorrono più cause (es. un quinto per alimenti, un quinto per ordinari, etc., il totale non oltre metà dello stipendio). Inoltre, le pensioni hanno una parte impignorabile per legge equivalente all’importo dell’assegno sociale aumentato della metà (oggi assegno sociale ~€503, metà ~€251, quindi circa €754 euro impignorabili) : sulla parte eccedente si calcola il quinto. – Sul conto corrente: se viene pignorato un conto dove viene accreditato lo stipendio/pensione, la legge (art. 545 ult. comma c.p.c.) tutela: le somme accreditate prima del pignoramento sul conto derivanti da stipendio/pensione sono pignorabili solo per la parte eccedente l’importo mensile dell’assegno sociale (circa €503); quelle accreditate dopo, seguono la regola del quinto . In pratica, se vi pignorano il conto il giorno prima che arrivi lo stipendio, rimarrà bloccato intero; se il giudice applica la norma, dovrà sbloccarlo fino a quell’importo impignorabile (non automatico, spesso serve istanza). – Esempio: Mario ha €2000 sul conto provenienti dal suo stipendio di maggio; gli pignorano il conto a giugno: egli ha diritto che gli lascino l’equivalente di un assegno sociale (€503) e pignorino il resto (€1497). Se non glieli sbloccano spontaneamente, deve chiederlo al giudice dell’esecuzione con istanza di riduzione. – Prima casa: c’è la credenza diffusa “la prima casa è impignorabile”. Attenzione: Ciò è vero solo per il fisco (Agenzia Entrate Riscossione) e a condizioni (unico immobile, residenza, non di lusso, e crediti fiscali < €120k no ipoteca). Per i creditori privati (banche, privati) non c’è un divieto di pignorare la prima casa del debitore. Quindi se la banca ha mutuo (pure ipoteca), la casa viene pignorata eccome. Se un privato ha un credito grosso e l’unico bene è la casa di abitazione, può pignorarla (non ha le restrizioni del fisco). Tuttavia, va notato: vendere all’asta un modesto appartamento con dentro la famiglia spesso scoraggia i creditori privati, perché le aste di case occupate sono a ribasso e piene di lungaggini (sfratto degli esecutati, etc.). Ma non c’è scudo legale. – Un’arma residua per il debitore in quell’ipotesi è magari invocare l’art. 586 c.p.c. (“sospensione della vendita per grave pregiudizio”) ma raramente concesso se c’è inadempimento. – Insomma, la prima casa non è protetta di per sé in esecuzioni civili. Solo strade: conversione pignoramento, accordo con creditore, sovraindebitamento (piano del consumatore con eventuale vendita controllata). – Strumenti di lavoro: come detto, ciò che serve per il mestiere è impignorabile se di valore modesto e indispensabile. Se avete apparecchiature costose, il giudice potrebbe giudicare che può pignorare quelle eccedenti (es. due computer, uno potrebbe pignorarlo). – Beni di terzi in casa del debitore: l’ufficiale li presume del debitore, li pignora. Il terzo proprietario deve poi fare opposizione di terzo. Per prevenire, se vivete presso terzi (es. genitori) ed i mobili sono loro, fate preparare un inventario giurato prima, o far risultare in qualche modo la proprietà (fatture a nome terzo). – Automobile e mezzo di trasporto: pignorabile, a meno sia strumento necessario (tipo un agente di commercio con l’auto unica per lavorare – spesso viene pignorata lo stesso). Un’auto di scarso valore potrebbe non interessare il creditore (costi e ricavi minimi). – Oggetti sacri e di culto: in generale se appartenenti a enti ecclesiastici per uso religioso, non pignorabili (ordine pubblico). – Animali: L’art. 514 include gli animali da affezione (cane, gatto) impignorabili. E gli animali impignorabili per affezione, e anche quelli impignorabili perché produttivi in piccola scala per il mantenimento familiare. Esempio, se hai 2 mucche per agricoltura di sussistenza, non te le pignorano; se hai 50, è azienda, pignorano il superfluo oltre il necessario per 12 mesi di nutrimento (art. 515). – Se l’ufficiale pignora cose per legge impignorabili, il debitore può proporre opposizione agli atti esecutivi (617) entro 20 gg per far dichiarare nullo quell’atto e far restituire i beni. Ad esempio, se pignorano la lavatrice (che per analogia ai beni indispensabili potrebbe essere considerata indispensabile, c’è giurisprudenza sul concetto evolutivo: alcuni giudici includono lavatrice, telefono cellulare tra indispensabili oggi), potete eccepirlo al GE. A volte anche senza opposizione, potete fare istanza al GE per liberare i beni impignorabili, e lui ordina al custode di restituire. – Idem per lo stipendio oltre i limiti: lì fate opposizione agli atti (617) per violazione art. 545 c.p.c. E il giudice rimodula. – Aste e vendite: il debitore può partecipare all’asta per ricomprare il suo bene? No, il debitore esecutato non può essere offerente (art. 571 c.p.c., così come il coniuge se il credito riguarda spese di famiglia). I parenti sì (non c’è un divieto specifico per parenti e affini, salvo custodi etc.). Quindi, non potete direttamente, ma potete far partecipare un vostro fidato per poi farvi ridare il bene – però occhio a non fare intese in frode (in teoria è lecito se un parente compra; se però quell’accordo è simulazione per restituirlo a voi a prezzo vile, è un accordo che doping l’asta potrebbe sollevare questioni). – Ritardo nelle vendite: se il debitore sta cercando di risolvere (es. vendere privatamente a un prezzo migliore), può chiedere al GE un termine di grazia prima di confermare vendita. L’art. 624-bis consente alla prima udienza su richiesta di creditore e debitore congiunta, sospensione dell’esecuzione fino a 24 mesi. Quindi se il creditore è d’accordo a trattare (spesso se vede buona volontà e eventuali acconti, può convenire), si può sospendere con istanza congiunta. Questo è auspicabile se c’è un piano di rientro serio. – Riduzione del pignoramento: se il creditore ha pignorato beni di valore manifestamente superiore al necessario per soddisfarlo (es. un immobile lussuoso quando il debito è modesto e magari c’erano altri beni), il debitore può chiedere la riduzione del pignoramento (art. 496 c.p.c.). In sostanza liberare alcuni beni dall’ipoteca (in caso di pignoramento immobiliare, riduzione ipoteca o restrizione lotti) perché eccede. Spesso usato in ipoteche: “riduzione ipoteca”. – Sovraindebitamento / Ristrutturazione: se la situazione economica è insostenibile, il debitore non deve dimenticare la legge 3/2012 (ora Cod. Crisi): presentando un piano di ristrutturazione del debito in tribunale, ottiene la sospensione di tutte le azioni esecutive (misura protettiva) durante le trattative e fino all’omologa del piano (artt. 54-61 CCII per sovraindebitati). Quindi se pignoramenti multipli vi travolgono, valutate depositare subito ricorso OCC: il tribunale di norma ferma le esecuzioni per qualche tempo (30-90gg rinnovabili) , e se poi il piano viene approvato, i debiti si trattano globalmente e residui eventualmente stralciati. Questa è una difesa sistemica, non sul singolo atto. – Fallimento (liquidazione giudiziale): per imprenditori insolventi, essere dichiarati falliti sospende le esecuzioni (automatic stay). Non è “difesa”, è uno scenario concorsuale punitivo, ma in certe situazioni preferibile a un massacro disordinato. Un imprenditore che vede un esecuzione su immobile aziendale potrebbe considerare se consente un quadro migliore vendere in fallimento (dubbio, i costi concorso vs. asta singola, caso per caso). – Credito c.d. inesigibile: se il debitore è nulla tenente effettivo, non possiede beni, l’esecuzione del creditore risulterà infruttuosa. In quel caso la “difesa” di fatto del debitore è la sua insolvibilità. Non è una vittoria di diritto, ma se non trovano nulla, l’esecuzione sarà chiusa per “infruttuosità” (mobiliari) o andrà deserta e dopo vari tentativi verrà abbandonata (immobiliari). Il debito rimane, potrà riaffacciarsi se in futuro avrà beni (una sgradita eredità? Un TFR? Attenti, i creditori vigilano). Dovrà convivere con protesti, segnalazioni in CRIF, etc. Ma a volte, se la sua condizione persiste per molto, i creditori mollano o transano a stralcio. – Negoziare vendite private: se un immobile è pignorato e stenta in asta, il debitore può anche cercare un acquirente diretto e presentare un’offerta al GE di acquisto tramite terzo. Il tribunale può autorizzare la vendita privata (art. 590 cpc). Spesso nominano l’esperto delegato ex art. 591 per concordare vendite. Il debitore non può vendere direttamente perché c’è vincolo, ma può portare compratore e chiedere conversione in offerta di acquisto. Serve coinvolgere il creditore e il custode.
