Come Opporsi Ad Un Atto Di Precetto: Tutte Le Strategie Aggiornate

Hai ricevuto un atto di precetto e temi che possa essere eseguito con un pignoramento o un’ipoteca? È l’ultimo avvertimento del creditore prima dell’avvio dell’esecuzione forzata. Tuttavia, non sempre il precetto è valido o legittimo, e in molti casi può essere impugnato e sospeso se presenta errori, vizi di notifica o se il credito non è più dovuto. Sapere come e quando opporsi è fondamentale per evitare danni gravi al tuo patrimonio.

Cos’è un atto di precetto e a cosa serve

L’atto di precetto è un’intimazione formale con cui il creditore, munito di un titolo esecutivo (come una sentenza, un decreto ingiuntivo o una cartella esattoriale), ti ordina di pagare entro 10 giorni una determinata somma, avvertendoti che in caso di mancato pagamento procederà al pignoramento dei beni o dei conti correnti.

Il precetto deve indicare:

  • i dati del titolo esecutivo (tipo, data e autorità che lo ha emesso);
  • l’importo esatto dovuto (capitale, interessi e spese);
  • il termine entro cui pagare (di norma 10 giorni);
  • l’avvertimento che, in mancanza di pagamento, sarà avviata l’esecuzione forzata.

Quando è possibile opporsi a un atto di precetto

Puoi impugnare il precetto se presenta vizi formali o sostanziali, come:

  • mancanza o invalidità del titolo esecutivo;
  • notifica irregolare del titolo o del precetto stesso;
  • prescrizione o estinzione del credito;
  • errori nei conteggi di capitale, interessi o spese;
  • violazione dei termini di efficacia del titolo (ad esempio, precetto notificato oltre i 90 giorni dal titolo);
  • credito già pagato o compensato;
  • incompetenza territoriale del giudice indicato.

In questi casi, puoi presentare un’opposizione al precetto, chiedendo la sospensione dell’efficacia e l’annullamento dell’atto.

La differenza tra titolo esecutivo e atto di precetto

È importante capire che il titolo esecutivo (sentenza, decreto ingiuntivo, cartella, contratto di mutuo notarile, ecc.) è ciò che dà al creditore il diritto di agire, mentre il precetto è solo l’avviso che precede l’esecuzione. Se il titolo stesso è nullo o non è stato notificato correttamente, anche il precetto è automaticamente invalido.

Come opporsi a un atto di precetto: i passaggi fondamentali

  1. Leggi attentamente il documento ricevuto.
    Controlla chi è il creditore, l’importo richiesto e la data della notifica.
  2. Verifica la regolarità del titolo esecutivo.
    Il precetto è valido solo se il titolo è stato regolarmente notificato e ancora efficace.
  3. Controlla i termini di notifica.
    Il precetto perde efficacia se il creditore non avvia il pignoramento entro 90 giorni dalla notifica.
  4. Contatta subito un avvocato.
    Un avvocato esperto in esecuzioni e opposizioni può verificare la legittimità dell’atto e presentare ricorso urgente al giudice per chiedere la sospensione del precetto.
  5. Raccogli la documentazione.
    Conserva ogni comunicazione ricevuta, ricevute di pagamento, estratti conto o contratti che dimostrino l’estinzione del debito o eventuali irregolarità.

Le strategie difensive più efficaci per opporsi a un precetto

Un avvocato esperto può adottare diverse strategie, a seconda della situazione:

  • Opposizione per vizi formali
    Se il precetto non contiene gli elementi obbligatori (es. dati del titolo, importi esatti o termini), può essere dichiarato nullo.
  • Opposizione per mancanza o invalidità del titolo esecutivo
    Se il titolo non è stato notificato o non è esecutivo (ad esempio un decreto ingiuntivo non definitivo), il precetto è illegittimo.
  • Opposizione per prescrizione o estinzione del credito
    Il credito non può più essere preteso se è decorso il termine legale di prescrizione o se è già stato pagato.
  • Opposizione per calcoli errati
    Se gli importi richiesti comprendono interessi usurari, anatocistici o spese non dovute, è possibile chiedere una rettifica o l’annullamento del precetto.
  • Richiesta di sospensione urgente
    Durante l’opposizione, l’avvocato può chiedere al giudice di sospendere l’efficacia esecutiva del precetto, evitando così l’immediato pignoramento.

Quando il precetto è nullo o inefficace

Il giudice può dichiarare nullo il precetto nei seguenti casi:

  • titolo non notificato o inesistente;
  • creditore non legittimato ad agire;
  • errore nell’importo o mancanza di chiarezza sul credito richiesto;
  • prescrizione del diritto;
  • pignoramento non avviato entro 90 giorni dalla notifica del precetto.

In questi casi, il debitore può ottenere la cancellazione dell’atto e la condanna del creditore al pagamento delle spese legali.

Cosa succede se non ti opponi

Se non presenti opposizione entro i termini, il creditore potrà procedere con:

  • pignoramento dei conti correnti;
  • pignoramento dello stipendio o della pensione;
  • iscrizione di ipoteche o sequestri sui beni immobili;
  • esecuzioni mobiliari presso la tua abitazione o sede aziendale.

Agire in tempo è l’unico modo per bloccare la procedura esecutiva e far valere i tuoi diritti.

Quando rivolgersi a un avvocato esperto

È indispensabile contattare un avvocato se hai ricevuto un atto di precetto o se sospetti irregolarità nel titolo esecutivo. Un avvocato esperto in diritto dell’esecuzione forzata e opposizioni può:

  • verificare la validità del titolo e la correttezza della notifica;
  • presentare un ricorso di opposizione ex art. 615 c.p.c. (opposizione all’esecuzione) o ex art. 617 c.p.c. (opposizione agli atti esecutivi);
  • chiedere la sospensione del precetto o dell’esecuzione;
  • ottenere l’annullamento o la rettifica dell’atto;
  • evitare il pignoramento dei tuoi beni e conti correnti.

⚠️ Attenzione: il tempo è determinante. Il termine per opporsi è breve e decorre dalla data di notifica. Se il creditore avvia il pignoramento, la difesa diventa più complessa e costosa. Agisci immediatamente, con l’assistenza di un legale esperto, per fermare la procedura.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto civile, esecuzioni e contenzioso tributario – spiega come opporsi a un atto di precetto, quali sono le strategie legali aggiornate e come ottenere la sospensione o l’annullamento della procedura esecutiva prima che il creditore proceda con il pignoramento.

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Introduzione

L’atto di precetto è l’ultimo avvertimento formale che il creditore rivolge al debitore prima di avviare un’esecuzione forzata. In esso si intima al debitore di adempiere l’obbligo risultante da un titolo esecutivo (ad es. una sentenza, un decreto ingiuntivo esecutivo, una cambiale, ecc.) entro un termine non inferiore a 10 giorni, con l’avvertimento che in mancanza si procederà all’esecuzione forzata . In altri termini, il precetto è l’ultima chiamata al pagamento spontaneo prima che scattino pignoramenti o altre azioni esecutive.

Dal punto di vista del debitore, ricevere un atto di precetto è un evento di grande importanza: significa che esiste un titolo esecutivo in mano al creditore e che, trascorsi i giorni indicati (almeno 10) senza pagamento, il creditore potrà legittimamente avviare il pignoramento di beni, conti o altre misure coercitive. Tuttavia, l’ordinamento offre al debitore strumenti di difesa per contestare il precetto quando lo ritenga ingiusto, illegittimo o errato. Questi strumenti sono le cosiddette opposizioni esecutive, che consentono di sottoporre al giudice la verifica del diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata o della regolarità formale degli atti esecutivi .

In questa guida esamineremo tutte le strategie aggiornate al 2025 per opporsi efficacemente a un atto di precetto, alla luce delle più recenti riforme normative (in particolare la Riforma Cartabia del processo civile) e della giurisprudenza più recente. Adotteremo un linguaggio tecnico-giuridico ma con finalità divulgative, utile sia ai professionisti legali (avvocati) sia a debitori privati o imprenditori che vogliano capire come tutelare i propri diritti. Verranno forniti riferimenti normativi precisi (Codice di procedura civile e leggi speciali italiane), indicazioni sulle sentenze di legittimità più aggiornate, tabelle riepilogative per schematizzare i punti chiave, nonché una sezione di domande e risposte frequenti e alcune simulazioni pratiche di casi tipici. Il punto di vista adottato è quello del debitore, ossia di chi subisce il precetto, al fine di evidenziare le possibili difese e azioni da intraprendere.

Attenzione: opporsi a un precetto non è sempre semplice né privo di rischi. È fondamentale agire nei tempi giusti e con i mezzi corretti, per evitare decadenze o ulteriori aggravamenti della propria posizione. Inoltre, è bene sottolineare che l’opposizione va fondata su motivi solidi: opporsi pretestuosamente può portare non solo al rigetto ma anche alla condanna alle spese legali e al proseguimento dell’esecuzione. Pertanto, una valutazione attenta del caso concreto (meglio se con l’assistenza di un legale specializzato in esecuzioni) è sempre raccomandata.

Nei paragrafi seguenti, inizieremo chiarendo cosa sia esattamente un atto di precetto e quali requisiti deve avere (anche alla luce delle novità normative introdotte nel 2024), per poi analizzare i vari tipi di opposizione esperibili (opposizione all’esecuzione e opposizione agli atti esecutivi), le procedure telematiche per proporle, le strategie difensive specifiche a seconda del titolo esecutivo su cui il precetto si fonda (cambiale, assegno, mutuo, decreto ingiuntivo, ecc.) e le considerazioni particolari in base alla figura del debitore (privato consumatore, imprenditore individuale o società). Completeremo la guida con FAQ (domande frequenti) e casi pratici simulati, oltre a un elenco finale delle principali fonti normative e giurisprudenziali di riferimento.

Cos’è l’atto di precetto e qual è la sua funzione

L’atto di precetto è regolato dall’art. 480 del Codice di procedura civile, il quale ne definisce forma e contenuto. In base alla legge, il precetto consiste in un’intimazione scritta al debitore di adempiere l’obbligo risultante da un titolo esecutivo entro un termine non inferiore a 10 giorni . Deve anche avvertire il debitore che, se non paga entro tale termine, il creditore procederà a esecuzione forzata.

In pratica, il precetto serve a mettere formalmente in mora il debitore e a preannunciargli le azioni esecutive imminenti. Rappresenta quindi uno spartiacque tra la fase antecedente l’esecuzione (in cui si cerca di ottenere spontaneamente il pagamento) e la fase esecutiva vera e propria. Il legislatore impone che vi sia questo passaggio obbligato affinché il debitore sia pienamente consapevole delle conseguenze imminenti e abbia un’ultima opportunità per evitare la coazione (pagando il dovuto o trovando un accordo).

Il termine minimo di 10 giorni indicato dalla norma serve proprio a concedere al debitore un tempo congruo per eventualmente reperire le somme dovute o per prendere provvedimenti (pagare, chiedere una dilazione al creditore, ecc.). Solo in casi eccezionali il creditore può ottenere dal giudice l’autorizzazione ad abbreviare questo termine (art. 482 c.p.c., ad es. se vi è pericolo nel ritardo perché il debitore sta per disperdere i beni): in tal caso nel precetto dev’essere menzionata l’autorizzazione giudiziaria a intimare un termine inferiore.

Oltre al termine minimo per adempiere, il precetto ha anche un termine massimo di efficacia: esso scade dopo 90 giorni se entro quel periodo non viene iniziata l’esecuzione forzata . Ciò significa che il creditore, una volta notificato il precetto, ha 90 giorni di tempo per compiere almeno un atto esecutivo (tipicamente il pignoramento). Se lascia trascorrere 90 giorni senza agire, quel precetto diventa inefficace e per procedere coattivamente dovrà notificarne uno nuovo. Questo meccanismo evita che un debitore resti “sotto la spada di Damocle” di un precetto per un tempo indeterminato: passato un certo lasso di tempo, l’intimazione perde effetto e va rinnovata. Esempio pratico: se un precetto viene notificato il 1° febbraio e il creditore non avvia alcun pignoramento entro il 2 maggio, dal 3 maggio il precetto non vale più e un eventuale pignoramento iniziato oltre tale data sarebbe privo di base; il creditore dovrà notificare un nuovo precetto (aggiornato eventualmente negli importi) per poter procedere.

Va evidenziato che, in caso di opposizione del debitore contro il precetto, il termine di 90 giorni resta sospeso per la durata del relativo giudizio . Questo significa che se il debitore avvia un’opposizione, il “conto alla rovescia” dei 90 giorni si ferma fino alla definizione della causa di opposizione (o fino ad un provvedimento di sospensione del precetto). Ciò tutela il creditore dal vedersi scadere il precetto mentre pende il giudizio di opposizione, e nel contempo evita che il debitore subisca l’esecuzione durante la pendenza dell’opposizione (quando il giudice disponga la sospensione): affronteremo meglio questo aspetto parlando delle istanze di sospensione.

Riassumendo la funzione del precetto:

  • Costituisce condizione necessaria per iniziare l’esecuzione forzata (salvo rarissime eccezioni di titoli esecutivi che consentono l’esecuzione immediata). Il combinato disposto degli artt. 474 e 479 c.p.c. prevede che servono un titolo esecutivo valido e un atto di precetto regolarmente notificato al debitore per avviare l’esecuzione.
  • Mira a informare chiaramente il debitore dell’esistenza di un titolo esecutivo e delle somme dovute (comprensive di eventuali interessi e spese) intimandogli di adempiere spontaneamente.
  • Fissa un termine ultimo per evitare l’esecuzione (almeno 10 giorni), decorso il quale il creditore potrà legittimamente procedere coattivamente.
  • Ha efficacia temporanea di 90 giorni, decorso il quale, senza atti esecutivi, perde validità (a tutela sia del debitore – che non resta indefinitamente sotto minaccia – sia di certezza dei rapporti).
  • Rappresenta il primo atto formale del processo esecutivo (sebbene sia un atto stragiudiziale di parte, la sua notifica segna l’inizio della sequenza esecutiva). Per questo motivo, il precetto stesso può essere oggetto di opposizione da parte del debitore, come vedremo.

È importante capire che il precetto non crea un diritto nuovo, ma si basa su un titolo esecutivo preesistente. Se, ad esempio, il titolo è una sentenza di condanna al pagamento, il precetto si limita a intimare il pagamento di quanto risulta dalla sentenza (capitale, interessi, spese) entro 10 giorni. Se il debitore ritiene di avere già pagato, o che la sentenza sia stata riformata, o che non sia valida, ecc., dovrà far valere queste ragioni opponendosi all’esecuzione (perché il titolo esecutivo è ciò che legittima il precetto). Non si può contestare un precetto senza mettere in discussione il titolo o la pretesa sostanziale del creditore: in altre parole, il precetto “ingiusto” per il debitore è sempre espressione di un’esecuzione che si ritiene non dovuta (in tutto o in parte) o viziata formalmente.

Nei prossimi paragrafi analizzeremo nel dettaglio come è fatto un atto di precetto (requisiti formali) e poi come e quando opporsi, distinguendo le varie forme di opposizione e relative strategie.

Requisiti formali del precetto (novità della Riforma Cartabia 2023-2024)

Affinché sia valido, l’atto di precetto deve rispettare alcuni requisiti di forma e di contenuto stabiliti dall’art. 480 c.p.c. e successive modifiche. La Riforma Cartabia del processo civile (D.lgs. 149/2022, in vigore dal 2023, e il successivo correttivo D.lgs. 164/2024) ha introdotto importanti novità riguardanti proprio il contenuto del precetto, aggiungendo informazioni obbligatorie. Vediamo in elenco quali elementi deve contenere un precetto aggiornato alle norme vigenti e quali sanzioni sono previste in caso di mancanza:

  • Indicazione delle parti: devono essere indicati correttamente il creditore (parte istante) e il debitore intimato. È un requisito essenziale a pena di nullità . Vanno indicati nome, cognome (o denominazione sociale), eventuali dati anagrafici/sede, e nel caso del creditore il suo procuratore legale se è rappresentato da un avvocato (spesso il precetto viene sottoscritto dall’avvocato del creditore in nome e per conto di quest’ultimo, come da procura in calce al titolo esecutivo).
  • Chiara indicazione del titolo esecutivo: il precetto deve indicare su quale titolo si fonda. Se il titolo esecutivo è stato precedentemente notificato al debitore (come richiesto in molti casi), occorre indicare la data di notificazione del titolo . Ad esempio: “in forza della sentenza n. XX/2020 del Tribunale di…, notificata in forma esecutiva in data …”. Se invece il titolo non è stato notificato separatamente, la legge richiede in alcuni casi la trascrizione integrale del titolo nel precetto . Ad esempio, per alcuni decreti ingiuntivi o cambiali può rendersi necessaria la trascrizione integrale. In ogni caso, il debitore dal precetto deve comprendere inequivocabilmente che titolo esecutivo esiste contro di lui (numero e data della sentenza o decreto, notai nel caso di atti notarili, estremi della cambiale o assegno, ecc.). La mancanza di indicazione del titolo o della sua notificazione comporta la nullità del precetto , in quanto vizio formale fondamentale (il debitore deve sapere perché gli si chiede quel denaro e su quale base giuridica).
  • Intimazione ad adempiere entro un termine non inferiore a 10 giorni: questo elemento (la cosiddetta diffida ad adempiere) è la ragion d’essere del precetto. Deve essere formulato chiaramente che il debitore è invitato a pagare (o adempiere all’obbligo) entro il termine stabilito (di norma 10 giorni, salvo autorizzazioni a ridurlo) e con l’avvertimento che in difetto si procederà esecutivamente . Questa frase di stile (“con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata”) è essenziale. Un precetto che, per assurdo, omettesse di intimare il pagamento entro un termine, non avrebbe senso e sarebbe certamente nullo per difetto di un elemento essenziale.
  • Quantificazione delle somme dovute: il precetto deve contenere l’importo che il debitore deve pagare, suddiviso nelle varie voci. In genere si indicano: capitale (la sorte capitale del credito), interessi (legali o moratori maturati fino a quel momento, con indicazione del tasso e del periodo calcolato), spese legali del precetto (di solito il creditore include anche le spese vive di notifica e un onorario forfettario per la redazione del precetto stesso) ed eventuali altre spese (es. spese di protesto per cambiali/assegni, spese di un atto di precetto precedente se rinnovato, ecc.). Non vi è un obbligo di dettaglio minuzioso di ogni calcolo, ma è buona prassi specificare le voci per consentire al debitore di verificare la correttezza della pretesa. Esempio: “– Euro 10.000,00 per capitale di sorta; – Euro 500,00 per interessi legali maturati dal… al …; – Euro 200,00 per spese di precetto; – oltre interessi legali dalla data di notifica del presente atto al saldo”. Se manca l’indicazione degli importi, il precetto può risultare generico e dunque affetto da nullità per indeterminatezza, rientrando comunque tra i vizi che impediscono al debitore di comprendere cosa deve pagare. La giurisprudenza ha in passato dibattuto sull’ipotesi in cui il precetto indichi un importo superiore al dovuto (c.d. precetto eccedente): come vedremo, secondo l’orientamento attuale ciò non ne causa la nullità totale ma solo la riduzione della somma alla quota effettivamente dovuta .
  • Avvertimento sulle procedure di sovraindebitamento: introdotto dal 2015 (D.L. 83/2015 conv. in L. 132/2015) e oggi presente nel comma 2 dell’art. 480 c.p.c., è l’avviso al debitore che egli può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, tentare di porre rimedio alla propria situazione di sovraindebitamento concludendo un accordo con i creditori o proponendo un piano del consumatore . In sostanza il debitore viene informato dell’esistenza delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (oggi inserite nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, D.Lgs. 14/2019 e s.m.i.), come strumenti alternativi all’esecuzione individuale per gestire i debiti. Questo avvertimento deve essere inserito nel precetto, tuttavia la legge non prevede una nullità espressa in caso di omissione. Infatti, la Corte di Cassazione ha chiarito che la mancata inclusione di tale avvertimento costituisce una mera irregolarità che non comporta nullità del precetto , essendo una disposizione volta principalmente a promuovere il ricorso a procedure di composizione delle crisi, ma non posta a tutela diretta della posizione processuale del debitore (in altre parole, il debitore non subisce un pregiudizio processuale immediato da questa mancanza, se non la perdita di un’informazione di carattere generale). Ad ogni modo, è buona norma che il precetto contenga questa formula. Esempio pratico: un precetto che ometta tale avvertimento potrà essere comunque ritenuto valido dal giudice, secondo Cassazione 2022, ma il debitore potrà sempre avvalersi di quelle procedure se ne ha i requisiti, indipendentemente dall’avviso. (Si veda Cass. civ. 26 luglio 2022 n.23343, che ha affermato il principio di non nullità per omissione dell’avviso ex art. 480 co.2 c.p.c. ).
  • Indicazione del giudice competente per l’esecuzione: questa è una novità introdotta dalla riforma Cartabia (in vigore dal 2023, corretta nel 2024). L’art. 480 c.p.c., comma 3, ora prevede espressamente che il precetto deve indicare il giudice territorialmente competente per l’esecuzione . Tradotto: il creditore deve specificare qual è l’ufficio giudiziario davanti al quale si dovrà procedere in caso di pignoramento, in base ai criteri di competenza fissati dal codice (art. 26 c.p.c. e segg.). Ad esempio: “Giudice competente per l’esecuzione: Tribunale di Milano” (se, ad es., il bene da pignorare è a Milano o il debitore risiede a Milano e si tratterà di pignoramento mobiliare). Questa indicazione serve a orientare il debitore su dove potrà eventualmente introdurre le opposizioni o dove si svolgerà l’eventuale pignoramento. Cosa accade se manca questa indicazione? La legge non sanziona con nullità l’omissione, ma prevede un meccanismo sostitutivo: in mancanza dell’indicazione del giudice competente, le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui esso è stato notificato e le notificazioni al creditore istante si fanno presso la cancelleria di tale giudice . In pratica, il legislatore ha stabilito che se il creditore non indica il giudice, si considererà competente il giudice del luogo di notifica del precetto (presumibilmente il foro del debitore) e il creditore perderà il privilegio di ricevere le notifiche presso un suo domicilio: dovrà andarle a cercare in Cancelleria (salvo che abbia comunque un domicilio digitale disponibile). Questa scelta normativa ha una finalità sanzionatoria “indiretta”: scoraggiare i creditori dal non indicare nulla. Dunque, il debitore non dovrà sollevare un’opposizione per nullità in questo caso, perché la legge stessa risolve la lacuna attribuendo la competenza e il domicilio ex lege. Comunque, qualora la mancanza del foro competente generi in concreto incertezza o contestazioni, si potrà eventualmente coinvolgere il giudice per dirimere la questione, ma secondo dottrina e primi riscontri giurisprudenziali non è prevista la nullità immediata del precetto: resta valido, con competenza radicata nel luogo di notifica .
  • Elezione di domicilio o indirizzo digitale del creditore procedente: questo elemento era presente anche prima, ma la riforma lo ha riformulato. Se il precetto è sottoscritto dalla parte personalmente (cioè dal creditore in proprio, caso raro perché di solito ci si avvale di un avvocato), allora deve contenere la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio del creditore nel Comune in cui ha sede il giudice competente, oppure in alternativa l’indicazione di un indirizzo di PEC risultante da pubblici elenchi o l’elezione di un domicilio digitale speciale . In pratica, il creditore non assistito da avvocato (che quindi non ha un difensore presso il tribunale competente) deve fornire un recapito nel luogo del foro esecutivo, o almeno un indirizzo PEC, in modo da essere raggiungibile per atti relativi all’esecuzione. Se non lo fa, scatta la conseguenza sopra menzionata: tutte le notificazioni per il creditore avverranno presso la Cancelleria del giudice competente (cioè, sarà il creditore a dover monitorare la Cancelleria per vedere se ci sono atti a lui destinati, come opposizioni, istanze, ecc.). Questo aspetto interessa meno il debitore direttamente, ma è bene saperlo perché incide su come notificare eventualmente un atto di opposizione: se nel precetto il creditore non ha indicato un domicilio (fisico o digitale), l’opponente potrà notificare l’atto presso la Cancelleria del giudice competente, ai sensi dell’art. 480 co.3 c.p.c.
  • Sottoscrizione: il precetto deve essere sottoscritto a norma dell’art. 125 c.p.c. . Se il creditore è rappresentato da un avvocato, sarà quest’ultimo a firmare l’atto (con firma autografa se cartaceo o firma digitale se formato digitale). La firma attesta la paternità dell’atto e, nel caso di avvocato, implica anche l’autenticità della copia del titolo esecutivo notificato (spesso l’avvocato dichiara che la copia del titolo allegata è conforme all’originale). Un precetto non sottoscritto sarebbe nullo per mancanza di un requisito formale essenziale (atto non perfetto).
  • Notifica al debitore in forma legale: infine, il precetto deve essere notificato al debitore secondo le norme degli artt. 137 e ss. c.p.c. , cioè con l’ausilio di un ufficiale giudiziario (o tramite PEC se ne ricorrono i presupposti di legge). La notifica al debitore personalmente è richiesta: questo significa, ad esempio, che se il debitore è una società, la notifica va fatta alla società presso la sede, ma indirizzata proprio alla società debitrice (non ad altri soggetti estranei). Eventuali vizi nella notifica (es. notifica nulla o inesistente) possono pregiudicare l’efficacia del precetto. Ad esempio, se la notifica è nulla ma il debitore comunque viene a conoscenza dell’atto, dovrà attivarsi per far valere la nullità tempestivamente (oppure la nullità potrà essere sanata ex tunc se il debitore, conoscendolo, propone opposizione senza eccepire il vizio di notifica). Se la notifica è inesistente (es. invio a indirizzo totalmente sbagliato e non ricezione), il precetto potrebbe non produrre effetti.

