Hai sentito parlare della ex Legge 3/2012 – oggi integrata nel Codice della Crisi – ma non sai da dove iniziare né a chi rivolgerti per chiedere aiuto? Ti trovi in una situazione di sovraindebitamento, non riesci più a pagare le rate o sei sommerso da cartelle, prestiti, bollette arretrate?
La prima cosa da sapere è che non sei solo, e soprattutto non devi affrontare tutto da te. Ma per ottenere i benefici della procedura – tra cui la riduzione, la ristrutturazione o addirittura la cancellazione dei debiti – è fondamentale affidarsi ai professionisti giusti.
Chi può aiutarti a presentare la domanda e a seguire la procedura passo dopo passo?
Hai due strade:
- Gli OCC – Organismi di Composizione della Crisi, previsti dalla legge, presenti su tutto il territorio nazionale. Si tratta di enti pubblici o privati abilitati che mettono a disposizione un gestore della crisi. Hanno un ruolo tecnico, ma spesso non forniscono assistenza personalizzata nelle fasi più delicate.
- Un avvocato esperto in sovraindebitamento, che può affiancarti sin da subito, preparare tutta la documentazione, interfacciarsi con l’OCC, proteggere i tuoi interessi e costruire la strategia più efficace per ottenere l’esdebitazione.
Perché rivolgersi a un avvocato, se esiste l’OCC?
Perché la procedura non è semplice: serve preparare relazioni, elenchi dei debiti, bilanci familiari, documentazione bancaria e reddituale, e poi affrontare eventuali osservazioni dei creditori e del giudice. Un avvocato ti aiuta a:
- evitare errori che potrebbero farti perdere mesi di tempo;
- scegliere la procedura giusta (piano del consumatore, liquidazione controllata, concordato minore…);
- gestire ogni fase con la sicurezza di essere seguito da un professionista che tutela solo te.
In questa guida, lo Studio Monardo – avvocati specializzati in diritto della crisi e sovraindebitamento – ti spiega a chi puoi rivolgerti per accedere alla ex Legge 3/2012, quale figura scegliere in base al tuo caso e cosa possiamo fare per aiutarti a uscire davvero dai debiti, in modo legale e definitivo.
Hai bisogno di aiuto concreto e vuoi evitare che la tua domanda venga respinta per un errore formale? Vuoi essere seguito da un professionista che pensa solo al tuo interesse?
Alla fine della guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo: valuteremo la tua situazione debitoria, ti diremo se hai i requisiti per accedere e ti accompagneremo in ogni passaggio per arrivare all’omologazione e liberarti una volta per tutte dai tuoi debiti.
Introduzione
La disciplina del sovraindebitamento è stata profondamente riformata dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12/1/2019, n. 14, entrato in vigore nel luglio 2022), che ha recepito e aggiornato le procedure dell’ex L. 3/2012 per i soggetti non fallibili. In particolare, il Codice ha mantenuto i tre istituti fondamentali: il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (artt. 67-68 CCII), il concordato minore (succedaneo dell’accordo di composizione della crisi, artt. 71 ss. CCII) e la liquidazione controllata del patrimonio (artt. 268 ss. CCII). Questi strumenti mirano a dare al debitore sovraindebitato una nuova opportunità, consentendogli di pagare i debiti in base alle proprie possibilità e di ottenere, in caso di esito positivo, l’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui).
Riforma 2022 e modifiche successive. Con il D.Lgs. 17 giugno 2022 n. 83 (attuazione della Direttiva UE 1023/2019) sono state apportate le ultime modifiche al Codice prima della sua entrata in vigore definitiva (15/7/2022). Il legislatore italiano ha così adeguato la normativa (es. introducendo il “concordato semplificato” o “concordato minore” in sostituzione dell’accordo), garantendo un regime transitorio: le procedure pendenti al 15 luglio 2022 continuano ad essere regolate dalla Legge 3/2012. Successivamente, con il D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136 sono intervenute disposizioni integrative e correttive (in vigore dal 28/9/2024) per perfezionare la disciplina del Codice. In sintesi, le novità 2022-2024 hanno confermato la struttura di base degli istituti, semplificato alcuni aspetti procedurali e adeguato le regole al modello europeo e alle esigenze di prassi.