In conclusione, durante l’esecuzione il debitore deve: – Vigilare su ogni atto per poter reagire entro i termini. – Usare conversione se possibile per interrompere la liquidazione forzata e guadagnare tempo. – Far valere l’impignorabilità di ciò che la legge tutela (casa di abitazione no se privato, ma stipendio sì nei limiti, ecc.) . – Se tutto sta crollando, valutare soluzioni concorsuali per limitare i danni a quelli legali (esdebitazione finale per ripartire).
Domande frequenti su fase esecutiva (FAQ)
- D: Possono pignorarmi lo stipendio e la pensione contemporaneamente?
R: Potenzialmente sì, ma con limiti. Lo stipendio e la pensione sono crediti diversi e pignorabili ciascuno nella misura di 1/5. Se ad es. avete due creditori, uno può pignorare stipendio (1/5) e l’altro la pensione (1/5). Se un singolo creditore vi pignora entrambi, potrebbe farlo, ma di rado uno stesso creditore prende sia su stipendio che su pensione salvo debiti enormi (e solo se percepite effettivamente entrambi). In ogni caso, su ciascun reddito si applica il limite di 1/5 e sulla pensione la franchigia impignorabile (circa €754). Se invece intendiamo due pignoramenti sul medesimo stipendio da creditori diversi, allora i vari creditori concorrono: complessivamente non oltre metà stipendio (ad es. uno alimenti 1/5, uno banca 1/5, totale 2/5; se arrivasse terzo, dovrebbe aspettare capienza). - D: Ho subito il pignoramento di un macchinario indispensabile per la mia attività, cosa posso fare?
R: Puoi chiedere la riduzione o esclusione dal pignoramento ex art. 515 c.p.c. sostenendo che quel bene è necessario per il tuo lavoro e non ci sono alternative. Il giudice valuterà se la tua attività può proseguire senza. In genere, strumenti di lavoro fino a un certo valore sono impignorabili. Puoi proporre opposizione agli atti (617) entro 20 giorni, o istanza al GE se il termine è passato, allegando prove (che l’attività è ferma senza quello). Spesso i giudici sono sensibili a ciò e liberano almeno un bene essenziale, lasciando pignorati eventuali beni meno cruciali. - D: Possono vendere la casa dove abito se è l’unico immobile di mia proprietà?
R: Sì, un creditore privato può. Non esiste una protezione legale generale per la “prima casa” nelle esecuzioni civili, a differenza delle esecuzioni fiscali (Equitalia) dove ci sono restrizioni per l’abitazione principale non di lusso . Quindi, se ad esempio hai un debito con una banca o un privato e l’unico tuo bene è l’appartamento in cui vivi, quel bene è pignorabile ed espropriabile. Puoi però evitare la vendita: - Pagando il dovuto (magari tramite conversione del pignoramento).
- Chiedendo un piano del consumatore (procedura da Codice Crisi) per ristrutturare il debito, durante la quale l’esecuzione si sospende e potenzialmente puoi evitare la vendita se il piano prevede di soddisfare i creditori diversamente (es. con rate).
- Convincendo il creditore a un accordo (es. ipotecare l’immobile e dargli un piano di rientro, o vendere tu l’immobile privatamente e dare i proventi). Ma senza azioni, la casa può finire all’asta.
- D: Sono nullatenente, conviene che ignori tutto?
R: Se davvero non hai redditi ufficiali, né beni intestati, nel breve termine le esecuzioni contro di te andranno deserte (il creditore non troverà nulla). Questo può fargli mettere in conto di smettere di spendere soldi dietro di te dopo un po’. Tuttavia: - Il debito rimane e produce interessi di mora.
- Il creditore può rinnovare pignoramenti in futuro se percepisce che la tua situazione migliora (es. inizi un lavoro in regola, erediti qualcosa, fai un acquisto noto).
- Avrai difficoltà ad accedere a credito, risultando nelle banche dati come cattivo pagatore; inoltre se hai protesti, non potrai emettere assegni, ecc.
- Dunque ignorare è strategia solo se prevedi di rimanere insolvibile a lungo o se i creditori sono piccoli e si stancheranno. Per importi alti, i creditori potrebbero persino cercare di farti fallire (se sei imprenditore) o arrivare a soluzioni forzose (pignorare eventuali cosette come mobili).
- Inoltre, se nascondi beni (ad es. li intesti a terzi per non risultare proprietario), rischi azioni revocatorie (il creditore può far annullare atti di trasferimento fatti dopo che avevi debiti) e potenzialmente conseguenze penali se c’è frode.
- Quindi ignorare può funzionare se non possiedi davvero nulla. Altrimenti, meglio formalizzare la tua condizione con un procedimento di esdebitazione (sovraindebitamento con esonero del saldo debiti residui): con quello, dopo aver ceduto quel poco che hai, ti liberano dai debiti. Così non rimangono pendenti a vita. In sintesi, se proprio sei nullatenente e non vedi spiragli, la non-collaborazione è di fatto l’unica “difesa”. Ma ricorda, se in futuro acquisterai qualcosa, quei crediti potrebbero rispuntare (la prescrizione di un titolo di solito è 10 anni, ma spesso atti interruttivi la allungano indefinitamente). Meglio magari tentare un saldo e stralcio a cifre ridotte se il creditore è rassegnato (es. “ti do il 5% e chiudiamo”).
- D: Posso evitare la vendita all’asta trovando io un acquirente per il mio bene pignorato?
R: In linea di principio, sì, è possibile collaborare per vendere privatamente il bene pignorato a miglior prezzo e pagare i creditori. Strade: - Conversione del pignoramento: come detto, depositi 1/6 per bloccare e poi vendi tu con calma sul mercato; col ricavato paghi le rate della conversione. Ad esempio, casa valore €200k, debito €100k: deposita ~€17k, poi vendi la casa a 200k privatamente (ti serve il consenso del custode e del giudice per liberare pignoramento – fattibile se con soldi in arrivo paghi i creditori).
- Istanza di vendita privata (art. 590 c.p.c.): puoi chiedere al GE di autorizzare il custode o delegato a vendere l’immobile a trattativa privata a non meno del valore di stima. Se hai un acquirente disposto, fai avanzare quella proposta in tribunale. Ormai alcuni tribunali favoriscono vendite telematiche o ibride. Devi informare il creditore ed avere l’ok. Se il prezzo è buono (maggiore base d’asta), il creditore di solito acconsente.
- Accordo con il creditore: se c’è un solo creditore, potete fare un accordo: il debitore trova un compratore che versa al creditore quanto dovuto e la procedura viene rinunciata. Serve formalizzare con atto (tipo il creditore consente di cancellare pignoramento all’atto di compravendita dietro pagamento). Succede: si va dal giudice e si chiede sospensione presentando pre-contratto vendità condizionato a cancellazione pignoramento. Il giudice se persuaso, sospende o il creditore stesso chiede estinzione quando riceve il saldo.
- In generale, sì, il debitore può essere proattivo nel trovare acquirenti. Anche in asta, può “promuovere” la vendita: far girare la voce, far visitare l’immobile, rendersi collaborativo (un immobile con debitore cooperativo attira più offerte).
- Nota: il debitore non può vendere autonomamente il bene pignorato (sarebbe nullo, art. 2913 c.c., gli atti dispositivi successivi non hanno effetto per i creditori). Quindi deve passare tramite il sistema del tribunale.
- Ma presentare un compratore interessato è spesso benvenuto: lo scopo dell’esecuzione è monetizzare per pagare il creditore; se tu porti la soluzione, ben venga. Attento però: dev’essere a condizioni competitive e trasparenti, altrimenti gli altri creditori o eventuali intervenuti potrebbero lamentarsi se la vendi sotto costo a un amico.
- D: Il mio datore di lavoro ha ricevuto pignoramento dello stipendio ma mi vuole licenziare per liberarsene, può farlo?
R: Un licenziamento motivato solo dal fatto che sei soggetto a pignoramento del quinto sarebbe illegittimo (potrebbe configurare discriminazione su base di situazione debitoria). Il datore di lavoro è tenuto per legge a eseguire il pignoramento e versare la quota al tribunale/creditore, non può licenziarti come ritorsione. Ci sono tutele: se lo facesse, potresti impugnarlo davanti al giudice del lavoro per licenziamento senza giusta causa. Tuttavia, realisticamente, l’esistenza di molti pignoramenti potrebbe generare attriti. Ma giuridicamente, no, non può licenziarti solo per quello. (Diverso se, ad es., le tue mansioni implicano gestione denaro e emergono debiti di gioco – potrebbe invocare perdita di fiducia, ma dovrebbe provare nesso).