In sintesi, l’atto di precetto è un atto formale e deve contenere tutte le indicazioni volute dalla legge per essere valido. Alcune omissioni comportano espressamente la nullità (es. mancata indicazione delle parti, mancata menzione del titolo o della sua notificazione ); altre omissioni sono sanabili o non invalidanti, perché la legge non le sanziona direttamente (es. mancato avvertimento sovraindebitamento , mancata indicazione del giudice competente ). In questi casi “minori”, spesso interviene il principio generale del raggiungimento dello scopo: se il precetto, pur con qualche difetto formale, ha comunque raggiunto la sua funzione informativa e intimatoria nei confronti del debitore, non verrà annullato . Naturalmente, la valutazione spetta al giudice se il debitore solleva la questione in un’opposizione formale.

Esempio pratico 1: Tizio riceve un precetto che intima il pagamento di 5.000€ derivante da una certa sentenza. Nel precetto però l’avvocato del creditore dimentica di indicare la data di notifica della sentenza in forma esecutiva. Tizio, che aveva effettivamente ricevuto la sentenza mesi prima, sa di cosa si tratta, ma vede che formalmente manca quell’indicazione. Si tratta di un vizio dell’atto di precetto rilevante? Sì, la mancata indicazione della data di notifica del titolo è a pena di nullità ex art. 480 c.p.c., perché la legge la prevede espressamente . In un’eventuale opposizione agli atti esecutivi (ex art. 617 c.p.c.) Tizio potrebbe far valere questa nullità formale, sostenendo di aver subito un pregiudizio (non ha la certezza che il titolo fosse notificato, oppure l’omissione gli impedisce di verificare la tempestività del precetto, etc.). Il giudice, valutata la fondatezza, potrebbe dichiarare nullo il precetto, costringendo il creditore a notificargliene uno nuovo corretto.

Esempio pratico 2: Caio riceve un precetto su mutuo bancario, regolare in tutto, ma privo della frase di avvertimento sul sovraindebitamento. Caio conosce poco queste procedure e forse se l’avvertimento ci fosse stato avrebbe consultato un organismo di crisi. Decide comunque di opporsi eccependo la nullità del precetto per questa omissione. La causa giunge innanzi al giudice dell’esecuzione, il quale, richiamando Cassazione 23343/2022, rigetta l’opposizione: l’omissione dell’avvertimento non comporta nullità perché la norma non lo prevede e perché, in concreto, il precetto ha comunque raggiunto il suo scopo (Caio sapeva cosa doveva pagare e perché) . Caio potrà comunque, se vuole, rivolgersi a un OCC per sovraindebitamento, ma ciò esula dall’opposizione al precetto in sé.

Esempio pratico 3: Sempronio riceve un precetto che indica come giudice competente “Tribunale di ABC” (un foro lontano da dove Sempronio vive e dove non ha beni). Sempronio sospetta che il creditore abbia scelto apposta quel foro per metterlo in difficoltà logistica. In realtà la legge ora impone di indicare il giudice competente ex art. 26 c.p.c. (che di regola sarebbe il tribunale del luogo di esecuzione). Se Sempronio ritiene che nel luogo indicato non vi siano beni pignorabili e che non sia quello il giudice realmente competente, può comunque proporre opposizione presso il tribunale del luogo in cui ha ricevuto il precetto, eccependo eventualmente l’incompetenza di quel foro lontano. Sarà onere del creditore dimostrare che la scelta del tribunale di ABC era corretta (cioè che Sempronio ha beni lì). In mancanza di tale prova, è probabile che il giudice adito (quello locale) si consideri competente e dichiari anomala l’elezione di domicilio/foro fatta dal creditore . La Cassazione ha infatti stabilito che l’elezione di domicilio nel precetto in un Comune dove il creditore non dimostri esserci beni pignorabili del debitore non radica la competenza; il debitore può scegliere di fare opposizione al giudice del luogo di notifica . In questo esempio, se Sempronio agisce prontamente presso il foro locale, costringerà il creditore a venire lì a difendersi e a subire le notifiche in Cancelleria (se aveva eletto domicilio solo ad ABC) .

Chiariti i requisiti formali del precetto, passiamo ora ad esaminare come il debitore può opporsi a un precetto che ritiene errato o ingiusto. Esistono due macro-categorie di opposizioni: opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) e opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) , a seconda che si contestino i fondamenti sostanziali del diritto di procedere o i vizi formali dell’atto di precetto. Approfondiremo entrambe, con tempistiche, procedure e casistica.

Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.): contestare il diritto di procedere

L’opposizione all’esecuzione, disciplinata dall’art. 615 c.p.c., è il mezzo con cui il debitore (o comunque la parte contro cui si procede) contesta il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata . In altre parole, il debitore afferma che non sussistono i presupposti per l’esecuzione, negando in tutto o in parte la pretesa esecutiva. Si tratta quindi di contestare l’“an” dell’esecuzione – ossia il se il creditore abbia davvero diritto di agire esecutivamente – e non il “come” (che attiene invece ai vizi formali, oggetto dell’opposizione ex art. 617 c.p.c.).

Quando e come proporla (termini e procedura)

L’opposizione all’esecuzione può essere proposta sia prima che l’esecuzione inizi, sia dopo l’inizio di essa, con forme diverse:

  • Opposizione preventiva (prima che l’esecuzione inizi): secondo l’art. 615, comma 1 c.p.c., “Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata, si può proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell’articolo 27” . Dunque, finché c’è solo il precetto (e non è stato ancora notificato alcun atto di pignoramento o esecuzione), l’opposizione si fa con atto di citazione nei confronti del creditore, davanti al giudice competente. La competenza territoriale, in base alla recente riforma, è di norma quella indicata nel precetto (giudice competente per l’esecuzione) oppure, in mancanza, il giudice del luogo di notifica del precetto . La competenza per materia/valore segue le regole generali: di solito Tribunale se il titolo esecutivo è una sentenza o se il valore del credito supera €5.000; può essere Giudice di Pace solo in rarissimi casi di esecuzioni mobiliari di valore inferiore a €5.000 e titoli di competenza GdP. In caso di dubbio, conviene adire il Tribunale.

Un’opposizione preventiva non ha un termine fisso di legge: può essere proposta anche immediatamente dopo la notifica del precetto, senza dover attendere i 10 giorni . Anzi, spesso è utile proporla subito, magari prima che scadano i 10 giorni, se si vuole ottenere una sospensione urgente. Tuttavia, va proposta non oltre l’inizio dell’esecuzione. Cosa significa “inizio dell’esecuzione”? Significa che se, spirato il termine del precetto, il creditore notifica un atto di pignoramento o compie un atto esecutivo (es. pignoramento mobiliare, immobiliare o presso terzi), da quel momento l’esecuzione è iniziata. Se l’opposizione non era stata fatta prima, il debitore dovrà adattarsi alle forme dell’opposizione successiva (ovvero ex art. 615 co.2, tramite ricorso al G.E., come vedremo). In sintesi: è opportuno che il debitore che intende contestare radicalmente il diritto del creditore agisca in opposizione durante i 10 giorni del precetto o immediatamente dopo, prima che arrivi il pignoramento.

Importante: l’opposizione all’esecuzione preventiva non sospende automaticamente la possibilità per il creditore di procedere, salvo che il debitore ottenga un provvedimento di sospensione (vedi oltre). Dunque, è possibile che il creditore, scaduti i 10 giorni, tenti comunque il pignoramento anche se ha ricevuto l’atto di citazione in opposizione (specie se non vi è ancora un’ordinanza di sospensione). In tali casi, il debitore potrebbe ritrovarsi a dover reagire anche contro il pignoramento (con istanze urgenti al giudice dell’esecuzione). Di solito però, notificata l’opposizione, se vi è un’udienza fissata a breve per la sospensiva, molti creditori attendono l’esito di quella prima di procedere, onde evitare di sobbarcarsi costi di esecuzione che potrebbero risultare inutili o di subire poi la dichiarazione di nullità degli atti compiuti qualora l’opposizione venga accolta e si dichiari insussistente il diritto all’esecuzione.

  • Opposizione successiva (a esecuzione iniziata): l’art. 615, comma 2 c.p.c. stabilisce che “Quando è iniziata l’esecuzione, l’opposizione di cui al comma precedente […] si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione” . Significa che se il creditore ha già avviato il pignoramento (mobiliare, immobiliare o presso terzi), oppure se l’opposizione riguarda la pignorabilità dei beni (es. il debitore vuol far valere che un certo bene pignorato è impignorabile per legge, oppure che il pignoramento è avvenuto violando regole procedurali), allora l’opposizione all’esecuzione va presentata in corso di esecuzione al giudice davanti al quale pende l’esecuzione (il Giudice dell’Esecuzione, abbreviato G.E.). In pratica, in questi casi non c’è un atto di citazione contro il creditore, ma un ricorso da depositare nel fascicolo dell’esecuzione in corso. Il giudice dell’esecuzione fisserà con decreto l’udienza di comparizione e il termine per notificare il ricorso e decreto al creditore .

Per quanto concerne i termini in cui proporre l’opposizione successiva, la legge non prevede un termine di decadenza fisso (non c’è il limite di 20 giorni che vedremo per l’opposizione agli atti). Tuttavia, la riforma ha introdotto un importante limite: nell’esecuzione per espropriazione, l’opposizione all’esecuzione non è ammessa se proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione (cioè dopo che i beni pignorati sono stati messi all’asta e aggiudicati, o assegnati al creditore) salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti o che il debitore dimostri di non aver potuto proporla prima per causa non imputabile . Questa norma (introdotta già nel 2016) mira ad evitare che il debitore aspetti fino all’ultimo, quando l’esecuzione è praticamente conclusa, per tirare fuori obiezioni che poteva sollevare prima, bloccando retroattivamente tutto. Ad esempio, se un immobile è già stato venduto all’asta, il debitore non può più opporsi per motivi che poteva dedurre prima, a meno che siano fatti nuovi (es: dopo la vendita viene meno il titolo esecutivo per una causa sopravvenuta) o che provi di aver scoperto solo allora un motivo che prima ignorava senza colpa. In assenza di queste condizioni, un’opposizione tardiva verrebbe dichiarata inammissibile.

Riassumendo termini e forme per l’opposizione all’esecuzione:

  • Prima dell’esecuzione (solo precetto notificato): forma = atto di citazione al giudice competente; termine: non perentorio, ma consigliabile entro i 10 giorni o poco dopo, comunque prima che il creditore pignori. Non c’è un limite massimo se non l’inizio del pignoramento.
  • Dopo l’inizio dell’esecuzione: forma = ricorso al giudice dell’esecuzione (ossia al tribunale dove pende il pignoramento); termine: il prima possibile, in ogni caso non oltre l’ordinanza di vendita/assegnazione, salvo motivi sopravvenuti o cause di forza maggiore di ritardo.

Dal punto di vista procedurale, l’opposizione all’esecuzione introdotta con atto di citazione (rito ordinario) segue le regole del processo di cognizione ordinaria, con alcune peculiarità. In particolare, il debitore-opponente può chiedere subito la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo. L’art. 615, co.1 c.p.c. infatti prevede che “il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l’efficacia esecutiva del titolo” . Questa è la cosiddetta istanza di sospensione (o sospensiva). Deve essere formulata dallo stesso debitore nell’atto di citazione di opposizione (o con ricorso separato contestuale) e serve ad ottenere, in via cautelare e urgente, il blocco provvisorio dell’esecuzione in attesa della decisione sul merito . In altre parole, si chiede al giudice di impedire al creditore di andare avanti (o di iniziare) fino a quando non verrà stabilito se il creditore ha ragione o torto.

Per ottenere la sospensione, il debitore deve dimostrare i presupposti cautelari usuali: il fumus boni iuris (ossia che l’opposizione non è pretestuosa ma presenta motivi fondati, almeno in apparenza) e il periculum in mora (ossia che, se l’esecuzione prosegue nel tempo necessario a decidere la causa, il debitore subirebbe un danno grave o irreparabile, ad es. la vendita di un immobile) . Il giudice valuta questi elementi e decide con ordinanza se sospendere o meno. L’ordinanza sulla sospensione può essere reclamata dall’interessato (creditore, se viene sospesa e non è d’accordo, o debitore, se negata) davanti alla Corte d’Appello, ex art. 669-terdecies c.p.c. , essendo provvedimento cautelare.

Se l’opposizione all’esecuzione è invece proposta a esecuzione iniziata (ricorso al G.E.), la stessa istanza di sospensione può essere presentata al giudice dell’esecuzione, che di norma la tratta con priorità: l’art. 624 c.p.c. disciplina la sospensione dell’esecuzione in corso, ottenibile dal G.E. in caso di gravi motivi. Spesso, il G.E. fissa l’udienza in tempi brevi proprio per decidere sulla sospensione; nelle urgenze può anche sospendere inaudita altera parte con decreto motivato, per poi confermare/revocare all’udienza.

Motivi tipici di opposizione all’esecuzione (contestazione del “diritto a procedere”)

Quali sono, in concreto, le situazioni in cui un debitore può utilmente fare opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.? Proviamo a elencare i motivi tipici, ricordando che essi riguardano sempre l’inesistenza originaria o sopravvenuta del diritto del creditore di eseguire coattivamente. Tra i casi più frequenti abbiamo:

  • Inesistenza o invalidità del titolo esecutivo: il debitore sostiene che manca un valido titolo esecutivo alla base del precetto. Ad esempio:
  • Contesta che il documento invocato dal creditore sia davvero un titolo esecutivo: es. il creditore intima pagamento sulla base di un documento che definisce “cambiale” ma che in realtà non ha i requisiti formali della cambiale (quindi non è un titolo esecutivo cambiario) ; oppure un contratto di mutuo non in forma di atto pubblico (che quindi non sarebbe immediatamente esecutivo); oppure una sentenza che in realtà non è ancora esecutiva (es. sentenza di primo grado non provvisoriamente esecutiva, e magari sospesa).
  • Oppure il debitore afferma che il titolo esecutivo c’era, ma ora non è più efficace: ad esempio, un decreto ingiuntivo non opposto ma caducato perché il debitore ha proposto opposizione tardiva (vedi caso del consumatore infra) o perché è intervenuta una causa di estinzione del giudizio monitorio; oppure una sentenza di condanna che è stata annullata in appello (o cassata) e quindi non esiste più come titolo . In questi casi, se il creditore intimante sta procedendo con un precetto fondato su una sentenza di primo grado ma, ad esempio, la Corte d’Appello ha già riformato quella decisione assolvendomi dall’obbligo, il titolo esecutivo in realtà è venuto meno (la condanna non c’è più). Il debitore dovrà provare questo (esibendo la sentenza d’appello di riforma) e l’opposizione mirerà a far dichiarare che non c’è più titolo e quindi l’esecuzione non può aver luogo .
  • Da notare: se il titolo è stato formato in un giudizio in cui il debitore era contumace, generalmente non vi è possibilità di opposizione all’esecuzione per contestare quel titolo: bisogna semmai impugnare il titolo stesso (appello, revocazione, opposizione tardiva se decreto ingiuntivo). L’opposizione esecutiva non è un surrogato dei mezzi di impugnazione del titolo. Tuttavia, esiste un’eccezione recentemente chiarita dalla giurisprudenza per i consumatori: se il titolo è un decreto ingiuntivo non opposto contro un consumatore, il giudice dell’esecuzione deve verificare d’ufficio l’eventuale presenza di clausole contrattuali abusive e, se ve ne sono, avvisare il consumatore che può proporre opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. entro 40 giorni . In tal caso, un’opposizione all’esecuzione eventualmente già proposta dal consumatore per far valere clausole vessatorie va riqualificata come opposizione tardiva e rimessa al giudice competente per il titolo. Torneremo su questo punto nella parte dedicata ai titoli esecutivi derivanti da contratti con consumatori.
  • Sopravvenuta cessazione dell’obbligo o del diritto del creditore: il debitore riconosce che il titolo esecutivo era valido, ma afferma che dopo la formazione del titolo è accaduto qualcosa che ha estinto o modificato il rapporto. Esempi classici:
  • Pagamento (totale o parziale): il debitore ha già pagato, in tutto o in parte, quanto dovuto, per cui il creditore non aveva diritto di agire (o poteva agire solo per la parte non pagata). Questo è forse il caso più frequente di opposizione all’esecuzione. Il debitore dovrà provare l’avvenuto pagamento (ricevute, bonifici, quietanze). Se il pagamento è totale, l’opposizione mira a far dichiarare nulla l’intimazione perché il credito non esiste più. Se il pagamento è parziale, l’opposizione sarà parzialmente fondata: otterrà di limitare l’esecuzione all’importo residuo effettivamente dovuto. Esempio pratico: debitore riceve precetto di €15.000 su sentenza definitiva, ma ha già pagato un mese prima €15.000 al creditore, come da bonifico . Opponendosi, chiederà al giudice di accertare l’intervenuto pagamento e quindi di dichiarare inesistente il diritto a procedere esecutivamente (o quantomeno di ridurre a zero la pretesa, quindi annullare il precetto). In questi casi, normalmente il giudice, se la prova del pagamento è chiara, sospende l’esecuzione e poi accoglie l’opposizione, chiudendo la porta all’esecuzione (il titolo esecutivo rimane, ma di fatto il credito si è estinto).
  • Compensazione: il debitore potrebbe vantare a sua volta un credito verso il creditore, già certo, liquido ed esigibile, di importo pari o superiore. Se sussistono i requisiti per la compensazione legale o giudiziale, il debitore può opporre in compensazione il proprio credito, riducendo o annullando il debito eseguendo. Ad esempio: Tizio ottiene sentenza per 10.000 contro Caio, ma Caio aveva a sua volta un credito da contratto di 8.000 verso Tizio già accertato; Caio in opposizione all’esecuzione può chiedere dichiararsi la compensazione fino a 8.000, quindi che restino eventualmente solo 2.000€ eseguibili.
  • Novazione, transazione o remissione: dopo il titolo, le parti possono aver fatto un accordo transattivo, oppure il creditore ha rimesso il debito, o lo hanno novato. Se ad esempio il creditore e debitore hanno sottoscritto una scrittura con cui il creditore si impegnava a non procedere in esecuzione in cambio di un piano di rientro, oppure hanno modificato l’obbligazione originale, il debitore può far valere questo accordo per bloccare l’esecuzione basata sul titolo precedente. Attenzione: spesso in giurisprudenza si discute se patti del genere (es. rateizzazioni concordate) siano da far valere con opposizione ex art. 615 oppure costituiscano eccezioni precluse perché anteriori al titolo. Se, ad esempio, il titolo esecutivo è un decreto ingiuntivo divenuto definitivo e la transazione è precedente, il debitore avrebbe dovuto eccepirla nel monitorio. Se invece è successiva alla formazione del titolo, certamente è fatto sopravvenuto.
  • Prescrizione sopravvenuta del diritto: il titolo esecutivo potrebbe essere ancora valido ma il diritto sottostante potrebbe essere caduto in prescrizione sopravvenuta. Esempio: una sentenza passata in giudicato si prescrive in 10 anni (prescrizione del diritto di ottenere esecuzione del giudicato). Se il creditore notifica precetto su una sentenza vecchia di oltre 10 anni senza che vi siano stati atti interruttivi, il debitore può opporsi eccependo la prescrizione del credito. Anche la cartella esattoriale (che è un titolo per esecuzione esattoriale) può vedere prescritti i crediti in essa contenuti se passati molti anni. In generale, la prescrizione maturata dopo il titolo va fatta valere in sede di opposizione all’esecuzione.
  • Beneficio di escussione o altre condizioni sospensive: qualora il debitore sia un fideiussore o condebitore solidale e il titolo riguardi più soggetti, potrebbe eccepire ad es. di avere diritto a che prima si escuta il debitore principale (se è prevista tale possibilità e se il titolo non l’ha già esclusa). Oppure se il titolo esecutivo era condizionato (es. una sentenza esecutiva provvisoriamente ma con cauzione, o un mutuo da risolvere al verificarsi di un evento) e la condizione per l’esecuzione non si è avverata.
  • Opposizione a decreto ingiuntivo tardiva: caso particolare, se il titolo è un decreto ingiuntivo non opposto, normalmente il debito è cristallizzato; tuttavia, come accennato, la legge consente in due casi un’opposizione tardiva (art. 650 c.p.c.): 1) se il debitore prova di non aver potuto fare opposizione per causa a lui non imputabile entro 40 giorni (es. notifica nulla e conosciuta tardi); 2) se il debitore è un consumatore e nel contratto originario vi erano clausole abusive non esaminate dal giudice del monitorio . In tali ipotesi, il debitore può avviare un procedimento di opposizione tardiva al decreto ingiuntivo anche dopo il precetto. Di solito questa opposizione tardiva viene proposta insieme (o in luogo) all’opposizione all’esecuzione. La Cassazione a Sezioni Unite nel 2023 (sent. n. 9479/2023) ha chiarito che se il consumatore propone direttamente opposizione all’esecuzione ex art. 615 per clausole abusive, il giudice dell’esecuzione deve “trasformarla” in un’opposizione tardiva ex art. 650 rimettendo al giudice competente la decisione sul merito della validità delle clausole . Quindi, il debitore-consumatore ha uno spiraglio in più per contestare il titolo dopo che questo è divenuto definitivo, limitatamente a quegli aspetti di abuso contrattuale.
  • Difetto di legittimazione o di titolo in senso soggettivo: il debitore può opporre che il soggetto che procede non è il titolare del credito o che lui non è il soggetto obbligato. Ad esempio:
  • Il precetto è intimato da un cessionario del credito: il debitore potrebbe eccepire che la cessione non è valida, o non gli è stata notificata, o che il creditore procedente non ha provato la propria legittimazione (in teoria, se notifica un titolo intestato al cedente, deve allegare l’atto di cessione e la notifica di cessione). Se manca questa prova, potrebbe non aver diritto a procedere.
  • Il debitore intimato non è in realtà il debitore: ad es. omonimia o errore di persona. Se Tizio Rossi riceve un precetto ma il vero debitore del titolo era un altro Tizio Rossi, ovviamente può opporsi sostenendo l’estraneità. Oppure la società Alfa SRL riceve precetto per debito di Beta SRL per errore.
  • Il creditore procedente non era legittimato individualmente: ad es. uno solo di più comproprietari notifica precetto per l’intero senza avere poteri per la quota altrui.
  • Questioni relative a successione nel titolo: es. il creditore del titolo è deceduto e il precetto viene fatto da un coerede senza che vi sia stato ancora atto di accettazione dell’eredità o senza specificare la qualità.
  • Impignorabilità dei beni: anche questa è una forma di opposizione all’esecuzione (si parla di opposizione di merito all’esecuzione) ex art. 615, comma 2, quando riguarda beni già pignorati. Esempi:
  • Il debitore sostiene che il bene aggredito è impignorabile per legge: es. stipendio minimo vitale, alcuni beni di stretta necessità (letto, frigorifero, ecc., ex art. 514 c.p.c.), attrezzi di lavoro in certa misura, pensione sociale, ecc. In tal caso il titolo può anche essere valido, ma l’oggetto dell’esecuzione non lo è (non si poteva pignorare quel bene). Questa è una difesa che tipicamente si attua dopo il pignoramento, chiedendo al G.E. di dichiarare il pignoramento invalido su quei beni. Tuttavia, a rigore, può configurarsi come opposizione all’esecuzione (si contesta il diritto a procedere su quello specifico bene).
  • Un caso particolare: la legge attualmente vieta il pignoramento dell’unica casa di abitazione del debitore da parte dell’Agente della Riscossione (in certi limiti, per debiti tributari), ma non prevede un analogo divieto per creditori ordinari. Quindi un creditore bancario può pignorare la prima casa del debitore. Il debitore potrebbe tentare di opporsi invocando principi costituzionali o convenzionali, ma al momento la legge non gli dà un esplicito appiglio di impignorabilità in tal caso (salvo forse casi estremi di violazione di dignità, ma non riconosciuti in giurisprudenza). Diverso discorso se la casa era oggetto di un fondo patrimoniale o trust: allora il debitore potrebbe opporsi sostenendo la non aggredibilità di quel bene per quel tipo di debito, ma sono questioni complesse che spesso vengono decise in sede di opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. (ad esempio, il coniuge opponente per beni in fondo patrimoniale).

Questi motivi – che potremmo definire sostanziali – sono quelli che rientrano nell’ambito dell’opposizione ex art. 615 c.p.c. In buona sostanza, ogni qual volta il debitore afferma “il creditore non potrebbe (più) farmi questo precetto/pignoramento, perché il suo diritto non c’è o non è azionabile”, rientriamo nell’opposizione all’esecuzione.

Effetti e provvedimenti nell’opposizione all’esecuzione: se l’opposizione è accolta, il giudice nega (in tutto o in parte) l’efficacia del titolo esecutivo nei confronti del debitore opponente. Può dichiarare che nulla è dovuto, oppure che è dovuta solo una parte minore (ad esempio, accerta il pagamento parziale e riduce il precetto da 100 a 50). In caso di accoglimento, normalmente il precetto opposto viene annullato (o ridotto) e, se nel frattempo era iniziata l’esecuzione, essa viene dichiarata improseguibile o estinta per inesistenza del diritto. Se già c’erano atti esecutivi compiuti (pignoramenti iscritti), verranno cancellati/rilasciati. Al contrario, se l’opposizione viene rigettata, l’esecuzione può proseguire regolarmente. Quando l’opposizione all’esecuzione era preventiva, la sentenza che definisce il merito è ordinariamente appellabile (segue il rito ordinario). Quando invece era proposta a esecuzione iniziata, la legge oggi stabilisce che la sentenza che definisce l’opposizione all’esecuzione non è appellabile , essendo impugnabile solo con ricorso per cassazione (ciò per evitare doppi gradi di giudizio mentre l’esecuzione rimane sospesa troppo a lungo). Dunque, il debitore deve essere consapevole che, scegliendo di attendere di opporsi in corso di esecuzione, potrà avere un solo grado di merito.

Esempio pratico: Tizio subisce un pignoramento immobiliare basato su mutuo non pagato. Decide di opporsi sostenendo che il tasso di interesse convenuto nel mutuo era usurario e dunque il contratto è nullo in parte qua. Questa è un’opposizione all’esecuzione (contesta il quantum dovuto in base al titolo contrattuale). Tizio deposita ricorso al G.E. (perché l’esecuzione è iniziata), chiedendo sospensione e rideterminazione del credito. Il G.E. sospende l’esecuzione (se ritiene vi siano gravi indizi di usura) e rimette le parti davanti a sé per la decisione di merito sulla validità delle clausole di interesse. Emessa poi sentenza in primo grado (presso lo stesso Tribunale) che ad es. riduce il credito eliminando gli interessi usurari, quella sentenza sarà non appellabile (art. 616 c.p.c. per le cause in cui il G.E. era competente), e il creditore o debitore potranno eventualmente proporre ricorso in Cassazione su punti di diritto. L’immobile pignorato, intanto, resta in sospeso fino alla definizione (salvo eventuale revoca della sospensione se mutano le circostanze).