Procedura e destinatari. I beneficiari degli istituti ex L. 3/2012 sono i soggetti non fallibili (persone fisiche e imprese “piccole”). In particolare:
- Il piano del consumatore si rivolge al consumatore (persona fisica non imprenditore) indebitato con ogni tipologia di debiti (esclusi quelli alimentari e gli arretrati contributivi previdenziali).
- Il concordato minore è destinato agli imprenditori sotto soglia fallimentare (aziende familiari, artigiani, piccole PMI con fatturato/attivo inferiore ai limiti di legge) e ai soci illimitatamente responsabili di ditte collettive, che vogliano ristrutturare i debiti con i creditori in forma concordataria.
- La liquidazione controllata può essere richiesta da qualsiasi debitore non fallibile (p. es. imprenditore individuale sotto soglia o incapiente) che non intenda o non possa presentare proposta di ristrutturazione, e prevede la cessione del patrimonio per soddisfare i creditori (fa convergere in un unico procedimento eventuali esecuzioni in corso).
Ciascuna procedura ha requisiti propri (soggettivi e oggettivi) e effetti specifici. In tutti i casi il debitore deve trovarsi in uno stato di sovraindebitamento effettivo, ossia uno squilibrio fra oneri e risorse tali da rendergli gravoso pagare i debiti. Bisogna inoltre dimostrare di non aver causato lo squilibrio con colpa grave o frode (requisito di meritevolezza, più accentuato nella prassi). Le procedure del Codice hanno conservato l’impronta “favor debitoris” della legge originaria: il debitore presenta la domanda al tribunale mediante un Organismo di Composizione della Crisi (OCC), allegando gli elementi patrimoniali, reddituali, familiari e causali dell’indebitamento. Il giudice valuta la completezza della documentazione e, per i piani e accordi, autorizza eventuali misure protettive (parziale sospensione dei creditori, autorizzazioni a compiere determinati atti) e fissa l’udienza di omologazione.
Procedure previste dal Codice
1. Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (artt. 67-68 CCII)
Il piano del consumatore è la procedura più utilizzata per i debitori privati. Consiste nell’elaborazione – su base attestata da professionista – di un piano di rientro coerente con le possibilità del debitore e compatibile con il pagamento prioritario di alcuni creditori preminenti. Il debitore (o i membri conviventi della famiglia) redige un progetto che illustra redditi, spese, patrimoni e proposte di dilazione dei debiti, poi lo deposita presso l’OCC territorialmente competente. Il Gestore della crisi (professionista delegato) verifica l’ammissibilità, ne valuta la fattibilità e invia la proposta ai creditori. Le principali caratteristiche sono:
- Soggettività: riservato ai consumatori o alle famiglie di consumatori. Non possono accedervi gli imprenditori (purché abbiano attività regolare) né chi abbia già richiesto il concordato preventivo o fallimentare.
- Contenuto della proposta: può prevedere la ristrutturazione dei debiti (rateizzazione, sconti, moratorie anche sui mutui, cessione di beni, ecc.) nel rispetto del criterio di soddisfare almeno in parte (o integralmente) i creditori privilegiati/preferiti (ad es. Erario, INPS, etc.). È ammesso proporre una falcidia (riduzione) dei debiti, purché motivata dalla situazione economica.
- Esdebitazione automatica: in caso di omologa e regolare esecuzione, il consumatore ottiene automaticamente la cancellazione dei debiti non pagati (esdebitazione) senza doverne fare esplicita domanda.
- Iter procedimentale: dopo il deposito, il giudice deve convocare l’udienza d’esame (senza voto dei creditori). Se il piano è completo, coerente e rispetta i vincoli normativi, il tribunale emette sentenza di omologazione. Durante la fase esecutiva, il Gestore verifica la correttezza dei pagamenti rateali. Eventuali inosservanze gravi o sopravvenute incompatibilità (es. nuove erogazioni non contabilizzate) possono comportare la revoca dell’omologa, come chiarito dal Tribunale di Bologna. Ad esempio, il Tribunale di Bologna ha revocato un piano omologato perché il debitore aveva contratto nuovi finanziamenti in corso d’esecuzione, sottraendo liquidità utile al piano.