In sintesi: il pignoramento del quinto di per sé non costituisce giusta causa o giustificato motivo di licenziamento. Semmai è un fastidio amministrativo per l’azienda, ma non un motivo lecito per farti fuori. Quindi il dipendente può stare relativamente tranquillo su quell’aspetto; l’azienda semmai può lamentare con te e preferire evitare futuri guai, ma legalmente non deve discriminarti.
Abbiamo ora esaminato l’intero percorso, dal precetto alle opposizioni e alle possibili strategie difensive nella fase esecutiva. Per concludere questa guida, forniamo qui di seguito un riepilogo strutturato in domande e risposte e tabelle riassuntive, nonché un elenco delle fonti normative e giurisprudenziali citate, per approfondimento.
Domande frequenti finali (FAQ riepilogative)
D: Cos’è esattamente un atto di precetto e cosa comporta?
R: È l’ultimatum di pagamento che un creditore le invia sulla base di un titolo esecutivo. Le intima formalmente di pagare il dovuto entro almeno 10 giorni, avvertendo che in difetto procederà con il pignoramento forzato dei suoi beni . Ricevere un precetto significa che il creditore ha già in mano un titolo esecutivo (es. sentenza, decreto ingiuntivo, mutuo notarile, cambiale protestata, ecc.) e che, trascorso il termine indicato (di norma 10 giorni), potrà incaricare l’ufficiale giudiziario di pignorare i suoi beni (conto corrente, stipendio, auto, immobili, etc.). In pratica, è l’ultima occasione per evitare l’esecuzione forzata pagando spontaneamente o trovando un accordo col creditore.
D: Dopo quanti giorni dal precetto possono pignorarmi qualcosa?
R: Per legge deve trascorrere almeno 10 giorni pieni dalla notifica del precetto . Dal giorno successivo alla scadenza di questo termine, il creditore è libero di iniziare l’esecuzione (salvo abbia ottenuto dal giudice l’autorizzazione urgente a procedere prima, evenienza rara). Ad esempio, se il precetto le è stato notificato il 1° del mese, il creditore potrà avviare il pignoramento a partire dal giorno 12. Attenzione: non c’è obbligo di avviso ulteriore oltre il precetto; il pignoramento può scattare senza preavvisi.
D: Quanto tempo vale un precetto?
R: Il precetto perde efficacia dopo 90 giorni dalla sua notifica se, in quel periodo, il creditore non ha compiuto alcun atto esecutivo (pignoramento) . Quindi, se sono passati più di 90 giorni e il creditore non ha avviato l’esecuzione, quel precetto è scaduto: per pignorarla, il creditore dovrà notificarle un nuovo precetto da capo, dandole un nuovo termine di 10 giorni . Se invece il creditore inizia il pignoramento entro i 90 giorni, il precetto “rimane in vita” per sostenere tutta quella procedura esecutiva. In caso di opposizioni giudiziarie che sospendono l’esecuzione, il termine di 90 giorni rimane sospeso per la durata della sospensione .
D: Cosa posso fare appena ricevo un precetto?
R: Può intraprendere diverse azioni immediatamente: 1. Verifica del precetto: Legga con attenzione l’atto per controllare chi è il creditore, su quale titolo esecutivo si fonda, quali somme precise vengono richieste e se l’atto sembra regolare (presenza di tutte le informazioni) . Confronti le somme con i suoi conteggi (ha già pagato qualcosa? Gli interessi le sembrano corretti?). 2. Pagare o negoziare: Se riconosce il debito e può farlo, paghi entro i 10 giorni, così eviterà i costi successivi del pignoramento. Se non può pagare in unica soluzione, contatti subito il creditore (o il suo avvocato) per proporre una rateizzazione o un saldo a stralcio. Molti creditori accettano piani di rientro o soluzioni transattive, preferendo un accordo all’incertezza di un’esecuzione. Qualunque accordo raggiunga, lo metta per iscritto e si faccia confermare dal creditore la sospensione delle azioni esecutive. 3. Opposizione legale: Se ritiene che il precetto sia ingiusto o errato, può presentare un’opposizione in tribunale. Ad esempio: – Se contesta il credito in sé (perché ha già pagato, o il debito è prescritto, o non doveva nulla, ecc.), può fare opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) per far dichiarare che il creditore non ha diritto a eseguire . – Se rileva vizi formali nel precetto (errori nella notifica, importi sbagliati, mancanza di requisiti), può fare opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) per far annullare il precetto . Queste opposizioni devono essere tempestive: per i vizi formali entro 20 giorni dalla notifica del precetto ; per i motivi di merito, il prima possibile (idealmente anch’essi entro 20 giorni, anche se la legge non fissa un termine preciso prima del pignoramento). Dovrà incaricare un avvocato per citare in giudizio il creditore dinanzi al giudice competente. In sede di opposizione, può chiedere al giudice di sospendere l’efficacia del precetto e dunque di bloccare temporaneamente il pignoramento in attesa della decisione . 4. Valutare il patrimonio e le tutele: Se prevede che non riuscirà a pagare e l’esecuzione andrà avanti, inizi a prepararsi: – Protegga le somme minime sul conto (il necessario per vivere), poiché un pignoramento può congelare tutto (valuti di tenere sul conto solo l’essenziale; la legge tutela in parte stipendi e pensioni su conto ). – Se ha beni intestati in comproprietà con altri (es. coniuge), il pignoramento li coinvolgerà; potrebbe considerare di regolare la divisione, se opportuno, prima che vengano pignorati (attenzione però a non fare atti di trasferimento dopo la notifica del precetto, perché potrebbero essere revocati come in frode ai creditori). – Se ha solo beni impignorabili (es. oggetti indispensabili, stipendio modesto), prenda nota delle norme di impignorabilità per farle valere in caso di pignoramento (ad esempio, far presente all’ufficiale giudiziario che certi beni rientrano in quelli non pignorabili – vedi oltre). – Valuti procedure di sovraindebitamento (se ha molti debiti) che consentono di bloccare le esecuzioni e ristrutturare i debiti sotto controllo del giudice. In ogni caso, agisca entro i 10 giorni: se il creditore non sente nulla e trascorre il termine, è probabile che attiverà il pignoramento.
D: Posso evitare l’esecuzione pagando solo una parte del dovuto entro i 10 giorni?
R: Pagare parzialmente non impedisce al creditore di procedere sul resto. Il precetto di norma esige il pagamento integrale. Se entro i 10 giorni lei paga una parte e sul resto non c’è accordo formale, il creditore potrà comunque pignorare per recuperare il residuo. Tuttavia: – Se l’importo contestato è modesto (es. gli interessi o le spese), può provare a versare la parte non contestata e, insieme, proporre opposizione per l’importo residuo. Questo mostra buona fede al giudice (depositare in tribunale la somma non controversa può aiutarla a ottenere una sospensione sull’importo rimanente). – Senza accordo o ordine del giudice, il creditore può rifiutare un pagamento parziale e andare avanti (tenendo conto di quanto ha già ricevuto, ovviamente). Quindi, salvo accordo, per bloccare l’esecuzione occorre saldare integralmente quanto precettato (o la parte su cui trovate un’intesa). In mancanza, il precetto è considerato non adempiuto e l’esecuzione potrà avere luogo sul residuo.
D: Il precetto indica un importo molto superiore al dovuto, è valido lo stesso?
R: Un precetto con somme gonfiate o errori di calcolo può essere annullato in tutto o in parte tramite opposizione. Se l’importo è manifestamente errato (ad esempio, chiede interessi dal 1900 o il doppio del capitale reale), il debitore deve fare opposizione agli atti esecutivi entro 20 giorni dalla notifica , lamentando l’irregolarità. Il giudice potrà: – dichiarare nullo il precetto (se l’errore è tale da rendere incerto cosa si debba pagare); – oppure correggerlo riducendo l’importo alle somme effettivamente dovute . Se la differenza è marginale e il debitore non si oppone, il precetto rimane valido per l’importo giusto e l’eccedenza non dovuta si considera tolta (non formalmente, ma di fatto il creditore non potrà ottenerla). Ma conviene opporsi, perché senza sua contestazione il giudice non interviene e potrebbe dover pagare anche l’eccedenza salvo poi farsi restituire. Quindi, di fronte a un precetto esagerato, reagisca col ricorso al giudice esponendo i conteggi corretti e chiedendo la nullità parziale o totale dell’atto.
D: Non ho ricevuto il titolo esecutivo insieme al precetto, è normale?