Prima di passare all’opposizione successiva (617), una precisazione importante: è possibile che nello stesso precetto il debitore ravvisi sia motivi di merito che vizi formali. In tal caso, ci si domanda se debba proporre due opposizioni separate (una ex 615 e una ex 617) oppure possa cumulare tutto in un unico giudizio. La regola generale è che le due opposizioni seguono riti diversi e hanno termini diversi (615 nessun termine fisso; 617 termine di 20 giorni), pertanto non sono cumulabili in un unico atto, salvo forse nella fase di merito di un’opposizione già incardinata. La prudenza suggerisce di proporre entrambe separatamente nei termini rispettivi. Ad esempio, se il debitore contesta sia di aver già pagato (motivo di merito ex 615) sia che nel precetto non è indicato il titolo o c’è altro vizio formale (motivo ex 617), dovrebbe proporre l’opposizione ex 617 entro 20 giorni per tutelare i vizi formali, e parallelamente l’opposizione di merito ex 615 (che potrebbe anche proporre con atto separato e poi chiederne la riunione). In alcuni casi la giurisprudenza ha ammesso il cumulo per economia processuale, ma è un terreno rischioso. Per evitare decadenze, meglio non confondere le due e rispettare il termine breve per i vizi formali.

Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.): contestare i vizi formali

L’opposizione agli atti esecutivi, regolata dall’art. 617 c.p.c., è lo strumento per censurare la regolarità formale del precetto o di altri atti del procedimento esecutivo . Si tratta quindi di contestare il “come” l’esecuzione viene posta in essere, ossia eventuali errori, irregolarità o nullità formali degli atti. Nel nostro contesto, essendo l’atto di precetto a tutti gli effetti un atto esecutivo (il primo atto dell’esecuzione), esso è soggetto a questa forma di opposizione specifica per vizi di forma.

Quando e come proporla (termine di 20 giorni e procedura)

Diversamente dall’opposizione ex art. 615, l’opposizione ex art. 617 c.p.c. è caratterizzata da termini di decadenza molto stringenti. In particolare:

  • Se riguarda la regolarità formale del titolo esecutivo o del precetto e viene proposta prima che l’esecuzione sia iniziata (cioè quando c’è solo il precetto notificato, non ancora il pignoramento), l’opposizione si propone con atto di citazione davanti al giudice indicato dall’art. 480 co.3 (quindi il giudice competente per l’esecuzione, generalmente) entro il termine perentorio di 20 giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto . Ciò significa:
  • Se il vizio è nel precetto stesso (ad es. mancata indicazione del titolo, errore formale nella notifica del precetto, ecc.), i 20 giorni decorrono dalla data in cui il precetto è stato notificato al debitore .
  • Se il vizio contestato invece è nella notifica del titolo esecutivo (ad esempio la copia del titolo esecutivo presentava difformità, o la notifica del decreto ingiuntivo era nulla), e il precetto è la prima occasione in cui il debitore viene a conoscenza del titolo, anche quello può essere oggetto di opposizione agli atti. In tal caso i 20 giorni decorrono dalla notifica del titolo (se la notifica del titolo è il “primo atto esecutivo” conosciuto) oppure dal precetto, a seconda delle situazioni. L’art. 617 parla di 20 giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto, quale primo atto di esecuzione .
  • Esempio: se il creditore notifica contestualmente il decreto ingiuntivo munito di formula esecutiva e il precetto, il “primo atto” esecutivo potrebbe dirsi il decreto ingiuntivo esecutivo. In pratica, per prudenza si considerano 20 giorni dalla data in cui il debitore ha ricevuto entrambi (che spesso coincidono se notificati insieme).

L’atto di citazione ex art. 617 va notificato al creditore procedente (di solito presso il suo domicilio eletto o al suo legale). Il giudice competente, come detto, è quello individuato in base all’art. 480 co.3 c.p.c. – dunque tendenzialmente il tribunale competente per l’esecuzione. Competenza per materia/valore: su opposizioni di questo tipo è quasi sempre il Tribunale (anche se il credito è modesto), perché la competenza segue quella dell’esecuzione, che per esecuzioni mobiliari di piccolo valore potrebbe essere Giudice di Pace solo se fosse un’esecuzione mobiliare inferiore a 5mila Euro intrapresa davanti al GdP (caso raro e comunque il GdP deciderebbe come giudice di esecuzione). Nella stragrande maggioranza dei casi, le opposizioni al precetto ex 617 vanno in Tribunale.

  • Se riguarda vizi formali che emergono dopo l’inizio dell’esecuzione – quindi atti del processo esecutivo in senso stretto, come un verbale di pignoramento, un avviso di vendita, ecc. – oppure la notifica del titolo o del precetto quando il debitore non ha potuto opporsi prima, l’opposizione si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione (ossia nel procedimento esecutivo pendente) entro 20 giorni:
  • dalla data del primo atto di esecuzione compiuto, se il vizio riguarda il titolo esecutivo o il precetto (ma non si è fatta opposizione prima) ;
  • oppure dal giorno in cui sono stati compiuti i singoli atti che si ritengono viziati, se il vizio riguarda, ad esempio, un atto di pignoramento, un’ingiunzione dell’ufficiale giudiziario, un avviso di vendita, ecc. .

Ad esempio: il creditore notifica il precetto ma il debitore non se ne accorge e non fa opposizione nei 20 gg; poi avviene il pignoramento immobiliare e il debitore, comparendo, si accorge che nel precetto c’era un vizio. A quel punto può ancora opporsi per quel vizio entro 20 giorni dal pignoramento (che è il primo atto esecutivo “successivo”) sostenendo che il precetto era nullo . Oppure, se durante l’esecuzione viene emesso un provvedimento del G.E. non corretto o compiuta una formalità in modo irrituale, il debitore o altre parti interessate devono attivarsi entro 20 giorni da quel fatto.

Questa fase dopo l’inizio è sempre davanti al Giudice dell’Esecuzione (quindi nel tribunale dove pende il pignoramento). Si utilizza il ricorso (indirizzato al G.E. stesso), il quale fisserà udienza e termine per notifica a controparte, analogamente a quanto visto per l’opposizione di merito tardiva.

Riassumendo termini e forme per l’opposizione agli atti (precetto compreso):

  • Opposizione a precetto (o titolo) prima dell’esecuzione: entro 20 giorni dalla notifica del precetto (o del titolo, se primo notificato), con atto di citazione al giudice competente .
  • Opposizione a vizi di atti durante l’esecuzione: entro 20 giorni dall’atto viziato (o dal primo atto se riguarda atti iniziali non opposti prima), con ricorso al G.E. competente .

Il termine di 20 giorni è perentorio: ciò significa che se il debitore non rispetta tali termini, perde la facoltà di far valere quei vizi formali. Questa decadenza è molto rigorosa. Ad esempio, se il precetto ha un vizio ma il debitore non propone opposizione entro 20 giorni dalla notifica, non potrà più eccepire quel vizio successivamente (né in altra sede, né in un’eventuale opposizione all’esecuzione) . Trascorso quel termine, il vizio si considera sanato (perché il precetto ha comunque prodotto i suoi effetti e il debitore, restando inerte, lo ha tollerato). La giurisprudenza ha anche chiarito che il termine decorre dalla legale conoscenza dell’atto viziato, e se un debitore deduce di non aver avuto tale conoscenza può invocare la non decorrenza del termine. Ad esempio, in caso di vizi di notifica, i 20 giorni potrebbero decorrere da quando il debitore ha avuto conoscenza effettiva dell’atto; ma attenzione: la “conoscenza” in questi casi dev’essere intesa con prudenza, perché si rischia di entrare in un tema probatorio spinoso. È meglio assumere che dalla data di notifica (o di perfezionamento legale) parte il termine, salvo casi in cui la notifica sia inesistente (in tal caso l’opposizione non ha neppure bisogno, perché l’atto inesistente è tamquam non esset). Se la notifica è nulla, il termine decorre dalla data in cui il debitore ne ha avuto conoscenza legale (ad es. dalla comparsa nel procedimento o da un atto successivo che glielo rivela).

Motivi tipici di opposizione agli atti esecutivi (vizi formali del precetto)

Focalizziamoci sui vizi formali del precetto che possono essere fatti valere con opposizione ex art. 617. Molti li abbiamo già delineati parlando dei requisiti formali:

  • Mancata indicazione di elementi obbligatori con nullità espressa: ad esempio la omessa indicazione delle parti, oppure la mancata menzione della data di notifica del titolo esecutivo (quando richiesta) , o la mancata/errata indicazione del titolo stesso. Queste omissioni sono espressamente sanzionate da nullità dall’art. 480 c.p.c. e pertanto il debitore dovrà proporre opposizione agli atti entro 20 giorni per farle valere. In genere, trattandosi di nullità testuali, il giudice accoglierà l’opposizione dichiarando nullo il precetto, a meno che non ritenga che il fine dell’atto sia stato comunque raggiunto senza pregiudizio (ipotesi difficile quando mancano addirittura le parti o il titolo!). Ad esempio, se nel precetto manca completamente l’indicazione del titolo esecutivo su cui si fonda, il debitore potrà opporsi e il precetto sarà annullato per nullità insanabile, costringendo il creditore a notificarne uno nuovo corretto .
  • Errore sull’intimazione dei 10 giorni o altre formule obbligatorie: se il precetto non contiene la concessione di almeno 10 giorni per adempiere, oppure manca l’“avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata”, è viziato. In passato si discuteva se un precetto intimato entro ad esempio 7 giorni fosse nullo o semplicemente da considerare come se avesse 10 giorni. La prevalenza ritiene che sia nullo perché lede un diritto del debitore (non gli concede il minimo di legge). Lo stesso per l’avvertimento: senza, non è chiaro che succede se non paga, quindi vizio essenziale. Questi vizi andrebbero fatti valere ex art. 617 subito. In giudizio, difficilmente il creditore potrebbe invocare il raggiungimento dello scopo, perché il termine troppo breve implica un potenziale pregiudizio concreto (il debitore magari ha creduto di avere solo 7 giorni e non ce l’ha fatta). Quindi la nullità è probabile.
  • Mancata o irregolare notifica del titolo esecutivo quando necessaria: se il titolo esecutivo doveva essere notificato prima o insieme al precetto e ciò non è avvenuto regolarmente, il precetto è viziato. Ad esempio:
  • Se il creditore notifica il precetto senza aver notificato prima la sentenza in forma esecutiva, violando l’art. 479 c.p.c. (che richiede che il titolo sia stato notificato, salvo dispensa nei casi di legge). Talora i creditori fanno notifica contestuale di titolo e precetto, il che è lecito (purché il precetto menzioni la contestuale notificazione del titolo). Ma se addirittura il titolo non è nemmeno allegato, il debitore potrebbe opporre che non ha avuto conoscenza legale del titolo. Questo è un vizio formale del procedimento (mancanza di un presupposto), e l’opposizione ex 615 o 617? Dottrina discute: alcuni lo inquadrano come vizio formale (617) perché attiene alla regolarità dell’intimazione, altri come sostanziale (615) perché senza notifica del titolo non c’è diritto a procedere esecutivamente. Tendenzialmente, si può far valere in entrambi i modi. Per prudenza, meglio sollevarlo comunque entro 20 giorni come vizio del precetto. La giurisprudenza spesso lo configura come vizio di notifica sanabile se successivamente il titolo è portato a conoscenza e non c’è pregiudizio. Se il debitore era già a conoscenza del titolo (es. perché ha partecipato al giudizio), la mancata notifica formale del titolo può essere ritenuta non invalidante del precetto (principio di scopo raggiunto: il debitore già conosceva la sentenza). Viceversa, se il titolo era inaudito per il debitore (es. decreto ingiuntivo mai notificato prima), la mancata notifica del titolo contestuale al precetto può dare luogo ad opposizione e a sospensione, magari convertita in opposizione tardiva come visto.
  • Se il titolo allegato è incompleto o non autentico: ad es. l’ufficiale giudiziario notifica copia conforme del precetto ma dimentica di allegare la copia del titolo, o ne allega solo la prima pagina. Il debitore riceve un precetto che richiama una sentenza ma non trova la sentenza allegata. Questo è un vizio di notifica. Egli può opporsi ex 617 per nullità del precetto/titolo in quanto non ha ricevuto integrale il titolo. Anche qui il giudice valuterà se ha compreso comunque lo scopo (di norma, se il titolo manca, la nullità è evidente perché come poteva verificarlo?).
  • Errore nell’intestazione o riferimenti del titolo: se ad esempio nel precetto viene trascritto male il numero o data della sentenza, o confuso il nome di una parte. La domanda è: quell’errore genera incertezza sul titolo? Se sì, vizio formale. Se è un errore materiale ma dal contesto si capisce qual è il titolo (es. dice sentenza n.123/2021 invece di 132/2021, ma allega quella giusta), potrebbe non comportare nullità per raggiungimento scopo.
  • Mancanza dell’avvertimento sovraindebitamento: come detto, la Cassazione la considera mera irregolarità . Ciò significa che, teoricamente, se un debitore solleva opposizione ex 617 solo per questa ragione, è destinata al rigetto in base all’indirizzo attuale. Alcuni tribunali (ad es. Trib. Marsala 2024) inizialmente avevano dubbi, ma con Cass. 23343/2022 la linea pare tracciata. Dunque questo motivo in sé solo non è fruttuoso. Tuttavia, essendo formalmente un requisito di legge, potrebbe essere ancora invocato in qualche sede per tentare almeno di ritardare: ma c’è il rischio concreto di dover pagare le spese per un’opposizione infondata se ci si basa solo su quello. In ogni caso va fatto valere entro 20 giorni dalla notifica del precetto (dopo non sarà più contestabile nemmeno in astratto).
  • Mancata indicazione del giudice competente per l’esecuzione (richiesta dal 2024): anche questa omissione, come visto, non genera nullità ma attiva la competenza del foro di notifica e le notifiche in cancelleria . Quindi, in teoria, non c’è neanche bisogno di opposizione: la legge stessa risolve. Il debitore, se vuole essere certo, può limitarsi a proporre l’eventuale opposizione al giudice del luogo di notifica e notificare l’atto al creditore presso la Cancelleria (se non ha domicilio eletto). Non è quindi un vizio da far valere ex 617 (non avrebbe scopo, il giudice direbbe “non nullo per legge, competenza vostra qui, proseguite pure qui…”).
  • Vizi della notifica del precetto: possono essere di vario genere:
  • errori nella relata di notifica (es. l’ufficiale giudiziario non indica data o firma, oppure sbaglia destinatario sulla relata),
  • notifica eseguita in luogo non corretto (es. presso residenza vecchia benché il creditore sapesse della nuova, o a persona non abilitata a ricevere),
  • mancanza di indicazione dell’ufficiale giudiziario, ecc. Questi rientrano nella categoria delle “nullità della notifica” dell’atto. Come tali, se il debitore ne ha conoscenza (lo ha saputo magari casualmente, o perché ha ritirato tardi l’atto in posta), deve eccepirle tempestivamente ex art. 617 (entro 20 gg dalla conoscenza legale dell’atto, direi). Esempio: se il precetto viene notificato per posta e l’ufficiale giudiziario non allega l’avviso di ricevimento, il debitore potrebbe sostenere che la notifica è inesistente o nulla. Però attenzione: se la notifica è inesistente (mai pervenuta al debitore), nemmeno servirebbe opposizione finché il debitore non viene a conoscenza di un atto successivo (ad es. del pignoramento, a quel punto può opporsi dicendo di non aver mai ricevuto il precetto, il che, se vero, comporta l’inefficacia del pignoramento per mancanza di precetto valido). Se la notifica è nulla (es. fatta a persona sbagliata ma magari la notizia è giunta ugualmente al debitore), va fatta valere con opposizione agli atti. La nullità può essere sanata se il debitore si costituisce comunque senza riserve, quindi importante eccepirla subito nell’atto di opposizione. In genere i vizi di notifica del precetto se fondati portano all’annullamento del precetto e conseguentemente di eventuali atti successivi. Però, se il creditore nel frattempo ha rinnovato correttamente la notifica del precetto, l’opposizione potrebbe divenire priva di oggetto (perché c’è un precetto valido nuovo).
  • Errori sull’importo intimato o sugli interessi: sebbene la quantificazione dell’importo attenga al merito (se in eccesso, è questione di quantum dovuto → art. 615), alcuni aspetti formali connessi possono essere fatti valere ex 617. Ad esempio:
  • Il precetto non dettaglia gli interessi: anni addietro c’era un orientamento che richiedeva di indicare tasso e periodo degli interessi pretesi, pena nullità del precetto perché il debitore deve poter verificare i calcoli. Oggi la giurisprudenza è più flessibile: se il precetto indica la somma globale comprensiva di interessi fino a un certo giorno, e magari il tasso (o se è desumibile dal titolo), la finalità informativa è comunque assolta. Cassazione ha detto che la forma serve allo scopo, non ha valore in sé . Quindi la mancanza di un dettaglio preciso degli interessi potrebbe non portare all’annullamento se il debitore comunque capisce l’entità. Egli potrà contestare nel merito se la somma è eccessiva (chiedendo riduzione ex 615).
  • Precetto eccedente: se il creditore ha indicato una somma superiore al dovuto (volontariamente o per errore di calcolo), il debitore come visto può opporsi per la parte eccedente. Questa è una situazione borderline: tradizionalmente la si ricomprende tra le opposizioni ex art. 615 (perché si nega il diritto del creditore in parte). E infatti Cass. 20238/2024 conferma che l’opposizione sul quantum in eccesso è opposizione all’esecuzione e comporta solo la riduzione, non la nullità integrale . Dunque il debitore che riceve un precetto “gonfiato” non può sperare di farlo annullare del tutto come vizio formale (a meno che l’eccesso sia colossale e in mala fede, ma la Cassazione è chiara: anche se la voce principale era non dovuta, il precetto resta valido per il resto) . Pertanto, l’approccio giusto è: opposizione ex 615 per far accertare l’esatto, e richiesta di sospensione magari parziale. Non un’opposizione ex 617, perché non è un vizio formale ma sostanziale.
  • Spese di precetto non dovute o eccessive: spesso il creditore include “spese” per l’atto di precetto (es. €200). Il debitore può contestare che tali spese non siano documentate o siano eccessive rispetto ai parametri. Questa contestazione riguarda il quantum di spese ripetibili. Difficilmente un giudice annulla un precetto solo perché il creditore ha chiesto €200 anziché €100: al più disporrà in sede di liquidazione spese di ridimensionarle. Quindi anche questo rientra nel merito. Solo se il precetto contenesse una voce manifestamente arbitraria (es. €5.000 di spese per un atto semplice) si potrebbe tentare di far valere un abuso come exceptio doli; ma è più realistico chiedere al giudice di decurtare quella parte.
  • Vizi successivi del precetto: ad esempio, mancato rispetto del termine di 90 giorni (precetto scaduto) combinato con un pignoramento iniziato tardivamente. Qui, se il creditore agisce con precetto scaduto, il debitore può opporsi per invalidità del pignoramento. Non è opposizione al precetto in sé (che era già inefficace) ma opposizione agli atti esecutivi contro l’atto di pignoramento, sostenendo che è viziato perché il precetto era decaduto ex lege (art. 481 c.p.c.). Il termine di 90 giorni tuttavia può essere sospeso da eventi (opposizioni, periodi di sospensione legale feriale se applicabili – su quest’ultimo c’è un dibattito: per i 90gg del precetto generalmente si ritiene non si applichi la sospensione feriale, essendo termine di natura sostanziale). In ogni caso, se il creditore pignora al 95° giorno dal precetto, quell’atto è nullo per mancanza di precetto valido. Il debitore dovrà opporsi entro 20 giorni da tale pignoramento (ex 617) per far rilevare l’inefficacia del precetto e far caducare il pignoramento.
  • Altri vizi procedimentali: oltre al precetto, l’art. 617 copre un vasto spettro di atti esecutivi: es. se la notifica del pignoramento è irregolare, se la vendita è fatta in modo difforme dalla legge, ecc. Questi però esulano dal nostro focus (successivi al precetto). Per completezza: anche i vizi nelle modalità di pignoramento (es. ufficiale giudiziario che non esegue le formalità come da legge) vanno contestati ex 617.

In conclusione su opposizione ex art. 617: il debitore deve essere molto attento ai termini. Appena ricevuto il precetto, se ravvisa qualunque difetto formale, deve attivarsi entro 20 giorni dalla notifica, con l’assistenza di un avvocato, per depositare l’opposizione formale. Il mancato rispetto di questo termine pretermette per sempre tali vizi. Perfino l’opposizione all’esecuzione successiva non potrà recuperarli (il giudice dichiarerebbe inammissibile la doglianza perché ormai decaduta). Ad esempio, non si può alla fine del processo esecutivo sollevare all’ultimo che il precetto iniziale aveva un vizio formale se non lo si è fatto entro i 20 giorni dalla sua notifica.

Esempio pratico: Pinco riceve un precetto che ha un errore: sbagliata l’indicazione del nome del debitore nel titolo (lo chiamano “Gino Bianchi” invece di “Gianni Bianchi”). Pinco dubita se quell’errore possa bastare a invalidare l’atto. Decide di non opporsi entro 20 giorni. Il creditore procede e pignora. A questo punto Pinco vorrebbe eccepire il vizio del precetto, ma sono passati 40 giorni. Purtroppo, ha perso la possibilità: l’eccezione è tardiva e, se la propone ora, il giudice rigetterà dicendo che andava sollevata nei termini . Pinco potrà ancora opporsi magari contestando nel merito il credito, ma non potrà più far annullare il precetto per quel vizio formale ormai sanato.

Esempio pratico 2: Pallino riceve un precetto via PEC all’indirizzo tratto dal registro INI-PEC. La notifica però risulta viziata perché mancava l’attestazione di conformità della copia informatica del titolo allegato. Pallino non apre subito la PEC, ma viene a saperlo quando gli notificano (perché precetto ignorato) un pignoramento. Ormai il precetto è scaduto, però la notifica era nulla. Lui entro 20 giorni dal pignoramento propone opposizione ex 617 sostenendo che il pignoramento è invalido per nullità del precetto (notifica nulla). Il giudice dell’esecuzione valuterà: se accerta che effettivamente il precetto non fu notificato regolarmente (mancava una formalità essenziale), potrebbe accogliere l’opposizione dichiarando nullo il precetto e anche gli atti conseguenti (pignoramento) . In tal caso il creditore dovrà ripartire notificando correttamente un nuovo precetto.

Come si propone l’opposizione al precetto: procedura (PCT) e iter processuale

Dopo aver analizzato i tipi di opposizione, è utile descrivere concretamente come il debitore può proporre opposizione a un atto di precetto, quali passi procedurali sono coinvolti e quali sono le peculiarità dovute all’uso degli strumenti telematici (PCT – Processo Civile Telematico).

Assistenza legale e atti introduttivi

In quasi tutti i casi, per opporsi a un precetto è necessaria l’assistenza di un avvocato iscritto all’albo. L’opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi sono procedimenti di competenza del tribunale (salvo rarissimi casi minori) e richiedono il ministero di un difensore. Solo eccezionalmente, se il valore dell’esecuzione rientra nei limiti del Giudice di Pace e per quell’opposizione è competente il GdP (meno di €1.100, ad esempio), il debitore potrebbe stare in giudizio personalmente. Ma sono ipotesi limite. Quindi, il primo passo per il debitore è solitamente rivolgersi a un avvocato di fiducia esperto in esecuzioni.

L’avvocato, valutato il caso e i motivi di opposizione, predisporrà l’atto introduttivo appropriato:

  • Atto di citazione in opposizione all’esecuzione (615 co.1) o agli atti (617 co.1) qualora l’opposizione sia preventiva, ossia prima che vi sia un procedimento esecutivo pendente. È il caso tipico dell’opposizione a precetto (il precetto c’è, ma non ancora il pignoramento) . L’atto di citazione è un atto di parte che contiene: l’indicazione del tribunale competente, le generalità di opponente e opposto, l’esposizione dei fatti e dei motivi di opposizione, l’istanza di sospensione (se richiesta) e le conclusioni (ciò che si chiede al giudice: es. annullare il precetto, dichiarare inesistente il diritto di esecuzione, ecc.). Nell’atto di citazione l’avvocato indicherà un’udienza di comparizione delle parti, nel rispetto dei termini a comparire (art. 163-bis c.p.c.: tipicamente 90 giorni liberi se Tribunale). Tuttavia, la riforma Cartabia ha introdotto una particolarità: in luogo dell’atto di citazione tradizionale con data fissata dall’avvocato, è facoltà proporre l’opposizione anche con rito semplificato di cognizione . Questo rito semplificato prevede un ricorso iniziale al giudice il quale poi fissa l’udienza. Nel “correttivo Cartabia” 2024 si è precisato che l’opposizione a precetto può essere introdotta anche col rito semplificato. In pratica, l’avvocato ha due opzioni:
  • Fare come in passato: atto di citazione notificato al creditore e poi iscrizione a ruolo in tribunale con una data di udienza scelta (compatibilmente con agenda).
  • Oppure: depositare un ricorso in tribunale chiedendo la fissazione di udienza in tempi brevi (specie se urge la sospensione). Il giudice, ricevuto il ricorso, emette un decreto in cui fissa l’udienza e il termine per notificare ricorso+decreto al creditore . Questa seconda modalità assomiglia a quella dell’opposizione a decreto ingiuntivo o di altri procedimenti, ed è utile per avere un controllo immediato del giudice sull’agenda e soprattutto sulla sospensiva.