Giurisprudenza in tema di piano del consumatore: la Corte di Cassazione con recente ordinanza ha precisato che, una volta omologato, il piano del consumatore si stabilizza in giudicato fra le parti, con rafforzamento dell’effetto di tutela che ne deriva. Se sorge contestazione (es. reclamo avverso rigetto dell’omologazione o ex parte dell’omologa già pronunciata), il giudizio è “decisorio” e può essere impugnato in Cassazione; invece, un semplice provvedimento di inammissibilità della proposta non consente ricorso in Cassazione perché manca di decisorietà tra posizioni contrapposte. Per esempio, la Cass. civ. n. 30529/2024 ha stabilito che se l’accordo (ora concordato minore) si ferma a una decisione di inammissibilità, non vi è giudicato formatosi e quindi non è impugnabile. Pur riferendosi all’accordo, il principio si applica analogicamente anche al piano del consumatore omologato.
2. Concordato minore (ex “accordo di composizione della crisi”) (artt. 71 e ss. CCII)
Il concordato minore è la procedura ora dedicata agli imprenditori sovraindebitati di piccole dimensioni. In pratica sostituisce l’antico “accordo di composizione dei debiti” previsto dalla L. 3/2012. I suoi punti salienti sono:
- Soggetti: si rivolge agli imprenditori commerciali e agricoli che non rientrano nel fallimento (tipicamente fatturato annuo ≤ 2 milioni e attivo ≤ 1 milione, o analoghi limiti previsti dal codice fallimentare) e alle persone fisiche titolari di partita IVA. Ne sono esclusi i consumatori e i professionisti non-imprenditori. Possono accedervi anche i soci illimitatamente responsabili di società di persone, per la propria posizione personale.
- Proposta e voto: il debitore presenta al tribunale una proposta di concordato che può prevedere una continuità aziendale (piano di ristrutturazione con prosecuzione dell’attività) o una liquidazione (cessione del patrimonio aziendale). I creditori vengono chiamati a votare la proposta: essa è omologata se raggiunge la maggioranza dei crediti (o percentuali definite dal Codice). A differenza del piano del consumatore, qui il ruolo del tribunale è più giudiziale, il voto dei creditori è vincolante e si applicano gran parte delle regole del concordato preventivo “classico” (artt. 84-89 CCII).
- Eleggibilità: è prevista anche la possibilità, laddove opportuno, di far accedere il debitore al concordato minore dopo aver esperito la composizione negoziata (art. 25-sexies CCII) o addirittura a seguito di richiesta di liquidazione da parte di un creditore/P.M. (art. 72 CCII).
- Esdebitazione: al termine positivo, come per ogni concordato, il debitore ottiene l’esdebitazione dei debiti residui. Nel concordato minore “con riserva”, qualora l’attivo realizzato sia inferiore a quanto pattuito, il debitore può pagare la differenza in misura ridotta per ottenere comunque l’esdebitazione prevista.
Questa procedura è più complessa e costosa (richiede la redazione del ricorso, progetto di concordato, nomina di un commissario giudiziale e di un attestatore, assemblea dei creditori, ecc.). Rimane tuttavia uno strumento privilegiato per le microimprese in crisi, poiché consente di coinvolgere direttamente i creditori e di prevedere opzioni di ristrutturazione flessibili. Grazie agli adeguamenti del 2022, la sua disciplina è ora meglio coordinata con il rimanente corpus del CCII.
3. Liquidazione controllata del patrimonio (artt. 268 e ss. CCII)
La liquidazione controllata è la procedura fallimentare semplificata dedicata ai soggetti sovraindebitati, i cui beni vengono affidati a un liquidatore controllato per soddisfare i creditori. Essa sostituisce e razionalizza la precedente “liquidazione del patrimonio” ex L. 3/2012.