R: La legge richiede che l’esecuzione sia preceduta dalla notifica del titolo esecutivo (art. 479 c.p.c.) . Dunque, il titolo (sentenza, decreto, ecc.) dovrebbe esserle notificato in forma esecutiva prima o contestualmente al precetto. In pratica: – Se il titolo non le era mai stato notificato prima, avrebbe dovuto riceverne copia insieme al precetto. – Se non l’ha ricevuta, c’è un vizio. Potrebbe darsi che il creditore indichi nel precetto che il titolo era già stato notificato in data X (magari a un altro indirizzo o a un suo procuratore): controlli nel precetto se c’è scritto. Se non risulta e non ha effettivamente mai visto quel titolo, la mancata notifica del titolo è motivo di opposizione agli atti esecutivi (entro 20 giorni) per far dichiarare nullo il precetto . Il giudice molto probabilmente accoglierà, essendo un difetto procedurale serio. – Eccezione: se il titolo è un decreto ingiuntivo dichiarato provvisoriamente esecutivo, spesso viene notificato contestualmente al precetto. Capita che i due atti siano uniti nello stesso plico. Si assicuri di non averlo ricevuto: magari era incluso ma non se n’è accorto. In sintesi, no, non è normale: se il titolo esecutivo non le è mai stato notificato in forma esecutiva, l’esecuzione è prematura. Faccia valere questa irregolarità davanti al giudice (e nel frattempo chieda di sospendere il procedimento). Il creditore potrà rimediare rifacendo la notifica del titolo e un nuovo precetto, ma intanto guadagna tempo e mette in luce la scorrettezza.
D: Ho scoperto che il creditore non aveva diritto a procedere (es: il debito era già prescritto) ma ormai mi hanno pignorato – posso ancora far qualcosa?
R: Sì. Anche se il pignoramento è iniziato, può proporre opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.2 per far dichiarare l’illegittimità dell’esecuzione. Il termine ultimo è finché l’esecuzione non si conclude (ad esempio prima che il bene sia aggiudicato definitivamente). Deve agire immediatamente con ricorso al giudice dell’esecuzione, esponendo i motivi (la prescrizione, in questo esempio) e chiedendo la sospensione dell’iter (ad es. sospendere la vendita) . Il giudice verificherà sommariamente e, se ritiene fondate le ragioni o c’è pericolo, può sospendere l’esecuzione (ordinanza ex art. 624 c.p.c.) in attesa di decidere a fondo. La causa poi proseguirà per definire se l’esecuzione va definitivamente estinta. Dunque, anche dopo un pignoramento può opporsi: – per motivi di merito (615) come prescrizione, pagamento avvenuto, invalidità del titolo, ecc.; – per vizi formali degli atti di pignoramento o successivi (617), entro 20 giorni dalla loro conoscenza. La procedura esecutiva non è “troppo tardi” finché il giudice non distribuisce il ricavato o dichiara chiusa la procedura. Certo, è preferibile sollevare le ragioni prima: se poteva eccepire la prescrizione già al precetto e non l’ha fatto, il giudice potrebbe considerare la sua inerzia negativamente nel bilanciare la sospensione. Ma legalmente non perde il diritto di opporsi dopo. In conclusione: sì, se scopre o realizza tardivamente un motivo per cui il creditore non doveva eseguire, lo faccia valere subito con l’assistenza di un legale, chiedendo di fermare la procedura in corso.
D: Cosa succede se il giudice accoglie la mia opposizione? E se invece la rigetta?
R: Se l’opposizione viene accolta, l’esecuzione contro di lei viene bloccata e/o eliminata: – Se era un’opposizione contro il precetto (prima del pignoramento), il precetto verrà annullato e il creditore non potrà usarlo per eseguire. Dovrà eventualmente ripartire da zero (magari correggendo i vizi o, se proprio il credito è insussistente, non potrà più agire affatto). – Se l’opposizione era contro un pignoramento in atto, il giudice dichiarerà improcedibile o illegittima l’esecuzione e ordinerà l’eventuale estinzione del processo esecutivo. In pratica: se le avevano pignorato beni o somme, verranno liberati (tolto il vincolo). Se già venduti, idealmente dovrebbe ripristinare la situazione (non sempre semplice: se un immobile già trasferito all’asta, la tutela del terzo acquirente complica, ma in linea di principio lei avrebbe diritto a un risarcimento). – Inoltre, generalmente, se lei vince, il creditore viene condannato a rimborsarle le spese legali da lei affrontate per l’opposizione. In caso di abuso del creditore, potrebbero condannarlo anche a danni (ad es. se le ha causato danni con un’esecuzione ingiustificata). Se invece l’opposizione viene rigettata: – Il precetto e la procedura restano validi e efficaci. L’esecuzione riprende da dove era stata eventualmente sospesa. Se c’era un pignoramento sospeso, il creditore può immediatamente proseguire (ad es. fissare la vendita, ottenere l’assegnazione di somme, etc.). – Lei potrebbe dover pagare anche le spese di giudizio dell’opposizione (il giudice di solito la condanna a rifondere l’avvocato del creditore). – La decisione di rigetto è di regola una sentenza (oppure un’ordinanza se in fase sommaria poi non seguita da merito) contro cui potrebbe appellare. Ma l’appello non sospende automaticamente l’esecuzione: dovrebbe chiedere alla corte d’appello una sospensione in pendenza di appello (non facile ottenerla, la concedono solo se l’opposizione appare chiaramente fondata e il danno imminente). Quindi, se perde in primo grado, spesso l’esecuzione farà il suo corso prima che l’appello sia deciso. Riassumendo: se vince, l’incubo esecutivo finisce (almeno per quel credito); se perde, l’esecuzione continua e anzi potrà aggravarsi di ulteriori spese a suo carico. Questo evidenzia quanto sia importante valutare bene le probabilità di successo dell’opposizione: farne una pretestuosa può solo ritardare di poco l’inevitabile e peggiorare il conto finale da pagare.
D: Una volta iniziato il pignoramento, posso ancora evitare la vendita dei miei beni?
R: Sì, ha alcune possibilità: – Conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.): Dopo che un bene è pignorato, lei può chiedere al giudice di sostituire i beni pignorati con una somma di denaro equivalente al debito, ottenendo per giunta una dilazione. Deve depositare una somma iniziale pari ad almeno 1/6 del totale dovuto . Se il giudice accorda la conversione, le vendite all’asta vengono sospese e lei potrà pagare il restante 5/6 in rate (massimo 18 mesi). Esempio: le pignorano un’auto e mobili per un debito di €6.000; se versa €1.000, può ottenere di pagare i restanti €5.000 magari in 12 rate mensili da ~€416, e riavere subito i beni liberi. – Riduzione del pignoramento (art. 496 c.p.c.): Se è stato pignorato più del necessario (es. due immobili interi per un debito che forse se ne estingue vendendone uno solo), può chiedere di liberare in parte i beni. Il giudice valuterà il valore e può limitare l’esecuzione a quanto basta. Questo però non evita la vendita, la circoscrive solo ad alcuni beni. – Trovare un acquirente privato: Può, informando il tribunale, trovare lei un compratore per i beni pignorati a un prezzo equo. Il tribunale può autorizzare la vendita a quella persona alle condizioni proposte (specie per gli immobili, si può richiedere la vendita delegata a trattativa privata). Se riuscisse a vendere a un ottimo prezzo, spesso i creditori sono d’accordo perché incassano subito. Naturalmente il ricavato andrà ai creditori, ma se eccede il debito le verrà restituito l’avanzo. In tal modo, evita l’asta pubblica, che è più lunga e di solito produce prezzi bassi. – Accordo con il creditore: Anche a pignoramento iniziato, può sempre tentare un accordo (pagamento dilazionato, saldo ridotto, ecc.) con il creditore. Se questi accetta, si può far sospendere o cessare l’esecuzione (il creditore rinuncia agli atti). Meglio formalizzare l’accordo e, appena inizia ad adempierlo, il creditore in genere concorda nel chiedere la sospensione al giudice. Ad esempio, con casa pignorata, la banca può accettare di sospendere l’asta se comincia a ricevere rate e magari alla fine del piano libererà l’ipoteca/pignoramento. – Procedure concorsuali: Presentare un piano del consumatore o una liquidazione controllata presso il tribunale (ex legge sovraindebitamento) comporta che il giudice possa emettere un provvedimento di sospensione di tutte le esecuzioni. In tal caso la vendita rimane ferma finché si cerca una soluzione concorsuale (es. vendere i beni con più calma e poi ripartire il ricavato). Questo è un approccio più radicale che considera la sua situazione debitoria a 360 gradi (utile se ha più debiti e pignoramenti). In sintesi, non è mai troppo tardi finché il bene non è stato venduto/assegnato definitivamente. Occorre però agire rapidamente: ad esempio, la conversione va chiesta prima che inizino le operazioni di vendita, l’accordo col creditore va raggiunto possibilmente prima che il bene sia aggiudicato, etc. Il tempo è essenziale. Anche dopo una vendita, se non è stato ancora distribuito il ricavato, c’è tecnicamente spazio per un accordo (es. lei potrebbe pagare l’aggiudicatario per fargli rinunciare, ma è complesso e incerto). Molto meglio muoversi prima che il martello del banditore cali.