Ad esempio, molti tribunali suggeriscono di utilizzare il rito semplificato per le opposizioni a precetto con richiesta urgente di sospensione, così che l’istanza cautelare venga esaminata subito dal giudice che fissa udienza ravvicinata. Se invece si segue la via classica dell’atto di citazione con data a 3-4 mesi dopo (per rispettare i termini ordinari), di solito si accompagna con un’istanza al capo dell’ufficio di abbreviazione dei termini o fissazione anticipata per la sospensiva. In pratica, in entrambi i casi l’obiettivo è ottenere un’udienza in tempi rapidi per discutere la sospensione.

  • Ricorso in opposizione (615 co.2 o 617 co.2) quando l’opposizione è successiva all’inizio dell’esecuzione. Qui non c’è scelta: se, ad esempio, c’è già un pignoramento iscritto presso il Tribunale X, l’opposizione va fatta lì con ricorso al G.E. di quella procedura . Il ricorso introduttivo conterrà gli stessi elementi (parti, fatti, motivi, istanza sospensiva, conclusioni), ma verrà depositato nel fascicolo dell’esecuzione pendente, se esiste un numero di ruolo esecutivo. Il giudice dell’esecuzione, ricevuto il ricorso, emette un decreto con cui fissa l’udienza e indica entro quanti giorni l’opponente deve notificare il ricorso e il decreto al creditore opposto . Ad esempio: “fissa l’udienza del … e ordina all’opponente di notificare il presente ricorso e decreto entro il …”. Tale notifica deve essere eseguita, altrimenti l’opposizione può essere dichiarata improcedibile.

In entrambi i casi, l’atto di opposizione va notificato al creditore procedente (oppure all’eventuale suo procuratore costituito nell’esecuzione, se già c’è). La notifica dell’opposizione può avvenire tramite ufficiale giudiziario in forma tradizionale, oppure, se possibile, tramite posta elettronica certificata (PEC) direttamente dall’avvocato dell’opponente ai sensi della L. 53/1994 (notificazione in proprio). Quest’ultima modalità è ora la prassi comune, specie se il precetto è stato notificato via PEC: l’avvocato del debitore può reperire l’indirizzo PEC del creditore o del suo avvocato (se indicato nel precetto, o dai registri INI-PEC o REGINDIRIZZI) e inviare l’atto di citazione in PDF firmato digitalmente con le relate di notifica via PEC. La notifica via PEC consente di risparmiare tempo (avviene in poche ore) e di avere prova immediata di consegna (le ricevute PEC).

Dove notificare? Se nel precetto il creditore aveva eletto domicilio o indicato un indirizzo PEC, si userà quello. Se non lo aveva fatto (o la notifica PEC del precetto proveniva dall’ufficiale giudiziario da una casella automatica), occorre cercare il domicilio digitale del creditore o del suo avvocato. Per le società, si trova sull’INI-PEC; per persone fisiche, se rappresentate da avvocato, quell’avvocato dovrebbe aver firmato il precetto e il suo indirizzo PEC è reperibile su ReGInde; se il creditore era persona fisica senza avvocato e non ha domicilio digitale, la legge (come visto) consente di notificare presso la Cancelleria del giudice .

Da ottobre 2022 è in vigore l’art. 3-bis L. 53/94 che impone, per notifica via PEC, di usare formati PDF conformi e allegare l’atto con firma digitale. L’avvocato fa poi un’attestazione di conformità se notifica una scansione (ma di solito l’atto originale è nativo digitale quindi non serve). Insomma, oggi le notifiche telematiche degli atti di opposizione sono la norma, salvo casi in cui si preferisca il metodo tradizionale (es. se il creditore non ha PEC nota, si va dall’ufficiale giudiziario per notifica cartacea).

Deposito telematico dell’opposizione (iscrizione a ruolo)

Dopo la notifica al creditore, l’opponente deve iscrivere a ruolo la causa di opposizione presso il giudice competente. Questo oggi avviene tramite deposito telematico dell’atto e dei documenti nel sistema del PCT.

  • Se si è proceduto con atto di citazione: una volta notificata la citazione, l’avvocato provvede a depositarla in tribunale, allegando la copia dell’atto e la prova della notifica (PEC ricevute o relata cartacea). Tradizionalmente questo si chiamava deposito della nota di iscrizione a ruolo con copia dell’atto. Dal 26 novembre 2024, grazie al D.Lgs. 164/2024, la nota di iscrizione a ruolo cartacea è stata eliminata: il deposito telematico stesso dell’atto genera i dati necessari . Quindi l’avvocato, utilizzando il redattore atti o il Portale dei Servizi Telematici ministeriale, seleziona il registro (Contenzioso civile), l’ufficio (Tribunale di…), il rito (ordinario o semplificato) e carica l’atto di citazione compilando i campi delle parti, oggetto, valore, ecc. L’atto depositato deve essere firmato digitalmente. Il sistema genera un numero di ruolo generale (RG) per la causa di opposizione.
  • Se si è proceduto con ricorso (in opposizione successiva o rito semplificato): in realtà in quel caso il deposito del ricorso precede la notifica e vale come iscrizione, perché il giudice rilascia il decreto. Ad ogni modo, anche in questo caso l’avvocato deposita telematicamente il ricorso con eventuali allegati. Se il giudice emette decreto, a volte lo si riceve via PEC e si dovrà poi depositare nei registri il ricorso notificato con il decreto e relativa relata.

Nel depositare, l’avvocato allegherà i documenti rilevanti: primo fra tutti l’atto di precetto impugnato e il titolo esecutivo su cui si fonda. Questi documenti sono essenziali perché il giudice possa valutare il caso. Altri documenti possono essere quietanze di pagamento (se il motivo è l’avvenuto pagamento), documenti contrattuali (se si eccepiscono clausole nulle), ecc. Tutti vanno depositati in formato PDF possibilmente firmato digitalmente (o con attestazione di conformità se sono copie informatiche di originali analogici).

Va ricordato che dal 2023 il deposito telematico è generalizzato: non è più ammesso il deposito cartaceo degli atti introduttivi se non in residui casi eccezionali. Il PCT copre ormai anche gli atti del Giudice di Pace (dal 2023) e a maggior ragione del Tribunale. Quindi l’opponente (tramite il suo avvocato) dovrà utilizzare gli strumenti informatici (redattore di atti o portale ministeriale). Inoltre, per accedere occorre pagare il contributo unificato previsto per le cause di valore corrispondente. Un’opposizione a precetto ha un valore pari all’importo precettato (in contestazione). Ad esempio, per €20.000 il contributo unificato sarà di €259; per €5.000 sarà €98, etc., secondo gli scaglioni D.P.R. 115/2002. Ci sono poi €27 di marca per diritti forfettari. Questi valori vanno pagati telematicamente (si allega la ricevuta pagoPA nel deposito). Anche questo è un costo da considerare per il debitore: opporsi ha un costo iniziale che poi potrà essere recuperato se vince (addebbitandolo al creditore), ma se perde è una spesa in più.

Fase cautelare: la sospensione del titolo o dell’esecuzione

Come già accennato, un momento cruciale è la richiesta di sospensione. Ricapitolando:

  • Nell’opposizione preventiva (precetto non ancora seguito da pignoramento), si può chiedere la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo . Di solito la si inserisce nell’atto introduttivo stesso con una formula tipo: “Il sig. X chiede altresì la sospensione ex art. 615 co.1 c.p.c. dell’efficacia esecutiva del titolo esecutivo opposto, stante la sussistenza di gravi motivi…”. Il giudice adito, appena la causa viene iscritta (o già al momento del ricorso), valuta la propria competenza e la regolarità formale; quindi emette un decreto di fissazione udienza. Nel frattempo, se l’udienza fissata è a breve, normalmente la decisione sulla sospensione viene presa all’udienza stessa, dopo aver sentito le parti (e nel frattempo il creditore potrebbe in via prudenziale astenersi dal procedere, se la data è vicina). Se invece l’udienza fosse fissata lontana o vi fosse un’urgenza estrema (es. il creditore sta per pignorare in 2 giorni), il debitore può chiedere misure d’urgenza anticipatorie: ad esempio depositare una istanza di abbreviazione dei termini o di anticipazione udienza, oppure chiedere un provvedimento inaudita parte. Quest’ultimo è raro, ma l’art. 669-sexies c.p.c. lo consentirebbe in caso di pericolo imminente e irreparabile (ad es. sta per scadere il termine per un pignoramento già programmato). Più spesso, il giudice aspetterà l’udienza con contraddittorio.

All’udienza, il giudice (che può essere un collegio o un giudice monocratico a seconda dei casi: nel tribunale ordinario in genere è monocratico per opposizioni) discute la sospensione. Se accoglie, emette un’ordinanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo (o dell’atto) . Questo significa che il titolo temporaneamente non può essere utilizzato per esecuzione. L’effetto pratico: il precetto rimane “congelato”; se il creditore iniziasse un pignoramento violerebbe l’ordine del giudice e il debitore potrebbe farlo dichiarare nullo. Se invece rigetta la sospensione, l’esecuzione può procedere e il processo di opposizione proseguirà per la decisione finale. L’ordinanza di rigetto o concessione può essere reclamata in appello entro 10 giorni (ma il reclamo non sospende l’esecuzione salvo il caso la corte lo decida). Spesso, data la brevità dei tempi delle esecuzioni, i reclami vengono proposti solo se c’è molto in gioco.

Da notare: se l’opposizione riguarda solo una parte del credito (es. si contesta solo una quota di interessi o una parte già pagata), l’art. 615 dice che il giudice “sospende l’efficacia esecutiva del titolo solo in relazione alla parte contestata” . Quindi, ad esempio, se il creditore precetta 100 e il debitore oppone dicendo “devo solo 50 perché ho già pagato 50”, il giudice potrà sospendere l’esecuzione limitatamente ai 50 contestati, ma non per gli altri 50. Ciò permette al creditore eventualmente di procedere per l’importo non contestato (50) già durante il giudizio, salvo rischio di dover restituire se avesse torto su quella parte pure. In pratica però, se i due importi sono facilmente separabili (es. diversi capi), questa sospensione parziale è utile; se invece è un importo unico e la contestazione è quantitativa, il creditore difficilmente pignorerà solo metà – di solito aspetterà l’esito per chiarezza.

  • Nell’opposizione successiva (pendente esecuzione), la sospensione richiesta è quella del processo esecutivo in corso. Ci si basa sull’art. 624 c.p.c. (per opposizioni ex 615) e art. 623 c.p.c. (in combinato per sospendere esecuzione per opposizione atti). Il Giudice dell’esecuzione può, su ricorso del debitore, sospendere la procedura. L’istanza in tal caso è indirizzata al G.E. (spesso contenuta nel ricorso introduttivo stesso). Il G.E. in genere, se concede sospensione, emette un’ordinanza che sospende la procedura esecutiva fino alla definizione del giudizio di opposizione. Tutto si ferma: se un’asta era fissata, viene rinviata sine die; se c’era un pignoramento in essere, rimane congelato (il debitore non riottiene i beni, ma nessuno può venderli finché pende sospensione; talora il G.E. può anche autorizzare atti conservativi tipo custodia dei beni).

Se il G.E. rigetta la sospensione, l’esecuzione va avanti regolarmente. In certi casi il G.E. potrebbe anche limitarsi a sospendere parzialmente (es. può disporre che la procedura prosegua fino a un certo punto ma non oltre, in attesa dell’esito; ma è raro, di solito sospende tutto o niente).

L’ordinanza del G.E. sulla sospensione ex art. 624 è reclamabile anch’essa ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c. entro 15 giorni al Collegio (Tribunale, se la sospensione l’ha decisa un giudice monocratico come G.E.). Ma anche qui, bisogna valutare tempo e convenienza.

Una volta deciso sulla sospensione, si apre la fase di merito dell’opposizione.

Fase di merito e decisione

Se l’opposizione è introdotta con atto di citazione (rito ordinario), dopo l’eventuale fase cautelare il processo segue le regole ordinarie: costituzione del convenuto (creditore opposto) con comparsa, eventuale scambio di memorie ex art. 183 c.p.c., istruttoria (prove documentali, testimoni se ammessi, eventualmente CTU se servono calcoli, ecc.), e infine decisione con sentenza. La riforma Cartabia ha snellito alcuni passaggi e introdotto termini ridotti in alcuni casi. È possibile che il giudice, su accordo delle parti o se ritiene la causa matura, adotti il rito semplificato e decida in tempi più brevi, magari direttamente in udienza con ordinanza poi confermata in sentenza.

Se l’opposizione è introdotta davanti al G.E. durante esecuzione, di solito c’è un’unica fase dinanzi a lui: il G.E. all’udienza con il ricorso può già raccogliere le difese del creditore opposto (che si costituirà magari oralmente o con memoria) e spesso definisce lì la causa se non è complessa. Altrimenti, il G.E. con l’ordinanza con cui sospende o rigetta sospensione, fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito . Questo è previsto dall’art. 616 c.p.c. aggiornato: se il G.E. è anche giudice competente per il merito (Tribunale stesso), fissa un termine per iniziare la causa di merito con atto di citazione o ricorso a seconda del rito, riducendo i termini a comparire della metà . In pratica, rimette le parti davanti al giudice della cognizione (che, essendo lo stesso Tribunale, a volte coincide con se stesso ma in funzione diversa, oppure con diverso giudice designato per la cognizione). Se invece la competenza fosse di altro ufficio (es. il pignoramento era davanti al G.E. del Tribunale perché il bene era immobile, ma il merito dell’opposizione per valore basso sarebbe Giudice di Pace, allora il G.E. dichiara la sua incompetenza per il merito e assegna termine per riassumere dinanzi al Giudice di Pace competente) .

Quindi, le opposizioni successive possono sfociare in due percorsi: – O rimangono presso lo stesso tribunale e lo stesso giudice (che fa lui anche il merito, se le parti nulla osta – la riforma ha previsto che in certi casi il G.E. può decidere lui stesso con sentenza non impugnabile le opposizioni, specie quelle agli atti). – Oppure vengono “create” come cause autonome di merito, da trattare a rito ordinario di cognizione, separate dal fascicolo esecutivo.

Al termine, il giudice emette una sentenza che decide sull’opposizione.

  • Se l’opposizione è all’esecuzione (615) proposta prima dell’esecuzione, la sentenza è ordinariamente appellabile entro 30 giorni o 6 mesi secondo le regole generali, perché è causa di cognizione piena. (Salvo che il valore fosse di competenza del giudice di pace e deciso secondo equità, ma non è comune in queste materie).
  • Se l’opposizione è all’esecuzione (615) proposta dopo l’esecuzione iniziata, oppure agli atti esecutivi (617), la legge oggi stabilisce che la sentenza che definisce tali giudizi è non impugnabile con appello . È solo ricorribile per cassazione. Questo accelera la stabilità della decisione, perché il processo esecutivo mal si concilia con due gradi di giudizio di merito per l’opposizione: si bloccherebbe troppo a lungo. Ciò è frutto della riforma del 2006 e confermato oggi.

Una volta passata in giudicato (o comunque divenuta esecutiva, se provvisoriamente esecutiva la sentenza di primo grado quando appello è escluso), la decisione produce effetti sul processo esecutivo:

  • Se l’opposizione è accolta, il precetto viene dichiarato nullo o inefficace, e quindi l’eventuale esecuzione intrapresa deve fermarsi. Il giudice dell’opposizione spesso provvede sulle sorti del processo esecutivo: per es., dispone l’estinzione del procedimento esecutivo se era iniziato (art. 618 c.p.c. prevede che se l’opposizione agli atti è accolta, si dichiarano nulli gli atti impugnati e a cascata quelli successivi dipendenti ). Se l’esecuzione non era ancora iniziata, semplicemente il creditore non potrà iniziarla su quel titolo, almeno finché non rimedia (es. notifica nuovo precetto corretto, se il vizio era formale sanabile, oppure mai se il diritto è proprio inesistente).
  • Se l’opposizione è rigettata, il precetto rimane valido e l’esecuzione può proseguire (se sospesa, viene “sbloccata”). In caso di sospensione concessa prima, il rigetto dell’opposizione comporta la revoca della sospensiva di diritto. Il creditore potrà riprendere da dove si era fermato (i termini procedurali dell’esecuzione, se sospesi, riprendono a decorrere da dove erano rimasti, ex art. 627 c.p.c.).

Una menzione sulle spese legali: nelle cause di opposizione, come in ogni giudizio, chi perde di regola viene condannato a rifondere le spese del processo alla controparte. Dunque, se l’opposizione del debitore viene respinta, egli dovrà pagare le spese all’avvocato del creditore (oltre magari a subire la ripresa dell’esecuzione). Se invece vince il debitore, sarà il creditore a pagare le spese di causa. Questo è importante nella valutazione iniziale: opporsi a un precetto infondatamente può significare aggravare il debito di ulteriori costi (onorari avversario, contributo unificato ecc.). Viceversa, un’opposizione fondata può far risparmiare al debitore importi ben maggiori (evitando il pagamento non dovuto o la perdita di un bene). Nei casi in cui c’è soccombenza reciproca parziale (es. debito ridotto ma non annullato del tutto), il giudice può compensare le spese in tutto o in parte.

Processo Civile Telematico (PCT) e aspetti telematici

Come anticipato, l’intera procedura di opposizione oggi avviene prevalentemente tramite strumenti telematici. I punti chiave da ricordare sul PCT in questo ambito sono:

  • Obbligatorietà del deposito telematico: per gli avvocati vige ormai l’obbligo di deposito telematico degli atti processuali (art. 196-quater disp. att. c.p.c.). Il cartaceo è ammesso solo se il sistema informatico del tribunale non funziona o in pochissimi casi (tipo atti di pignoramento presso terzi notificati a mano che poi vengono depositati col c.d. “deposito analogico esterno” – ma è eccezionale). Nel 2025 il PCT è la norma in tutti i tribunali italiani e anche in Corte d’Appello. Anche eventuali reclami o ricorsi in Cassazione si gestiscono con depositi telematici (Cassazione però sta implementando il processo telematico gradualmente, ancora consente depositi digitali soprattutto a valore probatorio).
  • Firma digitale e PEC: l’avvocato deve avere un kit di firma digitale per sottoscrivere gli atti e una PEC registrata a cui riceverà comunicazioni e notifiche. Ad esempio, quando depositiamo l’opposizione, la cancelleria comunicherà via PEC l’esito accettazione deposito e l’RG assegnato; il giudice se emette un decreto o un’ordinanza lo fa firmandolo digitalmente e viene inviato via PEC alle parti.
  • Notifiche telematiche dal tribunale: le cancellerie inoltrano via PEC il biglietto di cancelleria con l’ordinanza di sospensione, il rinvio d’udienza, ecc. Quindi il debitore (tramite l’avvocato) deve monitorare la PEC costantemente.
  • Consultazione fascicolo telematico: tramite il Portale Giustizia o Polisweb, l’avvocato può vedere tutti gli atti del fascicolo, inclusi quelli depositati dal creditore opposto (es. comparsa di costituzione con documenti). Questo velocizza di molto la condivisione di documenti e la conoscenza reciproca.
  • Udienze da remoto: non specifico delle opposizioni, ma dal 2020-2022 col COVID e poi con riforma, molte udienze (soprattutto quelle “trattazione” senza testi) si tengono a volte da remoto con collegamenti via Teams o simili, oppure in forma scritta tramite note depositate telematicamente. Quindi il debitore potrebbe non dover comparire fisicamente in tribunale: il suo avvocato può discutere la sospensiva in videoconferenza o scambiando brevi note se il giudice lo dispone. Nelle opposizioni urgenti però spesso i giudici preferiscono chiamare le parti in presenza per chiarire. Dipende dall’ufficio.
  • Pagamento telematico del contributo e marca: come detto, avviene con sistemi elettronici (es. pagoPA). L’avvocato genera un codice univoco e paga online, poi allega la ricevuta telematica al deposito.
  • Assenza della nota di iscrizione a ruolo dal 2024: semplificazione tecnica ma rilevante: l’avvocato non deve più compilare un file .xml con la NIR separata (il redattore genera i dati dal modulo stesso). Questo riduce i rischi di errori di iscrizione.

In generale, per il debitore non tecnico è sufficiente sapere che tutte le interazioni col tribunale avvengono tramite il suo avvocato digitalmente. Ciò comporta anche che: – Se il debitore vince l’opposizione e il creditore vuole impugnare, quest’ultimo potrebbe notificarci il ricorso in Cassazione direttamente via PEC all’avvocato (perché come opponente abbiamo eletto domicilio digitale). Quindi, mantenere attiva la PEC per eventuali atti di impugnazione successivi è cruciale. – Se durante la pendenza del giudizio di opposizione il creditore vuole notificare un nuovo precetto (magari correggendo un vizio o per decorso di 90gg), dovrà farlo ex novo, ma potrebbe dover attendere l’esito dell’opposizione se c’è sospensione. Comunque, eventuali nuovi atti andranno notificati di nuovo secondo le regole ordinarie (non è che li depositi in PCT nel fascicolo: il precetto è atto di parte da notificare all’esterno).

Infine, notiamo che per alcune materie speciali il rito è diverso: l’art. 618-bis c.p.c. prevede che le opposizioni in materia di lavoro/previdenza (ad es. se il titolo esecutivo riguarda lavoro) seguono il rito lavoro. Ciò comporta termini più brevi e atti introduttivi con ricorso al giudice del lavoro. Questo può essere rilevante: ad esempio, se un precetto riguarda contributi previdenziali INPS (anche se titoli esecutivi diversi, come cartelle), l’opposizione può seguire il rito lavoro (ricorso da depositare e udienza). Un avvocato esperto sceglierà il rito corretto; per il debitore è sufficiente sapere che alcune opposizioni possono avere cadenze differenti (ad es. termine 40 giorni per depositare ricorso dopo atto, etc.).

Strategie difensive ulteriori e particolarità in base al titolo esecutivo e al soggetto debitore

Fin qui abbiamo trattato delle opposizioni strettamente giudiziali contro il precetto e gli atti successivi. Ci sono però ulteriori strategie difensive che il debitore può adottare, spesso parallelamente o alternativamente alle opposizioni, in base alla natura del titolo esecutivo su cui il precetto si fonda e alle caratteristiche del debitore stesso (privato consumatore, imprenditore individuale, società).

È opportuno quindi esaminare alcuni casi specifici di precetto su diversi tipi di titolo e vedere quali difese peculiari possono emergere, nonché considerare come il profilo soggettivo del debitore (ad esempio se soggetto a procedure concorsuali o consumatore sovraindebitato) influenzi la strategia.

Precetto su cambiale

Le cambiali (pagherò cambiari o tratte accettate) sono titoli di credito all’ordine che, in caso di mancato pagamento alla scadenza, possono costituire titoli esecutivi. Infatti, la cambiale ha efficacia esecutiva propria ex art. 474 c.p.c., purché sia in regola con il bollo e siano adempiute le formalità di protesto (o equipollenti). Dunque un creditore in possesso della cambiale insoluta può notificarla in forma esecutiva insieme a un precetto, senza bisogno di passare dal giudice per un decreto.

Strategie difensive tipiche per il debitore cambialista:

  • Verificare la regolarità formale della cambiale: una cambiale per essere valida deve contenere tutti i requisiti previsti dalla legge cambiaria (R.D. 1669/1933), come l’indicazione della data di emissione, la promessa incondizionata di pagare una somma, la firma del traente o emittente, ecc. Se manca un requisito essenziale, potrebbe non avere valore di titolo esecutivo. Ad esempio, se manca la data di scadenza, la cambiale è pagabile a vista, ma se manca la firma del traente è nulla. Questi vizi potrebbero essere opposti sostenendo che “quel documento non è una cambiale valida”. Sarebbe un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 (si nega il titolo) . Tuttavia, spesso il giudice della cambiale presume validità dal possesso cartaceo con bollo e firma; l’onere di provare il vizio formale è sul debitore opponente.
  • Assenza di protesto o equipollente: per procedere esecutivamente su una cambiale non pagata, di regola è necessario che sia stato levato il protesto per mancato pagamento (salvo che la cambiale rechi la clausola “senza protesto” o simili, in tal caso è dispensato ma occorre comunque una dichiarazione del trattario o un equivalente). Se il creditore notifica precetto su cambiale senza aver levato protesto o senza un atto equivalente (es. dichiarazione della banca che ha rifiutato pagamento per mancanza fondi in caso di assegno, ma per cambiali serve protesto da parte di un notaio o ufficiale giudiziario), il debitore può opporsi sostenendo che manca la condizione per l’esecutorietà. Questo solitamente è un motivo di opposizione all’esecuzione (il titolo non sarebbe esecutivo perché non protestato regolarmente). La giurisprudenza in merito ha ritenuto a volte che l’assenza del protesto renda la cambiale non esecutiva; altre volte si è considerato se il debitore ha comunque avuto conoscenza del mancato pagamento. Ad ogni modo, è una difesa da svolgere prontamente. Spesso il creditore allega al precetto la copia del protesto levato: il debitore controlli data e correttezza formale del protesto, perché errori in esso possono dargli appigli (ad esempio, protesto levato oltre i termini legali? Di solito dev’essere levato il giorno successivo alla scadenza o nei due giorni feriali successivi, se oltre è tardivo e la cambiale per regresso non sarebbe valida; ma per l’azione esecutiva diretta contro l’emittente il protesto tardivo potrebbe non precludere, questione tecnica di diritto cambiario).
  • Prescrizione dell’azione cambiaria: le cambiali sono soggette a termini di prescrizione assai brevi:
  • L’azione esecutiva diretta contro il debitore principale (emittente del pagherò o accettante della tratta) si prescrive in 3 anni dalla data di scadenza della cambiale . Ciò significa che il creditore deve notificare il precetto entro tre anni dalla scadenza (eventualmente il protesto interrompe? il protesto può valere come atto interruttivo, bisogna verificare; in genere l’atto di esercizio dell’azione interrompe).
  • Le azioni di regresso contro giranti e avallanti si prescrivono in 1 anno dal protesto (ma riguardano il coinvolgimento di garanti, raramente attinenti al precetto che di solito colpisce il debitore principale).
  • Se questi termini decorrono senza atti interruttivi, la cambiale non può più essere fatta valere come titolo esecutivo, e il creditore potrà solo agire con un’azione causale ordinaria (in sede di cognizione).