Caratteristiche principali:
- Soggetti: è aperta a qualsiasi debitore non fallibile (sia consumatore che imprenditore), qualora la presentazione del piano/accordo non sia praticabile o sia stata rigettata. Non esiste una soglia minima di debito, ma l’apertura è ammessa solo se esistono beni o redditi da liquidare. In mancanza di attivo (beni o redditi) si ritiene inammissibile l’istanza.
- Effetti: al decreto di apertura, scatta automaticamente il blocco di tutte le procedure esecutive sul patrimonio del debitore (anche in assenza di specifiche misure protettive). Contestualmente il debitore perde la disponibilità dei beni (ma può conservare quelli indispensabili alla propria vita e famiglia). Viene nominato un liquidatore (professionista) che realizza l’attivo del patrimonio (ad es. vendendo immobili, liquidando titoli o attività) e provvede a un riparto ai creditori secondo le quote legali.
- Assenza di proposta: diversamente dal concordato, il debitore non deve predisporre una proposta per i creditori né ottenere votazioni: il giudice decide l’apertura basandosi sulla consistenza del patrimonio e sulla dichiarazione di sovraindebitamento. In pratica, la liquidazione controllata equivale a un fallimento agevolato, pensato per «limitare il costo dell’insolvenza».
- Esdebitazione: a chiusura della procedura, se il debitore ha collaborato con onestà ed esaurito il suo patrimonio, gli vengono cancellati i debiti residui (esdebitazione), purché non sussistano fatti dolosi o colposi che giustifichino l’esclusione dalla beneficiabilità (artt. 275-279 CCII). L’esdebitazione non è automatica come nel concordato, ma è condizionata al buon esito dell’intera liquidazione.
Aspetti pratici: per il debitore la liquidazione controllata è spesso l’ultima spiaggia. Dal punto di vista procedurale, richiede unicamente la domanda al tribunale e la collaborazione con il liquidatore. Dal lato costi, il liquidatore ha diritto a un compenso proporzionale all’attivo realizzato (es. tariffe predeterminate per percentuali sugli incassi, più eventuali rimborsi spese) e le spese di giustizia (fisso di iscrizione a ruolo e contributo unificato). Non essendovi proposta, non si discute sul merito dell’accordo: il giudice accerta solo i presupposti soggettivi/oggettivi (sovraindebitamento e presenza di beni). In mancanza di effettivo attivo, giurisprudenza di merito (p.es. Trib. Milano 10 ott. 2024) ha ribadito che l’apertura è inammissibile. Dunque un esito possibile è la “non accoglienza” dell’istanza nel caso in cui il debitore non abbia valori realizzabili.
Tavole riepilogative
Per chiarezza espositiva, di seguito una tabella riassuntiva delle principali procedure (ex L.3/2012) con i requisiti generali, tempi e costi indicativi:
Procedura | Soggetti ammissibili | Debiti ammessi/Esclusi | Tempi indicativi* | Costi indicativi* |
---|---|---|---|---|
Piano del consumatore (art.67 ss.) | Solo consumatori o famiglie di consumatori (senza P.IVA) | Tutti i debiti privati (crediti chirografari e prelatizi). No pignoramenti: vige il “pignoramento sospeso”, in base all’ordine legale. | 6–18 mesi: redazione piano + fase istruttoria e udienza di omologazione. | Spese di professionisti: compenso del gestore ~ 15% del totale debiti circa; bollo, diritti di segreteria e oneri vari (sedi OCC). |
Concordato minore (art.71 ss.) | Imprenditori sub-soglia fallimento (piccole imprese), soci illimitati, professionisti** con P.IVA** | Debiti aziendali e personali del titolare; generalmente ammessi tutti i creditori con graduazione legale. | 6–12 mesi: istruttoria, assemblea creditori, omologa. | Costi elevati: pareri e attestazioni (~2-3% dell’attivo proposto), compensi commissario, contributo unificato (legale). |
Liquidazione controllata (art.268 ss.) | Qualsiasi debitore non fallibile (anche consumatore)** | Debiti residui (saranno liquidati in proporzione all’attivo). In pratica, tutti i creditori inseriti nella procedura. | 12–24 mesi: scioglimento attivo; dipende dalla complessità. | Compenso liquidatore proporzionale all’attivo realizzato (aliquota crescente); contributo di iscrizione e spese processuali. |
(Esdebitazione dell’incapiente) | Persona fisica con zero redditi e beni mobili iscritti all’anagrafe (art. 39 CCII). | Tramite procedura semplificata senza liquidazione attiva. | Breve: pochi mesi dall’ammissione. | Spese ridotte: contributo unificato, possibili parcelle forfettarie. |
*I tempi e costi sono indicativi e dipendono dalla complessità e dall’operato delle parti. Potrebbero variare significativamente in base al caso specifico.