D: Cosa non possono mai portarmi via con un pignoramento?
R: La legge tutela una serie di beni e mezzi di sostentamento impignorabili. Non le potranno togliere, ad esempio: – Gli oggetti essenziali per la vita quotidiana della sua famiglia: vestiti, biancheria, letti e arredi indispensabili, la cucina e il frigorifero, gli utensili di casa di uso giornaliero, etc. . Anche eventuali strumenti per persone disabili o malate (carrozzine, apparecchi medicali necessari). – Animali da compagnia o affezione (il cane, il gatto) e anche animali impiegati a fini terapeutici o di assistenza (pet therapy). Non possono pignorare Rex o Micio! – Gli strumenti di lavoro indispensabili per la sua attività professionale, nei limiti di quanto necessario per svolgerla. Ad esempio, se è artigiano e possiede gli attrezzi del mestiere, di regola non glieli toglieranno (salvo che il valore complessivo superi di molto il debito, ma anche in tal caso spesso possono pignorare solo quelli non indispensabili o eccedenti). – Stipendi e pensioni in parte: quanto ai salari, c’è una quota minima impignorabile e poi c’è un limite di pignorabilità pari al 20% (un quinto) del netto . Cioè, se ha uno stipendio di €1.500 mensili, al massimo €300 le possono trattenere per il creditore; €1.200 le restano. Per le pensioni, c’è una soglia assoluta impignorabile pari all’assegno sociale aumentato della metà (circa €754 nel 2025) . La parte eccedente quell’importo è pignorabile al 20%. Quindi, una pensione di €1.000: impignorabili ~754€, pignorabile il 20% di 246€ (ossia ~49€ al mese). – Somme depositate su conto corrente derivanti da stipendio/pensione: se il conto le è pignorato subito dopo l’accredito, la legge prevede che l’ultimo stipendio/pensione accreditato le venga lasciato (fino all’importo dell’assegno sociale) ; e per ciò che affluirà dopo il pignoramento, la banca tratterrà solo la quota di 1/5 e le lascerà il resto normalmente. – Benefici sociali, assegni di mantenimento, sussidi di povertà: queste entrate finalizzate al sostentamento (es. Reddito di cittadinanza o simili, assegno alimentare per figli) non sono pignorabili, se riesce a distinguerle sul conto (meglio tenerle su conto separato). – Ricordi personali e decorazioni: lettere, foto di famiglia, medaglie al valore, ecc., nessuno glieli può pignorare perché non vendibili e legati alla sua persona . In pratica, la legge cerca di evitare che il pignoramento la riduca alla miseria assoluta o le sottragga i mezzi per lavorare e risollevarsi. Ovviamente, la definizione di “indispensabile” va interpretata: un televisore, ad esempio, non è considerato bene indispensabile (possono pignorarlo), ma una lavatrice potrebbe essere considerata ormai un bene essenziale? Su alcune cose c’è margine di discussione, ma in linea di massima i beni citati sopra sono off-limits. Se l’ufficiale giudiziario pignorasse comunque qualcosa di teoricamente impignorabile (capita per distrazione o contestabilità), lei può fare opposizione al giudice per farlo liberare. Di solito, però, gli ufficiali conoscono questi limiti e vi si attengono.
D: Mi hanno già pignorato il quinto dello stipendio per un debito; se ne arriva un altro come faccio?
R: Il secondo creditore potrà intervenire nello stesso pignoramento, ma non è che le possono pignorare due quinti separati. Il principio è che sullo stipendio/pensione complessivamente non si può prendere più della metà (50%) , sommando tutti i pignoramenti in corso. Nel dettaglio: – Per crediti ordinari (banche, carte, fornitori commerciali) e per crediti tributari, la somma delle quote non può eccedere il 20%. Se lei ha già un quinto per un prestito, un secondo credito ordinario di solito deve attendere che il primo sia soddisfatto (si “mette in coda” come intervento, condividendo eventualmente la stessa trattenuta se concorre). – Per crediti alimentari (es: mantenimento ex coniuge, figli) si può arrivare fino a 1/3. – Se coesiste un pignoramento alimentare e uno ordinario, insieme possono arrivare al 50% (es. 1/3 + 1/5 ≈ 53%, ma il giudice in pratica riduce qualcosa per non superare la metà). Dunque, se ha già un quinto impegnato e arriva un altro creditore, normalmente quest’ultimo si “accoda” e non scatta un secondo quinto immediato, salvo il primo creditore finisce o se la somma dei due è ancora entro i limiti (ad es. 1/5 + 1/5 = 2/5, cioè 40%, è tecnicamente ammesso perché è sotto la metà). In concreto, l’ufficio giudiziario che gestisce il pignoramento presso terzi farà il calcolo e la ripartizione: – Potrebbe aumentare la trattenuta mensile fino al massimo consentito (es. 2 creditori ordinari, il giudice può disporre che ciascuno prenda 1/10, per un totale di 1/5, oppure può dire ognuno 1/5 consecutivamente). Dipende dal tribunale. Spesso si preferisce far convergere tutti i creditori nel medesimo quinto (così aspettano il proprio turno sui soldi prelevati). In ogni caso: lei non rimarrà con zero stipendio, c’è la soglia del 50%. Il nuovo creditore potrà partecipare ma non oltre quei limiti. Se poi i pignoramenti sono troppi e saturano la metà, eventuali altri creditori dovranno attendere (non è che aumentano la percentuale). Quindi, se ha già un quinto trattenuto, stia però attento: il secondo creditore non si scoraggia, semplicemente attenderà o prenderà quando l’altro avrà finito (la durata del pignoramento si allungherà). L’unico rimedio per lei, oltre a cercare di saldare se possibile, è eventualmente valutare la procedura di sovraindebitamento per raggruppare i debiti e magari ridurre le percentuali.
D: Cosa succede se ignorando il precetto non trovano nulla da pignorare?
R: Se il creditore tenta il pignoramento e risulta negativo (ad esempio: sul suo conto non c’è nulla, non ha stipendio o altri beni individuabili), l’esecuzione verrà dichiarata infruttuosa. Conseguenze: – Il precetto di solito diviene inefficace dopo i 90 giorni . Quindi il creditore, per provare di nuovo, dovrebbe notificarle un altro precetto in futuro. – Le spese del tentativo andato a vuoto di solito rimangono a carico del creditore (non potrà rifarle pagare a lei, perché non c’è ricavato utile) . La Cassazione ha stabilito che se un pignoramento mobiliare va deserto e scadono i 90gg del precetto, le spese restano al creditore . Questo può disincentivarlo a insistere ripetutamente senza indizi di recupero. – Attenzione però: il creditore potrebbe riprovare periodicamente. Specie con pignoramenti presso terzi: potrebbe ogni tanto richiedere all’ufficiale giudiziario di pignorare eventuali crediti (conto in banca, crediti verso terzi). Oppure può usare strumenti come le ricerche telematiche (art. 492-bis c.p.c.) interrogando banche dati (Anagrafe tributaria, PRA, catasto, INPS) per scoprire se in futuro acquisisce beni o redditi. – Finché il debito esiste (non prescritto) il creditore può tornare alla carica. Se la sua insolvenza appare definitiva, forse dopo un po’ smetterà (o venderà il credito a una società di recupero che magari la infastidirà in altri modi). In sintesi: nel breve termine, se lei è nullatenente, può sfuggire all’esecuzione forzata (poiché nil se c’è nil, nulla si ottiene). Ma il debito resta pendente con interessi. Potrebbe considerare, se prevede di restare insolvibile a lungo, di attivarsi per la esdebitazione (ossia farsi cancellare i debiti con una procedura concorsuale, specie se non ha beni – esiste la “liquidazione del sovraindebitato nullatenente” che a fine procedimento dà esdebitazione anche senza soddisfare i creditori). Ignorare non risolve definitivamente: il creditore conserva il diritto per 10 anni rinnovabili. Solo la prescrizione o un atto di esdebitazione la liberano legalmente. Però è vero che, pragmaticamente, se non può pagare e non possiede nulla, opporsi o preoccuparsi meno serve: eventualmente affronterà la questione se un giorno avrà qualcosa da perdere. Idealmente, però, meglio non restare a tempo indefinito con debiti appesi: le conviene approfittare di eventuali leggi per chiudere la posizione (anche a costo zero se proprio senza asset, col beneficio della esdebitazione di meritevolezza).