Dunque, se il debitore riceve un precetto basato su una cambiale scaduta da oltre 3 anni, può con ottime probabilità opporsi eccependo la prescrizione dell’azione cambiaria . Questa è un’opposizione all’esecuzione in senso stretto (estinzione del diritto a procedere, art. 615). Sarà suo onere però allegare la data di scadenza e protesto e evidenziare che sono passati oltre 3 anni senza atti interruttivi (il creditore potrebbe replicare di aver inviato una costituzione in mora o altro atto di messa in mora che ha interrotto la prescrizione; va valutato).

Esempio: cambiale scaduta il 31 gennaio 2020, protestata il 1° febbraio 2020. Il creditore notifica precetto il 5 febbraio 2025: sono trascorsi 3 anni interi (dal 31/1/20 al 31/1/23) più ulteriori 2 anni, senza notifica di precetto prima. L’azione diretta appare prescritta. Il debitore che propone opposizione evidenzierà che al 1° febbraio 2023 la prescrizione si è compiuta, quindi il precetto 2025 è illegittimo. Il giudice, verificati i fatti, accoglierà e annullerà il precetto . (Il creditore in tal caso può solo fare causa ordinaria di arricchimento o sulla causa debendi sottostante, se non anch’essa prescritta, ma non esecuzione immediata).

  • Falso o alterazione della cambiale: se il debitore sostiene che la sua firma sulla cambiale è falsa, o che sono state alterate cifre o girate dopo, può opporlo. Tuttavia, una cambiale regolarmente protestata gode di presunzione di verità che solo con querela di falso potrebbe superare. Una firma falsa richiede tipicamente una querela di falso nel procedimento di opposizione (procedimento incidentale assai complesso). In pratica, è raro a meno di frodi evidenti. Un debitore che contesta la propria firma deve essere conscio che verrà richiesta una perizia grafologica, tempi lunghi e se risulta genuina pagherà pure le spese della perizia. Se però è effettivamente falsificata e lo prova, chiaramente l’esecuzione verrà inibita perché manca titolo nei suoi confronti (non è obbligato cambiario). Questo è art. 615 come se dicesse “non ho mai emesso quella cambiale”.
  • Eccezioni causali: in teoria, la cambiale è astratta, cioè il debitore non può opporre eccezioni relative al rapporto sottostante (es: “non mi hanno consegnato la merce” o “era a garanzia di un contratto poi sciolto”), salvo che l’accordo causale sia menzionato sulla cambiale o vi sia malafede del portatore. Questo significa che se Tizio ha emesso una cambiale per un contratto poi annullato, opporsi sul precetto cambiario dicendo “il contratto era invalido” è difficile, a meno che il creditore portatore sia lo stesso contrattuale e quell’invalidità sia evidente. Comunque, a rigore l’opposizione basata su eccezioni extracambiaria viene respinta di solito, salvo casi particolari (es. se il creditore è anche la controparte contrattuale e l’invalidità è già accertata, il debitore potrebbe chiedere alla luce di ciò di inibire l’esecuzione per mancanza di causa). Questa via è complessa e raramente fruttuosa perché il giudice può dire: il titolo astratto vale, fai causa ordinaria per la causa se vuoi, ma intanto la cambiale la devi pagare. Tuttavia, la Cassazione a Sezioni Unite (sent. n. 402/2011) ammise eccezioni di nullità radicale della causa (come usura, gioco d’azzardo non lecito, ecc.) anche in sede esecutiva, se immediatamente provabili, perché sarebbe contrario all’ordine pubblico eseguire titoli da cause illecite.

Inoltre, nel caso di più obbligati cambiari (ad es. avallanti, co-firmatari), se uno paga, libera gli altri. Quindi se il debitore sa che un coobbligato ha già pagato al creditore, può opporlo (ma di solito se avvenuto, il creditore non dovrebbe precettare di nuovo).

Punto di vista del debitore imprenditore o consumatore: per cambiali, spesso i debitori sono imprese che hanno emesso effetti per pagamenti. Un imprenditore, se travolto da molte cambiali impagate, potrebbe pensare a procedure concorsuali (vedi più avanti). Un consumatore raramente usa cambiali, a meno di situazioni di credito al consumo vecchio stampo.

Precetto su assegno

Gli assegni bancari o postali, come le cambiali, sono titoli di credito all’ordine che possono fungere da titoli esecutivi. Un assegno bancario non pagato dal trattario (banca) equivale a una promessa di pagamento del traente e, se protestato o con dichiarazione di rifiuto, può essere utilizzato per precettare.

Difese del debitore in caso di precetto su assegno:

  • Prescrizione dell’azione cambiaria (assegno): l’assegno bancario ha termini ancora più stringenti della cambiale. L’assegno infatti deve essere presentato al pagamento entro 8 giorni (se su piazza) o 15 giorni (fuori piazza) dall’emissione. Decorso questo termine, il traente può opporre la mancanza di provvista sopravvenuta. Ma soprattutto, la azione cartolare di regresso (contro il traente e giranti) si prescrive in 6 mesi dalla scadenza del termine di presentazione . Quindi:
  • L’azione contro il traente dell’assegno (che di fatto è il debitore principale, a differenza della cambiale dove l’accettante è il debitore) deve essere esercitata entro 6 mesi dalla presentazione (o dalla fine del termine di presentazione). Se un creditore aspetta più di 6 mesi a precettare su un assegno non pagato, l’azione cartolare è prescritta e il debitore può opporla. (Da notare: alcuni distinguono l’azione di regresso da quella diretta contro il traente; in teoria l’assegno non prevede un accettante, il traente è colui che promette, quindi quell’azione è di regresso diretta e soggetta a 6 mesi).
  • Anche qui, la prescrizione può essere interrotta da atto equipollente. Ma se per anni nulla accade, l’assegno come titolo esecutivo perde efficacia.

Esempio: assegno emesso il 1° marzo 2024, presentato il 5 marzo 2024, non pagato e protestato. Il creditore notifica precetto il 10 ottobre 2025: oltre 6 mesi dal 15 marzo 2024 (termine presentazione + 6 mesi = 15 settembre 2024). Il debitore oppone la prescrizione cambiaria: accolta, il precetto verrà annullato .

Come per cambiale, il creditore potrebbe comunque agire con causa ordinaria sul rapporto sottostante (es: se l’assegno era per un prestito, farà causa per indebito arricchimento o per la restituzione del prestito) ma in esecuzione non può andare diretto col titolo prescritto.

  • Irregolarità nella forma o compilazione dell’assegno: gli assegni devono contenere requisiti (denominazione di assegno, ordine incondizionato di pagare, nome banca trattaria, luogo emissione, data emissione, firma traente). Se manca qualcuno, il titolo può non valere. Ad esempio, assegno senza data non è valido (anche se regole dicono si può colmare con data effettiva di presentazione, ma è controverso). O assegno privo di firma ovviamente. Queste situazioni portano a opposizione ex 615 dicendo non è valido titolo.
  • Mancanza di provvista e presentazione tardiva: se l’assegno viene presentato oltre i termini (8 o 15 gg), e nel frattempo il conto è stato chiuso o i fondi tolti, il traente ha perso la copertura ma potrebbe difendersi se il portatore non l’ha presentato in tempo. Però, ai fini esecutivi, se c’è un protesto tardivo, il traente può opporre di non essere più obbligato in via cambiaria? In realtà l’assegno presentato tardi non libera il traente dalla responsabilità (a differenza delle girate, il traente resta obbligato ma ha eccezione se ha subito danno da presentazione tardiva). Non è semplice far valere in esecuzione “non dovevo pagare perché se presentava in tempo c’erano fondi” – in teoria potrebbe, ma dovrebbe dimostrare il nesso causale (avevo soldi in quei 15gg e dopo no). Difficile e poco praticabile.
  • Assegno postdatato: se il precetto è su un assegno postdatato, tecnicamente quell’assegno è un titolo nullo come cambiale (essendo un titolo che circola in frode alla legge fiscale). La giurisprudenza tende a dire che l’assegno postdatato vale come pagherò e può comunque essere fatto valere. Ma qualche giudice potrebbe considerare la postdatazione e la mancanza del bollo come vizio (evasione imposta di bollo): l’assegno postdatato difatti dovrebbe essere bollato come cambiale se funge da promessa futura. Un debitore in opposizione potrebbe tentare: “quell’assegno emesso con data successiva (postdatato) è nullo come titolo esecutivo in quanto mancava il bollo di cambiale” (ex D.P.R. 642/72). Alcune pronunce di merito hanno annullato precetti su assegni postdatati per bollo evaso. Ma Cassazione in passato ha invece ritenuto l’assegno postdatato valido come cambiale se protestato etc. Un argomento tecnico e incerto; se la somma è alta, tentare non nuoce, ma esito incerto.
  • Firma falsa o assegno rubato: se il debitore sostiene di non aver emesso quell’assegno perché gli è stato rubato o falsificata la firma, può opporlo. Come per cambiale, serve querela di falso o almeno prova convincente (ad esempio rapporto di furto depositato prima, denuncia presentata). Se l’assegno risulta rubato e il debitore aveva fatto denuncia, il G.E. certamente sospenderà. Dovrà poi chiarirsi se il portatore era in buona fede – scenario complicato, ma intanto quell’esecuzione verrebbe fermata per mancanza di titolo legittimo verso il debitore (non ha firmato quell’assegno).
  • Mancato protesto dell’assegno: per l’assegno, a differenza della cambiale, la legge consente come equipollente al protesto la constatazione equivalente (ad es. dichiarazione della banca “impagato per difetto di provvista” apposta sull’assegno). Il protesto formale può anche non esserci se l’assegno non pagato riporta la constatazione di non pagato da parte del trattario. Se manca sia protesto sia dichiarazione equivalente, l’assegno perde efficacia esecutiva? L’art. 45 Legge assegni dice che per esercitare i diritti di regresso occorre protesto o dichiarazione equivalente entro i termini. Quindi, se il creditore non ha fatto né protesto né acquisito dichiarazione bancaria di non pagamento entro i termini, l’assegno come titolo esecutivo è inefficace. Il debitore può opporlo (magari il creditore aveva l’assegno timbrato solo “insufficiente provvista” due mesi dopo…non vale). Se invece c’è la dichiarazione di non pagamento entro i termini, quello basta come protesto.
  • Clausola “senza spese” o “senza protesto”: spesso sugli assegni c’è scritto “senza protesto” (spesso la banca lo mette per evitare spese di protesto). Ciò dispensa dal protesto, ma non dalla dichiarazione di non pagato. Quindi il portatore deve comunque farsi dare dalla banca una dichiarazione ufficiale che l’assegno è stato presentato e non pagato, se vuole titolo esecutivo. Se non l’ha, il debitore oppone che non c’è prova del rifiuto di pagamento.
  • Differenze se assegno bancario o assegno circolare:
  • Un assegno circolare è emesso dalla banca stessa, quindi se protestato è la banca inadempiente; l’assegno circolare non pagato dà luogo a azione contro la banca (solido). Non capita di solito come precetto contro un privato (a meno che quell’assegno circolare fosse falso etc., scenario diverso).
  • Un assegno bancario è tipico come visto.
  • Rapporto di base (causa): analogamente alla cambiale, l’assegno è astratto. Ma se ad esempio un assegno fu dato a saldo di un contratto poi annullato per dolo, il debitore potrebbe chiedere inibitoria per mancanza di causa, ma giur. è restia come detto a considerare eccezioni causali, a meno che l’assegno sia tra le stesse parti e la causa sia illecita.

Infine, gli assegni scoperti hanno anche implicazioni penali (legge assegni prevede sanzioni amministrative, segnalazioni CAI, ecc.). Ma ciò non incide direttamente sul precetto, se non come contesto.

Precetto su contratto di mutuo (titolo esecutivo per credito bancario)

Spesso le banche, in caso di mancato pagamento di rate di mutuo, non ricorrono subito al tribunale per un decreto ingiuntivo, ma sfruttano la formula esecutiva apposta al contratto di mutuo. Infatti, molti contratti di mutuo bancario (soprattutto quelli fondiari o garantiti da ipoteca) vengono redatti per atto pubblico notarile o scrittura privata autenticata che, per legge, sono titoli esecutivi (art. 474 c.p.c.). Inoltre, il Testo Unico Bancario consente alle banche di iniziare esecuzioni immobiliari ipotecarie con certi benefici. Dunque un contratto di mutuo può essere direttamente precettato.

Difese tipiche del debitore in questi casi:

  • Verificare la validità formale del titolo (contratto): il mutuo per avere efficacia esecutiva deve essere un atto pubblico o scrittura autenticata. Se il credito deriva da un semplice contratto non notarile, non è titolo esecutivo – la banca avrebbe bisogno di decreto ingiuntivo. Quindi, se il creditore notifica precetto su un “contratto di finanziamento” firmato privatamente e non espressamente reso titolo esecutivo, il debitore può opporsi dicendo: manca titolo esecutivo (art. 474). Questo rientra in opposizione all’esecuzione (difetto titolo) e verrebbe accolto: precetto nullo. Le banche di solito se il contratto non è titolo esecutivo non precettano, ma capita in contesti come società finanziarie che allegano un contratto di credito al consumo semplice (non titolo) cercando di farlo valere come titolo stragiudiziale – no, bisogna opporsi.
  • Decadenza del beneficio del termine e intimazione: nei mutui, se il debitore salta alcune rate, la banca per poter chiedere l’intero importo residuo deve invocare la clausola risolutiva espressa o decadenza dal termine prevista. Spesso è previsto: “se il mutuatario omette il pagamento di X rate, la banca può dichiarare il mutuo risolto e l’intero debito scaduto”. Ci deve essere un atto formale (lettera di risoluzione) comunicato al debitore. Una strategia difensiva è verificare se la banca ha effettivamente inviato la lettera di decadenza dal beneficio del termine prima del precetto. Se non lo ha fatto, il precetto che richiede tutte le rate a scadere potrebbe essere prematuro. Il debitore può opporsi affermando: il debito non è ancora scaduto in toto, mancava la pronuncia di decadenza. Alcuni giudici accolgono questa opposizione (vizio nel diritto di esecuzione, perché il credito non era esigibile in unica soluzione). La banca magari potrà rimediare mandando la lettera tardiva, ma intanto quell’esecuzione è bloccata.
  • Usura e interessi indebiti: un mutuo potrebbe avere tassi di interesse di mora usurari o clausole di capitalizzazione non lecite. Il debitore può contestarle in sede di opposizione, sostenendo che una parte del credito preteso è illegittima (interessi nulli ex legge antiusura). Per esempio, se la banca applica un tasso di mora oltre soglia, il debitore può opporsi chiedendo di dichiarare non dovuti tutti gli interessi di mora e ridurre il precetto. Questa è un’opposizione all’esecuzione per il quantum. Non porta all’annullamento integrale del precetto (a meno che la parte interessi fosse preponderante e il giudice decida di annullarlo per rifare i conti, ma di solito si riduce l’importo) . Spesso serve CTU contabile per determinare l’incidenza. È comunque una strategia per guadagnare tempo e ridurre importo. Va affiancata da un’istanza di sospensione se l’importo contestato è rilevante (il giudice potrebbe sospendere parzialmente).
  • Clausole vessatorie (consumatore): se il mutuatario è un consumatore, può contestare clausole contrattuali come penali, interessi, spese legali forfettarie come vessatorie ex Codice del Consumo. Ad esempio, una clausola che addebita spese esagerate di recupero, o che fissa tasso di mora molto alto, può essere valutata come squilibrata. Dopo la sentenza S.U. 9479/2023 citata, se tali clausole incidono sul credito (es. interessi, penali), il giudice deve permettere al consumatore opposizione tardiva se il titolo è un decreto ingiuntivo, o, se il titolo è direttamente il contratto esecutivo, occorre vedere se il giudice dell’esecuzione può disapplicarle d’ufficio. In base ai principi UE, anche in sede di opposizione all’esecuzione un giudice dovrebbe rilevare d’ufficio l’abusività di clausole di un contratto bancario e negarne applicazione. Quindi un consumatore può opporsi e chiedere: si dichiari nulla la clausola di interessi di mora ultra-soglia per abuso, e si riduca il dovuto. Ormai i tribunali sono abbastanza attenti a questo, specie con la spinta del diritto UE che impone controllo ex officio. Pertanto, questa strategia difensiva è fondamentale per i consumatori: scrutare il contratto di mutuo alla ricerca di clausole abusive (es. anatocismo occulto, commissioni esagerate, facoltà unilaterali eccessive della banca). Se trovate, sollevarle in opposizione. Il giudice dell’esecuzione, come da Corte App. Milano 2023 e SU 2023, dovrà tenerne conto .
  • Eventuale moratoria Covid o sospensioni di legge: a volte leggi speciali (come durante la pandemia) bloccano temporaneamente azioni esecutive su mutui prima casa. Se applicabili, il debitore poteva eccepirlo. Ad es., nei periodi di moratoria decisi dal governo, i precetti su mutui casa erano improcedibili. Ora (2025) queste misure non sono attive, ma in passato lo sono state.
  • Inadempimenti della banca: raramente, ma possibile: se il mutuo era condizionato (es. a erogazione a SAL per costruzione e la banca non ha erogato qualcosa), il debitore può dire “non pago perché anche banca inadempiente”. Tuttavia, quell’eccezione andava sollevata in un eventuale giudizio, in sede esecutiva è difficile far valere in compensazione un risarcimento contro la banca. Possibile se chiaro e liquido, ma di rado.
  • Consolidamento ipoteca fondiaria: nel mutuo fondiario c’è una particolarità, l’ipoteca si consolida in 10 giorni e durante quel periodo teoricamente non si possono iniziare altre procedure. Se una banca precetta sul mutuo fondiario e pignora prima di 10 giorni dall’iscrizione ipoteca, il debitore potrebbe eccepire invalidità (questo più in sede di opposizione a esecuzione immobiliare che a precetto, ma da sapere).
  • Concessione di termine di grazia (art. 41 TUB): una difesa “esterna” è chiedere al giudice dell’esecuzione (se è un’esecuzione immobiliare sulla casa d’abitazione da mutuo fondiario) di concedere un termine fino a 6 mesi per cercare di vendere privatamente o sanare (facoltà prevista nell’esecuzione fondiaria, art. 41 TUB). Non è un’opposizione, ma uno strumento da usare dentro la procedura per guadagnare tempo.

Precetto su decreto ingiuntivo

Quando il titolo esecutivo è un decreto ingiuntivo, le possibili difese del debitore dipendono dalla fase in cui ci si trova:

  • Decreto non definitivo (entro 40 giorni senza opposizione): in genere il creditore aspetta 40 giorni per vedere se c’è opposizione. Se, tuttavia, il giudice ha concesso la provvisoria esecuzione ex art. 642 c.p.c., il creditore potrebbe precettare immediatamente senza aspettare 40 giorni. Allora il debitore si trova un precetto su DI provvisoriamente esecutivo. Che può fare?
  • Può proporre opposizione al decreto ingiuntivo entro 40 giorni come suo diritto. Questo instaurerà la causa di merito. Ma l’opposizione non sospende la provvisoria esecuzione già concessa, a meno che il debitore chieda e ottenga la sospensione ex art. 649 c.p.c. dal giudice dell’opposizione.
  • Con l’opposizione a DI pendente, il debitore può rivolgersi al giudice dell’ingiunzione (lo stesso che ha emesso DI o quello istruttore dell’opposizione) chiedendo la sospensione della provvisoria esecutività. Se concessa, l’esecuzione deve fermarsi.
  • Inoltre, il debitore potrebbe in parallelo fare anche un’opposizione all’esecuzione (615) per contestare il diritto di procedere? In dottrina, quando c’è un giudizio di merito pendente (opposizione a DI), l’opposizione all’esecuzione parallela è considerata impropria perché i motivi andrebbero fatti valere nel giudizio di opposizione al DI stesso. Tuttavia, se ci sono motivi ulteriori (es. pagamento posteriore al DI, fatti estintivi sopravvenuti), quelli vanno in 615. Oppure questioni formali del precetto, in 617.
  • In pratica, la strategia corretta qui è: presentare opposizione al decreto e contestualmente chiedere sospensione della provvisoria esecuzione. Sino alla decisione su quella (di solito in tempi brevi in udienza collegiale), eventualmente chiedere al G.E. di sospendere l’esecuzione temporaneamente.
  • Se il DI non aveva provvisoria esecuzione e il creditore ha precettato comunque prima dei 40 giorni (teoricamente può anche farlo se il giudice gliel’ha concesso inaudita parte, ma se non l’ha, un precetto prima dei 40 giorni sarebbe prematuro e quindi oppugnabile come invalido: il diritto di esecuzione non c’è ancora perché il DI è titolo esecutivo solo dopo 40 giorni se non opposto salvo concessione esecuzione provvisoria). In tal caso, il debitore può opporsi ex 615 dicendo che il DI non era esecutivo e lui ha proposto opposizione, quindi il precetto è illegittimo. Verrebbe accolto, supponendo nessuna esecuzione provvisoria e opposizione presentata.
  • Decreto ingiuntivo non opposto nei termini (diventato esecutivo): dopo 40 giorni senza opposizione, il DI acquista efficacia di giudicato (o comunque esecutività definitiva). Il creditore può precettare. In tal caso il debitore ha perso la chance di difendersi sul merito a meno di:
  • Opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c.: può farla solo se prova di non aver avuto conoscenza tempestiva del decreto per irregolarità di notifica o cause di forza maggiore. Tipicamente: DI notificato a irreperibile con compiuta giacenza, il debitore non ne sapeva nulla e viene a saperlo dal precetto o pignoramento; allora ha 40 giorni da conoscenza per fare opposizione tardiva. Deve però provare la mancata colpa nel non fare opposizione prima (notifica nulla o viziata). Se il giudice accoglie la rimessione in termini, si apre il giudizio sul merito del DI come se fosse in opposizione normale (intanto può sospendere esecuzione).
  • Caso del consumatore con clausole abusive: come spiegato, la Cass. S.U. 9479/2023 ha introdotto un’altra ipotesi di opposizione tardiva speciale: se il DI riguarda un contratto con un consumatore e il giudice del monitorio non ha valutato le clausole per abusività, il giudice dell’esecuzione deve informare il consumatore e dargli 40 giorni per proporre opposizione tardiva limitata alla verifica delle clausole abusive . Ciò può avvenire su iniziativa del giudice o su sollecitazione del consumatore stesso che faccia rilevare in esecuzione l’abusività (magari inizialmente con 615 o 617). Come visto, se il consumatore ha già proposto opposizione all’esecuzione, questa verrà convertita in opposizione tardiva e mandata al giudice competente per il DI . Quindi, un debitore consumatore col DI definitivo può ancora salvare la situazione attaccando eventuali clausole scorrette del contratto originario (es. tassi usurari, penali enormi) attraverso questo meccanismo. È una strategia recente e potentissima, perché può ribaltare titoli ormai formati. Naturalmente, va fatto entro i tempi indicati (appena il G.E. glieli dà).
  • Nullità del decreto per vizi radicali: raramente, un DI potrebbe essere nullo in sé (es. difetto assoluto di giurisdizione o materia non monitoria), ma questi vizi potevano e dovevano essere fatti valere con opposizione nei termini. Oltre c’è la preclusione, salvo nullità inesistenti rilevabili ex officio. Difficile in pratica usarle in esecuzione.
  • Fatti estintivi sopravvenuti: se dopo la formazione del DI (passati i 40gg) il debitore ad esempio paga o il creditore gli concede una dilazione, poi comunque gli notifica precetto, il debitore può opporsi per sopravvenuto pagamento (615). Oppure, se ipoteticamente il DI era contro un soggetto poi fallito e la procedura gli ha esdebitato quel debito – il debitore potrebbe opporre l’esdebitazione (anche se qui c’è interplay col fallimento).
  • Prescrizione del diritto di procedere: un DI definitivo è equiparato a sentenza passata in giudicato, quindi soggetto a prescrizione decennale del diritto. Se il creditore dorme per oltre 10 anni, il debitore può opporre prescrizione (come per sentenza). Bisogna controllare se atti interruttivi in mezzo.

In generale, contro un DI definitivo l’opposizione all’esecuzione di regola non può rimettere in discussione il merito della pretesa (res iudicata), se non per quelle eccezioni (consumatore/clausole, tardiva per notifica nulla, pagamento post successivi, etc.).

Altre tipologie di titoli esecutivi e precetti (cenni)

Ci sono altre situazioni particolari di precetto, ma le principali le abbiamo coperte. Possiamo brevemente citare:

  • Precetto su sentenza (di condanna): se è sentenza di primo grado non ancora definitiva, ma provvisoriamente esecutiva ex lege (oggi lo sono quasi tutte salvo alcune eccezioni, in nome dell’esecuzione provvisoria generalizzata), il debitore se ha appellato può chiedere sospensione ex art. 283 c.p.c. alla Corte d’Appello. Finché la Corte non decide, l’esecuzione va, salvo egli chieda anche al G.E. temporaneamente di sospendere in attesa dell’esito dell’istanza in appello. Difficile ottenere dal G.E. sospensione per una sentenza appellata: di solito rimanda alla competenza del giudice d’appello. Quindi la strategia: presentare istanza di SOSPENSIONE in appello subito; se nel frattempo iniziano esecuzione, magari inviare al creditore copia dell’istanza per persuaderlo a attendere.
  • Se invece è sentenza passata in giudicato, come già detto, le uniche difese sono: pagamento avvenuto, prescrizione decennale maturata, vizi di precetto formali. Non si può ridiscutere il merito, è definitivo.
  • Se è sentenza di condanna non esecutiva (es: alcune pronunce di lavoro immediate?), ma in generale oggi le sentenze di primo grado sono esecutive salvo eccezioni (tipo condanna di Pubblica Amministrazione a pagare sopra 5k€ in primo grado non è esecutiva per legge, serve cauzione se si vuole eseguire). Se creditore precetta senza esecutività, opposizione 615 (non poteva).
  • Precetto per consegna o rilascio: qui il precetto non intima somme ma di consegnare un bene mobile o rilasciare un immobile. Le opposizioni all’esecuzione esistono anche lì (es. se precetto di sfratto su titolo non definitivo, etc.). Le strategie difensive includono profili diversi (es. trovar difetti nella procedura di convalida sfratto, sostenere di aver pagato canoni arretrati, etc.). È un campo a parte, ma il meccanismo è analogo: opposizione 615 o 617 entro 20 gg. Ad esempio, se l’ordinanza di convalida di sfratto è stata notificata dopo 6 mesi, il precetto su di essa potrebbe essere inefficace? Non proprio, la convalida vale come giudicato. Poche specificità, salvo forse se il conduttore ha versato tutto prima del precetto, oppone cessata materia del contendere.
  • Precetto su titolo cambiario atipico (es. polizza di credito): caso raro, ci sono altre cambiali come vaglia cambiari, simili alle cambiali per difese.
  • Precetto su cartella esattoriale: la cartella di pagamento (di Agenzia Entrate Riscossione) è di per sé un titolo esecutivo per tributi. Tuttavia, la riscossione coattiva fiscale segue procedure proprie (intimazione di pagamento ex art. 50 DPR 602/73, che è simile a un precetto ma non identica). L’opposizione alle cartelle e atti esattoriali è regolata da leggi speciali e fori diversi (Commissioni Tributarie o giudice ordinario a seconda). Non ne trattiamo nel dettaglio perché esula (il precetto di cui parliamo è codicistico per crediti di diritto privato).
  • Precetto su lodo arbitrale: un lodo arbitrale reso esecutivo dal tribunale diventa titolo esecutivo. Si può opporre come fosse sentenza (se impugnazione pendente, chiedere sospensione ex art. 840 c.p.c.).
  • Precetto europeo: titoli esecutivi europei (es. decisione di altro Paese UE dichiarata esecutiva) vengono precettati, opposizioni particolari non ce ne sono salvo questionare riconoscimento, ma quello andava fatto prima.