Requisiti soggettivi: In generale il debitore deve essere “meritevole” (non essersi volutamente sovraindebitato) e non già fallito. Ad esempio, il concordato minore esclude i soggetti in contenzioso fallimentare e i consumatori, mentre il piano consumatore è riservato ai soli soggetti di natura familiare o singoli privati senza attività imprenditoriale. I tribunali verificano anche l’esistenza di una procedura concorsuale in corso (fallimento, concordato preventivo): se fosse pendente un’altra procedura, le vie ex sovraindebitamento non sarebbero accessibili.
Requisiti oggettivi: Il requisito oggettivo principale è lo squilibrio economico-patrimoniale: il giudice valuta le possibilità reali di rimborso (affidandosi ai dati reddituali e patrimoniali portati dal debitore). Non è richiesto un debito minimo, ma è fondamentale che vi sia almeno la capacità di procedere a una qualche liquidazione o ristrutturazione (in sua assenza, la domanda è inammissibile). Ad esempio, come confermato in giurisprudenza di merito, una liquidazione controllata senza beni né redditi prospettici è inammissibile. In caso di crisi temporanea invece è possibile ottenere misure protettive per superarla nel piano o nel concordato.
Aspetti pratici e operativi
Come e dove fare domanda: Il debitore si rivolge innanzitutto a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) – professionisti iscritti in appositi registri – competenti per territorio (tipicamente le Camere di Commercio). L’OCC verifica in via preliminare i requisiti formali e sostanziali e nomina un professionista (avvocato, commercialista, notaio) come Gestore della crisi o Amministratore giudiziario. Quest’ultimo affianca il debitore per predisporre la documentazione necessaria (relazione, progetto, istanze) e poi trasmette la domanda al Tribunale. In fase di prima udienza, il giudice accerta la regolarità degli atti e fissa i termini per l’istruzione; per piani e accordi può coinvolgere attivamente i creditori.
Durata delle procedure: Non esistono termini fissi per la decisione. In media:
- Piano del consumatore: 6–12 mesi per completare l’esame e l’omologa, ma in caso di contestazioni o lungaggini procedurali può protrarsi fino a 18 mesi.
- Concordato minore: circa 8–12 mesi, incluse convocazione e voto dei creditori; l’iter può dilatarsi se emergono opposizioni o criticità (in tal caso il tribunale valuta le modifiche o decide sull’istanza).
- Liquidazione controllata: varia molto. L’apertura si decide in pochi mesi dall’istanza, ma la liquidazione vera e propria può richiedere 1–2 anni, a seconda del numero di beni da cedere e di procedure esecutive concomitanti.
Costi prevedibili: Le spese complessive includono contributi unificati, diritti di segreteria, spese di notificazione e parcelle professionali (gestore/commissario e amministratore giudiziario). In generale, il Codice fissa importi forfettari o percentuali massime: ad es. il Gestore di un piano consumatore ha diritto a un compenso proporzionale all’ammontare dei debiti ristrutturati (solitamente intorno al 10-15%). Nel concordato minore si applicano tariffe simili a quelle del concordato preventivo (perfezionare progetto, relazioni, assemblee). Nella liquidazione controllata il liquidatore percepisce percentuali in base alla fascia dell’attivo realizzato (es. 7% fino a 10k€, 5% oltre). Lo Stato poi fissa i contributi di iscrizione a ruolo (forfettari, nell’ordine di qualche centinaio di euro) e i bolli sui documenti.