D: Il creditore ha un’ipoteca sulla mia casa: può saltare il precetto e pignorare direttamente?
R: No, il precetto serve sempre, anche se c’è ipoteca. L’ipoteca dà al creditore (es. una banca) un diritto di prelazione sul ricavato della vendita, ma per iniziare l’esecuzione deve comunque notificare prima il titolo e il precetto e attendere 10 giorni. Non può, ad esempio, far vendere la casa ipotecata senza passare dall’atto di precetto: l’art. 480 c.p.c. vale anche per i creditori ipotecari (il precetto indica il bene ipotecato su cui procederà, ecc.). Solo dopo potrà pignorare l’immobile. Una differenza: alcuni creditori possono iscrivere ipoteca giudiziale sul bene dopo aver ottenuto una sentenza (basta la sentenza e ipotecano senza precetto). Ma l’ipoteca è cautelativa; per incassare devono comunque precettare e pignorare. Ci sono rarissime eccezioni di esecuzione forzata senza precetto: ad esempio, l’esattore fiscale notifica direttamente cartella/avviso e poi può pignorare dopo 60 gg senza ulteriore precetto, oppure nell’espropriazione di pegno o ipoteca a garanzia di cambiale o titolo di credito, la legge consente di iniziare subito (art. 502 c.p.c.) – casi molto di nicchia. Dunque, stia sicuro: se la sua banca con ipoteca vuole espropriare, le notificherà sentenza/mutuo e precetto come tutti gli altri, e poi pignorerà la casa se non paga. L’ipoteca le dà priorità sul ricavato ma non elimina il “give notice” del precetto.
D: Se faccio una procedura di sovraindebitamento, davvero bloccano l’esecuzione?
R: Sì, presentando un ricorso per composizione della crisi da sovraindebitamento (ad esempio un piano del consumatore), può chiedere al giudice una misura protettiva che sospende le azioni esecutive dei creditori aderenti. Tipicamente: – Deposita il ricorso, il giudice emette decreto di sospensione (di norma per max 120 giorni rinnovabili) . Durante questo periodo i pignoramenti in corso restano fermi e non possono iniziarne di nuovi senza autorizzazione. – Se poi il piano viene omologato, i creditori dovranno accontentarsi di quanto previsto dal piano e rinunciare al resto: le esecuzioni individuali vengono definitivamente inibite. Ad esempio, se dal piano risulta che lei venderà l’immobile e ripartirà il 70% dei crediti, i creditori dovranno accettare quello e l’esecuzione finisce. Attenzione però: – La sospensione non è automatica: deve chiederla e il giudice la concede se la ritiene funzionale alla buona riuscita del piano e non abusiva. In genere la concedono, salvo il debitore ci abbia già provato e ritirato ecc. – Riguarda i crediti anteriore alla procedura. Se qualche creditore particolare (es. Fisco) non è incluso, potrebbe non bloccarsi la sua azione. – E’ temporanea: se poi la procedura fallisce (non viene ammesso o omologato il piano), le esecuzioni riprendono dal punto in cui erano rimaste. Quindi sì, è uno strumento potente per prendere fiato e poi ristrutturare il debito in modo ordinato, evitando magari la vendita all’asta a ribasso e ottenendo uno stralcio delle parti insostenibili. Va però intrapreso con l’ausilio di un organismo apposito (OCC) e con la consapevolezza che richiede trasparenza su tutti i suoi beni e debiti.
D: Quanto tempo può durare tutta questa storia (dal precetto alla fine)?
R: Dipende. Se il debitore non reagisce e il creditore agisce subito con efficacia, l’esecuzione potrebbe concludersi in pochi mesi: – Ad esempio, precetto 10 gennaio → pignoramento del conto 25 gennaio → assegnazione somme 20 febbraio (se c’erano soldi subito). – Oppure precetto 10 gennaio → pignoramento immobile 1 febbraio → prima asta a maggio → vendita a maggio → decreto di trasferimento a giugno → distribuzione a luglio. In realtà, nel caso di beni immobili è spesso molto più lunga: possono volerci 1-2 anni (ci sono rinvii, aste deserte, burocrazie). Se il debitore presenta opposizioni o chiede conversioni/rateizzazioni, i tempi si allungano: – Un’opposizione potrebbe durare 6-12 mesi in primo grado, sospendendo nel frattempo l’esecuzione (se concessa). – Una conversione dilazionata aggiunge fino a 18 mesi di pagamento. – Una procedura di sovraindebitamento aggiunge anch’essa 6-12 mesi di definizione del piano, e poi la durata di esecuzione del piano (che può essere anche pluriennale). Ci sono esecuzioni che restano pendenti per molti anni (ad esempio, quelle immobiliari complicate, con molti interventi). La legge oggi tende ad accelerare (ci sono normative che mirano a chiudere le esecuzioni immobiliari entro 2-3 anni). Riassumendo: potrebbe risolversi tutto in 3-6 mesi (in casi semplici di pignoramento di denaro), come protrarsi 3-5 anni (in casi complessi o molto contestati). Dal suo punto di vista di debitore, ogni mossa difensiva dà più tempo, ma tenga presente che il debito intanto genera interessi. Dunque, protrarre fine a se stesso non è un gran vantaggio: l’obiettivo è usare il tempo per trovare soluzioni di pagamento (o di esdebitazione). L’ideale è cercare di concludere con un accordo o un pagamento ragionevole prima che passino troppi anni, se possibile.
Conclusione: Affrontare un atto di precetto richiede calma, analisi e tempestività. Abbiamo visto che esistono numerose strategie di difesa, sia di merito (contestare il diritto del creditore) sia procedurali (far valere errori formali o chiedere dilazioni). Ogni situazione è a sé: è fondamentale valutare con lucidità se il debito è effettivamente dovuto e, in tal caso, qual è il modo meno oneroso per adempiere (pagamento diretto, accordo, conversione, ecc.), oppure, se non è dovuto o eccessivo, come contestarlo efficacemente in tribunale. In tutti i casi, ignorarne la ricezione è la scelta peggiore, salvo siate in condizione di assoluta insolvenza; coinvolgere sin da subito professionisti (avvocati, consulenti della crisi) può aiutarvi a scegliere la strada migliore per minimizzare le conseguenze.
Nella sezione seguente elenchiamo le fonti normative e giurisprudenziali citate, per chi desiderasse approfondire i riferimenti utilizzati.
Fonti e Riferimenti normativi/giurisprudenziali
- Codice di procedura civile:
- Art. 474 c.p.c. – Titoli esecutivi (elenca sentenze, atti ricevuti da notaio, cambiali, ecc. come titoli) .
- Art. 479 c.p.c. – Notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto .
- Art. 480 c.p.c. – Forma e contenuto del precetto (termine min. 10 gg, indicazioni obbligatorie) .
- Art. 481 c.p.c. – Efficacia del precetto (validità 90 gg dall’intimazione) .
- Art. 482 c.p.c. – Esecuzione immediata su autorizzazione del presidente (possibilità di precetto con termine <10 gg se urgente) .
- Art. 615 c.p.c. – Opposizione all’esecuzione (prima o dopo inizio esecuzione) .
- Art. 616 c.p.c. – Forma e termini del giudizio di merito nelle opposizioni (termini dimezzati dal 2023) .
- Art. 617 c.p.c. – Opposizione agli atti esecutivi (entro 20 gg dalla conoscenza dell’atto viziato) .
- Art. 624 c.p.c. – Sospensione dell’esecuzione su opposizione (gravi motivi, ordinanza, reclamabile) .
- Art. 627 c.p.c. – Ripresa dell’esecuzione dopo cessazione della sospensione (precetto, 90 gg sospesi e riprendono) .
- Art. 491 e 492 c.p.c. – Atto di pignoramento e avvertimenti al debitore (dopo precetto) .
- Art. 492-bis c.p.c. – Ricerca telematica dei beni da pignorare (creditore può accedere a banche dati, sospende termine 90 gg) .
- Art. 495 c.p.c. – Conversione del pignoramento (deposito 1/6 e rateizzazione del resto) .
- Art. 496 c.p.c. – Riduzione del pignoramento (se eccessivo).
- Art. 502 c.p.c. – Espropriazione di beni già dati in pegno o ipoteca a garanzia di titoli di credito (particolarità, esecuzione diretta senza precetto per cambiali ipotecarie).
- Art. 514 c.p.c. – Beni mobili assolutamente impignorabili (vestiario, letti, etc.).
- Art. 515 c.p.c. – Impignorabilità parziale di strumenti e oggetti di lavoro (nei limiti dell’attività del debitore).