Procedure concorsuali e sovraindebitamento: effetti sull’esecuzione e strategie per il debitore insolvente

Il profilo del debitore incide molto su come gestire i precetti:

  • Debitore imprenditore in crisi (società o impresa individuale): se un debitore fallisce (liquidazione giudiziale), automaticamente le esecuzioni individuali sono sospese e poi vietate (art. 51 L. Fall.). Quindi, se una società dopo aver ricevuto precetti viene dichiarata fallita prima che l’esecuzione inizi o durante, quei precetti perdono efficacia: i creditori dovranno insinuarsi nel fallimento. Il curatore fallimentare può, se necessario, proporre opposizione all’esecuzione per far accertare che l’esecuzione iniziata dopo il fallimento è improcedibile. Ma spesso ci pensa il giudice dell’esecuzione d’ufficio a rilevarlo.
  • Se l’impresa presenta concordato preventivo con riserva (o oggi concordato in bianco), può chiedere al tribunale un provvedimento di sospensione delle azioni esecutive durante le trattative (le cosiddette misure protettive, art. 54 CCII). Se concesso, i creditori non possono iniziare né proseguire esecuzioni per la durata (120 gg prorogabili). Quindi un imprenditore molto indebitato, che riceve precetti multipli, potrebbe depositare una domanda di concordato preventivo (o ristrutturazione debiti) per attivare lo stay. In pratica, notifica la domanda al creditore e il tribunale comunica il provvedimento ai creditori. Se un creditore provasse comunque a pignorare, il debitore opporrebbe l’esistenza della misura protettiva come causa di improcedibilità (opposizione 615).
  • Liquidazione giudiziale (fallimento) in corso: se un creditore notifica precetto ignorando che il debitore è già fallito, quel precetto è nullo (violazione divieto). Il curatore potrà contestarlo. Quindi per un imprenditore, un modo per fermare i precetti è la declaratoria di fallimento: non propriamente scelta sua (dipende dal tribunale su istanza creditori), ma se succede, i precetti diventano inefficaci e si aprirà la procedura concorsuale.

Nota: a volte i precetti portano l’impresa a fallire per iniziativa di creditori (un precetto non soddisfatto è atto di insolvenza). Dunque dal lato debitore, a volte non opporsi e lasciare che i creditori fallimentino l’impresa può risolvere con la procedura collettiva anziché tante esecuzioni (ma ovviamente è drastico).

  • Debitore non imprenditore sovraindebitato (privato, consumatore o ditta minore): costui può accedere alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (oggi ricomprese nel Codice della Crisi come “ristrutturazione dei debiti del consumatore” o “liquidazione controllata”). Come accennato, l’art. 480 c.p.c. impone nel precetto l’avvertimento su queste procedure .
  • Se il debitore è un consumatore pieno di debiti, potrebbe presentare un’istanza per ottenere un piano del consumatore o un accordo di composizione tramite l’OCC (Organismo di Composizione Crisi). Quando il tribunale ammette la procedura, può anche disporre la sospensione delle azioni esecutive individuali. Inoltre, la legge prevede che dalla presentazione del ricorso per trattativa di composizione (la cosiddetta procedura di composizione negoziata per consumatori, analogamente alle misure protettive) si possano chiedere misure protettive. Quindi, se il debitore attiva la procedura, notifica ai creditori la pendenza e chiede al giudice di disporre lo stay, questi non potranno proseguire esecuzioni per un certo periodo.
  • In ogni caso, se poi viene omologato un piano del consumatore o accordo con falcidie, i creditori dovranno adeguarsi e le esecuzioni decadono. Ad esempio, se il giudice omologa un piano che prevede il pagamento del 50% dei crediti chirografari, un creditore che aveva precettato dovrà accontentarsi e non può più eseguire per intero. Il debitore potrebbe opporre la sopravvenuta inesigibilità per intervenuta procedura concorsuale minore.
  • Liquidazione controllata (ex liquidazione del patrimonio): è una procedura simile al fallimento ma per non fallibili. Se il debitore viene ammesso a liquidazione controllata, analogamente, i creditori sono stoppati e dovranno insinuarsi.

Quindi per un privato oberato, una strategia di difesa di sistema è attivare l’iter di sovraindebitamento per bloccare i creditori e magari ridurre il debito complessivo in una soluzione unica.

  • Debitore con patrimonio destinato o in trust: se il debitore ha segregato beni (es. fondo patrimoniale, trust familiare), i creditori potrebbero non poter eseguire su quei beni per debiti non attinenti. Ciò si fa valere come opposizione all’esecuzione (per impignorabilità ex art. 615 co.2) se cercano di pignorare tali beni. Ad esempio: precetto su casa costituita in fondo patrimoniale per debito che non è stato contratto per esigenze familiari. Il debitore può opporre che quell’esecuzione non può svolgersi su quell’immobile (ma precetto in sé potrebbe notificare, l’impugnazione vera sarà contro il pignoramento, però il debitore potrebbe già prima avvertire che il bene è impignorabile, magari convincendo il creditore a non procedere su quello).
  • Debitore pubblico o con privilegio di impignorabilità: alcuni enti o soggetti hanno tutele (es. enti pubblici: i beni demaniali sono impignorabili; debitori deceduti con eredi beneficiati c’è una procedura speciale). Sono casi particolari, non nel tipico scenario privato.

Riassumendo, il debitore deve sempre valutare se la sua situazione complessiva suggerisce di affrontare le esecuzioni caso per caso con opposizioni, oppure prendere un approccio globale (procedura concorsuale o accordi generali) per risolvere la crisi. Ad esempio, un imprenditore con decine di precetti da vari fornitori forse farebbe meglio a un concordato con falcidia piuttosto che 10 cause di opposizione (costose e magari destinate solo a prendere tempo).

Domande frequenti (FAQ) su opposizione a precetto

D: Quanto tempo ho per fare opposizione a un precetto?
R: Dipende dal tipo di opposizione. Se intendi contestare un vizio formale del precetto (opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.), devi agire entro 20 giorni dalla notifica del precetto . È un termine perentorio: trascorso, perdi la facoltà di far valere quei vizi. Se invece vuoi contestare il merito del diritto di procedere all’esecuzione (opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.), non c’è un termine fisso di legge; puoi proporla finché l’esecuzione non è conclusa, ma è fortemente consigliabile farlo prima che l’esecuzione inizi (ossia entro i 10 giorni o poco dopo la notifica del precetto). Dopo che l’esecuzione è iniziata (ad es. dopo un pignoramento), puoi ancora proporla, ma devi attivarti al più presto e comunque non oltre certi stadi avanzati (non oltre l’ordinanza di vendita/assegnazione, salvo fatti nuovi) . Riassumendo: 20 giorni per i vizi formali; il prima possibile (idealmente entro i 10 giorni di precetto) per motivi di merito, sapendo che comunque oltre certi limiti temporali potresti subire decadenze parziali.

D: L’opposizione al precetto sospende automaticamente il pignoramento?
R: No. La mera proposizione dell’opposizione non sospende di diritto l’esecuzione. Occorre chiedere al giudice la sospensione e ottenerla con provvedimento motivato. Dunque, se presenti opposizione, devi inserire una istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo/precetto e attendere che il giudice la valuti . Fino a che il giudice non emette un’ordinanza di sospensione, il creditore – trascorsi i 10 giorni del precetto – è tecnicamente libero di iniziare il pignoramento. In pratica, se l’udienza per la sospensiva è fissata a breve, molti creditori attendono l’esito; ma non c’è garanzia. Se il creditore procedesse comunque e poi la sospensione viene concessa, gli atti esecutivi compiuti dopo il provvedimento potrebbero essere dichiarati nulli. Conclusione: per evitare sorprese, presenta subito l’opposizione e attiva la richiesta di sospensione; eventualmente notifica al creditore l’avvenuto deposito e la richiesta di sospensiva, invitandolo ad astenersi nel frattempo. Ma sappi che, senza ordine del giudice, la procedura non è automaticamente bloccata.

D: Devo pagare qualcosa (cauzione o altro) per sospendere l’esecuzione?
R: Generalmente no, non è prevista cauzione obbligatoria. La sospensione viene concessa in base ai “gravi motivi” (fumus boni iuris e periculum in mora) , senza imporre un versamento. Solo in rarissimi casi il giudice potrebbe subordinare la sospensione a una garanzia (ad esempio un deposito cauzionale) se lo ritiene opportuno, ma è eccezionale. Ad esempio, se contesti solo una parte del debito, il giudice potrebbe sospendere solo per quella parte e magari suggerire di pagare l’altra non contestata. Ma di norma, se i presupposti ci sono, sospende senza condizioni; se non ci sono, rigetta. Diverso è il caso della sospensione in appello (per sentenze esecutive impugnate): lì talvolta si chiede cauzione, ma non in primo grado per precetti.

D: Posso fare opposizione al precetto senza un avvocato?
R: Nella maggioranza dei casi no, serve l’avvocato. Le opposizioni a precetto sono trattate dal tribunale (tranne importi molto bassi) e il tribunale richiede il ministero di un legale. Solo se il valore del precetto è entro i limiti del Giudice di Pace (€5.000 per esecuzioni mobiliari, ad esempio) e fosse competente il Giudice di Pace (evento abbastanza raro nelle esecuzioni), allora potresti teoricamente agire da solo. Ma anche in taluni casi davanti al GdP si consiglia di farsi assistere. Inoltre, la materia esecutiva è tecnica: un errore può costare decadenze. Quindi, praticamente parlando, è necessaria l’assistenza di un avvocato specializzato.

D: Il creditore mi ha precettato €10.000 ma in realtà gli devo meno. Posso far annullare tutto il precetto?
R: Probabilmente no nella totalità, ma puoi farlo ridurre/annullare parzialmente. Se una parte della somma precettata non è dovuta (perché hai già pagato una quota, o per errore di calcolo, o interessi non dovuti), l’opposizione riuscirà a eliminare quella parte indebita . Tuttavia, secondo la Cassazione, “la non debenza di una parte soltanto della somma non travolge l’intero precetto, che rimane valido per la parte dovuta” . Quindi il giudice annullerà il precetto solo per l’eccedenza, dichiarandolo valido per l’importo giusto . In pratica, non si ottiene la “cancellazione” totale a meno che la parte indebita sia la maggior parte e il giudice preferisca far rifare i conti. Ma normalmente emetterà un’ordinanza di sospensione per la parte contestata e poi in sentenza accerterà il credito effettivo: es. “il precetto viene dichiarato efficace per €5.000 anziché €10.000”. Dunque non illuderti di annullare tutto per un piccolo errore del creditore: pagherai comunque il dovuto. Se invece tutta la somma non era dovuta (ad esempio perché avevi già pagato integralmente), allora sì, l’opposizione farà cadere completamente il precetto e non dovrai nulla .

D: Il creditore ha indicato nel precetto un giudice incompetente lontano. Dove devo fare opposizione?
R: La legge (art. 480 c.p.c. come riformato) dice che se il creditore ha indicato un giudice competente per l’esecuzione ma in realtà in quel luogo non ci sono beni né collegamenti, puoi contestarlo. In generale, se ritieni che il foro indicato sia errato o strumentale, puoi proporre opposizione davanti al giudice del luogo in cui hai ricevuto il precetto (che di solito coincide col tuo domicilio) eccependo l’incompetenza di quello eletto dal creditore. Sarà poi il giudice a valutare. Spesso, in caso di contestazione, l’onere passa al creditore di provare che nel circondario scelto aveva motivo di procedere (es. dimostrare che tu hai beni lì) . Se non ci riesce, la competenza rimane presso il giudice del luogo di notifica e il precetto si considera privo di valida elezione di domicilio (notifiche al creditore in cancelleria) . Quindi, fai opposizione nel tuo foro locale, spiegando perché il foro eletto dal creditore (es. Milano) non è pertinente. Nota: queste sono questioni tecniche di competenza territoriale; è bene che le gestisca un legale.

D: Ho ricevuto un precetto ma il giorno dopo ho pagato il dovuto. Devo comunque fare opposizione?
R: Se hai pagato integralmente e tempestivamente l’importo precettato entro i 10 giorni, il precetto perde scopo, perché hai adempiuto. In teoria il creditore non dovrebbe procedere al pignoramento (ha ottenuto quanto richiesto). Conviene però farsi rilasciare una quietanza e magari comunicarla formalmente all’avvocato del creditore, chiedendo conferma che l’esecuzione verrà sospesa. In tal caso, non c’è bisogno di opposizione (l’opposizione servirebbe solo a ribadire un fatto – il pagamento – che è meglio risolvere stragiudizialmente). Tieni comunque presente che il pagamento entro i termini evita i costi successivi di esecuzione, ma potresti comunque dover pagare le spese del precetto se indicate (a meno che non abbiate accordo su rinuncia spese). Se invece hai pagato dopo i 10 giorni ma prima del pignoramento, il creditore potrebbe aver già attivato l’iter esecutivo e maturato ulteriori spese. In tal caso, potresti ancora dover negoziare il rimborso di quelle. In sintesi: se paghi tutto, non serve un giudizio; però conserva le prove e comunica ufficialmente il pagamento. L’opposizione diventerebbe necessaria solo se, nonostante il pagamento, il creditore volesse insistere con l’esecuzione (cosa altamente improbabile – un pignoramento per un debito estinto sarebbe abusivo e facilmente bloccato). Quindi, se hai risolto la pretesa, non attivare cause inutili: semmai deposita in tribunale un’istanza di cessata materia del contendere se per caso l’opposizione l’avevi già presentata.

D: Cosa succede se ignoro un atto di precetto?
R: Se ignori il precetto senza pagare né reagire, dopo 10 giorni il creditore può procedere con l’esecuzione forzata. Ciò significa che potresti subire un pignoramento dei beni: ad esempio, l’ufficiale giudiziario potrebbe pignorarti mobili o auto, oppure il creditore potrebbe pignorarti il conto corrente o lo stipendio/pensione (pignoramento presso terzi), o iscrivere ipoteca e avviare pignoramento immobiliare sulla casa, a seconda di cosa è più agevole per soddisfarsi. Non pagando né opponendoti, perdi l’ultima chance di evitare il pignoramento. Anche eventuali vizi del precetto dovrai considerarli sanati se non li hai sollevati in tempo. Potrai forse ancora contestare qualcosa durante il pignoramento (es. impugnare atti esecutivi specifici), ma intanto subirai gli effetti (conto bloccato, stipendio decurtato, casa all’asta, ecc. a seconda dei casi). Inoltre, ignorando, farai lievitare i costi: all’importo dovuto si aggiungeranno le spese di esecuzione (onorari di avvocato per pignoramento, compenso ufficiale giudiziario, eventuali perizie, ecc.) e ulteriori interessi. Ad esempio, un debito di €5.000 potrebbe diventare €6.000 o più dopo i costi del pignoramento. Conclusione: ignorare il precetto è la scelta peggiore, a meno che tu intenda comunque far decorrere i 10 giorni per vedere se il creditore effettivamente agisce (ma è un rischio). Meglio, se non puoi pagare subito, almeno consultare un legale per capire se ci sono margini di opposizione o concordare un piano di rientro col creditore in quei 10 giorni.

D: Posso chiedere una rateizzazione dopo aver ricevuto il precetto?
R: Puoi sempre tentare di negoziare con il creditore una soluzione dilazionata, anche in questa fase. Nei 10 giorni, alcune volte i debitori contattano il creditore (o il suo avvocato) proponendo un piano di pagamento a rate o un saldo parziale. Se il creditore accetta, vi conviene formalizzare l’accordo per iscritto (magari con la previsione che, in caso di mancato pagamento di una rata, il creditore potrà procedere senza ulteriore precetto). Spesso il creditore in cambio chiede il pagamento di una parte immediata e il resto in poche rate, e magari la rinuncia ad eventuali opposizioni. Se raggiungete un accordo, è fondamentale che il creditore (o il suo avvocato) sospenda le azioni esecutive in corso per iscritto (ad es. rinviando l’ufficiale giudiziario). Tieni presente che il precetto di per sé non può essere “rateizzato” legalmente: è un’intimazione per l’intero. La rateizzazione può solo essere frutto di un accordo volontario. Inoltre, l’accordo non impedisce ad altri creditori (se ne hai) di farsi avanti. Quindi valuta il quadro complessivo. Ma certamente, sì, puoi chiedere una dilazione: molti creditori la preferiscono a lunghe esecuzioni, soprattutto se fornisci garanzie (ad es. cambiali, o un garante). Formalizzate l’intesa, e il creditore terrà il precetto in standby (o rinuncerà, magari facendovi sottoscrivere un nuovo impegno di pagamento).

D: Ho scoperto che il creditore ha ottenuto un decreto ingiuntivo contro di me che non mi è mai stato notificato, e ora ha notificato un precetto su quel decreto. Cosa posso fare?
R: Questa è una situazione classica di opposizione tardiva. Se realmente non hai mai ricevuto la notifica del decreto ingiuntivo (magari è stata eseguita in modo invalido o a un indirizzo errato) e ne vieni a conoscenza solo col precetto, hai diritto di presentare opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. entro 40 giorni dalla conoscenza (il dies a quo può essere la notifica del precetto stesso) . Nell’opposizione tardiva dovrai dimostrare che la mancata tempestiva opposizione non è dipesa da tua colpa (esibendo le prove della nullità/inesistenza della notifica originaria). Contestualmente all’opposizione tardiva, devi chiedere al giudice di sospendere l’esecutorietà del decreto (ex art. 649 c.p.c.), data la particolare circostanza. Inoltre, puoi anche rivolgerti al giudice dell’esecuzione, se un pignoramento è imminente o iniziato, per chiedere la sospensione urgente fino a quando quello dell’opposizione si pronuncerà. In sostanza: 1. Presenta opposizione tardiva in tribunale (lo stesso che ha emesso il DI) spiegando di aver avuto notizia solo ora e articolando le tue difese di merito contro il decreto (se ne hai). 2. Chiedi sospensione ex art. 649 c.p.c. al giudice dell’opposizione; di solito viene fissata udienza abbastanza celermente in questi casi. 3. Notifica sia l’opposizione tardiva sia l’istanza di sospensione al creditore (tramite avvocato). 4. Informa il G.E. (se l’esecuzione è già partita) depositando copia dell’opposizione e magari chiedendo un provvedimento temporaneo in attesa della decisione del giudice del decreto.

Se tutto è regolare (notifica inesistente, ecc.), è molto probabile che la sospensione venga concessa e poi il decreto ingiuntivo verrà esaminato nel merito come se fosse stato opposto nei termini. In tal modo potrai far valere le tue ragioni difensive che non avevi potuto presentare. Nel frattempo, l’esecuzione si ferma. Attenzione: devi agire tempestivamente appena sai del decreto per convincere il giudice che hai rispettato il termine di 40 giorni dalla conoscenza.

D: Ho perso l’opposizione a precetto: posso fare appello?
R: Dipende dal tipo di opposizione e da quando è stata proposta. Se era un’opposizione preventiva all’esecuzione (615 co.1) o preventiva agli atti (617 co.1) – cioè decisa con rito ordinario in primo grado – la sentenza è appellabile secondo le regole ordinarie (generalmente entro 30 giorni dalla notifica della sentenza o 6 mesi se non notificata). Invece, se l’opposizione era successiva all’esecuzione (davanti al G.E.), la legge oggi prevede che la sentenza che la decide in primo grado non è appellabile . Ciò significa che puoi solo proporre ricorso per cassazione entro 60 giorni dalla notifica della sentenza (o 6 mesi dalla pubblicazione). Ad esempio, se hai opposto un precetto dopo che era iniziato un pignoramento e il tribunale rigetta la tua opposizione, quella sentenza è definitiva in quel grado – puoi rivolgerti direttamente alla Cassazione per eventuali vizi di legittimità. Lo stesso vale per l’opposizione agli atti proposta dopo l’inizio dell’esecuzione: sentenza non appellabile. Questa differenza è spesso tecnica e l’avvocato saprà dirti se hai diritto all’appello o no. In pratica: opposizione prima del pignoramento -> sì appello; opposizione dopo pignoramento -> no appello, solo Cassazione.

D: L’opposizione a precetto può cancellare l’ipoteca iscritta dal creditore?
R: Se parliamo di ipoteca giudiziale iscritta dal creditore sulla base del titolo esecutivo, occorre distinguere: l’ipoteca giudiziale non è un atto del processo esecutivo, ma una garanzia preventiva. Se tu vinci l’opposizione e il titolo esecutivo viene meno (es. precetto annullato perché il debito era inesistente), puoi chiedere la cancellazione dell’ipoteca in base all’esito (il titolo sottostante che giustificava l’ipoteca giudiziale è venuto meno). Serve un provvedimento ad hoc o il consenso del creditore, ma in teoria sì, l’ipoteca non ha ragion d’essere. Se invece l’ipoteca era un’ipoteca legale o volontaria preesistente (es. ipoteca su casa a garanzia del mutuo), quella non si cancella con l’opposizione: è una garanzia concessa contrattualmente e resta finché il debito non è soddisfatto o finché non viene revocata in altra sede. L’opposizione incide sugli atti esecutivi e sul diritto di procedere; l’ipoteca è “esterna”. Quindi: ipoteca giudiziale su quel titolo – la fai eliminare a seguito di vittoria (magari il giudice dell’opposizione ne ordina la cancellazione); ipoteca volontaria – rimane finché non paghi o accordi diversi. In ogni caso, durante la pendenza dell’opposizione è possibile ottenere dal giudice anche provvedimenti per evitare che l’ipoteca giudiziale venga escussa (ma l’escussione dell’ipoteca coincide con il pignoramento immobiliare, che rientra già nel divieto se c’è sospensione).

D: Ho più debiti e precetti da vari creditori: devo fare opposizioni separate per ognuno?
R: Sì, l’opposizione si riferisce a uno specifico atto di precetto (o esecuzione). Non esiste un’opposizione “cumulativa” verso più creditori diversi, perché sono procedimenti distinti. Dovrai valutare caso per caso: per alcuni potresti avere motivi di opposizione, per altri no. Se i creditori sono tanti e le somme ingenti, valuta seriamente di ricorrere a una procedura di composizione della crisi (concordato, piano del consumatore, ecc.) per risolvere in modo unitario. Fare 10 cause di opposizione può diventare molto costoso e forse inutile se i debiti sono effettivamente dovuti. Meglio in quei frangenti negoziare un accordo collettivo o attivare procedure concorsuali. In sintesi: l’opposizione è un rimedio puntuale, non “di sistema”. Se hai difficoltà generalizzate di liquidità, considera soluzioni globali invece di combattere su ogni singolo precetto (a meno che per ciascuno tu abbia validi motivi di contestazione).

D: Cosa comporta l’opposizione a precetto per la mia situazione creditizia? Finirò in qualche registro di cattivi pagatori?
R: L’opposizione in sé è una causa civile: non è un’informazione pubblica negativa come potrebbe esserlo un protesto o un pignoramento. Non vieni iscritto automaticamente in nessuna lista di cattivi pagatori solo perché hai fatto opposizione. Tuttavia, il fatto che tu abbia ricevuto un precetto significa che probabilmente eri già inadempiente su un’obbligazione; se si trattava di un debito bancario o finanziario, è probabile che fossi già segnalato in centrali rischi (per morosità). L’opposizione non peggiora ciò. Se il precetto riguarda, ad esempio, un assegno protestato, il tuo nominativo sarà nel Registro Informatico Protesti per quell’assegno (ma c’eri già per via del protesto, a prescindere dall’opposizione). In sostanza, l’opposizione è solo difesa legale e non viene registrata da nessuna parte “commerciale”. Ovviamente, se l’opposizione fallisce e subisci un’esecuzione forzata (es. pignoramento immobiliare con asta), quell’evento sì sarà pubblico e rilevabile nei registri immobiliari e potrebbe avere impatto reputazionale. Ma l’atto in sé di fare opposizione no. Quindi nessuna “blacklist” per aver esercitato i tuoi diritti in tribunale.