Domande frequenti (FAQ)
- Chi può accedere alle procedure ex L. 3/2012?
Possono accedervi i soggetti non fallibili: consumatori, persone fisiche e imprese di piccola dimensione sotto i limiti di fallibilità. In generale, se hai P.IVA entri nel concordato minore o liquidazione, se no nel piano consumatore (o liquidazione). L’unico profilo di esclusione assoluta è il fallimento o concordato preventivo già pendente nei tuoi confronti. - Che debiti posso includere?
In linea di massima tutti i debiti privati del debitore (mutui, prestiti, debiti con fornitori, canone di locazione, oneri fiscali, bollette, prestiti personali, ecc.) possono rientrare. Sono esclusi i debiti alimentari (mantenimento di figli o coniuge), i crediti da prestazione professionale precedenti alla procedura (questi si pagano fuori procedura) e i debiti scaduti per contravvenzioni/illeciti. In alcune procedure (es. concordato) si possono discutere anche debiti tributari con trattative apposite. Importante: si deve inserire tutte le obbligazioni note; omettere un credito consapevolmente può essere causa di rigetto della domanda. - Cos’è la meritevolezza e serve ancora?
La “meritevolezza” del debitore (intesa come buona fede nell’aver contratto i debiti) non è più un presupposto formale nell’accesso alle procedure nel Codice, ma i giudici continuano a valutarla indirettamente. Se emergono fatti di malafede (es. utilizzo illecito di conti o atti fraudolenti), ciò può influire negativamente sull’accoglimento della domanda o sulla concessione dell’esdebitazione finale. In pratica, il debitore deve dimostrare di non avere agito con dolo nell’indebitarsi e di voler davvero rientrare dai debiti. - Qual è la differenza tra piano del consumatore e liquidazione controllata?
Il piano del consumatore prevede una proposta vincolante (con ratifica giudiziale) in cui il debitore paga con le proprie risorse future (spesso mensilmente) secondo uno schema prefissato. La liquidazione controllata non prevede una proposta: il debitore cede i suoi beni (immobili, investimenti, automezzi, crediti attivi) per soddisfare i creditori. Il piano è più adatto se hai redditi stabili e vuoi rateizzare; la liquidazione va usata se non hai redditi sufficienti (o non vuoi proporre un piano) e disponi di attivi da liquidare. In entrambi i casi il risultato può essere l’esdebitazione finale. - Cosa succede in tribunale all’udienza?
Dipende dalla procedura. Per il piano e il concordato, solitamente il giudice convoca un’udienza a cui partecipano anche i creditori: si discute la proposta, le opposizioni e si emette la sentenza di omologazione (o rigetto). Nel liquidazione controllata invece non c’è proposta da discutere: il giudice esamina rapidamente l’istanza e se del caso dichiara aperta la liquidazione con decreto (sentenza), nominando il liquidatore. Non c’è un’assemblea dei creditori in questo ultimo caso. - Quanto tempo ci vuole?
Variabile. Indicativamente, per un piano consumatore o un concordato minore servono almeno 6–12 mesi fino all’omologa finale, salvo ritardi procedurali o istanze incidentali. Per la liquidazione controllata l’apertura avviene entro pochi mesi, ma la fase di liquidazione attiva può richiedere anche 1-2 anni (dipende dal numero di creditori e dai beni da vendere). È una procedura più “lenta” perché segue le vendite giudiziarie o le aste del tribunale. - Quanto costa?
Anche i costi variano, ma ci sono parametri di massima. Nel piano del consumatore i gestori chiedono una percentuale sul totale dei debiti (es. 10-15%). Nel concordato minore le spese possono essere più elevate (comprese parcelle di avvocati, consulenti, contrib unificato ecc.). Nella liquidazione controllata il liquidatore prende una commissione percentuale sul ricavato effettivo (aliquote crescenti secondo gli scaglioni, tipicamente intorno al 5-10%). Oltre a questi, il tribunale addebita contributo unificato, bollo sui documenti e diritti camerali. In ogni caso le spese procedurali sono più contenute rispetto a un fallimento vero e proprio. - Cosa succede se un accordo non va a buon fine?