- Art. 545 c.p.c. – Limiti di pignorabilità di stipendi, salari e pensioni (quota max 1/5; impignorabilità minima per pensioni; ultime mensilità sul conto) .
- Art. 546 c.p.c. – Obblighi del terzo pignorato (datore di lavoro, banca).
- Art. 548 c.p.c. – Ordinanza di assegnazione (stipendi, crediti al creditore).
- Art. 571-572 c.p.c. – Partecipazione alle aste (divieto per debitore).
- Art. 588-590 c.p.c. – Vendita privata delegata (possibilità di vendere a trattativa pre-asta con autorizzazione) .
- Art. 591-bis c.p.c. – Deleghe al professionista per le operazioni di vendita.
- Art. 604 c.p.c. – Opposizione di terzo all’esecuzione (rivendica proprietà di bene pignorato da terzo).
- Codice civile:
- Art. 2938 c.c. – Prescrizione non rilevabile d’ufficio (deve eccepirla il debitore) .
- Art. 2943 c.c. – Interruzione della prescrizione (precetto la interrompe, riconoscimento debito pure).
- Art. 2740 c.c. – Responsabilità patrimoniale: il debitore risponde con tutti i suoi beni.
- Art. 2910 c.c. – Esecuzione forzata sui beni del debitore (principio generale).
- Art. 2913 c.c. – Inefficacia atti di disposizione dei beni pignorati (divieto di vendere dopo pignoramento).
- Art. 2929-bis c.c. – Azione revocatoria semplificata per atti a titolo gratuito in pregiudizio creditori (es. donazioni dopo precetto).
- Art. 527 c.c. – Accettazione eredità con beneficio inventario (per evitare ereditare debiti).
- Art. 1197 c.c. – Prestazione in luogo dell’adempimento (dare bene invece di soldi con accordo creditore).
- Artt. 1444-1446 c.c. – Annullamento contratto per violenza, dolo, ecc. (rilevante per atti notarili se viziati).
- Art. 1382 c.c. – Clausola penale (predeterminazione danno).
- Art. 1384 c.c. – Riduzione equitativa penale eccessiva da parte del giudice (possibile in opposizione).
- Legge 218/1995 (diritto internazionale privato):
- Art. 64 L.218/95 – Requisiti per riconoscimento automatico di sentenze straniere .
- Art. 66 L.218/95 – Riconoscimento di atti pubblici stranieri (sostanzialmente equiparati alle sentenze).
- Art. 67 L.218/95 – Procedura di delibazione (exequatur) presso Corte d’Appello per esecuzione forzata di sentenze straniere .
- Regolamento (UE) n.1215/2012 (“Bruxelles I-bis”):
- Art. 39 – Esecutività delle decisioni tra Stati membri senza exequatur .
- Art. 41 – Procedura esecutiva disciplinata dalla legge dello Stato richiesto .
- Art. 42-43 – Documenti necessari per esecuzione: copia decisione + certificato art.53 + eventuale traduzione .
- Art. 45 – Motivi di rifiuto del riconoscimento/esecuzione (ordine pubblico, contumacia senza notifica, conflitto con sentenza locale) .
- Art. 46 – Procedura di rifiuto (istanza del debitore).
- Art. 53 – Certificato relativo a decisione (modulo standard all. I) .
- Art. 59 – Certificato per atti pubblici (strumenti autentic) e transazioni giudiziarie.
- Art. 38-40 – Misure in caso di impugnazione della decisione nello Stato d’origine (possibile sospensione o limitazione esecuzione nello Stato richiesto) .
- Regolamento (CE) n.805/2004 (Titolo esecutivo europeo):
- Permette su crediti non contestati di ottenere certificato di TEE che consente esecuzione diretta come 1215/2012 (non serve exequatur).
- Testo Unico Bancario (D.Lgs. 385/93):
- Art. 40 TUB – Decadenza dal beneficio del termine nei mutui (mancato pagamento di 7 rate anche non consecutive per fondiari; obbligo di preavviso) .
- Art. 48-bis TUB – Patto marciano nei finanziamenti con garanzia immobiliare e procedura di liquidazione extra-giudiziale (18 mesi per vendere e saldare, con restituzione eccedenza).
- Legge 3/2012 (sovraindebitamento, ora confluita nel D.Lgs. 14/2019 Codice della crisi):
- Art. 12-bis L.3/2012 – Sospensione delle azioni esecutive nella procedura di composizione (ora art. 65 CCII) .
- Art. 14-quinquies L.3/2012 – Esdebitazione del sovraindebitato incapiente (ora art. 283 CCII).
- D.Lgs. 149/2022 (“Riforma Cartabia”):
- Ha modificato vari articoli CPC, tra cui dimezzato termini merito opposizioni (art. 616) , introdotto obbligo indicare giudice esecuzione nel precetto e avvertimenti sovraindebitamento .
- D.Lgs. 150/2022 (“Decreto correttivo Cartabia”):
- Art. 3 co.1 – Ha modificato art. 480 c.p.c. comma 3: obbligo indicare giudice esecuzione e, se precetto firmato da parte, domicilio/PEC, ma tolto “a pena di nullità” .
- Art. 14 – Ha ridotto acconto conversione pignoramento da 1/5 a 1/6 (modifica art. 495 c.p.c.) .
- Ha ribadito sospensione 90gg precetto durante ricerche 492-bis (aggiustando norma) .
- Cass. civ. Sez. Unite 6 marzo 2025 n. 5968:
- Principio di diritto: il contratto di mutuo costituisce titolo esecutivo se la somma è stata effettivamente messa a disposizione (anche solo contabilmente) del mutuatario, che si è obbligato in modo incondizionato a restituirla; non serve atto successivo per attestare lo svincolo di somme depositate in garanzia . – (Risolta questione mutuo con patto di deposito cauzionale: è titolo esecutivo di per sé).
- Cass. civ. Sez. Unite 13 maggio 2021 n. 9479:
- Ha stabilito che il consumatore contumace in un decreto ingiuntivo europeo può proporre opposizione tardiva ex art. 650 cpc oltre i 30gg, superando vincoli del diritto UE. (Non citato sopra, ma rilevante per tardiva opposizione in contesto esecuzioni).
- Cass. civ. 22 giugno 2017 n. 15790:
- (S.U. in materia di mutuo fondiario) Ha affrontato la questione del cosiddetto “mutuo condizionato”: prima delle SU 2025, alcune pronunce (es. Cass. 24044/2019) avevano sospeso esecuzioni perché la banca non aveva erogato contestualmente ma depositato somma su conto vincolato. Le SU 2025 hanno di fatto smentito quella linea, sostenendo sufficienza messa a disposizione giuridica .
- Cass. civ. 12 aprile 2011 n. 8298:
- Ha sancito che se il pignoramento è infruttuoso e il precetto scade, le spese restano a carico del creditore . (Precetto inefficace per decorso 90gg in caso di pignoramento negativo).
- Cass. civ. 3 ottobre 2017 n. 24291:
- Ha affermato che la notifica nulla del precetto non si considera sanata dal raggiungimento dello scopo se il debitore ne ha avuto conoscenza solo dopo che il pignoramento è stato eseguito (perdendo così la chance di evitarlo), chiarendo che in tal caso l’opposizione del debitore deve essere accolta .
- Cass. civ. 14 febbraio 2019 n. 3967:
- Ha ribadito che in opposizione agli atti esecutivi la nullità formale non va dichiarata se l’atto ha comunque raggiunto lo scopo senza pregiudizio per il debitore (se l’opponente non deduce uno specifico pregiudizio, l’opposizione su mero vizio formale è rigettata come sanata) .
- Cass. civ. 20 ottobre 2016 n. 21226:
- Su precetto e interessi: ha stabilito che la mancata separata indicazione in precetto degli interessi e il loro calcolo rendono il precetto nullo solo se impedisce al debitore di capire la pretesa; se invece è comprensibile, la nullità è sanabile e il giudice può correggere quantificando interessi dovuti . (Conforme orientamento su nullità relativa degli atti esecutivi).
- Cass. civ. 4 ottobre 2018 n. 24180:
- In materia di usura sopravvenuta nei mutui: ha ritenuto che la clausola di interessi moratori usurari va dichiarata nulla e non sono dovuti moratori (ma restano i corrispettivi legali), senza travolgere l’intero mutuo . – Utile per opposizioni su interessi.
- Cass. civ. 22 settembre 2022 n. 27685:
- Ha considerato applicabile il limite di impignorabilità del minimo vitale anche alle somme già versate sul conto da pensione, e non solo a quelle future, uniformando interpretazione art. 545 cpc come modificato. (Conforme al dato normativo aggiornato) .