D: Ho vinto l’opposizione a precetto: chi paga le spese legali?
R: In genere, se vinci completamente, il giudice condanna il creditore soccombente a rimborsarti le spese processuali (comprese le spese di avvocato, contributo unificato, ecc.) . Quindi il creditore dovrà pagare il tuo avvocato secondo la liquidazione che farà il giudice (salvo sia già avvenuto pagamento e si possa compensare con quello, dipende). Se invece vince il creditore (opposizione rigettata), sarai tu debitore a dover pagare ulteriori spese al creditore (oltre al debito originario). In qualche caso di soccombenza parziale (es. il precetto era eccessivo e l’opposizione riesce solo in parte, riducendo l’importo), il giudice potrebbe compensare in tutto o in parte le spese, cioè ognuno si tiene le proprie, oppure attribuirne una parte proporzionalmente. Ma la regola base è: chi perde paga. Nota che i tribunali considerano opposizioni a precetto un ambito dove, se il debitore ha ragione, non esiteranno a dare le spese contro il creditore (per scoraggiare atteggiamenti aggressivi scorretti); viceversa, se l’opposizione era chiaramente pretestuosa, possono anche condannare il debitore al risarcimento del danno da lite temeraria (art. 96 c.p.c.), in aggiunta alle spese. Quindi usare con giudizio lo strumento.

D: Se il giudice rigetta la mia opposizione, dovrò subito pagare o posso attendere l’appello/Cassazione?
R: La sentenza che rigetta l’opposizione a precetto è tipicamente dichiarata provvisoriamente esecutiva (come quasi tutte le sentenze di primo grado). Ciò significa che il creditore potrà riprendere/imporre l’esecuzione immediatamente, anche nelle more di un eventuale appello o ricorso. Non c’è automatico “stand-by” fino al grado successivo. Per impedirlo, dovresti ottenere dal giudice d’appello (se l’appello è ammesso) una sospensione ex art. 283 c.p.c., oppure dalla Cassazione (cosa rara) una sospensione dell’esecutorietà. In pratica, se perdi, l’esecuzione ripartirà. E, avendo perso, difficilmente l’appello ti concederebbe sospensione salvo errori clamorosi del primo giudice. Quindi considera che, in caso di rigetto, a meno di accordi, dovrai adempiere (o subirai il pignoramento) anche se decidi di impugnare la decisione. Diverso è se il giudice di prime cure accoglie l’opposizione: in quel caso il precetto è annullato e il creditore, per eseguire, dovrebbe vincere in appello ribaltando la decisione (nel frattempo non può legittimamente agire). In sintesi: vincere ti dà respiro immediato; perdere rende immediatamente eseguibile il titolo (la tua opposizione era l’unico ostacolo, caduto quello, via libera all’esecuzione).

Tabelle riepilogative

Di seguito presentiamo alcune tabelle riassuntive che sintetizzano le principali informazioni sulle opposizioni a precetto, i termini e le differenze procedurali, nonché le peculiarità legate ai diversi tipi di titoli esecutivi.

Tabella 1: Confronto tra opposizione all’esecuzione e opposizione agli atti esecutivi

CaratteristicaOpposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.)Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.)
Oggetto della contestazioneIl diritto del creditore di procedere all’esecuzione (es. inesistenza, estinzione o inefficacia del titolo, inesistenza del credito) . In sintesi si contesta l’“an” dell’esecuzione (se e in che limiti sia dovuta).La regolarità formale del precetto, del titolo esecutivo o di altri atti esecutivi (vizi di forma, errori procedurali, nullità formali) . Si contesta il “quomodo” dell’esecuzione (come viene svolta in punto di forma).
Esempi tipici– Titolo esecutivo inesistente o invalido (es. documento non avente efficacia di titolo) .<br>– Debito già pagato o compensato .<br>– Prescrizione del credito o del titolo maturata.<br>– Mancanza di legittimazione (persona sbagliata, credito non suo).<br>– Inesigibilità sopravvenuta (es. condizione non avverata, concordato preventivo omologato, ecc.).<br>– Bene pignorato impignorabile per legge (es. bene necessario, fondo patrimoniale per debito estraneo).– Precetto privo di indicazioni obbligatorie (parti, titolo, notificazione titolo) .<br>– Errore nella notifica del precetto (nullità nella relata).<br>– Omesso avvertimento di legge (es. sovraindebitamento) .<br>– Importi non dettagliati o calcolo interessi errato (vizio formale di chiarezza).<br>– Atto di pignoramento notificato senza rispettare forme (es. mancata indicazione ex art. 492).<br>– Irregolarità nell’avviso di vendita, ecc.<br>(Nota: qui ci limitiamo ai vizi di precetto, ma la categoria include ogni atto esecutivo).
Termine per proporlaNessun termine fisso predefinito, ma in genere:<br>– Opposizione preventiva (prima dell’esecuzione): il prima possibile, idealmente entro i 10 giorni del precetto .<br>– Opposizione successiva (a esecuzione iniziata): senza indugio; comunque non oltre l’ordinanza di vendita/assegnazione se non per fatti sopravvenuti o cause non imputabili .<br>In pratica, agire subito dopo il precetto o subito dopo il primo atto esecutivo.Termine perentorio di 20 giorni dalla conoscenza legale dell’atto viziato:<br>– 20 giorni dalla notifica del precetto (o del titolo, se primo atto) per vizi di tali atti .<br>– 20 giorni dal primo atto di esecuzione se i vizi del precetto/titolo non sono stati opposti prima .<br>– 20 giorni dal compimento di ciascun atto esecutivo viziato (pignoramento, avvisi, ecc.) .<br>Termine tassativo, pena decadenza .
Forma introduttivaPrima dell’inizio esecuzione: atto di citazione davanti al giudice competente per materia/valore e territorio (di regola il Tribunale del luogo dell’esecuzione indicato nel precetto). Possibile anche introdurre col rito semplificato (ricorso) a scelta .<br>– Dopo inizio esecuzione: ricorso al Giudice dell’esecuzione (tribunale dove pende l’esecuzione) .Prima che l’esecuzione inizi: atto di citazione davanti al giudice dell’esecuzione competente ex art. 480 co.3 (in genere Tribunale indicato nel precetto).<br>– Dopo inizio esecuzione: ricorso al Giudice dell’esecuzione entro 20 gg dal primo atto o atto viziato .<br>(In entrambi i casi, se il rito di merito è lavoro – es. precetto su decreto ingiuntivo lavoro – allora forma del ricorso ex art. 618-bis c.p.c.).
Giudice competenteTerritorio: giudice indic. art. 27 c.p.c. e art. 26 c.p.c. (luogo dell’esecuzione). Dopo la riforma 2024, si fa riferimento al giudice indicato nel precetto oppure, se omesso, al luogo di notifica del precetto . Competenza territoriale eventualmente contestabile se creditore ha scelto un foro anomalo (onere su creditore provare beni in quel luogo) .<br>– Materia/Valore: Tribunale in composizione monocratica nella maggior parte dei casi (anche se importo modesto). Giudice di Pace solo per esecuzioni mobiliari di piccolissimo valore (raro).Territorio: stesso criterio del giudice dell’esecuzione (precetto: giudice indicato nel precetto o luogo notifica; atto esecutivo: giudice che gestisce quella esecuzione, di solito Tribunale).<br>– Materia/Valore: Tribunale ordinario (anche se importi piccoli) per la quasi totalità dei vizi di esecuzione. (Il GdP potrebbe essere competente per vizi in piccole esecuzioni davanti a lui).
Sospensione dell’esecuzionePossibile su istanza del debitore:<br>– Prima dell’esecuzione: sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo ex art. 615 co.1, decisa dal giudice dell’opposizione se ricorrono gravi motivi .<br>– Dopo inizio esecuzione: sospensione del processo esecutivo ex art. 624 c.p.c. da parte del G.E., se gravi motivi.<br>Provvedimento: ordinanza reclamabile in appello .Possibile sospensione ex art. 623/624 c.p.c. dal G.E. (se esecuzione iniziata) o dal giudice dell’opposizione (se preventiva), qualora il vizio formale sia tale da impedire il prosieguo regolare. In pratica spesso il giudice può sospendere gli atti successivi in attesa di decidere sulla nullità denunciata.<br>Provvedimento: ordinanza (es. sospendere asta se vizi di pignoramento gravi).
Esito sul precetto/attiAccoglimento: il diritto a procedere è negato (totale o parziale). Il giudice dispone che il precetto è inefficace in toto o nella parte non dovuta . L’esecuzione viene estinta se già iniziata, limitatamente a ciò che era contestato (atti annullati).<br>– Rigetto: confermato il diritto del creditore. Il precetto rimane valido e l’esecuzione può proseguire (eventuale sospensione viene revocata).Accoglimento: il precetto o l’atto esecutivo impugnato viene dichiarato nullo . Conseguentemente, tutti gli atti successivi dipendenti vengono dichiarati invalidi (es. precetto nullo -> invalido il pignoramento eseguito su di esso) . Si deve eventualmente riprendere da un atto valido (creditore dovrà correggere e notificare nuovo precetto, ecc.).<br>– Rigetto: il vizio formale è ritenuto insussistente o sanato. Il precetto/l’atto resta valido e l’esecuzione continua.
Impugnabilità della decisione– Sentenza su opposizione proposta prima dell’esecuzione: ordinariamente appellabile (rito ordinario).<br>– Sentenza su opposizione proposta dopo inizio esecuzione: non appellabile, solo ricorso per cassazione (il giudizio è assimilato a rito camerale di esecuzione).– Stesso discorso: se deciso come causa ordinaria (opposizione preventiva) la sentenza è appellabile; se deciso in sede esecuzione (post-pignoramento), la sentenza/ordinanza che definisce è non impugnabile con appello , ricorribile direttamente in Cassazione. (Le ordinanze ex art. 618 in corso di esecuzione sono coperte da giudicato sostanziale).

Tabella 2: Peculiarità e difese in base al titolo esecutivo su cui si fonda il precetto

Tipo di titolo esecutivoCaratteristiche e obblighiStrategie difensive del debitore
Sentenza di condanna (passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva)– Titolo giudiziario; se di primo grado, oggi generalmente esecutivo subito salvo eccezioni. Se appellata, esecutività sospendibile dalla Corte d’Appello (art. 283 c.p.c.).<br>– Prescrizione del diritto derivante da sentenza: 10 anni dal passaggio in giudicato (interrompibile).Se appellata: chiedere sospensione in appello (l’opposizione all’esecuzione non può contestare il merito già deciso, ma può far valere pendenze dell’appello).<br>– Se definitiva: poche difese nel merito (res iudicata). Solo fatti estintivi post-sentenza (pagamento, prescrizione decennale maturata, compensazione sopravvenuta) , o errori formali nel precetto.<br>– Esecuzione parziale: se la sentenza contiene diverse voci, il precetto deve rispettare i limiti (es. non includere spese se non liquidate). Opponibile se estende oltre.
Decreto ingiuntivo (non opposto)– Diviene titolo esecutivo dopo 40 giorni dalla notifica se non è stata proposta opposizione.<br>– Può essere munito di provvisoria esecutorietà ex art. 642 c.p.c., consentendo esecuzione immediata entro i 40 gg.<br>– Prescrizione: 10 anni come giudicato (da definitivo).Opposizione tardiva (art. 650 c.p.c.): se notifica inesistente/nulla e scopri DI dal precetto, entro 40 gg fai opposizione tardiva e chiedi sospensione ex art. 649 c.p.c. (forti possibilità di successo se provi la mancata colpa).<br>– Consumatori: se il DI riguarda un contratto con clausole abusive non vagliate, il G.E. deve d’ufficio dar termine per opposizione tardiva ad hoc . Oppure, se il debitore già solleva l’eccezione in opposizione all’esecuzione, il giudice la riqualifica e la rimette al giudice del monitorio. <br>– Se DI provvisoriamente esecutivo e hai proposto opposizione nei 40 gg: chiedi subito sospensione ex art. 649 c.p.c. al giudice dell’opposizione; nel frattempo puoi chiedere al G.E. di sospendere l’esecuzione pendente. (Non usare 615 per motivi che puoi far valere nell’opposizione al DI).<br>– Fatti sopravvenuti: pagamento dopo DI, accordo transattivo post monitorio, ecc., opponibili ex 615 perché estinguono il diritto di procedere (anche se DI è definitivo).<br>– Vizi formali del precetto: se il DI non era notificato in forma esecutiva correttamente, precetto nullo.
Cambiale (pagherò o tratta accettata)– Titolo di credito formale, esecutivo ex sé. Deve essere regolarmente bollata e protestata (o con dichiarazione equivalente) per mancato pagamento, entro i termini di legge, se si vuole procedere esecutivamente.<br>– Azione cambiaria diretta (contro emittente/accettante): prescrizione 3 anni dalla scadenza .<br>– Necessaria la presentazione a pagamento alla scadenza e, se non paga, protesto nei 2 giorni successivi (o nota di rifiuto).Eccepire prescrizione: se il precetto arriva oltre 3 anni dopo la scadenza della cambiale, l’azione cambiaria è prescritta . Opposizione 615 per far dichiarare estinto il diritto (titolo inutilizzabile).<br>– Assenza di protesto: se la cambiale non fu protestata e non vi è clausola “senza protesto”, opporsi perché non è utilmente esecutiva (mancato avveramento condizione di procedibilità).<br>– Vizi formali del titolo: cambiale priva di requisito essenziale (es. firma traente) non è valida ; se importo o scadenza alterati, contestare la validità. Firma falsa -> richiedere verificazione (caso grave, onere probatorio sul debitore con CTU).<br>– Pagamento o proroga: se hai pagato parte o ottenuto proroga scritta sul titolo (annotazioni di dilazione), evidenziarlo – può comportare nullità del precetto se non tiene conto di ciò (es. creditore precetta l’intero nonostante accordo su proroga di una rata: titolo non ancora esigibile per quella parte).<br>– Nullità causale/eccezioni personali: limitate per astrattezza del titolo. Tuttavia, se l’emittente prova che la cambiale aveva causa illecita o era in bianco riempita contra pacta, può opporlo. Ad esempio, cambiale data a garanzia di debito di gioco (non azionabile) – si può eccepire nullità della causa debendi. Sono difese difficili ma possibili in equità.
Assegno bancario (non pagato)– Titolo di credito pagabile a vista. Se non pagato, necessita di protesto o dichiarazione di rifiuto del pagamento (da parte della banca) per esercitare azione esecutiva di regresso.<br>– Termine di presentazione: 8 giorni (su piazza) o 15 (fuori piazza) dall’emissione.<br>– Prescrizione dell’azione: 6 mesi dal termine di presentazione per azioni di regresso (traente e giranti).<br>– Spesso soggetto a protesto, iscrizione al RIP (registro protesti).Eccepire prescrizione: se il precetto su assegno giunge oltre 6 mesi dalla scadenza termini di presentazione, l’azione è prescritta . Opposizione 615 per far dichiarare estinto il diritto esecutivo. (Il creditore potrà solo far causa ordinaria sulla causa sottostante, se non prescritta anch’essa).<br>– Mancanza di protesto/dichiarazione: se l’assegno non è accompagnato da protesto o dalla dichiarazione della banca “impagato per…” entro i termini, il precetto è prematuro (titolo non esecutivo). Opposizione 617 per nullità del precetto (allega mancanza atto necessario).<br>– Presentazione tardiva: non libera il traente dall’obbligo, ma il traente può aver subito pregiudizio (es. c’era provvista inizialmente poi no). Difficile far valere, però se puoi provare che l’assegno sarebbe stato pagato se presentato puntualmente, potresti tentare opposizione sostenendo che la pretesa è scorretta. Non garantito l’esito.<br>– Firma apocrifa/furto: se l’assegno è rubato o firma falsificata, opporsi (615) negando di essere traente. Giudice sospenderà probabilmente, ma occorre querela di falso per definire la questione. Idem se assegno postdatato compilato da terzi impropriamente.<br>– Assegno postdatato (titolo nullo): eccepire che è in realtà una cambiale non bollata (illegittimo). La giurisprudenza è oscillante: qualche giudice accoglie (precetto nullo per illecito fiscale), altri dicono che tra le parti vale. È una difesa tecnica da tentare se applicabile (assegno con data successiva di solito scoperta dal protesto).<br>– Clausole di non trasferibilità, girate, etc.: in genere irrilevanti per il debitore traente; se il portatore non era legittimato (assegno trasferito indebitamente) potrebbe opporlo sostenendo di aver già pagato il vero beneficiario. Raro.<br>– Rapporto sottostante: come cambiale, l’assegno è astratto. Ma se fu emesso, ad es., a saldo di un contratto poi annullato per dolo, si può tentare di opporsi allegando la vicenda (non garantito; più agevole se creditore è la controparte contrattuale stessa).
Mutuo bancario (contratto di finanziamento) – Titolo esecutivo stragiudiziale– Se stipulato per atto pubblico o scrittura autenticata con clausola di immediata esecutorietà, costituisce titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. per le somme dovute (capitale, interessi, accessori).<br>– Spesso garantito da ipoteca; si tratta di crediti “fondiari” con privilegium (azione esecutiva immediata anche in caso di fallimento).<br>– Contiene clausole di decadenza dal beneficio del termine: la banca può richiedere tutto il debito se il debitore salta un certo numero di rate, previa comunicazione.Verificare natura di titolo esecutivo: se il contratto di mutuo non è atto pubblico/autentico, non è titolo esecutivo. Opposizione 615 per far dichiarare che il precetto è nullo perché manca un titolo esecutivo giudiziale o stragiudiziale valido (la banca avrebbe dovuto prima ottenere DI o sentenza).<br>– Mancata intimazione di decadenza: se il precetto richiede l’intero importo ma il debitore aveva diritto al termine (pagamento rateale) e la banca non ha formalmente comunicato la decadenza dal termine, opporsi (615) perché il credito non è totalmente esigibile ancora. Potrebbe portare a nullità del precetto o a sospensione finché non viene colmato quel passaggio (giudici valutano se la clausola impone una comunicazione specifica).<br>– Clausole contrattuali nulle/abusive: esaminare il mutuo per tassi usurari, interessi di mora elevati, anatocismo occulto, penali eccessive, ecc. Se presenti, e soprattutto se il debitore è un consumatore, opporsi chiedendo di espungerle: es. tasso di mora > soglia -> interessi di mora nulli per usura, rideterminare il dovuto. Oppure clausola che deroga indebitamente a norme di tutela -> vessatoria, dunque non vincolante (Codice del Consumo). Il giudice può disapplicarle d’ufficio se rilevate . Ciò comporta riduzione dell’importo precettato. (È opposizione 615 sul quantum e/o opposizione tardiva al DI se quel mutuo fu già oggetto di DI).<br>– Tempi di prescrizione: la banca precetta spesso per rate scadute più capitale residuo. Le singole rate (quote capitale/interesti) si prescrivono in 10 anni dall’accoglimento o scadenza? Generalmente 10 anni dalla scadenza di ciascuna. Se il mutuo è stato risolto, parte dal momento della risoluzione l’intero. Difficile che qualcosa sia prescritto, ma se il mutuo è antico e la banca rimasta inerte per 10+ anni, eccepire prescrizione del credito. Opposizione 615.<br>– Eventuali sospensioni legali: es. se era prima casa e c’erano moratorie legali (tipo Covid, per un periodo le esecuzioni prima casa erano sospese per mutui in sofferenza), invocare quelle normative – per lo più non applicabili nel 2025 attuale.<br>– Errori di calcolo: mutui a tasso variabile mal ricalcolati, capitalizzazione non dovuta di interessi – con perizia contabile, opporsi mostrando che la somma pretesa è eccessiva. Si ottiene riduzione del precetto (non annullamento totale).<br>– Fideiussioni collegate: se sei garante e la fideiussione è nulla (es. fideiussione omnibus ABI censurata da Antitrust/Cassazione), opporsi eccependo nullità fideiussione (quindi manca titolo verso di te come garante). È in ambito 615 (diritto a procedere contro il garante).<br>– Consolidamento ipoteca fondiaria: se la banca fondiaria pignora prima di 10 giorni dall’iscrizione ipoteca, violando art. 39 TUB (vecchio), si può eccepire improcedibilità (teorico, ormai quell’articolo è abrogato, quindi non più applicabile nel 2025).
Altri titoli esecutivi (es: contratto di locazione con clausola ex art. 474 n.3 c.p.c., sentenza penale di condanna generica alle restituzioni, ecc.)– Alcuni contratti (locazione, comodato) redatti con atto pubblico possono essere titoli esecutivi per rilascio e/o per canoni. Anche alcune cambiali agrarie, titoli di credito speciali…<br>– Sentenze penali: la parte civile può precettare sul capo di condanna al risarcimento se la sentenza è definitiva.Verificare i requisiti legali per l’esecutorietà: es. contratto di locazione usato come titolo per precetto di canoni -> ammesso solo se fatto con atto pubblico o scrittura autenticata (altrimenti non vale). Opporsi se manca (615).<br>– Sentenza penale: se non definitiva, non eseguibile (va aspettato esito penale). Opporsi se precetto basato su condanna non irrevocabile. Se definitiva, trattarla come una sentenza civile.<br>– Titoli europei: se creditore precetta con “Titolo Esecutivo Europeo” o sentenza estera, controllare che sia munita delle certificazioni e formule necessarie. Se no, opposizione per mancanza di titolo regolare. Se sì, difese sul merito non possibili (già rese giudicato altrove), salvo ordine pubblico (casi estremi).

(Le situazioni sopra sono semplificate: la strategia va sempre adattata al caso concreto con l’aiuto di un legale. I riferimenti normativi sono al codice di procedura civile italiano e leggi correlate in vigore a Ottobre 2025.)

Esempi pratici di opposizione a precetto

Per comprendere meglio come si applicano nella realtà le strategie illustrate, ecco alcune simulazioni pratiche di casi (dal punto di vista del debitore) con l’indicazione di possibili azioni e sviluppi.

Caso 1: Precetto su sentenza di primo grado appellata
Tizio riceve un precetto di €50.000 basato su una sentenza di primo grado esecutiva, emessa dal Tribunale, che lo condannava a pagare tale somma. Tizio ha già proposto appello contro quella sentenza, sostenendo che il Tribunale ha erroneamente applicato la legge. L’appello è pendente ma la Corte d’Appello non ha ancora deciso sulla sospensiva.

Azioni possibili: Tizio, in questo scenario, difficilmente può contestare nel merito attraverso l’esecuzione perché la sentenza è provvisoriamente esecutiva per legge (non serve nemmeno la formula, ex art. 282 c.p.c.). La strategia corretta è richiedere alla Corte d’Appello la sospensione dell’esecuzione (c.d. sospensiva in appello). Se non l’aveva già fatto, deve farlo subito depositando un’istanza motivata (art. 283 c.p.c.), evidenziando il periculum (ad es. che subire un’esecuzione gli causerebbe danni irreparabili, come la vendita della casa) e il fumus (motivi d’appello seri). Nel frattempo, con il precetto in mano, Tizio potrebbe proporre un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 davanti al giudice dell’esecuzione (Tribunale) per chiedere intanto una sospensione urgente fino alla decisione della Corte. Tuttavia, molti giudici dell’esecuzione ritengono che la sede propria per sospendere l’esecuzione di una sentenza appellata sia la Corte d’Appello, e possono rigettare o dichiarare inammissibile l’istanza in sede esecutiva . Tizio potrebbe comunque tentare se la decisione d’appello tardasse. In ogni caso, il focus è: accelerare la richiesta di sospensiva in appello. Se la Corte gliela concede, Tizio la notificherà immediatamente al creditore intimante; a quel punto l’esecuzione dovrà fermarsi (il precetto resterà inefficace fino all’esito dell’appello). Se invece la Corte nega la sospensione, Tizio sa che dovrà pagare o subire l’esecuzione prima della fine del processo d’appello. In quell’eventualità, Tizio potrebbe cercare un accordo transattivo con il creditore (magari versare subito una parte in cambio di attendere l’esito dell’appello per il resto). Esito del caso: supponendo che la Corte d’Appello neghi la sospensiva, il creditore di Tizio procederà con pignoramento (ad es. pignorando un immobile di Tizio). L’opposizione all’esecuzione tentata da Tizio verrebbe rigettata (perché il titolo esecutivo c’è e non ci sono fatti sopravvenuti salvo l’appello pendente, che non basta) e Tizio verrebbe condannato alle spese. Se invece la Corte concede la sospensione, il creditore dovrà cessare l’azione: il precetto resta pendente ma “bloccato”. In tal caso, Tizio potrebbe chiedere al giudice dell’esecuzione, in via di conseguenza, di dichiarare improcedibile l’esecuzione iniziata per venir meno della provvisoria esecutorietà (il precetto decadrebbe poi trascorsi 90 giorni + sospensione).

Caso 2: Precetto con errori formali (mancata indicazione titolo e giudice)
Caia riceve un atto di precetto intimante €10.000. Nel precetto però si legge solo: “Caia è tenuta a pagare €10.000 oltre spese ed interessi, entro 10 giorni, avvertita che in difetto si procederà…” senza però specificare da dove nasce questo debito. Non viene menzionata alcuna sentenza o titolo esecutivo, né è allegato alcun documento. Inoltre, l’atto è redatto dall’avvocato di Sempronio (creditore) che però non indica il giudice competente per l’esecuzione né un domicilio a Caia, limitandosi a firmare.

Situazione: Caia praticamente non sa a cosa si riferisca il precetto. Questo precetto presenta evidenti vizi formali: manca l’indicazione del titolo esecutivo (violazione art. 480 comma 2 c.p.c. a pena di nullità) e manca l’indicazione del giudice competente (violazione comma 3, che però non sanziona con nullità ma attiva regole di competenza) . Azioni possibili: Caia deve proporre tempestivamente un’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. entro 20 giorni dalla notifica. Nel suo atto di citazione (essendo prima dell’esecuzione, opposizione “preventiva”) indicherà come giudice competente il Tribunale del luogo di notifica del precetto (supponiamo, il Tribunale di Roma, perché Caia risiede a Roma e lì ha ricevuto l’atto). Ciò in applicazione dell’art. 480 co.3 c.p.c., dato che Sempronio non ha indicato il foro competente . Caia dedurrà la nullità del precetto per omissione dell’indicazione del titolo esecutivo e conseguente lesione del suo diritto di difesa (non sa cosa pagare e perché). Chiederà quindi l’annullamento del precetto. Essendo un vizio palese e sostanziale, il giudice accoglierà l’opposizione: dichiarerà nullo il precetto per difetto di un requisito essenziale . Di riflesso, se Sempronio avesse iniziato un pignoramento basandosi su quel precetto, verrebbe travolto (ma nel caso, Caia avrebbe chiesto sospensione immediata, che le sarebbe stata concessa data la lampante fondatezza – fumus – e il pregiudizio incombente – periculum). Riguardo alla mancata indicazione del giudice competente, Caia potrebbe anche non doverla discutere: ai sensi di legge, la sua scelta di rivolgersi al Tribunale di Roma è considerata legittima e Sempronio dovrà subirla (anzi, le notifiche a Sempronio in questa opposizione andranno fatte in Cancelleria di Roma, dato che non ha eletto domicilio) . Esito del caso: il Tribunale di Roma, con sentenza (o ordinanza) accoglie l’opposizione e condanna Sempronio alle spese. Caia non deve pagare nulla in forza di quel precetto (Sempronio eventualmente potrà, se vuole ancora agire, notificare un nuovo precetto corretto, allegando magari finalmente il titolo – supponiamo fosse una scrittura privata – ma a quel punto Caia potrebbe opporsi nel merito se opportuno).