Se il piano o il concordato viene rigettato (ad es. per inammissibilità o insufficienza di voti), il debitore può generalmente chiedere il passaggio alla liquidazione controllata del patrimonio (art. 73 CCII): in questo caso si apre comunque una liquidazione gestita. Va segnalato però che eventuali abusi o comportamenti omissivi possono bloccare l’accesso agli strumenti (ad es. se il debitore non ha neppure tentato di proporre un piano veritiero, il tribunale potrebbe respingere direttamente l’istanza). - Quando ottengo l’esdebitazione?
L’esdebitazione è l’annullamento dei debiti residui e rappresenta la “finalità ultima” della procedura. Nel piano del consumatore l’esdebitazione è automatica se il piano viene eseguito regolarmente (art. 68 CCII): al termine, i debiti parzialmente non pagati si cancellano senza bisogno di chiederla. Nel concordato minore l’esdebitazione è condizionata al buon esito del concordato stesso, analogamente al concordato preventivo (si ottiene quindi in sede di omologa finale). Nella liquidazione controllata l’esdebitazione non è automatica: al termine della liquidazione, il debitore deve dimostrare di aver cooperato e che con l’attivo raccolto ha pagato “tutto quanto possibile”. Se ciò avviene, il tribunale emette sentenza di esdebitazione cancellando i debiti residui. In tutti i casi sono esclusi dall’esdebitazione i debiti risultanti da dolo, frode o condanne penali (art. 273-282 CCII). - Posso fare ricorso in Cassazione?
Come in qualsiasi controversia, le sentenze di rigetto o di omologa possono essere impugnate (in Cassazione o mediante revocazione) se sussistono i presupposti giuridici. La Corte di Cassazione, ad esempio, ha precisato che è impugnabile la decisione che decide del reclamo avverso il rigetto o conferma l’omologazione. In pratica, se il giudice di merito decide sulla richiesta del debitore di omologazione (la accoglie o la rigetta) o sul reclamo avverso, quelle pronunce sono “decisorie” e ricorribili. Viceversa un’ordinanza di inammissibilità (es. formulazione della proposta carente) non dà luogo a vero “giudicato” ed è in genere inimpugnabile in Cassazione. - A chi devo rivolgermi subito?
Subito a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) accreditato. Ogni Camera di Commercio ha un elenco di OCC che offrono colloqui informativi. Il professionista occ.chiederà la documentazione necessaria (visure, bilanci, cedolini, ecc.) e, se riterrà che esistano i requisiti, formalizzerà la domanda in tribunale. È importante agire tempestivamente: i termini per l’esdebitazione (anche post-procedure) iniziano a decorrere dalla sentenza finale e durano 3 anni, trascorsi i quali i debiti residui si estinguono.
Simulazioni pratiche
Caso A – Consumatore sovraindebitato. Mario Rossi, 45 anni, impiegato dipendente, ha debiti complessivi di circa €50.000: mutuo residuo di €30.000 per la casa di abitazione, €10.000 di prestiti personali e carte revolving, €5.000 di debiti fiscali (Irpef), €5.000 di bollette arretrate. Ha moglie e due figli, un reddito netto mensile di €1.800 e poche altre spese fisse.
- Dopo una consulenza, decide di accedere alla procedura perché i pagamenti del mutuo e dei prestiti si sono accumulati. Si rivolge a un OCC e, con un Gestore, compila il piano del consumatore: propone di versare €400 al mese per 60 mesi (5 anni), che sommati ai contributi sul mutuo e alle rate correnti permettono di coprire circa il 70% del debito complessivo. Include nel piano anche un piano di abbattimento di €10.000 di debiti personali (falcidiati) e la proroga moratoria delle rate dell’auto (in scadenza).
- Il Gestore verifica i requisiti (Mario è consumatore senza partita IVA) e deposita in Tribunale l’istanza ai sensi dell’art. 67 CCII con tutti i documenti giustificativi (visure, documenti di reddito, spese familiari). Contemporaneamente notifica i creditori.