- Cass. civ. 18 settembre 2020 n. 19282:
- Ha affermato che in caso di concorso di più pignoramenti su stipendio, la somma delle trattenute non può eccedere la metà, e il giudice dell’esecuzione deve coordinare le procedure per rispettare il limite. (Conforme a prassi).
- Tribunale di Taranto, sentenza 30 settembre 2025:
- Ha statuito che l’omessa indicazione nel precetto del giudice competente per l’esecuzione (requisito introdotto dal D.Lgs. 149/2022) non comporta nullità dell’atto, trattandosi di formalità non sanzionata “a pena di nullità” per espressa scelta legislativa . Ha richiamato l’interpretazione letterale dell’art. 480 come modificato, sottolineando che solo i requisiti del comma 2 (come parti, data notifica titolo, ecc.) restano essenziali con nullità in caso di mancanza .
- Tribunale di Bergamo, decreto 4 maggio 2020:
- Corte d’Appello di Venezia, sentenza 15 ottobre 2018:
- Ha confermato revoca di provvedimento monitorio in opposizione tardiva su assegno, sostenendo che la prescrizione semestrale dell’assegno impediva la pronuncia monitoria dopo tale termine (natura sostanziale). – Utile per ricordare che la prescrizione breve va considerata a monte, non solo in esecuzione .
- Legislazione varia:
- R.D. 21.12.1933 n.1736 (Legge Assegni): art. 32 (termine presentazione 8/15 gg), art. 35 (protesto assegno), art. 45 (prescrizione azione assegno: 6 mesi) .
- R.D. 14.12.1933 n.1669 (Legge Cambiale): art. 94 (prescrizione cambiale: 3 anni diretta, 1 anno regresso) , art. 51-55 (protesto cambiali), art. 13-14 (riempimento cambiale, patto di riempimento) .
- Legge 108/1996 (Usura): art. 1 (tasso soglia), art. 4 (nullità interessi usurari).
- Legge 386/1990 (Assegni a vuoto): art. 5 (pagamento tardivo entro 60 gg per evitare sanzioni penali), art. 8 (sanzione amministrativa e iscrizione CAI).
- D.P.R. 115/2002 (Spese di giustizia): art. 13 (contributo unificato, importi procedure esecutive, ecc.).
- Direttiva 93/13/CEE (clausole abusive consumatori): rilevante per eventuale nullità clausole ipoteche, fideiussioni (antitrust su fideiussioni omnibus – patto ABI 2003, Cass. 41994/2021).
Hai ricevuto un atto di precetto e non sai cosa fare? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Hai ricevuto un atto di precetto e non sai cosa fare?
Ti è arrivata una notifica che ti intima di pagare entro 10 giorni, con la minaccia di pignoramento dei beni o del conto?
👉 Non restare fermo: il precetto è l’ultimo passo prima dell’esecuzione forzata, ma puoi ancora bloccarlo e difenderti legalmente.
In questa guida ti spiego cos’è l’atto di precetto, quando è valido, e soprattutto come reagire immediatamente per sospendere o annullare la procedura.
💥 Cos’è un Atto di Precetto
L’atto di precetto è un documento con cui un creditore, munito di titolo esecutivo, ti ordina di pagare entro 10 giorni una determinata somma di denaro.
Trascorso questo termine, può procedere con pignoramento del conto corrente, dello stipendio o dei beni.
📌 In parole semplici: è l’avviso finale prima dell’esecuzione. Se non reagisci, il creditore può agire contro di te senza ulteriori comunicazioni.
⚖️ Quando un Atto di Precetto è Valido
L’atto di precetto è valido solo se il creditore ha un titolo esecutivo regolare e ancora efficace, come:
- una sentenza o un decreto ingiuntivo diventato esecutivo;
- una cartella esattoriale o avviso di addebito INPS;
- un assegno protestato o una cambiale scaduta;
- un contratto notarile o un accordo giudiziale.
📌 Se il titolo è prescritto, nullo o non notificato correttamente, il precetto è illegittimo e può essere impugnato immediatamente.
⏱️ Cosa Fare Subito Dopo Aver Ricevuto il Precetto
Appena ricevi l’atto, il tempo diventa decisivo.
Hai 10 giorni per agire prima che il creditore proceda con il pignoramento.
💠 1. Leggi attentamente l’atto
Controlla subito:
- chi è il creditore;
- qual è il titolo esecutivo indicato;
- la data di notifica (serve a calcolare i termini);
- l’importo richiesto e se include interessi o spese.
📌 Se mancano questi elementi o il titolo non è indicato, l’atto può essere nullo.
💠 2. Verifica la validità del titolo esecutivo
Chiediti: il titolo su cui si basa il precetto è legittimo?
Controlla se:
- è stato notificato correttamente;
- non è prescritto (es. cartelle dopo 5 anni, sentenze dopo 10);
- non hai già pagato tutto o parte del debito.
📌 Se il credito è già estinto o non più valido, puoi bloccare subito la procedura con un’opposizione.
💠 3. Consulta un avvocato e valuta l’opposizione
Entro 10 giorni puoi presentare:
- Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) → se contesti il diritto del creditore a procedere.
- Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) → se ci sono errori formali o di notifica.
📌 In entrambi i casi, puoi chiedere la sospensione immediata dell’efficacia del precetto, anche in 24–48 ore.
💸 Cosa Succede Se Non Ti Opponi
Se lasci trascorrere i 10 giorni senza agire:
- il creditore può avviare il pignoramento di conto, beni, stipendio o pensione;
- non potrai più contestare il titolo se non per vizi gravi;
- le spese legali e gli interessi continueranno ad aumentare.
📌 Un precetto ignorato può trasformarsi rapidamente in un pignoramento esecutivo.
🧾 I Motivi Più Comuni per Opporsi
Puoi impugnare l’atto di precetto se:
- il titolo esecutivo è nullo o prescritto;
- l’importo richiesto è errato o già pagato;
- la notifica è irregolare o inesistente;
- il creditore ha aggiunto somme non dovute (interessi o spese eccessive);
- il precetto non rispetta i termini di legge o non indica il titolo.
📌 Se il giudice accerta una di queste irregolarità, può annullare o sospendere immediatamente l’atto.
🧩 I Documenti da Consegnare Subito all’Avvocato
- Copia integrale dell’atto di precetto;
- Copia del titolo esecutivo (sentenza, decreto, cartella, cambiale, ecc.);
- Eventuali ricevute o prove di pagamento;
- Comunicazioni del creditore o della banca;
- Notifiche PEC o raccomandate ricevute.
📌 Questi documenti servono per verificare la legittimità dell’atto e costruire la difesa più efficace.
⏱️ Tempi della Procedura
- Opposizione urgente: decisione del giudice anche in 24–48 ore.
- Prima udienza: entro 30–45 giorni.
- Sentenza definitiva: da 6 a 12 mesi, a seconda del Tribunale.
📌 Durante la sospensione, il creditore non può pignorare nulla.
⚖️ I Vantaggi di Agire Subito
✅ Blocco immediato dell’esecuzione.
✅ Annullamento o sospensione del precetto.
✅ Riduzione dell’importo richiesto.
✅ Recupero delle somme indebitamente versate.
✅ Tutela del conto, del reddito e del patrimonio familiare.
🚫 Errori da Evitare
❌ Ignorare la notifica o “aspettare” che scada.
❌ Pagare senza controllare la legittimità del titolo.
❌ Non verificare la prescrizione o la notifica.
❌ Rivolgersi troppo tardi a un avvocato.
📌 Dopo il pignoramento, difendersi diventa molto più difficile e costoso.
🛡️ Come Può Aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo
📂 Analizza subito il titolo esecutivo e l’atto di precetto.
📌 Verifica la validità della notifica e i termini di prescrizione.
✍️ Redige e deposita il ricorso per opposizione o sospensione urgente.
⚖️ Ti rappresenta davanti al Tribunale per bloccare l’esecuzione.
🔁 Ti assiste fino alla cancellazione definitiva dell’atto e alla chiusura della procedura.
🎓 Le Qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto dell’esecuzione forzata e riscossione crediti.
✔️ Specializzato in opposizioni a precetti, pignoramenti e cartelle esattoriali.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Conclusione
Ricevere un atto di precetto non significa che tutto sia perduto.
Hai ancora il diritto e il tempo di difenderti, bloccare la procedura e proteggere i tuoi beni.
⏱️ Ricorda: i primi giorni dopo la notifica sono fondamentali.
Agire subito può fare la differenza tra pagare tutto o fermare l’esecuzione.
📞 Contatta ora l’Avv. Giuseppe Monardo per una consulenza riservata:
la tua difesa contro l’atto di precetto può partire oggi stesso.