Caso 3: Precetto basato su cambiale mai protestata e scaduta da 4 anni
Ditta XYZ Srl riceve un precetto da Alfa Spa per €20.000, fondato su 5 pagherò cambiari sottoscritti da XYZ a garanzia di forniture non pagate. Tuttavia, tali cambiali – scadute nel 2020 – non furono protestate da Alfa. Inoltre Alfa le sta precettando nel novembre 2025, a oltre 4 anni dall’ultima scadenza. XYZ aveva avuto difficoltà, ma ora scopre questo precetto.

Analisi: Le cambiali costituirebbero un titolo esecutivo solo se protestate tempestivamente. Qui manca il protesto. Inoltre, è trascorso più di 3 anni: l’azione cambiaria diretta è prescritta . Azione: XYZ Srl, tramite avvocato, propone immediatamente opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. davanti al Tribunale competente (luogo dove è stata notificata, presumiamo lo stesso di sede di XYZ). Nell’opposizione deduce due motivi: (1) inesistenza del diritto di Alfa Spa a eseguire poiché le cambiali non furono protestate (non c’è titolo esecutivo perfezionato) e (2) in ogni caso l’azione cambiaria è prescritta essendo passati oltre 3 anni . Chiede, in via cautelare, la sospensione dell’esecuzione (anche se probabilmente Alfa non ha ancora pignorato, ma per prevenire atti in corso di causa). Il giudice fisserà udienza abbastanza celermente (visto che i motivi sono documentali). È molto probabile che conceda la sospensione immediata, almeno sulla base della prescrizione evidente (basta vedere date). In giudizio, Alfa Spa potrebbe controbattere in due modi: (a) sostenere che la mancata levata di protesto è stata sanata perché magari c’è una clausola “senza protesto” sulle cambiali – se così fosse, avrebbe dovuto però comunque allegare le cambiali con dichiarazione di mancato pagamento della banca; se non l’ha, è scoperta; (b) sostenere che il credito sottostante è comunque dovuto e agire come titolo causale – ma qui in sede esecutiva non può chiedere di bypassare il titolo cambiario e usare la causa, dovrebbe piuttosto autonomamente fare causa ordinaria. Il giudice dell’opposizione guarderà la lettera della legge cambiaria: prescrizione di 3 anni compiuta, protesto mancante. Quindi accoglierà l’opposizione, dichiarando che il precetto è inefficace perché il diritto cambiario non può più essere esercitato . Alfa Spa vedrà così annullato il suo precetto e dovrà rifare la trafila in via ordinaria (verosimilmente, cercherà di ottenere un decreto ingiuntivo su fatture – sempre che il credito non sia anch’esso in parte prescritto, perché se ultime fatture erano del 2020 la prescrizione commerciale è 5 anni, non ancora scaduta nel 2025, ma quasi). Intanto, XYZ Srl avrà guadagnato tempo e probabilmente non pagherà interessi cambiari (molto alti) ma eventualmente solo interessi legali sul credito di fornitura. E avrà risparmiato sui costi del precetto, posti a carico di Alfa. Esito: vittoria di XYZ per difetto di titolo esecutivo e prescrizione, spese legali a carico di Alfa. (Nota: se per assurdo Alfa avesse protestato tardivamente le cambiali – fuori tempo – comunque l’azione cambiaria diretta restava prescritta, quindi non cambiava molto. La prescrizione è il punto forte qui).

Caso 4: Precetto su mutuo fondiario con interessi di mora usurari
Il signor Mario ha un mutuo ipotecario con Banca Omega. A seguito di difficoltà economiche, non paga 3 rate. La banca gli invia la comunicazione di decadenza dal beneficio del termine e notifica un precetto intimandogli il pagamento dell’intero debito residuo di €100.000. Mario, esaminando il contratto di mutuo, nota che il tasso di mora previsto (sommando spread e penali) raggiunge il 3% mensile, che su base annua è superiore al tasso soglia antiusura. Nel precetto, infatti, la banca include €5.000 di “interessi di mora maturati”.

Analisi: Il precetto è formalmente corretto (la banca ha indicato il titolo – il contratto notarile – e ha seguito la procedura). Mario non contesta di essere in ritardo, ma ritiene che la banca stia chiedendo interessi usurari. Questo è un motivo che attiene al quantum del credito. Mario propone quindi opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. prima che inizino i pignoramenti. Nel ricorso (potrebbe optare per il rito semplificato data la materia tecnica) chiede al giudice di accertare che la clausola di interessi di mora è nulla per usura sopravvenuta e/o contraria all’art. 1815 cc. Fornisce magari un calcolo mostrando che il tasso di mora effettivo (sommando interessi corrispettivi e moratori come da Banca d’Italia) supera la soglia vigente alla data di stipula. Chiede quindi di detrarre tali interessi dal dovuto e, in via cautelare, di sospendere l’esecuzione limitatamente a quella parte (lui è disposto a pagare il capitale e interessi legali, ma non la penale usuraria). Il giudice esamina la questione: se appare fondata (magari produce la serie storica tassi soglia e il contratto che fissa 36% annuo di mora a fronte di soglia 20%), potrebbe concedere una sospensione parziale: sospende l’esecutività del titolo per gli interessi contestati , ferma restando la parte capitale. Ciò significa che Banca Omega, nel frattempo, potrebbe procedere ma solo per il capitale e interessi “leciti” – tuttavia, in pratica, di fronte a questa situazione, la banca potrebbe preferire attendere l’esito. Nel merito, il giudice con ogni probabilità dichiara nulla la clausola di interessi di mora per contrasto con la legge antiusura (Cass. 5286/2000: interessi convenuti oltre soglia sono nulli), e stabilisce che Mario deve gli interessi di mora al tasso legale (o nessun interesse di mora a seconda della tesi adottata – alcune pronunce dicono che l’interesse moratorio usurario va sostituito con interessi legali, altre dicono proprio zero interessi di mora). In ogni caso, l’importo dovuto risulterà inferiore a quello precettato. Il giudice quindi accoglie parzialmente l’opposizione: ridetermina il credito di Banca Omega ad esempio in €95.000 anziché €100.000, dichiarando il precetto e l’esecuzione efficaci solo fino a concorrenza di €95.000 . Spese legali: se Mario aveva contestato solo quell’aspetto e vince, probabilmente condannerà la banca alle spese (o, se considera che Mario comunque è inadempiente su capitale, potrebbe compensare parzialmente, ma siccome la banca ha “sbagliato” ad applicare usura, è probabile condanna). Esito: Mario ottiene uno sgravio di €5.000 e paga un debito ripulito da voci illegittime. L’esecuzione, se avviata, proseguirà per l’importo corretto. (Se la banca fosse molto rapida, potrebbe aver già pignorato, ma la sospensione parziale avrebbe vietato di mettere all’asta l’immobile per l’intero importo finché non si decideva; di solito comunque si aspettano decisioni del genere prima di proseguire con la vendita).

Caso 5: Precetto da più creditori e scelta della composizione della crisi
Il sig. Rossi, piccolo imprenditore individuale, riceve nel giro di un mese tre precetti: uno da una banca (10.000€ su scoperto di conto), uno da un ex fornitore (5.000€ su fatture, con decreto ingiuntivo non opposto) e uno dall’Agenzia delle Entrate Riscossione (cartella di 8.000€ per IVA). Rossi si rende conto che non è in grado di pagare tutti questi 23.000€ in breve tempo. Non ha motivi legali forti per opporsi: i debiti ci sono. È proprietario di un appartamento dove vive.

Analisi: Il sig. Rossi è chiaramente sovraindebitato. Opporsi giudizialmente a ciascun precetto per prendere tempo sarebbe costoso e con poche chance (non ci sono vizi o eccezioni sostanziali evidenti; al massimo potrebbe provare contestazioni minori sul decreto ingiuntivo o similari, ma niente che elimini il debito). Inoltre i creditori potrebbero aggredire la casa. Strategia alternativa: Rossi, essendo consumatore/imprenditore minore, può rivolgersi all’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) per avviare una procedura ex Legge 3/2012 (ora Codice crisi): ad esempio un Piano del Consumatore o un Accordo di ristrutturazione dei debiti. Rossi contatta l’OCC locale e prepara, con l’ausilio di un gestore della crisi, una proposta: magari pagare il 50% a tutti i creditori in 4 anni grazie al suo stipendio, salvando la casa. Appena presenta ricorso in tribunale per l’omologazione del piano, chiede al giudice le misure protettive di cui all’art. 54 CCII: ossia la sospensione di tutte le azioni esecutive individuali. Il tribunale – di solito – emette un decreto che vieta ai creditori di iniziare o proseguire esecuzioni per la durata della procedura (qualche mese). Rossi notifica questo provvedimento ai tre creditori (banca, fornitore, agente riscossione). Ciò comporta che eventuali pignoramenti minacciati non possano partire, e se erano partiti devono fermarsi. In effetti, i due creditori privati ancora non avevano pignorato (erano solo a stadio precetto), mentre l’agente riscossione magari aveva preavvisato di un fermo auto – ora non può attuarlo. In questo scenario, non c’è formale “opposizione a precetto” in tribunale civile: Rossi usa uno strumento concorsuale. Se però uno dei creditori ignorasse il divieto e tentasse comunque un’esecuzione, Rossi potrebbe in quel singolo caso fare opposizione all’esecuzione invocando come motivo il sopravvenuto divieto legale (il provvedimento del giudice concorsuale) . Verosimilmente non servirà, perché i creditori rispetteranno. Esito: se il piano di Rossi viene omologato – ad es. il tribunale gli riduce il debito del 30% – i precetti perdono efficacia perché sostituiti dal piano omologato. I creditori dovranno accontentarsi dei pagamenti nelle forme stabilite. Eventuali ipoteche o pegni resteranno, ma l’esecuzione individuale non riprende (salvo Rossi inadempia al piano in futuro). In sintesi, Rossi ha risolto con una soluzione globale: nessuna esecuzione immediata, dilazione e parziale falcidia del debito. Questo esempio dimostra che, a volte, la via negoziale/concorsuale è più efficace che fare tante opposizioni deboli. Rossi ha investito le sue risorse in un percorso di sovraindebitamento, anziché in cause dispersive.

Conclusioni

Opporsi a un atto di precetto richiede una valutazione attenta e tempestiva. Abbiamo visto che esistono vari strumenti tecnici (art. 615 e 617 c.p.c. in primis) per far valere sia ragioni di merito sul diritto del creditore, sia vizi formali dell’atto. La riforma del processo civile Cartabia 2022-2024 ha introdotto alcune novità importanti – come l’obbligo di indicare il giudice competente nel precetto, il rito semplificato possibile per introdurre l’opposizione, e la spinta alla tutela del consumatore su clausole abusive – di cui il debitore deve assolutamente tenere conto nella propria strategia difensiva aggiornata al 2025.

È fondamentale agire entro i termini: 20 giorni per eccepire vizi formali, idealmente entro 10 giorni (prima del pignoramento) per le contestazioni sostanziali. L’inerzia può significare perdere il diritto a contestare e subire l’esecuzione con poche chances di recupero. Viceversa, un’opposizione fondata e ben articolata può far risparmiare al debitore somme ingiustamente pretese, evitare la vendita di beni o quantomeno guadagnare tempo prezioso per riorganizzare le proprie finanze o trattare.

Dal punto di vista del debitore, è importante anche mantenere una visione d’insieme: l’opposizione al precetto è uno strumento potente ma va usato con cognizione di causa. Se la situazione debitoria è ampia e generalizzata, occorre considerare anche soluzioni alternative come accordi transattivi o procedure di composizione della crisi, che offrono uno scenario di trattativa con i creditori evitando una proliferazione di cause. Spesso, come abbiamo illustrato con esempi, avviare un piano di rientro globale può bloccare tutte le esecuzioni e portare a un esito più sostenibile.

In ogni caso, un debitore che decide di opporsi a un precetto dovrebbe farsi assistere da professionisti qualificati (avvocati specializzati, eventualmente consulenti finanziari o OCC se del caso), perché la materia intreccia aspetti processuali complessi con valutazioni economico-finanziarie. Bisogna soppesare costi e benefici: un’opposizione vittoriosa può alleggerire il debito e salvare beni, ma un’opposizione pretestuosa può semplicemente aggiungere ulteriori spese a carico del debitore.

In conclusione, “opporsi a un atto di precetto” oggi significa muoversi in un terreno tecnico dove il legislatore e la giurisprudenza hanno cercato un equilibrio tra il diritto del creditore ad essere soddisfatto e il diritto del debitore ad un’esecuzione equa e rispettosa della legge. Con le strategie aggiornate al 2025, il debitore ha a disposizione tutti gli strumenti di difesa per far valere i propri diritti: dalle nullità formali (come l’omissione di elementi essenziali del precetto ), alle eccezioni di merito più sofisticate (come l’abusività di clausole contrattuali o la prescrizione dei titoli ), fino alle procedure concorsuali protettive. Usare questi strumenti in modo coordinato e tempestivo può davvero fare la differenza tra subire passivamente un’esecuzione e ottenere invece giustizia ed equilibrio nell’adempimento delle proprie obbligazioni.

Fonti normative e giurisprudenziali (aggiornate a ottobre 2025)

  • Codice di procedura civile, artt. 474, 480, 481, 482, 615, 616, 617, 618, 618-bis c.p.c. – (Disciplina dei titoli esecutivi, del precetto, delle opposizioni esecutive e relative forme) .
  • Riforma Cartabia 2022-2023: D.lgs. 149/2022 e D.lgs. 54/2023, D.lgs. 162/2022, D.lgs. 164/2024 – (Interventi di modifica al processo civile, in particolare sull’esecuzione forzata: obbligo indicazione giudice nel precetto, eliminazione nota di iscrizione a ruolo, possibilità rito semplificato) .
  • Legge 3/2012 e Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.lgs. 14/2019), artt. 54-60 CCII – (Procedure da sovraindebitamento per consumatori e piccoli imprenditori, misure protettive contro esecuzioni) .
  • Testo Unico Bancario, art. 41, 120-quater TUB – (Norme su esecuzione immobiliare fondiaria, termini, sospensioni e composizione negoziata).
  • Legge Cambiaria (R.D. 1669/1933), artt. 1-100 – (Disciplina di cambiali e vaglia cambiari: requisiti, protesto, prescrizioni) .
  • Legge Assegno (R.D. 1736/1933), artt. 45-66 – (Disciplina degli assegni bancari: termini di presentazione, protesto/dichiarazione equivalente, prescrizione di 6 mesi) .
  • Legge 108/1996 (Anti-usura) e art. 1815 c.c. – (Interessi usurari e nullità delle relative clausole: applicazione a interessi moratori nei mutui).
  • Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005), artt. 33-36 – (Clausole vessatorie nei contratti con consumatori: possibilità di rilevo d’ufficio e conseguenze sui titoli esecutivi) .
  • Cass., Sezioni Unite, 6 aprile 2023, n. 9479 – (Principio di diritto: il giudice dell’esecuzione deve controllare d’ufficio l’eventuale carattere abusivo delle clausole nel contratto da cui origina un decreto ingiuntivo non opposto e, se il DI non motiva su ciò, avvisare il consumatore della facoltà di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. limitata a far accertare l’abusività) .
  • Cass., Sez. III, 26 luglio 2022, n. 23343 – (Omissione dell’avvertimento sul sovraindebitamento ex art. 480 co.2 c.p.c.: costituisce mera irregolarità e non determina nullità del precetto, mancando espressa sanzione e non essendo la norma a presidio di un diritto processuale del debitore) .
  • Cass., Sez. I, 22 luglio 2024, n. 20238 – (Precetto “per eccesso”: l’indebita inclusione di somme non dovute non comporta nullità integrale del precetto, ma solo riduzione parziale dell’intimazione all’importo effettivamente dovuto; il precetto resta valido per la parte dovuta e spese correlate) .
  • Cass., Sez. III, 7 agosto 2024, n. 22302 – (Competenza territoriale in opposizione a precetto: se il creditore nel precetto elegge domicilio in un circondario dove non prova l’esistenza di beni del debitore, l’elezione è inidonea a radicare la competenza; il debitore può proporre opposizione al giudice del luogo di notifica del precetto. Onere del creditore dimostrare che nel luogo eletto vi erano beni pignorabili) .
  • Cass., Sez. III, 26 gennaio 2022, n. 1928 – (Principio del raggiungimento dello scopo: il precetto privo di qualche elemento formale può essere ritenuto valido se ha comunque raggiunto la sua funzione informativa, come nel caso di mancata indicazione data notifica DI, quando il debitore ne era comunque a conoscenza – orientamento però pre-Cartabia, da coordinare con norme attuali) .
  • Cass., Sez. III, 30 gennaio 2013, n. 2160 – (Consolidata: in caso di pagamento parziale intervenuto, l’eccessività della somma precettata comporta solo la riduzione dell’intimato, non la nullità totale) .
  • Cass., Sez. II, 28 gennaio 2020, n. 1928 – (Esempio applicativo: precetto valido se ha raggiunto lo scopo anche se manca la data di notifica dell’ingiunzione, ritenuta irregolarità non invalidante in quel caso) .
  • Cass., Sez. I, 13 ottobre 2020, n. 21711 – (Sulla nullità delle fideiussioni ABI: il debitore fideiussore può opporsi all’esecuzione se il titolo è un contratto di fideiussione nullo per anticoncorrenzialità – tematica di legittimità di clausole contrattuali applicabile in opposizione).
  • Tribunale di Marsala, Sent. 26 gennaio 2024 n. 64 – (Ha affrontato un caso di omesso avvertimento sul sovraindebitamento ex art. 480 co.2: confermando l’orientamento di Cass. 2022, ha ritenuto l’omissione non comportare nullità sostanziale, in linea con Cass. 23343/2022).
  • Corte Appello di Milano, Sent. 18 luglio 2023 n. 2343 – (Ha applicato i principi di Cass. SU 9479/2023: il debitore-consumatore che in opposizione all’esecuzione deduce clausole abusive va rimesso al giudice competente tramite riqualificazione in opposizione tardiva; indicato che deve qualificarsi come consumatore e specificare le clausole contestate) .
  • Cass., Sez. III, 19 ottobre 2012, n. 20254 – (In tema di assegno postdatato: riconosciuta la nullità come titolo esecutivo se privo di bollo, trattandosi in sostanza di pagherò camuffato – pronuncia spesso citata per opporre precetti su assegni postdatati).
  • Cass., Sez. III, 22 febbraio 2013, n. 4564 – (Precisa che la sospensione ex art. 615 co.1 ha natura cautelare atipica e l’ordinanza è reclamabile ex art. 669-terdecies c.p.c., integrando un provvedimento su istanza di parte in corso di causa) .
  • Cass., Sez. III, 13 maggio 2011, n. 10590 – (Competenza: se creditore elegge domicilio fuori luogo di esecuzione senza indicare beni, l’opposizione può radicarsi altrove; consolidamento su eccezioni di competenza in opposizione a precetto).
  • Massimario della Cassazione (Rel. 2022) – (Ribadisce: omissione indicazione giudice nel precetto, introdotta da D.lgs. 149/2022, non è sanzionata da nullità ma comporta applicazione foro di notifica e notifiche in cancelleria) (orientamento dottrinale e giurisprudenziale emergente nel 2023-24).

Hai ricevuto un atto di precetto che ti intima di pagare entro pochi giorni una somma di denaro? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai ricevuto un atto di precetto che ti intima di pagare entro pochi giorni una somma di denaro?
👉 È l’ultimo avviso prima dell’esecuzione forzata: se non agisci subito, il creditore può procedere con pignoramento di conto, stipendio o beni.

In questa guida scoprirai quando e come opporsi ad un atto di precetto, quali sono le strategie legali più efficaci e come sospendere immediatamente l’esecuzione.


💥 Cos’è un Atto di Precetto

L’atto di precetto è un’intimazione di pagamento con cui il creditore, munito di titolo esecutivo, ti ordina di saldare il debito entro 10 giorni.
Se non paghi, può avviare subito il pignoramento o altre misure esecutive.

📌 È regolato dall’art. 480 del Codice di Procedura Civile e rappresenta l’ultimo passo prima dell’esecuzione forzata.


⚖️ Quando è Legittimo

Il precetto è valido solo se:

  • il creditore dispone di un titolo esecutivo valido, come:
    • una sentenza o decreto ingiuntivo esecutivo;
    • una cartella esattoriale o avviso di addebito INPS;
    • un assegno protestato, cambiale o contratto notarile;
  • l’atto è notificato correttamente al debitore;
  • sono rispettati i termini di legge tra la notifica del titolo e quella del precetto (almeno 10 giorni).

📌 Se manca uno di questi elementi, il precetto è irregolare o nullo e può essere impugnato immediatamente.


⏱️ Quando e Come Opporsi

Hai 10 giorni di tempo dalla notifica del precetto per:

  • pagare la somma richiesta;
  • oppure presentare opposizione al giudice competente (art. 615 o 617 c.p.c.).

📌 Trascorso questo termine, il creditore può procedere direttamente con il pignoramento.


💠 Tipi di Opposizione Possibili

1️⃣ Opposizione all’Esecuzione (art. 615 c.p.c.)

Si utilizza quando contesti il diritto del creditore a procedere all’esecuzione.
Puoi opporre:

  • prescrizione del credito;
  • pagamento già effettuato;
  • mancanza o invalidità del titolo esecutivo;
  • estinzione o sospensione del debito per accordi o sentenze successive.

📌 Il giudice può sospendere l’efficacia del precetto e bloccare l’esecuzione in tempi rapidissimi.


2️⃣ Opposizione agli Atti Esecutivi (art. 617 c.p.c.)

Serve per contestare errori formali o vizi procedurali nell’atto di precetto, come:

  • notifica irregolare o all’indirizzo sbagliato;
  • errori nell’importo richiesto;
  • mancata indicazione del titolo esecutivo;
  • omissione dei termini di pagamento.

📌 Deve essere proposta entro 20 giorni dalla notifica del precetto.


3️⃣ Opposizione per Prescrizione o Pagamento

Puoi chiedere l’annullamento se:

  • il debito è prescritto (ad esempio: 5 anni per utenze, 10 per mutui e sentenze);
  • hai già saldato in tutto o in parte;
  • il creditore ha calcolato importi maggiori o aggiunto interessi illegittimi.

📌 Presentando la prova del pagamento o della prescrizione, il giudice può dichiarare nullo l’atto di precetto.


4️⃣ Istanza di Sospensione Urgente

Se il creditore minaccia di procedere con pignoramento immediato, puoi chiedere la sospensione in via cautelare.
Il giudice valuta:

  • la fondatezza dell’opposizione;
  • l’urgenza e il rischio di danno grave;
  • la regolarità del titolo esecutivo.

📌 Se la sospensione viene accolta, tutti gli effetti del precetto si fermano subito.


🧾 I Documenti da Raccogliere

Per preparare un’opposizione efficace, raccogli subito:

  • copia dell’atto di precetto ricevuto;
  • copia del titolo esecutivo allegato (sentenza, decreto, cartella, cambiale, ecc.);
  • prova dei pagamenti o degli accordi con il creditore;
  • eventuali comunicazioni bancarie o giudiziarie;
  • notifiche PEC o raccomandate ricevute.

📌 Tutti questi documenti servono all’avvocato per verificare se il titolo è valido e se puoi bloccare l’esecuzione.


⏱️ I Tempi della Procedura

  • Opposizione urgente: il giudice può decidere la sospensione in 24–48 ore;
  • Prima udienza: in genere entro 30–45 giorni;
  • Sentenza definitiva: in 6–12 mesi, a seconda del Tribunale.

📌 Durante la sospensione cautelare, nessun pignoramento può essere avviato o proseguito.


⚖️ Gli Effetti di una Buona Opposizione

✅ Sospensione immediata dell’atto di precetto.
✅ Annullamento del titolo o del debito prescritto.
✅ Riduzione o correzione degli importi richiesti.
✅ Recupero delle somme eventualmente già versate.
✅ Tutela del reddito, del conto e dei beni personali.


🚫 Errori da Evitare

❌ Ignorare il precetto sperando che “non succeda nulla”.
❌ Pagare subito senza verificare la legittimità dell’atto.
❌ Non controllare la notifica o la validità del titolo.
❌ Agire tardi: dopo il pignoramento, difendersi è più difficile.

📌 Le prime 48 ore dopo la notifica sono decisive per fermare tutto.


🛡️ Come può aiutarti l’Avv. Giuseppe Monardo

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📌 Ti consiglia la strategia più efficace: opposizione, sospensione o ricorso urgente.
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⚖️ Ti rappresenta davanti al Tribunale per far valere i tuoi diritti.
🔁 Ti assiste fino alla cancellazione definitiva dell’atto e alla chiusura della posizione.


🎓 Le Qualifiche dell’Avv. Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto dell’esecuzione forzata e riscossione.
✔️ Specializzato in opposizioni a precetti, pignoramenti e cartelle esattoriali.
✔️ Gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto presso il Ministero della Giustizia.


Conclusione

Ricevere un atto di precetto non significa che tutto sia perduto.
Con una difesa tempestiva e ben impostata, puoi bloccare l’esecuzione, contestare gli errori e proteggere il tuo conto e i tuoi beni.

⏱️ Il tempo è la chiave: agisci subito per difendere i tuoi diritti.

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