- Il Tribunale convoca l’udienza: i creditori non contestano la fattibilità del piano. In pochi mesi il giudice omologa il piano. A questo punto Mario inizia a versare regolarmente €400 mensili su un conto dedicato. Il Gestore mensilmente verifica che i pagamenti vengano fatti con puntualità.
- Dopo 5 anni il piano è stato eseguito quasi interamente (garantendo il pagamento di almeno il capitale ai creditori privilegiati e pagamenti rateali al 70% di quelli chirografari). La sentenza di omologa produce esdebitazione: i circa €15.000 di debiti residui (parte di debiti personali e fiscali non completamente pagati) sono cancellati per legge. Mario riparte senza debiti.
Nota: se durante l’esecuzione Mario avesse contratto un nuovo prestito pesante (come nel caso di Bologna citato), il Gestore avrebbe dovuto segnalarlo al tribunale e si sarebbe potuto arrivare alla revoca del piano, con conseguente perdita di esdebitazione.
Caso B – Piccolo imprenditore sovraindebitato. Paolo Bianchi, 50 anni, titolare di piccola officina artigiana, ha P.IVA e fattura circa €100.000/anno. Conta debiti per circa €120.000: finanziamenti bancari per €60.000, debiti verso fornitori per €40.000, tasse arretrate per €20.000. L’attivo aziendale (macchinari, automezzi, crediti verso clienti) vale circa €80.000. Il suo reddito personale è medio-basso.
- Rilevata la crisi di liquidità, Paolo decide di proporre un concordato minore. Con un commercialista prepara un progetto che prevede: 40% di soddisfazione per i fornitori (pagamenti rateali in 4 anni), liquidazione di tutti i crediti verso clienti, mantenimento della proprietà dell’officina (continuità aziendale). Nel piano include anche la rinegoziazione di una parte di mutui bancari.
- Si rivolge a un OCC: viene verificata la consistenza patrimoniale (rientra nei limiti di fallibilità) e l’OCC convoca i creditori. Il Commissario Giudiziale (commercialista) redige la relazione a norma di legge e convoca l’assemblea dei creditori.
- In assemblea, la proposta di concordato ottiene il 70% dei voti dei creditori (anche l’Erario approva il piano). Il tribunale, valutata la documentazione, emette sentenza di omologa. Paolo ora dovrà perseguire il piano: incassa i crediti, paga i fornitori secondo il piano e porta l’azienda avanti.
- Dopo circa 3 anni di esecuzione, il piano è stato soddisfatto nei termini: i fornitori hanno ricevuto il 40% del dovuto, le banche hanno ottenuto parzialmente i finanziamenti concordati. Il tribunale emette infine sentenza di esdebitazione, cancellando i debiti residuali, e Paolo può riprendere serenamente la sua attività.
Se invece l’azienda di Paolo avesse avuto pochi beni vendibili, egli avrebbe potuto considerare fin dall’inizio una liquidazione controllata (per chiudere i rapporti con i creditori). Tuttavia, conviene spesso tentare prima un concordato in continuità quando è possibile rilanciare l’attività.
Fonti normative e giurisprudenziali citate
- Leggi e decreti: Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (artt. 10-14 L. 3/2012); D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza); D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83 (adeguamento CCII alla Dir. UE 2019/1023); D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (correttivo al CCII); D.L. 24 agosto 2021, n. 118 conv. in L. 30/12/2021, n. 147 (“decreto crisi”); Legge 26 febbraio 1942, n. 267 (legge fallimentare, art. 1 sui limiti di fallibilità); Decreto Ministeriale 24 settembre 2014, n. 202 (requisiti iscrizione OCC).
- Giurisprudenza: Cass. civ., sez. I, 27 nov. 2024, n. 30529 (conferma sulla ricorribilità in Cassazione degli atti di omologa/inammissibilità); Tribunale di Bologna, 25 lug. 2023 (revoca di un piano consumatore omologato perché il debitore ha contratto nuovi prestiti); (per approfondimenti vedi anche Cass. civ., ord. 12 mag. 2025, n. 12395, e Trib. Milano 10 ott. 2024 citati in dottrina).
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